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CORPO E IDENTITÀ: ALIENI IN MUTAZIONE

2. Young Soul Rebels: il desiderio, la violenza, la performance.

Percorsi simili rispetto a quelli delineati dai film analizzati finora si riflettono anche in Young Soul

Rebels, sia pure con sostanziali ed interessanti variazioni. Ancora una volta vengono portate avanti

una serie di dinamiche conflittuali fra soggetti appartenenti a culture “differenti”, che si dipanano però su vari livelli e si intrecciano a creare un quadro complesso della Londra multietnica del 1977, quasi a cercare le radici multiple delle problematiche contemporanee.

Si tratta ancora una volta della messa in scena di personaggi consapevolmente “subalterni”, tenendo presente sempre che, come nel caso de L’odio, ci si riferisce alla visione della subalternità delineata da Spivak169. Anche in questo caso, i due protagonisti e i giovani che li circondano si

richiamano a una serie di modelli di riferimento, sempre legati a forme di “contro-cultura” o comunque a rappresentazioni dell’identità in qualche modo “alternative” rispetto a quelle dominanti. Pur essendo stato girato nel 1991, il film fa inoltre riferimento a una cornice politico- ideologica simile a quella di My Beautiful Laundrette (è ambientato infatti nel primo periodo del thatcherismo), dunque la “normalità” londinese resta quella della borghesia bianca, eterosessuale e individualista delineata nel paragrafo precedente. Tutti i personaggi presentati in Young Soul Rebels, però, appartengono alle classi più povere (l’intero film si svolge nell’East End) e a minoranze etniche o culturali. L’aspetto più interessante risiede nel fatto che l’economia del film, pur basandosi apparentemente sulla dialettica binaria (bianco-nero, uomo-donna, omosessuale- eterosessuale ecc.) della struttura cinematografica “classica”170, è complicata dalla continua

169 Cfr. Davide Zoletto, “Spivak. Imparare dal basso”, cit.: “[È] subalterno (…) chi è escluso da ogni tipo di mobilità

sociale”, p. 63.

170 Mi riferisco in questo caso a un’accezione ampia del termine “classico”, ovvero la stessa su cui si basa Thomas

mutevolezza della catena di significanti sui vari livelli, portando a una serie di contraddizioni interne che permettono il superamento di ogni essenzialismo.

Un esempio interessante di questi spostamenti continui si trova già nei titoli di testa del film, che scorrono su campi lunghi del panorama londinese al tramonto; la voice over di un dj ci informa che stiamo ascoltando la Soul Patrol, una radio pirata che trasmette “esclusivamente” musica funk. Come racconta lo stesso regista in un’intervista171, la musica funk nella Londra proletaria degli anni

Settanta era considerata elemento fondamentale della ribellione dei giovani neri (i soul boys), e in quanto tale contrapposta al punk rock, che legava invece i bianchi, e che in quel periodo era ancora politicamente vicino al pensiero anarchico o a quello socialista (come abbiamo visto anche in My

Beautiful Laundrette, negli anni ’80 il movimento punk si legherà sempre di più a quello

neonazista). Ma fra le due canzoni funk mandate in onda dalla Soul Patrol172 in questa sequenza

spunta anche Identity degli X-Ray Spex, uno dei gruppi punk più in vista del periodo. Quello che mi interessa notare nella successione delle canzoni è il fatto che, fin dai titoli di testa, il film propone di osservare gli ambiti culturali ed etnici non per il loro potenziale di semplice contrapposizione, ma dal punto di vista delle possibilità portate avanti dall'inclusione e dalla relazione fra movimenti e posizioni. E, come suggerivo all’inizio del capitolo, la musica diviene significante immateriale di commistione e comunione fra i personaggi, punto di contatto che mantiene le differenze senza per questo né omologarle né renderle opposte. In questo modo, le singolarità vengono esaltate pur nella appartenenza ad un gruppo, e la fusione di identità apparentemente conflittuali non porta alla neutralizzazione delle differenze in un amalgama inconsistente.

Così, il contesto culturale in cui si svolge la narrazione viene reso in tutta la sua complessità, e dunque il passato recente non viene delineato secondo le convenzioni della “nostalgia”, nel senso che del termine dà Fredric Jameson173 di “accosta[rsi] al «passato» attraverso la connotazione

stilistica, convogliando la «passatezza» del passato mediante le caratteristiche di lucentezza dell’immagine”174. In altre parole, il 1977 rappresentato in Young Soul Rebels non è soltanto

un’atmosfera, un insieme di stili più o meno “superficiali”175; non si tratta neppure di una sorta di

Buckland, Studying Contemporary American Film, cit., e non a quella stilistica, specifica della seconda metà degli anni Trenta, proposta da Veronica Pravadelli in La grande Hollywood, cit..

171 bell hooks e Isaac Julien, “States of Desire. Critic bell hooks and British filmmaker Isaac Julien on sex, style, and

cinema”, «Transition», n. 53, 1991, pp. 168-184, in particolare pp. 180-181.

172 Si tratta di P-Funk (Wants to Get Funked Up) dei Parliament e Rock Creek Park del gruppo The Blackbirds.

173 Fredric Jameson, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism (1984), tr. it. Il postmoderno, o la

logica culturale del tardo capitalismo, a cura di Stefano Velotti, Milano, Garzanti, 1989; cfr. in particolare pp.

38-51.

174 Ibid., p. 42.

175 Mi riferisco ancora una volta al concetto di “superficialità” portato avanti da Jameson nello stesso saggio; cfr. ibid.,

Eden perduto, un momento in cui i movimenti culturali “alternativi” erano in qualche modo “innocenti” ed esclusivamente positivi. La resa di questa complessità è data inoltre dalla possibilità di una lettura stratificata del film, ad esempio proprio attraverso le lenti di My Beautiful Laundrette, che quasi dieci anni prima aveva già mostrato come il nichilismo alla base del movimento punk avesse portato a una fascinazione nei confronti del neonazismo, e di quanto i rapporti di potere fossero rilevanti anche nei legami fra “diversi”; ma anche attraverso i richiami – sia pure in assenza di citazioni esplicite – a Jubilee (Derek Jarman, 1977), in cui Londra viene rappresentata come in preda alla violenza e priva di ogni forma di “normalità” quotidiana o di “innocenza”, sia pure apparenti176. Sulla base di questi precedenti, oltre che di molta letteratura e molti altri film

sull’esplosiva Londra degli anni Ottanta (pensiamo ad esempio alle rappresentazioni della guerriglia urbana in Sammie e Rosie vanno a letto, Sammie and Rosie Get Laid, Stephen Frears e Hanif Kureishi, 1987), la messa in scena del movimento punk o di quello dei soul boys non manca di zone d’ombra, in modo da rendere problematica la questione dell’appartenenza a qualunque gruppo da parte dei vari personaggi.

Inoltre, nonostante la presenza di numerosi riferimenti al momento storico in cui è ambientato il film, non viene mostrata alcuna immagine “ufficiale” delle celebrazioni del Giubileo (ad eccezione dell’audio di un frammento del discorso della Regina Elisabetta II); è l’avvenimento storico stesso ad entrare nella narrazione come una gabbia di patriotticness che pesa sulle vite dei singoli appartenenti a una qualche “minoranza”. In linea con la teoria di Jean-François Lyotard per cui i grands récits, ovvero le narrazioni universali “a funzione legittimante”177, non hanno più

credibilità di fronte alla contemporaneità, per raccontare il passato recente resta solo la consapevolezza dell’impossibilità di spiegarlo, di comprenderne cause e conseguenze in una linea di verità. Perciò, il Giubileo del 1977 contribuisce a dare vita agli eventi narrati nel film, allo stesso modo in cui contribuiscono il confronto fra gruppi etnici, quello fra movimenti culturali o la divisione sociale del periodo; ma nessuno di questi elementi, e neppure la loro somma, permette di spiegare completamente le azioni dei personaggi o le situazioni in cui si trovano. Non ci può essere una “verità” assoluta da dimostrare in un finale pacificatore: anche se gli spettatori scoprono l’identità dell’assassino il cui omicidio dà origine alla narrazione del film, non ne vengono però

176 Per un primo riferimento alla visione apocalittica del “futuro recente” nel cinema e nella letteratura inglese del

periodo, cfr. Stephen Brooke e Louise Cameron, “Anarchy in the U.K.? Ideas of the City and the Fin de Siècle in Contemporary English Film and Literature”, «Albion: A Quarterly Journal Concerned with British Studies», vol. 28, n. 4, inverno 1996, pp. 635-656.

177 Cfr. Jean-François Lyotard, “Postmoderno come delegittimazione dei metaracconti”, estratto da Il postmoderno

spiegato ai bambini, tr. it. Di A. Serra, Milano, Feltrinelli, 1987, pp. 27-30, ora in Gaetano Chiurazzi, a cura di, Il postmoderno, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 129-131; e ibid., “Lyotard: il postmoderno come incredulità nei

spiegati i moventi, lasciando un senso di incertezza e pericolo; nonostante l’amicizia fra i protagonisti sembri ricomposta nell’ultima sequenza, non vuol dire che le loro vite possano ricominciare in serenità come se non ci fossero mai stati scontri fra di loro, o come se non ci fossero più differenze. Niente può spiegare fino in fondo la violenza che erompe nel corso della narrazione, nonostante ci si trovi di fronte a un racconto lineare e in parte causale. È invece la resa del mondo nella sua complessità che permette di dare vita a un’ultima speranza: quella di una convivenza più o meno pacifica, della possibilità di lottare, non insieme in quanto “diversi”, ma fianco a fianco in quanto individui, per la sopravvivenza comune.

Le possibilità di cui questa prospettiva di inclusione si fa portatrice vengono messe in scena nel corso del film non solo dalla colonna sonora, ma soprattutto grazie alle traiettorie dei vari personaggi, portatori di varie “differenze” in deflagrazione fra loro e con il contesto in cui si muovono. Ognuno di essi diviene dunque un perno attorno al quale si articolano varie posizioni e prospettive sulle questioni di gender, etnia, classe sociale, posizione politica ecc..

Protagonisti del film, quasi didascalici nella loro caratterizzazione individuale, sono i due

soul boys Chris e Caz: il primo è eterosessuale ed apparentemente disposto a scendere a patti con “il

sistema” per avere uno spazio nella società (e in particolare nel mondo delle radio istituzionali), ma, nel corso della narrazione, si opporrà con forza all’idea di Englishness a cui si dovrebbe adeguare per uscire dall’anonimato di una radio pirata e si farà portatore di una forte diffidenza nei confronti del movimento punk; Caz invece è omosessuale, più oppositivo e disincantato, ma contemporaneamente pronto a mettere in discussione ogni classificazione di fronte al suo desiderio per il punk bianco Billibudd. Quello che impedisce di fare di Chris e Caz una sorta di manifesto programmatico della controcultura funk è il fatto che l’appartenenza al gruppo è sempre resa complessa e variegata dall’assenza di un’adesione incondizionata alle idee e ai modelli prescelti. Ad esempio, la messa in scena del desiderio di entrambi non si propone attraverso la struttura binaria che personaggi tanto netti farebbero supporre; al contrario, nonostante sia veicolata tramite l’uso dello sguardo e della soggettiva, rende problematica qualunque applicazione automatica del paradigma delineato negli anni Settanta da Laura Mulvey nel suo “Piacere visivo e cinema narrativo”178.

Come ha spiegato Veronica Pravadelli, secondo la teorica della Feminist Film Theory “lo sguardo è vettore del funzionamento dell’apparato, del rapporto spettatore/schermo e delle

178 Laura Mulvey, “Visual Pleasure and Narrative Cinema”, tr. it. “Piacere visivo e cinema narrativo”, in «nuova dwf»,

n. 8, luglio 1978, pp. 26-41; vedi anche id., “Afterthoughts on ‘Visual Pleasure and Narrative Cinema’ Inspired by King Vidor’s Duel in the Sun (1946)”, tr. it. “Le ambiguità dello sguardo”, in «Lapis», n. 7, marzo 1990, pp. 38-42.

dinamiche diegetiche del testo filmico. (…) Nel film classico ‘il piacere di guardare è stato scisso in attivo/maschile e passivo/femminile’: la funzione della donna è puramente erotica e si esaurisce nel sostenere il desiderio maschile, motore dell’azione narrativa”179. Anche in questo film viene

riproposta la scissione fra chi guarda, ed è quindi portatore attivo del desiderio, e chi è guardato, oggetto passivo desiderato; la deviazione rispetto al paradigma sta nel fatto che non sempre chi è portatore del desiderio erotico è il soggetto virile, motore dell’azione. Consideriamo infatti due momenti piuttosto interessanti in questo senso: l’incontro fra Chris e Tracy, e quello successivo fra Caz e Billibudd. Entrambe queste scene si articolano attraverso un campo-controcampo basato su inquadrature ravvicinate dei personaggi coinvolti.

Nel primo caso, Chris si è recato nella sede della Metropolitan Radio, importante stazione radiofonica, per incontrare Jeff, dj di un programma settimanale basato sulla musica soul; fra i due inizia un dialogo, in campo-controcampo, nell’ingresso della stazione, ai piedi di una scalinata:

1. Primo piano di Jeff; sul lato destro si vede un’immagine a grandezza naturale della Regina, con un braccio meccanico che saluta; sul lato sinistro, un paio di gambe femminili scendono le scale.

2. Controcampo di reazione di Chris, in primo piano, per la prima volta non più concentrato esclusivamente sul viso di Jeff; il giovane infatti guarda per qualche secondo verso la donna che scende le scale. Torna a guardarla dopo aver finito di pronunciare la battuta che rivolge a Jeff.

3. Primo piano di Jeff con alle spalle il viso di Tracy, che guarda seria verso Chris. Quando Jeff si accorge della ragazza, scambiano qualche parola (è stata mandata dai suoi superiori a chiamare Jeff). L’uomo si rivolge a Chris, dicendogli che deve andare, ma che è disposto ad incontrarlo ancora.

4. Chris saluta Jeff, entusiasta per il fatto che l’uomo che ammira lo sta prendendo sul serio; appena questi si allontana, però, torna a guardare inebetito Tracy.

5. Mezza figura di Tracy, che sorride nel momento in cui un breve carrello in avanti la porta in primo piano. Non si tratta di una soggettiva di Chris poiché la ragazza non guarda in macchina, ma il movimento in avanti farebbe pensare a una falsa soggettiva desiderante.

6. Mezza figura stretta di Chris che le sorride di rimando.

7. Primo piano di Tracy che sorride ancora ed esce dall’inquadratura a destra. 8. Mezza figura stretta di Chris che la guarda allontanarsi.

9. Figura intera di Tracy di spalle che sale le scale.

L’incontro fra Caz e Billibudd, durante una festa in un club privato organizzata dalla Soul Patrol, è più breve:

179 Veronica Pravadelli, La grande Hollywood. Stili di vita e di regia nel cinema classico americano, Venezia, Marsilio,

1. Totale dall’alto del club in cui Caz e Chris fanno i dj; al centro dell’inquadratura si intravede Billibudd, scarsamente illuminato; mentre guarda verso il palco, un leggero carrello in avanti lo rende più evidente nella folla.

2. Piano americano di Caz, solo sul palco, chino sui piatti, mentre solleva distrattamente lo sguardo verso la folla per controllarne la reazione alla musica scelta; l’ingresso in campo dal basso di diverse teste, in controluce e fuori fuoco, fa pensare che si tratti di una soggettiva di Billibudd.

3. Totale della folla che balla, sempre con il volto di Billibudd al centro dell’inquadratura una giovane punk gli si avvicina, e si scambiano un bacio.

4. Raccordo sull’asse verso un primo piano stretto di Billibudd, che sta ancora salutando la ragazza, per poi girarsi nuovamente a guardare Caz.

5. Primo piano di Caz che alza gli occhi e guarda Billibudd, sorridendo appena. 6. Primo piano stretto di Billibudd, che sorride e ammicca verso Caz.

7. Primo piano di Caz, che abbassa lo sguardo e sorride compiaciuto.

In entrambi i casi, i personaggi coinvolti sono sia soggetto che oggetto consapevole dello sguardo dell’altro, in una interessante reciprocità del desiderio; ma possiamo notare delle differenze sostanziali nella messa in scena dei due incontri.

Innanzitutto, Chris e Tracy si incontrano nell’ordinato ambiente “istituzionale” della Metropolitan Radio (sul tetto dell’edificio, in seguito, avranno anche il loro primo rapporto sessuale); entrambi fanno richieste a Jeff legate all’ambito lavorativo, quasi usando l’uomo (più anziano e dalla pelle più scura) come tramite simbolico del reciproco desiderio. Ma la parte di Tracy che per prima entra in campo sono le lunghe gambe; eppure, sono fuori fuoco. Si tratta di una variazione sul tema di una delle presentazioni della donna più comuni del cinema “classico”, quella che vede la macchina da presa scoprirne il corpo di una donna a partire dalle gambe mentre scende una scala180. Il fatto che le gambe non siano a fuoco, e non siano neppure il fulcro dell’inquadratura,

impedisce però di considerare la donna come sia guardata che mostrata181; in altre parole, allo

spettatore viene negato quel piacere che caratterizza la convergenza fra il suo sguardo, quello della macchina da presa e quello del personaggio maschile, convergenza che struttura l’apparato del cinema narrativo182. Pur non escludendo la rappresentazione della bellezza femminile, dunque, la

macchina da presa ne impedisce l’oggettificazione, rendendola parte attiva nel successivo scambio di sguardi desideranti; ciò non toglie che il carrello in avanti dell’inquadratura 5, messa in scena del desiderio, appartiene al punto di vista di Chris. Di conseguenza, entrambi i personaggi sono sia

180 Forse la più famosa resta l’inquadratura sulle gambe di Barbara Stanwyck mentre scende le scale nel ruolo di

Phyllis Dietrichson in La fiamma del peccato (Double Indemnity, Billy Wilder, 1944).

181 Laura Mulvey, “Piacere visivo e cinema narrativo”, cit., p. 32. 182 Cfr. Veronica Pravadelli, La grande Hollywood, cit., p. 24.

desideranti che desiderati, sia attivi che passivi, e il leggero squilibrio a favore di Chris dato dal carrello in avanti sembrerebbe più legato al fatto che sono le vicende del ragazzo ad essere al centro del film che a un tentativo di sottomettere allo sguardo maschile la minaccia incarnata dalla femminilità183.

Il primo incontro fra Caz e Billibudd, invece, avviene nell’ambiente ludico del club, in cui il primo si propone come “attore” e il secondo assume il ruolo dello “spettatore”; non ci sono scambi verbali fra i due, e non ci saranno neppure nel momento in cui, in una sequenza successiva, si incontreranno in automobile (si parleranno solo in seguito, nel parco). Eppure, l’”attore” Caz è oggetto inconsapevole dello sguardo desiderante di Billibudd; ricambierà solo nella quinta inquadratura. Inoltre, Billibudd ha uno sguardo molto più aggressivo, come indica tutto il suo atteggiamento, la postura del corpo, il suo ammiccare quando finalmente Caz si accorgerà di lui; Caz ha invece una reazione di timidezza di fronte alla seduzione, quasi a riprodurre la sottomissione “femminile” allo sguardo “virile”184. Anche in questo caso, però, ad essere oggetto del desiderio è la

persona nella sua interezza, non un corpo frammentato e sottomesso allo sguardo “conquistatore”; di conseguenza, anche il rapporto fra Caz e Billibudd è strutturato come un rapporto fra pari, come dimostreranno anche le sequenze successive. Se infatti Caz, oltre ad esporsi come oggetto dello sguardo, è anche pronto a mettere in crisi l’unico rapporto stabile che ha nel mondo in cui lo vediamo inserito, ovvero la sua amicizia con Chris185, per portare avanti la sua relazione con il punk

bianco, questo non vuol dire che si sottometta completamente alla sua volontà. Al contrario, soprattutto dopo il litigio con Chris, lo spettatore osserva Billibudd sempre attraverso lo sguardo “situato” di Caz, in modo da dimostrare come la provocazione politica del punk sia ritenuta superficiale; ed è proprio questa superficialità a rendere Billibudd incapace di considerare la

183 Laura Mulvey, “Piacere visivo e cinema narrativo”, cit., pp. 34-36.

184 Questa posizione di cacciatore e preda ribalta quella proposta in Billy Budd di Melville, che Julien ha dichiarato

essere alla base del suo personaggio (cfr. bell hooks e Isaac Julien, “States of Desire”, cit., p. 184); nel romanzo, infatti, il “Bel Marinaio” Billy Budd è oggetto inconsapevole del violento desiderio del maestro d’armi Claggart; la vicinanza fra l’eroe eponimo del romanzo e il personaggio del film risiede invece nella comune “innocenza” di fronte al mondo. Cfr. Herman Melville, Billy Budd, sailor, tr. it. Billy Budd, a cura di Sandra Petrignani e Mariella Segre, Roma, l’Unità, 1993. Per quanto riguarda il desiderio omoerotico presente nel romanzo, cfr. Eve Kosofsky Sedgwick, “Some Binarisms: Billy Budd: After the Homosexual”, in id., Epistemology of the Closet, Berkeley, University of California Press, 1990, pp. 91-130; David Greven, “Flesh in the Word. Billy Budd, Sailor, Compulsory Homosociality, and the Uses of Queer Desire”, «Genders», n. 37, 2003,

http://www.genders.org/g37/g37_greven.html, ultimo accesso gennaio 2009; e Kathy J. Phillips, “Billy Budd as Anti-Homophobic Text”, «College English», vol. 56, n. 8, dicembre 1994, pp. 896-910. Per il concetto di innocenza, cfr. Wendell Glick, “Expediency and Absolute Morality in Billy Budd”, «PMLA», vol. 68, n. 1, marzo 1953, pp.