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Norrmann pubblicò nel 1690 la propria edizione de De figuris, unitamente agli

scholia attribuiti a Febammone e al Περὶ ἐπιχειρεµάτων di Minuciano, sulla

base dell’Aldina122. Il testo è corredato da brevi note e da una traduzione latina.

Il valore di questa edizione, che costituisce un decisivo passo in avanti rispetto alla precedente, risiede nella bontà delle numerose congetture, molte delle quali sono state accolte con profitto dagli editori successivi.

III.2.3 Edizione Walz

L’edizione di Walz, pubblicata nell’ottavo volume dei Rhetores Graeci (1835), è la prima a fondarsi sull’esame, seppure parziale ed incompleto, della tradizione manoscritta: egli dichiara di servirsi dei codici Par. gr. 1656, Vind. phil. gr. 60, e di pochi specimina tratti dal codice Ang. gr. 54; soprattutto, egli fu il primo ad utilizzare il vetustissimus Par. gr. 1741, sebbene non per tutta l’estensione dell’opera123. Lo studioso diede inoltre notizia, per la prima volta, del testo della

compilazione dello Ps.-Alessandro tramandato dal Par. gr. 2087 (cfr. infra p. lxxxviii).

III.2.4 Edizione Spengel

L’edizione di L. Spengel (1856) si fonda unicamente su quella di Walz. Tuttavia, lo studioso si avvalse di numerose congetture proprie o del Finckh, le quali sono puntualmente registrate nell’apparato premesso al testo.

III.2.5 Edizione Jaewon

Nel 2004 il Περὶ σχηµάτων fu oggetto di una tesi dottorale difesa presso la Georg-August Universität di Göttingen. L’edizione del testo non si fonda su un esame completo della tradizione manoscritta, ma sulla collazione dei soli codici

Par. gr. 1741 e 1656, Vindob. Phil. gr. 60, Marc. gr. 512 e 429; i manoscritti Queen’s College Library 20 e Angel. gr. 54, pur correttamente segnalati, non sono stati 122 NORRMANN 1690, p. 168: “quod ex unico exemplari Aldino expressum, pro nostraque

virili parte diligenter emendatum expolitumque, et nova insuper versione latina illustratum …denuo in apertam lucem proferimus”.

123 Walz si servì del Par. gr. 1741 all’incirca fino al f. 110r, come si evince dalla nota

nell’apparato di p. 448, al termine del paragrafo sull’ἐπαναφορά: “Deinceps Par. 1 ulterius comparare operae pretium non duxi”. Tuttavia, alcuni elementi inducono a credere che, anche per la sezione iniziale dell’opera, egli non abbia collazionato sistematicamente il vetustissimus parisinus (si veda più in dettaglio p. 11, n. 1 al testo).

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esaminati124. L’editore è il primo a servirsi del Marc. gr. Z 429, codice importante

per la constitutio textus dell’opera125, tuttavia l’apporto di questo manoscritto è

offuscato da frequenti fraintendimenti nella lettura126. Ancora, il testo dello Ps.-

Alessandro è riprodotto nell’apparato critico del Περὶ σχηµάτων di Alessandro – come già aveva fatto Walz; di quest’opera l’editore si limita a riprodurre occasionalmente le varianti dei soli codici Par. gr. 2087, 2762 e Vat. gr. 1880127

III.3 Le traduzioni

III.3.1 L’Anonymus Bernensis

La prima traduzione del Περὶ σχηµάτων risale al 1553. Si tratta di una versione – anonima – dedicata “studiosis adulescentibus trivii Bernensis”; questo il titolo completo: “Alexandri sophistae de Figuris rerum et verborum libellus longe utilissimus recens translatus”, Bernae in Helvetiis, per Mathiam Apiarium, 1553128. L’opera dovette avere scarsissima diffusione se, a quanto pare, rimase

ignota a Natale Conti, anch’egli autore di una versione latina nel 1556129, e a

Norrmann, che nelle notae al testo (p. 168) allude soltanto alla “vetus… illa (scil. translatio) Natalis de Comitibus, quanquam anxie quaesita adhuc invisa nobis”130. La traduzione Bernese non è priva di interesse perché reca tutti gli

interventi necessari a rendere adatta l’opera all’uso scolastico cui era certamente

124 Cfr. JAEWON 2004, p. XXI n. 98: “Ähnlich erfolglos wie beim Cantabr. 20 war ich mit

meinem Versuch, einen Mikrofilm von Angel. 54”.

125 Esso è, infatti, l’unico rappresentante del secondo ramo della tradizione superstite,

mentre il primo è rappresentato dal vetustissimus Par. gr. 1741, dal quale tutti i restanti manoscritti discendono (cfr. infra).

126 A titolo d’esempio: κατάγων ἐπιτείχισµα M (Alex. p. 21,3): κατὰ τῶν ἐ. Jaewon p.

16; µεθιστῶσαν M (Alex. p. 45, 1): µεθιστῶσε Jaewon p. 40; κρατούντων M (Alex. p. 24, 26): κρατοῦντες Jaewon p. 19.

127 Anche in questo caso, si contano frequenti errori di varia natura che rendono

inaffidabile il testo; a titolo d’esempio, a p. 44 l’editore attribuisce al Par. gr. 2087 la lezione errata παρρηθεῖσα, corretta in προρρηθεῖσα “coll. Vat. 1881”; sennonché la lezione corretta προρρηθεῖσα è regolarmente tràdita anche dal Par. gr. 2087, ed era peraltro segnalata già da Walz (p. 461 n. 15).

128 La traduzione è segnalata in GREEN -MURPHY 2006, p. 11.

129 Conti dichiara (p. 2) “Cum igitur nuper gravissimus autor Alexander Sophista, qui

de figuris doctissime scripsit, mihi occurrisset, isque latinis adhuc esset ignotus, eum latinum facere decrevi”.

130 Ancora in tempi recenti R. RICCIARDI, Conti (Comes, Comitum, De Comitibus), Natale

(Hieronymus), in Dizion. Biogr. degli Italiani, XXVIII, Roma 1983, p. 455 e MULRYAN –BROWN 2006,

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destinata131; da un punto di vista testuale, si nota soprattutto l’integrazione del

testo delle citazioni, laddove lacunoso o corrotto, sulla base delle edizioni, alcune delle quali è anche possibile individuare, grazie all’indicazione in margine delle pagine in cui rinvenire di volta in volta il passo citato132. È

probabile che questa versione sia fondata sull’edizione Aldina133.

III.3.2 La traduzione di Natale Conti

Natale Conti134 pubblicò la propria traduzione del Περὶ σχηµάτων nel 1556, con

il titolo Alexandri sophistae De figuris sententiarum et elocutionum. L’opera, dedicata al senator venetus135 Marcantonio da Mula, dovette essere accolta con

favore, come sembra attestare la ristampa risalente appena all’anno successivo alla prima pubblicazione136. Nella lettera prefatoria, l’umanista si esprime sul

valore e sull’utilità del manuale di Alessandro, da cui avrebbero tratto beneficio gli studiosi di eloquenza, giacché, a suo giudizio, non c’è autore, né greco né latino, “qui doctius, qui apertius, qui accuratius de his ipsis figuris scripserit”. 131 Per quanto concerne l’organizzazione del testo, si nota una divisione della materia in

capitoli preceduti da brevi titoli esplicativi e perfino la presenza di schemi.

132 Ad esempio, per i passi demostenici, i riferimenti sono probabilmente all’edizione

basileense del 1547 in tre volumi, stampata presso il tipografo Johannes Herwagen.

133 Incoraggia in questo senso la lezione immobilis (p. 3v), che presume il greco ἀκίνητον,

errore singolare dell’Aldina, in luogo del corretto ἀεικίνητον (p. 14, 22) della tradizione manoscritta.

134 Nato a Milano nel 1520, si trasferì presto con la famiglia a Venezia e Venetus si dichiarò

sempre nelle sue opere; in area veneta rimase probabilmente fino alla morte, sopraggiunta forse nel 1582. Sulla biografia e sull’opera dell’umanista il riferimento fondamentale è RICCIARDI, cit.,

pp. 454-457. Com’è noto, il suo nome è legato soprattutto all’opera che più di ogni altra conobbe fortuna, le Mythologiae sive explicationes fabularum libri X, una ponderosa raccolta enciclopedica sulla mitologia classica, ricchissima di citazioni di autori greci e latini. Poiché le Mythologiae sono l’unico testimone di alcuni passi di autori antichi che in essa si leggono, l’autore è stato spesso accusato di falsificazione.

135 Conti specifica come il destinatario non fosse ignaro della materia in oggetto, ma la

padroneggiasse con competenza: “non ea quidem de causa quae tibi hanc ipsam figurarum cognitionem necessarium esse censeam, sed ut aliquod habeas amoris observantiaeque erga te meae signum […] Nam quis te gravior […]? Quis te elegantior? Quis dicendo ob figurarum varietatem iucundior?”; del resto, non si tratta di mera piaggeria: il senatore conosceva il latino ed il greco e scrisse perfino un’opera di argomento retorico dal titolo De sublimi genere dicendi, rimasta inedita. Notizie sulla biografia di questo personaggio si trovano in G. GULLINO, Da Mula,

Marcantonio, in Dizion. biogr. degli Italiani, XXXII, 1983, pp. 383-387.

136 Sia nella stampa del 1556 sia in quella del 1557, per un errore nella foliazione delle

pagine, sono omessi i numeri da 25 a 32. La traduzione venne poi ristampata nella raccolta Degli autori del bel parlare per secolari e religiosi parte seconda. Del barbarismo, del solecismo, dei tropi, delle figure, et altre virtù e vitii del parlare, opera in diciannove volumi curata da Giuseppe degli Aromatari a Venezia nel 1643.

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La versione di Conti si fonda certamente sull’edizione Aldina del testo del Περὶ σχηµάτων, come mostrano chiaramente i dati filologici137.

III.3.3 La traduzione di Towner

Per quanto io sappia, la prima traduzione in una lingua moderna è quella inglese del 1941, a cura di Dean Hamilton Towner, svolta nell’ambito di una tesi discussa presso la Cornell University. La traduzione, corredata di una breve introduzione e sintetiche note di commento, si basa sull’edizione di Spengel138.

137 Conti condivide con l’Aldina i seguenti pochi ma significativi errori, aggiunte o

omissioni: p. 14, 22: ἀεικίνητόν codd.: ἀκίνητόν Ald. Conti (immobilis); 92, 26: ἀπώλεσας om. Ald. Conti; 196,4: σέρριον PMCEBHAG: σέρρινον F: σέρινοι Ald. Conti (Serini); a questi si aggiungano anche i seguenti casi in cui Conti dimostra la dipendenza dalla lezione che l’Aldina condivide ora con B, ora con F: p. 44, 17: ἀγήοχε PMCEBHAG: αἰγήοχε F Ald. Conti (Aegioche); p. 122, 1: ὀνόµατα PMCEHFAG: ὀνόµατα πολλὰ B Ald. Conti (complura nomina).

138 Una traduzione italiana del secondo libro sugli σχήµατα λέξεως è stata approntata

da Gianluca Matarrelli nell’ambito di una tesi di laurea magistrale svolta presso l’Università del Salento (a. a. 2007-2008). Ringrazio l’autore per avermi permesso di prendere visione del suo lavoro.

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