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Lesioni encefaliche nell'epilessia secondaria del cane e del gatto

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UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Lesioni encefaliche nell’epilessia secondaria

del cane e del gatto

RIASSUNTO

Lo scopo della presente tesi è quello di valutare le lesioni encefaliche in un gruppo di 39 cani e 9 gatti affetti da crisi convulsive non trattabili diagnosticate come forme di epilessia secondaria. È stato esa-minato l’encefalo di animali deceduti spontaneamente o soppressi a causa della sintomatologia con-vulsiva. Ulteriore materiale è costituito da prelievi di tessuti patologici asportati in sede chirurgica. I campioni biologici sono stati fissati in formalina al 10% subito dopo il prelievo. Dopo completa fissa-zione, sono state eseguite sezioni coronali dell’encefalo allo scopo di verificare la presenza di eventua-li lesioni. Il campionamento del tessuto nervoso ha compreso le principaeventua-li strutture anatomiche, quaeventua-li corteccia frontale e nuclei della base, corteccia parietale, temporale, occipitale, talamo, ippocampo, mesencefalo, ponte, corteccia cerebellare e midollo allungato. I campioni sono stati processati come di routine con metodiche istochimiche e immunoistochimiche in casi selezionati. I risultati hanno rivelato che la patologia più comunemente diagnosticata in associazione alla comparsa della sintomatologia convulsiva nei cani è stata quella neoplastica (22 cani su 39), seguita dalle patologie vascolari (8 ca-si), dalle malattie infiammatorie (5), dalle patologie neurodegenerative (2), dalle malattie metaboliche (1) e malformative (1). Nei gatti la patologia più frequentemente osservata è stata quella degenerativa (5 soggetti su 9), seguita dalle patologie infiammatorie (2 casi) e da quelle metaboliche e neoplastiche (1 caso ciascuna).

Parole chiave: epilessia, convulsioni, neuropatologia, cane, gatto.

ABSTRACT

The purpose of this thesis is to evaluate the brain lesions in a group of 39 dogs and 9 cats with untreat-able seizures and clinical diagnosis of secondary epilepsy. The brains of animals died spontaneously or euthanized because of severe seizures were examined. Surgical biopsies of intracranial lesions were also examined. Tissue samples were fixed in 10% formalin immediately after removal. After complete fixation, coronal sections of the brain were performed on post-mortem cases to verify the presence of lesions. Samples included the main anatomical structures of the CNS, such as frontal cortex and basal nuclei, parietal, temporal and occipital cortex, thalamus, hippocampus, midbrain, pons, cerebellar cor-tex and medulla oblongata. Samples were routinely processed for histology, histochemistry, as well as immunohistochemistry when necessary. The most commonly diagnosed disease associated with sei-zure activity in dogs was neoplasia (22 out of 39 dogs), followed by vascular diseases (8/39), inflam-matory diseases (5/39). Degenerative diseases (2/39), metabolic diseases (1/39) and malformative conditions (1/39) were also observed. In cats, the most frequently occurred conditions were degenera-tion (5 out of 9), followed by inflammatory lesions (2/9), metabolic and neoplastic diseases (1 case each).

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INDICE

Introduzione 3

Capitolo 1 – Epilessia e sindromi convulsive 5

1.1 Patogenesi delle crisi convulsive 6

1.2 Fasi delle crisi convulsive 12

1.3 Classificazione delle crisi convulsive 13

Capitolo 2 – Epilessia secondaria 19

2.1 Eziologia dell’epilessia secondaria 21

Capitolo 3 – Parte sperimentale 34

3.1 Materiali e metodi 34

3.2 Risultati 37

3.3 Discussione 64

3.4 Conclusioni 74

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INTRODUZIONE

Etimologicamente il termine epilessia deriva dal verbo greco επιλαμβάνω che, al passivo si-gnifica “essere colto di sorpresa” o anche “essere invaso”. Tale termine, utilizzato dagli anti-chi greci, sintetizza in maniera impeccabile i caratteri fondamentali della crisi epilettica, quali l’imprevedibilità del suo manifestarsi e l’interruzione dello stato di coscienza dove la persona che sperimenta l'attacco sembra diventare assente e insensibile.

L’epilessia è una malattia conosciuta fin dalla remota antichità. Già i testi vedici della medici-na Ayurvedica (4500-1500 a.C.) descrivono diversi aspetti sintomatologici dell’epilessia, de-finita come “apasmara” che significa “perdita di coscienza”. Un testo babilonese di medicina del 1067 a.C., conservato al British Museum, descrive in modo dettagliato l’epilessia e i suoi diversi modi di manifestarsi. Questo testo attribuisce all’epilessia un significato di manifesta-zione soprannaturale, in cui i diversi tipi di epilessia sono associati al nome di una divinità, di solito maligna. Il primo grande segno di rottura con il passato è rappresentato dal grande

me-dico greco Ippocrate di Cos (460-377 a.C.). Il suo nome rappresenta un importante punto di

partenza per lo studio dell'epilessia. Egli è stato il primo a rifiutare il carattere soprannaturale

della malattia e con il suo trattato il “De morbo sacro” attua una laicizzazione della malattia

tendendo a considerare l'epilessia non come una malattia più sacra delle altre, ma pari a tutte le altre. L’affermazione che l’epilessia fosse un morbo sacro infatti portava i medici greci a crearsi un alibi per l’insuccesso della terapia che in realtà era dovuto all'ignoranza circa le cause della malattia. Un altro importante contributo sulla conoscenza dell'epilessia fornitoci dalle opere ippocratiche è rappresentato dall’affermazione che il cervello è la sede della ma-lattia.

Testimonianza di una crisi convulsiva è presente nel vangelo di Marco (9: 14-29) in cui Gesù guarisce un bambino dall’epilessia scacciando il diavolo che lo impossessava; questo episodio è importante anche per comprendere come la sensibilità cristiana verso il paziente epilettico muterà rispetto a quanto avvenuto fino ad allora nel mondo antico: l’epilettico non era più posseduto da un dio, ma da un demone e, come tale, nei secoli futuri incominciò ad essere trattato con sospetto e ad essere oggetto di persecuzioni anche feroci. Più o meno nello stesso periodo il medico romano Galeno (I sec d.C.) afferma, sulla scia di Ippocrate, che l’epilessia è una malattia non diversa dalle altre e non un fenomeno soprannaturale o divino e descrive per la prima volta l’aura di una crisi epilettica. Sul fronte della medicina araba, il grande medico e filosofo Avicenna afferma che l’epilessia è una malattia che origina dal cervello ed in

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partico-4

lare dal ventricolo cerebrale. Avicenna, uno dei più importanti esponenti della grande tradi-zione medico-scientifica araba, attribuisce la malattia a cause organiche e non soprannaturali. Nell’epoca del Rinascimento (dopo il 1500) si comincia timidamente a scostarsi dalle creden-ze medievali per riavvicinarsi a metodiche più “scientifiche” e consone a quanto già in prece-denza affermato dalla medicina classica e araba. È Paracelso che, riaffermando la natura or-ganica della malattia, descrive l’epilessia come una malattia che colpisce non solo l’uomo ma anche gli animali e afferma, con notevole preveggenza, che pur non essendo possibile curare l’origine della malattia, è possibile curarne gli effetti. Nel XVIII secolo, Tissot (1728-1797) puntualizza la differenza tra epilessia sintomatica ed epilessia idiopatica; purtroppo le possibi-lità terapeutiche sono ancora molto primordiali.

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CAPITOLO 1

Epilessia e Sindromi Convulsive

Le epilessie rappresentano un significativo problema nella clinica neurologica del cane e del gatto, con una prevalenza stimata intorno all’1%-2% nei cani e dallo 0,5% al 3,5% nei gatti.92 I termini crisi epilettica, convulsione e attacco sono sinonimi di un’alterazione cerebrale che si esprime come un disturbo parossistico transitorio della funzione cerebrale, che si presenta con insorgenza improvvisa, termina spontaneamente, ha la tendenza a ricomparire e origina dal prosencefalo. Il termine epilessia, invece, si usa per indicare crisi convulsive ricorrenti.30 La distinzione fra epilessia e convulsioni è di fondamentale importanza proprio perché le convulsioni sono la manifestazione clinica di un’anormale attività elettrica nel cervello, men-tre il termine epilessia è riferito a convulsioni multiple che avvengono per un lungo periodo di tempo. Non tutte le convulsioni sono associate con l’epilessia. Per esempio, una convulsione può essere la reazione di un cervello normale a un insulto transitorio, come un’intossicazione o un disturbo metabolico.148

La violenza delle manifestazioni e la cronicità che spesso assumono rendono difficile la vita agli animali colpiti e ai loro proprietari. La frequenza con cui compaiono gli accessi epilettici è molto variabile. In letteratura sono descritti casi di cani che hanno manifestato un solo attac-co epilettiattac-co in tutta la loro vita e altri che invece sono soggetti ad attacchi ripetuti a intervalli di tempo più o meno regolari (in genere qualche mese o qualche settimana) e altri soggetti an-cora che soffrono di attacchi di epilessia “a grappolo”: in questi casi l’animale va incontro a una serie piuttosto nutrita di attacchi epilettici in un breve arco di tempo, poi resta normale per molti mesi di seguito.20

L’epilessia e le convulsioni sono delle manifestazioni cliniche indotte da un’improvvisa e momentanea condizione di “sovraeccitazione” a carico di alcuni specifici gruppi di neuroni del cervello. Questo stato di eccitazione influenza, come un’ondata, l’attività elettrica di altri gruppi di neuroni adiacenti ai primi e finisce per diffondersi a tutta la corteccia cerebrale e, subito dopo, al tronco encefalico.5 Infatti i neuroni della corteccia cerebrale e di altre aree sot-tocorticali possono essere soggetti ad attività parossistiche improvvise, eccessive, disordinate, afinalistiche e spesso autolimitanti, cui consegue un’enorme varietà di manifestazioni clini-che, dipendenti dall’ estensione e dalla localizzazione dell’area cerebrale interessata dal

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fe-6

nomeno. L’attivazione di neuroni della corteccia motoria causa un’attività muscolare propor-zionale all’estensione dell’area corticale interessata: si può assistere all’attivazione di pochi fasci muscolari, fino ad un’attività muscolare generalizzata. Alcune volte vengono coinvolti neuroni limbici, con conseguenti alterazioni comportamentali; altre volte, si assiste ad altera-zioni dello stato di coscienza o a manifestaaltera-zioni puramente vegetative. Nella maggior parte dei casi il quadro clinico si presenta misto.30

Ancora non sappiamo esattamente quale sia il meccanismo patogenetico con cui si innescano queste ondate eccitatorie spontanee, né per l’epilessia primaria né per quella secondaria. Teo-ricamente, il cervello di qualunque soggetto può occasionalmente andare incontro a queste improvvise “scariche” elettriche, ma di regola l’organo è dotato di un’elevata “soglia di ecci-tazione”, per cui sono necessarie sollecitazioni veramente intense per scatenare la crisi con-vulsiva. Nel caso in cui, però, questa soglia di eccitazione sia più bassa del normale per moti-vi congeniti o si riduca per cause secondarie acquisite, il soggetto può andare incontro a crisi convulsive spontanee o bastano eccitazioni anche modeste per innescarle. La sensibilità dei neuroni agli stimoli eccitatori si può accrescere, per esempio, per modificazioni patologiche della loro membrana o perché cambiano gli equilibri elettrolitici nello spazio in cui sono im-mersi, oppure per un improvviso scompenso tra influssi inibitori ed eccitatori o, ancora, per disturbi del metabolismo dei neurotrasmettitori.30

1.1 Patogenesi delle crisi

Per cercare di capire la base delle crisi convulsive bisogna considerare che i neuroni hanno una soglia epilettogena. Questa soglia neuronale è definita dal loro ambiente, il quale è gene-ticamente determinato. Le crisi convulsive si verificano quando questo ambiente è disturbato e la soglia si abbassa. In genere la crisi si verifica in neuroni prosencefalici affetti da diverse alterazioni.

L’ambiente neuronale è abbastanza complesso e include la struttura delle zone dendritiche e tutte le sinapsi, comprese quelle sul corpo cellulare; la membrana neuronale lipoproteica, con tutti i canali ionici influenzati dai neurotrasmettitori e dagli enzimi che sono coinvolti nella loro attività, come la ATPasi sodio-potassio dipendente; l’ambiente ionico neuronale che comprende la disponibilità di sodio, cloro, calcio e potassio; la concentrazione di neurotra-smettitori eccitatori – glutammato, aspartato, acetilcolina – e inibitori – acido gamma-aminobutirrico (GABA), glicina, taurina e noradrenalina. Inoltre, questo ambiente neuronale comprende anche i neuroni adiacenti e gli astrociti, che a loro volta prendono sinapsi con altri

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neuroni e astrociti. Quest’ultimi regolano il trasferimento di metaboliti e ioni attraverso le pa-reti dei vasi sanguigni e svolgono un ruolo nella metabolizzazione di molti neurotrasmettitori. Un’alterazione di una di queste componenti può portare a un abbassamento della soglia epilet-togena tale da scatenare una crisi epilettica.30

Nella corteccia cerebrale o nelle strutture subcorticali, alcuni neuroni possono avere la ten-denza ad attivarsi ad un ritmo molto superiore rispetto al normale, producendo la cosiddetta

scarica epilettica, rilevabile soltanto attraverso l’elettroencefalo-gramma (EEG), in cui si nota

generalmente un’attività elettrica caratterizzata dalla presenza di onde a grande ampiezza, as-sociata a spike ad alta frequenza. L’area del cervello in cui si sviluppa questa attività viene de-finita focus epilettogeno ed è costituita da neuroni particolarmente eccitabili: se essa è di di-mensioni ridotte può non dare origine ad una manifestazione clinica, cioè non si presenta al-cuna crisi. Inoltre, il focus è di solito circondato da neuroni inibitori GABAergici (il cui me-diatore chimico è l’acido γ-aminobutirrico), che impediscono la propagazione della scarica. Quando questo meccanismo d’inibizione funziona correttamente non si presenta alcuna mani-festazione clinica. Qualsiasi alterazione di questo equilibrio, dovuto alle cause più svariate (ipertermia, ipossia, ipoglicemia, alterazioni elettrolitiche), può aumentare l’attività dei neu-roni del focus e diminuire quella inibitoria dei neuneu-roni GABAergici, permettendo la diffusio-ne della scarica.8

Un principio base nel meccanismo dell’epilessia è la presenza di uno squilibrio fra neurotra-smissione eccitatoria e inibitoria. Si ha lo sviluppo di una convulsione quando l’equilibrio si sposta verso un’eccitazione eccessiva. Studi recenti hanno puntato l’attenzione sul ruolo del glutammato e del suo recettore, l’N-metil-D-aspartato. Il glutammato è il principale neurotra-smettitore eccitatorio nel cervello e gioca un ruolo importante per quanto riguarda la modula-zione della coscienza, della memoria, dell’attività motoria e nelle funzioni sensoriali del si-stema nervoso centrale. La sovrabbondanza dell’influenza eccitatoria in un cervello immaturo è molto importante nello sviluppo della plasticità neuronale del sistema nervoso dei mammi-feri. Come il sistema nervoso centrale matura, l’equilibrio fra eccitazione e inibizione diventa un processo finemente sintonizzato. Le condizioni in cui c’è un’eccessiva eccitazione o una perdita della normale inibizione alla depolarizzazione dei neuroni senza un meccanismo di feedback regolatorio normale porta a una depolarizzazione parossistica. In risposta a questo cambiamento improvviso nell’attività cerebrale, vengono attivati aloni di inibizione per cerca-re di pcerca-revenicerca-re la diffusione di questa attività epilettogena. Il GABA è il maggior neurotra-smettitore inibitorio del cervello coinvolto in questo processo. Se l’inibizione non ha

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succes-8

so, allora vengono eccitati altri gruppi neuronali attraverso il coinvolgimento talamo-corticale. Il reclutamento di un numero critico di aree con una depolarizzazione sincrona porta quindi ad un attacco.8

Le alterazioni dell’ambiente neuronale del prosencefalo che possono indurre delle crisi con-vulsive includono patologie intracraniche (strutturali), extracraniche (metaboliche, tossiche) e idiopatiche.30

Per patologie intracraniche ci si riferisce a lesioni strutturali che possono essere spesso messe in rilievo attraverso una visita neurologica approfondita che consente di rilevare uno o più de-ficit nel periodo interictale, indicativi di lesioni classificabili come segue:

1) Malformazioni: molte malformazioni che interessano il prosencefalo costituiscono possibili cause di crisi convulsive. Fra queste l’idrocefalo ostruttivo è la più comune. La lissencefalia è un’altra causa, con insorgenza delle crisi convulsive a pochi anni di età. L’idranencefalia è rara nel cane, ma comunque possibile.

2) Trauma: il trauma cranico può causare crisi convulsive al momento del trauma o a di-stanza di tempo, dopo settimane o mesi dall’evento traumatico e dopo la riparazione tissutale. La proliferazione astrocitaria, la riorganizzazione neuronale e la formazione di nuove sinapsi come parte del processo di riparazione dell’encefalo possono fungere da focolaio epilettogeno, quando il processo ripartivo si verifica nel prosencefalo. Queste crisi convulsive si verificano soltanto se il paziente ha subito un danno intra-cranico significativo al momento del trauma, associato a comparsa di segni neurologi-ci.

3) Neoplasia: le neoplasie costituiscono la causa strutturale più frequente di crisi convul-sive e sono anche il tipo di lesione che più di frequente causa crisi convulconvul-sive senza al-tri segni neurologici iniziali. Un tumore o un’altra causa strutturale non dovrebbe mai essere escluso dalla lista delle diagnosi differenziali sulla base di un esame neurologi-co interictale normale. Nel cane spesso si osservano grosse neoplasie dei bulbi olfatti-vi e dei lobi frontali, che sono causa di crisi convulsive senza segni di apparente defi-cit all’esame neurologico. Le neoplasie primitive prosencefaliche (neuroectodermiche) sono molto più frequenti dei tumori metastatici e sono più comuni nel cane e nel gatto rispetto ad altre specie domestiche. Nel gatto, il meningioma, è la neoplasia encefalica più comune.

4) Infiammazione: un’encefalite che interessa il prosencefalo è una causa comune di crisi convulsive. La causa specifica di infiammazione è irrilevante come base per le crisi

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convulsive, e può includere agenti virali, batterici, protozoari, rickettsie e funghi. L’incidenza relativa di queste malattie dipende dalla localizzazione geografica. Nel cane ci possono essere inoltre forme infiammatorie di origine immunomediata quali la meningoencefalite granulomatosa (comune nel Carlino) e la meningoencefalite necro-tizzante (comune nello Yorkshire Terrier).

5) Degenerazione: un’ampia varietà di malattie neurodegenerative può essere responsabi-le dello sviluppo di responsabi-lesioni a carico del prosencefalo. Tra queste rientrano forme di origine metabolica congenita come le patologie da accumulo lisosomiale e le encefa-lopatie mitocondriali e numerose forme metaboliche acquisite che includono la caren-za di tiamina nel gatto, patologie osmolari da eccesso di ingestione di sale o acqua, in-tossicazione da piombo e altre forme tossiche, incluse quelle da organo fosfati, idro-carburi clorinati, della caffeina presente nel cioccolato e da glicole etilenico.

6) Vascolari: con i termini di compromissione vascolare, incidente cerebrovascolare e ic-tus si intendono situazioni in cui si verifica un’ischemia o un infarto del tessuto ence-falico di varia gravità e che, se coinvolgenti il prosencefalo, possono essere una causa di crisi convulsive. Tra queste lesioni vanno ricordate quelle associate alla miasi da

Cuterebra spp. del gatto, la vascolopatia ipertensiva associata a insufficienza renale

cronica, l’ipertiroidismo nel gatto e l’ipotiroidismo cronico nel cane.

Le patologie che interessano principalmente altri organi o apparati che, a loro volta, creano un disturbo del metabolismo neuronale nel sistema nervoso centrale costituiscono le cause extra-craniche di crisi convulsive. L’esame neurologico durante la fase interictale in questi pazienti in genere è normale. Tuttavia, la visita clinica può mettere in evidenza l’anomalia sistemica che è causa di crisi.

 Ipoglicemia: l’ipoglicemia di qualsiasi origine è una causa comune di crisi convulsive. La causa più comune è data dalla neoplasia funzionale delle cellule beta del pancreas che secernono insulina. Le crisi convulsive compaiono spesso subito dopo l’assunzione del pasto, in relazione a un picco di secrezione insulinica eccessiva in questi pazienti. Altre cause di ipoglicemia comprendono un’ipoglicemia paraneopla-stica legata alla presenza di altri tumori, forme funzionali che si osservano in cani da caccia in associazione all’esercizio intenso, una forma inspiegabile che si osserva in cuccioli di razze toy (di 6-12 settimane), una carenza di glucosio-6-fosfatasi del

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ciolo, forme da stress in cuccioli con ipotermia, digiuno prolungato, malattie gastroen-teriche o sistemiche e ipoglicemia prima o dopo il parto.

 Encefalopatia epatica: la causa più frequente di encefalopatia epatica nei piccoli ani-mali è costituita da shunt porto sistemici congeniti. Questo disturbo metabolico è le-gato ad alti livelli di ammoniaca circolante e di altri metaboliti, che il fele-gato non rie-sce a rimuovere adeguatamente e che raggiungono la circolazione cerebrale. Questa patologia metabolica può verificarsi anche con gravi patologie epatiche acquisite.  Disturbi elettrolitici: l’encefalopatia associata a gravi disturbi osmolari può causare

crisi convulsive, accanto ad altri segni prosencefalici o di disfunzione encefalica dif-fusa.

 Uremia: l’uremia cronica è una causa rara di encefalopatia renale e le crisi convulsive sono uno dei segni clinici che si possono osservare. La patogenesi non è del tutto chiara, ma sono stati chiamati in causa l’acidosi associata, l’ipoglicemia e l’ipocalcemia. L’uremia si verifica più comunemente in cani giovani con patologie renali congenite. L’insufficienza renale cronica, soprattutto nel gatto, può essere un’altra causa di ipertensione e di vascolopatia con un’encefalopatia ischemica e crisi.  Ipossia: la causa più comune di ipossia o anossia globale è legata a disturbi

cardiova-scolari in corso di anestesia.

 Iperlipidemia: i cani con iperlipidemia legata a disturbi del metabolismo lipidico pos-sono manifestare crisi convulsive. Questo disturbo è comune nello Schnauzer Nano, con comparsa delle crisi tra i 2 e i 7 anni di età.

 Ipertermia: il colpo di calore si verifica quando il centro di termoregolazione dience-falico non riesce più a compensare la temperatura corporea in un animale confinato in uno spazio poco ventilato e con temperatura ambientale elevata. Uno dei segni clinici è rappresentato dalle crisi convulsive.

 Parassiti intestinali: cuccioli con infestazioni parassitarie intestinali possono sviluppa-re crisi convulsive che scompaiono dopo il trattamento antiparassitario. La base di questo processo è poco compresa, ma si ipotizza, senza che ciò sia stato provato, l’effetto dell’ipocalcemia, dell’ipoglicemia o di qualche tossina.30

A seconda dell’area di corteccia coinvolta possono originarsi crisi focali, semplici o comples-se, e crisi generalizzate.12

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Se il fenomeno rimane relativamente circoscritto, si verifica una crisi focale, la cui manifesta-zione clinica varia a seconda della funmanifesta-zione svolta dall’area interessata: la contramanifesta-zione di defi-niti gruppi muscolari, dovuta ad un’attivazione limitata della corteccia motoria, è di gran lun-ga la più frequente crisi focale che si verifica in neurologia veterinaria. Non essendo presenti altri segni clinici, esse si classificano come crisi focali semplici. Nei piccoli animali, le crisi motorie focali si verificano principalmente a livello dei muscoli mimici facciali, provocando ammiccamenti, contrazioni del labbro superiore e movimenti dei padiglioni auricolari. Talvol-ta questi segni sono bilaterali: ciò fa pensare al coinvolgimento di aree speculari nei due emi-sferi, collegate fra di loro da fibre di connessione, che decussano attraverso il corpo calloso. Molto più raramente, risulta coinvolta la muscolatura appendicolare. In alcuni casi, vi è coin-volgimento del sistema nervoso autonomo, caratterizzato di solito da alterazioni del diametro pupillare e da ipersalivazione, che può arrivare ad un colio continuo di saliva. In altri casi, è possibile notare, sia nel cane che nel gatto, modificazioni del comportamento, che verosimil-mente potrebbero essere messe in relazione con alterazioni sensoriali. Quando queste situa-zioni si verificano durante crisi motorie parziali, si parla di crisi focali complesse, per sottoli-neare la contemporanea presenza di più segni clinici da attribuire all’attivazione di distinte aree cerebrali. Il tipo più frequente di crisi complesse è quello caratterizzato dalla contempo-ranea presenza di crisi motorie e alterazioni del comportamento (crisi psicomotorie).12

In alcuni casi, una crisi focale, dopo un tempo estremamente variabile (da pochi secondi a vari minuti) dal suo inizio, può estendersi a tutta la muscolatura, generalizzandosi: questa evenien-za non è molto frequente e viene classificata come crisi focale con generalizevenien-zazione seconda-ria.

Le crisi focali non sono comunque frequenti in medicina veterinaria o, forse, sono semplice-mente sottostimate, per la frequente ed oggettiva difficoltà ad essere riconosciute come tali dal proprietario. Esse costituiscono circa il 10% del totale nei soggetti con epilessia idiopati-ca.

La netta maggioranza di crisi nei piccoli animali è quindi costituita dalle forme generalizzate fin dal loro esordio. La propagazione della scarica iniziale non trova validi circuiti inibitori e si distribuisce a tutto o ad ampie zone dell’encefalo. Questa fase di propagazione della scarica è così rapida che clinicamente non si assiste a una crisi focale con successiva generalizzazio-ne, ma essa appare clinicamente generalizzata fin dall’inizio. Sono quelle crisi in cui i primi segni clinici indicano un coinvolgimento di entrambi gli emisferi cerebrali. In questo caso la coscienza può essere compromessa e le manifestazioni motorie sono bilaterali.148

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te, si nota una contrazione muscolare tonica, clonica o tonico-clonica. Quest’ultima, chiamata anche gran male, è nettamente la più frequente e si manifesta in circa 3 soggetti su 4, in una popolazione di cani con epilessia idiopatica. In genere la fase tonica (rigidità muscolare) pre-cede la fase clonica (pedalamento) ed è di durata inferiore. La prima parte delle convulsioni è rappresentata dalla fase tonica, durante la quale si verifica la contrazione di tutti i muscoli; gli animali, di solito, perdono coscienza, la respirazione è irregolare o assente e la cianosi è co-mune, così come altri segni quali salivazione, urinazione e defecazione. Dopo qualche minuto comincia la fase clonica durante la quale si verifica una ritmica contrazione dei muscoli, con movimenti di pedalamento e masticazione ripetuta.148

Un altro tipo di convulsioni generalizzate sono le convulsioni toniche, in cui l’attività motoria è data solo da rigidità muscolare senza la presenza della fase clonica. Meno comuni, ma pur sempre possibili, sono le convulsioni cloniche, in cui viene a mancare la componente toni-ca.148

1.2 Fasi delle crisi convulsive

In una crisi convulsiva tonico-clonica generalizzata vengono di norma distinte quattro fasi: la fase prodromica, l’aura, la fase ictale e la fase post-ictale.

La fase prodromica identifica il periodo che precede l’inizio dell’attività convulsivante. Que-sta fase non è sempre presente o, per lo meno, può non essere notata dal proprietario. Essa è spesso caratterizzata da cambiamento di comportamento, quali agitazione e ricerca da parte dell’animale del proprietario, il quale spesso riferisce che il suo cane “sente che la crisi sta per arrivare e cerca protezione”. Questa fase ha durata variabile, da pochi secondi a varie ore e talvolta anche un giorno.12

L’aura è la manifestazione iniziale di una crisi convulsiva. Sulla definizione esatta di aura in medicina veterinaria non vi è accordo fra tutti gli autori. Nel suo senso più stretto l’aura viene considerata quella breve fase dove si assiste ad una fenomenologia motoria o sensitiva (quest’ultima estremamente difficile da cogliere nei nostri animali) che dura relativamente pochi secondi e che precede la crisi generalizzata. È quanto si verifica nelle crisi convulsive a generalizzazione secondaria, anche se di norma il proprietario difficilmente si accorge della fase dell’aura. Per altri autori la definizione di aura è più estensiva, soprattutto in senso tem-porale, e le sue manifestazioni includono segni quali il vomito, l’abbaiare ossessivamente e le alterazioni comportamentali.12

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L’ictus consiste nella crisi vera e propria e ne permette la classificazione. La durata è variabi-le, da pochi secondi a vari minuti, generalmente compresa fra 30 secondi e 2 minuti. La fre-quenza può variare da più crisi nello stesso giorno (cluster o stato di male epilettico) a parec-chi mesi. Questa fase si manifesta con perdita della coscienza, caduta a terra, contrazioni toni-che generalizzate seguite da movimenti tonico-clonici e poi di pedalamento degli arti. Posso-no coesistere segni vegetativi quali la scialorrea, l’emissione di feci e la perdita di urine.12 La fase postictale è caratterizzata da anomalie transitorie che testimoniano l’eccessivo affati-camento neuronale patito durante la crisi. Questa fase ha una durata estremamente variabile. Talvolta, essa dura solo poche decine di secondi, lasciando il proprietario meravigliato su co-me ci possa essere un recupero tanto rapido dopo una sintomatologia così imponente; altre volte si prolunga fino a 1 o 2 giorni. Questa fase può essere caratterizzata da debolezza, amau-rosi (cecità di origine centrale) transitoria, midriasi, polifagia incontrollata, polidipsia, diso-rientamento, andatura compulsiva, sguardo fisso, paura e vocalizzazioni immotivate. La dura-ta della fase posticdura-tale e l’intensità delle sue manifesdura-tazioni non sono correlate a quelle della crisi che le ha precedute; tuttavia, gli animali che presentano crisi ripetute nella stessa giornata tendono ad avere fasi postictali progressivamente prolungate.12

1.3 Classificazione

Quando ci troviamo di fronte a un caso di epilessia il primo passo da compiere è quello di riu-scire e classificare le crisi convulsive. Classificare l’epilessia aiuta a verificare la diagnosi, ad offrire diverse opzioni terapeutiche e a decidere la prognosi a lungo termine per un singolo paziente. Inoltre permette di uniformare il vocabolario tra i medici di tutto il mondo e serve come una pietra miliare per la ricerca internazionale.

Una classificazione ideale dovrebbe essere flessibile, multidimensionale e dinamica, in linea con le scoperte scientifiche nell’epilessia compresi la scoperta di nuovi farmaci e le indagini molecolari e genetiche. Allo stesso tempo dovrebbe essere pratico e di facile applicazione.146 Il termine epilessia è un termine generale riferito a un disturbo clinico caratterizzato da con-vulsioni ricorrenti da varie cause. Per riuscire a caratterizzare meglio questi diversi gruppi di disordini, l’epilessia può essere classificata in relazione alla frequenza delle crisi, alla tipolo-gia delle crisi e in base all’eziolotipolo-gia delle crisi.

In base alla frequenza con cui si verificano le crisi, queste possono essere classificate come crisi singole, se l’intervallo tra una crisi e la successiva è maggiore di 24 ore, come cluster di crisi (crisi a grappolo) se l’intervallo tra due crisi successive è minore di 24 ore. Si parla

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vece di status epilepticus (o stato di male epilettico), quando la fase ictale di una crisi convul-siva perdura per più di cinque minuti o quando non vi è un completo recupero della coscienza tra una crisi e l’altra. Questa situazione rappresenta certamente la situazione più grave per la vita e deve essere trattata vigorosamente e nel più breve tempo possibile.51

La classificazione in base alla tipologia delle crisi comprende una prima suddivisione secondo la quale le crisi convulsive sono divise in crisi generalizzate e crisi parziali o focali. Nell’ambito delle crisi generalizzate, le più frequentemente riconosciute sono le crisi convul-sive generalizzate di tipo tonico-clonico (denominate anche in passato come crisi di tipo Grande Male). Varianti di questa forma sono le crisi convulsive generalizzate di tipo tonico e di tipo clonico. Meno rappresentate (e di più difficile riconoscimento) sono le crisi generaliz-zate atoniche, cioè senza convulsioni ma caratterizgeneraliz-zate solo da un disturbo dello stato di co-scienza. Le crisi generalizzate possono essere primarie o la conseguenza di una generalizza-zione secondaria di una crisi parziale. Le crisi parziali sono a loro volta suddivise in crisi par-ziali (focali) semplici e parpar-ziali (focali) complesse. Le crisi parpar-ziali semplici sono di solito l’espressione di un danno focale a livello corteccia e sono caratterizzate da attività motoria le-gata ad un solo distretto muscolare (ad esempio contrattura di un labbro, di una palpebra). Le crisi parziali possono coinvolgere più di un distretto muscolare. In passato queste crisi veni-vano denominate anche “Jacksoniane”. Le crisi parziali complesse vengono così denominate quando si assiste ad un’alterazione della coscienza, che non necessariamente deve arrivare ad uno stato di incoscienza. Esempi sono rappresentati da animali che durante l’episodio critico diventano aggressivi, mutano carattere, appaiono ansiosi o con “allucinazioni”, comportamen-ti quescomportamen-ti più o meno associacomportamen-ti ad anomalie motorie. Queste crisi venivano in passato definite anche “psicomotorie”, mentre la terminologia moderna, in verità non ancora molto usata in medicina veterinaria, le vorrebbe chiamare “automatismi” o “crisi automotorie”.51

Le crisi convulsive sono infine classificate in base all’eziologia che le determina. Si parla in-fatti di epilessia idiopatica, epilessia secondaria, sintomatica o reattiva e di epilessia proba-bilmente sintomatica.92

L’epilessia idiopatica, conosciuta anche con il termine di epilessia primaria, è caratterizzata da convulsioni croniche ricorrenti senza la presenza di una lesione strutturale del cervello o altri segni neurologici e con una possibile predisposizione genetica, sia negli uomini che nei cani. Circa il 60-70% dei cani con convulsioni croniche ha l’epilessia idiopatica. Nei gatti, seppur comunque presenti dei casi di epilessia idiopatica, questa è meno comune e prevale la presenza di convulsioni legate a cause intracraniche.100

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Nei cani sembra che gli ormoni sessuali abbiano una certa influenza sulla comparsa di con-vulsioni; questo è ben documentato in campo umano dove vengono utilizzati tre modelli or-monali per spiegare l’influenza del ciclo sulla comparsa delle crisi. In ambito veterinario, dal-lo studio svolto da Van Meervenne et al. (2014)143 in un totale di 90 femmine intere che sono state presentate con una sintomatologia caratterizzata da convulsioni, a 45 è stata diagnostica-ta epilessia idiopatica. Fra queste 17 (38%) hanno presendiagnostica-tato la loro prima convulsione men-tre erano in calore, e sei (13%) in uno specifico momento tra 1 e 3 mesi dopo il calore. Inolmen-tre, 9 di questi 45 cani (20%), hanno presentato convulsioni ricorrenti in associazione al loro ciclo estrale.

Tutto ciò suggerisce l’associazione fra il calore e l’inizio dell’attività convulsiva in circa un terzo delle femmine intere con epilessia idiopatica. Questo potrebbe essere spiegato con gli effetti proconvulsivanti degli estrogeni o con la perdita di effetto protettivo nei confronti delle convulsioni da parte del progesterone. In conclusione, più della metà delle femmine intere con epilessia idiopatica ha cominciato ad avere convulsioni in un momento specifico del ciclo estrale.143

La diagnosi di epilessia idiopatica è basata sull’esclusione di tutte le cause conosciute di crisi convulsive. La visita clinica generale e quella neurologica nel periodo interictale sono norma-li, così come nella norma sono anche gli esami del sangue, l’esame del liquido cefalorachidia-no e la diagcefalorachidia-nostica per immagini, che possocefalorachidia-no far escludere patologie intracraniche ed extra-craniche, potenzialmente cause di crisi epilettiche. Alcuni di questi pazienti possono avere delle anomalie elettroencefalografiche nel periodo interictale, ma questo dato non possiede valore diagnostico. Nei pazienti con epilessia idiopatica non esiste un esame di laboratorio o microscopico in grado di individuare l’alterazione dell’ambiente neuronale che abbassa la so-glia epilettogena e provoca le crisi. La soso-glia epilettogena probabilmente è determinata gene-ticamente. Si ipotizza che i cani con epilessia idiopatica abbiano una soglia epilettogena bassa per via di un’alterazione genetica, verosimilmente ereditaria. L’analisi del pedigree e studi ri-produttivi hanno determinato che l’epilessia è ereditaria in molte razze, fra cui Pastore Tede-sco, Pastore Belga Tervuren, Beagle, English Springer Spaniel, Bassotto, Bovaro del Bernese, Golden Retriever, Barbone Gigante, Labrador Retriever. L’incidenza della malattia è alta an-che in altre razze, nelle quali non vi è ancora una dimostrazione della trasmissibilità eredita-ria, e anche in molti incroci. In alcuni casi è stata dimostrata un’ereditarietà autosomica o po-ligenica recessiva.

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Nell’epilessia idiopatica le crisi convulsive di solito sono generalizzate, ma ci possono essere anche crisi convulsive parziali di vario tipo. In passato, il tipo più comune di convulsioni che si presentavano nell’epilessia idiopatica erano quelle tonico-cloniche e alcuni autori afferma-vano che le convulsioni focali non erano compatibili con la diagnosi di epilessia idiopatica. Studi più recenti hanno rivelato che cani con epilessia idiopatica possono avere convulsioni focali e anche una generalizzazione secondaria delle convulsioni, oltre a diversi tipi di con-vulsioni. L’insorgenza delle crisi in genere avviene fra i 6 mesi e i 6 anni di età, ma sono stati osservati anche casi in cani ancora più giovani o più anziani. I proprietari possono talvolta ri-conoscere la fase prodromica, con dei minimi cambiamenti del comportamento del loro cane poco prima della crisi. La crisi dura in genere da 30 secondi a 3 minuti. Se la crisi convulsiva è parziale, essa è di tipo ripetibile e di solito varia poco da un episodio all’altro nello stesso soggetto. Cani di grossa taglia come il Pastore Tedesco, il San Bernardo e il Setter Irlandese tendono ad avere crisi convulsive generalizzate e forti, talvolta a grappolo. I Barboncini Nani possono avere crisi generalizzate lievi, senza perdita di coscienza. Questi cani sono disorien-tati e mostrano perdita di equilibrio con spasticità del collo, tronco e arti e tremori diffusi, ma riescono comunque ad avvicinarsi al proprietario. La crisi convulsiva può durare fino a 30 minuti. Nel Labrador Retriever si osservano spesso crisi parziali semplici che vengono dia-gnosticate come forme idiopatiche. Crisi convulsive parziali idiopatiche sono state descritte negli Spitz Finlandesi con risonanza magnetica normale; nel Barbone Gigante è stata dimo-strata l’ereditarietà attraverso un gene autosomico recessivo. Molti cani epilettici mostrano depressione e a volte cecità nell’immediato periodo postictale, che in genere dura per meno di un’ora. L’intervallo tra le crisi varia da una a poche settimane fino ad alcuni mesi. La fre-quenza delle crisi convulsive può aumentare con il passare del tempo e talvolta il cane può andare incontro a stato epilettico, durante il quale può morire.

L’epilessia idiopatica solitamente comincia con una singola convulsione in entrambe le spe-cie. Le convulsioni si verificano prevalentemente durante o immediatamente dopo un periodo di sonno o, più raramente, mentre l’animale è in attività. In alcuni animali le convulsioni si presentano con una certa regolarità, mentre in altri si verificano ad intervalli assai variabili. Il periodo in cui non si manifestano convulsioni (periodo interictale) può durare da alcuni giorni fino a diversi mesi.90

L’epilessia sintomatica, o secondaria, è quella in cui è possibile identificare una patologia cerebrale e, negli animali da compagnia, di solito, le cause possono essere neoplastiche, in-fiammatorie, infettive, traumatiche e vascolari.100

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Solitamente i pazienti affetti da epilessia secondaria presentano un’età fra 1 (anomalie conge-nite) e 7 anni (tumori o problemi vascolari); mentre pazienti con problemi infiammatori o in-fettivi possono presentare le convulsioni a qualsiasi età. L’esame neurologico, in pazienti con epilessia sintomatica è spesso anormale nel periodo interittale (cioè fra due eventi convulsivi), ma anche se l’esame neurologico fosse normale non si potrebbe escludere a priori l’epilessia secondaria.90

Il termine “epilessia reattiva” è usato, invece, per descrivere i casi di convulsioni derivanti da cause extracraniche, in primo luogo metaboliche e tossiche. L’attività convulsiva in pazienti con convulsioni reattive è il risultato di un danno funzionale al metabolismo cerebrale o di un insulto neurotossico. Questo insulto arriva, di solito, alla corteccia cerebrale attraverso il ta-lamo e dura fino a quando rimane l’agente eziologico che lo ha provocato. Frequenti, nei pa-zienti con convulsioni reattive, sono le anormalità neurologiche che si verificano durante il periodo interittale. I cambiamenti di comportamento, il decremento bilaterale della risposta alla minaccia e delle reazioni posturali sono indicativi di un processo che interessa simmetri-camente entrambi gli emisferi neocorticali. Le più comuni cause di convulsioni reattive nei pazienti veterinari sono le intossicazioni e l’ipoglicemia. Anche l’encefalopatia epatica è spesso causa di convulsioni reattive.90

I pazienti con epilessia reattiva solitamente presentano convulsioni isolate, ma hanno un mag-gior rischio di convulsioni a cluster o di epilessia secondaria rispetto ai pazienti affetti da epi-lessia idiopatica. Per i pazienti per cui si sospetta la presenza di convulsioni reattive, l’iniziale percorso diagnostico deve prevedere un esame del sangue completo, un profilo biochimico (comprendente glucosio ed elettroliti), la misurazione degli acidi biliari pre- e post-prandiali e l’analisi delle urine. A seconda della causa questi pazienti possono essere o meno sottoposti a una terapia anticonvulsivante.90

Il termine di “epilessia probabilmente sintomatica” è riferito a quelle convulsioni per le quali non viene identificata una causa scatenante.

È stata inoltre investigata, nello studio svolto da Arrol et al. (2012),3 la prevalenza dell’epilessia in cani di età inferiore ad un anno. Lo studio comprendeva 136 cani il cui primo episodio convulsivo era antecedente ad un anno di età ed è emerso che 102 cani (75%) pre-sentavano epilessia idiopatica, 23 (16,9%) epilessia secondaria, 9 (6,6%) epilessia reattiva e 2 (1,5%) epilessia probabilmente sintomatica. Dei 23 casi di epilessia secondaria, le patologie messe in evidenza sono state idrocefalo in 6 casi, patologie infiammatorie del cervello (6), in-farto (3), malattie degenerative (2), idranencefalia (2), neoplasia (2), infezione da virus del

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cimurro canino (CDV) (1), toxoplasmosi (1) e aciduria idrossiglutarica (1). Questo studio ha identificato l’epilessia idiopatica nel 75% della popolazione canina con un esordio di convul-sioni prima dell’anno di età. Questa percentuale è maggiore rispetto a quella precedentemente riportata in letteratura veterinaria, in cui l’epilessia idiopatica è stata diagnosticata dal 25 al 48% dei cani nelle diverse popolazioni studiate.105,11,96 L’età di esordio della crisi convulsiva è stato identificato come un fattore predittivo significativo della probabilità di costituire una forma di epilessia secondaria, con una maggior probabilità di diagnosticare nei cani che ave-vano meno di 1 o più di 7 anni al momento della comparsa della prima convulsione.105 Quin-di, cani in cui si verifica una crisi prima di un anno di età e che hanno un normale esame neu-rologico e delle analisi del sangue normali, è più probabile che l’epilessia abbia un’origine idiopatica.

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CAPITOLO 2

Epilessia Secondaria

Il termine di epilessia secondaria o sintomatica è riferito a convulsioni ripetute conseguenti a un problema strutturale della corteccia cerebrale come, ad esempio, un’anomalia congenita, la presenza di tumori, di lesioni vascolari e problemi infettivi o infiammatori. Data la lista dei differenziali per l’epilessia secondaria, i pazienti appartenenti a questa categoria spesso la pre-sentano prima dell’anno di età (soprattutto nel caso delle anomalie congenite) o dopo l’età di sette anni (in particolar modo nel caso di tumori o danni vascolari). I pazienti con problemi infettivi o infiammatori, invece, possono presentarla a qualunque età. L’esame neurologico nei pazienti con epilessia secondaria è spesso anormale nel periodo che intercorre fra i due eventi convulsivi, anche se un esame neurologico normale non esclude la possibilità che si tratti di epilessia sintomatica. Questo soprattutto nel caso di pazienti con lesioni a livello del lobo frontale e olfattorio, che sono aree relativamente silenti del cervello rispetto alle possibi-lità oggettive di esaminarle clinicamente.90

Molte patologie che colpiscono il cervello possono essere causa di crisi convulsive; queste ul-time possono assumere carattere focale o generalizzato. Spesso la gravità degli attacchi, la lo-ro durata e la frequenza con la quale si succedono non tlo-rovano alcuna diretta correlazione con la gravità della lesione cerebrale da cui discendono.92

La maggior parte delle patologie in grado di causare crisi convulsive sono comuni al cane e al gatto, ma altre sono esclusive o comunque più frequenti in una delle due specie. È comunque importante sottolineare che la presenza e la durata della fase preictale e/o postictale, la durata dell’ictus e la sintomatologia generalizzata o focale non sono indicative di alcuna eziologia.12 Nel gatto le cause strutturali intracraniche responsabili di crisi convulsive includono le neo-plasie intracraniche, la necrosi dell’ippocampo, le tossicosi e le encefaliti.95

Fra le neoplasie che colpiscono il sistema nervoso centrale la più comune è il meningioma, seguita dal linfo-ma,51 mentre le malattie infettive maggiormente coinvolte sono la FIP, la FIV, la FeLV, la

criptococcosi e la rabbia.

Da uno studio svolto da Pàkozdy et al. (2010)95 su 125 gatti è stato evidenziato che 47 (38%) erano affetti da epilessia idiopatica, mentre in 78 (62%) è stata dimostrata epilessia

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ria. Questa, era principalmente causata da neoplasie intracraniche (16), necrosi dell’ippocampo (14), tossicosi (8) ed encefaliti (7).

Nei cani le principali cause di epilessia secondaria comprendono idrocefalo, malattie infiam-matorie e degenerative, neoplasie, idranencefalia e cimurro.3

Le tabelle 1 e 2 mostrano, rispettivamente per il cane e per il gatto, la lista dei differenziali che possono causare epilessia secondaria.

V vascolari infarti, emorragie

I infiammatorie cimurro, rabbia, pseudorabbia, forme batteri-che, toxoplasmosi, neosporosi, criptococcosi, meningoencefalite granulomatosa, altre ence-faliti da causa ignota e migrazione di parassiti

T traumi recenti o remoti

A anomalie congenite idrocefalia, lissencefalia, porencefalia, pachi-giria

M metaboliche ipoglicemia, ipocalcemia, encefalopatia epa-tica, iperpotassiemia, tossici, ipotiroidismo (epilessia reattiva)

I idiopatiche epilessia idiopatica

N neoplastiche meningiomi, gliomi, ependimomi, linfomi,

papillomi dei plessi corioidei, metastasi

D degenerative malattie da accumulo lisosomiale

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V vascolari encefalopatia sistemica, policitemia,

emorra-gie

I infiammatorie FIP, meningoencefalite non suppurativa,

bat-teri, toxoplasmosi, criptococcosi

T traumi recenti, remoti

A anomalie congenite idrocefalia, lissencefalia

M metaboliche ipoglicemia, ipocalcemia, encefalopatia

epa-tica, encefalopatia uremica, iperpotassiemia, tossici, carenza di tiamina

I idiopatiche epilessia idiopatica

N neoplastiche meningiomi, gliomi, ependimomi, papillomi

dei plessi corioidei, metastasi

D degenerative malattie da accumulo lisosomiale

necrosi dell’ippocampo Tabella 2. Diagnosi differenziali dell’epilessia secondaria nel gatto.

2.1Eziologia dell’epilessia secondaria

Patologie vascolari

Col termine di “malattie cerebrovascolari” si intende qualsiasi anomalia del cervello risultante da un processo patologico che compromette il normale apporto di sangue.67

I processi patologici dei vasi sanguigni includono l’occlusione del lume di un vaso da parte di un trombo o di un embolo, la rottura della parete dei vasi sanguigni, un’alterata permeabilità della parete dei vasi e un aumento della viscosità o altre variazioni di qualità del sangue.1 In generale, i problemi vascolari dimostrabili sono rari nel cane, mentre sono un po’ più fre-quenti nel gatto. Un discorso analogo vale per i deficit della coagulazione, a meno che quadri subclinici vengano esacerbati da concomitanti patologie focali (traumi e neoplasie). Quadri ischemici postinfartuali sono rari nel cane. Nel gatto è segnalata l’encefalopatia ischemica, dovuta all’occlusione dell’arteria cerebrale media. Essa causa una sintomatologia unilaterale iperacuta localizzabile al cervello anteriore, che generalmente, come per tutti i problemi va-scolari, tende a regredire con il tempo. Le crisi convulsive costituiscono quindi un’eccezione del quadro sintomatologico, poiché possono comparire a distanza di tempo ed essere progres-sive. La policitemia, vera o falsa, causa uno stato di ipossia cerebrale, dovuto alla viscosità

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assunta dal sangue. Anche se tutto il parenchima cerebrale è interessato, alcune zone lo sono di più, poiché le crisi che si manifestano possono essere focali, probabilmente a causa della formazione di trombi. Questa patologia è stata segnalata sia nel cane che nel gatto.12

Da un punto di vista patologico, le lesioni che interessano i vasi sanguigni cerebrali sono divi-se in due grandi categorie, ictus ischemico e ictus emorragico. Gli ictus ischemici derivano dall’occlusione di un vaso sanguigno cerebrale da parte di un trombo o di un embolo, il che priva il cervello di ossigeno e glucosio. Gli ictus emorragici derivano dalla rottura della parete di un vaso sanguigno nel parenchima cerebrale o nello spazio subaracnoideo, causando san-guinamento nei diversi comparti.

Negli ictus emorragici o ischemici, la caratteristica in comune è il profilo temporale degli eventi neurologici.43 È il modo repentino con cui i deficit neurologici si sviluppano ad essere fortemente indicativo della patogenesi vascolare.1 I segni clinici di solito migliorano dopo

24-72 ore a causa di una diminuzione della dimensione degli ematomi e dell’edema.103, 147 I defi-cit neurologici di solito indicano una diagnosi anatomica focale e dipendono dalla localizza-zione anatomica dell’insulto vascolare (telencefalo, talamo, mesencefalo, ponte, midollo, cer-velletto).43 L’infarto di una regione del cervello è infatti associato a specifici segni clinici che riflettono la perdita della funzione di quella specifica regione.44

La DWI (diffusion-weighted imaging) MRI è uno dei più importanti metodi per la diagnosi di malattie vascolari a livello del cervello negli animali.53

Patologie infiammatorie

Tutte le patologie infiammatorie, infettive e non, in grado di causare una meningoencefalite, sono potenziali cause di crisi. Queste patologie sono una causa comune di convulsioni nei gat-ti e possono colpire i paziengat-ti di ogni età. Encefaligat-ti e meningigat-ti possono essere causate da uno svariato numero di agenti infettivi, tra cui virus, agenti protozoari e fungini. Nei gatti la più comune causa di crisi convulsive è quella descritta da alcuni come una meningoencefalite di origine sconosciuta, che attualmente si ritiene legata a un virus non-FIP che deve ancora esse-re identificato;19, 104 peraltro, anche il virus della peritonite infettiva può essere responsabile dell’insorgenza di convulsioni. Nei cuccioli, la causa più frequente di crisi convulsive è pro-babilmente il virus del cimurro. Difficilmente le crisi convulsive sono il primo o l’unico sin-tomo di cimurro e di FIP, poiché l’infezione interessa principalmente il tronco encefalico. Le lesioni infiammatorie del sistema nervoso centrale hanno spesso una distribuzione multifocale e infatti hanno la tendenza a causare problemi diffusi, il che comporta frequentemente la

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comparsa di attacchi generalizzati, a carattere francamente convulsivo. Tuttavia, forme granu-lomatose (GME, criptococcosi) possono causare inizialmente crisi focali. Queste ultime sono anche la conseguenza di infezioni batteriche ascessuali che si possono manifestare in seguito alla penetrazione di corpi estranei. Previa aspirazione, le spighe o altro materiale vegetale possono provocare formazioni ascessuali a livello prefrontale o frontale, zona scarsamente esplorabile con l’esame neurologico. Nonostante la localizzazione focale dell’ascesso, le crisi possono essere generalizzate.12

Nello studio condotto da J H Williams et al. (1998)149 la meningoencefalite eosinofilica è sta-ta descritsta-ta in varie specie di animali. Nei cani è ssta-tasta-ta osservasta-ta l’associazione di quessta-ta con infezioni protozoarie, miasi da Cuterebra e altri agenti eziologici. Solo 10 casi di meningoen-cefalite eosinofilica idiopatica sono stati riportati in letteratura nei cani e uno in un gatto. I ca-ni erano tutti maschi, di varie razze, ma con una predominanza per il Golden Retriever e il Rottweiler, solitamente di giovane età. Due casi senza un’eziologia apparente sono stati dia-gnosticati all’esame post-mortem. In un maschio di 18 mesi presentato con improvvisa insor-genza di atassia cerebellare e con deficit dei nervi cranici da due settimane, l’ematologia ha rilevato un’eosinofilia periferica. La necroscopia ha mostrato un’estrema congestione genera-lizzata in particolare delle meningi, mentre lo striscio di sangue e le sezioni istologiche di vari tessuti hanno mostrato una frammentazione eritrocitaria intravascolare con la formazione di microciti. L’istopatologia ha rivelato una meningite diffusa e un’encefalite; l’essudato conte-neva un numero variabile di eosinofili con neutrofili e cellule mononucleate.76

La meningoencefalite necrotizzante inizialmente è stata descritta nel cane di razza carlino, ma poi è stata segnalata anche in altre razze, come maltese, Pomerania, Yorkshire, pechinese, pa-pillon, chihuahua e Boston terrier. La malattia colpisce soggetti di tutte le età (da 6 mesi a 7 anni), con esordio acuto di segni clinici del tutto aspecifici, che riflettono la particolare predi-lezione dell’infiammazione per il prosencefalo (sindrome convulsiva). L’aspetto macroscopi-co delle lesioni può essere evidente solo nei casi più gravi ed è caratterizzato da edema, spes-so bilaterale e asimmetrico, con perdita di distinzione fra spes-sostanza grigia e spes-sostanza bianca. I caratteri di bilateralità e asimmetria, nel senso di diversa gravità delle lesioni, si apprezzano anche istologicamente dove sono presenti infiltrati infiammatori costituiti da linfociti, mono-citi e plasmacellule che, partendo dalle leptomeningi dei solchi, infiltrano la corteccia cerebra-le e la sostanza bianca sottocorticacerebra-le, fino a produrre cerebra-lesioni necrotiche con formazione di pic-cole cavità malaciche. A queste lesioni infiammatorie si associano edema, reattività endotelia-le, gliosi, degenerazione assonale e pallore mielinico, senza intervento di gitter cell. Anche

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nella patogenesi di questa malattia è stato ipotizzato un meccanismo autoimmunitario, sulla base della dimostrazione di anticorpi anti-GFAP nel liquido cefalorachidiano. Peraltro, l’alta prevalenza della malattia in specifiche razze canine lascia ippotizzare l’esistenza di fattori ge-netici predisponenti.

L’attività convulsiva è il segno neurologico più comune nei cani con NME,30, 153

mentre i se-gni da localizzazione nel tronco encefalico sono più comunemente descritti nei casi di leu-coencefalite necrotizzante, analoga forma infiammatoria più frequentemente riscontrata nello Yorkshire terrier.35, 133

Cause traumatiche

Il trauma cranico è una delle cause che più frequentemente può portare ad una sintomatologia convulsiva sia nell’uomo che nel cane e nel gatto.82, 63, 55

Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che l’epilessia post-traumatica rappresenta circa il 20% dei casi di epilessia secon-daria nella popolazione.124 Una cascata di cambiamenti morfologici e biologici nella zona danneggiata può portare, nel corso di mesi o anni, ad una condizione di ipereccitabilità e quindi ad epilettogenesi. Di conseguenza le crisi convulsive e l’epilessia si possono manife-stare in forma tardiva.59

Le convulsioni post-traumatiche possono derivare da un danno cerebrale attribuibile ad una forza meccanica diretta che agisce a livello della testa e del cervello (“traumatic brain injury”, TBI primaria) o a danni cerebrali non indotti meccanicamente (TBI secondaria).102 Un evento traumatico può favorire la comparsa di convulsioni attraverso vari meccanismi, tra cui rottura della barriera emato-encefalica, alterazione della perfusione cerebrale (attribuibile a disturbi nell’autoregolazione della circolazione intracranica), aumento della pressione intracranica e rilascio a livello locale di amminoacidi, citochine, lipidi bioattivi e altri mediatori dell’eccitazione. Anche un aumento della concentrazione extracellulare di potassio può causa-re depolarizzazione e ipecausa-reccitabilità dei neuroni.89 Inoltre, il danno alle connessioni neuronali provoca alterazioni nell’intrinseca proprietà di membrana dei neuroni e aumenta la risposta di questi agli stimoli eccitatori.136

Le convulsioni post-traumatiche possono essere classificate in base al tempo di insorgenza ri-spetto a una lesione cerebrale: si parla di convulsioni post-traumatiche precoci quando si luppano entro una settimana dall’infortunio e di convulsioni post-traumatiche tardive se si svi-luppano successivamente. Il lasso di tempo che può intercorrere fra un trauma e la comparsa di crisi può essere di pochi secondi o di anni. L’insorgenza delle crisi nei casi acuti è legata

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all’edema e all’ipossia che si sviluppano in seguito al trauma. Nei casi cronici, è ipotizzato che la cicatrice post-traumatica funga da focus epilettogeno: ciò è spesso proibitivo da dimo-strare con la diagnostica per immagini, mentre potrebbe essere più agevole con l’uso dell’elettroencefalogramma (EEG). Tuttavia, anche quando si riesce a localizzare il focus epi-lettogeno, tranne in rari casi particolarmente documentati, è difficile stabilire se esso sia situa-to nella parte di parenchima cerebrale danneggiata molsitua-to tempo prima dell’evensitua-to traumatico. Più intercorre tempo fra un evento traumatico e la comparsa delle crisi e più è difficile stabili-re una corstabili-relazione tra i due eventi: proprio per questo, probabilmente, la stabili-responsabilità di vecchi traumi nella comparsa delle crisi è sovrastimata.12

Il principale e più critico fattore determinante affinché si sviluppi l’epilessia post-traumatica è la gravità del trauma cranico. I fattori chiave di rischio includono le fratture del cranio, ema-tomi intracranici e un livello di coscienza depresso al momento in cui avviene il ricovero in ospedale dei pazienti. Inoltre, la comparsa delle convulsioni entro la prima settimana dopo il trauma cranico può costituire un fattore di rischio per il successivo sviluppo dell’epilessia.124

Uno studio retrospettivo svolto da Steinmetz et al. (2013)124 ha preso in esame 1000 cani por-tati in una clinica in un periodo di 11.5 anni, con l’obiettivo di determinare l’incidenza di crisi epilettiche precoci e tardive dopo un trauma cranico.124 Nel database della clinica sono stati

selezionati, nel periodo compreso fra il 1998 e il 2009, cani ricoverati per traumi e per con-vulsioni ed è stato messo in evidenza che il 14% dei cani che hanno subito un trauma cranico mostra le convulsioni nella prima settimana dopo l’incidente (convulsioni precoci).82 Di particolare interesse, è risultato il fatto che le femmine siano maggiormente interessate dal-le convulsioni post-traumatiche precoci e tardive rispetto ai maschi.

In linea generale, è possibile affermare che cani che abbiano subito un trauma cranico hanno un rischio tre volte maggiore di sviluppare epilessia rispetto agli altri.

Sempre riguardo alla frequenza di sviluppo delle convulsioni in seguito ad un trauma cranico, un altro studio importante è stato effettuato da Friedenberg che ha preso in esame 259 casi in un periodo di 10 anni, dal 1999 al 2009. La popolazione era composta per lo più da un uguale numero di maschi e femmine e le razze più frequentemente presenti nello studio erano: metic-ci, Labrador Retriever, Golden Retriever, Yorkshire Terrier, Chihuahua, Jack Russell Terrier e Boxer; le altre razze, invece, erano meno rappresentate. Anche in questo studio il risultato è stato più o meno lo stesso, dal momento che è risultato evidente che i cani che hanno subito un trauma cranico possono sviluppare convulsioni ad una velocità maggiore rispetto agli altri,

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è stato però messo in evidenza il fatto che le convulsioni tardive si manifestino con una fre-quenza maggiore rispetto a quelle precoci (6.8% vs 3.5%).2, 4, 42

Anche nei gatti, incidenti d’auto, cadute dall’alto e altri tipi di incidenti possono portare a un trauma cranico. I segni clinici osservati in seguito al trauma dipendono dalla localizzazione e dalla gravità delle lesioni. I segni neurologici possono includere convulsioni (sia immediate che tardive), atassia e tetraparesi.99,68,72

Patologie malformative

Fra le cause d’insorgenza precoce (primi mesi di vita) di crisi, sono frequenti le anomalie congenite, in particolar modo idrocefalia, porencefalia e lissencefalia, che sono state descritte nel 4.16% dei casi in uno studio retrospettivo su 240 cani.29, 96

Per idrocefalo si intende l’aumento di volume del liquido cefalorachidiano (LCR),52, 120

anche se comunemente questo termine è usato per indicare un aumento di volume dei ventricoli ce-rebrali, in particolar modo quelli laterali. L’idrocefalo può insorgere per cause congenite o ac-quisite (neoplasie intracanalari, come ependimomi; infiammazioni; granulomi; cisti dermoidi; FIP nei gatti), ma comunque la sintomatologia è la stessa ed è caratterizzata da crisi convulsi-ve, tremori, dolore cervicale, cecità, strabismo, movimenti in circolo e depressione del senso-rio. L’idrocefalia congenita è rara nel gatto e ancor più rara è la possibilità che essa sia causa di crisi convulsive. Più facilmente, questa patologia è secondaria a neoplasie o infiammazioni (FIP): in questi casi, può essere difficile stabilire se essa sia la causa delle crisi o semplice-mente un evento concomitante.12

La porencefalia è una malattia rara del sistema nervoso centrale e consiste nella formazione di cavità cistiche nel parenchima cerebrale, che spesso causano una comunicazione fra spazio subaracnoideo e sistema ventricolare.127 La lesione è associata con episodi ischemici o emor-ragici e le dimensioni e la posizione sono variabili.48 In letteratura gli studi sulla porencefalia nel cane e nel gatto sono scarsi, tuttavia la malattia dovrebbe rientrare nella diagnosi differen-ziale in caso di convulsioni, poiché è spesso accompagnata dall’atrofia dell’amigdala e dell’ippocampo, che spesso è associata alla comparsa di convulsioni.61

La principale

manife-stazione di porencefalia è la comparsa di convulsioni, mentre gli altri segni clinici che si pos-sono presentare, come atassia, dismetria e tremori pos-sono collegati ad anomalie vestibolo-cerebellari.84

Per lissencefalia si intende un encefalo a superficie liscia, cioè senza evidenza di ripiegamenti corticali che formano le normali circonvoluzioni e solchi. È una condizione congenita

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vata soprattutto nel cane di razza Lhasa Apso.49, 110, 156 La corteccia cerebrale è ispessita (pa-chigiria) a causa dell’anormale distribuzione dei corpi cellulari neuronali. La malformazione probabilmente deriva da una migrazione neuronale alterata e si sospetta in questa razza un’anomalia genetica. I segni clinici osservati nel cane con questa malformazione includono la difficoltà di apprendimento delle abitudini domestiche, alterazioni comportamentali e, a volte, reazioni posturali rallentate e scarsa risposta alla minaccia. Si possono osservare crisi convulsive in soggetti di 10-12 mesi di età.30

Patologie neoplastiche

Le crisi convulsive sono una riconosciuta manifestazione di neoplasia intracranica.39, 121 D’altra parte non tutti i cani con tumore al cervello sviluppano convulsioni, quindi è ipotizza-bile l’esistenza di fattori che promuovono l’epilettogenesi, sebbene, attualmente, la patogenesi delle convulsioni non sia chiara.8, 9

La grande maggioranza dei tumori intracranici originano da cellule non neuronali che non hanno intrinseche proprietà epilettogene con la capacità di generare potenziali d’azione; quin-di è plausibile che lo sviluppo delle convulsioni quin-dipenda dagli effetti del tumore sul tessuto nervoso adiacente. Sono stati proposti vari meccanismi fisiopatologici per lo sviluppo dell’epilessia, soprattutto relativi alla zona peritumorale. I fattori epilettogeni proposti com-prendono: ischemia cerebrale locale; cambiamenti morfologici che causano l’isolamento e la denervazione di un’area cerebrale corticale; plasticità neuronale, assonale e sinaptica; disordi-ni nell’equilibrio dei neurotrasmettitori con i loro recettori; cambiamenti iodisordi-nici e alteraziodisordi-ni del pH; attivazione di una risposta immunitaria peri-tumorale e modificazione della comuni-cazione intercellulare delle cellule gliali circostanti.8, 9 Il generarsi dell’attività convulsiva è il risultato dell’interazione di questi fattori e, in più, è correlato alla suscettibilità del paziente a sviluppare fenomeni convulsivi.

Le neoplasie primitive del sistema nervoso centrale degli animali domestici riguardano per il 60-80% il cane e per il 10-20% il gatto. I tumori intracranici costituiscono circa 1-3% di tutti i tumori nel cane, con prevalenza di 14.4 su 100 mila soggetti, mentre nel gatto la prevalenza è di 3.5 su 100 mila. I tumori del sistema nervoso centrale interessano prevalentemente animali adulti di oltre 5 anni, con un’età media di insorgenza nel cane di 9 anni, ma non è escluso che alcune neoplasie possano svilupparsi anche nei soggetti giovani. Generalmente, non si ricono-sce alcuna predisposizione di razza, se si escludono i cani brachicefali, in cui è più alta la pre-valenza dei gliomi intracranici. Tuttavia, alcune razze mostrano un rischio più elevato di

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luppare tumori del sistema nervoso centrale: tra queste vanno ricordate Boxer, Bulldog ingle-se, Golden Retriever, Dobermann, Scottish terrier e Bobtail. Per la predisposizione di sesso, si riconosce solo quella del cane femmina e del gatto maschio per i meningiomi.57

È stato riportato che i tumori primari del sistema nervoso centrale di origine mesodermica (meningiomi) sono i tumori intracranici più comuni nei cani, seguiti da tumori neuroectoder-mici (astrocitoma e oligodendroglioma). Sarcomi indifferenziati, tumori del plesso corioideo, neuroblastomi ed ependimomi si verificano invece con minor frequenza.93

Il meningioma è una neoplasia extrassiale, che origina dalle cellule di rivestimento dei villi aracnoidei, ed è uno dei tumori del sistema nervoso centrale più frequente nel cane, rappre-sentando con prevalenza del 30-45% il più comune tumore intracranico. Il meningioma colpi-sce prevalentemente cani di un’età maggiore di 7 anni e di razza dolicocefala, come Pastore Tedesco, Collie e Golden Retriver, ma anche boxer, barboncino e terrier. La neoplasia è stata tuttavia segnalata anche in soggetti di età inferiore ai 6 mesi. Il meningioma è il più frequente tumore intracranico nel gatto maschio di oltre 9 anni di età (59% dei tumori intracranici); in circa il 17% dei casi, esso può essere multiplo nel gatto, mentre solo occasionalmente può presentarsi multiplo nel cane. Meningiomi del diametro di pochi millimetri possono essere talvolta rinvenuti anche come reperto occasionale in gatti anziani neurologicamente normali. Il meningioma può essere localizzato nella convessità del cranio, nei lobi olfattori, adiacente alla falce o al tentorio, ventralmente o lateralmente al tronco encefalico e alla regione sellare (meningioma della base), a livello della regione cerebello-pontino-midollare, nel cervelletto, a sede spinale e intraventricolare, associato ai plessi corioidei. Il meningioma può essere pe-duncolato o a larga base d’impianto, a placca o infiltrante. Più spesso è di tipo espansivo e si presenta come una massa nodulare, di dimensioni variabili da pochi millimetri fino a diversi centimetri, lobata, grigio-rosata, separata dal parenchima da una capsula prodotta dalle lepto-meningi, di consistenza da gommosa e soffice a duro gessosa e può contenere calcificazioni granulari che stridono al taglio.

La relazione causale fra una neoplasia intracranica nei cani e lo sviluppo delle convulsioni è stata frequentemente riportata,6, 39, 121 ma gli studi che identificano fattori di rischio per lo svi-luppo delle convulsioni sono carenti. In uno studio (Schwartz et al. 2011)119 sono stati indaga-ti i fattori clinici di rischio per lo sviluppo di convulsioni in cani con una neoplasia intracrani-ca.119 In un totale di 68 cani inclusi nello studio, 42 (62%), avevano convulsioni e una neopla-sia intracranica. La diagnosi istopatologica è stata eseguita sul tessuto rimosso chirurgicamen-te in 23 (34%) cani e su chirurgicamen-tessuto prelevato all’esame post-morchirurgicamen-tem in 45 (66%) cani. I soggetti

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