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Il Vedolizumab nella real life: esperienza pisana

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area

Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

IL VEDOLIZUMAB NELLA REAL LIFE: ESPERIENZA PISANA

RELATORE

Chiar.mo Prof. Santino Marchi

CANDIDATO

Sara Pellini

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INDICE

Capitolo 1: Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali_________pag. 4

1.1. Epidemiologia pag. 5

1.2. Eziologia pag. 6

1.3. Presentazione clinica pag. 9

1.3.1. Malattia di Crohn pag. 9

1.3.2. Rettocolite ulcerosa pag. 15

1.3.3. Manifestazioni extraintestinali pag. 19

1.4. Diagnosi pag. 21

1.4.1. Malattia di Crohn pag. 21

1.4.2. Rettocolite ulcerosa pag. 24

1.5. Terapia pag. 26

1.5.1. Obiettivi terapeutici pag. 27

1.5.2. Malattia di Crohn pag. 28

1.5.3. Rettocolite ulcerosa pag. 30

Capitolo 2: Nuovi targets terapeutici: Vedolizumab_______________pag. 33

2.1. Indicazioni pag. 34

2.2. Profilo di sicurezza pag. 36

Capitolo 3:Studio___________________________________________pag. 38

3.1. Scopo dello studio pag. 38

3.2. Materiale e metodi pag. 38

3.3. Risultati pag. 41

3.4. Discussione pag. 54

3.5. Conclusioni pag. 61

Bibliografia________________________________________________pag. 62 Ringraziamenti___________________________________________________

(4)

Le malattie infiammatorie croniche intestinali

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) conosciute anche come Inflammatory Bowel Diseases (IBD), sono un gruppo eterogeneo di patologie ad andamento cronico recidivante, caratterizzate dalla presenza di flogosi cronica della parete intestinale. Esse comprendono la malattia di Crohn (MC), la rettocolite ulcerosa (RCU) e la colite indeterminata (CI). La MC può colpire qualsiasi tratto del tubo digerente, anche se nella maggior parte dei casi interessa l'ileo terminale e il colon (40-66%), l'ileo terminale (30-40%), l'ileo terminale o solo il colon (6-10%). Questa patologia è caratterizzata da lesioni segmentarie e transmurali, ovvero che interessano a tutto spessore la parete dell'intestino. La RCU invece, interessa la mucosa del retto e può estendersi in maniera retrograda a tutti restanti tratti del colon, fino a configurare un quadro di pancolite, senza però mai oltrepassare la valvola ileocecale. Le lesioni in questo caso non sono transmurali, ma interessano la mucosa e la sottomucosa della parete intestinale; inoltre le zone interessate formano solitamente un continuum patologico. Nel 10-15% dei casi non è possibile fornire una diagnosi certa, neppure attraverso l'istologia del pezzo operatorio dopo colectomia: in questi casi si utilizza il termine di “colite indeterminata” [1].

(5)

1.1. Epidemiologia

Le MICI sono malattie tipiche dell'età giovanile e colpiscono entrambi i sessi con una frequenza molto simile. I maschi hanno maggiori probabilità di sviluppare la RCU rispetto alle femmine, mentre può esserci una lieve predominanza femminile nella MC [2-3]. L’incidenza della MC mostra un incremento temporale e attualmente si attesta su 4-4,5/100.000 casi/anno, mentre l’incidenza della RCU si mantiene stabile su 2,1-2,2/100.000 casi/anno. In Italia le nuove diagnosi di RCU (52%) superano quelle di MC (40%) [4].

Le MICI possono esordire in qualsiasi momento della vita. Negli ultimi decenni è stato osservato un aumento di incidenza in età pediatrica e in età adolescenziale. Nella MC il picco principale di incidenza si posiziona fra i 15 e i 45 anni, mentre il secondo picco si localizza fra i 50 e i 60 anni. Nella RCU l'esordio avviene più frequentemente fra i 20 e i 40 anni. In particolare, l'età media alla diagnosi di RCU risulta poco più alta rispetto all'età media alla diagnosi di MC [2]. Geograficamente le MICI presentano una maggiore prevalenza nei paesi del Nord Europa e del Nord America, ma negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di incidenza anche nell'Europa dell'Est, Asia, Africa e America Latina [2].

Questo potrebbe essere spiegato dall'occidentalizzazione di alcuni paesi e quindi dalla modifica dello stile di vita, lasciando intendere che i fattori ambientali sono cruciali per lo sviluppo delle IBD. Oltre ad essere maggiormente presenti nei paesi industrializzati, le MICI tendono ad essere più rappresentate negli ambienti cittadini rispetto a quelli rurali [5].

Interessante è la correlazione fra tabagismo e MICI. Il fumo è una dei fattori ambientali più influente, ma con effetti opposti sulla MC e RCU. L’incidenza della MC tra i fumatori è alta e differenti studi dimostrano che i soggetti che continuano a fumare anche dopo l’esordio della patologia, hanno un peggioramento dello stato clinico con maggiori probabilità di riacutizzazioni ed insorgenza di complicanze. Al contrario, per la RCU ci sono forti evidenze che mostrano che il fumo rappresenti un fattore protettivo sulla suscettibilità di sviluppare la malattia. Molti autori riportano un peggioramento dei risultati clinici tra i pazienti che smettono di fumare ed invece un miglioramento tra gli ex fumatori che riprendono a farlo [6].

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1.2. Eziologia

L'eziologia delle malattie infiammatorie croniche intestinali non è nota, anche se sono state formulate nel corso degli anni diverse ipotesi eziopatogenetiche. Il sistema immunitario, inteso come risultato dell’interazione fra la genetica dell'individuo e l'ambiente, riveste senza dubbio un ruolo chiave nell'eziopatogenesi di queste malattie. Le MICI hanno una predisposizione genetica non di tipo mendeliano classico, ma sono malattie geneticamente complesse. In questo momento sono stati identificati 163 loci suscettibili di MICI. Questi risultati emergono da ampi studi di associazione di genomi (GWAS, genome wide association studies) nelle forme di MICI ad esordio in età adulta o idiopatiche. Con il metodo GWAS vengono studiate varianti genetiche che si trovano in un ampio numero di casi e di controlli, per capire se qualche variante si associa ad una situazione specifica. Il metodo GWAS gioca quindi un ruolo chiave, sia nel confermare l'ereditabilità delle MICI (varianza spiegata di malattia: 13,6% per la MC, 7,5% per la RCU), sia nell'evidenziare meccanismi specifici che possono essere coinvolti nella patogenesi delle MICI. Centodieci loci di suscettibilità sono associati con la MC e la RCU supportando l'ipotesi che entrambe le malattie siano caratterizzate da uno specifico pattern biologico. Gli studi molecolari di linkage sull’intero genoma e di replicazione hanno fino ad oggi individuato un certo numero di loci di suscettibilità per le MICI ciascuno contenente geni candidati sia per posizione che per funzione (IBD1, IBD2, IBD3, IBD4, IBD5, IBD6) [7]. Nella seguente tabella (Tab 1) sono riportati in maniera schematica i principali loci genici associati allo sviluppo di MICI, la loro localizzazione cromosomica e la loro funzione biologica.

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Locus Cromosoma Prodotto genico

IBD1 16p12-q13 Nod2, IL-4R, CD11B

IBD2 12p13.2-q24.1 STAT 6, Recettore VitD (VDR), MMP18, β 7integrina, Interferone gamma

IBD3 6p MHC classe I, II, III, TNFα

IBD4 14q11-12 T Lymphocyte Receptor (TLR), Recettore delLeucotriene B4

IBD5 5q31-33 Organic Cations Trasporter (OCTN), Drosophilalong disc homologue gene 5 (DLG5), Multidrug resistance gene (MDR1), IL-6

IBD6 19p13 Trombossano A2, Leucotriene B4, ICAM 1, C3

IBD7 1p36 Transforming Growth Factor (TGF beta), TNF α-receptor

IBD8 16p12 Sconosciuto

IBD9 3p26 CCR5, CCR9, IL-12

Tab.1 Principali loci di suscettibilità per le MICI

In numerosi studi è stata ipotizzata una causa infettiva e sono stati individuati vari microrganismi. In particolare, è stata identificata un'associazione fra il Mycobacterium Avium Paratubercolosis (MAP) e la MC. Altre ricerche invece, si sono concentrate sull'Adherent-Invasive Escherichia Coli (AIEC) e hanno dimostrato come questo microrganismo mostrasse maggiore capacità di aderire alla mucosa intestinale nei pazienti affetti da MC rispetto ai soggetti sani. L'AIEC è inoltre capace di sopravvivere e replicare all'interno dei macrofagi senza però attivare la risposta cellulare ma stimolando il rilascio di Tumor Necrosis Factor (TNFα), citochina infiammatoria coinvolta nella patogenesi delle MICI [7].

Negli ultimi decenni molte linee di ricerca si sono dedicate al rapporto tra il sistema immunitario e il microbiota intestinale nei soggetti geneticamente predisposti.

È noto che la composizione del microbiota intestinale risulta alterata nei pazienti con MICI, determinando un aumento della quota dei batteri commensali più “aggressivi” e con proprietà pro-infiammatorie a sfavore di quelli più innocui: questa condizione si definisce “disbiosi”. [8]

Diversi studi hanno infatti mostrato che nei pazienti con MICI, phyla come Bacteroides e Firmicutes risultano ridotti in maniera significativa [9-11]. In particolare, è stato visto che Bacteroides Fragilis è in grado di proteggere i topi dalla colite indotta da Helicobacter Hepaticus, un batterio commensale murino con proprietà patogene [12].

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concentrazione risulterebbe associato ad un aumentato rischio di recidiva post-chirurgica della malattia [13]. Diverse analisi effettuate su colture di mucosa-associated bacteria e batteri fecali hanno rivelato che i pazienti con MICI presentano batteri commensali con profili meno complessi rispetto ai controlli sani e alte concentrazioni di mucosa-associated bacteria [14]. Nei pazienti con MC, infatti, è stata osservata una maggiore concentrazione di Enterobacteriacei, (soprattutto di Escherichia Coli) che risultano a loro volta presenti in maggior concentrazione nelle colture dei mucosa-associated bacteria rispetto e quelle dei batteri fecali [14-15]. Alla luce di questi risultati, potrebbe essere vantaggioso definire un indice in grado di valutare il livello di disbiosi. A tal proposito, è stato suggerito un possibile utilizzo del rapporto tra le concentrazioni di F. Prausnitzii ed E. Coli, il cui valore sarebbe non solo indicativo del livello di disbiosi ma permetterebbe nello stesso tempo l'identificazione dei pazienti ad alto rischio di recidiva. Inoltre, l’analisi di ibridizzazione in situ ha mostrato la presenza di batteri che penetrano nello strato di muco nel 30% dei campioni bioptici mucosali di pazienti con MICI, rispetto al 3% di quelli riscontrati nei campioni bioptici dei pazienti sani [16].

Infine, l'ipotesi che il microbiota intestinale abbia un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia infiammatoria intestinale viene ulteriormente rafforzato dalla recente manipolazione terapeutica del microbiota come opzione di trattamento nelle MICI. Molteplici studi, utilizzando varie tecniche di trapianto fecale, hanno dimostrato l’efficacia di questa procedura, in particolare per il trattamento della colite ulcerosa [17].

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1.3. Presentazione clinica

1.3.1. Malattia di Crohn

La presentazione clinica delle MICI è estremamente variabile.

Nella MC i sintomi dipendono dalla localizzazione, dall'estensione e dal tipo di lesioni. In particolare, la natura delle lesioni influenza l'andamento della malattia e l'insorgenza delle complicanze. Per questo sono state individuate tre forme principali:

Prevalentemente infiammatoria: presenza di lesioni ulcerative interposte

ad aree indenni, in assenza di fistole e restringimenti del lume. Possono essere presenti fissurazioni intercomunicanti e la mucosa assume il tipico aspetto a “cobblestone”.

Prevalentemente fibrostenosante: presenza di stenosi, singole o multiple,

che derivano dall'esito fibrotico delle ulcerazioni e/o dalla presenza di flogosi di parete. Il tratto stenotico può essere preceduto da una dilatazione dell'ansa e può avere diversa estensione. Solitamente i tratti stenotici coinvolgono l'ileo terminale assumendo il tipico aspetto a “cannello di pipa”. I tipici sintomi ostruttivi possono essere preceduti da un periodo variabile di sintomi sub-occlusivi.

Prevalentemente fistolizzante: le fissurazioni estendendosi a tutto lo

spessore di parete possono formare dei tramiti fistolosi. Le fistole possono essere entero-enteriche cioè mettono in comunicazione due anse intestinali; entero-cutanee ovvero tramiti che si aprono sulla superficie cutanea; fistole vescicali, entero-ureterali, entero-vaginali: tutte condizioni in cui si viene a creare una comunicazione tra l'intestino e gli organi contigui. Le fistole hanno scarsa tendenza alla guarigione e si associano spesso alla formazione di ascessi [1].

Le diverse lesioni possono comparire contemporaneamente nello stesso paziente o evolvere nel tempo, influendo sull'evoluzione della malattia. Le complicanze più temibili sono l'occlusione intestinale tipica della forma stenosante, le perforazioni e/o la formazione di ascessi. Quadri così complessi richiedono il trattamento chirurgico. Circa l'80% dei pazienti con MC va incontro ad intervento chirurgico entro i 20 anni dalla diagnosi [18].

Altra complicanza che si può osservare nei pazienti con MC di lunga data è l'insorgenza del carcinoma colon-rettale. I pazienti affetti da RCU e MC colico infatti presentano un aumentato rischio di sviluppare il carcinoma colon-rettale. Tale rischio

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presentano la medesima estensione di malattia (prevalenza 3,7%; tasso di incidenza 2% dopo 8 anni di malattia, 8% dopo 20 anni, 18% dopo 10 anni) [19]. Il carcinoma colon-rettale MICI correlato si differenzia da quello sporadico per l'insorgenza precoce spesso a partire da lesioni piatte sincrone o su lesioni non visibili all’endoscopia, la sede di insorgenza (non preferenziale), l'assenza di carcinogenesi standard.

Un adeguato inquadramento del paziente con MC può derivare dall'utilizzo di alcune classificazioni, quali la classificazione di Vienna e di Montreal (Tab.2), che si traducono in un valido strumento per caratterizzare la malattia.

Vienna Montreal

Età alla diagnosi A1 <40 anniA2 >40 anni

A1 <16 anni A2 17-40 anni A3 >40 anni

Sede delle lesioni

L1 ileo terminale L2 colon L3 ileo-colon L4 tratto GI superiore L1 ileo terminale L2 colon L3 ileo-colon

L4 isolato o nel tratto GI superiore

Comportamento

B1 non stenosante, non fistolizzante

B2 stenosante B3 fistolizzante

B1 non stenosante, non fistolizzante

B2 stenosante B3 fistolizzante B4 malattia perianale

Tab.2 Classificazione di Vienna e di Montreal

La localizzazione delle lesioni così come il fenotipo correla con la sintomatologia. L'esordio in età pediatrica o adolescenziale si associa frequentemente ad un fenotipo di malattia più "aggressivo".

I sintomi tipici della malattia sono rappresentati dal dolore addominale ricorrente che è più spesso localizzato al mesogastrio e alla fossa iliaca di destra. Esso è causato dalla flogosi della mucosa intestinale, dalle fistole (dolore continuo) e dalle lesioni stenosanti (dolore crampiforme), assumendo via via caratteristiche differenti. Inoltre il danno della mucosa intestinale induce la diarrea cronica intermittente, ma anche le resezioni chirurgiche possono causare diarrea da malassorbimento associata a steatorrea. La diarrea in corso di MC è causata dal danno di mucosa che comporta un alterato assorbimento e un'eccessiva secrezione di fluidi. La febbre ricorrente solitamente non supera quasi i 38°, fatta eccezione per la presenza di raccolte ascessuali: in questi casi può essere anche molto elevata [1].

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A questi sintomi cardine si associa il calo ponderale. Nell'infanzia in particolare, l'arresto della crescita ed il ritardo puberale possono precedere l'esordio dei sintomi tipici di malattia. La perdita di peso è associata al malassorbimento e all'aumentato consumo energetico secondario alla flogosi. La sindrome da malassorbimento è dovuta all'alterazione cronica dell'architettura della mucosa intestinale che causa perdita della superficie assorbente. L'esteso interessamento dell'intestino tenue, incluso l'ileo terminale, può causare una marcata perdita di albumina (enteropatia proteino-disperdente), malassorbimento generalizzato, malassorbimento specifico per la vitamina B12 (che causa anemia perniciosa) o malassorbimento dei sali biliari, che porta a steatorrea [1].

La localizzazione più frequente della MC è quella a livello dell'ileo terminale. In questi casi la sintomatologia tipica è caratterizzata da diarrea cronica, febbricola e dolore addominale. Talvolta questo quadro clinico entra in diagnosi differenziale con l’appendicite acuta dal momento che anche questa condizione clinica si presenta con dolore in fossa iliaca destra, massa addominale, febbre e leucocitosi. La MC può avere esclusiva localizzazione colica. In questo caso avremo dolore addominale, febbricola e diarrea con presenza di sangue nelle feci.

Un'altra localizzazione meno frequente è quella gastrica. In questo caso si potrà andare in diagnosi differenziale con l'ulcera peptica dello stomaco o del duodeno poiché il paziente presenta nausea, vomito e dolore addominale a livello epigastrico. La MC, indipendentemente dalla localizzazione ed estensione può essere complicata dalla malattia perianale. Da un punto di vista clinico, a livello perianale ciò si palesa con una grande varietà di quadri clinici coinvolgenti la cute perianale (skin tags, emorroidi, eczemi) o il canale anale (ulcerazioni, ragadi, stenosi) e con flogosi suppurative che comportano la formazione di ascessi e fistole coinvolgenti il perineo o gli organi viciniori (retto-vaginali, etc.). Le fistole perianali si manifestano nel 25-50% di tutti i pazienti con MC. Da studi di popolazione si evince che il rischio cumulativo di sviluppare una fistola perianale è di circa il 20 % dopo 10 anni e del 26 % dopo 20 anni dalla diagnosi di malattia. La diagnosi nel 36-81% dei casi può precedere di alcuni anni l’esordio clinico della malattia, o essere concomitante con la diagnosi della localizzazione intestinale; fistole perianali si presentano nel 12% dei casi se la localizzazione luminale è ileale, nel 15% se il Crohn è ileo-colico, nel 41% dei pazienti con localizzazione colica e risparmio del retto e nel 92% dei casi quando coesistono

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rappresentano l’unica localizzazione della malattia. La localizzazione perineale denota un decorso più aggressivo di malattia, nel senso che rappresenta un notevole fattore di rischio per malattia “inabilitante”, con maggior necessità di ricorrere a corticosteroidi ed immunosoppressori, più frequenti ospedalizzazioni e ricorso alla chirurgia. E' responsabile, infatti, di un notevole distress fisico ed emozionale: per il dolore, per la persistente presenza di secrezioni sierose e purulente, per la possibile concomitante incontinenza, per la notevole alterazione dell’anatomia perineale e genitale che talora comporta la lenta tendenza alla guarigione delle lesioni, anche oggi, nell’epoca dei farmaci biologici [20].

Nella seguente tabella (Tab.3) sono elencati i principali sintomi della MC.

Malattia di Crohn

Sintomi intestinali

 Dolore addominale ricorrente  Diarrea cronica intermittente

 Tenesmo, rettorragia (interessamento perianale)  Epigastralgia (interessamento gastrico)

 Malassrobimento Sintomi sistemici  Astenia  Anoressia  Febbricola  Calo ponderale

Tab.3 Sintomi della MC

Per la descrizione dei sintomi delle MICI sono state create delle scale che aiutano ad individuare l'indice di attività di malattia del paziente, permettendo di fotografare la situazione generale del soggetto. Per la MC esistono numerosi indici ma quelli più usati sono il CDAI (Crohn Disease Activity Index) e l'HBI (Indice di Harvey-Bradshaw) che si basa su informazioni relative alle ultime 24 ore. Il CDAI permette di individuare quattro classi di pazienti in base al punteggio raggiunto; stessa cosa con l'HBI (Tab. 4-5), il quale viene concepito come una versione semplificata del CDAI. Inoltre, sono stati validati degli score endoscopici come il CDEIS (Crohn Disease's Index of Severity) e il SES-CD (Simple Endoscopic Score Crohn Disease) (Tab. 6-7) che viene considerato una variante più semplice e quindi più adatta all'utilizzo routinario rispetto al CDEIS.

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Parametro Input e punteggio

1. Benessere del paziente (giorno precedente)

0 = buono

1 = leggermente inferiore alla norma 2 = scarso 3 = molto scarso 4 = pessimo 2. Dolore addominale (giorno precedente) 0 = assente 1 = lieve 2 = moderato 3 = severo 3. Numero di evacuazioni liquide

o molli

(giorno precedente)

possibilità di indicare un numero intero da 1 a 25

4. Massa addominale

0 = assente 1 = dubbia 2 = definita

3 = definita e sensibile alla palpazione 5. Presenza di complicanze

No (0 punti)

Si (ogni complicazione presente si conteggia con 1 punto)

 artralgia  uveite  eritema nodoso  ulcera aftoide  pioderma gangrenoso  fissurazione anale

 comparsa di una nuova fistola  ascesso

Tab.4 HBI (score clinico per la valutazione del morbo di Crohn): La tabella indica i parametri con i rispettivi punteggi. Formula di calcolo: somma dei punteggi di tutti i 5 parametri.

Score Decodifica

< 5 remissione

5 - 7 attività lieve 8 - 16 attività moderata

> 16 attività grave Tab. 5 HBI: tabella di decodifica

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Parametri Ileo Colondestro trasversoColon sinistro eColon

sigma Retto Totale

Ulcere? 0: no 1: aftoidi (0.1-0.5 cm) 2: grandi (0.5-2 cm) 3: vaste (>2 cm) ___+ ___+ ___+ ___+ ___= ___+ Superficie coinvolta da malattia 0: 0% 1: <50% 2: 50-75% 3: >75% ___+ ___+ ___+ ___+ ___= ___+ Superficie ulcerata 0: 0% 1: <10% 2: 10-30% 3: >30% ___+ ___+ ___+ ___+ ___= ___+ Restringimento del lume? 0: No 1: Singolo, superabile 2: Multipli, superabili 3: Non valicabile ___+ ___+ ___+ ___+ ___= ___+ Totale complessivo = Score SES-CD

Tab. 6 SES-CD (score endoscopico per la valutazione del morbo di Crohn): La tabella indica i parametri da considerare con i rispettivi punteggi.

Score Decodifica

0 - 2 remissione

3 - 6 attività endoscopica lieve 7 - 15 attività endoscopica moderata

> 15 attività endoscopica grave

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1.3.2. Rettocolite ulcerosa

La RCU a differenza della MC è una patologia che presenta un'esclusiva localizzazione colica, e può estendersi dal retto fino alla valvola ileo- cecale, senza mai superarla. La classificazione di Montreal (Tab. 8) permette di classificare la RCU in base alla sua estensione.

Estensione Anatomia

E1 Proctite ulcerativa Interessamento limitato al retto

E2 Colite sinistra Interessamento del colon sinistro fino alla flessura splenica

E3 Colite estesa Estensione prossimale alla flessura splenica Tab.8 Classificazione di Montreal per la RCU

All'esordio della malattia nel 10-20% dei casi si ha solo interessamento del retto (proctite), nel 30-40% dei casi c'è estensione al retto-sigma (procto-sigmoidite), nel 20% dei casi è interessato il colon fino alla flessura splenica (colite sinistra), si arriva fino al colon trasverso nel 15% dei casi (colite estesa) e nel 16% dei casi è interessato tutto il colon (colite estesa o secondo la vecchia terminologia pancolite). L'estensione della malattia può variare nei diversi pazienti al momento della diagnosi, ma può modificarsi anche nel singolo soggetto nel corso dell'evoluzione della RCU [1].

L'interessamento di parete è limitato a mucosa e sottomucosa e le lesioni creano un continuum patologico. I principali sintomi intestinali ed extra-intestinali della RCU sono elencati nella tabella seguente (Tab. 9).

Rettocolite ulcerosa Sintomi intestinali  Diarrea  Dolore addominale  Proctalgia  Tenesmo Sintomi sistemici  Anoressia  Astenia  Calo ponderale  Febbre

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Nella RCU l'attività clinica è spesso proporzionale all'estensione e alla gravità delle lesioni. Si può assistere, anche se meno frequentemente ad un esordio con una colite estesa a tutti i segmenti colici. In questo ultimo caso, può essere una situazione clinica molto simile ad una colite acuta infettiva con segni sistemici quali febbre, disidratazione e squilibri elettrolitici. Se il quadro è limitato al retto, l'unico sintomo presente può essere il sanguinamento rettale, associato all'emissione di muco e al tenesmo. Quando la flogosi è più estesa, osserveremo anche diarrea con contenuto di sangue variabile. Le lesioni anali e, in modo minore, lesioni perianali possono complicare la diarrea grave. Sebbene fistole semplici possano verificarsi occasionalmente nella RCU, fistole perianali ricorrenti o complesse devono sempre aumentare il sospetto di una MC [1].

Altro sintomo che può essere riferito dai pazienti è il dolore addominale che non raggiunge l’intensità di quello che caratterizza i pazienti con MC e di solito è presente in tutti i quadranti, può talvolta prevalere a sinistra ed attenuarsi con l'evacuazione. Nelle fasi di acuzia, possiamo osservare pallore muco-cutaneo secondario alla anemizzazione e calo ponderale secondario all'ipermetabolismo dovuto alla flogosi e all'anoressia [1].

Nella pratica clinica quotidiana il sistema di valutazione dell’attività clinica ed endoscopica di malattia della RCU è il Mayo Score (Tab. 10-11).

Ancora oggi per valutare la severità di malattia si utilizza la classificazione di Truelove e Witts [58] secondo la quale esistono, sulla base del grado di severità, tre tipi di presentazione della RCU: lieve, moderata e severa (Tab. 12)

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Parametro Valutazione clinica (scelta singola) Punteggio

1. Frequenza di evacuazione (al giorno)

 evacuazioni nella norma  1-2 oltre la norma  3-4 oltre la norma  ≥ 5 oltre la norma 0 1 2 3 2. Sanguinamento rettale

(indicare l'episodio più grave della giornata)

 assente

 feci striate di sangue in meno della metà dei casi

 sangue evidente nelle feci nella maggior parte dei casi

 sanguinamento in assenza di feci

0 1 2 3 3. Valutazioni endoscopiche

 mucosa normale o esiti di guarigione  patologia lieve (eritema, riduzione del

disegno vascolare, moderata friabilità)

 patologia moderata (eritema marcato, perdita del disegno vascolare, friabilità, erosioni)

 patologia grave (sanguinamento spontaneo, ulcerazioni) 0 1 2 3 4. Giudizio complessivo del Medico  normale  patologia lieve  patologia moderata  patologia grave 0 1 2 3 Tab.10 MAYO score per la valutazione della rettocolite ulcerosa.

Score Decodifica

0 - 2

remissione

(purché nessun subscore per i singoli parametri sia superiore a 1)

3 - 5 attività lieve

6 - 10 attività moderata > 10 attività grave

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Forma lieve Forma

moderata Forma severa

Forma fulminante Scariche <4 scariche/die, senza o con minime quantità di sangue 4-6 scariche/die > 6 scariche/die sanguinamento frequente >10scariche/die sanguinamento profuso

Temperatura No febbre No febbre >37,5° Febbre elevata Frequenza

cardiaca No tachicardia No tachicardia

FC normale elevata >90 bpm FC elevata Emoglobina Hb normale Hb75% normale Anemia: emoglobina < 75% del volume normale. Grave anemia Indici di

flogosi VES normale VES = 30 VES > 30 VES > 30

Tab.12 Score di Truelove e Witts per la rettocolite ulcerosa

La riacutizzazione di malattia può essere rappresentata dalla colite fulminante: un attacco severo di RCU caratterizzato da diarrea ematica profusa, febbre e dolore addominale e dalla possibile comparsa di complicanze come il megacolon tossico. Questo viene definito come una dilatazione acuta gassosa di un segmento di colon con associati segni di tossicità sistemica. Il paziente è sottoposto a monitoraggio clinico e radiologico e a terapia medica aggressiva poiché il rischio di perforazione è alto; se entro 24/36 ore il soggetto non migliora o se si osservano segni di perforazione, si opta per la chirurgia d'urgenza. L’opzione chirurgica è contemplata anche nel caso di mancata risposta alla terapia medica. Un’altra complicanza temibile soprattutto nei pazienti con malattia di lunga durata e cronicamente attiva è la comparsa di displasia e/o del carcinoma colon-rettale. Per questo motivo vengono eseguito dei programmi di sorveglianza personalizzati in base al rischio del paziente. L’evidenza istologica di displasia e/o eteroplasia pone l’indicazione ad una terapia di tipo chirurgico [1].

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1.3.3. Manifestazioni extraintestinali

I pazienti con MC e RCU frequentemente manifestano una varietà di complicazioni sistemiche, accomunate nel termine di EIMs. Non sempre sincrone alla sottostante MICI, potendosi presentare molto tempo prima o dopo il loro esordio, le EIMs incidono significativamente sulla morbilità della malattia e sulla qualità di vita del paziente. Le manifestazioni articolari sono le EIMs più comuni verificandosi in circa il 20-30% dei pazienti con MICI. Due sono i pattern di presentazione, sia nell’adulto sia nel bambino: artrite periferica o coinvolgimento assiale (spondilite anchilosante e sacro-ileite). L’artrite periferica è a sua volta classificabile in I e II tipo. Il tipo I, o pauciarticolare, coinvolge meno di 5 grosse articolazioni (preminentemente agli arti inferiori), è spesso acuta ed autolimitantesi e correla con l’attività della MICI. Il tipo II, o poliarticolare, coinvolge simmetricamente più di 5 piccole articolazioni e il suo decorso, indipendente dall’attività della malattia intestinale, è per lo più cronico. I pazienti con Crohn a diffuso e preminente interessamento colico sono infatti quelli a più alto rischio. Le artropatie assiali hanno una prevalenza variabile dal 3% al 25% e non correlano con l’attività della malattia intestinale. La spondilite anchilosante si verifica nel 5-10% dei pazienti; la maggior parte è adolescente e HLA-B27 positiva.

Le manifestazioni muco-cutanee, presenti nel 10-15% dei pazienti con MICI sono costituite da eritema nodoso (EN), pioderma gangrenoso (PG) ed ulcerazioni orali. L’EN è la manifestazione cutanea più frequente, migliora con il trattamento della malattia di base e tende alla guarigione spontanea. Il PG è la manifestazione cutanea più severa in corso di MICI e può manifestarsi prima dei sintomi intestinali, in fase di quiescenza o persino dopo la colectomia; si verifica raramente (0.5-2%) e tende ad avere un decorso indipendente dall’attività della MICI. Le ulcere aftoidi orali possono precedere o essere concomitanti alla sintomatologia intestinale e correlano con l’attività di malattia. Di recente identificata come EIMs è la "sweet syndrome" caratterizzata da papule o noduli infiammatori dolorosi, localizzati agli arti superiori, al collo e al volto distinguibili dal PG per clinica ed istologia; più comune nelle femmine con malattia colonica ed altre EIMs, nell’80% dei casi è associata a malattia intestinale attiva.

Le manifestazioni oculari si verificano in circa il 10% dei pazienti con MICI, particolarmente in quelli con Crohn colico. Le lesioni oculari più frequenti sono l’episclerite e l’uveite (anteriore o posteriore). Tali EIMs possono migliorare con il

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controllo della MICI sottostante, ma spesso necessitano di steroidi topici o sistemici. Altri rari interessamenti oculari sono il glaucoma e la neurite ottica.

Tra le manifestazioni epatobiliari la complicazione più importante è la colangite sclerosante primitiva (PSC) la cui prevalenza è del 5.5% nei pazienti adulti ed adolescenti con pancolite ulcerosa. L’eziologia è sconosciuta. L’insulto biliare potrebbe essere il risultato di una lesione immuno-mediata. causata da un’infezione intercorrente o dall’assorbimento di prodotti di degradazione batterica in individui con colite ulcerosa, geneticamente predisposti. I trattamenti immunosoppressivi non sono in grado di modificare la storia naturale della malattia che molto spesso conduce al trapianto di fegato. L’acido ursodesossicolico migliora i parametri epatici ma non il decorso della malattia che è indipendente da quello dell’infiammazione intestinale. La diagnosi di PSC può essere posta anni dopo l’esordio della colite ulcerosa e persino dopo la colectomia. La RCU che si associa a PSC è ad altissimo rischio di sviluppare adenocarcinoma del colon rispetto alla popolazione generale (10 volte maggiore) o a quella con colite ulcerosa senza PSC [21].

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1.4. Diagnosi

La diagnosi della RCU e della MC si basa sulla combinazione di dati clinici, endoscopici, istologici e radiologici. Spesso può verificarsi un ritardo nella diagnosi, in particolare nella MC, poiché si possono presentare sintomi isolati seppur caratteristici, comportando la progressione della malattia verso le complicanze. Il precoce invio allo specialista ed una tempestiva diagnosi, nonché l’immediato ed appropriato accesso alle terapie farmacologiche, rappresentano pertanto un aspetto fondamentale della gestione di tali malattie.

1.4.1. Malattia di Crohn

Nella MC l'assenza di manifestazioni specifiche rende conto della difficoltà della diagnosi. E' quindi essenziale mettere in atto una raccolta di dati che non includa soltanto l'anamnesi e l'esame obiettivo ma che preveda anche esami di laboratorio, endoscopici e radiologici. E' bene ricordare che nessuno di questi esami da solo è specifico per la diagnosi di MC. Il sospetto di MC sorge a causa del coesistere dei sintomi e a causa del loro carattere cronico e recidivante o per il manifestarsi di complicazioni e/o di sintomi extra-intestinali. In ragione dell’eterogeneità della malattia, oltre alla diagnosi di natura, bisogna eseguire una valutazione più accurata possibile della sede, dell'estensione, del tipo prevalente di lesioni e dell’attività della malattia.

Vediamo quindi quali sono gli strumenti indispensabili per la diagnosi:

L'anamnesi e l'esame obiettivo. Sono utili per l'individuazione di sintomi aspecifici

ma contemporaneamente presenti, cronici e recidivanti.

Esami ematochimici. Con gli esami ematochimici, possiamo riscontrare anemia

ipocromica sideropenica a causa delle perdite di sangue e del malassorbimento del ferro (dell'ipermetabolismo), oppure macrocitica megaloblastica a causa del malassorbimento della Vitamina B12 e dell'acido folico. Sempre a causa del malassorbimento posso osservare ipocolesterolemia, ipotrigliceridemia e ipoalbuminamia. A causa della diarrea cronica, si possono configurare squilibri idroeliettrolitici. Nella fase di acuzia, osserveremo aumento della VES e PCR, gli indici di flogosi e leucocitosi [1].

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Inoltre l'esame coprocolturale e parassitologico delle feci deve essere effettuato all’esordio come criterio di esclusione e durante le fasi di riacutizzazioni per escludere sovrainfezioni. [1]

Il dosaggio degli ASCA (Anticorpi Anti Saccharomyces Cervisiae) e gli ANCA (Anticorpi Anti Citoplasma dei Neutrofili) può essere utile nelle forme di CI, dal momento che i p-ANCA si ritrovano nel 40-80% dei soggetti con RCU e solo nel 10-27% di quelli con MC [4].

I due marcatori fecali maggiormente utilizzati per la diagnosi e il monitoraggio delle MICI sono la calprotectina e la lattoferrina. La calprotectina (CF) è una proteina legante calcio e zinco presente in grande quantità nei granulociti neutrofili. La concentrazione di CF e è proporzionale all'infiltrazione dei neutrofili nella mucosa intestinale, ed è un marcatore molto sensibile per l'infiammazione intestinale. La CF è aspecifica per MC e RCU ma può distinguere una MICI in fase attiva da una in fase inattiva, può prevedere eventuali recidive ed infine distinguere una patologia funzionale (Sindrome dell'intestino irritabile) da una organica. La lattoferrina è una glicoproteina legante ferro espressa dai neutrofili attivati. Durante l'infiammazione la lattoferrina viene rilasciata dal tessuto danneggiato e si è visto che agisce nella modulazione dell'infiammazione e nella difesa contro le infezioni come parte del sistema immunitario innato. Come tale, è un indicatore ideale per infiammazione intestinale. [22-23]

L'endoscopia. La colonscopia con ileoscopia retrograda rappresenta ad oggi l’esame

strumentale standard che deve essere effettuato per una corretta diagnosi di malattia: permette l'osservazione della mucosa intestinale che presenterà lesioni discontinue interposte ad aree macroscopicamente indenni e contestualmente il prelievo di campioni bioptici per la caratterizzazione istologica.

Macroscopicamente, la MC può colpire qualsiasi zona del tratto GI in modo segmentario e con interessamento transmurale della parete. Le lesioni elementari della MC sono le ulcere che dapprima appaiono come piccole e superficiali (ulcere aftose) per poi diventare profonde, con una base stretta (ulcere a coltellata). Le ulcere sviluppandosi in profondità possono creare le fistole che mettono in comunicazione l'ansa intestinale con un'altra ansa intestinale, con la cute, con la vescica, con la vagina o con l'uretere. Nelle zone interessate da malattia si possono rilevare aree di mucosa edematosa alternate ad ulcere e ciò rende la superficie intestinale simile ad un

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“selciato” (aspetto a cobblestone). Questo è dovuto al fatto che si ha l'alternanza di tessuto sano e tessuto colpito da malattia, depresso rispetto alle zone normali. La prosecuzione dell’esame talvolta può essere ostacolata dalla presenza di stenosi: infatti, la parete dell'intestino è ispessita a causa dell'edema transmurale e a causa della fibrosi che si può sviluppare nella sottomucosa e nella tonaca muscolare [1].

Per una completa stadiazione di malattia è raccomandato eseguire anche una esofago-gastro-dueodenoscopia, sebbene questa localizzazione sia meno frequente. Nella pratica clinica infatti, spesso l’esame viene eseguito solo se sono presenti sintomi gastrointestinali alti, come epigastralgie, nausea e vomito. Lesioni a carico dell’esofago dello stomaco e/o del duodeno si osservano nell’1-3% dei pazienti e risultano comunque sempre associate alle più tipiche lesioni del colon e/o dell'ileo. [1]

All'istologia rileviamo l'interessamento transmurale della parete intestinale. In particolare, tra mucosa e sottomucosa abbiamo abbondante proliferazione linfo-plasmacellulare. Nella lamina propria e nelle cripte si accumulano granulociti (eosinofili e neutrofili). Proprio nelle cripte si vengono a creare i cosiddetti

pseudo-ascessi criptici. Inoltre possiamo trovare i granulomi giganto-cellulari non caseificanti

che sono patognomonici ma non sempre presenti. In generale l'architettura ghiandolare è sovvertita: i villi sono appiattiti. [1]

La radiologia. Gli esami più utilizzati ad oggi per la diagnosi di MC sono la entero-TC

e la entero-RMN. L'esame radiologico seriato del tenue con entero-clisi e il clisma opaco a doppio contrasto del colon sono esami che invece sono stati per lo più abbandonati a fronte delle nuove metodiche meno invasive e che permettono di ottenere più informazioni.

L'esame radiologico diretto dell'addome in ortostatismo consente di rilevare i livelli idroaerei e la distensione delle anse ileali in caso di ostruzione o il sollevamento dell’emidiaframma per perforazione ed è quindi indicato nel sospetto di subocclusione. Con la TC e la RMN si può definire presenza, sede ed estensione delle lesioni digiuno-ileali. Inoltre si possono individuare anche gli elementi extra-luminali, come lo spessore della parete, l'ispessimento del mesentere, l'ingrandimento di linfonodi, le fistole e gli ascessi. Infine, l’ecografia dell'intestino tenue mediante contrasto orale (SICUS) ha trovato recente applicazione nel rilevare ispessimento delle anse ileali e nella valutazione della componente extra-luminale delle lesioni [1]

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1.4.2. Rettocolite ulcerosa

L’esordio della RCU è spesso caratterizzato dalla comparsa di sintomi tipici che consentono mediante l’esecuzione di accertamenti diagnostici specifici la formulazione di una diagnosi corretta.

Esami di laboratorio. Alla sintomatologia tipica (diarrea ematica, tenesmo, talvolta

dolore addominale) si può associare un quadro laboratoristico caratterizzato da anemia ipocromica microcitica per carenza di ferro dovuta a perdita cronica e/o per flogosi cronica, ipoalbuminemia a causa della protido-dispersione e aumento della calprotectina fecale. L' anemia severa, l’aumento degli indici di flogosi (VES, PCR), la leucocitosi e la trombocitosi sono associate a forme di colite acuta severa. [1]

In sede di diagnosi è necessario effettuare la coprocoltura per escludere che il quadro clinico sia causato da un'infestazione parassitaria e/o da un'infezione. In fase di follow-up durante le fasi di riacutizzazione l’esame colturale delle feci va eseguito invece, per escludere una sovra infezione [1].

Nel 50-70% di pazienti affetti da RCU si riscontra la positività per gli anticorpi perinucleari anti-citoplasma dei neutrofili (pANCA) [4].

Tra gli esami di laboratorio, la calprotectina fecale (CF) è un valido strumento e nella diagnosi differenziale tra disturbo funzionale e organico e nella correlazione con l'attività clinica, endoscopica ed istologica di malattia. Da numerosi studi è emerso che l’aumento della CF è predittiva di ricaduta di malattia [22-23].

Endoscopia. L'ileo-colonscopia è il gold-standard per la diagnosi di RCU (vedi linee

guida 2016) perché permette di visualizzare le lesioni della mucosa e di effettuare prelievi bioptici per l'esame istologico per la conferma diagnostica.

Le lesioni si estendono in maniera retrograda e in modo continuo dall'ano verso tutte le porzioni del colon. Infatti macroscopicamente, la RCU esordisce a livello rettale e può poi estendersi in maniera continua prossimalmente, fino alla valvola ileo-cecale. La mucosa può presentarsi diffusamente edematosa, iperemica e fragile al contatto, a volte anche spontaneamente sanguinante con zone sottominate ed ulcerate e zone maggiormente conservate che saranno perciò rialzate rispetto a quelle più danneggiate: si parla in questo caso di pseudo-polipi. Inoltre la mucosa è caratterizzata da una transizione fra zone malate e sane molto demarcata e netta. Il riscontro di ulcere è indicativo di un quadro in fase di attività severa. La parete

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dell'intestino non è aumentata di spessore bensì ridotta; il lume è comunque diminuito rispetto al normale per contrazione della tonaca muscolare [1].

Microscopicamente, l'infiltrato infiammatorio è limitato alla mucosa e alla sottomucosa. L'architettura delle cripte è alterata ed esse appaiono distorte: sono presenti ascessi criptici, formati da infiltrato neutrofilo, caratteristici ma non specifici della RCU. Inoltre si ha ridotto secreto ghiandolare per deplezione delle cellule caliciformi mucipare. Una volta che si ha il raggiungimento della remissione, non osserveremo più elementi di infiammazione attiva, ma le cripte restano alterate e con esse l'intera struttura delle ghiandole. La RCU può condurre a fenomeni di displasia fino alla formazione di polipi i quali possono essere confusi per pseudo-polipi di origine infiammatoria [1]. Per la classificazione endoscopica si rimanda alla tabella 10.

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1.5. Terapia

L’eziopatogenesi delle MICI è multifattoriale e non ancora del tutto nota: la terapia si è basata per molti anni sull’utilizzo di farmaci sintomatici come la mesalazina e lo steroide. L’introduzione degli anti-TNFα, alla fine degli anni ’90, ha rivoluzionato la gestione terapeutica dei pazienti affetti da MICI. Sebbene i farmaci anti-TNFα siano efficaci in una rilevante porzione di pazienti compresa tra il 30-50%, vi è una percentuale di pazienti (circa il 30%) che non risponde agli inibitori del TNFα già in fase di induzione (primary non responders, PNR) e oltre il 50% perde la risposta nel tempo (secondary non responders, SNR). L’assenza di risposta terapeutica in una percentuale importante di pazienti probabilmente è da correlare ad un meccanismo fisiopatologico TNFα indipendente alla base dell’insorgenza e progressione della malattia. La perdita di risposta, invece, può essere associata in molti casi ad una cleareance accelerata del farmaco prevalentemente a seguito della formazione di anticorpi contro il farmaco stesso. La terapia con farmaci anti-TNFα è inoltre gravata dalla possibile insorgenza di eventi avversi, quali le reazioni all’infusione del farmaco e un aumento del rischio di infezioni che, talvolta, impongono una sospensione della terapia stessa [24].

Grazie al miglioramento della conoscenza dei complessi meccanismi alla base di tali malattie è stato possibile identificare nuovi targets molecolari e conseguentemente sviluppare nuovi farmaci. La più recente innovazione nel trattamento delle MICI è rappresentata dal Vedolizumab (VDZ), un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega in modo specifico all’integrina α4β7, espressa in modo preferenziale sui linfociti gut-homing T helper. Il suo innovativo meccanismo d’azione, infatti, si basa sull’inibizione selettiva dei linfociti che transitano e vengono reclutati nell’intestino infiammato. Dagli studi registrativi emerge che il farmaco è efficace nell’induzione e nel mantenimento della remissione clinica, nonché nella guarigione mucosale [25-27].

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1.5.1. Obiettivi terapeutici

La migliore comprensione dell’andamento di queste malattie e l’introduzione di farmaci sempre più efficaci, ha fatto emergere la necessità di un cambiamento nella gestione delle MICI, mirato a modificarne la storia naturale. In passato, infatti, il principale outcome delle terapie mediche nella RCU e MC era la remissione clinica intesa esclusivamente come risoluzione dei sintomi. In questo scenario la guarigione mucosa (mucosal healing- H) viene sempre più considerata un potenziale obiettivo terapeutico: numerose evidenze indicano che la regressione delle lesioni endoscopiche, in aggiunta al controllo dei sintomi, si associa a un decorso più favorevole, sia della colite ulcerosa sia della malattia di Crohn, in termini di riduzione del rischio di riaccensione, della necessità di ospedalizzazione e della necessità di chirurgia [28]. Gli altri obiettivi terapeutici includono: la remissione profonda (deep remission), la riduzione delle recidive e delle complicazioni che necessitano di ospedalizzazione ed interventi chirurgici, ed infine il miglioramento della qualità di vita.

Obiettivi terapeutici delle MICI A breve termine:

 Controllo dei sintomi

 Guarigione mucosale (mucosal healing)  Remissione profonda (deep remission) A lungo termine:

 Modificare il decorso di malattia: o Prevenire le recidive o Ridurre le complicanze  Migliorare la qualità di vita

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1.5.3. Malattia di Crohn

Nella MC in fase attiva lieve-moderata, vengono comunemente impiegati in prima scelta i salicilati o gli antibiotici (metronidazolo o ciprofloxacina); in caso di non risposta, si ricorre agli steroidi sistemici. Tuttavia l'efficacia dei salicilati e degli antibiotici nell'indurre la remissione non è supportata da forti evidenze. Un approccio al trattamento della MC attiva lieve moderata potrebbe essere l’uso della Salazopirina nella malattia a localizzazione colica e della budesonide nella malattia a localizzazione ileale o ileo-cecale [29].

Nelle forme moderate-severe, o nelle forme lievi-moderate che non rispondono al trattamento di primo livello, la scelta è rappresentato dagli steroidi sistemici. Circa il 20% dei pazienti trattati con steroidi non va in remissione (malattia refrattaria) e una percentuale variabile, ma fino al 30%, dopo una risposta iniziale ripresenta i sintomi alla riduzione di dose dello steroide o precocemente alla sospensione del farmaco (malattia steroido-dipendente) [30].

Nella malattia corticodipendente la scelta terapeutica corrente è l’introduzione di un immunomodulatore quale l’azatioprina. Gli immunomodulatori sono efficaci nell’indurre la remissione clinica, nel mantenere la remissione clinica e nel favorire il risparmio steroideo [31-32]. Il limite principale di questi farmaci è la lenta efficacia terapeutica (oltre le 17 settimane) e gli effetti collaterali che rendono spesso necessaria la sospensione del farmaco. Un’alternativa all’azatioprina e alla 6-mercaptopurina, nei pazienti non responders o intolleranti, è rappresentata dal metotrexate la cui efficacia, nell’induzione della remissione, nel mantenimento della remissione, e nel risparmio steroideo, è sovrapponibile a quella dell’azatioprina e della 6-mercaptopurina [33].

I pazienti con MC refrattaria fino a pochi anni fa erano candidati alla chirurgia. Oggi, con l’introduzione delle terapie biologiche, lo scenario terapeutico è radicalmente cambiato. Ad oggi i farmaci biologici disponibili in Italia per il trattamento della MC sono gli anticorpi anti-TNFα quali Infliximab, anticorpo chimerico composto dalla regione costante IgG di origine umana che ne costituisce il 75% e dalla parte legata all'antigene di origine murina che ne costituisce il restante 25% somministrato per via endovenosa; Adalimumab, anticorpo di origine umana; il Vedolizumab, anticorpo monoclonale IgG1 anti-α4β7 e a breve sarà disponibile l’Ustekinemab (anti-IL12) . Gli anticorpi monoclonali anti-TNFα sono stati impiegati nel trattamento della malattia attiva di grado severo e refrattaria e nella malattia fistolizzante [34-35]. L’utilizzo dei

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dato è importante in quanto la guarigione endoscopica delle lesioni sembra essere associata ad una evoluzione della patologia intestinale più favorevole, meno gravata dall’insorgere di complicanze. A conferma di questa osservazione, ricordiamo che è stato dimostrato che l’utilizzo di questi farmaci è associato ad una riduzione delle ospedalizzazioni e del ricorso alla chirurgia [38]. I farmaci per i quali vi è evidenza di efficacia nel mantenimento della remissione sono l’azatioprina, la 6-mercaptopurina, il metotrexate e i farmaci biologici [39-41].

Circa l’ 80% dei pazienti con MC necessita almeno di un intervento chirurgico nel corso della vita. La terapia purtroppo non è curativa, la recidiva post-chirurgica è infatti un evento frequente. In assenza di terapia il 65-90% dei pazienti presentano una recidiva endoscopica durante il primo anno, ed entro tre anni si osserva nell’80-100% dei pazienti [42]. La stratificazione del rischio di recidiva permette di identificare i pazienti in cui va intrapresa tempestivamente una terapia allo scopo di prevenire la recidiva. I fattori di rischio per una recidiva post-chirurgica precoce sono: il fumo, la malattia perianale, precedenti interventi chirurgici e resezione intestinale estesa, fenotipo penetrante. L’esecuzione di una ileo-colonscopia è raccomandata entro il primo anno. È consigliabile sottoporre i pazienti ad uno stretto follow up laboratoristico, clinico e strumentale volto ad individuare i segnali precoci di una ripresa di malattia; in particolare l’esame endoscopico può mettere in evidenza la presenza di una recidiva precoce, in modo da intraprendere la strategia terapeutica più appropriata. Gli immunomodulatori sono indicati nei pazienti ad alto rischio e nei pazienti sottoposti a terapia chirurgica conservativa (stritturoplastiche) benché in letteratura l’evidenza della superiorità delle tiopurine derivi solo da due piccoli studi [43]. L’impiego degli anti-TNFα nella MC post-chirurgica è indicato nella categoria dei pazienti ad alto rischio di recidiva come si evince dallo studio POCER (Post Operative Crohn’s Endoscopic Recurrence) [44] in cui è stato confrontato il profilo di efficacia di Adalimumab rispetto alle tiopurine. Gli autori concludono che Adalimumab è superiore rispetto alle tiopurine nella prevenzione della recidiva post-operatoria nei pazienti ad alto rischio. Più recentemente, è stato proposto nei pazienti ad alto rischio di recidiva, l’impiego precoce dopo l’intervento dell’IFX, in particolare lo studio PREVENT [45] suggerisce una non superiorità di questo approccio nel limitare la recidiva clinica alla settimana 76 rispetto al placebo, sebbene questo anti-TNFα sia in grado di ridurre in maniera statisticamente significativa il grado di recidiva endoscopica (secondo il

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1.5.4. Rettocolite ulcerosa

La terapia della RCU può essere divisa in due grandi gruppi: step-up e top-down. La terapia step-up (Fig. 2) prevede che l'intensità del trattamento aumenti con la gravità di malattia. Invece, la strategia top-down prevede un trattamento iniziale intensivo, mediante l’introduzione di farmaci biologici, per evitare il verificarsi di future complicazioni.

Qui di seguito viene riportata una descrizione schematica dell’approccio terapeutico nella RCU secondo il grado di severità di malattia alla diagnosi.

Fig.2 Step up according severity presentation, da A. Armuzzi, "Terapie della colite ulcerosa: certezze e unmet needs" [46]

Nella RCU lieve-moderata, gli aminosalicilati sono i farmaci di prima scelta, sia nell'induzione che nel mantenimento della remissione. Disponiamo oggi di diverse formulazioni di 5-ASA: a rilascio pH-dipendente o tempo-dipendente, in grado di liberare il farmaco a livello dell’ileo distale e del colon. La possibilità di somministrare il 5-ASA per via rettale, sotto forma di supposte, clismi, schiume o gel, permette di raggiungere elevate concentrazioni del farmaco a livello del colon sinistro e appare particolarmente utile nel trattamento delle coliti distali [47-49]. La terapia combinata (salicilati topici più salicililati per via orale) può offrire comunque un guadagno terapeutico rispetto alla sola terapia rettale o per via orale, ma non è chiaro se ciò sia dovuto alla doppia via di somministrazione o piuttosto a un effetto di dose cumulativa

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di salicilati [50]. Nelle coliti estese viene utilizzata la 5-ASA per bocca ed è provato in numerosi studi il rapporto dose-risposta [51].

Nella RCU moderata-severa, o comunque quando il paziente non è più responsivo ai soli aminosalicilati, la scelta è quella degli steroidi sistemici. Una alternativa agli steroidi convenzionali è rappresentata dal beclometasone dipropionato, uno steroide di sintesi a bassa biodisponibilità [52]. Il trattamento con steroidi sistemici porta a remissione clinica l'80% dei pazienti, mentre il 16% non risponde e il 22% diventa cortico-dipendente [53]. Gli immunomodulatori, come la azatioprina e la 6-mercaptopurina, vengono usati nei pazienti cortico-dipendenti, anche se la loro efficacia non è documentata in maniera esaustiva come invece accade per la MC [54]. I pazienti invece che risultano refrattari agli steroidi orali (per definizione in caso di persistenza di attività clinica dopo 2 settimane di trattamento con dosi di prednisone o equivalenti di 0,75-1 mg/kg/die) sono candidati alla terapia con TNFα o anti-integrina.

Nella RCU severa, ci troviamo in una situazione potenzialmente letale e quindi il trattamento riservato a questi pazienti è di tipo intensivo. Il regime di trattamento intensivo prevede somministrazione di steroidi per via endovenosa e per via rettale, la nutrizione parenterale, gli antibiotici, la correzione degli squilibri idro-elettrolitici e acido base e le emotrasfusioni. Anche se mai validato in nessun trial clinico controllato, l'approccio appena descritto è oggi universalmente praticato. L’introduzione del regime intensivo ha permesso di ridurre la mortalità per RCU severa di oltre il 30% [55]. Fermo restando che la chirurgia trova ancora indicazione assoluta nei pazienti che mostrano segni di deterioramento clinico o che vanno incontro a complicanze, la ciclosporina A può essere una valida alternativa in quei pazienti che, pur non mostrando segni di peggioramento, non rispondono in modo completo al trattamento intensivo [56].

E' bene ricordare che le MICI sono caratterizzate da un andamento clinico progressivo che conduce, nel corso degli anni, da un lato al manifestarsi di complicanze e alla necessità di ricorrere alla chirurgia e dall’altro a un peggioramento significativo della qualità della vita dei pazienti affetti. Per questo motivo, è stato ipotizzato che l’utilizzo precoce di una terapia aggressiva (immunosoppressori e/o agenti biologici), ossia prima dell’instaurarsi di complicanze, possa modificare la storia naturale delle MICI. Se si considerano i costi e i possibili rischi associati alla terapia biologica, è

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solo in quei pazienti in cui siano presenti caratteristiche che sono state associate ad una maggiore aggressività della patologia intestinale [57].

L'utilizzo di farmaci biologici è quindi indicato nelle forme moderate e gravi, come alternativa alla terapia convenzionale e nei pazienti che non rispondono o sono intolleranti alla terapia steroidea o immunosoppressiva. L’efficacia di infliximab nell’indurre e nel mantenere la remissione nei pazienti affetti da colite ulcerosa è stata dimostrata in vari studi [58].

Infliximab si è rivelato efficace anche nella "rescue therapy": terapia volta ad evitare il ricorso alla colectomia, in pazienti con RCU severa non responsivi al corticosteroide endovena [59]. Studi recentissimi, in corso di pubblicazione propongono una innovativa rescue therapy che prevederebbe l'utilizzo di VDZ (con classico schema di induzione e mantenimento) associato a ciclosporina per solo 8 settimane [60].

Nella figura 4 è riassunto l'approccio terapeutico alla RCU ad attività severa (Fig. 4).

Fig.4 Terapia della colite ulcerosa ad attivit severa.

Straforini, Brugnera, et al. "Attualita` e controversie nella terapia delle malattie infiammatorie croniche intestinali" [61]

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Capitolo 2

Nuovi targets terapeutici: Vedolizumab

Dalla ricerca traslazionale, finalizzata alla descrizione e alla comprensione dei meccanismi patogenetici della malattia, deriva l’identificazione di possibili nuovi targets terapeutici nelle MICI, consentendo conseguentemente lo sviluppo di nuovi farmaci che siano caratterizzati da una migliore efficacia, da una maggiore selettività e da un migliore profilo di sicurezza. Le più recenti innovazioni farmacologiche comprendono l’Ustekinemab (anti-IL 12/23) approvato dall’EMA a novembre 2016, il Tofacitinib e Filgotinib (JAK) in fase III di sperimentazione, le molecole anti-adesione quali Etrolizumab in fase III, anti-MadCAM1 (in fase II) ed infine il Vedolizumab (VDZ), disponibile in Italia da giugno 2016. Il VDZ è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega all'integrina intestinale α4β7 e antagonizza la sua interazione con MAdCAM-1 (mucosal vascular addressin cell adhesion molecule 1), prevenendo così l'homing dei linfociti T di memoria a livello del tessuto infiammato.

Il primo di questi anticorpi, bloccante selettivo della subunità α4, è stato Natalizumab. Si tratta di un anticorpo IgG4 anti-integrina α4 non selettivo per l’intestino che ha mostrato efficacia nell’induzione e mantenimento della remissione nella MC. Oggi l’uso di questo farmaco è significativamente limitato poiché la sua

prolungata somministrazione è stata associata alla leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML), una grave infezione cerebrale dovuta alla riattivazione del virus JC latente. VDZ, invece, si è dimostrato capace di bloccare selettivamente il traffico di linfociti verso l'intestino, senza compromettere la sorveglianza del sistema nervoso centrale [62-63]. La ricerca in questa classe di molecole ha portato allo sviluppo di farmaci di seconda generazione che presentano una maggiore selettività e un migliore profilo di sicurezza: VDZ e anticorpi diretti contro la sola subunità β7 (Etrolizumab).

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2.1. Indicazioni

I più importanti studi condotti su VDZ sono gli studi di fase 3 GEMINI I, II, III

e GEMINI LTS (Long Term Safety). Gli studi GEMINI I e GEMINI II sono stati

disegnati in modo da comprendere la capacità di VDZ di indurre la remissione della malattia attiva e di mantenere lo stato di remissione della malattia rispettivamente nella RCU e MC. Lo studio GEMINI III ha valutato la risposta alla terapia dopo fase di induzione in pazienti con MC precedentemente trattati con anti-TNFα. Lo studio GEMINI LTS, ancora in corso, ha come obiettivo la valutazione dell’efficacia e del profilo di sicurezza del farmaco a lungo termine. Gli studi fase III sono stati incoraggiati dai risultati favorevoli ottenuti in precedenti studi clinici di fase I su volontari sani e fase II su malati [25-27].

Infatti VDZ nei pazienti affetti da RCU si è dimostrato efficace nel miglioramento della risposta clinica a 6 settimane e nel raggiungimento della remissione clinica alla settimana 52. Inoltre, una percentuale importante di pazienti ha raggiunto la guarigione della mucosa (52% dei pazienti in terapia con VDZ ogni 8 settimane, 56% dei pazienti in terapia con VDZ ogni 4 settimane) e la remissione libera dagli steroidi (31% e 45% dei pazienti, rispettivamente, in terapia con VDZ ogni 8 e ogni 4 settimane) [25]. Nei pazienti affetti da MC, la remissione clinica è stata raggiunta alla settimana 52 [26]. Infine, i pazienti con MC che avevano fallito in precedenza una terapia con antagonisti del TNFα hanno ottenuto benefici terapeutici alla settimana 10 [27]. Gli studi registrativi hanno condotto all’approvazione del VDZ prima negli USA e poi in altri continenti.

Ad oggi quindi, VDZ è indicato per il trattamento di pazienti adulti con RCU e MC attiva, da moderata a grave, che hanno manifestato una risposta inadeguata, hanno perso la risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o alla somministrazione di un antagonista del fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα) [64]. VDZ si è dimostrato efficace per la RCU e la MC, mostrando un profilo di sicurezza favorevole in numerosi studi [65-67]. Il farmaco è somministrato mediante infusione endovenosa a zero, due e sei settimane e successivamente ogni otto settimane. Nei pazienti con MC si aggiunge una somministrazione alla settimana dieci, per poi continuare con la terapia ogni otto settimane a partire dalla settimana 14. In casi selezionati, può esere indicata un'ottimizzazione del trattamento che consiste in una

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riduzione dell'intervallo tra le infusioni nella fase di mantenimento (ogni 4 settimane anziché ogni 8).

In base alla decisione della Commissione Tecnico Scientifica dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), l'accesso al VDZ in regime di rimborsabilità per il trattamento di pazienti adulti con MC attiva da moderata a grave è consentito esclusivamente come farmaco di terza linea. Secondo i criteri di eleggibilità presenti nella scheda AIFA il paziente con MC al momento della prescrizione deve necessariamente presentare un’attività clinica di malattia moderata (Harvey-Bradshaw Index – HBI>8) ed essere intollerante o non responsivo ad almeno un anti-TNFα [64]. Le uniche situazioni in cui il farmaco può essere utilizzato nei pazienti con MC in fase di attività moderata ma naive agli anti-TNFα sono le seguenti:

 paziente con insufficienza cardiaca da moderata a grave (classe III/IV NYHA New York Heart Association)

 età ≥ 65 anni in presenza di comorbidità rilevanti  paziente positivo al test per l’infezione da HBV

 paziente che richiede la somministrazione dei vaccini vivi (es. Varicella zoster virus o febbre gialla) o l’utilizzo di agenti terapeutici infettivi come batteri vivi attenuati (es., instillazioni endovescicali con Bacillo di Calmette-Guerin)  paziente con maggior rischio di neoplasia maligna in quanto forte fumatore  paziente con lieve insufficienza cardiaca (classe I/II NYHA)

 paziente con tubercolosi latente (dovrà comunque essere effettuato lo screening e la terapia profilattica in caso di positività dello screening).

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2.2. Profilo di sicurezza

Per quanto riguarda il profilo di sicurezza di VDZ, e nello specifico le reazioni avverse, i tre eventi più comunemente osservati sono mialgia e atralgia, nasofaringiti, infezioni ed eruzioni cutanee [65]. La maggior parte degli eventi severi (infezioni sistemiche, interventi chirurgici) si sono manifestati in pazienti con malattia grave al momento dell'inclusione per il trattamento con VDZ [67].

Negli studi clinici sono state riferite reazioni all'infusione (IRR, Infusion-Related Reactions) e reazioni di ipersensibilità, la maggior parte delle quali di intensità lieve o moderata [68]. Nei pazienti con precedenti di IRR lievi o moderate, il medico deve valutare l'opportunità di somministrare un pretrattamento (per es. con antistaminico, idrocortisone e/o paracetamolo) prima dell'infusione successiva per minimizzarne i rischi [64].

L'effetto di VDZ sui vaccini somministrati per via parenterale (vaccino dell'epatite B) e per via orale (vaccino del colera) è stato studiato. La risposta anticorpale all'antigene orale è stata significativamente attenuata, ma quella contro l'antigene parenterale non è stata influenzata, in accordo con un meccanismo d'azione selettivo di VDZ sull'intestino [69]. Ciò significa che i vaccini somministrati per via orale o mucosale non possono essere utilizzati durante la terapia con VDZ, sebbene la vaccinazione parenterale non sia compromessa.

La selettività intestinale da parte di VDZ lascia inalterata la migrazione dei leucociti nel sistema nervoso centrale e dovrebbe escludere il rischio di PML. Anche se negli studi clinici sull'uso di VDZ non sono stati riferiti casi di PML, gli operatori sanitari devono monitorare i pazienti in terapia con questo farmaco per rilevare un'eventuale nuova insorgenza o un peggioramento dei segni e sintomi neurologici [64].

Il rischio di tumori risulta aumentato nei pazienti con RCU e MC; inoltre i farmaci immunomodulatori possono aumentare il rischio di sviluppare neoplasie [64]. I

dati raccolti sono nel complesso insufficienti per trarre conclusioni definitive sul rischio di malignità associato al trattamento con VDZ. Una riduzione dell'immunosorveglianza come conseguenza dell'inibizione dei leucociti rimane una preoccupazione teorica per l'insorgenza di tumori gastrointestinali [68].

Un numero limitato di pazienti ha sviluppato anticorpi anti-VDZ.

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risposta clinica o eventi avversi. Tuttavia, il numero di pazienti che ha sviluppato anticorpi anti-VDZ è stato troppo limitato per formulare una valutazione definitiva [65-67].

I dati relativi agli outcomes nei pazienti post-chirurgici sono discordanti. Alcuni autori che hanno valutato il rischio di complicanze nel post-operatorio nei pazienti trattati con VDZ, hanno dimostrato un aumentato rischio di complicanze in questi pazienti rispetto al gruppo di pazienti trattati con gli anti-TNFα [70]. Studi successivi hanno poi smentito questi risultati [65]. Pertanto si rendono necessari studi prospettici allo scopo di ottenere dati più attendibili.

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Capitolo 3

Studio

3.1. Scopo dello studio

Gli studi registrativi GEMINI hanno dimostrato l’efficacia superiore del VDZ rispetto al placebo, sia nell’ induzione che nel mantenimento della remissione della MC e RCU attiva, da moderata a grave [25-26]. I pazienti arruolati negli studi clinici controllati randomizzati (Randomized Controlled Trials, RCTs) però non rispecchiano adeguatamente l’eterogeneità dei pazienti seguiti nella pratica clinica quotidiana [71].

Ad oggi in letteratura sono riportati un numero crescente di studi di real-life sull’efficacia e il profilo di sicurezza del VDZ [65-67,72-74]. Esistono, tuttavia, ancora pochi dati relativi all’impatto sulla qualità di vita dei pazienti.

Pertanto, obiettivo del nostro studio è stata la valutazione:

 dell’efficacia e del profilo di sicurezza del VDZ nell’ induzione della risposta e della remissione a breve e lungo termine nei pazienti con MICI cronicamente attiva non responsivi alle terapie convenzionali e/o agli anti-TNFα.

 dell’impatto della terapia con VDZ sulla qualità di vita correlata alla salute (Health-Related Quality Of Life – HRQOL).

3.2. Materiali e metodi

Nello studio sono stati arruolati pazienti affetti da MC e RCU afferenti all’ U.O. di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana (AOUP) da giugno 2016 ad aprile 2018.

Sono stati inclusi pazienti con una diagnosi di MICI, formulata sulla base dei criteri clinici e strumentali secondo le linee guida ECCO, candidabili a trattamento con VDZ in accordo con le indicazioni EMA e i criteri di rimborsabilità AIFA. Sono stati esclusi dallo studio pazienti con presenza di ascessi addominali, infezioni severe in atto e storia attuale di neoplasia.

In tutti i pazienti è stato eseguito lo screening preliminare infettivologico che ha compreso la valutazione del quantiferon per escludere una tubercolosi latente, la ricerca dei markers epatitici maggiori (HBsAg e anti-HCV), della tossina A e B del Clostridium Difficile, l’esecuzione di una radiografia del torace.

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