• Non ci sono risultati.

La Pharmaceutical Care nella gestione del diabete: disegno, sviluppo e analisi dei dati relativi al progetto realizzato dal Dipartimento di Farmacia in collaborazione con L’Ordine dei Farmacisti di Pisa

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La Pharmaceutical Care nella gestione del diabete: disegno, sviluppo e analisi dei dati relativi al progetto realizzato dal Dipartimento di Farmacia in collaborazione con L’Ordine dei Farmacisti di Pisa"

Copied!
122
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FARMACIA

TESI DI LAUREA

La Pharmaceutical Care nella gestione del diabete:

disegno, sviluppo e analisi dei dati relativi al progetto

realizzato dal Dipartimento di Farmacia in

collaborazione con l’Ordine dei Farmacisti di Pisa

Relatori:

Dott.ssa Alma Martelli

Prof. Vincenzo Calderone

Candidato: Alberto Morganti

(2)

INDICE

Introduzione ………..pag. 5

Capitolo 1

1.1 Un nuovo metodo per migliorare la cura del paziente

………...pag. 6

1.1 Pharmaceutical Care: Come si è arrivati alla

definizione odierna

………...pag. 7

Capitolo 2

2.1 Il ruolo sociale del farmacista nella Pharmaceutical

Care: l’intervento per aumentare l’aderenza alle terapie

………..…pag. 10

2.2 Conoscenze e competenze necessarie per la

rivalutazione professionale

………...pag. 12

2.3 Il farmacista diventa più responsabile della terapia

...pag. 15

Capitolo 3

3.1 Gli ostacoli ………....pag. 17

3.2 L’impatto economico ………...pag. 18

(3)

Capitolo 4

4.1 Gestione dell’aderenza ed epidemiologia del diabete:

stato dell’arte

………..………..pag. 22

4.2 Interventi del farmacista nella prevenzione

………....pag. 23

4.3 Prevalenza ed incidenza della malattia diabetica in

aumento, rilevanza della modifica dello stile di vita

………....pag. 25

4.4 Determinanti sociali e culturali come possibili

indicatori di una mancata aderenza alla terapia

diabetica………...pag. 28

Capitolo 5

5.1 Progetto Re I-Mur: revisione dell’utilizzo dei

medicinali; l’attuazione del modello di derivazione

anglosassone per i pazienti asmatici italiani

………..………...pag. 33

5.2 Percezione del progetto ……...………...pag. 41

Capitolo 6

6.1 Scopo della ricerca………...………...pag. 42

Capitolo 7

7.1 Materiali e metodi ………...………...pag. 44

Capitolo 8

8.1 Risultati e discussione del progetto

(4)

• Totale partecipanti………..……....pag. 51

• Maschi/femmine

partecipanti……….……….pag. 59

• < 65 anni/ > 65 anni

partecipanti………..…...pag. 68

• Normopeso/ sovrappeso/ obesi

partecipanti……….……....pag. 77

• Licenza elementare o media/ Diploma superiore/

Laurea o più

partecipanti……….pag. 88

• Casalinghe/Occupati/Pensionati

partecipanti………...…….pag. 99

Capitolo 9

9.1 Conclusioni……….…..pag. 110

BIBLIOGRAFIA

………...pag. 112

(5)

INTRODUZIONE

L’organizzazione mondiale della sanità definisce la questione della non aderenza ai trattamenti come un problema di notevole entità ed è ormai diventata una priorità incoraggiarla (WHO 2003).

Recenti ricerche infatti suggeriscono che circa il 30% dei pazienti non assume i farmaci prescritti dai medici per il trattamento delle malattie croniche (Haynes et al 2008; Horne et al 2006) e la mancata aderenza al regime stabilito, comporta, oltre che ingenti spese sanitarie, anche il mancato raggiungimento degli obiettivi terapeutici prefissati e/o possibili peggioramenti delle condizioni di salute del paziente (Clifford et al 2010). Occorre revisionare in maniera continuativa ed attenta l’adeguatezza della terapia farmacologica. Ad esempio per quel che concerne la patologia diabetica alcuni studi riferiscono che in seguito alla mancata aderenza si riscontra un aumento del rischio di morte nei pazienti diabetici pari all’80% (Elliot et al 2009).

(6)

1.1 UN NUOVO METODO PER MIGLIORARE LA CURA DEL PAZIENTE

Stimolare la compliance dei pazienti è una missione importante poiché permette di aumentare l’efficacia delle cure e gli esiti terapeutici che ne conseguono, permettendo inoltre di contenere le spese legate alla sanità. Infatti, riducendo gli sprechi terapeutici, non si renderà necessario intervenire impiegando ulteriori risorse sanitarie al fine di risolvere problematiche relative a regimi di dosaggio errati (van Mil et al 2006).

Nel perseguire l’aderenza è necessario valutare le necessità terapeutiche di ogni singolo paziente e non approcciarsi a tutti allo stesso modo (Clifford et al 2010); per questo sono stati studiati diversi modi di approccio per arginare la mancata aderenza alla terapia, ad esempio si stanno portando avanti pratiche educative per stimolare il paziente alla comprensione delle motivazioni che sostengono la terapia a lui proposta, si stanno fornendo delle confezioni monodose per limitare gli errori di dosaggio, si stanno sperimentando sistemi di promemoria per ricordare di assumere il farmaco ed infine sono stati introdotti sistemi di automonitoraggio (Schroeder et al 2004; Marquez-Contreras et al 2006; Haynes et al 2005; Vervloet et 2012, Gwadry-Sridhar et al 2013).

Sono stati anche semplificati gli schemi terapeutici introducendo i più moderni farmaci a rilascio modificato che permettono di ridurre

(7)

le assunzioni giornaliere grazie ad un rilascio graduale e dilazionato nel tempo di principio attivo.

1.2 PHARMACEUTICAL CARE: COME SI È ARRIVATI ALLA DEFINIZIONE ODIERNA

In questo contesto si inserisce il concetto di Pharmaceutical Care, ovvero: la Pharmaceutical Care rappresenta un approccio responsabile alla terapia farmacologica con il fine di raggiungere dei risultati precisi e che migliorino la qualità della vita del paziente (Hepler et Strand 1990), questa è la definizione comunemente accettata ma nonostante siano passati anni dalla pubblicazione della definizione di Pharmaceutical Care da parte di Hepler e Strand rimane ancora molta confusione su che cosa questa pratica rappresenti e su come poterla distinguere da altri concetti (Alleman et al 2013). Infatti, oggi è possibile trovare numerose definizioni di Pharmaceutical Care, le quali differiscono notevolmente tra di loro (van Mil et Fernandez-Llimos 2013) e spesso non coincidono con il concetto di filosofia pratica introdotto da Hepler e Strand (Hepler et Strand 1990). Ad esempio negli Stati Uniti, la definizione “Medication Terapy Management” ha sostituito il termine Pharmaceutical Care perché si è ritenuto che le due definizioni indicassero lo stesso concetto (Alleman et al 2014). Mentre nel Regno Unito è sempre utilizzato il concetto di gestione delle terapie, ma originariamente al centro di questa idea vi era il fornitore di assistenza piuttosto che il concetto di cura del paziente, come

(8)

accade invece nella pratica della Pharmaceutical Care. Con il tempo questi due concetti si sono avvicinati sempre di più e adesso risultano avere solo piccole differenze (Martín-Calero et al 2004). Alcuni autori sostengono che il concetto di Pharmaceutical Care sia nato a partire dal punto di vista del paziente, mentre il concetto di Medication Terapy Management dal punto di vista di chi fornisce assistenza sanitaria e ritengono inoltre che i farmacisti abbiano aggiunto il punto di vista della società al concetto di Pharmaceutical Care e la prospettiva del paziente al concetto di Medication Terapy Management (Barber et al 2001). Oggi vi è una generale mancanza di informazioni riguardo a questo tema, il quale non è stato ancora compreso fino in fondo e non sono ancora ben chiare le funzioni e le responsabilità del farmacista quando si appresta a svolgere questa pratica (Martín-Calero et al 2004) poiché tale pratica si discosta notevolmente da quelle che sono state le mansioni dei farmacisti per anni. È stato così che il consiglio di amministrazione della Pharmaceutical Care Network Europe (PCNE), una rete europea di ricercatori nel campo dell’assistenza farmaceutica, ha portato avanti una ricerca per rivedere la definizione ed il significato della Pharmaceutical Care (van Mil et Fernandez- Llimos 2013). Il 5 febbraio 2013 a Berlino, si è svolto un workshop cui hanno preso parte 44 esperti nel campo della Pharmaceutical Care più un totale di 24 persone tra farmacisti e membri del PCNE, rappresentanti di undici diversi paesi europei, oltre a Stati Uniti ed Australia (Alleman et al 2014). L’obiettivo dell’incontro è stato quello di

(9)

rivedere la definizione di Pharmaceutical Care e di poterla distinguere da altri concetti simili che sono utilizzati in molti paesi (Alleman et al 2014). Durante l’incontro i partecipanti sono stati divisi in otto gruppi ed ogni gruppo ha fornito una definizione di Pharmaceutical Care, successivamente i gruppi sono stati accorpati in gruppi di dimensioni crescenti fino ad ottenere una definizione condivisa. Al termine della discussione è stata quindi individuata da parte della PCNE la definizione più esaustiva di Pharmaceutical Care, ovvero “il contributo del farmacista a garantire la salute dei pazienti in modo tale da ottimizzare le terapie e favorire il raggiungimento degli obbiettivi terapeutici”. Tale definizione viene utilizzata nel contesto odierno sia in paesi europei che extra- europei (Alleman et al 2014).

(10)

2.1 IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACISTA NELLA PHARMACEUTICAL CARE: L’INTERVENTO PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE TERAPIE

Le strategie più comuni che sono state portate avanti per valutare l’aderenza dei pazienti ai trattamenti farmacologici sono gli auto-rapporti degli stessi e tra gli strumenti di ricerca uno dei più utilizzati tutt’ora è l’ormai datato auto-rapporto promosso da Morisky detto anche “scala di Morisky”, un sistema in cui si richiede al paziente se ha mai dimenticato di assumere il farmaco, se ha cura di ricordarsi l’orario in cui deve assumerlo e se interrompe il trattamento non appena ne trae giovamento o al contrario quando percepisce un peggioramento della sua situazione di salute (Morisky et al 1983). La scala di Morisky prevede l’assegnazione di un punteggio: ad ogni risposta positiva viene fornito un punteggio pari a 0, mentre ad ogni risposta negativa viene dato un punteggio di 1. I pazienti che ottengono un punteggio tra 0-2 sono considerati non aderenti, quelli con punteggio 3-4 sono considerati aderenti (Morisky et al 1986). (vedi Tabella 1)

(11)

Questi sistemi di auto-rapporto possono sovrastimare l’aderenza dei pazienti tuttavia hanno un rapporto costo-efficacia favorevole e se il paziente ammette la sua scarsa aderenza alla terapia vi sono i giusti

presupposti per poter intervenire ed ottenere un maggior controllo. La Pharmaceutical Care valorizza il ruolo sociale dei farmacisti

poiché il compito del farmacista non dovrebbe essere legato alla sola dispensazione dei farmaci ma anzi dovrebbe essere maggiormente rivolto verso le necessità terapeutiche dei pazienti. La svalutazione professionale, che relega il farmacista ad essere colui a cui ci si rivolge per acquistare un prodotto già testato precedentemente o del quale si conosce il nome per sentito dire, finisce per dipingere il farmacista come il mero operatore finale cui si indirizzano le ricette compilate dai medici. L’abitudine di chiedere informazioni non dovrebbe però venire meno, il farmacista si dovrebbe assicurare di avere le conoscenze tali per chiarire le idee al paziente, spiegando il contenuto in maniera più semplice e diretta di quanto riportato sulla confezione e sul foglietto illustrativo, confortando il paziente in modo tale che non rimanga eccessivamente allarmato dalle possibili controindicazioni o reazioni avverse che legge navigando su internet e rassicurandolo tramite l’istruzione ad un corretto uso. L’obiettivo è un impiego più proficuo delle conoscenze e risorse di questi professionisti aumentando così di pari passo la consapevolezza di chi viene curato. Il paziente percepirà maggiori benefici per la sua salute e di conseguenza rivaluterà la professione del farmacista (Farris et al

(12)

2005). Inoltre è probabile un ritorno economico sulla singola farmacia perché attraverso una maggior cura del paziente si attua anche un processo di fidelizzazione.

2.2 CONOSCENZE E COMPETENZE NECESSARIE PER LA RIVALUTAZIONE PROFESSIONALE

La farmacia deve aspirare a diventare il luogo in cui si promuove il benessere attraverso intervento di prevenzione, assistenza e controllo delle terapie. Da qui il concetto di “Pharmaceutical Care” che possiamo tradurre come assistenza farmaceutica e sta ad indicare la possibilità della presa in carico dei pazienti, questo successivamente all’avvenuta pianificazione della terapia da parte del medico, quindi non sostituisce ma aiuta ed integra nozioni. La professione dovrebbe progredire verso un’importante crescita e sviluppo, professionale; spostando il baricentro dalla produzione (pur non abbandonandola poiché tramite le conoscenze e competenze in ambito chimico-galenico il farmacista si caratterizza e si differenzia dal medico) e distribuzione dei medicinali ad una maggiore implicazione nei bisogni socio-sanitari dei pazienti. I limiti della professione hanno perso la loro definizione e i farmacisti hanno iniziato a fornire servizi che si sono tradotti in un sottoutilizzo delle competenze acquisite durante gli anni di formazione accademica. Basti pensare alle prenotazioni Cup e ai servizi di assistenza integrativa, prestazioni che potrebbero essere

(13)

eseguite da personale debitamente formato ma non necessariamente laureato. Si rende quindi necessario impiegare proficuamente le competenze del farmacista e distanziarne la professionalità dall’attività di mera distribuzione di farmaci. Si prevede che non esisterà futuro dietro il solo atto della dispensazione, la quale potrebbe essere sostituita grazie ad acquisti su internet, macchine o

tecnici addestrati (Van Mil et al 2004). I farmacisti dovrebbero uscire da dietro il banco e iniziare a servire

il pubblico fornendo non solo pillole ma cure. Per completare l’evoluzione professionale si potrebbe assegnare alla professione un’impronta più clinica (Azhar et al 2009), in ragione di ciò però si rende indispensabile una solida conoscenza dell’azione dei farmaci, delle possibili interazioni e di eventuali reazioni avverse; quest’ultimo step cioè la conquista di una solida padronanza dei contenuti clinici, per tempo ed impegno, è complesso da raggiungere ed andrebbe ad affiancare l’altrettanto utile abilità (già riscontrabile) nel fornire informazioni in maniera chiara e semplice attraverso un’eccellente capacità di comunicazione con medici e pazienti (Martin-Calero et al 2004). Sono stati promossi programmi di formazione accademica con l’inserimento della Pharmaceutical Care come una filosofia pratica (Farris et al 2005) secondo la quale il farmacista deve promuovere l’uso razionale e funzionale dei farmaci, per cui, una volta prescritto il farmaco appropriato, al giusto dosaggio, è fondamentale monitorare la terapia, così che il medico intervenendo con adeguamenti posologici, migliori la

(14)

situazione di salute del paziente. (Caamano et al 2008, Homedes et Ugalde 2006; Behmane et Innus 2011; Rüütel et Pudersell 2011;

Van der Stuyft et al 1997; Garuoliene et al 2011). Al fine di migliorare le conoscenze cliniche, potrebbe essere

considerata l’idea di unire alcune parti del programma di studio dei farmacisti con quello della formazione medica (Kinget 2000), stimolando così la comunicazione tra i due professionisti della salute e generando rispetto reciproco (van Mil et al 2004). Sarà necessario sviluppare un programma che sia sensibile all’introduzione di nuove abilità nel campo della farmacia (Wiffen 2001) [Figura 1].

Figura 1. Nel metodo di insegnamento è stato proposto uno spostamento dalle scienze di laboratorio verso la fornitura di maggiori conoscenze cliniche e l’introduzione di un buon livello di attività pratica, mantenendo comunque un certo grado di impostazione classica in quanto è necessario avere solide basi di chimica, fisica e biologia per potersi affacciare alle scienze cliniche (van Mil et al 2004).

(15)

2.3 IL FARMACISTA DIVENTA PIU’ RESPONSABILE DELLA TERAPIA

Il fallimento terapeutico o il sopraggiungere di effetti indesiderati, peggiorano ovviamente la qualità di vita del paziente, costringendolo a visite superflue e onerose presso gli specialisti o in casi estremi a ricoveri ospedalieri forzati (Hepler et Strand 1990). Il paziente dovrebbe essere seguito sistematicamente dopo l’erogazione del farmaco per tutta la durata del trattamento (Strand et al 1992), si andrebbe così a creare un rapporto che si può definire come un processo interattivo in cui si forniscono informazioni inerenti il trattamento farmacologico in atto, consigli sulla stile di vita a cui attenersi ed eventuali interazioni dei farmaci con la dieta (Kafeel et al 2014) e qualora il paziente manifestasse qualsiasi problematica relativa alla terapia, il farmacista, potrebbe rivalutare gli obiettivi terapeutici ed eventualmente apportare modifiche al piano terapeutico in collaborazione con la figura del medico curante (van Mil et al 2004). Inoltre spesso le competenze dei medici non sono sufficientemente estese in campo farmacologico come invece lo sono nel campo delle diagnosi e nello stabilire un’adeguata terapia (Aljbouri et al 2013). L’evidenza insegna che oggi talvolta si suggeriscono ai pazienti cure eccessive, aggiuntive e non fondamentali se si pensa poi all’utilizzo inappropriato che se ne fa, causato dalla non aderenza alla posologia giornaliera prescritta (Toklu et al 2010; Hussain et Ibrahim 2011a; Hussain et Ibrahim 2011b).

(16)

Inoltre il numero delle persone anziane ha subito un notevole incremento demografico (Crealey et al 2003) e di conseguenza sono in aumento i casi di malattie concomitanti cui segue la necessità di terapie multiple, le quali espongono il soggetto a più rischi (Gurwiz et Rochon 2000). Prescrizioni multiple possono dare origine ad interazioni farmacologiche che si manifestano nel caso peggiore sotto forma di reazioni avverse poiché cambiando la concentrazione di principio attivo in circolo si possono raggiungere target secondari. A tal proposito, i ricercatori hanno dimostrato che i costi correlati agli eventi avversi ovvero il costo totale di morbilità e mortalità che comportano tali complicanze, supera il costo dei farmaci stessi (Johnson et Bootman 1995; Smith 1993). Alcuni effetti collaterali possono non essere stati ancora identificati al momento dell’immissione in commercio del farmaco, pertanto, durante la fase post markenting è indispensabile il ruolo del farmacista che valuta le possibili reazioni avverse quando il farmaco è disponibile e accessibile su più ampia scala rispetto ai campioni di popolazione sondati nei trials clinici. La non aderenza alla terapia può manifestarsi attraverso aspetti diversi; tra cui l’assunzione di un dosaggio errato, l’assunzione al momento sbagliato oppure un’interruzione della terapia in anticipo rispetto ai tempi previsti. La problematica della non aderenza può essere secondaria ad una ridotta presa di coscienza del paziente della propria condizione di salute che di conseguenza non apprezza il beneficio che si potrebbe trarre dal seguire in maniera appropriata la terapia.

(17)

3.1 GLI OSTACOLI

Purtroppo però, questa nuova concezione di servizio non è ancora radicata in gran parte della comunità farmaceutica mondiale (Azhar et al 2009), i motivi di difficoltà di attecchimento sono vari e in parte dipendono dal sempre complesso adattamento all’introduzione di nuovi concetti. Si riscontra inoltre una non completa comprensione dell’argomento e fondamentalmente una mancanza di preparazione adeguata (Toklu et Hussain 2013). Esistono anche vincoli di insufficienti risorse che frenano l’affermarsi di questa pratica (Berenguer et al 2004). La Pharmaceutical Care diventerà uno standard istituzionale nella comunità farmaceutica quando le autorità politiche, gli operatori sanitari e i farmacisti accetteranno la loro responsabilità sociale nel garantire terapie farmacologiche sicure ed efficaci (Yordanova et Petrova 2004). Per intraprendere questo nuovo approccio i farmacisti dovranno avere solide conoscenze di farmacologia, delle terapie e di farmacia clinica. Le funzioni intellettuali in cui rientrano i consigli, le informazioni dispensate e l’individuazione di problematiche farmaco-correlate sono essenziali per favorire un utilizzo sicuro del farmaco. Per compiere tali funzioni il farmacista farà ricorso al bagaglio di nozioni acquisite tramite il background universitario ma anche al continuo aggiornamento negli anni a seguire per mezzo di corsi di formazione (van Mil et al 2004).

(18)

3.2 L’IMPATTO ECONOMICO

L'onere crescente delle malattie croniche come le patologie coronariche, il diabete mellito, la depressione, l’asma ed i tumori, ha contribuito ad aumentare notevolmente i costi sanitari negli ultimi decenni in tutto il mondo (World Health Organization 2005; Adeyl et al 2007). La gestione dei servizi sanitari per i pazienti affetti da queste patologie croniche è progredita nell’ultimo decennio, ma rimangono ancora molte problematiche legate alla spesa sanitaria (Hisashige 2013). Per questo motivo una corretta assistenza farmaceutica può portare ad un miglioramento delle terapie farmacologiche dei pazienti, determinando un effetto positivo sui costi sanitari e permettendo di evitare visite inutili al pronto soccorso o ricoveri ospedalieri (Strand et al 2004) [Tabella 2].

Risparmi dell’assistenza sanitaria

2.985 Pazienti 11.626 Incontri

Numero di casi $ Risparmiati Visite ambulatoriali evitate ($265 /visita) 2210 $ 585.650 Visite specialistiche evitate ($304 /visita) 185 $ 56.240 Giorni di lavoro risparmiati ($237 124 $ 29.388

(19)

Tabella 2. Nella tabella sono riportati i numeri dei casi in cui sono state risolte problematiche legate alla terapia farmacologica e i risparmi che ne sono pervenuti evitando visite ambulatoriali, test di laboratorio o ospedalizzazioni. I valori riportati si riferiscono ai dati medi nazionali degli Stati Uniti per l’anno 2001 (Strand et al 2004).

/giorno)

Esami di laboratorio

evitati ($24 /test) 214 $ 5.136 Visite di urgenza evitate

($82 /visita) 41 $ 3.362 Visite a domicilio evitate

($271 /visita) 12 $ 3.252 Lunghi tempi di degenza

evitati ($56.000 costi/1anno)

1 $ 56.000

Visite di pronto soccorso

evitate ($452 oneri/visita) 91 $ 41.132 Ospedalizzazioni evitate ($16.091 /ospedalizzazione) 22 $ 354.002 Totale 2900 $ 1.134.162

(20)

Quindi i farmacisti oltre a migliorare gli esiti terapeutici dei pazienti hanno la possibilità di contenere o addirittura ridurre i costi associati alla sanità (Bunting et Cranor 2006, Bunting et al 2008) e si possono ridimensionare anche le spese dirette relative alla cura dei pazienti (Cranor et Christensen 2003; Jameson et al 1995). Un modello di assistenza sviluppato in cinque farmacie in Australia ha dimostrato che grazie all’intervento dei farmacisti nella gestione delle terapie è possibile risparmiare più del costo dell’assistenza fornita (Donato et al 2001). Inoltre è stato dimostrato che coinvolgendo un farmacista nel processo di assistenza agli anziani con problemi cardiaci è possibile ridurre in modo rilevante gli oneri sanitari (Stoner et al 1998). In Europa, invece, è stato effettuato uno studio per valutare l’impatto clinico, economico e sociale che hanno comportato alcuni programmi di Pharmaceutical Care rivolti ai pazienti anziani in sette paesi europei confrontati con pazienti che hanno ricevuto normali sistemi di assistenza. È emerso che in tutti i paesi il maggior contributo alle spese sanitarie totali derivava dalle ospedalizzazioni, a prescindere dal sistema sanitario e dai rispettivi costi (The Pharmaceutical care of the Elderly in Europe Research Group 2001), e facendo riferimento alle spese del 1999 è emerso che la gestione dei pazienti che hanno ricevuto il servizio di Pharmaceutical Care ha comportato spese minori rispetto a quelli che hanno ricevuto una normale assistenza (Crealey et al 2003). Per esempio, nel caso della Danimarca, il costo medio per paziente trattato con il programma di Pharmaceutical Care ha comportato

(21)

una spesa media pari a € 1.298,13 a fronte di un costo medio di € 1.419,88 per i pazienti che ricevono cure normali (Crealey et al 2003). Quindi grazie all’intervento dei farmacisti nel monitoraggio delle terapie è possibile ottimizzare le risorse impiegate, contenere i costi sanitari e migliorare la salute del paziente e la qualità del sistema sanitario (Martín-Calero et al 2004).

(22)

4.1 GESTIONE DELL’ADERENZA ED EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE: STATO DELL’ARTE

Le complicanze cardiovascolari sono una delle principali cause di morte nei pazienti diabetici: l’incidenza di questi fattori è circa 2 volte superiore nei pazienti diabetici rispetto ai non diabetici (Sarwar et al 2010). Questa patologia prevede tempi di trattamento molto lunghi ma tali terapie sono fondamentali per mantenere il controllo della glicemia nel tempo e per arginare e

limitare le complicanze della patologia. Le terapie per la cura del diabete di tipo 2, prevedono

l’assunzione giornaliera di ipoglicemizzanti orali, ma la bassa aderenza ai trattamenti è un fenomeno abbastanza frequente fra i pazienti diabetici portando così un aumento della mortalità (Cramer et al 2004, Ho et al 2006, Vermeire et al 2005).

Le barriere che ostacolano una piena aderenza sono dovute agli estesi periodi di durata del trattamento, alla necessità di terapie multiple e ad informazioni insufficienti o confuse fornite dagli operatori addetti alla salute (Antoine et al 2014). Tutti questi fattori spesso scoraggiano il paziente che tende ad abbandonare nel tempo i corretti regimi terapeutici.

È necessario trovare una soluzione a queste problematiche di notevole impatto sociale. Focalizzandoci in maniera specifica sul nostro Paese, la gestione di un paziente diabetico costa migliaia di euro l’anno al SSN tra ricoveri, visite specialistiche, farmaci e

(23)

dispositivi per il controllo della glicemia. Se non correttamente gestita questa patologia potrà gravare ulteriormente sulla spesa sanitaria e in particolare sulle ospedalizzazioni che rappresentano la maggior “fetta” dei costi sanitari.

4.2 INTERVENTI DEL FARMACISTA NELLA PREVENZIONE

Un’auspicabile norma di approccio potrebbe consistere in un utilizzo del farmacista, professionista che è in grado di orientare il paziente verso i giusti atteggiamenti terapeutici (Antoine et al 2014) e fornire informazioni riguardo eventuali interazioni con altri farmaci o alimenti. Diversi studi sostengono l’efficacia del coinvolgimento del farmacista nella gestione della terapia antidiabetica (Spinewine et al 2012).

In uno studio effettuato da Sanstchi et al (2012) è stata eseguita una ricerca su alcuni database scientifici come Medline, Embase, Cinahl e Cochrane register of controlled trials; i dati raccolti sono relativi a studi che mostrano un miglioramento dei parametri di pressione sanguigna, colesterolo totale, valore delle lipoproteine a bassa densità (LDL) ed alta densità (HDL) e indice di massa corporea (IMC O BMI) a seguito dell’intervento di farmacisti nei processi di trattamento terapeutico nei pazienti diabetici. Sono stati presi in considerazione studi che hanno visto il

(24)

coinvolgimento di farmacisti attraverso interventi di modifica dei trattamenti, di educazione dei pazienti ad un corretto stile di vita , di analisi di eventuali reazioni avverse e di confronto coi medici riguardo lo sviluppo di un idoneo piano terapeutico per il paziente.

Sono stati selezionati 12 studi sulla pressione sistolica (McLean et al 2008; Fornos et al 2006; Kraemer et al 2012; Al Mazroui et al 2009; Chan et al 2012; Planas et al 2003; Rothman et al 2005; Clifford et al 2005; Edelman et al 2010; Scott et al 2006; Simpson et al 2011; Taveira et al 2010) ed in 7 di questi è stata dimostrata una riduzione significativa della pressione arteriosa a seguito dell’intervento del farmacista. Mentre dei 9 studi relativi alla pressione diastolica (Fornos et al 2006; Kraemer et al 2012; Al Mazroui et al 2009; Chan et al 2012; Rothman et al 2005; Clifford et al 2005; Edelman et al 2010; Simpson et al 2011; Taveira et al 2010), 3 hanno evidenziato una notevole riduzione della pressione arteriosa dopo l’intervento. L’intervento dei farmacisti nel processo di assistenza ha comportato una riduzione della pressione sistolica di 6,2 mmHg e di 4,5 mmHg per la diastolica rispetto ai normali modelli di assistenza. Degli 8 studi sul colesterolo totale, 2 hanno dimostrato una riduzione media di 15,2 mg/dl (Al mazroui et al 2009, Phumipandorn et al 2008), cinque dei nove studi inerenti i tassi di LDL hanno restituito un risultato di un’importante riduzione del colesterolo “cattivo” a seguito dell’intervento (Al Mazroui et al 2009; Chan et al 2012;

(25)

Phumipamorn et al 2008; Pape et al 2011; Scott et al 2006). Infatti i livelli di LDL si sono ridotti di 11,7 mg/dl. Dei 5 studi selezionati sul BMI, 2 (Sriram et al 2011; Clifford et al 2005) hanno riportato benefici rilevanti a seguito dell’intervento dei farmacisti con una riduzione media dell’BMI pari a -0,9 Kg/m2. In conclusione l’intervento del farmacista nel controllo dei fattori di rischio cardiovascolari nei pazienti diabetici è risultato utile poiché ha determinato la riduzione dei valori clinici ematici sopracitati, limitando così la possibilità di complicanze e ricadute della patologia e portando così a probabili risparmi economici oltre al significativo incremento della tutela e del benessere del paziente.

4.3 PREVALENZA ED INCIDENZA DELLA MALATTIA DIABETICA IN AUMENTO, RILEVANZA DELLA MODIFICA DELLO STILE DI VITA

La federazione internazionale del diabete ha stimato in 371 milioni il numero di adulti attualmente affetti da diabete mellito (DM) in tutto il mondo (Guariguata 2012). Il diabete mellito sta diventando una delle principali malattie non trasmissibili croniche che minacciano la salute a livello mondiale (Seuring et al 2015). Si stima che circa la metà di tutti i casi di diabete mellito in tutto il mondo risultino non ancora diagnosticati (Guariguata 2012), ciò evidenzia la necessità di una diagnosi precoce e di una gestione

(26)

per prevenire o ritardare le complicanze. Una recente meta-analisi ha valutato che il rischio di diabete di tipo 2 risulta aumentato se il parametro HTGW è superiore ad un certo valore soglia. (HTGW= elevato livello di trigliceridi nel sangue, ipertrigliceridemia (HT)/ circonferenza della vita elevata (GW): odds ratio 4,18; intervallo di confidenza 95% CI: 3,55-4,92) (Ren et al 2015). Il livello di trigliceridi (TG) è alto se > 150 mg/dl, la circonferenza della vita (WC) supera i valori limite se > 90cm (per gli uomini) e >80cm (per le donne). Poiché la determinazione di HTGW, che è un fattore di rischio stabile che non dipende dalle caratteristiche dei partecipanti, è relativamente semplice e poco costosa, alcuni ricercatori suggeriscono di fare uno screening predittivo e diagnostico sulla possibilità di contrarre DM2 (Gomes-Huelgas et al 2015, De Graaf et al 2010). Un HTGW elevato è stato costantemente accostato al rischio di insorgenza di diabete di tipo 2, la relazione più significativa esiste per soggetti con BMI < 24,0 kg/m2 (Ren et al 2016). La mancanza di attività fisica accompagnata da uno stile di vita eccessivamente sedentario sono i principali problemi di salute pubblica del 21esimo secolo (Blair 2009), sono i fattori di rischio comuni di malattie non trasmissibili croniche come la malattia cardiovascolare e metabolica (Ekelund et al 2005). Analisi stratificate per diversi livelli di attività fisica hanno dimostrato che l’attività fisica moderata ed alta sono fattori protettivi nei confronti del diabete mellito di tipo 2 (Kesaniemi et al 2001)

(27)

poiché una volta raggiunto un certo livello, il grasso viscerale si riduce e il consumo di grassi a riposo aumenta (casi contro controlli, 11,2% vs 19,5% e 26,1% vs 55,8% rispettivamente, P <0,05) (Rissanen et al 1999, Xu 2005). Precedenti studi hanno dimostrato che gli effetti sulla salute dell'attività fisica hanno un rapporto dose-effetto: una volta che l'attività raggiunge un certo livello interferisce positivamente evitando lo sviluppo della malattia metabolica (Schnohr et al 2015). La federazione internazionale del diabete (DMI) ha stimato una prevalenza complessiva del diabete a 366 milioni nel 2001 e prevede un aumento a 522 milioni entro il 2030. Lo screening per il diabete mellito può essere fatto, sottoponendo il soggetto ad una prova di tolleranza orale dal glucosio assunto 2 ore prima oppure tramite il test hbA1C come recentemente raccomandato dall’associazione

americana diabetici (Alarm et al 2014). Lo stile di vita e la terapia nutrizionale medica sono considerati

punti chiave della prevenzione del trattamento del diabete di tipo 2, benché non esista ancora un consenso definitivo su come trattare questa malattia con queste terapie. Con la terapia nutrizionale medica si sottolinea l’importanza di minimizzare le complicazioni micro e macro vascolari in pazienti malati di diabete, risulta quindi naturale valutare la dieta secondo le caratteristiche pato-fisiologiche di ciascun paziente al fine di determinare il regime alimentare che permetterà di migliorare il

(28)

Entro il 2030 il diabete sarà la settima causa di morte nel mondo, più dell’80% delle morti causate dalle complicanze derivate dal diabete sono registrate nei paesi a basso e medio reddito (Danaei et al 2011, Mathers et al al 2006, Morrish et al 2001, Roglic et al 2005). Il diabete può portare a gravi complicanze a causa delle co-morbilità (dislipidemie, ipertensione) e conseguenze associate (cecità, malattie renali, amputazioni)(WHO 2009). Il diabete non ha cura definitiva ma può essere controllato seguendo il trattamento prescritto associato ad un cambiamento repentino nello stile di vita, con l’obiettivo che il paziente sia in grado di gestire la malattia. Tuttavia solo una parte dei pazienti si conforma alle raccomandazioni mediche.

4.4 DETERMINANTI SOCIALI E CULTURALI COME POSSIBILI INDICATORI DI UNA MANCATA ADERENZA ALLA TERAPIA DIABETICA

In Messico i recenti dati indicano che solo il 26,8 % dei pazienti ha modificato realmente le proprie abitudini alimentari dopo la diagnosi e solo il 10% segue in maniera accurata il trattamento (Jimenez-Corona et al 2013). L’organizzazione mondiale della sanità ha indicato che le politiche pubbliche che affrontano le malattie croniche sono fallite (WHO 2011). Una possibile spiegazione sta nel paradigma biomedico che sta alla base della progettazione dei programmi di prevenzione e cura, il quale non

(29)

riconoscerebbe alcune determinanti sociali e culturali; considera il paziente come un’entità isolata e ignora come le relazioni sociali si intreccino e condizionino una persona malata (Wilkinson et al 2003). Accade di frequente che si incolpi il paziente per il suo stile di vita errato senza occuparsi dell’impatto che può avere il suo status socio-economico, il quale genera ambienti sociali vulnerabili. Tutto ciò nonostante esistano prove sulla correlazione tra l’essere diabetici ed appartenere a strati sociali meno abbienti ed esclusi (Geneau et al 2010). La letteratura delle scienze sociali ci aiuta a capire che a livello individuale l’impatto più grande avviene attraverso un passaggio emotivo che necessita un notevole sforzo poiché dopo la diagnosi, il paziente deve accettare ed abituarsi a modificare le proprie pratiche quotidiane e preoccuparsi di aderire al trattamento per renderlo efficace (Gerhardt 1990), secondo Bury la malattia cronica rappresenta un evento distruttivo che colpisce la vita quotidiana, riorganizza le sfere del buon senso, della storia personale e delle risorse materiali e sociali (Bury 1982). Per quanto riguarda le risorse sociali esistono conferme sul modo in cui il sostegno esterno, i social network e il capitale posseduto influenzano i pazienti. Questi concetti emergono da diverse prospettive del tessuto delle relazioni sociali e si riferiscono a risorse percepite come naturali per alcuni, ma che in realtà dipendono dalla posizione che un individuo occupa nella società. Il sostegno sociale è inteso come la percezione ipotetica che un individuo ha delle proprie risorse

(30)

sociali disponibili (Sapag et al 2007). Gli studi sul sostegno sociale ci informano sui benefici che i pazienti ottengono dal sapere che fanno parte di una rete consolidata. Cobb ha mostrato che le persone che ricevono il sostegno, sviluppano una coscienza di appartenenza ad una rete sociale che funge da fattore protettivo e riduce lo stress causato dagli eventi avversi delle vita quotidiana

(Cassel 1976, Cobb 1976, Putnam 2000). La ricerca di una modalità per ottenere la conformità del

trattamento dei pazienti diabetici è la nuova sfida per il sistema sanitario; oltre agli effetti negativi che la malattia ha sulla salute individuale, la sua assistenza medica comporta notevoli investimenti economici da parte dello stato (Barquera et al 2013). È stato visto che l’istruzione dei membri della famiglia su questioni riguardanti la cura domestica, compresa la dieta, è un’area di opportunità da esplorare per il programma di cura del diabete (PAHO 2013), infatti alcuni autori hanno dimostrato che il sostegno familiare è più efficace dei servizi sanitari e dei programmi preimpostati sulla modifica dello stile di vita (Mayberry et al 2012). I modelli convenzionali di cura del diabete dovrebbero includere le determinanti sociali come aspetti che influenzano realmente l’adesione al trattamento, le conoscenze sulla malattia e l’aspetto emotivo della cronicità della malattia (Vyncke et al 2013). Con “non aderenza” nei pazienti con diabete di tipo 2, si intende la non adempienza a tutta una serie di compiti stabiliti per la buona riuscita del trattamento, inclusi in particolare

(31)

i cambiamenti nello stile di vita che, come è naturale che sia, gli individui tendono a sottovalutare dando preferenza al presente piuttosto che al futuro, mentre l’obiettivo del trattamento è essenzialmente quello di evitare complicanze nel lungo termine

(Reach 2013). In un campione di australiani con diabete di tipo 2, lo stato di

occupazione e sintomi depressivi erano associati con comportamenti di scarsa autogestione a dispetto invece di pazienti con un età media più avanzata la cui autogestione è risultata migliore. Si è notato secondo questo studio che, le persone con diabete di tipo 2 nel mondo del lavoro, tendono a voler nascondere la loro condizione evitando così un possibile disagio sociale, questo può portare a saltare una somministrazione di dose di farmaco o addirittura un’omissione di somministrazione di insulina. E’ più plausibile infatti che questa mancata compliance avvenga in maniera più pronunciata nei pazienti che utilizzano insulina: a causa dell’invasività e poca praticità della somministrazione di essa durante la giornata lavorativa rispetto agli antidiabetici orali. L’incapacità di impegnarsi nell’autogestione cronica della terapia sul posto di lavoro è possibile che sia limitata anche dal relativo poco tempo o da un deficit di energia fisica e mentale causata dallo stress accumulato (O’neil et al 2014). In conclusione possiamo affermare che secondo questo studio non solo le difficoltà economiche sono associate agli indicatori di gestione del diabete ma si riscontrano

(32)

variazioni indicative nell’aderenza alla terapia anche in relazione all’età anagrafica e allo stato occupazionale.

(33)

5.1 PROGETTO RE I-MUR REVISIONE DELL’UTILIZZO DEI MEDICINALI; L’ATTUAZIONE DEL MODELLO ANGLOSASSONE PER I PAZIENTI ASMATICI ITALIANI Il farmacista, integrandosi con le altre figure professionali, concorre al miglioramento della qualità delle cure ed alla riduzione dei costi nel comparto globale della sanità del Paese grazie all’utilizzo di nuovi strumenti di educazione per il corretto impiego dei farmaci ed il termine che definisce questo tipo di intervento è “revisione dell’uso dei medicinali”, traduzione del termine inglese Medicine Use Review (MUR). La Medicine Use Review è una prestazione che i colleghi inglesi erogano già dal 2005 nelle farmacie in Gran Bretagna e ad oggi vedono l’accreditamento MUR riconosciuto anche nel contratto di lavoro con il sistema sanitario nazionale inglese, National Health Sevice (NHS). I farmacisti inglesi percepiscono infatti una retribuzione pari a 35 € per ogni prestazione fornita. Attraverso questo servizio i farmacisti effettuano una sorta di intervista ai pazienti controllando se essi seguono le disposizioni del medico, se dimenticano di assumere il farmaco, se accusano effetti collaterali o se assumono altri medicinali che potrebbero dar luogo ad interferenze con le cure prescritte. L’obiettivo principale del MUR è, quindi, quello di supportare l’aderenza terapeutica dei pazienti in modo tale da migliorare i risultati clinici, il rapporto costo-efficacia delle terapie prescritte e ridurre gli sprechi sanitari (Pharmaceutical Services Negotiating Committee 2013). Per valutare la possibilità di

(34)

raggiungere i medesimi risultati anche in Italia, è stato eseguito nel nostro paese un progetto pilota sull’applicazione del MUR prendendo come malattia modello l’asma. Il trattamento delle patologie respiratorie, in Europa, comporta una spesa pari a 380 miliardi di euro l’anno, di cui 33,9 vengono impiegati per le terapie anti-asmatiche (Gibson et al 2013). Dal momento che quasi il 50% dei pazienti non segue le terapie in maniera appropriata è plausibile che una buona quota della spesa sia connessa a scorrette abitudini terapeutiche, le quali potrebbero essere facilmente evitate portando avanti i trattamenti in maniera ottimale. Lo schema introdotto in Italia trae spunto dal modello di Medicine Use Review inglese implementato, però, di alcuni elementi essenziali per facilitare la conduzione dell’intervista al paziente ovvero la raccolta sistematica dei dati, l’analisi ed il feedback. Un altro aspetto innovativo, rispetto al modello inglese che è su base cartacea, è l’utilizzo di una piattaforma informatica per la raccolta di dati e la loro analisi in tempo reale. Il progetto, patrocinato dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) in collaborazione con Andrea Manfrin, professore ordinario alla Medway School of Pharmacy dell’Università del Kent in Inghilterra, ha coinvolto nella sua prima fase un numero limitato di farmacie italiane, quattro province su tutto il territorio, le quali hanno dato il via al progetto pilota. La prima fase del progetto è consistita in uno studio di fattibilità, ovvero è stata testata la capacità dei farmacisti italiani di erogare il servizio MUR nelle nostre farmacie. Lo studio pilota è stato

(35)

condotto tra ottobre 2012 e gennaio 2013 nelle province italiane di Torino, Brescia, Pistoia e Treviso ed i farmacisti di comunità hanno fornito servizi di I-MUR a diversi pazienti asmatici (Manfrin et al 2013a) basandosi sul modello MUR inglese ed inserendo un questionario da far compilare ai pazienti (Manfrin et al 2015a). Questo primo studio ha coinvolto 74 farmacisti, delle quattro province italiane, i quali hanno fornito servizi di I- MUR a 895 pazienti per un periodo di quattro mesi (Manfrin et al 2013b). Durante il percorso i farmacisti hanno acquisito, tramite una piattaforma online (Qualtrics®), dati demografici sui pazienti, la quantità ed il tipo di farmaci da essi utilizzati, le conoscenze possedute in merito alle terapie prescritte ed il livello di aderenza ai trattamenti (Manfrin et al 2015a). I farmacisti hanno, inoltre, individuato le problematiche correlate all’asma ed ai trattamenti farmacologici dei pazienti indirizzandoli verso quelle che sono le giuste pratiche terapeutiche ed invitandoli anche a consultare il proprio medico curante (Manfrin et al 2015a). Il progetto MUR, infatti, non invade il campo della medicina generale, dal momento che non tocca le questioni che competono solamente al medico, ma costituisce un valido strumento per garantire un buon controllo della terapia, migliorare la qualità della vita del paziente e contenere i costi sanitari. I farmacisti impegnati in questo progetto hanno valutato che dopo l’I-MUR, 467 pazienti abbiano raggiunto una maggiore comprensione degli obiettivi terapeutici stabiliti, 327 abbiano migliorato le modalità di assunzione dei medicinali

(36)

prescritti, 305 abbiano compreso la natura degli effetti collaterali che si possono riscontare durante la terapia e come gestirli, che 249 abbiano un quadro più chiaro del loro disturbo e che 117 (13%) non abbiano migliorato il loro approccio alla terapia. I risultati di questa prima fase mostrano che il monitoraggio terapeutico dei pazienti da parte dei farmacisti migliora l’assistenza sul territorio e quindi stabilisce i giusti presupposti per l’attuazione di questa modalità di intervento. È stata, dunque, avviata la seconda fase del progetto I-MUR. Nella seconda fase dello studio è stata eseguita una valutazione sui giudizi dei pazienti, che hanno precedentemente ricevuto il servizio I-MUR, e le opinioni dei medici in merito al servizio fornito dai farmacisti. Lo studio è stato condotto tra ottobre e novembre 2013 ed in questa fase tutti i pazienti che hanno partecipato al primo studio del progetto sono stati invitati a compilare un questionario articolato (Manfrin et al 2015a). Degli 895 pazienti che hanno partecipato alla sperimentazione nelle quattro province di Brescia, Pistoia, Torino e Treviso ben 246 hanno compilato il questionario. Quindi il 27% dei partecipanti allo studio precedente. Dalle analisi delle risposte fornite è emerso che il 75% dei pazienti ha beneficiato del servizio ricevuto, il 65% si è sentito coinvolto per tutta la durata dell’incontro con il farmacista, il 37% ha affermato che con il servizio I-MUR sono state individuate e risolte le problematiche connesse all’assunzione dei farmaci ed il 27% ha apportato delle modifiche al proprio piano terapeutico dopo

(37)

I pazienti hanno, inoltre, manifestato un elevato livello di gradimento nei confronti delle prestazioni fornite dai farmacisti tanto che il 50% dei pazienti ha affermato che beneficerebbe nuovamente dei servizi di I-MUR e l’85% consiglierebbe il servizio ad altri pazienti (Manfrin et Krska 2014). I dati della sperimentazione sono stati poi presentati ad un gruppo di medici di medicina generale della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) durante un gruppo di discussione organizzato nel corso di un congresso della società scientifica. Così come i pazienti, anche i medici di famiglia hanno avuto un riscontro molto positivo sul progetto MUR ed hanno inoltre suggerito di creare un percorso di formazione condiviso tra medici e farmacisti per garantire al paziente di ricevere un messaggio univoco in merito alla propria terapia farmacologica (Krska et Manfrin 2014). Il progetto I-MUR ha le giuste potenzialità per incrementare l’aderenza terapeutica, la qualità della vita dei pazienti, i risultati sanitari e garantire un utilizzo più sicuro dei farmaci (Manfrin et al 2015a). Sulla base dei risultati ottenuti è stata avviata la terza fase del progetto I-MUR con l’obiettivo di valutare se, utilizzando la patologia asmatica come modello, il servizio MUR sia in grado di diminuire la severità della patologia, monitorare il numero di farmaci assunti, ed intervenire sui costi diretti e indiretti associati alla malattia. Per questo studio sono stati selezionati, su tutto il territorio italiano, 216 farmacisti i quali hanno successivamente partecipato a sessioni di training della durata di cinque ore per lo sviluppo delle loro conoscenze cliniche,

(38)

Il tutto in collaborazione con i medici per gli aspetti fisiopatologici dell’asma (Manfrin et al 2015a). I farmacisti selezionati per lo studio esplicano la loro attività professionale in quindici delle venti regioni italiane, quindi lo studio ha coinvolto il 75% del territorio. È stato il primo studio condotto in Italia che ha valutato il contributo dei farmacisti alla gestione di una patologia cronica come l’asma ed avendo coinvolto il 75% delle regioni rappresenta uno dei più grandi ed importanti studi condotti in un unico paese (Manfrin et al 2015a). Lo studio ha avuto una durata di nove mesi, tra settembre 2014 e luglio 2015, e durante questo periodo sono stati raccolti i dati dei pazienti al tempo zero T0, a tre mesi T3, a sei mesi T6 ed a nove mesi T9. I pazienti che hanno preso parte allo studio sono stati 884, suddivisi poi nel gruppo A (428 pazienti, cioè il 48,4%) e gruppo B (456 pazienti, cioè il 51,6%). I due gruppi sono stati sottoposti all’I-MUR in tempi diversi della sperimentazione così che il gruppo B fosse inizialmente utilizzato come gruppo di controllo per il gruppo A. L’outcome primario è stata la valutazione della variazione del controllo dell’asma utilizzando il punteggio del test del controllo dell’asma, Asthma Control Test (ACT) prima e dopo l’intervento I-MUR. I valori di ACT inferiori o uguali a 19 indicano pazienti con uno scarso controllo dell’asma (Schatz et al 2006), valori di ACT uguali o superiori a 20 indicano pazienti con asma controllata. [Figura 2].

(39)

Figura 2. Ad ogni risposta viene associato un punteggio che va da 1 a 5, la somma dei vari punteggi permette di ottenere il valore di ACT del paziente. Il controllo dell’asma è molto importante in quanto, come è già stato dimostrato da studi epidemiologici nazionali e internazionali, il rapporto dei costi fra un paziente asmatico non controllato ed uno controllato è di circa 4:1.

Il secondo “outcome” dello studio è stato la valutazione del numero di medicinali assunti, l’aderenza dei pazienti ai trattamenti terapeutici ed i costi sanitari prima e dopo l’intervento (Manfrin et al 2015a). La percentuale dei pazienti con asma non controllata al T0 era del 56.3%, ovvero 498 pazienti, di cui il 61% appartenenti al

(40)

gruppo B ed il 51.4% al gruppo A (Manfrin et al 2015b). I farmacisti hanno dunque fornito ai pazienti del gruppo A sessioni di consultazioni private all’interno della loro farmacia della durata di ventisei minuti. Dopo l’intervento MUR, nel gruppo A, il punteggio del test dell’ACT è passato da 19 a 20 al T3 e da 20 a 21 al T6. Il gruppo B non ha ricevuto al tempo zero l’intervento dei farmacisti come è successo nel gruppo A ed i valori dell’ACT al T3 si sono spostati da 18 a 19, con ancora la prevalenza dell’asma non controllata. Un miglioramento statisticamente significativo si è riscontrato al T6 in seguito all’intervento I- MUR che ha determinato il passaggio dell’ACT da 19 a 20. In entrambi i casi è stato riscontrato un progressivo aumento del controllo dell’asma al T9. Confrontando i pazienti che presentavano un’asma non controllata al T0 con quelli che hanno raggiunto il controllo della patologia a seguito dell’intervento, la percentuale dei pazienti con asma controllata è aumentata da 43.7% a 54.4% indicando un incremento percentuale pari al 25% (Manfrin et al 2015b). Quindi il servizio I-MUR fornito dai farmacisti ha incrementato il controllo dell’asma in entrambi i gruppi. L’I-MUR ha avuto effetto anche sul numero dei farmaci utilizzati in quanto il numero di medicinali regolarmente assunti dai pazienti prima dell’intervento era di 4655 mentre dopo l’intervento il numero si è ridotto a 4273, con una riduzione pari a -8.2% (Manfrin et al 2015b). Il servizio permette, quindi, di ottimizzare le terapie, ma anche di incrementare l’aderenza. Nel gruppo A è stato infatti registrato un incremento

(41)

dell’aderenza pari a +42% e mentre nel gruppo B pari a +35%, con un incremento complessivo del 38%. L’aderenza dei pazienti sottoposti allo studio è stata valutata utilizzando la scala di Morisky. I risultati ottenuti hanno dimostrato che oltre al controllo dell’asma con il servizio professionale I-MUR si può generare un risparmio per il SSN che va dai 76.636 ai 262.332 € ed un risparmio per singolo paziente che varia tra 87 e 297€.

5.2 PERCEZIONE DEL PROGETTO

Il progetto MUR riporta il farmacista ad occuparsi del paziente valorizzando la sua professione. È un servizio cognitivo che si basa su specifiche conoscenze cliniche e farmacologiche, acquisite dopo anni di formazione professionale, che sono messe a disposizione dei pazienti e proprio per questo motivo questa professionalità dovrebbe essere riconosciuta e retribuita dalle istituzioni. L’avvio del progetto su scala nazionale, allargato anche ad altre patologie croniche, comporterebbe grandi benefici in termini di salute per il paziente ed economici per il Sistema Sanitario Nazionale.

(42)

6.1 SCOPO DELLA RICERCA

Lo scopo della ricerca di questo lavoro di tesi è stato quello di individuare le criticità riscontrabili nella gestione di un paziente diabetico in terapia cronica e individuare punti di partenza per sviluppare un intervento razionale utilizzando le conoscenze e competenze del farmacista, professionista del farmaco. L’essenza della Pharmaceutical Care consiste nello spostamento dell’attenzione dalla semplice dispensazione del farmaco, alla sistematica ed organizzata erogazione di un servizio sanitario, finalizzato alla corretta fruizione della terapia farmacologica ed al raggiungimento di obiettivi di cura, misurabili e verificabili in termini di outcomes clinici.

Infatti, per un augurato buon esito della terapia è sempre necessario implementare le aderenze, andando a ricercare i possibili punti d’intervento, nei quali è importante che si inserisca il farmacista al fine di monitorare il percorso di gestione della patologia, tenendo conto, durante l’analisi dei dati ricevuti dal sondaggio, della tipologia di paziente che si trova di fronte, ossia correlando le incongruenze terapeutiche con le caratteristiche anagrafiche estrapolate dalla prima parte del questionario. Combinando le risposte ottenute e focalizzandoci sulle analisi dei dati che risultino statisticamente rilevanti è stato posto l’obiettivo finale di fornire un aiuto concreto, alle farmacie e ai farmacisti come professionisti

(43)

sanitari strategici, sulle possibili modalità d’intervento che possano aumentare le percentuali relative ad esiti clinici positivi.

(44)

7.1 MATERIALI E METODI

La raccolta dei dati è stata condotta mediante un questionario redatto ed elaborato dalla Dott.ssa Martelli e dal Professor Calderone, docenti del Dipartimento di Farmacia dell’Università Pisa, in collaborazione con il Professor Liberato Berrino del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” (vedi Figura 3).

Tale questionario è stato definito in modo tale da risultare di semplice comprensione per coloro ai quali era rivolto, ovvero pazienti diabetici cronici, di età e livello d’istruzione vari.

Sono stati quindi inseriti quesiti semplici, non tecnici, brevi ed intuitivi ad una prima lettura.

È stata eseguita inoltre un’analisi statistica per verificare quali dei dati emersi fossero effettivamente significativi, i risultati sono stati elaborati mediante il test statistico Chi-Quadrato o mediante il Test Esatto di Fisher.

Un livello di p < 0,05 è stato considerato come significativo al fine dell’indagine.

(45)

Paziente

Sesso: o M o F Età: o <65 anni o >65 anni Altezza: ______ Peso:______ Istruzione: o nessuna olic. elementare o lic. media o diploma superiore olaurea o più

Lavoro: ocasalinga o occupato o pensionato odisoccupato

Da quanto tempo circa ha scoperto di avere il diabete? o 6 mesi o 1 anno o 2 anni o>2 anni

Ha familiarità per il diabete? osì ono Patologia

Misura regolarmente la glicemia e segnandosi i valori? osì o no o a volte Sa cos’è l’emoglobina glicata (HbA1c)?: osì la misuro o sì ma non la misuro o no

Incontra difficoltà nell’utilizzo dei dispositivi per il diabete? o ono

Conosce le possibili conseguenze della patologia diabetica? o o no o poco

Segue una dieta povera di zuccheri adatta ad un paziente diabetico? o o no o poco

Fa attività fisica/sportiva? o o no o poco Fuma? o ono Questionario in collaborazione fra:

Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa e Ordine dei Farmacisti di Pisa

Farmaci ed Aderenza alla Terapia

Quali farmaci usa per il diabete?____________________________________________(Scrivere il nome)

Assume farmaci per altre patologie? osì ono

Conosce gli effetti collaterali più comuni dei farmaci che usa? osì ono o poco

Conosce le interazioni dei farmaci che usa con altri farmaci o integratori? o ono o poco

È soddisfatto delle spiegazioni ricevute dagli operatori sanitari sulla sua terapia anti-diabetica? o molto o sì abbastanza opoco o no, non ne ho avute

Secondo lei, i farmaci che assume controllano bene il suo diabete? o o no

Sa riconoscere i sintomi e sa come comportarsi in caso di ipoglicemia?

o sì riconosco i sintomi e so cosa fare o sì riconosco i sintomi ma non so cosa fare o no

Si è mai dimenticato di assumere farmaci? o o no

È occasionalmente poco attento nell’assunzione dei farmaci? o o no

Quando si sente meglio, a volte interrompe la terapia? o o no

Quando si sente peggio, a volte interrompe la terapia? o o no

(46)

La prima parte del questionario è stata improntata a raggiungere una soddisfacente conoscenza delle caratteristiche demografiche del campione; in tale sezione oltre ai dati anagrafici che sono stati impiegati per la stratificazione del campione, hanno rivestito particolare importanza i dati relativi all’altezza e al peso che ci hanno consentito il calcolo di un parametro fondamentale soprattutto per la valutazione di pazienti affetti da patologie di tipo metabolico come il diabete: l’indice di massa corporea (IMC o body mass index, BMI). Tale indice è un dato biometrico calcolabile attraverso la formula:

il quale viene analizzato sulla base di una tabella nella quale il risultato numerico è correlabile allo stato del peso corporeo dell’individuo (Tabella 3).

Tabella 3. Correlazione fra le fasce di peso il valore numerico ottenuto mediante il calcolo dell’IMC

(47)

L’IMC femminile è stato calcolato tenendo conto della diversa conformazione fisica rispetto al genere maschile.

La sezione anagrafica è stata poi correlata con il grado di conoscenza e consapevolezza che il paziente ha o ritiene di avere della sua patologia, prestando attenzione anche ad analizzare il livello di conoscenza sullo stile di vita che, come diabetico, sarebbe tenuto a seguire.

La terza sezione è stata invece dedicata a tutto ciò che ruota intorno alla terapia: pertanto sono stati impiegati quesiti mirati a valutare la conoscenza che ciascun paziente diabetico ha della propria terapia, a partire da: i farmaci assunti, gli effetti collaterali, le possibili interazioni con farmaci ed integratori e il controllo percepito della patologia sulla base della terapia corrente.

Particolare attenzione è stata poi dedicata alla valutazione dell’aderenza terapeutica, attraverso l’utilizzo di una combinazione di domande, precedentemente descritta come la “Scala di Morisky” che prevede l’assegnazione di un punteggio = 1 ad ogni risposta negativa e di un punteggio = 0 ad ogni risposta positiva del seguente “pool” di domande:

1 Si è mai dimenticato di assumere farmaci?

2 È occasionalmente poco attento nell’assunzione dei farmaci? 3 Quando si sente meglio, a volte interrompe la terapia?

4 Quando si sente peggio, a volte interrompe la terapia?

(48)

I pazienti che hanno raggiunto un punteggio compreso tra 0 e 2 sono, pertanto, stati classificati come NON-ADERENTI. Viceversa, i pazienti che hanno raggiunto un punteggio compreso fra 3 e 4 sono stati definiti ADERENTI.

In collaborazione con l’Ordine dei Farmacisti di Pisa, sono state selezionate alcune farmacie distribuite su tutto il territorio comunale che hanno aderito, partecipando quindi attivamente al progetto di ricerca. Le farmacie selezionate sono le seguenti:

- Farmacia Dr. Baldacci - Farmacia Dr. Bottari - Farmacia D’Igea - Farmacia Dr. Gazzini - Farmacia Piccinini - Farmacia comunale 1 - Farmacia comunale 2 - Farmacia comunale 3 - Farmacia comunale 4 - Farmacia comunale 5 - Farmacia comunale 6

Ad ogni farmacia sono stati assegnati 30 questionari non compilati e la locandina che pubblicizzasse il progetto (figura 4).

(49)

Questionario elaborato in collaborazione fra: • Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa • Ordine dei Farmacisti della Provincia di Pisa Rivolgiti al Tuo Farmacista e compila il questionario che ti aiuta a conoscere e a gestire meglio la tua patologia. Ordine dei Farmacisti della Provincia di Pisa Figura 4. locandina

(50)

Per ogni farmacia è stato individuato un farmacista referente il quale ha ricevuto indicazioni sulle modalità di compilazione che avrebbe dovuto successivamente spiegare al paziente individuato, affetto da diabete di tipo 2.

Il ruolo del farmacista è stato infatti, in questa fase, l’individuazione del paziente al quale somministrare il questionario sulla base della conoscenza che il farmacista aveva della condizione patologica del paziente, quale diabetico di tipo II soggetto a terapia cronica.

Al farmacista è stato chiesto di non compilare in maniera attiva il questionario, né di aiutare il paziente, in modo tale da evitare condizionamenti culturali e professionali ma di lasciare altresì al paziente il tempo e la responsabilità di rispondere nel modo nel quale lo stesso riteneva più corretto valutando la propria situazione. La durata del progetto, ovvero la finestra di tempo che è stata lasciata alle farmacie aderenti per distribuire e ritirare i questionari compilati, è stata di 2 mesi. Il numero totale di questionari riconsegnati compilati e pertanto utili al progetto sperimentale di “Pharmaceutical Care” è stato di 122 unità.

(51)

7.1 RISULTATI E DISCUSSIONE DEL PROGETTO

Nelle seguenti tabelle sono riportati i dati raccolti esaminando le schede provenienti dalle farmacie coinvolte nello studio.

Totale partecipanti n = 122

RISULTATI RELATIVI ALL’ANAGRAFICA SESSO MASCHI FEMMINE 58 64 48% 52% ETÀ < 65 ANNI > 65 ANNI 42 80 34% 66% BMI

SOTTOPESO NORMOPESO SOVRAPPESO OBESI

2 38 47 35

2% 31% 38% 29%

ISTRUZIONE

LIC. ELEMENTARE O MEDIA

DIPLOMA SUPERIORE LAUREA O PIÙ

58 46 18

47% 38% 15%

LAVORO

CASALIGHE/I OCCUPATI PENSIONATI DISOCCUPATI

24 26 65 7

20% 21% 53% 6%

INSORGENZA DIABETE

> 2 ANNI 2 ANNI 1 ANNO O MENO

96 17 9

(52)

FAMILIARITÀ

Sì NO

78 44

64% 36%

RISULTATI RELATIVI ALLA PATOLOGIA MISURANO GLICEMIA

Sì NO A VOLTE

89 13 20

73% 11% 16%

EMOGLOBINA GLICATA

Sì, MISURO Sì, MA NON MISURO NO, NON CONOSCO

61 33 28

50% 27% 23%

DIFFICOLTÀ UTILIZZO DISPOSITIVI

Sì NO

14 108

11% 89%

CONOSCENZA POSSIBILI CONSEGUENZE DIABETE

Sì POCO NO

101 15 6

83% 12% 5%

SEGUONO DIETA POVERADI ZUCCHERI

Sì NO POCO 89 8 25 73% 7% 20% ATTIVITÀ FISICA Sì NO POCO 34 52 36 28% 43% 29%

(53)

FUMANO

Sì NO

26 96

21% 79%

RISULTATI RELATIVI ALLA TERAPIA E ALL’ADERENZA TERAPEUTICA FARMACI UTILIZZATI

INSULINA METFORMINA REPAGLINIDE ALTRO

26 60 7 29

21 % 49 % 6 % 24 %

ASSUME FARMACI PER ALTRE PATOLOGIE

Sì NO

96 26

79% 21%

CONOSCE EFF. COLLATERALI PIÙ COMUNI DEI FARMACI CHE USA

Sì NO POCO

72 24 26

59% 20% 21%

CONOSCE INTERAZIONI CON ALTRI FARMACI O INTEGRATORI

Sì NO POCO

50 42 30

41% 34% 25%

SODDISFATTO DELLE SPIEGAZIONI RICEVUTE

Sì, MOLTO Sì, ABBASTANZA POCO NO,NON NE HO AVUTE

39 69 10 4

32 % 57 % 8 % 3 %

I FARMACI CHE ASSUME CONTROLLANO BENE IL DIABETE

Sì NO

115 7

Riferimenti

Documenti correlati

Improving the adherence of type 2 diabetes mellitus patients with pharmacy care: a systematic review of randomized controlled trials.. The role of pharmacists in

L'evidenza scientifica costruita su ricerche qualificate, come quelle del progetto MUR (Medicine use review) dovrebbe essere usata come guida e adattata alle circostanze

Nei casi in cui non distribuire è più vantaggioso, il regime NID può essere visto come un effettivo costo fiscale il cui valore è la mancata entrata derivante dalla deduzione

DPhG Annual Meeting 2018 Conference Book • 27 2.2 Computational Approaches in Pharmaceutical Research.. Chairs:

Un testo scientifico su cui studiare le tematiche fisico-matematiche alla base dei processi chimici (es. reazione, precipitazione, separazione tra fasi) con l’obiettivo

4 Se señala el reciente estudio, que trata la relación entre orden legislativo y amor (lo cual tocaría el tema de la crítica social, por así llamarla), de Margarita Garcıa

L’avanzare della propria carriera in un Governatorato Generale con sempre meno ebrei e sempre più di impronta tede- sca, che forse non è più un paese accessorio, come diceva Frank,

network economy in the seventeenth century.12 Concentrating on the production, circulation and consumption of Madeira wine, Hancock advances a sophisticated argument drawing on