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Le determinanti dell’ecoinnovazione nelle pmi innovative: prospettive teoriche ed evidenze empiriche

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Academic year: 2021

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LE DETERMINANTI DELL’ECOINNOVAZIONE NELLE PMI INNOVATIVE: PROSPETTIVE TEORICHE

ED EVIDENZE EMPIRICHE Renato Passaro

University of Naples Parthenope renato.passaro@uniparthenope.it

Giuseppe Scandurra

University of Naples Parthenope scandurra@uniparthenope.it

Antonio Thomas

University of Naples Parthenope antonio.thomas@uniparthenope.it

Article info Abstract

Date of receipt: 26/06/2019 Acceptance date: 29/09/2019 Keywords: Ecological innovation;

SMEs; Green economy

doi: 10.14596/pisb.339

The exponential growth of the sensitivity of the commu-nity towards environmental issues and the awareness of environmental risks has led companies to coherently adapt to environmentally sustainable development their produc-tive processes and products. In order to accelerate these processes, a flourishing international research stream that investigates the determinants that underlie the adoption of eco-innovations among firms has emerged.

In light of the above objective, this paper aims to identify the level of dissemination of eco-innovations and the deter-minants that support their adoption within a specific popu-lation of Italian SMEs, the innovative SMEs introduced by law 33/2015. The results obtained show that a large part of the companies investigated show a high sensitivity towards eco-innovation issues; in particular, under the pressure of customers and final consumers.

The choice to follow the principles of eco-compatibility, however, turns out to be dictated above all by factors of an individual nature, whereas, in the absence of an exhaustive public intervention, firms are still unable to perceive the economic advantages connected with the adoption of eco-innovations; from the image improvement, to the profitabil-ity increase.

Rivista Piccola Impresa/Small Business n. 1, anno 2020

Codice ISSN 0394-7947 - ISSNe 2421-5724

PICCOLA

IMPRESA

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1. Introduzione

Da almeno un quindicennio sussiste una notevole attenzione sul tema delle ecoinnovazioni. L’Unione Europea (UE), ad esempio, prevede diversi programmi di finanziamento delle ecoinnovazioni. Al riguardo basta ricor-dare che, dal 2013, l’Environmental Technologies Action Plan ha investito oltre 12 miliardi di € per progetti di ecoinnovazione rientranti nel 6° e 7° Pro-gramma Quadro ed altri programmi di finanziamento comunitari. Più re-centemente l’UE ha finanziato Horizon 2020, che prevede uno stanziamento di 27 mld € ed il COSME (Programme for the competitiveness of enterprises and small and medium-sized enterprises 2014-2020) per 2,3 mld €.

In funzione dei risvolti economici, finanziari e competitivi connessi all’implementazione delle ecoinnovazioni, che afferiscono sia le condizio-ni di operatività, sia le scelte strategiche dell’azienda, il tema ha attratto l’interesse di numerosi studiosi di discipline economiche e manageriali.

Tale interesse si è tradotto, in parte, nell’individuazione degli elementi che sollecitano ad investire in ecoinnovazioni, ovvero le determinanti (Tri-guero et al., 2013; Cai e Zhou, 2014). Finora, l’attenzione degli studiosi si è rivolta prevalentemente sulle grandi aziende, per via del loro rilevan-te impatto ambientale. Scarsi e frammentati sono i contributi dedicati alle PMI (Schiederig et al., 2012; Klewitz et al., 2013; de Jesus Pacheco et al., 2017); sebbene rappresentino il 99% della popolazione delle aziende e 67% dell’occupazione a livello europeo.

Atteso che i processi decisionali e le condizioni di competitività tra grandi e piccole aziende non necessariamente coincidono, l’esigenza co-noscitiva di indagare sulle determinanti è maggiormente avvertita in paesi come l’Italia, dove il ruolo delle PMI nel sistema economico è particolar-mente significativo. Ad oggi, tuttavia, ancora non esistono specifici mo-delli interpretativi, o indagini empiriche che analizzano specificamente le determinanti delle PMI nazionali (Mazzanti e Zoboli, 2009; Cainelli e Maz-zanti, 2013; Marin et al., 2015). Un gap conoscitivo che rischia di ostacolare tanto la diffusione delle ecoinnovazioni di per sé, quanto della sensibilità ambientale nel sistema delle aziende (Guoyou et al., 2013; Triguero et al., 2013; Xavier et al., 2017).

Al fine di contribuire a ridurre questa zona d’ombra, la domanda di ricerca del presente lavoro è indentificare in che modo le PMI italiane per-cepiscono le principali determinanti dell’ecoinnovazione così come indivi-duate dalla letteratura scientifica. In particolare, si intende valutare come le PMI interpretano i fattori ritenuti maggiormente influenti sulle scelte di investimento in ecoinnovazione; nonché il peso ad essi attribuito.

In funzione di quanto sopra si è indagato un campione rappresentativo di aziende estratto da una specifica popolazione, le PMI innovative

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iscrit-te nell’apposito registro del Minisiscrit-tero dello Sviluppo Economico e delle CCIAA, che per sua natura dovrebbe esibire un’elevata propensione verso l’adozione di innovazioni. A tali PMI è stato somministrato un questiona-rio indirizzato ad individuare la percezione delle richiamate determinanti. Poiché nessuna indagine di tal tipo è stata finora condotta in Italia con specifico riferimento alle PMI, i riscontri ottenuti hanno una forte valenza per rispondere sia al bisogno informativo dei policy maker di definire un piano di azione verso la sostenibilità ambientale, sia a quello degli impren-ditori/manager di impegnarsi in tal direzione.

Il contributo è organizzato come segue. Dopo la presente introduzione, la sezione 2 specifica il concetto di ecoinnovazione, la 3 riporta il quadro teori-co e la 4 la metodologia. La sezione 5 evidenzia i risultati dell’indagine em-pirica, mentre la sezione 6 le conclusioni, i limiti e le implicazioni di policy.

2. Sostenibilità aziendale ed ecoinnovazioni

Negli anni ’90 ci si domandava se l’adeguarsi ai crismi dello sviluppo sostenibile, ovvero riuscire a soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere l’analoga capacità delle future generazioni (UNEP, 2011), fosse compatibile con il perseguimento delle tradizionali condizioni di economicità aziendali. Oggigiorno, in coerenza con i consolidati dettami della scuola aziendalista italiana (Coronella et al., 2016; Venturelli et al., 2017), si ritiene che ciò non solo sia possibile, ma indispensabile per le stes-se esigenze di sopravvivenza e sviluppo delle imprestes-se (EEA, 2014; Ronchi et al., 2014), allorché la loro competitività e lo stato di salute delle comunità che le circondano sono interrelate (Porter e Kramer, 2006; Corazza et al., 2017; Porter e Kramer, 2019).

D’altra parte, negli ultimi 3-4 decenni è aumentata in modo esponenzia-le la sensibilità dei cittadini verso esponenzia-le environmental issue e la consapevoesponenzia-lezza dei rischi ambientali. Circostanza che ha indotto i policy maker di molti pa-esi ad avallare azioni alquanto pervasive di contrasto al degrado territo-riale ispirate ai basilari dettami della cosiddetta green economy; vale a dire alla capacità di generare un benessere di migliore qualità e più equamente esteso, tutelando il capitale naturale attraverso un modello di sviluppo ba-sato sulla riduzione delle risorse consumate, l’uso di fonti rinnovabili, il riciclo dei rifiuti e la minimizzazione delle emissioni (Pearce et al., 1989). In conformità ai dettami della Corporate Social Responsability, di recente è stato anche introdotto l’obbligo della rendicontazione non finanziaria per le grandi aziende (direttiva 2014/95/UE) relativo, tra l’altro, all’utilizzo di risorse rinnovabili, all’emissione di inquinanti, all’impatto della loro attivi-tà su salute e sicurezza.

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Tali sollecitazioni hanno avviato un’inarrestabile diffuso processo di mi-glioramento delle condizioni di impiego delle risorse ambientali ed uma-ne, queste ultime al contempo anche clienti delle aziende. Ne discendono immediati risvolti sul governo dell’azienda, allorché le unità organizzative debbono rideterminare buona parte delle modalità gestionali ed organiz-zative con l’adozione di tecniche, tecnologie e processi produttivi ecososte-nibili. Una dinamica foriera di percorsi virtuosi di salvaguardia ambientale (go-green) ma anche di opportunità economiche; con una pluralità di bene-fici potenziali che spaziano dal rafforzamento dell’immagine verso i clienti all’ottenimento di incentivi pubblici. In parallelo sorgono nuovi mercati per aziende che si dedicano precipuamente alla produzione di beni e servi-zi ambientali (core-green) destinati ad altre imprese.

Non sorprende, pertanto, quantomeno per le aziende che aspirino ad essere leader del mercato, first mover o a posizionarsi nella fascia alta di mercato, che le esigenze della sostenibilità siano attualmente considerate anzitutto un investimento di medio-lungo termine, piuttosto che un mero costo. Come per tutti gli investimenti finalizzati ad accrescere la futura competitività, il motore di questi cambiamenti risiede nella costante imple-mentazione di innovazioni (Ahmed e Shepherd, 2010; Corbetta e Moroset-ti, 2018). Nello specifico si fa riferimento ad innovazioni che la letteratura ha finora definite in varie guise quali green o ambientali o sostenibili (Guo-you et al., 2013; He et al., 2018). Tali innovazioni sono più genericamente inquadrate come ecoinnovazioni e sono qui intese come “the introduction of any new or significantly improved product (good or service), process, or-ganizational change or marketing solution that reduces the use of natural resources and decreases the release of harmful substances across the whole life-cycle” (EIO, 2012: 8).

3. Le determinanti dell’ecoinnovazione

Quanto finora detto lascia agevolmente intuire come, dal punto di vista aziendale, sussistono molteplici stimoli verso l’adozione delle ecoinnovazio-ni che si legano ad una pluralità di elementi; sia di tipo positivo (differenziar-si dai concorrenti, aumentare la soddisfazione dei clienti, beneficiare di un incentivo…), sia di tipo negativo (dover rispettare una norma, evitare delle penalità, adeguarsi alla concorrenza…). Alla stregua di ogni investimento, le ecoinnovazioni impattano sulle configurazioni dei costi e sui ricavi, effettivi ed attesi, con conseguenze sulle dinamiche economiche e finanziarie imme-diate; così come quelle competitive di medio-lungo termine. Inoltre, in non pochi casi, è richiesta la disponibilità di adeguate risorse tangibili ed intan-gibili e si presuppongono cambiamenti nei consolidati processi produttivi.

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Tutti aspetti che introducono elementi di incertezza nel governo dell’azien-da, accrescono la complessità e complicano il processo decisionale.

Appaiono palesi, pertanto, le ragioni che sollecitano la comprensione dell’impatto esercitato delle varie determinanti sulle scelte di implementa-zione e diffusione delle ecoinnovazioni in ambito aziendale, come il relati-vo peso che di relati-volta in relati-volta possono esercitare (Carrillo-Hermosilla et al., 2010; Schiederig et al., 2012; del Rio et al., 2017). D’altronde, essendo mol-teplici con tendenza a sovrapporsi o ad influenzarsi reciprocamente, anche in direzioni opposte in termini di stimoli o barriere, tali determinanti non sono agevoli da identificare; conferendo, così, caratteristiche di maggio-re specificità alle scelte aziendali rispetto ad analoghe sollecitazioni (Hor-bach, 2008; Mazzanti e Zoboli 2009; Marin et al., 2015). Inoltre, spesso, più determinanti sono considerate in modo aggregato o, viceversa, una stessa determinante disaggregata. Per quanto riguarda segnatamente le PMI, ad esempio, la letteratura ha finora identificato ventitré determinanti (de Je-sus Pacheco et al., 2017); parte delle quali riportate nella Tabella 1. Si tratta di un numero elevato che ne impedisce una contemporanea ponderazione, così come l’analisi delle reciproche interazioni.

Tab. 1: Le principali determinanti dell’ecoinnovazione nelle PMI

Determinante Contributi

Competenze e knowledge Kesidou e Demirel, 2012; Triguero et al, 2016; de Jesus Pacheco et al., 2018; Risorse finanziarie Zhu et al., 2011; Jové-Llopis e Segarra-Blasco, 2018 Performance ambientali (minore

inquinamento o consumo di risorse) Kesidou e Demirel, 2012; Marin et al., 2015: Rio et al., 2017 Performance economiche (riduzione di

costi, vantaggi competitivi…) Bos-Brouwers, 2010; Pereira e Vence, 2012; Woo et al., 2014 Incentivi e sussidi Zhu et al., 2011; Hoogendoorn et al., 2015; Triguero et al, 2016 Normative Hojnik e Ruzzier, 2016; de Jesus Pacheco et al., 2017; He et al., 2018 Presenza di università, centri di ricerca...

(technological pull) Zhu et al., 2011; Triguero et al, 2013; de Jesus Pacheco et al., 2017 R&D interna (technological push) Yalabik e Fairchild, 2011; De Marchi, 2012; Kiefer et al., 2017; Cultura ambientale aziendale Kiefer et al., 2017; de Jesus Pacheco et al., 2018 Caratteristiche aziendali (ampiezza,

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Internazionalizzazione (export) Martìn-Tapia et al., 2008; He et al., 2018; Hojnik et al., 2018 Attrazione di investitori Halila e Rundquist, 2011; Zhu et al., 2011; Jové-Llopis e Segarra-Blasco, 2018; Attese dei clienti Horbach et al., 2012; Hojnik e Ruzzier, 2016; Kiefer et al., 2017 Pressioni dei fornitori Bos-Brouwers, 2010; Yalabik e Fairchild, 2011; Guoyou et al., 2013 Livello di concorrenza Zhu et al., 2011; del Rio et al., 2016; de Jesus Pacheco et al., 2017

Di solito, infatti, ogni contributo si limita ad analizzare l’effetto di un numero contenuto di determinanti, generalmente interpretate o classificate secondo angolazioni differenti. Le più note riguardano i technology-push o marked-pull factors (Horbach, 2008; De Marchi, 2012; Triguero et al., 2013) oppure i driver interni legati a pregressi fattori e caratteristiche aziendali od esterni, connessi alle sollecitazioni degli attori esogeni (Horback et al., 2012; Cai e Zhou 2014; Del Rio et al., 2017). Un’altra chiave di lettura sug-gerisce che le risposte delle aziende alle sollecitazioni esterne dipendono, secondo l’interpretazione della Resource based view, fondamentalmente dal-le risorse e competenze endogene, oppure, secondo la Institutional theory, dalle aspettative del contesto socio-ambientale (Demirel e Kesidou, 2012; Zhu et al., 2011; Cai e Li, 2014).1

Considerando anche che il tema di ricerca è relativamente nuovo, per-tanto, non può sorprendere se gran parte delle indagini finora condotte presentano limiti conoscitivi connessi, ad es., alla disponibilità di dati, al tipo e numero di variabili considerate e persino allo stesso concetto di ecoinnovazione adottato. Raramente, ad esempio, si distingue tra ecoinno-vazioni incrementali o radicali, tra quelle di processo, prodotto o organiz-zative, o relative a tipologie diverse di clienti (B2B, B2C…); pur sapendo che queste differenze possono esercitare una distinta influenza (Klewitz e Hansen, 2013; del Rio et al., 2016; García-Granero et al., 2018).

Alla luce di quanto sopra, in coerenza con la scelta di utilizzare un que-stionario d’indagine derivato da quello realizzato da Cai e Li (2018), si clas-sificano le determinanti in stimoli provenienti dagli attori istituzionali e quelli connessi alle capacità e risorse endogene. Nello specifico, nel primo ambito si è considerata l’influenza degli stakeholder e, più nello specifico, delle pubbliche amministrazioni; nel secondo ambito quello di competenze e di performance ambientali ed economiche attese.

1 Un altro approccio, tuttavia, preferisce ricondurre le determinanti in tre livelli: macro, meso o micro (Diaz-Garcia et al., 2015).

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3.1 Gli stakeholder

La prima categoria include i gruppi di pressione legati al posizionamen-to competitivo dell’azienda. Dal laposizionamen-to della domanda (market-pull facposizionamen-tor), forti sollecitazioni provengono sia da aziende clienti (B2B), sia dai consu-matori finali (B2C) (Horbach et al., 2012; Hojnik e Ruzzier, 2016), laddove i secondi sono ritenuti il soggetto più attento alle esigenze della green eco-nomy (Doran e Ryan, 2011; Yalabik e Fairchild, 2011). Pertanto, il disatten-dere le aspettative dei consumatori alimenta un elevato rischio di exit dal portafoglio clienti. Nei paesi a basso reddito pro capite questa spinta è più debole poiché la coscienza ambientale dei consumatori è mitigata dalla mi-nore possibilità di pagare prezzi più elevati per prodotti e servizi ecocom-patibili (del Rio et al., 2016).

Parimenti, i fornitori possono esercitare una pressione sulle aziende loro clienti affinché si adeguino a delle ecoinnovazioni coerenti con quelle da loro già adottate o per implementare delle loro creazioni (technology-push factor) (Yalabik e Fairchild, 2011; Guoyou et al., 2013). In generale, al cre-scere del grado di integrazione e cooperazione con altre imprese, aumen-ta la probabilità di adotaumen-tare ecoinnovazioni (Triguero et al., 2013; de Jesus Pacheco et al., 2018; Tumelero et al., 2019); come mostra l’esperienza delle supply chain (Wu, 2013). Anche l’apertura internazionale risulta significati-vamente e positisignificati-vamente associata all’ecoinnovazione (Martín-Tapia et al., 2008; Hojnik et al., 2018); così come la presenza di un’alta intensità compe-titiva (del Rio et al., 2016).

Onde crearsi un’immagine di istituzione verde, etica in senso lato, gli in-termediari finanziari e gli investitori mostrano una crescente propensione nel finanziare investimenti ecocompatibili (Halila e Rundquist, 2011;Jové-Llopis, Segarra-Blasco, 2018). Similmente, è possibile che il personale in-terno dell’azienda stimoli l’adozione di ecoinnovazioni, perché incentivato dall’azienda stessa, in qualità di cliente/consumatore o di beneficiario dei cambiamenti introdotti; ad es. con metodologie lavorative più gradevoli (Pereira e Vence, 2012; Woo et al., 2014). In generale, l’intero ambiente cultu-rale esogeno può esercitare un’influenza positiva sull’adozione di ecoinno-vazioni (de Jesus Pacheco et al., 2017).

3.2 Pubbliche Amministrazioni

Ogni innovazione apporta esternalità positive a livello territoriale gra-zie alla fertilizzazione ed all’effetto imitativo. Nel caso delle ecoinnovazio-ni si riducono anche le diseconomie ambientali che, tuttavia, solitamente non sono valorizzate dal mercato (ad es. inquinamento da emissioni) (Ren-nings, 2000). A fronte di ciò, gli enti pubblici ai vari livelli locali,

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naziona-li o internazionanaziona-li, hanno moltepnaziona-lici strumenti per sollecitare l’azione di ecoinnovazioni (policy-driven ecoinnovation) per favorire la riduzione delle esternalità ambientali negative connesse all’operatività aziendale. A parti-re dalla mera moral suasion, essi possono introdurparti-re penalizzazioni e pparti-re- pre-mialità, o imporre norme vincolanti. In generale, le politiche di demand-pull hanno un impatto maggiore sull’ecoinnovazione rispetto agli strumenti di supply-push; vale a dire che le politiche di regolamentazione pubblica sono più efficaci delle sovvenzioni (Mazzanti e Zoboli, 2009; Hojnik e Ruzzier, 2016; He et al., 2018). Essendo spesso rivolte anche ai cittadini, tali nor-me non di rado inaugurano nuovi nor-mercati o rafforzano quelli esistenti (ad es. l’obbligo della raccolta differenziata o gli incentivi alla rottamazione di vecchie auto). Poiché anche gli enti di diffusione delle conoscenze, come le università ed i laboratori di ricerca, sono sempre più rivolti a studiare ed approfondire i temi della sostenibilità, ne consegue che nel loro abitua-le relazionarsi con abitua-le aziende essi tenderanno a proporre ecoinnovazioni (Cainelli et al., 2012; Triguero et al., 2013). Non sorprende, dunque, se le fonti esterne di conoscenza – come la vicinanza regionale alle università e centri di ricerca – siano, per le ecoinnovazioni, più rilevanti che per altri tipi di innovazioni (Horbach, 2014; Tumelero et al., 2019).

3.3 Le competenze

Le pressioni esogene all’azienda, ad ogni modo, devono confrontarsi con quelle che sono le sue endogene capacità tecnologiche, organizzative e gestionali di implementare ecoinnovazioni (internal driver) (Mazzanti e Zo-boli, 2009; Kesidou e Demirel, 2012; de Jesus Pacheco et al., 2018). Le ecoin-novazioni, difatti, sono molto eterogenee e possono spaziare dalla mera sostituzione di un vecchio macchinario con uno nuovo meno inquinante, fino al richiedere cambiamenti significativi nei processi produttivi.

Per le PMI, la disponibilità delle suddette competenze, così come di adeguate risorse finanziarie, è meno scontata che per le grandi imprese (Horbach, 2008; Pereira e Vence, 2012); con ciò rallentandosi i percorsi di adozione delle ecoinnovazioni. La difficoltà di valutare la presenza di tali risorse tangibili e intangibili tende a sottovalutarne il peso nelle indagini sull’ecoinnovazione; sebbene in taluni casi possano rivelarsi, come detto, particolarmente rilevanti, se non decisive (del Rio et al., 2016).

3.4 Performance economiche ed ambientali

A livello prettamente cost-based è presumibile che l’adozione di ecoinno-vazioni possa comportare degli elevati sacrifici di ricchezza non compen-sati da analoghi immediati benefici. Ad es., investimenti in innovazioni che riducano le emissioni o accrescano la sicurezza sul lavoro determinano

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degli oneri supplementari, sia di investimento sia di gestione corrente che, riverberandosi sul costo di produzione, penalizzano le aziende adottanti rispetto alle equivalenti non adottanti; almeno inizialmente.

È, quindi, possibile che l’esito socialmente auspicabile di un minore inquinamento connesso all’operatività aziendale si riveli incompatibile con l’obiettivo della massimizzazione del profitto (Horbach, 2008). Tutta-via, come ricordato da Porter e van der Linde (1995), migliori prestazioni ambientali e strategie di ecoinnovazione possono essere una fonte di van-taggio competitivo, traducendosi in benefici economici indiretti di futura valorizzazione che afferiscono alle altre dimensioni dello sviluppo azien-dale (quella sociale, ambientale e competitiva). Tra essi il miglioramento dell’immagine, la legittimazione da parte degli stakeholders, quote di mer-cato più ampie pur con superiori prezzi di vendita del prodotto/servizio.

In sintesi, la risultante economica delle ecoinnovazioni è alquanto incer-ta, in quanto dipendente da reazioni imprevedibili dei diversi attori indu-striali. Una maggiore spinta verso l’ecoinnovazione è plausibile quando le imprese sono soggette a rigide norme di politica ambientale e forti incenti-vazioni (Bos-Brouwers, 2010; Pereira e Vence, 2012; He et al., 2018), o quan-do, aspirando ad essere leader di un segmento di mercato, devono proporsi come first mover nell’adozione di innovazioni (Ahmed e Sheperd, 2010).

L’effetto delle ecoinnovazioni sulle performance ambientali, invece, traducendosi in una riduzione del consumo di risorse, delle emissioni e dell’inquinamento, solitamente è ritenuto riverberarsi positivamente sulla dinamica dei costi (Horbach, 2008; Horbach et al., 2012; Demirel e Kesi-dou, 2011). Potrebbero, altresì, manifestarsi i citati benefici indiretti (Ma-rin et al., 2015); più difficili da far risaltare nelle PMI in mancanza di una voluntary disclosure.

In generale, quindi, non c’è un trade-off tra il perseguimento di uno svi-luppo sostenibile e la redditività (Doran e Ryan, 2011; del Rio et al., 2017); sebbene, in coerenza con l’affermazione testé ricordata (sezione 2), l’ado-zione di ecoinnovazioni è considerata un investimento più che un costo.

4. Metodologia d’indagine

La tipicità degli obiettivi che si intende perseguire con la presente ricerca esplorativa necessita di una metodologia di indagine che superi la natura olistica tipica delle indagini qualitative e permetta di ottenere indicazioni sull’interpretazione del problema che siano funzionali anzitutto alle esi-genze dei policy maker interessati a promuovere una più diffusa adozione delle ecoinnovazioni nei contesti di riferimento. In tale ottica si è fatto ri-corso ad una indagine di tipo quantitativo. Nello specifico sono state

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inda-gate le determinanti dell’ecoinnovazione nelle 1.035 PMI innovative iscritte al 1 aprile 2019 in un apposito registro del Ministero dello Sviluppo Econo-mico e delle CCIAA. Si tratta di una tipologia di impresa introdotta dalla Legge 33/2015 per favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, nonché contribuire alla creazione di un ecosistema dell’in-novazione, con la promozione dei processi di trasferimento tecnologico, la valorizzazione della ricerca e l’attrazione di talenti e capitali dall’estero. Le PMI innovative beneficiano di una serie di agevolazioni che spaziano da regole flessibili per la gestione societaria, alla possibilità di raccogliere capitale tramite equity crowdfounding, nonché dalle facilitazioni per l’accesso al credito bancario agli incentivi fiscali per gli investimenti. Possono iscri-versi all’apposito registro le società dell’UE, purché con una sede produt-tiva o filiale in Italia, non quotate, che rientrino nella definizione di PMI e soddisfino definiti parametri riguardanti l’innovazione tecnologica (inci-denza delle spese in R&S ed innovazione, livello di istruzione ed esperienza professionale dei fondatori, proprietà di brevetti). Considerare la suddetta popolazione consente di indagare le imprese che dovrebbero costituire una parte consistente del tessuto industriale nazionale più orientato all’innova-zione e con le maggiori potenzialità di rapida espansione, sì da essere equi-parate alle gazzelle o high-growth firm (Acs et al., 2008) di cui il Paese appare particolarmente bisognoso. Inoltre, in virtù dell’omogenea giovane età, esse dovrebbero esibire una mentalità più aperta e sensibile verso il tema della sostenibilità ambientale; mentre le eterogeneità dimensionali, operative e settoriali le rendono alquanto rappresentative degli orientamenti dell’im-prenditorialità domestica verso i settori a prevedibile sviluppo futuro.

Al riguardo va specificato che le determinanti differiscono tra settori (Horbah, 2008; Cainelli e Mazzanti, 2013; Triguero et al., 2013), mentre età e dimensione esercitano un’influenza positiva (De Marchi, 2012; Woo et al., 2014; Hoogendoorn et al., 2015). Ne consegue che molte tra le aziende più giovani e piccole potrebbero non essere ancora adeguatamente struttura-te per approcciarsi in modo sisstruttura-tematico (ad es. adottando un environmen-tal management system) verso le esigenze di sostenibilità ambienenvironmen-tale (Cai e Zhou, 2014; Hojnik e Ruzzier 2016; Cai e Li, 2018).

Per evitare i tipici limiti (Zhang, 2012; Wallgren e Wallgren, 2014) re-lativi alla qualità dei dati provenienti da archivi amministrativi (ad es. il mancato o ritardato aggiornamento) che possono introdurre effetti distor-sivi causati da errata selezione (e conseguentemente errori di copertura) si sono inizialmente contattate tutte le 1.035 aziende incluse nel registro, depurando la lista dalle aziende prive di un sito web, una e-mail o un re-capito telefonico (51 in totale). In ragione della eterogeneità spaziale della distribuzione delle aziende, si è fatto ricorso ad un campionamento strati-ficato2, usando la regione come variabile di stratificazione (Figura 1).

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Fig. 1: Distribuzione delle imprese incluse nel campione nelle regioni italiane

La numerosità campionaria è stata determinata considerando la varia-bilità di alcune caratteristiche strutturali, quali le classi di addetti, di ca-pitale e di produzione indicate nel registro delle PMI innovative alla data del 1 aprile 2019. Essa è stata fissata in 155 unità, che rappresentano oltre il 15% della popolazione totale. Tutte le aziende estratte dal registro con campionamento casuale semplice sono state invitate a partecipare alla ri-levazione tramite la compilazione di un questionario on line articolato in domande chiuse con scala Likert a 5 modalità (Allegato 1), onde indagare la percezione delle determinanti; ovvero il grado di rilevanza attribuito da un intervistato un elemento per le sue scelte in tema di investimenti in ecoinnovazioni (Marin et al., 2015).

In coerenza col framework teorico nonché con altri questionari utilizzati per indagini analoghe (e.g. Cai e Li, 2018), le domande investono 4 aree: stakeholders, ruolo delle pubbliche amministrazioni, competenze endogene, performance economiche ed ambientali. Tre aziende non hanno fornito un feedback e nonostante i tentativi di recupero delle unità non rispondenti, esse hanno limitato la numerosità finale del campione a 152.

La Tabella 2 riporta le variabili strutturali di impresa (classi di addetti, di produzione, di capitale e settore di attività) per macro ripartizione na-zionale; così come riportate nel registro. Si osserva che ci si riferisce fon-damentalmente a microimprese debolmente capitalizzate (in particolare al Sud), attive di gran lunga nel settore dei servizi. L’essere PMI ad alto valore 2 Come noto, si tratta di una procedura probabilistica che prevede la suddivisione della popolazione di

riferimento in sottopopolazioni omogenee rispetto ad una o più variabili di classificazione, consentendo di ridurre la selection bias e di avere un campione che rifletta precisamente la popolazione di riferimento.

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aggiunto, tuttavia, tende a far risaltare dei livelli di fatturato proporzional-mente più elevati.

Tab. 2: Distribuzione percentuale ed assoluta (in parentesi) delle unità campionarie

Nord Centro Sud

Classe di addetti Totale

0-4 25,4 (18) 25,7 (9) 47,8 (22) 32,2 (49) 5-9 18,3 (13) 20,0 (7) 26,1 (12) 21,0 (32) 10-19 26,8 (19) 34,3 (12) 13,0 (6) 23,3 (37) 20-49 18,3 (13) 11,4 (4) 10,9 (5) 14,5 (22) 50-249 9,9 (7) 5,7 (2) 2,2 (1) 6,6 (10) >250 1,4 (1) 2,9 (1) 0,0 (0) 1,3 (2) Totale 100 (71) 100 (35) 100 (46) (152) Classe di fatturato (€ *1.000) 0-100 8,5 (6) 11,4 (4) 15,2 (7) 11,2 (17) 101-500 26,8 (19) 34,3 (12) 34,8 (16) 30,9 (47) 501-1.000 16,9 (12) 17,1 (6) 17,4 (8) 17,1 (26) 1.001-2.000 12,7 (9) 17,1 (6) 19,6 (9) 15,8 (24) 2.000-5.000 16,9 (12) 8,6 (3) 10,9 (5) 13,2 (20) 5.0001-10.000 9,9 (7) 0,0 (0) 2,2 (1) 5,3 (8) 10.001-50.000 8,5 (6) 11,4 (4) 0,0 (0) 16,6 (10) Totale 100 (71) 100 (35) 100 (46) (152) Classe di capitale (€) 0-5.000 2,8 (2) 0,0 (0) 0,0 (0) 1,3 (2) 5.000-10.000 12,7 (9) 8,6 (3) 21,7 (10) 14,5 (22) 10.000-50.000 33,8 (24) 40,0 (14) 39,1 (18) 36,8 (56) 50.000-100.000 11,3 (8) 20,0 (7) 8,7 (4) 12,5 (19) 100.000-250.000 12,7 (9) 5,7 (2) 13,0 (6) 11,2 (17) 250.000-500.000 4,2 (3) 5,7 (2) 6,5 (3) 5,3 (8) 500.000-1.000.000 4,2 (3) 5,7 (2) 8,7 (4) 5,9 (9) 1.000.000-2.500.000 9,9 (7) 2,9 (1) 2,2 (1) 5,9 (9) 2.500.000-5.000.00 1,4 (1) 5,7 (2) 0,0 (0) 2,0 (3) >5.000.000 7,0 (5) 5,7 (2) 0,0 (0) 4,6 (7) Totale 100 (71) 100 (35) 100 (46) (152) Settore Commercio 4,2 (3) 5,7 (2) 8,7 (4) 5,9 (9) Manifatturiero 19,7 (14) 22,9 (8) 28,3 (13) 23,0 (35) Servizi 76,1 (54) 71,4 (25) 63,0 (29) 71,1 (108) Totale 100 (71) 100 (35) 100 (46) (152)

(13)

Per verificare l’esistenza di una relazione di dipendenza tra le caratteri-stiche aziendali descritte e la ripartizione territoriale si è condotta un test basato sulla statistica χ2 (Tabella 3). L’analisi dei valori della statistica –test

ottenuti permette di osservare che le caratteristiche delle imprese incluse nel registro delle PMI innovative sono indipendenti dalla ripartizione terri-toriale. Si tratta di una considerazione rilevante alla luce dei riscontri empi-rici che vogliono solitamente le aziende settentrionali più proattive di quel-le meridionali anche dal versante della propensione innovativa (OBI, 2019).

Tab. 3: Valori del test χ2 per caratteristiche delle aziende

Caratteristiche χ2 p-value

Classe di addetti 14,963 0,133

Classe di produzione 14,469 0,272

Classe di capitale 20,092 0,328

Settore 2,497 0,645

5. L’analisi delle determinanti

Prima di analizzare le determinanti indagate, sono opportune alcune considerazioni riguardanti l’approccio che, in generale, i rispondenti mo-strano verso l’ecoinnovazione. Solo il 10% dichiara di avere un piano docu-mentato o delle regole per la gestione ecologica, rispetto al 32% che ammet-te di non possederne affatto. Eppure un ammet-terzo delle aziende riconosce che tanto il proprio output quanto i processi produttivi debbono soddisfare precisi requisiti di ecocompatibilità. I riscontri sono leggermente migliori per quanto concerne il ritenere l’audit ambientale una norma di gestione, mentre è forte la sollecitazione verso i dipendenti affinché si adoperino per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni. Questi ultimi, ad ogni modo, sembrano recepire solo parzialmente gli inviti aziendali nel proporre azioni di sostenibilità.

Tale quadro, tra l’altro, va collegato al mancato obbligo, per le PMI, di rendicontare agli stakeholders il proprio impegno verso l’ecosostenibilità. La maggioranza delle imprese conferma di non preoccuparsi di tale necessità. I suddetti riscontri, ad ogni modo, non riflettono l’elevata sensibilità ambientale che emerge nel complesso quale riflesso dell’importanza rico-nosciuta alla sostenibilità ambientale. Nelle regioni meridionali, in partico-lare, più della metà delle PMI esprime attenzione verso le ecoinnovazioni (χ2 significativo al 10%). Si potrebbe addirittura ipotizzare che le aziende

meridionali pensino all’ecoinnovazione come ad un modo per poter ridur-re gli svantaggi comparati con le equivalenti di altridur-re aridur-ree; ma anche ad una

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reazione alle note criticità ambientali che caratterizzano molte aree locali. Un’altra ragione del gap tra sensibilità ed azioni concrete dei rispon-denti si lega al fatto che le unità economiche, in quanto prevalentemente aziende piccole e poco strutturate, potrebbero non avere adeguate risorse economiche da investire allo scopo. Si spiegano in tal modo i richiamati stimoli verso i propri dipendenti mentre, nei fatti, è presente solo nel 10% dei casi una figura professionale ad hoc, come l’energy manager; sebbene il 15% dei rispondenti ne preveda l’assunzione. Quest’ultima esigenza, è particolarmente avvertita nel manifatturiero, dove il 26% delle aziende ne prevede l’assunzione rispetto all’8% dei servizi (χ2 significativo al 5%).

A fronte di questo landscape, in linea con le determinanti della ecoinno-vazione specificate nella sezione 3, emerge anzitutto una sostanziale equi-valenza territoriale nel considerare di impatto mediamente alto l’influenza esercitata dalle aspettative dei clienti; di gran lunga superiori a quelle degli altri stakeholder (Tabella 4).

Tab. 4: Distribuzione delle unità in base alla percezione del contributo degli stakeholder (%)

Nord Centro Sud

Le richieste dei clienti stimolano a perseguire ecoinnovazioni

Per nulla d’accordo 18,3 28,6 13,0

… 29,6 14,3 26,1

… 18,3 17,1 21,7

… 14,1 22,9 17,4

Pienamente d’accordo 19,7 17,1 21,7

Le proposte dei fornitori stimolano a perseguire ecoinnovazioni

Per nulla d’accordo 25,4 20,0 15,2

… 26,8 20,0 30,4

… 29,6 31,4 32,6

… 12,7 20,0 15,2

Pienamente d’accordo 5,6 8,6 6,5

Gli intermediari finanziari sono più predisposti a finanziare investimenti ecocompatibili

Per nulla d’accordo 29,6 25,7 26,1

… 28,2 42,9 30,4

… 29,6 17,1 23,9

… 9,9 8,6 19,6

Pienamente d’accordo 2,8 5,7 0,0

I venture capitalist sono più predisposti a finanziare aziende ecocompatibili

Per nulla d’accordo 21,1 17,1 13,0

… 31,0 28,6 30,4

… 22,5 20,0 30,4

… 21,1 31,4 19,6

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Gli altri attori del contesto economico locale inducono ad adottare ecoinnovazioni

Per nulla d’accordo 15,5 11,4 6,5

… 21,1 37,1 50,0

… 42,3 40,0 28,3

… 14,1 8,6 15,2

Pienamente d’accordo 7,0 2,9 0,0

L’influenza dei fornitori si rivela assai contenuta, maggiore solo a quella dei venture capitalist, ma inferiore sia agli intermediari finanziari ordinari sia agli altri attori del sistema economico. A ben vedere il risultato è in linea con l’elevato peso che le PMI assegnano alle capacità interne (v. infra) che sup-portano la funzione di R&S per l’accesso alle innovazioni in generale, anche rispetto al ruolo svolto dai centri di ricerca (reputati utile o molto utile dal 66,5%), dalle partnership (61,9%) o dalle consulenze specializzate (53,9%).

Con riferimento alla seconda categoria di determinanti esterne, gli im-pulsi connessi al ruolo delle pubbliche amministrazioni (PA), la maggio-ranza dei rispondenti non ritiene sussistano adeguati benefici fiscali e mo-netari per stimolare l’adozione di ecoinnovazioni, mentre considera l’iter burocratico per riceverli particolarmente complesso. Le PMI, inoltre, giu-dicano inadeguata la cornice normativa di riferimento (Tabella 5). Pur glo-balmente deboli, tali riscontri appaiono del tutto coerenti con la bassissima percentuale (14%) di aziende che ha richiesto gli incentivi previsti dalle normative a favore della ecoinnovazione (solo l’8% li ha ricevuti), mentre oltre il 51% non ha ritenuto di poterli richiedere ed il 34% dichiara di non esserne a conoscenza.

Tab. 5: Percezione della efficacia delle azioni a sostegno delle aziende da parte della PA per settore A Vostro avviso,

la PA offre…

Settore (%)

Commercio Industria/Artigianato Servizi

adeguati benefici fiscali per le ecoinnovazioni di vostro interesse

Per nulla d’accordo 33,3 22,9 28,7

… 33,3 42,9 38,9

… 11,1 22,9 25,0

… 22,2 8,6 5,6

Pienamente d’accordo 0,0 2,9 1,9

adeguati incentivi monetari per le ecoinnovazioni di vostro interesse

Per nulla d’accordo 44,4 28,6 32,4

… 44,4 40,0 38,0

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… 0,0 5,7 6,5

Pienamente d’accordo 0,0 2,9 1,9

un iter burocratico sufficientemente snello

Per nulla d’accordo 33,3 34,3 49,1

… 66,7 45,7 28,7

… 0,0 11,4 17,6

… 0,0 2,9 4,6

Pienamente d’accordo 0,0 5,7 0,0

un quadro normativo che supporta l’adozione di ecoinnovazioni

Per nulla d’accordo 44,4 20,0 35,2

… 44,4 40,0 35,2

… 11,1 31,4 23,1

… 0,0 2,9 6,5

Pienamente d’accordo 0,0 5,7 0,0

Per quanto riguarda le determinanti interne, il primo aspetto indagato riguarda la disponibilità di competenze tecnologiche, organizzative, ma-nageriali e di risorse tangibili necessarie ad adottare ecoinnovazioni di in-teresse. Mentre le tre tipologie di competenze sono ritenute abbastanza o del tutto adeguate alle esigenze, risultano, invece, fortemente deficitarie le dotazioni di risorse materiali e finanziarie (Tabella 6). Una constatazione che amplifica, nella percezione delle aziende, la debole offerta di incentivi di natura pubblica, con conseguente effetto di disincentivazione.

Tab. 6: Percezione delle competenze possedute dalle aziende (%)

Quanto ritenete siano adeguate alle ecoinnovazioni che intendete adottare le attuali…

competenze tecnologiche competenze manageriali

Del tutto inadeguate 12,5 Del tutto inadeguate 7,9

… 17,8 … 19,1

…. 28,3 …. 27,6

… 23,7 … 30,3

Più che adeguate 17,8 Più che adeguate 15,1

competenze organizzative risorse materiali e finanziarie

Del tutto inadeguate 11,8 Del tutto inadeguate 14,6

… 15,8 … 27,8

…. 29,6 …. 32,5

… 27,6 … 18,5

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Circa gli stimoli legati alla possibilità che dalle ecoinnovazioni discen-dano migliori performance ambientali ed economiche, i riscontri appaiono alquanto differenziati. Dal versante ambientale, oltre il 42% delle aziende riconosce che l’adozione delle ecoinnovazioni ha effettivamente comporta-to una chiara riduzione nel consumo delle materie prime, nelle emissioni (47%) e nei costi per l’energia ed altre materie (Tabella 7).

Tab 7: Performance economico-ambientali

Gli investimenti in ecoinnovazione hanno consentito di:

ridurre il consumo di energia/ materie prime ridurre il costo di energia/materie prime

Per nulla d’accordo 25.7 Per nulla d’accordo 27,0

… 17,8 … 21,1

… 14,5 … 17,1

… 29,6 … 24,3

Pienamente d’accordo 12,5 Pienamente d’accordo 10,5

ridurre l’inquinamento connesso all’attività

aziendale] accrescere il numero di occupati]

Per nulla d’accordo 22,4 Per nulla d’accordo 44,1

… 19,7 … 19,7

… 20,4 … 19,7

… 23,7 … 11,2

Pienamente d’accordo 13,9 Pienamente d’accordo 5,3

incrementare le

vendite aumentare l’utilizzo capacità produttiva

Per nulla d’accordo 40,8 Per nulla d’accordo 42,8

… 16,4 … 17,8

… 23,7 … 19,7

… 9,9 … 13,8

Pienamente d’accordo 9,2 Pienamente d’accordo 5,9

migliorare i risultati

economici fidelizzare i clienti

Per nulla d’accordo 38,8 Per nulla d’accordo 37,5

… 21,1 … 15,8

… 20,4 … 21,1

… 14,5 … 15,1

Pienamente d’accordo 7,2 Pienamente d’accordo 10,5

Dal versante delle performance economiche, invece, circa il 60% delle aziende non ha registrato un beneficio in termini di incrementi delle vendi-te o della capacità produttiva degli impianti. Né, si è registrato un impatto

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positivo sulla redditività, un miglioramento della posizione competitiva o una maggiore fidelizzazione dei clienti. Ancora, per oltre l’60% dei ri-spondenti, l’impatto delle ecoinnovazioni sulla creazione di occupazione è trascurabile.

5.1 Una proposta di raggruppamento

Per evidenziare eventuali analogie tra le PMI in relazione alle deter-minanti dell’ecoinnovazione si è utilizzata la metodologia statistica della cluster analysis. Nella procedura di analisi sono stati inclusi tutti gli item analizzati precedentemente.

Poiché il considerevole numero di aziende rende di difficile interpre-tazione l’analisi gerarchica, si è utilizzata una procedura a due step (Hair at al., 2009). Nel primo, si è sviluppato un algoritmo gerarchico1, che mira

a costruire una gerarchia tra i gruppi, fornendo indicazioni sul numero dei cluster. Questa indicazione è utile per imporre il numero dei gruppi in cui le aziende dovranno essere suddivise nel passaggio successivo, basato sull’algoritmo di raggruppamento non gerarchico delle k-medie2.

L’assegnazione delle aziende ai singoli cluster ottenuti dalla procedura delle k-medie permette di identificarne i profili in base alla loro propensio-ne verso le ecoinnovazioni. La procedura non gerarchica, infatti, assegna a ciascun item un punteggio per ogni gruppo individuato. Ciascun gruppo è, così, descritto da una serie di item inclusi nell’analisi che consente di descri-verne le caratteristiche; di conseguenza gli aspetti ai quali ciascun di essi è più sensibile e che connotano le aziende incluse in quel particolare gruppo.

Dall’analisi condotta è emersa la presenza di quattro raggruppamen-ti omogenei di imprese. Per sinteraggruppamen-tizzare le misure caratterisraggruppamen-tiche della di-stribuzione delle aziende all’interno dei gruppi si riporta nella Figura 2 il box-plot. Esso riassume le caratteristiche della distribuzione delle aziende incluse nei cluster. Osservando il box-plot emerge che la variabilità inter-classe non è eccessiva. Non sono presenti, inoltre, valori anomali, o outlier, nei gruppi identificati.

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Fig. 2: Box-plot sulla distanza delle aziende dal centroide del gruppo di assegnazione

Le aziende sono state tutte incluse nei cluster, seppur distribuite in ma-niera alquanto eterogenea (Tabella 8).

Tab. 8: Distribuzione delle PMI nei cluster

Cluster n % 1 49 32,2 2 37 24,3 3 40 26,3 4 26 17,1 Totale 152 100,0

L’analisi degli item consente di profilare due gruppi di aziende maggior-mente sensibili all’adozione delle ecoinnovazioni. Il primo, definibile delle aziende scettiche, si connota per un legame marcato verso gli stimoli indot-ti dalla pubblica amministrazione verso le ecoinnovazioni. Tale rapporto, tuttavia, non è percepito come costruttivo. Le aziende lamentano l’insuffi-1 Per il primo step è stato utilizzato un algoritmo agglomerativo del centroide che ricalcola ad

ogni passo la matrice delle distanze partendo non dalle distanze precedenti ma dai baricentri di ciascun cluster, riducendo, in tal modo, l’incidenza di eventuali valori anomali.

2 Il clustering non gerachico, o partizionale, si basa su una funzione che permette di definire

l’appartenenza ad un gruppo sulla base della distanza tra l’unità ed un punto rappresentativo del cluster (centroide, medioide etc). In questo caso, il numero dei gruppi da formare è prefissato.

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cienza dei fondi previsti oltre a difficoltà burocratiche che ne scoraggiano la richiesta. Pur conoscendone la disponibilità, queste aziende sono accomu-nate dal fatto di non averne richiesto l’accesso.

Il secondo cluster individuato raggruppa le PMI attive; quelle che cono-scono i riferimenti normativi ed hanno le competenze necessarie per adotta-re innovazioni indipendentemente dai supporti esogeni. Pur non avverten-do particolarmente il bisogno di aavverten-dottare ecoinnovazioni per la loro attività operativa, esse sono particolarmente attente alle problematiche ambientali, al risparmio energetico ed all’efficienza. È frequente, nel loro organigram-ma, ritrovare precipuamente la figura dell’energy manager mirante a miglio-rare l’efficienza energetica e ridurre l’impronta ambientale dell’azienda. La sensibilità di tali aziende si riscontra anche con riferimento al grado di attenzione rivolto alle sollecitazioni provenienti dagli stakeholder. Gli altri due gruppi di aziende, invece, appaiono meno attente alle sostenibilità am-bientale e all’efficienza energetica. Sono pertanto aziende che in vari casi non hanno avallato specifici investimenti in ecoinnovazioni. Le aziende del terzo gruppo, in particolare, pur cominciando ad evidenziare una certa sen-sibilità verso le problematiche ambientali, al momento non sono stimolate a sostenere investimenti di sorta in ragione dell’assenza di adeguate richieste da parte deli stakeholder. Per tali ragioni esse sono definibili come aziende apatiche. Le PMI del quarto cluster, numericamente il meno numeroso, sono quelle che si rivelano più disattente agli aspetti ambientali ed all’ecoinnova-zione. Si tratta di un debole interesse che cela una vera e propria problema-tica gestionale ed organizzativa. Esse, difatti, spesso sono consce di doversi adeguare alle richieste e sollecitazioni provenienti dall’esterno, che riescono a discernere, ma non hanno sufficienti competenze, risorse tangibili interne, o propensione manageriale per farvi fronte. In conseguenza sono state eti-chettabili come passive.

Per meglio profilare le caratteristiche delle aziende all’interno dei cluster di appartenenza si riporta la loro distribuzione percentuale distinta per set-tore di attività (Tabella 9).3 La statistica – test di indipendenza χ2 evidenzia

la presenza di un legame tra l’appartenenza ad un cluster ed il settore di attività (χ2 significativo al 10%). Si può così affermare che il settore è una

discriminante per l’appartenenza ai gruppi identificati. Si evidenzia, altre-sì, che le aziende del Commercio sono quelle che maggiormente lamentano le lentezze burocratiche e la limitatezza delle risorse messe a disposizione dalla PA per le ecoinnovazioni (cluster 1). Questo riscontro può ascriversi al fatto che tale tipologia di aziende è spesso esclusa dalle normative di in-coraggiamento all’adozione di ecoinnovazione; che tendono a privilegiare il comparto manifatturiero (Cainelli e Mazzanti, 2013). A loro volta, le PMI manifatturiere sono le più sensibili ed aperte alle ecoinnovazioni; influen-zate dai feedback e stimoli della PA, attente agli aspetti normativi ed alla dotazione di competenze. Esse sono anche le aziende più consapevoli del

(21)

loro impatto ambientale e della conseguente influenza delle ecoinnovazio-ni sulle dinamiche reddituali ed economiche; per tali ragioecoinnovazio-ni anche le più propense ad investire in ecoinnovazioni (cluster 2).

Tab. 9: Distribuzione delle PMI nei cluster in base al settore (%)

Cluster Settore

Commercio Manifatturiero Servizi

1 55,6 34,3 29,6 2 11,1 37,1 21,3 3 11,1 25,7 27,8 4 22,2 2,9 21,3 100,0 100,0 100,0 6. Conclusioni

Comprendere le determinanti che supportano i processi di ecoinno-vazione nelle aziende è importante per accelerarne le dinamiche di ade-guamento alle esigenze della green economy. È altrettanto significativo che l’attenzione degli studiosi si rivolga tanto alle grandi quanto alle piccole e medie imprese; data l’elevata incidenza di queste ultime in taluni contesti territoriali. Le indagini sui processi di ecoinnovazione nelle PMI, tuttavia, sono poche, frammentate e raramente si riferiscono allo specifico contesto italiano.

In funzione di quanto sopra, partendo dai riscontri della letteratura scientifica internazionale sulle determinanti che influenzano le scelte di ecoinnovazione delle PMI, il presente contributo ha indagato come alcune delle determinanti che sono ritenute maggiormente influenti sono perce-pite dalle PMI innovative italiane iscritte nell’apposito Registro istituito da MISE e CCIAA. Pur nei limiti di un’indagine a valenza esplorativa, emer-gono dei riscontri interessanti e meritevoli di futuri approfondimenti.

In generale, si rileva che il problema dell’ecosostenibilità è sufficiente-mente avvertito da tali PMI, soprattutto grazie alle sollecitazioni prove-nienti dagli stakeholder; in particolare dai fornitori (Bos-Brouwers, 2010; Yalabik e Fairchild, 2011) e venture capitalist (Halila e Rundquist, 2011; Zhu et al., 2011). Invece i clienti (Horbach et al., 2012; Hojnik e Ruzzier, 2016) non appaiono esercitare una grande spinta in tale direzione. Per quanto concerne il ruolo della pubblica amministrazione, le imprese sono alquan-to critiche tanalquan-to verso i benefici fiscali offerti, quanalquan-to e specialmente con 3 Sono state considerate anche le distribuzioni in base a ripartizione geografica, regione, classe di

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riguardo agli incentivi monetari (Hoogendoorn et al., 2015; Triguero et al, 2016). Sono, inoltre, considerate come barriere ad ecoinnovare le com-plessità burocratiche da perseguire ed il quadro normativo di riferimento (Hojnik e Ruzzier, 2016; He et al., 2018).

Di contro, gli intervistati ritengono complessivamente adeguate le sog-gettive dotazioni di competenze di tipo tecnologico, manageriale, orga-nizzativo e finanziario disponibili in azienda; che pure sono considerate svolgere una chiara influenza sulla propensione ad ecoinnovare (Kesidou e Demirel, 2012; Triguero et al, 2016). Le PMI sottolineano i benefici ambien-tali connessi alle ecoinnovazioni in termini di riduzione del consumo di risorse ed inquinamento; mentre sono più scettiche sulla capacità di accre-scere l’occupazione, incrementare il fatturato, migliorare l’utilizzo della ca-pacità produttiva, fidelizzare i clienti o migliorare la redditività. Dunque, mentre le performance ambientali si rivelano una determinante di rilievo (Marin et al., 2015: del Rio et al., 2017), quelle economiche non appaiono tali; in opposizione a quanto affermato nella maggioranza degli altri studi empirici (Pereira e Vence, 2012; Woo et al., 2014).

In sintesi, emerge un quadro in chiaroscuro, non del tutto rassicurante per il prossimo futuro allorché alcune delle determinanti che in altri con-testi svolgono un ruolo fondamentale nelle scelte di investimento, quali la pubblica amministrazione, in ambito domestico sembrano invece rallenta-re l’adozione delle ecoinnovazioni.

Tale percezione presumibilmente si riconduce al quadro normativo na-zionale ancora incompleto, scarsamente conosciuto e complesso da per-seguire; anche per quanto riguarda l’offerta di stimoli ed incentivi all’e-coinnovazione. Un’esigenza particolarmente avvertita, infatti, concerne la limitatezza delle risorse tangibili; piuttosto che quella di competenze endo-gene. È coerente con quanto affermato il ritenere maginale il ruolo propul-sivo di università e centri di ricerca; mentre all’estero tendono ad avere un elevato peso specifico (Horbach, 2014; Tumelero et al., 2019).

Forse si lega a tale ruolo marginale la debole percezione dei potenziali benefici economici connessi all’adozione delle ecoinnovazioni; così come il loro conseguente riverbero sulle dinamiche competitive aziendali. Nello specifico, seguendo un pensiero consolidato (Porter e Kramer, 2006; Por-ter e van der Linde, 1995), le ecoinnovazioni sono ritenute impattare fon-damentalmente sul consumo di risorse tangibili o energetiche. Viceversa è reputato limitato l’effetto sulla dinamica economica, sulla concorrenza in termini di differenziazione del prodotto/servizio offerto e sulla legit-timazione. Non sorprende, pertanto, se l’adozione di ecoinnovazioni sia fondamentalmente necessity-pull, più che una scelta consapevole maturata autonomamente in previsione di benefici che si manifesteranno a valere nel tempo (opportunity-push) (Berrone et al., 2013).

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Gli imprenditori, ad ogni modo, mostrano di avere le idee chiare sulle linee che dovrebbero seguire delle policy proattive per incoraggiare l’ado-zione di ecoinnovazioni. Tra esse, l’introdul’ado-zione di incentivazioni automa-tiche, come il credito d’imposta, un maggiore attivismo degli enti di finan-ziamento, il supporto alla creazione di partenariati e collaborazioni con aziende più grandi, l’offerta di risorse organizzative e manageriali tramite formazione ex-ante ed assistenza in itinere per le ecoinnovazioni più com-plesse da implementare, la disponibilità di incentivi ad hoc rivolti anche ad impianti ex novo, oltre che per la riconversione di quelli esistenti.

Ragionando nei termini dei quattro cluster individuati, l’obiettivo delle policy non può che essere il supportare la transizione dalle aziende meno sensibili (passive ed apatiche) verso i due gruppi di aziende più sensibili, ma anche di quelle che risultano sensibili fondamentalmente perché co-strette da ragioni contestuali (scettiche), verso il gruppo delle ecoinnovative per intrinseca convinzione. Allo scopo, le aziende passive avrebbero prio-ritariamente bisogno di supporto nella dotazione di risorse e competenze, mentre le apatiche potrebbero beneficiare di rapporti più aperti e frequenti con altri interlocutori economici, affinché comprendano l’importanza delle ecoinnovazioni ancor prima di dover inseguire un’eventuale necessità di adeguamento. Per le aziende scettiche, invece, uno stimolo a trasformare la loro sensibilità in azione sembra legarsi anzitutto all’ottenimento di certez-ze normative; ovvero dal poter minimizzare i compliance cost connessi alle decisioni di investimento.

Ovviamente il quadro così definito non è generalizzabile tout court. An-zitutto, in linea con tutte le precedenti indagini, il presente lavoro consi-dera solo una parte delle variabili trattate in letteratura. Alle difficoltà di ordine pratico nel contemplare contemporaneamente tutte le determinanti delle ecoinnovazioni nelle PMI finora censite (de Jesus Pacheco et al., 2017), si aggiunge la mancata precisa distinzione tra driver e barriere, che posso-no essere spesso interpretate l’uposso-no come l’opposto dell’altra (Marin et al., 2015), nonché l’elevata possibilità che si manifestino influenza reciproche tra le variabili (Pereira e Vence, 2012; Xavier et al., 2017).

In seconda battuta, i riscontri di cui sopra risentono dell’elevata inciden-za, nella popolazione considerata, di aziende di servizi (ad es. nel comparto delle ICT). Queste ultime hanno maggior difficoltà a migliorare la propria impronta ecologica già di per sé contenuta. Non a caso emerge che le impre-se più attente alla sostenibilità ambientale sono le manifatturiere, forimpre-se pro-prio perché più consapevoli del propro-prio impatto, ma anche maggiormente destinatarie di normative od incentivazioni ad hoc; come di controlli.

In terzo luogo va considerato che le PMI indagate presentano delle spe-cificità non comuni nella maggioranza delle altre PMI nazionali, rappre-sentandone la parte presumibilmente più aperta al cambiamento. Questa

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caratteristica è coerente con la distinta percezione del problema della soste-nibilità ambientale; seppure non con quello dei benefici complessivamen-te sotcomplessivamen-tesi all’adozione delle ecoinnovazioni. È, dunque, probabile, che il quadro delineato sia migliore di quello ottenibile da altre tipologie di PMI; eventualità quest’ultima che non potrebbe che destare una certa preoccu-pazione nei policy maker.

È, pertanto, auspicabile tanto la replica di tale indagine per altre popola-zioni di aziende, diverse per settore, dimensione e localizzazione geografi-ca, quanto la proposizione di investigazioni condotte con metodi differenti per valutare eventuali differenze e similitudini nei risultati. In aggiunta, la focalizzazione su un numero più contenuto di variabili o determinanti potrebbe consentire di meglio delineare il peso che ciascuna di essa detiene nella specifica realtà indagata. L’obiettivo è sempre il riuscire a proporre un quadro quanto più efficace dell’eterogeneo panorama di elementi che afferiscono la scelta di ecoinnovare, a sostegno della transizione dell’intero sistema economico verso un modello di sviluppo sostenibile.

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Il questionario

1. Quanto conta per l’accesso alle innovazioni da parte della Vostra azienda: ◯ l’attività di R&S interna

◯ il rapporto con università/centri di ricerca ◯ la partnership con altre aziende

◯ il ricorso a consulenze specializzate ◯ l’acquisto di brevetti

◯ la partecipazione a fiere/convegni 2. La Vostra azienda:

◯ ha un piano documentato o delle regole per l’ecoinnovazione e la gestione ecologica ◯ considera l’audit ambientale come una norma di gestione.

◯ stimola il personale ad adoperarsi per il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni ◯ pubblicizza presso gli stakeholders il suo impegno verso l’ecosostenibilità

3. Vostri prodotti/servizi devono soddisfare i requisiti delle normative ambientali nazio-nali ed internazionazio-nali:

4. I Vostri processi di produzione devono soddisfare i requisiti delle normative ambientali nazionali ed internazionali

5. A Vostro avviso la Pubblica Amministrazione offre:

◯ adeguati benefici fiscali per le ecoinnovazioni di vostro interesse ◯ adeguati incentivi monetari per le ecoinnovazioni di vostro interesse ◯ un iter burocratico più snello per l’accesso ai vantaggi previsti ◯ un quadro normativo che supporta l’adozione di ecoinnovazioni 6. I Vostri clienti sono attenti alle problematiche ambientali e di sostenibilità 7. Le richieste dei clienti Vi stimolano a perseguire ecoinnovazioni

8. I Vostri fornitori sono attenti alle problematiche ambientali e di sostenibilità 9. Le proposte dei fornitori Vi stimolano a perseguire ecoinnovazioni

10. Banche ed intermediari finanziari sono più predisposti a finanziare investimenti eco-compatibili

11. Business angel e serial investor sono più predisposti a finanziare aziende che perseguo-no l’ecocompatibilità

12. Gli altri attori del contesto economico locale sollecitano l’adozione di ecoinnovazioni 13. La presenza di centri di ricerca ed università favorisce l’adozione di ecoinnovazioni? 14. Nella Vostra azienda

◯ la sostenibilità ambientale è un problema molto avvertito ◯ i Vs. dipendenti propongono azioni di sostenibilità ambientale

◯ ci sono figure professionali (ad es. energy manager) che si dedicano alle questioni di sostenibilità ambientale

◯ prevedete di assumere figure professionali che si dedichino alle questioni di sosteni-bilità ambientale

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15. Gli investimenti in ecoinnovazione hanno consentito di: ◯ ridurre il consumo di energia e di materie prime ◯ ridurre il costo dell’energia e di altre materie prime ◯ ridurre l’inquinamento connesso all’attività aziendale ◯ accrescere il numero di occupati

◯ incrementare le vendite

◯ aumentare l’utilizzo della capacità produttiva ◯ migliorare i risultati economici e reddituali

◯ ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti ◯ fidelizzare i clienti

◯ migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti

16. Quanto ritenete siano adeguate alle ecoinnovazioni che intendete adottare le attuali ◯ competenze tecnologiche dell’azienda

◯ competenze organizzative dell’azienda ◯ competenze manageriali dell’azienda ◯ risorse materiali e finanziarie dell’azienda

17. Nell’immediato futuro prevedete di investire in ecoinnovazioni allo scopo di: ◯ ridurre il costo dell’energia e di altre materie prime

◯ accrescere le performance economiche e finanziarie

◯ migliorare l’immagine sul mercato e differenziarvi dai concorrenti ◯ ridurre l’impatto ambientale della Vs azienda

◯ contribuire a rispettare i target europei ◯ ricevere i contributi previsti

18. La Vostra azienda ha richiesto i benefici previsti per gli investimenti in ecoinnovazione? ◯ Ha richiesto e ricevuto

◯ Ha richiesto ma non ricevuto ◯ Non ha richiesto

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