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L'UTILIZZO DEL DECRETO LEGGE NELL'ESPERIENZA DELLE ULTIME LEGISLATURE

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UNIVERSITA’ DI PISA

CORSO di LAUREA MAGISTRALE in

SCIENZE DELLE PUBBLICHE

AMMINISTRAZIONI

Tesi di Laurea:

L’UTILIZZO DEL DECRETO LEGGE

NELL’ESPERIENZA DELLE ULTIME

LEGISLATURE

Relatore:

Prof. Saulle Panizza

Candidato:

Alberto Parra

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INDICE

1. Introduzione pag. 3

2. Uso e abuso del decreto-legge 14 3. I limiti posti dalla legge n. 400/1988 21

4. La conversione in legge 26

5. Proposta di riforma costituzionale del 2016 Renzi-Boschi 32 6. Tendenze recenti nell’uso della decretazione d’urgenza con particolare riferimento alla XVII Legislatura 52 7. Decreto-Legge e utilizzo della questione di fiducia 70 8. Il decreto-legge nell’attuale legislatura 76 9. Un esempio pratico: il Decreto Sicurezza e Immigrazione 82

10. Conclusioni 90

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1. INTRODUZIONE

Il decreto-legge è un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione. Il decreto-legge entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ma i suoi effetti sono provvisori perché esso perde efficacia se il Parlamento non lo converte in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione.

Del decreto-legge si possono rinvenire tracce fin dall’Unità d’Italia dove, sotto il nomen juris di regio decreto, rappresentava un atto avente forza di legge adottato dal Consiglio dei ministri e promulgato dal re. Infatti le necessità politiche ed amministrative del Governo avevano indotto lo stesso ad emanare con regio decreto norme giuridiche di competenza del potere legislativo.

Tale facoltà, però, non era contemplata dall’allora vigente Statuto Albertino, ma anzi si poneva in contrasto con alcune sue disposizioni come l’Art. 3 “Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati” e l’Art. 6 “Il Re nomina tutte le cariche dello

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Stato; e fa i decreti e regolamenti necessari per l'esecuzione delle leggi, senza sospenderne l'osservanza, o dispensarne”.1

Altra caratteristica era rappresentata dall'efficacia giuridica. Il regio decreto e le relative disposizioni erano di immediata applicazione ma con l’onere da parte del Governo di rivolgersi al Parlamento per ottenerne la successiva approvazione. Approvazione che, una volta ottenuta, aveva l’effetto di legittimare la vigenza delle norme anche retroattivamente.

L’Esecutivo, quindi, si avvalse di una fonte di legislazione primaria per fronteggiare situazioni e necessità ritenute urgenti oltre che eccezionali come la cosiddetta crisi di fine ottocento quando si verificò un drammatico peggioramento della condizione economica e sociale della popolazione che sfociò in gravi episodi di rivolta.2

Ma è durante il regime fascista, con l’allora Ministro della Giustizia Alfredo Rocco, che fu introdotta la prima disciplina legislativa del decreto-legge con la legge n. 100/1926 che conferiva al Governo la facoltà di adottare norme aventi forza di legge in casi straordinari, nei quali lo richiedessero ragioni di urgente ed assoluta necessità. Era inoltre previsto che i decreti-legge fossero presentati alle Camere per la loro conversione in legge non oltre la terza

1 BENVENUTI M. “Alle origini dei decreti-legge. Saggio sulla decretazione governativa di urgenza e sulla sua

genealogia nell’Ordinamento giuridico dell’italia prefascista” Saggio contenuto in Nomos 2-2012

Quadrimestrale di teoria generale, diritto pubblico comparato e storia costituzionale.

2 BENVENUTI M.“Alle origini dei decreti-legge. Saggio sulla decretazione governativa di urgenza e sulla sua

genealogia nell’Ordinamento giuridico dell’italia prefascista” Saggio contenuto in Nomos 2-2012

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seduta dopo la loro pubblicazione e che cessassero di avere vigore se non convertiti in legge entro due anni dalla loro pubblicazione. La cessazione di efficacia era immediata in caso di esplicito rifiuto di conversione da parte di una delle Camere.

Le limitazioni al decreto-legge, però, non furono efficaci, soprattutto a causa del lungo termine biennale prima del decadimento e del fatto che quest’ultimo operasse solamente ex-nunc, di fatto trasformando il decreto in una sorta di legge temporanea che restava in vigore per l’appunto due anni.3

Con la successiva Legge n. 129 del 19 gennaio del 1939 la produzione normativa fu trasferita in mano all’esecutivo.

La Legge, infatti, nel proseguire l’opera di costruzione dello Stato fascista, dopo aver soppresso la Camera dei deputati, istituì la Camera dei fasci e delle corporazioni, finendo per cancellare quel che ancora sopravviveva della rappresentanza parlamentare eletta dai cittadini.

Questi precedenti storici influenzarono l’Assemblea Costituente nel lungo dibattito precedente all’attuale formulazione dell’art. 77 Cost.

In un primo momento, nel progetto di Costituzione, era presente solo il riferimento alla delega legislativa mentre il silenzio circa il decreto-legge veniva letto come un’esclusione assoluta circa la possibilità per il Governo di

3 ROSSI S.,SCARPELLINI N.“La tartaruga a vela. Funzioni ed evoluzione del decreto-legge nell’ordinamento

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emanare norme aventi efficacia di legge ordinaria4. Vi erano infatti tesi

contrapposte alla sua introduzione. Da una parte vi era chi sosteneva che i decreti-legge erano stati un mezzo di abuso in quanto il potere esecutivo, investito della facoltà di emanare leggi, se ne era servito abusandone ed eliminando quelle garanzie che erano a favore dei cittadini.5

Dall’altra parte vi era invece chi sosteneva la tesi a favore del decreto-legge basandosi, tra le altre, su questioni di ordine pratico, facendo presente come effettivamente nella pratica ci si potesse trovare di fronte a situazioni di urgenza tali da poter essere meglio disciplinati da un atto avente efficacia di legge formale senza dover attendere la tempistica, necessariamente più lunga, dell’iter parlamentare.6

La soluzione che prevalse fu quella dell’introduzione del decreto-legge nel sistema delle fonti ma con la previsione di qualche limitazione nella speranza

4 Si veda sul punto l’estratto della seduta del 10 settembre 1947 dell'Assemblea Costituente contenuto nella

raccolta “Nascita della Costituzione. Le discussioni in Assemblea Costituente a commento degli articoli della

Costituzione” a cura di CALZARETTI F., ed in particolare l’intervento dell’on. Codacci Pisanelli. Ma anche l’estratto della seduta del 16 ottobre 1947 ed in particolare la parte iniziale dell’intervento dell’on. Codacci Pisanelli nel presentare la proposta di emendamento all’art. 74 e a favore dell’introduzione del decreto-legge in Costituzione.

5 Si veda sul punto l’estratto della seduta del 10 settembre 1947 dell'Assemblea Costituente contenuto nella

raccolta “Nascita della Costituzione. Le discussioni in Assemblea Costituente a commento degli articoli della

Costituzione” a cura di CALZARETTI F., ed in particolare l’intervento dell’on. Codacci Pisanelli e l’intervento dell’on. Crispo.

6 Si veda sul punto l’estratto della seduta del 21 settembre 1946 in particolare con l’intervento dell’on.

Mortati e gli interventi a supporto dell’on. Bozzi, dell’on Einaudi e dell’on. Tosato.

Estratto contenuto nella raccolta “Nascita della Costituzione. Le discussioni in Assemblea Costituente a

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che con una più o meno rigorosa regolamentazione se ne sarebbe contenuto l’abuso.7

Inizialmente l’Assemblea valutò la possibilità di inserire già nel testo della Costituzione un elenco tassativo dei casi in cui fosse possibile emanare decreti-legge ma questa operazione fallì ben presto, a fronte dell’impossibilità di riuscire ad individuare e classificare tutti i casi in cui l’utilizzo di tale fonte sarebbe stata ammissibile.8

Si arrivò quindi alla formulazione generale secondo cui il decreto-legge poteva essere emanato in “casi straordinari di assoluta e urgente necessità” (modificata poi in “casi straordinari di assoluta urgente necessità”, fino al definitivo “casi straordinari di necessità e urgenza”), giungendo così all’attuale formulazione dell’art. 77 Cost., che recita “il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che,

7 Mi riferisco soprattutto alla seduta del 17 ottobre 1947 e ai vari interventi. Alla fine della seduta

l'Assemblea Costituente approva il seguente articolo, salvo il coordinamento da farsi da parte del Comitato di redazione: «Non si possono emanare decreti aventi valore di legge ordinaria se non in casi straordinari di

assoluta urgente necessità. In tali casi le Camere, anche se sciolte, sono appositamente convocate e debbono riunirsi entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia se non sono convertiti in legge e pubblicati entro sessanta giorni». Estratto contenuto nella raccolta “Nascita della Costituzione. Le discussioni in Assemblea Costituente a commento degli articoli della Costituzione” a cura di CALZARETTI F.

8 Mi riferisco alla seduta del 18 settembre 1947 ed alla proposta dell’on. Mortati che però nel suo intervento

finirà per riconoscerne l’impraticabilità. Estratto contenuto nella raccolta “Nascita della Costituzione. Le

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anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.

Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.9

Rispetto alle disposizioni della legge 100 del 1926 viene abolito il termine biennale di efficacia sospensiva e viene stabilita la decadenza retroattiva dei decreti non convertiti in legge nei sessanta giorni successivi alla loro pubblicazione.

Il decreto-legge è dunque uno strumento eccezionale affidato al Governo dalla Costituzione, per far fronte a casi straordinari di necessità e urgenza a cui difficilmente si potrebbe provvedere con gli ordinari strumenti legislativi. Da qui la previsione di limiti ai quali attenersi per poter esercitare tale competenza. Limiti che possono essere sia soggettivi che oggettivi.

I limiti soggettivi, così come richiamati dall’art. 77, stabiliscono che il decreto-legge è una fonte di competenza del solo Governo che la esercita sotto la propria responsabilità.

9 Si veda la seduta del 17 ottobre 1947 ed in particolare l’intervento dell’on. Ruini. Estratto contenuto nella

raccolta “Nascita della Costituzione. Le discussioni in Assemblea Costituente a commento degli articoli della

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Va precisato che il richiamo al concetto di responsabilità potrebbe sembrare ripetitivo alla luce di quanto già stabilito dall’art. 95 Cost. circa la responsabilità, sia individuale che collegiale del Presidente del Consiglio e dei Ministri, nell’adozione degli atti di governo.10

Nel caso dell’art. 77, infatti, ben più rilevante sarebbe il controllo politico operato dal Parlamento in sede di conversione circa la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza.

D’altro canto però la responsabilità conseguente all’emanazione dei decreti-legge deve intendersi peculiare e tale peculiarità fonda le proprie radici nella particolarità della fonte normativa.

Per dirla in altri termini, in questo caso la responsabilità è rafforzata dal fatto che il decreto-legge rappresenta una sorta di appropriazione del potere legislativo normalmente spettante alle Camere, e di conseguenza sarebbe in sé per sé un atto intrinsecamente illegittimo.

I limiti oggettivi, invece, possono essere inquadrati fondamentalmente in due ambiti: quello relativo alle materie che possono essere oggetto di disciplina tramite decreto-legge e quelli richiamati dall’art. 77 Cost. stesso, ossia i presupposti di necessità e urgenza uniti alla caratteristica di straordinarietà ed eccezionalità della fonte (che quindi ne dovrebbe suggerire un uso limitato e sporadico).

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L’obiettivo in entrambi i casi è quello di arginare e disciplinare il potere dell’esecutivo, assicurando comunque al Parlamento un ruolo privilegiato nello svolgimento della funzione legislativa in quanto organo caratterizzato da una maggiore pluralità di partecipazione, discussione, in altre parole da una maggiore rappresentatività.

Venendo al primo aspetto, va ricordato che la dottrina ha elaborato una teoria secondo cui non possono essere disciplinate tramite decreto-legge le materie elencate espressamente all’art. 72, comma 4 Cost. che disciplina il procedimento di approvazione di una legge e che sul punto recita “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi”.11

In questo caso si applica il cosiddetto principio di riserva di assemblea in quanto si ritiene necessario sottrarre al potere esecutivo l’intervento in ambiti per cui è prevista l’attivazione dell’iter legislativo ordinario, caratterizzato dalla discussione e dalla votazione in assemblea.

Il motivo dell’esclusione delle materie elencate dall’art. 72 Cost. è da ricercare nelle particolarità delle stesse. Si pensi, ad esempio, alla materia

11 POLESE M. “La delega legislativa nella crisi economica e le trasformazioni della forma di governo” in:

Rivista telematica dell'Associazione "Gruppo di Pisa" 2017, n. 3.

LAURO A.“La decretazione d'urgenza e l'omogeneità delle normative elettorali” in: Forum di Quaderni

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elettorale che necessita, per la sua delicatezza, di una disciplina che sia il più possibile frutto di una discussione dettagliata e condivisa da tutte le forze politiche, tipica delle Assemblee parlamentari.

Inoltre la ponderatezza e la compartecipazione appena richiamati, risultano difficilmente compatibili con i presupposti di necessità e urgenza imposti dall’art. 77 Cost.

Infine, affidare al Governo la regolamentazione della materia elettorale potrebbe comportare un grave conflitto di interessi in violazione dei principi elettorali stessi, poiché l’Esecutivo potrebbe facilmente influenzare ed indirizzare i risultati elettorali con decreti ad hoc.

Il limite della straordinarietà si ricava dal primo comma dell’art. 77 dove si precisa che “il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”.

E’ proprio da questo passaggio che si evince l’eccezionalità della fonte in quanto strumento concesso dall’ordinamento per far fronte a delle situazioni di urgenza che richiedono un provvedimento legislativo in tempi brevi.

Il suddetto ragionamento porterebbe quindi ad una interpretazione restrittiva dei requisiti di necessità e urgenza che costituiscono, come visto, un ulteriore

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limite oggettivo all’adozione del decreto-legge. Limite da intendersi sia in senso giuridico che in senso politico.12

Il vero problema, però, è sorto intorno alla verifica della loro sussistenza.13 La difficoltà nel valutare in concreto la presenza di tali presupposti ha portato ad una interpretazione espansiva della norma costituzionale aprendo la strada al cosiddetto fenomeno dell’abuso dei decreti-legge al quale assistiamo da anni.

Il Governo ha interpretato il limite della straordinarietà/eccezionalità non più in termini di imprevedibilità dei casi da disciplinare.

La necessità e l’urgenza invece sono state riferite non già al contenuto del provvedimento, bensì al provvedere in sé.

La verifica della sussistenza di questi due presupposti dovrebbe essere affidata al Governo nella fase dell’adozione ed approvazione del decreto ed al Parlamento nella fase di conversione. Al contrario, invece, si è sviluppata la prassi di lasciare al solo Governo il sindacato sulla sussistenza dei presupposti, snaturando così l’intero complesso normativo disegnato dall’art. 77 Cost.

Ma cosa si intende per casi straordinari di necessità ed urgenza?

12TANDA A.P.“Riflessioni sui decreti-legge” in: Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari,

1982, n. 1.

13 RUOTOLO M. “Sui vizi formali del decreto legge e della legge di conversione” in:

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Quando parliamo di straordinarietà ci riferiamo essenzialmente alla natura degli atti governativi in questione, che dovrebbero esulare dall’ordinaria amministrazione. Questo dovrebbe contribuire a circoscrive il campo di intervento del Governo.

Il requisito della necessità, invece, equivale all’indispensabilità della misura adottata in relazione al fine politico che si intende perseguire.14

Infine l’urgenza, che secondo autorevole dottrina, rappresenta l’elemento centrale su cui valutare la legittimità dell’adozione del decreto-legge. La sua valutazione va intesa in rapporto alla funzione del decreto-legge che è quella di sostituire l’iter legislativo ordinario caratterizzato da lungaggini e lentezze.15

E’ infatti la sussistenza di questo presupposto a legittimare l’Esecutivo nell’adozione di un atto, senza che esso rappresenti un vizio di eccesso di potere nei confronti del Parlamento, organo a cui la Costituzione affida il potere legislativo in ossequio sia al principio della separazione dei poteri sia al principio democratico. Quest’ultimo, in particolare, stabilisce che le leggi devono essere scritte ed approvate in Parlamento in quanto organo eletto dalla cittadinanza, mentre il Governo rappresenta solo le forze di maggioranza.

14TANDA A.P.“Riflessioni sui decreti-legge” in: Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari,

1982, n. 1.

RUOTOLO M. “Sui vizi formali del decreto legge e della legge di conversione” in: www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 3/2018.

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2. USO E ABUSO DEL DECRETO-LEGGE

Come abbiamo visto in precedenza, l’intenzione del Costituente fu quella di introdurre il decreto-legge nel nostro sistema giuridico quale fonte di normazione primaria a disposizione del Governo ma prevedendo degli strumenti che ne limitassero l’utilizzo. Il Costituente stesso era quindi ben consapevole del fatto che, in determinati casi, il Governo fosse l'organo più adatto ad intervenire legislativamente, ma considerava i limiti dati dalla necessità, dall'urgenza e dalla successiva conversione quali irrinunciabili garanzie del rispetto della separazione e dell’equilibrio fra i poteri.

La realtà però ha dimostrato che nonostante il regime di eccezionalità che qualificava, nella sua formulazione originaria, il decreto-legge, quest’istituto ha assunto, nella prassi, quasi il ruolo di via ordinaria e privilegiata di legislazione.

Il fenomeno risale addirittura agli inizi degli anni ’70 ed ha progressivamente acquisito un’importanza tale da assumere un ruolo centrale se non addirittura predominante nel nostro sistema delle fonti, come dimostra la sua ricorrenza indipendentemente dal quadro politico e dall’alternarsi dei governi e delle maggioranze.

Infatti se nelle prime legislature la produzione normativa era quasi esclusivamente affidata alle leggi formali approvate dal Parlamento, è già a partire dalla VI legislatura (1972) che inizia ad aumentare significativamente

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il numero di decreti-legge approvati e la loro incidenza sulla produzione normativa: 2 decreti e mezzo al mese, incidenti per il 10% sul totale delle fonti approvate.

Durante l’VIII legislatura (1979-1983) si adottano mensilmente circa 6 decreti, pari al 29% dell’attività legislativa del Parlamento.

Dagli anni ’90 si assiste alla degenerazione del fenomeno, arrivando all’adozione di più di un decreto al giorno.16

Le ragioni di questa deriva, che si può definire un’attribuzione di fatto del potere legislativo ordinario all’organo esecutivo quasi in concorrenza con il Parlamento, affondano le loro radici in ordini distinti di problemi.

In primo luogo, va detto che la crescente complessità della realtà economico-sociale contemporanea ed il ruolo neo-interventista dello Stato, le sollecitazioni provenienti dall’Europa e più in generale da ambienti sovranazionali connessi anche alla crisi finanziaria internazionale, fanno sì che, molto spesso, si rendano necessari provvedimenti mirati, rapidi ed incisivi. In questo senso basti pensare all’importante ruolo del Governo in determinati settori come l’economia, la tutela ambientale o l’adempimento di obblighi internazionali e comunitari.17

16 I dati sono contenuti nel saggio di BIONDI F.,LEONE S.“Il Governo "in" Parlamento: evoluzione storica e

problematiche attuali” pubblicato il 14/03/2012 in: Rivista Associazione Italiana dei Costituzionalisti.

17 CALVANO R. “Ancora sui poteri normativi del Governo e la compressione dei diritti sociali”. Capitolo

contenuto in: Poteri normativi del Governo ed effettività dei diritti sociali: atti dell'incontro di studi, Pisa, 27 ottobre 2016, a cura di L. Azzena ed E. Malfatti, Pisa University Press, Pisa, 2017.

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In secondo luogo, il ricorso alla decretazione d’urgenza trae origine dalla debolezza intrinseca dei governi di coalizione che hanno caratterizzato la nostra storia politica. I governi di coalizione succedutesi nel tempo, poco sicuri della propria maggioranza parlamentare, hanno adottato molto spesso dei decreti-legge, invece di presentare disegni di legge alle camere, forzando la maggioranza a decidere sulla sorte del disegno di legge di conversione del decreto-legge entro il termine di sessanta giorni stabilito dall’art. 77 Cost. Data infatti la disomogeneità in termini di contenuti e programmi delle maggioranze politiche, la decretazione è spesso stata utilizzata come espediente per ovviare alla mancanza di consensi necessari per un intervento secondo la via ordinaria.18

Il terzo ordine di motivazioni, invece, va ricercato nel meccanismo di formazione ordinaria della legge che, in un sistema di bicameralismo perfetto come quello che caratterizza il nostro ordinamento, implica procedimenti complessi e tempi lunghi, specialmente quando su un progetto di legge si concentrano numerosi emendamenti presentati ora presso l’una ora presso l’altra Camera, con la conseguente necessità di molteplici riletture (fenomeno conosciuto anche con il nome di navetta parlamentare).

Così per ovviare alla lunghezza delle procedure parlamentari e garantire ai propri disegni di legge tempi d’esame e di decisione certi e prevedibili, il

18 I dati sono contenuti nel saggio di BIONDI F.,LEONE S.“Il Governo "in" Parlamento: evoluzione storica e

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Governo finisce per utilizzare la decretazione d’urgenza in modo funzionalmente distorto sfruttando, tra l’altro, una delle prerogative costituzionali che la caratterizzano, ovvero l’immediata operatività.19

Negli anni, poi, si era sviluppata un’altra pratica altrettanto deprecabile, connessa al fenomeno dell’abuso della decretazione d’urgenza, la cosiddetta reiterazione dei decreti-legge non convertiti.

Il Governo, a fronte della mancata conversione in legge del decreto nel termine di sessanta giorni da parte delle camere, adottava di fatto un nuovo decreto-legge il cui contenuto riproduceva, integralmente o con minime variazioni, il contenuto del precedente decreto non convertito per di più inserendo, nel nuovo decreto o nel disegno di legge di conversione, la norma che faceva salvi gli effetti prodottisi sulla base del precedente decreto. Così facendo si crearono lunghe catene o sequenze di decreti-legge non convertiti nei termini costituzionalmente previsti, ed immancabilmente reiterati dal Governo, contribuendo a creare incertezza nella normativa.

Secondo parte della dottrina, dietro la prassi delle numerose e frequenti reiterazioni di uno stesso decreto-legge, si nasconde l’utilizzo di una particolare tecnica di produzione legislativa. In breve, il Governo adotta un decreto-legge, ne esamina in prima battuta gli effetti e le ripercussioni, ne riscontra le inefficienze a livello di applicabilità, oppure avverte delle

19 I dati sono contenuti nel saggio di BIONDI F.,LEONE S.“Il Governo "in" Parlamento: evoluzione storica e

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resistenze da parte delle forze politiche o dei sospetti in merito alla costituzionalità del medesimo, e interviene nuovamente, operando proprio sulle disposizioni più controverse o problematiche. Questo permette al Governo di correggere continuamente la rotta del proprio intervento legislativo, fino a soluzioni di equilibrio o di efficacia soddisfacenti.

Si tratta di un modello del tutto opposto rispetto a quello attuato dal legislatore ordinario che predetermina lo scopo da perseguire per mezzo dell’attività legislativa e che valuta, in via preventiva e non successiva (magari avvalendosi della fattiva collaborazione di tecnici), la compatibilità fra gli obbiettivi che si è proposto e gli effetti pratici che verranno a prodursi dall’entrata in vigore delle relative disposizioni.20

Ciò detto, né il sistema politico né le istituzioni parlamentari sono riuscite a bloccare il circolo vizioso prodotto dalla reiterazione. Alla fine a prendere posizione è stata la Corte Costituzionale, anche se in un primo momento aveva preferito non intervenire in materia per non interferire in un ambito in cui a giocare un ruolo determinante sono i rapporti e le dinamiche politiche. Di fronte, però, al perdurare di una prassi che, proprio per questo suo carattere di ordinarietà, stava alterando i tratti della forma di governo e la certezza del

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diritto, la Corte decise di abbandonare l’atteggiamento di self restraint e di non sottrarsi più al proprio ruolo di garante della Costituzione.21

Con la sentenza n. 360 del 1996, la Corte Costituzionale afferma che la prassi della reiterazione altera la natura provvisoria della decretazione d’urgenza, procrastinando di fatto il termine invalicabile di sessanta giorni, previsto dalla costituzione per la conversione in legge. Di conseguenza stabilizza e prolunga nel tempo gli effetti del decreto, incidendo sugli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento. Inoltre intacca la certezza del diritto nei rapporti tra i diversi soggetti, soprattutto quando il decreto reiterato incide nella sfera dei diritti fondamentali o nella materia penale o produce effetti irreversibili anche nel caso di mancata conversione.

Infine la Corte aggiunge che il Governo può legittimamente intervenire nella stessa materia con un successivo decreto-legge, soltanto qualora ricorra una delle seguenti condizioni:

21 SIMONCINI A.“La fine della reiterazione dei decreti-legge” in: Osservatorio sulle fonti 1997 a cura di U.

De Siervo, Giappichelli, Torino, 1998

CONCARO A.“La Decretazione d’urgenza dopo la sentenza n. 360 del 1996: è realmente chiusa la stagione

degli abusi?” In: I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del diritto: la prospettiva della

giurisprudenza costituzionale. Atti del Convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12 e 13 maggio 2000 a cura di V. Cocozza e S. Staiano. Giappichelli, Torino, 2001, Vol. 1 (Quaderni del "Gruppo di Pisa").

CRISTIANO R. “Considerazioni sul tema della decretazione d’urgenza” In: I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del diritto: la prospettiva della giurisprudenza costituzionale. Atti del Convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12 e 13 maggio 2000 a cura di V. Cocozza e S. Staiano. Giappichelli, Torino, 2001, Vol. 1 (Quaderni del "Gruppo di Pisa").

DAL CANTO F.“La sanatoria degli effetti dei decreti-legge non convertiti ex art.77, u.c., cost., nella più

recente giurisprudenziale costituzionale” In: I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del

diritto: la prospettiva della giurisprudenza costituzionale. Atti del Convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12 e 13 maggio 2000 a cura di V. Cocozza e S. Staiano. Giappichelli, Torino, 2001, Vol. 1 (Quaderni del "Gruppo di Pisa").

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1) che il nuovo decreto risulti nel contenuto sostanzialmente diverso dal precedente, poiché in tal caso è al di fuori della fattispecie della reiterazione; 2) che il nuovo decreto, pur avendo un contenuto identico a quello del precedente, risulti però fondato su nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di straordinaria necessità ed urgenza, motivi che non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente alla mancata conversione del precedente decreto.

Alla storica sentenza della Corte Costituzionale del 1996 va riconosciuto il merito di aver quasi del tutto arginato il fenomeno della reiterazione, con l’effetto ulteriore di aver indotto il Parlamento a rispettare il termine dei sessanta giorni per la conversione del decreto.

Quello che invece la sentenza non è stata in grado di attenuare è la disinvoltura con la quale i Governi e i Parlamenti succedutesi dopo il ’96 hanno elasticamente interpretato il disposto dell’art. 77 Cost., ai sensi del quale solo il sussistere di situazioni di straordinaria necessità ed urgenza può giustificare l’adozione (e la conversione) di decreti-legge.

Occorre peraltro notare come, pur essendone costante il ricorso, il ruolo del decreto-legge abbia subito una profonda evoluzione nel corso degli anni. Nel periodo precedente alla suddetta sentenza, il decreto ha in concreto assolto alla funzione di strumento di rafforzamento del ruolo del Governo nella gestione dei contenuti del procedimento legislativo. Infatti attraverso le

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successive reiterazioni, che potevano includere o meno le modifiche o comunque le sollecitazioni emerse in sede parlamentare, si sviluppava una complessa attività di mediazione sul provvedimento.22

Nel periodo successivo alla sentenza della Corte il decreto-legge è diventato il principale strumento a disposizione del Governo per ottenere certezza sui tempi di esame del provvedimento, connessi ai termini costituzionali di conversione, forzando la programmazione dei lavori parlamentari.

Naturalmente tale fenomeno, ormai endemico, determina un’alterazione nel meccanismo del sistema istituzionale rispetto all’ordinario schema di funzionamento delle democrazie parlamentari. Infatti è ormai consolidata, sia in dottrina che nella quotidiana polemica politica, la tesi secondo la quale l’eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza determina una lesione delle prerogative del Parlamento.23

3. I LIMITI POSTI DALLA LEGGE N. 400/1988

L’entrata in vigore della legge 23 agosto 1988 n. 400 ha introdotto nuovi limiti alla decretazione d’urgenza. In particolare l’art.15 dispone che nel

22 CONCARO A. “La Decretazione d’urgenza dopo la sentenza n. 360 del 1996: è realmente chiusa la

stagione degli abusi?” In: I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del diritto: la prospettiva

della giurisprudenza costituzionale. Atti del Convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12 e 13 maggio 2000 a cura di V. Cocozza e S. Staiano. Giappichelli, Torino, 2001, Vol. 1 (Quaderni del "Gruppo di Pisa").

23 BIONDI F.,LEONE S.“Il Governo "in" Parlamento: evoluzione storica e problematiche attuali” pubblicato

il 14/03/2012 in Rivista Associazione Italiana dei Costituzionalisti.

CONCARO A.“La Decretazione d’urgenza dopo la sentenza n. 360 del 1996: è realmente chiusa la stagione

degli abusi?” In: I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti del diritto: la prospettiva della

giurisprudenza costituzionale. Atti del Convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12 e 13 maggio 2000 a cura di V. Cocozza e S. Staiano. Giappichelli, Torino, 2001, Vol. 1 (Quaderni del "Gruppo di Pisa").

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preambolo del decreto venga dato atto dell’avvenuta deliberazione del Consiglio dei ministri e che siano indicate le circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché che esso rechi la denominazione di “decreto-legge”. Inoltre, al terzo comma, stabilisce che venga data immediata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sia del rifiuto della conversione che della conversione parziale ovvero della mancata conversione per la decorrenza dei termini. I decreti, poi, devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.

Al secondo comma, invece, elenca una serie di limiti in base ai quali il Governo non può, mediante decreto-legge:

a) conferire deleghe legislative ai sensi dell’art. 76 Cost.;

b) provvedere nelle materie indicate nell’art. 72, quarto comma, Cost.;

c) rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;

d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti;

e) ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.

(23)

La legge n. 400 ha, secondo parte della dottrina, esplicitato quanto sancito dall’art. 77 Cost. e questo lo si evince andando ad analizzare nello specifico i limiti imposti dal secondo comma.

La lettera a) riferendosi all’art. 76 ribadisce che il Governo non può autodelegarsi l’esercizio della funzione legislativa, sul punto richiamando anche quanto previsto al primo comma dell’art.77.

La lettera d) disponendo che il Governo non può regolare i rapporti sorti sulla base di decreti non convertiti, rimanda all’ultimo comma dell’art. 77 Cost. “Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”, ribadendo che è compito delle Camere regolare quanto eventualmente prodotto dagli effetti temporanei del decreto. La lettera e) che vieta il ripristino di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale fa riferimento, invece, all’art. 136 Cost.

Più articolato è il caso della lettera c) dell’art. 15 l. n. 400/1988, che ad ogni modo si ricollega alla norma costituzionale che riserva al Parlamento il potere di valutare la ricorrenza di un caso straordinario di necessità e di urgenza; da qui l’inammissibilità di una reiterazione da parte del Governo dei decreti che abbiano ricevuto una valutazione negativa da almeno una delle due Camere in maniera definitiva.

(24)

Infine la lettera b), secondo cui il decreto-legge non può intervenire nelle materie indicate dall’art. 72, quarto comma, Cost. In questo caso la legge, nel porre un limite esplicito, ha confermato che per alcune materie, ritenute più importanti dal legislatore costituzionale e per cui è prevista l’attivazione di un iter legislativo ordinario, non vi è possibilità di legiferazione attraverso decreto.24

La legge n. 400 quindi nasce come tentativo di porre un limite all’abuso della decretazione d’urgenza e al fenomeno connesso della reiterazione attraverso una disciplina puntuale sia degli ambiti che dei modi di intervento. Tali obiettivi non sembrano però essere stati pienamente raggiunti.

I motivi vanno ricercati anzitutto nel contenuto limitato di alcune disposizioni. Si pensi in tal senso alle disposizioni di cui alla lettera c) nate per limitare il fenomeno della reiterazione ma che in realtà non sono totalmente efficaci in quanto prevedendo il divieto di rinnovare le disposizioni contenute in un decreto-legge non convertito con il voto di una delle due Camere, lasciano, di fatto, aperta la possibilità per il Governo di rinnovare quei decreti semplicemente scaduti per decorso del termine.

Infatti, come già analizzato nel capitolo precedente, è stata la Corte Costituzionale che con la sentenza n. 360 del 1996 ha chiarito ed esteso il

24LAUROA. “La decretazione d'urgenza e l'omogeneità delle normative elettorali” in: Forum di Quaderni

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divieto di reiterazione, non limitandolo al solo caso del decreto-legge espressamente bocciato da uno dei due rami del Parlamento.

L’art. 15 poi contiene anche prescrizioni formulate in termini non sempre stringenti e quindi non sempre incisive, come nel caso del comma dove si dispone che i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. In questo caso il criterio seguito si traduce in regole di tecnica legislativa che hanno più un carattere orientativo, la cui trasgressione non comporta, di per sé, l’illegittimità del decreto.

Altro motivo fondamentale di insuccesso, sta nel fatto che la disciplina è scaturita da una legge ordinaria, quindi in quanto tale comunque derogabile da un’altra fonte di medesimo rango, quale il decreto-legge.

Sia la dottrina che la giurisprudenza non hanno ritenuto di interpretare la legge n. 400 come norma interposta, cosa che le avrebbe consentito di risolvere le numerose problematiche che ancora sussistono circa i limiti alla decretazione d’urgenza. Infatti le norme interposte, ovvero norme di rango sub-costituzionale, vale a dire “di rango subordinato alla Costituzione ma intermedio tra questa e la legge ordinaria”, per essere definite tali devono essere esplicitate nella Costituzione (si veda l’esempio più noto, cioè la legge di delega che è norma interposta nei confronti del decreto legislativo in

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quanto prevista direttamente dall’art. 76 Cost.), cosa che non avviene con l’art. 15 della legge 400/1988 il quale reca, peraltro, limiti generali.

Da qui l’interpretazione della non vincolatività delle sue disposizioni da parte dei Governi.25

L’insufficienza di un intervento a livello di legislazione ordinaria ha posto le basi ai successivi progetti di riforma a livello costituzionale attraverso un generale riordino dei poteri normativi del Governo nell’ottica di ridurre la molteplicità delle forme in cui essi vengono esplicati.

4. LA CONVERSIONE IN LEGGE

L’ultimo comma dell’art. 77 Cost. affronta i due diversi modi in cui può terminare l’esistenza precaria dei decreti-legge: la conversione in legge, entro sessanta giorni dalla pubblicazione, ovvero la decadenza retroattiva, eventualmente temperata dalla legge di sanatoria che regola i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti.

La conversione consente la stabilizzazione degli effetti dell’atto governativo nell’ordinamento, altrimenti circoscritti al sessantesimo giorno dalla sua pubblicazione.

Da lungo tempo si dibatte circa la natura della fonte della legge di conversione. La dottrina oscilla tra ricostruzioni che considerano la legge di

25TARLI BARBIERI G.“La disciplina del ruolo normativo del governo nella legge n. 400 del 1988, ventinove

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conversione una legge di approvazione (o di ratifica) e altre che la assimilano a una novazione.26 Tale distinzione presenta un notevole impatto pratico, incidendo direttamente sulla possibilità che i vizi propri del decreto-legge si trasmettano anche alla conversione.

Si prenda il caso della carenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza ove si ritenga che la legge di conversione si configuri quale novazione: tale vizio sarebbe irrimediabilmente assorbito dall’intervento parlamentare, che li sana e li rende inoppugnabili, mentre accedendo alla tesi della convalida il vizio sarebbe sindacabile, anche dopo la conversione, poiché il decreto-legge rimarrebbe comunque nell’ordinamento.

Altro aspetto importante e connesso alla natura della fonte è poi la capacità della legge di conversione di apportare emendamenti al decreto di legge. Sulla questione giova ricordare la sentenza n. 22 del 2012 della Corte Costituzionale che va ad inserirsi nell’ambito della complessa sequenza giurisprudenziale intorno ai limiti della decretazione d’urgenza e che sembra destinata ad occupare un ruolo di notevole rilievo, non dissimile da quello che aveva caratterizzato la sentenza n. 360 del 1996, con la quale fu dichiarata

26 VARI F. “Sulla natura della conversione del decreto-legge e sull’efficacia sanante della stessa” in:

www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 2/2011.

SORRENTINO F.“Le fonti del Diritto Italiano”. Edizioni CEDAM, Padova, 2009.

RUOTOLO M. “Sui vizi formali del decreto legge e della legge di conversione” in: www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 3/2018.

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l’incostituzionalità della distorta prassi della reiterazione dei decreti legge non convertiti.27

Con tale sentenza, la Corte giunge alla conclusione di ritenere esclusa la possibilità di inserimento nella legge di conversione di emendamenti “del tutto estranei all’oggetto e alle finalità del testo originario” e, con autorevole affermazione, ritiene che una tale esclusione non risponda solo ad esigenze di corretta tecnica normativa bensì sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto- legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, quest’ultima caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario.28 Certo, questo non

esclude che, così intesa, la legge di conversione non sia suscettibile di essere limitatamente emendata, sia che si tratti di emendamenti giustificati da ragioni tecniche o meramente formali, sia che l’esigenza di modifica risponda, invece, a valutazioni parlamentari politicamente difformi da quelle fatte proprie dal Governo. Ma la facoltà di emendare incontra, come sottolineato dalla Corte, un preciso limite nella impossibilità di incidere sulla “sequenza tipica profilata dall’art. 77, secondo comma Cost.”, sì da compromettere l’omogeneità di fondo della normativa dettata dal decreto-legge, quale

27 MANGINI E. “L’omogeneità tra decreto legge e legge di conversione: la Corte lancia un monito alla

legge”. Brevi note a margine della sentenza della Corte Costituzionale 16.2.2012, n. 22 in tema di

decreto-legge e relativa decreto-legge di conversione, in www.gazzettamministrativa.it.

28 CICCONETTI S. M. “Obbligo di omogeneità del decreto-legge e della legge di conversione?” in:

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risultante dal testo originario, a sua volta, necessariamente caratterizzato da omogeneità sia sotto il profilo dell’oggetto della disciplina, sia sotto quello della complessiva finalità che lo ispira. Non è possibile, insomma, “spezzare il legame essenziale tra decretazione d’urgenza e potere di conversione” e se ciò avviene la violazione della Costituzione non discende dall’assenza dei presupposti di necessità ed urgenza per le norme eterogenee aggiunte in sede di conversione bensì è frutto diretto di un “uso improprio da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge”. Modalità di procedura e scopo tipico rappresentano, dunque, secondo la Corte, gli elementi caratterizzanti della legge di conversione la quale è certamente espressione dell’ordinaria funzione legislativa ma entro limiti peculiari che finiscono così per distinguerla e differenziarla rispetto ad una qualunque altra legge ordinaria.29

E’ la provvisorietà del decreto, che perde efficacia se non convertito entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione, a influenzare il procedimento di conversione, che infatti si caratterizza per la sua necessaria rapidità, disciplinata all’interno dei regolamenti del Parlamento, che configurano per i

29 MANGINI E. “L’omogeneità tra decreto legge e legge di conversione: la Corte lancia un monito alla

legge”. Brevi note a margine della sentenza della Corte Costituzionale 16.2.2012, n. 22 in tema di decreto

legge e relativa legge di conversione, in www.gazzettamministrativa.it.

VARI F. “Sulla natura della conversione del decreto-legge e sull’efficacia sanante della stessa” in: www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 2/2011.

RUOTOLO M. “Sui vizi formali del decreto legge e della legge di conversione” in: www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 3/2018.

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decreti-legge una corsia preferenziale. Essi inoltre regolano le modalità attraverso cui le due Camere sono chiamate a valutare l’esistenza dei presupposti necessari per l’emanazione del decreto. I procedimenti seguiti nei due rami del Parlamento sono diversi:

a) Al Senato il disegno di legge è deferito alla Commissione per materia che svolgerà la fase istruttoria e alla Commissione permanente Affari costituzionali. Essa ha il compito di formulare un parere sulla sussistenza dei presupposti entro cinque giorni. Se dà parere contrario, su richiesta di un decimo dei componenti del Senato, la Commissione formula un altro parere. Se anche questo dà esito negativo, il disegno di legge è respinto.

b) Alla Camera il controllo dei presupposti avviene in forma dialettica tra la Commissione per materia e il Governo. La valutazione avviene sulla base della relazione di accompagnamento dell’atto di iniziativa che deve contenere i presupposti della necessità ed urgenza. Se la relazione non è ritenuta sufficiente, la Commissione può chiedere al Governo di integrarla.

L’art 96 bis del regolamento della Camera prevede una ulteriore forma di controllo, svolta dal Comitato per la legislazione, che nel termine di cinque giorni esprime un parere alle Commissioni permanenti. Questo giudizio ha per oggetto i limiti stabiliti al comma 3 della l. n. 400/1988 secondo cui i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto

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deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Quello a cui si fa riferimento qui è il criterio di omogeneità che deve avere il decreto-legge. Il criterio dell’omogeneità è in funzione del ruolo del Parlamento che, agevolato dall’unitarietà del contenuto del decreto, è in grado di convertirlo con maggiore velocità visto e considerato il poco tempo a disposizione. Inoltre, il limite dell’omogeneità si presenta per il Parlamento come un limite generale al potere di conversione, mentre per il Governo rappresenta un limite rispetto al contenuto dell’atto e non al potere di adottarlo. Se il Governo rinvenisse la necessità di far fronte a diverse e disomogenee urgenze ben potrebbe frazionare il proprio potere adottando più di un decreto-legge, ponendo quindi in essere il proprio potere senza alcuna limitazione.30

Sempre più spesso, tuttavia, la legge di conversione non si limita a convertire ma va a modificare il decreto-legge, presentando contenuti e caratteristiche radicalmente diversi da quelli voluti dal Governo. Diventa così compito della Corte Costituzionale verificare i presupposti del decreto-legge, sanzionando semmai con illegittimità costituzionale tutti gli eventuali vizi sostanziali e procedurali.31

30 SPADA S.“La qualità della normazione secondo la giurisprudenza del Comitato per la legislazione” in:

www.osservatoriosullefonti.it, Fascicolo 3/2010.

CALVANO R.“La decretazione d’urgenza nella stagione delle larghe intese”, articolo contenuto in Rivista AIC n. 2/2014.

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5. PROPOSTA DI RIFORMA COSTITUZIONALE DEL 2016

RENZI-BOSCHI32

La proposta di modifica dell’art. 77 della Costituzione, delineata nell’ambito del disegno di legge costituzionale presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (Renzi) e dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento (Boschi), si configurava come una forma di intervento quadro, che riconosceva valore costituzionale ai vari limiti, formali e sostanziali che, nel tempo e da più fronti, sono stati introdotti per arginare il patologico ricorso alla decretazione di urgenza.

La riforma proposta avrebbe voluto dare un rimedio all’abuso della decretazione d’urgenza attraverso la disciplina di un procedimento legislativo monocamerale, più snello e celere, intervenendo anche nella modifica dell’art. 77 della Costituzione e prevedendo la possibilità per il Governo di chiedere su determinati disegni di legge un voto a data fissa.

Come contrappeso al potere normativo del Governo, ulteriormente rafforzato dalla riforma, il progetto di revisione prevedeva la positivizzazione all’interno dell’art. 77 dei limiti previsti all’art 15 della legge n. 400, comma 3.

La riforma, in particolare, agiva seguendo due diversi piani d’intervento. Uno diretto, di modifica della disciplina di cui all’art. 77 Cost.; uno indiretto, che

32 La riforma costituzionale Renzi-Boschi è stata una proposta di revisione della Costituzione della

Repubblica Italiana contenuta nel testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento italiano il 12 aprile 2016 e sottoposto a referendum confermativo il 4 dicembre 2016.

La consultazione referendaria ha visto un'alta affluenza alle urne, pari al 65,47% degli elettori, ed una netta affermazione dei voti contrari, pari al 59,12% dei voti validi. La riforma non è stata quindi promulgata.

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agiva su quella che è comunemente considerata la principale causa dell’abuso del decreto-legge ovvero la supposta debolezza del Governo in Parlamento, istituendo il cosiddetto voto a data certa (art. 72, ultimo comma, nel testo revisionato).33

Nella tabella sotto riportata è possibile osservare il testo originale degli articoli sopra menzionati confrontati con il testo così come risultante dalla proposta di riforma costituzionale. Inoltre sono aggiunti anche l’art. 70 che disciplina la funzione legislativa e l’art. 74 che, invece, disciplina l’ambito della promulgazione delle leggi.

Le modifiche sono collocate in un contesto parlamentare diverso che vede l’abbandono del bicameralismo perfetto e paritario e conseguentemente un diverso modo di approvare le leggi ordinarie.34

Testo Originario Art. 70 (Funzione legislativa)

La funzione legislativa è esercita collettivamente dalle due Camere.

Nuovo Testo Art. 70

(Funzione legislativa)

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum

popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città

33 SIMONCINI A. “Le fonti del diritto” in: Le proposte di riforma della Costituzione, a cura di A. Cardone, Esi,

Napoli, 2014.

34 La tabella è riportata da www.documenti.camera.it. Disegno di Legge Costituzionale dal titolo

“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”.

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metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.

Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.

Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo.

Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.

L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella

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votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.

I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.

I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.

Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.

Testo Originario Art. 72

(Procedimento legislativo)

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in

Nuovo Testo art. 72

(Procedimento legislativo)

Ogni disegno di legge di cui all’articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

Possono altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.

Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua

(36)

materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.

Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70.

Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge.

Testo Originario Art. 74

(Promulgazione delle leggi)

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.

Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa, deve essere promulgata.

Nuovo Testo Art. 74

(Promulgazione delle leggi)

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.

Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma

(37)

dell’articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni.

Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata.

Testo Originario Art. 77

(Disposizioni in materia di decretazione d’urgenza)

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.

Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

Nuovo testo Art. 77

(Disposizioni in materia di decretazione d’urgenza)

All’articolo 77 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti:

«disposta con legge»;

b) al secondo comma, le parole: «alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono»

sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce»;

c) al terzo comma:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:

«o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell’articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione »;

2) al secondo periodo, le parole: «Le Camere possono»

sono sostituite dalle seguenti: «La legge può»

e le parole: «con legge» sono soppresse;

d) sono aggiunti, infine, i seguenti commi:

«Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge:

- disciplinare le materie indicate nell’articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge

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e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l’efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento. I decreti recano misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. L’esame, a norma dell’articolo 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione. Nel corso dell’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto».

Analizzando il nuovo testo così come scaturito dalla proposta di riforma, occorre partire da una prima considerazione relativa all’abbandono del cosiddetto bicameralismo perfetto così come proposto anche nel nuovo art. 70 che quindi di riflesso avrebbe posto delle significative novità anche al procedimento di conversione in legge del decreto-legge.

Il nuovo art. 77, comma 2, Cost., prevedeva che il disegno di legge di conversione doveva essere presentato «alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere». Acclarata, dunque, la possibilità che il decreto-legge potesse essere adottato in qualsiasi materia, comprese quelle previste dall’art. 70, comma 1, Cost., vale a dire

(39)

quelle per le quali il legislatore costituzionale prevede che l’esercizio della funzione legislativa debba essere necessariamente bicamerale, con un apporto paritario di Camera e Senato, occorre comprendere se un decreto-legge, emanato in materia riservata al procedimento bicamerale, doveva essere convertito con legge bicamerale o se, invece, la legge di conversione sia sempre e necessariamente una legge monocamerale. Dubbi e difficoltà interpretative scaturiscono dalla formulazione del nuovo art. 77 Cost., come nella delibera legislativa di riforma costituzionale ed, in particolare, dal combinato disposto dei commi 2 e 6. Quest’ultima statuizione prevedeva infatti che «l’esame, a norma dell’art. 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti, è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione». L’interpretazione meramente letterale delle due disposizioni indurrebbe a ritenere che, pur riconoscendo la possibilità di adottare decreti-legge in tutte le materie, senza preclusione alcuna, la legge di conversione dovesse seguire necessariamente il procedimento monocamerale, essendo consentita al Senato solo la possibilità di apportare proposte di modificazioni al testo. A supporto di tale ipotesi vi era l’obbligo di presentazione del disegno di legge alla Camera dei deputati,

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