Z (6x − 1) dx 3x2− x + 1 =
Z dt
t = ln |t| + k = ln(3x
2− x + 1) + k
Il secondo integrale `e invece di uno dei tipi visti precedentemente: in questo caso ∆ < 0, e quindi compiamo un completamento del quadrato. Il coefficiente della x sar`a√
3, poich`e (√
3x)2= 3x2. poi, −x = 2 ·√
3 · a · x, quindi a = −1/2√
3. Il quadrato cos`ı ottenuto si svilupperebbe per`o in x2− x + 1/12, mentre noi abbiamo 3x2− x + 1, e quindi:
Z 4 3x2− x + 1dx = 4 Z 1 √ 3x − 1 2√ 3 2 +11 12
A questo punto attraverso una sostituzione e la regola trovata precedentemente, si ottiene per questo secondo integrale il risultato: 8 √ 11arctan "√ 11 2 x −1 6 #
Quindi, a questo punto basta sommare i due integrali trovati e si ha il risultato.
7.11 Volumi di solidi di rotazione
Una breve nota riguardo ai volumi dei cosiddetti solidi di rotazione. Vengono chiamati cos`ı quei solidi che si possono costruire partendo da una curva e facendola ruotare intorno ad un asse. Ad esempio il cilindro, il cono, la sfera, sono tutti solidi di rotazione.
Prendiamo un solido costruito facendo ruotare intorno all’asse x il tratto di grafico di una funzione continua f (x) presa nell’intervallo [a; b]. Intuitivamente (per una dimostrazione pi`u precisa occorrer`a prima studiare gli integrali doppi e tripli), il volume di questo solidi sar`a costituito dalla somma di tutti i vari cerchi che si sono formati per rotazione di ciascun punto del grafico. Ognuno di questi cerchi avr`a all’ascissa x area pari a πf2(x), quindi il volume del solido sar`a dato da:
V = π Z b
a
f2(x) dx Esempio 7.11.1 Calcolare il volume della sfera di raggio 1.
La sfera pu`o essere considerato un solido di rotazione, per la precisione dato dalla rotazione intorno all’asse x del semicerchio di raggio 1. Questo semicerchio avr`a come equazione analitica:
f (x) =p1 − x2
Definita tra −1 ed 1; quindi la formula da utilizzare per calcolarne il volume sar`a: π Z 1 −1 p 1 − x2 2 dx = π Z 1 −1 (1 − x2) dx = π x − x 3 3 1 −1 = 4 3π
Capitolo 8
Vettori, matrici e sistemi lineari
8.1 Vettori
Prima di poter passare all’esame delle funzioni in pi`u variabili, occorre studiare gli spazi di tipo Rn. Questi insiemi numerici sono costituiti da n-uple ordinate di numeri di R, chiamati vettori. Il termine ordinate significa, molto semplicemente, che, ad esempio, il vettore (1, 2, 3) `e diverso dal vettore (1, 3, 2): l’ordine `e importante.
Esiste anche una facile interpretazione geometrica dei vettori. Prendendo i casi in cui n = 2 ed n = 3, i vettori possono essere rappresentati da punti degli spazi cartesiani bidimensionali o tridimensionali.
In generale, un vettore di componenti x1, x2, . . . , xn si indica con la scrittura: (x1, x2, . . . , xn)
Una variabile di tipo vettore si pu`o indicare in vari modi: ~
x, x, x In questo testo sar`a utilizzata la prima notazione.
Se prendiamo due vettori ~x = (x1, x2, . . . , xn) e ~x0 = (x0 1, x0
2, . . . , x0
n), allora si pone per definizione: ~
x + ~x0 def= (x1+ x01, x2+ x02, . . . , xn+ x0n)
La somma cos`ı definita risulta sempre essere commutativa, associativa, possiede elemento neutro (~0 = (0, 0, . . . , 0)) ed ogni vettore possiede un inverso (−~x = (−x1, −x2, . . . , −xn)). Si scopre facilmente che il prodotto tra vettori non `e definibile come prodotto dei loro singoli componenti – per lo meno non senza perdere le propriet`a che gi`a conosciamo del prodotto. Tuttavia, `e facilmente definibile il prodotto per uno scalare:
λ~x = (λx1, λx2, . . . , λxn)
Si pu`o inoltre definire il concetto di distanza tra due punti, o vettori, di Rn estendendo semplicemente il concetto di distanza euclidea:
dist~x→~ydef= p(x1− y1)2+ (x2− y2)2+ . . . + (xn− yn)2
Anche in questo caso, la definizione di distanza rispetta tutte le propriet`a gi`a studiate in R. Inoltre, se prendiamo il caso n = 1, abbiamo ~x = (x1) e ~y = (y1), e la distanza diventa:
dist~x→~y=p(x1− y1)2= |x1− y1| Che `e effettivamente la definizione gi`a usata in precedenza.
Possiamo quindi anche dire che:
|~x|def= dist~x→~0 e che
|~x − ~y|def= dist~x→~y
Bisogna ricordare, come gi`a fatto notare nello studio dei numeri complessi, che in un Rn generico non esiste alcuna relazione d’ordine che rispetti le propriet`a che si possono trovare in R.
8.1.1 Dipendenza lineare
Prendiamo k vettori di Rn: ~v1, ~v2, . . . , ~vk e k scalari λ1, λ2, . . . , λk 93A questo punto se considero la somma
λ1~v1+ λ2~v2+ . . . + λk~vk Ho costruito una combinazione lineare di k vettori.
Un insieme di vettori ~v1, ~v2, . . . , ~vk si dicono linearmente dipendenti se esiste una combinazione lineare che valga 0 senza che tutti i suoi coefficienti siano nulli. In caso contrario si dicono lineamente indipendenti.
Questo in pratica significa che non `e possibile scrivere un vettore come combinazione lineare dei restanti.
Si verifica facilmente che questa ultima condizione in R2 coincide semplicemente con l’imporre che i due vettori non siano l’uno multiplo dell’altro.
Un importante teorema afferma che:
Teorema 8.1.1 In Rn, k vettori ~vk sono dipendenti se k > n – il massimo numero di vettori indipendenti `e n.
Questo ad esempio significa che 3 vettori in R2 sono obbligatoriamente dipendenti, ed al massimo si possono avere 2 vettori indipendenti.
n vettori indipendenti di Rn
si dice che formano una base di Rn
. Ad esempio, una classica base di R2 `e la coppia ~i = (1, 0)
~j = (0, 1)
Dimostriamo che ~i e ~j sono indipendenti. Infatti, λ~i + µ~j = (λ, µ). Ora, dire che sono linearmente indipendenti significa che il fatto che una loro generica combinazione lineare `e nulla implica che i coefficienti della combinazione lineare sono nulli anch’essi. Ed in effetti, in modo alquanto ovvio:
(λ, µ) = ~0 =⇒ λ = 0 ∧ µ = 0 Con un metodo del genere di pu`o dimostrare che una qualunque n-upla di vettori:
~i1 = n componenti z }| { (1, 0, 0, . . . , 0, 0) ~i2 = (0, 1, 0, . . . , 0, 0) . . . ~in−1 = (0, 0, 0, . . . , 1, 0) ~in = (0, 0, 0, . . . , 0, 1) In uno spazio Rn `e una base per questo spazio.
Per ritornare al nostro esempio, facilmente estendibile a spazi con dimensione maggiore, si pu`o notare che qualunque altro vettore di R2 pu`o essere scritto come combinazione lineare di ~i e ~j – infatti, per il teorema 8.1.1 una terna di vettori `e sempre linearmente dipendente.
La coppia ~i, ~j (o la n-upla ~i1, ~i2, . . . , ~in) viene detta base standard o canonica di R2
(o di Rn).
A parte la base canonica di uno spazio, ne esistono infinite altre. Ad esempio, sempre in R2, prendiamo la coppia: ~v1= (1, −1)
~v2= (1, 1) Anch’essa `e una base del nostr spazio; infatti:
λ~v1+ µ~v2= (λ + µ, −λ + µ) λ + µ = 0 −λ + µ = 0 2µ = 0 λ = µ λ = 0 µ = 0
Ecco quindi che abbiamo dimostrato l’indipendenza di questa coppia di vettori. Quindi, dovremmo essere in grado di rappre-sentare un qualunque vettore ~x = (x1, x2) sotto forma di combinazione lineare di questa base, ovvero ~x = λ~v1+ µ~v2. Da qui si ricava: x1= λ + µ x2= −λ + µ Da cui le soluzioni: λ = x1+ x2 2 µ = x1− x2 2
8.2. MATRICI 95