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Capitolo II I principi di psicologia

5. La volontà come decisione

A tale riguardo James propone un esempio illuminante descrivendoci il contrasto che sussiste quando dobbiamo alzarci da un letto caldo in una fredda mattinata d’inverno per recarci a lavoro.

In questo esempio e nella sua interpretazione si trovano, per James, tutti gli elementi utili alla creazione di una “Psicologia della volontà”.280

Allora il tema della volontà è caratterizzato, secondo James, da diversi parametri fra cui dobbiamo prestare particolare attenzione al fatto che essa funzioni in presenza di una pluralità di stimoli e di possibili risposte che si innescano fra loro.

Il problema della volontà non si può riproporre nuovamente nei termini di un conflitto di istinto e ragione, ma deve riflettere sulla varietà di istinti e tendenze che l’uomo ha sviluppato rispetto agli animali usando l’intelligenza e la volontà.

Allora la vita umana si complica di scelte ed esitazioni non perchè l’individuo sviluppi una volontà morale o religiosa, ma perchè possiede una varietà di tendenze che si tagliano la strada reciprocamente.La volontà, come carattere distintivo della personalità dell’uomo, diventa un elemento primario perchè quando un certo carattere si è strutturato tramite la scelta e l’educazione, essa funziona per inibire gli impulsi destabilizzanti.Tutta la situazione può essere riassunta in un esempio individuato da James quando nel prendere la decisione di alzarsi o rimanere a letto c’è una sorta di paralisi della volontà e dell’azione, contrasto che oppone la volontà di recarsi a lavoro con il piacere di sfruttare il caldo del letto.

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E’ in questa fase che James chiama di “lotta” che siamo immobili e le forze inibitrici delle idee opposte si scontrano fino a che l’una non prevale a scapito dell’altra.

Di solito per James prevale quella che pervade un atto di volontà che per sua definizione presuppone una quantità di sforzo che va oltre l’immediatezza del reale o di quello che è comodo istantaneamente, ma non ci soddisfa in coscienza.

Significativo in questo senso appare citare il cosiddetto gioco della volontà che sfrutta la compressione istintiva di alcune reazioni. Questo tipo di inibizione impedisce di compiere l’azione che si desidera in quel momento e fa si che l’energia proveniente da quell’impulso inibito si ripercuota in azioni di scarico differenti. Per meglio comprendere tutto ciò, James fa riferimento all’osservazione di Lotze281 che vedeva negli spettatori di incontri di biliardo o di scherma una strana tendenza. Lotze aveva osservato la tendenza degli spettatori a compiere brevi movimenti del braccio simili a quegli degli atleti che partecipavano al match.

Ciò secondo James è l’elemento che sfruttano coloro che leggono il pensiero che interpretano i movimenti involontari che derivano dalla compressione di una qualsiasi azione che anche se non vuole essere resa nota deve scaricarsi attraverso delle vie di alleggerimento.

Nell’accezione di James “ogni rappresentazione di un movimento risveglia, in un certo grado, l’effettivo movimento che ne costituisce l’oggetto e lo risveglia tutte le volte che non viene trattenuta dal fare così da una rappresentazione fortemente antagonistica”282.

Proprio nel caso in cui esistono rappresentazioni contrarie viene chiamata in causa la nozione del valore aggiuntivo che entra in gioco quando ci sono delle scelte da operare. Nell’azione ideo-motrice James ha dimostrato come la coscienza e più in

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Principi, pp. 784-785

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generale l’attività mentale per sua natura non sia razionale quanto piuttosto la sua origine sia impulsiva nella sua essenza stessa.

Allora la coscienza, essendo anche impulsiva, non può essere l’antecedente ontologico dell’ azione volontaria ma la sua natura come ha ben identificato la tradizione deve essere ricercata in una forza esterna, “forza di volontà” che però per James offre molti elementi di discontinuità rispetto alla tradizione stessa.

Secondo James questo ricorso esterno non è rintracciabile in orizzonti trascendentali quanto piuttosto è un impulso stesso che noi avvertiamo quando in seno ad una lotta fra tensione contrarie essa si risolve , si prende una decisione e si passa all’azione. Possiamo allora definire la volontà come una fonte che si esaurisce nella definizione che la vede come “una risultante della composizione delle nostre pulsioni con le nostre inibizioni”.283

Questo comporta una nuova osservazione sulla caratteristica individuata da James che chiama in causa la volontà come fonte che promuove l’azione.

Questo equilibrio che tende sempre ad istaurarsi consente all’individuo di non affannarsi inseguendo tutte le idee e attuandole nella pratica senza nessuna valutazione e risultato cioè in maniera non sistematica.

Per James la coscienza con i suoi campi presenta una forte complessità di variabili o di forze inibitrici e propositive.

Questo permette alla volontà di funzionare in maniera corretta e stimolare comportamenti e azioni che nascano dall’unione di complicazioni inibitrici e non creando un equilibrio che ci consenta sempre di confrontarci con le occasioni della vita.

Un esempio molto importante questo a favore della tesi della manifestazione dell’opera della volontà come entità inibitrice che determina stimoli sensoriali, ma è

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anche un passo molto chiaro in cui si capisce l’unità dinamica che si forma all’interno della macchina umana come al suo esterno.

Questo equilibrio ci consente di trovare un limite dinamico fra un patrimonio rilevante di impulsi e gli input che provengono dall’esterno che ci manifestano la necessità di compiere un ricorso pressante a fare esperienza conoscitiva, sociale e personale.

Ritornando al tema dei lettori del pensiero essi sanno interpretare le contrazioni muscolari che sono tanto più accentuate, sostiene James, quando in coloro che vengono “interpretati” c’è la ferma intenzione di non mostrare ciò che stanno pensando. Il consenso mentale al movimento interviene quando è necessario la neutralizzazione dell’idea che contrasta, cosa che non avviene assiomaticamente nemmeno nella rappresentazione azione ideo-motrice.

Quello che la tradizione aveva individuato come forza eterogenea rispetto all’uomo stesso, per James, fu attuato solo tramite un’inferenza che ovviamente proprio perchè tale può non essere vera e che sicuramente non riesce a cogliere la totalità e complessità stessa a cui si rivolge colui che investiga sugli atti della volontà.

Il fiat aggiuntivo, che concepiva Wundt, non è per James un quid trascendentale quanto piuttosto è un impulso che avvertiamo quando si libera la corrente di pensiero concentrata nella lotta tra impulsi antagonisti e si passa all’azione.

In questo punto James sembra anche risolvere in maniera compiuta un vecchio dissidio che la filosofia si proponeva di risolvere da millenni cioè quello riguardante i rapporti intercorrenti fra libero arbitrio e determinismo. Il rapporto veniva articolato dinamicamente e comunque non può essere risolto in maniera definitiva perchè l’esperienza per James è più ampia della teoria che quindi è soggetta sempre a revisione. Spiegato questo possiamo passare alla nozione dell’azione dopo la deliberazione che si connette strettamente al concetto di sforzo che, oltre ad essere

un concetto centrale per la sua psicologia, è anche il concetto principale del credo pedagogico di James.

L’azione deliberata o voluta avviene quindi quando la mente ha di fronte a se collegati degli aspetti in maniera discontinua. Uno di questi può essere un atto cioè un’ azione “potenziale” che non viene poi nella realtà messa in atto perchè si dirige la scarica di corrente in maniera diversa.

Questa indicazione che James contraddistingue come fenomeno prevalente nella dinamica relazionale e psicologica dell’uomo contemporaneo viene chiamata “indecisione”. Essa dura fino a quando abbiamo molti oggetti e quindi molte cose da valutare prima di passare all’azione ed è qui che interviene il valore aggiunto.

Il processo deliberativo nei suoi stati consuetudinari, da cui vanno differenziati quelli patologici, ha durate medie e lunghe che contribuiscono a creare all’interno di tale “funzione” un equilibrio precario sempre pronto a rimettersi in gioco.

Da qui James elabora una sorte di dizionario antropologico che contempla quattro tipologie di indole umana che caratterizzano generalmente e genericamente la condotta dell’individuo e in cui sono assimilabili tutti i “temperamenti” degli individui. L’individuo comportandosi nei processi deliberativi secondo modalità diverse raggiunge nel suo quadro un equilibrio che James chiama “Il comune stato d’integrità della volontà”.