• Non ci sono risultati.

LA ZUCCA / DEL DONI / FIORENTINO / DIVISA IN CINQUE LI-

II. C ONTESTI DELLE P REDICHE D ’A MORE

8 LA ZUCCA / DEL DONI / FIORENTINO / DIVISA IN CINQUE LI-

BRI / di gran valore, sotto titolo di / poca consideratione. / … / ESPURGA- TA, CORRETTA, / e riformata con permissione de Superiori. / DA Ieronimo Gioannini da Capugnano Bolognese. – In Venetia, MDLXXXIX Appresso Girolamo Polo, c. 85v.

9 Ad esempio, nel Dialogo del venditore di libri di Niccolò Franchi,

nell’edizione espurgata del 1590 (Franco/Infelise 2005).

10 Libro nouo nel qual s’insegna à far d’ogni sorte di viuanda secondo la

diuersità de’ tempi, così di carne come di pesce. Et il modo d'ornar banchetti, apparecchiar tauole, fornir palazzi, et ornar camere per ogni gran prencipe. Opera assai bella, e moltovbisogneuole à maestri di casa, à scalchi à creden- cieri, et à cuochi. Composta per m. Christofaro di Messisburgo et hora di nuouo corretta, et ristampata. Aggiuntoui di nuouo, il modo di saper tagliare ogni sorte di carne, et vccellami, In Venetia, appresso Francesco de Leno,

1564, (ma la princeps è del 1552). La cena descritta è quella «di carne e pesce che fece il magnifico Conte Alphonso di Contrarii allo illustrissimo et eccel- lentissimo Signor Duca di Ferrara [Alfonso I d’Este, 1476-1534], e allo illu- strissimo et eccellentissimo Signor Duca di Chiartes [sic; Ercole II d’Este, figlio di Alfonso, 1508-1559] e alla illustrissima Madamma sua consorte [Re- nata di Valois-Orléans, duchessa di Chartres], e alla illustrissima signora mar- chesa di Mantova [Isabella d’Este, 1474-1539, sorella di Alfonso], e allo illu- strissimo et reverendissimo Archiepiscopo di Milano [Ippolito II d’Este, fi- glio di Alfonso, 1509-1572, vescovo di Milano fra 1520 e 1550], allo illu-

Prima si adacquò et spazzò la sala nella quale havevano ballato le per- sone, le quali si ritirorono in un salotto, dove si recitò una predica d’Amore.

Un riferimento precoce, che conferma peraltro l’interesse per le prediche d’Amore nelle corti estensi, si trova invece nella corrispondenza di Isabella d’Este. Nell’ottobre del 1504 Isabel- la, in una lettera al padre, Ercole I d’Este, parla di una predica

d’amore di un cancelliere dalla duchessa di Urbino. Anche in

questo caso, come per il futuro censore del passo di Doni, non mancano le preoccupazioni morali, ma la conclusione della du- chessa è limpida: la predica è «piacevole et honesta», e quindi degna dell’attenzione del signore di Ferrara:11

Ill.mo S.re mio patre obser.mo

Quando la Ex. V. era in questa terra io gli dissi de una predica di amo- re che havea composto uno cancelliere di la Duchessa di Urbino de la quale alhora non poti darli copia per non haverla presso me: ma es- sendo capitato qua frate Stoppino che l’ha a memoria mi ne son rac- cordata et factone fare exemplo m’è parso mandarlo qui alligato a V. Ex. persuadendome che la gli piacerà per esser piacevole et honesta. Raccomandome ecc.

Mant. XXVII oct. 1504.

La lettera è interessante perché completa un quadro in cui si inserisce bene anche la presenza di Marco Rosiglia, che dichiara esplicitamente le sue connessioni con la corte urbinate; non è detto che il cancelliere di Urbino autore della predica in mano a Isabella sia Rosiglia (anzi, non ci sono testimonianze che indi- chino che Rosiglia abbia mai coperto un tale incarico): tuttavia, la corte di Urbino si dimostra una volta di più una sede interes-

strissimo Signor don Francesco da Este [figlio di Alfonso, 1516-1578] fratelli et altri gentil’huomini et gentildonne, sì ferraresi come d’altro loco» (c. 21v).

11 Cit. in Luzio – Renier 1893, 169, nota 1; cfr. anche Luzio – Renier

1899-1903, 27. L’accenno a un frate Stoppino che si dà per realmente esisten- te apre uno squarcio che meriterebbe un approfondimento su una figura al confine tra realtà e commedia dell’arte; nel corso del Cinquecento “frate Stoppino” è la maschera dello sciocco e compare nelle pasquinate, oltre che come riformatore dell’abbazia della Mottella in Folengo, Baldus VIII, 361.

sata a divertimenti carnevaleschi erotici (in questo clima si inse- riscono anche le Stanze di Bembo e Fregoso). Inoltre, la lettera documenta una modalità di trasmissione delle prediche d’Amore, scritte a memoria, ad opera di buffoni come sembra essere “frate Stoppino”, che spiega bene la possibilità di loro di- verse redazioni.

Una testimonianza non molto distante negli anni è quella che si trova nella commedia di Donato Giannotti, Il vecchio amoro-

so, datata tra 1531 e 1536. Anche in questo caso, il contesto

conferma una situazione di comicità e di recitazione (atto V, sc. 2):

Teodoro: Bargagna, fa che tu ti porti questa sera valorosamente. Bargagna: Lasciate pur fare a me, chè io vi voglio fare morire per la ri-

sa.

Teodoro: Cotesto non far tu. Io desidero questa sera essere più vivo e gagliardo ch’io fussi mai. E tu, Mastuca, non hai tu pensato a qualche gentilezza?

Mastuca: Ben sapete che sì. Lasciate pur fare a me. Pensate che noi vi daremo tanto sollazzo, quanto voi avessi mai alla vita vostra. Bargagna: Io voglio fare una predica d’amore, dove io dirò cose da fare

innamorare le più feroci bestie che si truovino al mondo. Teodoro: Questa è cosa che mi piace, e viene a proposito.

Mastuca: Ed io voglio fare una ciurmeria, nella quale io narrerò le vir- tù d’una barba che io, della quale si fa uno certo sugo, che nel farlo porta tanto di piacere, che fa uscire del cervello gli uomini e le donne.

Teodoro: E questo anco mi piace. Andianne, chè io voglio che noi co- minciamo a pigliare piacere a buon’otta.

Anche in questo passo si trovano confermati alcuni degli aspetti che emergono dalle altre testimonianze. Innanzitutto, ri- torna la dimensione orale: la Predica d’Amore prevede un atto di parola (io dirò),12 che deve avere un fine attivo. Obiettivo di- chiarato è insieme divertire: «vi voglio far morire per la risa» (in

12 In realtà, il verbo dire (una predica d’amore, dove io dirò cose) può an-

che essere inteso semplicemente come “una predica in cui spiegherò in forma scritta”, ma il contesto indica che il testo deve essere esposto (dall’autore stesso, si direbbe: “io vi voglio fare morire per la risa”), come la ciurmeria in cui si narrerà il caso comico.

realtà, nella trama della commedia, entrerà in un gioco di ingan- no), e far innamorare chi non ama: «dirò cose da fare innamora- re le più feroci bestie che si truovino al mondo». Inoltre, non che promessa da una coppia di astuti protagonisti, la Predica

d’Amore è esplicitamente affiancata alla ciurmeria,13 a un’atti-

vità di parola comica e di svago («noi vi daremo tanto sollaz- zo»). L’accostamento alla ciurmeria, inoltre, colloca la predica in una dimensione erotica e oscena, piuttosto certa per la ciur- meria proposta, che ricorda alcuni canti carnascialeschi e la tra- dizione bernesca: notoriamente, barba, sugo, cervello sono im- magini facilmente metaforizzabili in campo osceno – conferma- to dall’allusione al piacere promesso a uomini e donne.

Infine, l’accenno ai ciurmadori, che spacciavano i loro pro- dotti nelle fiere e nelle piazze, è indicativo di un ambiente di fruizione e di circolazione di testi, e richiama quanto si sa della diffusione delle prediche d’Amore nelle forme della stampa po- polare, vicina per collocazione editoriale e per spazi di commer- cio alle attività pubbliche dei venditori.

Le testimonianze intorno alla predica d’amore offrono quin- di una cornice di riferimento, confermata da elementi materiali o testuali (interni). Tutte le testimonianze esterne indicano in- nanzitutto che la predica era dotata di una sua individualità e po- teva essere pensata come genere, in nome della sua forma preci- sa e unitaria: quando si parla di predica d’Amore, nei titoli e nei testi, non si fa un riferimento vago a un discorso erotico qualsia- si, ma si indica un testo dai tratti definiti.

Costanti sono inoltre i riferimenti a una dimensione pubblica, di svago, festiva, spesso legata al carnevale: dimensione pubbli- ca che conferma la possibilità che il testo venisse effettivamente recitato (da cui la presunzione di oralità riflessa del testo, che imita un testo orale sia all’atto della scrizione, sia all’atto della

performance). Un genere come la predica poteva del resto esse-

re accolto con più facilità in un contesto imitativo dell’intera

13 «Che son quegli atti, e que’ falsi cicalamenti, che escon da’ ciurmadori:

performance omiletica; anche il fatto che la predica d’Amore è

recitata contribuisce a concretizzare negli ascoltatori coevi la percezione del testo come sistema: solo all’atto performativo il genere si compie nella sua pienezza.

2. Riferimenti alla tecnica omiletica

Oltre ai documenti che parlano di prediche d’amore, infor- mazioni sulla percezione dei testi ci provengono dai testi stessi. Naturalmente, all’interno del corpus ci sono differenze, dettate soprattutto dalla diversa collocazione cronologica e dalla diver- sa forma, poetica o prosastica, che le prediche possono assume- re. Tuttavia, al di là delle variabili, alcune costanti permettono di fissare alcuni tratti comuni.

Non tutte le prediche sono esplicite allo stesso modo quando si richiamano alla forma della predica, ai suoi obiettivi, alla si- tuazione comunicativa, ad esempio nella dichiarazione di intenti iniziale, o negli accenni alle tecniche usate, come le rationes. Ma spesso le indicazioni che si trovano espresse in modo più chiaro in una predica possono essere applicate anche alle altre prediche. In generale, tutte queste indicazioni, anche se singo- larmente emergono con più chiarezza in una sola predica, sono tra loro compatibili, non si contraddicono, e possono essere in- tegrate reciprocamente in un sistema.14

14 Nel fare riferimento ai testi uso alcune sigle (si vedano anche le intro-

duzioni alle singole prediche): Magl. 1: Firenze, Biblioteca Nazionale Centra- le, Magliabechiano VII 1030, cc. 82r-85v Predicha de pelegrinis; Magl. 2: cc. 85v-87v Predicha de Zan de Chineto, bereter in Marzaria; Magl. 3: cc. 101r- 102v Predicha de pelegrinis amoris; Rosiglia: Marco Rosiglia, Predica de

Amore; Baldacchini, Nox: Filippo Baldacchini, Nox illuminata; Salve Regina:

predica Salve Regina amoris; Colombina: Predica de amor, Sevilla, Bibliote- ca Colombina, 7-1-35; Magdoli (I e II): Pier Luigi di Francesco Magdoli, Due prediche d’Amore carnascialesche (I e II); Verde Lauro: Predica de Amore

Bellissima. Composta per el Verde Lauro; De’ Canti: Francesco De’ Canti, Predica d’Amore; Già rilucente e bella: Predicha d’Amore, Venezia, Biblio-

2.1. Titoli e paratesto

Una prima conferma del fatto che l’adozione della forma del- la predica sia una scelta consapevole si trova nei titoli dei testi che ci sono pervenuti. Siamo sempre di fronte, infatti, a un’esplicita titolatura; così è per Marco Rosiglia: Predica de

amore nel Compendio de cose nove 1507, che riporta il titolo

anche nel frontespizio, e nella stampa delle opere di Rosiglia; per Filippo Baldacchini: Predica d’amore bellissima composta

per el digno poeta Baldoino Cortonense nella stampa popolare

(cfr. nota al testo), e Nox illuminata, sottotitolata Sermo, nel- l’edizione maggiore; per Pier Luigi di Francesco Magdoli: due

Prediche d’Amore carnascialesche, come è ribadito nel corpo

della stampa (Predica Prima e Predica seconda); Predicha

d’Amore è inoltre detta la frottola del ms. Marciano It. cl. IX

310 (6650); Predica de Amore è quella «composta per el Verde Lauro», e «novamente stampata» è la Predica d’Amore conser- vata nella stampa di Wolfenbüttel, Sammelbd 64 (50).

Anche nel corpo del testo, le prediche possono essere corre- date da didascalie che ne descrivono la struttura. La Predica di Rosiglia è scandita da titoli che ne segnalano gli elementi for- mali di baese (Oratio ad Venerem, Thematis repetitio, Proemio, indicazioni di parte), in termini molto simili alla Nox illuminata di Baldacchini, che oltre alla dichiarazione del Thema, all’Ora-

tio ad Venerem Cypridam, alla Thematis replicatio e alla divi-

sione in partes, ha un sottotitolo eloquente, destinato a ricondur- la da un lato alla forma del sermo, dall’altro all’ambito carna- scialesco: Sermo piissimus habendus in Liberi patris festivitati-

bus toto orbe celebrari consuetis ad amentes et rudes ut aman- tes et sapientes fiant. Anche gli altri esemplari di predica sono

spesso esplicitamente ripartiti in partes o in parti, segnalano le prime sezioni (ora definendole Proemio, ora Exordio, come nel

teca Nazionale Marciana, It. cl. IX 310 (=6650), cc. 44v-50v. Divisione dei paragrafi e numerazione sono mie.

Verde Lauro), sottolineano l’introduzione delle preghiere con la denominazione di salutatio, oratio, invocatio o invocatione.

Tutto il sistema del paratesto concorre, insomma, a definire in termini omogenei l’ispirazione omiletica e la forma propria del sermo.

2.2. Allusioni lessicali

1. Titolo e paratesto costruiscono la cornice esterna che in- troduce l’attesa per il genere; ma anche nei testi si trovano indizi che provano che i predicatori usavano consapevolemente una struttura omiletica, e in particolare la struttura del sermo moder-

nus: si tratta sia di dichiarazioni esplicite sull’occasione predica-

toria, sia di accenni più sottili, che danno quasi per assodata la forma parodica. Ad esempio, quando un predicatore d’Amore fa riferimenti alla tecnica di predicazione adotta il lessico e i con- cetti propri della predicazione sacra, e parla, così, di thema, di

parti, di divisione (soprattutto nei punti di passaggio, all’inizio e

alla fine di parte), ma anche di autorità, di ragioni, di esempi: tutta questa costellazione lessicale che ruota intorno all’ars del predicatore è un’indicazione precisa del legame che il parodista stringe con la tradizione omiletica.

La dimensione omiletica della predica d’Amore è evidente, ad esempio, nel suo rovescio costruito da Baldacchini: quando Baldacchini costella la palinodia (la Correctio) della sua Nox

illuminata con precisi rinvii a norme non soltanto tecniche

(all’ars della predicazione), ma anche canoniche, con la citazio- ne di articoli dai codici che riguardano la legittimazione alla predicazione, i predicatori e le fonti della loro autorità, dimostra che il sistema testuale costruito dalle due metà dell’opera è stato da lui pensato proprio con la forma e nel contesto della predica.

Quando il predicatore parla del suo testo, lo definisce predi-

ca o sermone, e quando parla della sua attività pratica usa pre- dicare (e spesso la predica è associata, nella definizione, al con-

cetto amore). Al di là del titolo, ogni predica contiene almeno un accenno al suo statuto omiletico, con un’etichetta esplicita

che è il primo segnale di genere,15 e che compare di solito in

apertura di predica, al momento della dichiarazione degli argo- menti e della divisione in parti, a inizio e fine di parte (in luoghi, quindi, di passaggio e di pausa del discorso).16

2. A un intento mimetico risponde in primo luogo l’assun- zione di un thema da sviluppare in più membri nel corpo della predica: la divisione stessa della predica è un primo indizio di adeguamento alla prassi del sermone, anche quando non è ap- plicata con sottigliezza o con precisione e non fa stretto riferi- mento al thema adottato (come nella predica del Verde Lauro).

Per quanto riguarda thema e divisio, di solito, i predicatori d’Amore inseriscono formule destinate a richiamare l’attenzione sulla struttura della predica e non mancano di far notare che proprio a un’operazione di sviluppo tematico si sta procedendo. Simili accenni non sono da leggere soltanto in chiave metalette- raria, come momenti di riflessione sulla forma che si adotta, ma anche come spie di una dichiarata volontà di adeguamento a un genere, come richiamo all’abitudine, diffusa tra i predicatori sa- cri, alla partium declaratio, alla descrizione, a fini per lo più mnemonici, della predica che si sta per pronunciare.17 Sono al-

lusioni che non annunciano esplicitamente un’intenzione paro- dica, ma che nel loro richiamarsi a stilemi precisi e noti anche all’ascoltatore, non possono non porsi come indizi di parodia: il destinatario che sente rievocare formule e forme a lui familiari,

Documenti correlati