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Il rischio cardiovascolare in pazienti ipercolesterolemici: ruolo dell'alimentazione nel rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL

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Academic year: 2021

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN PAZIENTI

IPERCOLESTEROLEMICI: RUOLO

DELL’ALIMENTAZIONE NEL RAPPORTO TRA

COLESTEROLO TOTALE E COLESTEROLO HDL

Relatore

:

Dott.ssa Alice De Filippi

Correlatore:

Candidata:

Dott.ssa Chiara Giacomelli

Nadia Lovisa

(2)

“Fa che il cibo sia la tua medicina, e la medicina il tuo cibo” Ippocrate di Coo Alla mia famiglia. A mio fratello Stefano, la mia medicina.

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Indice

Indice ... 3

Introduzione ... 1

Scopo della ricerca ... 2

Il colesterolo ... 4

Struttura del colesterolo ... 4

Biosintesi e regolazione del colesterolo ... 4

Metabolismo del colesterolo e sue funzioni ... 6

Acidi e sali biliari ... 7

Il colesterolo come precursore di ormoni e vitamina D ... 8

Colesterolo HDL e colesterolo LDL ... 9

Ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare ... 12

Ipercolesterolemia ... 12

Sintomi e diagnosi ... 12

Fattori di rischio... 13

Il rischio cardiovascolare ... 13

Stima del rischio cardiovascolare ... 14

Ten-year CV risk ... 14

Tabelle SCORE e calcolo del rischio CV... 15

Nazioni a basso rischio CV ... 15

Nazioni a rischio alto e molto alto ... 15

Rischio CV individuale ... 15 HELIUS Study... 17 Malattie cardiovascolari ... 18 Dislipidemia ... 18 Classificazione ... 18 Eziologia ... 19 Sintomatologia ... 19 Diagnosi ... 19 Trattamento ... 19 Sindrome metabolica ... 20 Cause ... 20 Fattori di rischio ... 20

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Criteri diagnostici ... 20 Trattamento ... 21 Infarto miocardico ... 21 Cause ... 21 Trattamento e prevenzione ... 21 Ictus ... 22

Cause e fattori di rischio ... 22

Trattamento e prevenzione ... 22

Coronaropatia ... 22

Cause ... 22

Trattamento e prevenzione ... 23

Ipertensione arteriosa ... 23

Classificazione e fattori di rischio ... 24

Trattamento ... 24

Diabete mellito tipo 2... 24

Cause e fattori di rischio ... 24

Trattamento ... 25

Aterosclerosi ... 25

Fattori di rischio ... 26

Trattamento e prevenzione ... 26

Trattamento farmacologico: l’uso di statine ... 27

Trattamento nutraceutico ... 29

Polifenoli ... 29

Resveratrolo ... 30

Flavonoidi ... 31

Composti solforati ... 33

Riso rosso fermentato ... 33

Alcaloidi ... 34

Fitosteroli ... 36

Licopene ... 38

Ruolo della dieta nella modulazione dei livelli di colesterolo circolanti ... 39

Colesterolo alimentare ... 40

La dieta mediterranea ... 42

Composizione della dieta mediterranea ... 44

Dieta mediterranea e rischio cardiovascolare ... 45

Qualità nutrizionale della dieta mediterranea ... 47

Frutta e verdura ... 47

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Frutta secca ... 48

Acidi grassi ω-3 ... 48

Obbiettivo della tesi ... 49

Arruolamento e Metodi ... 51

Prima visita ... 51

Criteri e parametri ... 52

Esami di laboratorio ... 52

Indice di rischio cardiovascolare: rapporto colesterolo totale e HDL-C ... 53

Bioimpedenziometria: BIA-ACC ... 55

AAT e IMAT ... 58

Piano nutrizionale personalizzato ... 59

Colazione... 61

Pranzo ... 62

Cena ... 64

Consigli per pranzo e cena ... 64

Spuntini ... 65

Raccomandazioni aggiuntive ... 66

Risultati ... 67

Anamnesi personale alla prima visita ... 67

IMC ... 68

Valori ematici di colesterolo alla prima visita... 70

Parametri derivati dall’analisi BIA-ACC ... 72

AAT nei soggetti femminili ... 72

AAT nei soggetti maschili ... 73

IMAT nei soggetti femminili ... 74

IMAT nei soggetti maschili ... 75

Anamnesi personale alla visita di controllo ... 76

IMC di controllo ... 76

Colesterolo totale ... 79

Colesterolo HDL... 81

Indice cardiovascolare: rapporto T-C e HDL-C a t1 ... 84

Rischio cardiovascolare nei soggetti femminili a t1 ... 86

Rischio cardiovascolare nei soggetti maschili a t1 ... 87

AAT t1 ... 87

AAT t1 nei soggetti femminili ... 88

(6)

Variazione AAT t0 e AAT t1 ... 91

IMAT t1 ... 92

IMAT t1 nei soggetti femminili ... 93

IMAT t1 nei soggetti maschili ... 95

Variazione IMAT t0 e IMAT t1... 96

Conclusioni ... 99

Ringraziamenti ... 102

(7)

Introduzione

Negli ultimi decenni, soprattutto nei Paesi occidentali industrializzati, caratterizzati da un forte sviluppo economico, da un ampio accesso a beni e servizi, ed un crescente benessere nella popolazione, si è assistito all’aumento dell’insorgenza sia di malattie metaboliche che di una serie di malattie e condizioni patologiche a carico del circolo sanguigno: le malattie cardiovascolari (CVD).

Tra le malattie cardiovascolari annoveriamo il diabete, l’aterosclerosi, l’ipertensione, infarto al miocardio, la sindrome metabolica e patologie a carico del circolo sanguigno. Questa classe di patologie è tra le principali cause di morte nell’Occidente, rappresentando circa il 30% di tutte le morti nel mondo (Casas et al., 2018). Le malattie cardiovascolari, non solo rappresentano la principale causa di morte dei Paesi sviluppati, ma, la loro prevenzione, trattamento e cura hanno un forte impatto a livello sanitario e socioeconomico (Sievenpiper & Lavie, 2018), in quanto, non solo si tratta molto spesso di patologie croniche, la cui cura necessita la somministrazione di farmaci per tutto l’arco della vita, ma in uno stesso individuo possono anche insorgere più malattie cardiovascolari. Questo stato di co-morbidità aggrava maggiormente sul sistema sanitario, in quanto l’individuo si trova a far uso di più trattamenti, soprattutto farmacologici, contemporaneamente.

Molti studi, citando in particolare i giornali “Progress in Cardiovascular Diseases” e “America Journal of Preventive Cardiology”, hanno portato alla luce sia le problematiche legate alla gestione delle CVD sia l’esistenza di strategie meno costose e non farmacologiche per ridurre e prevenire il rischio cardiovascolare, tra cui una terapia alimentare e l’attività fisica (Feldman et al., 2021; Sievenpiper & Lavie, 2018b).

È stato osservato che le CVD derivano da cause multifattoriali, tra le quali annoveriamo fattori non modificabili, quali l’età, la predisposizione genetica e la storia familiare, e fattori modificabili come, ad esempio, le abitudini alimentari, gli stili di vita, la sedentarietà, il fumo di sigaretta ed il consumo di bevande alcoliche. Tra i fattori modificabili di nostro particolare interesse evidenziamo soprattutto le abitudini alimentari, caratterizzate da un eccessivo apporto di alimenti ricchi in grassi, prevalentemente saturi, ad elevato contenuto di colesterolo, alimenti processati e

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2020). Infatti, è stato osservato come nel rischio cardiovascolare i livelli di colesterolo totale e colesterolo HDL possono influire in maniera importante sullo sviluppo delle patologie a carico dell’apparato cardiovascolare e influenzare alcune alterazioni metaboliche.

Elevati livelli di colesterolo nel sangue determinano un quadro di ipercolesterolemia, una tra le cause di formazione della placca aterosclerotica che può poi sfociare in condizioni di rischio cardiovascolare. Definire alti livelli di colesterolo totale nel sangue come fattore predisponente all’aumento del rischio cardiovascolare risulta incompleto, in quanto ad influenzare le CVD sono anche altri fattori legati al colesterolo, ossia bassi livelli di colesterolo HDL ed elevati livelli di colesterolo LDL, quest’ultimo tra le maggiori cause della formazione della placca aterosclerotica (Casas et al., 2018).

Scopo della ricerca

Questo elaborato si prefigge lo scopo di analizzare il ruolo che una terapia alimentare e l’attività fisica ha sull’ipercolesterolemia in un gruppo di pazienti non trattati farmacologicamente, considerando l’andamento dei valori di colesterolo HDL e il conseguente effetto sul rischio cardiovascolare.

Nella prima parte dell’elaborato verrà svolta una presentazione del colesterolo, descrivendone la sintesi, il metabolismo ed i suoi molteplici ruoli, tra i quali annoveriamo la stabilità e la fluidità delle membrane plasmatiche, la formazione delle lipoproteine, suddivise in varie classi, tra cui le HDL e le LDL, la formazione dei sali biliari, il suo ruolo come precursore di ormoni sessuali, quali testosterone ed estradiolo, glucocorticoidi come il cortisolo, ed infine come precursore di vitamine come la vitamina D, importante per la mineralizzazione ossea.

Verrà poi analizzato più nel dettaglio il ruolo dell’ipercolesterolemia nello sviluppo del rischio cardiovascolare, e più precisamente l’impatto del colesterolo totale (T-C), colesterolo HDL (HDL-C) e colesterolo LDL (LDL-C) nelle patologie cardiovascolari. Nella seconda parte dell’elaborato verrà presentato lo studio, in cui era previsto l’arruolamento di 60 pazienti, a netta prevalenza femminile, in cui sono stati rilevati livelli di colesterolo superiori a 200 mg/dl, o con un rischio cardiovascolare elevato.

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Purtroppo, con l’aggravarsi della situazione sanitaria internazionale causata dalla pandemia da SARS-CoV-2, il campione si è notevolmente ridotto a 11 pazienti. Questi ultimi sono poi stati suddivisi in due ulteriori gruppi, in base al rischio cardiovascolare, calcolato tramite il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL:

• Pazienti maschi con rapporto minore a 5,0: non a rischio cardiovascolare;

• Pazienti maschi con rapporto maggiore o uguale a 5,0: a rischio cardiovascolare; • Pazienti femmine con rapporto minore a 4,5: non a rischio cardiovascolare; • Pazienti femmine con rapporto maggiore o uguale a 4,5: a rischio

cardiovascolare.

È stata fatta poi un’anamnesi personale e familiare per valutare l’eventuale presenza di una predisposizione genetica. In seguito, è stata fatta una valutazione della composizione corporea tramite la bioimpedenziometria BIA-ACC, da cui sono stati estrapolati due dati fondamentali per lo sviluppo del rischio cardiovascolare: l’adiposità addominale (AAT), chiamata anche grasso viscerale, ed il grasso intramuscolare (IMAT).

È stata poi somministrata una terapia alimentare atta a favorire corrette abitudini alimentari ed è stata consigliata un’adeguata attività fisica. In seguito, sono state effettuate visite di controllo con rispettiva valutazione della composizione corporea per valutare l’andamento di AAT e IMAT, sempre tramite la bioimpedenziometria BIA-ACC e sono stati valutati anche i livelli di colesterolo totale nel sangue e i valori di HDL, forniti con esami di laboratorio dopo l’intervento nutrizionale.

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Il colesterolo

L’aumento dei livelli circolanti di colesterolo, nel corso degli anni, è stato considerato un fattore importante nello sviluppo delle malattie cardiovascolari, le quali rappresentano la maggiore causa di morte nei Paesi occidentali (Schade et al. 2020).

Struttura del colesterolo

Il colesterolo è una molecola costitutivamente assente nei procarioti ma presente negli organismi eucarioti, in diverse quantità in tutte le membrane cellulari animali. Infatti, è una molecola di natura lipidica che, nonostante condivida conaltri lipidi e fosfolipidi la funzione di costituzione delle membrane cellulari, ha una struttura molto diversa rispetto ad essi. È

caratterizzato da quattro anelli idrocarburici uniti tra loro, assieme ad una catena idrocarburica lineare legata ad un’estremità dello steroide, e un gruppo ossidrilico all’estremità opposta, il quale interagisce con le teste polari fosfolipidiche nelle membrane plasmatiche, orientando il colesterolo parallelamente alle catene di acidi grassi dei fosfolipidi (Schade et al., 2020).

È Molto importante sottolineare il fatto che il colesterolo rappresenta circa il 25% dei lipidi di membrana di alcuni tipi di cellule nervose.

Biosintesi e regolazione del colesterolo

Il building block per la biosintesi del colesterolo è l’acetil-CoA. L’acetil-CoA è una molecola che deriva da diverse vie metaboliche, tra le quali annoveriamo:

• Catabolismo degli acidi grassi;

• Catabolismo di amminoacidi, come leucina, lisina, isoleucina, fenilalanina, triptofano;

• Glicolisi, dalla quale si forma il piruvato e successivamente l’acetil-CoA.

Figura 1 Struttura del colesterolo (immagine tratta da: https://www.chimica-online.it/organica/steroidi.htm)

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La biosintesi del colesterolo parte da una reazione di condensazione di due molecole di acetil-CoA. Da questa reazione si forma acetoacetil-CoA, il quale, per aggiunta di un’ulteriore molecola di acetil-CoA, si trasforma in idrossimetilglutaril-CoA (HMG-CoA), ad opera di un enzima molto importante e finemente regolato della sintesi del colesterolo, l’idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA reduttasi). In seguito a successive reazioni sintetiche, si forma il mevalonato, a seguire l’isoprene, lo squalene ed infine il colesterolo (Berg et al., 2012).

La sintesi del colesterolo è finemente regolata, al livello soprattutto dell’HMG-CoA reduttasi, sia a livello ormonale, che a livello trascrizionale (Figura 2).

Nel primo caso la regolazione è ad opera del glucagone e dell’insulina, dove il glucagone inattiva l’enzima, mentre l’insulina lo attiva. Questo può farci comprendere, dunque, come i livelli di insulina, influenzati anche dall’alimentazione, ed in particolare dall’assunzione di carboidrati e zuccheri semplici, possono andare a loro volta ad influenzare la sintesi del colesterolo (Berg et al., 2012).

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Nel secondo caso, la regolazione trascrizionale avviene in diversi modi:

1. La velocità di sintesi dell’mRNA dell’HMG-CoA riduttasi dipende dalla proteina che lega l’elemento di regolazione degli steroli (SREBP), fattore di trascrizione che si lega ad una sequenza di DNA chiamata elemento di regolazione degli steroli (SRE). Il legame avviene quando i livelli di colesterolo sono bassi e quindi viene favorita la trascrizione dell’enzima per la biosintesi del colesterolo. Nel caso di inattività, è da ricordare che SREBP è legata alla proteina SCAP, che induce la rottura di SREBP in quanto è un sensore del colesterolo;

2. La velocità di traduzione dell’mRNA per la riduttasi è inibita dai metaboliti non sterolici, derivati ad esempio dal colesterolo alimentare;

3. La degradazione della riduttasi è finemente controllata attraverso meccanismi complessi e viene degradata in seguito ad ubiquitinazione;

4. La fosforilazione diminuisce l’attività della riduttasi da parte della AMPK, come si può anche notare nella Figura 2.

Metabolismo del colesterolo e sue funzioni

L’organismo umano ha un’abilità limitata a catabolizzare il colesterolo, e questo processo si attua principalmente attraverso la sua trasformazione in altri composti, ad esempio, durante la formazione degli acidi biliari, degli ormoni steroidei e i processi metabolici cerebrali (Schade et al., 2020).

Data la sua importanza, la concentrazione di colesterolo è finemente regolata da diversi meccanismi che hanno luogo prevalentemente nel fegato (Berg et al., 2012).

Il colesterolo ha diverse funzioni, tra cui appunto è un componente delle membrane cellulari andando a influenzarne la fluidità e stabilità, è il precursore dei sali ed acidi biliari, è precursore di molti ormoni steroidei, del cortisolo e della vitamina D (Schade et al., 2020). Questi ruoli possono essere accentuati dal fatto che l’origine di questo lipide è per 2/3 endogena, ossia più del 66% è prodotto dal nostro organismo, mentre per il restante 33% circa ha origine esogena, ossia tramite l’assunzione alimentare, in particolare con l’assunzione di alimenti di origine animale, come formaggi, latticini e derivati, uova.

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Fondamentale per questo studio è la funzione del colesterolo nella formazione delle lipoproteine, più specificatamente HDL ed LDL, in quanto sono implicate nell’insorgenza di numerose patologie a carico metabolico e cardiovascolare.

Acidi e sali biliari

Il colesterolo, attraverso l’enzima colesterolo 7-α idrolasi (CYP7A1) viene trasformato in 7-α-idrossicolesterolo a cui viene aggiunto un gruppo carbossilico, prendendo poi due vie diverse. In seguito, con l’aggiunta di tre gruppi ossidrilici può trasformarsi in acido colico, oppure in acido denodesossicolico con l’aggiunta di due gruppi ossidrilici. Si formano così gli acidi biliari, a cui possono aggiungersi due amminoacidi, glicina o taurina, a formare rispettivamente acido glicocolico o acido tauricolico dall’acido colico, oppure acido

glicochenodeossicolico o acido taurochenodeossicolico nel caso dell’acido chenodeossicolico.

Queste ultime molecole rappresentano i sali biliari primari coniugati. Esistono anche i sali biliari secondari, derivati da deconiugazione dei sali biliari primari ad opera dei batteri. I sali biliari, essendo derivati polari del colesterolo, hanno proprietà detergenti. Sono i costituenti principali della bile e la loro funzione principale è la solubilizzazione dei lipidi alimentari, come il colesterolo, appunto. Acidi biliari e sali biliari primari e secondari coniugati entrano a far parte della circolazione enteroepatica, principale via di recupero del colesterolo escreto (Berg et al., 2012).

A livello intestinale i sali biliari primari e secondari seguono due destini differenti: o vengono deconiugati per essere poi riutilizzati, oppure vengono escreti con le feci, portandosi dietro, in entrambi i casi, anche una quota di colesterolo.

Figura 3: Sintesi degli acidi biliari coniugati (da:

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Il colesterolo nel fegato viene utilizzato per la sintesi ex novo degli acidi biliari, andando a diminuire quindi la quota di colesterolo presente a livello epatico.

Il colesterolo come precursore di ormoni e vitamina D

Come accennato precedentemente, il colesterolo svolge un ruolo fondamentale come precursore di ormoni a struttura steroidea e della vitamina D (Figura 5). Il suo metabolismo in questo caso passa dal trasferimento del colesterolo dal citosol al mitocondrio, dove viene

convertito in pregnenolone. Questo può essere convertito in progesterone, il quale può trasformarsi in corticosterone, precursore dell’aldosterone. Il pregnenolone può essere metabolizzato anche come 17-OH pregnenolone, sia questo che il progesterone danno origine al 17-OH progesterone da cui origina sia il testosterone, da cui deriva

Figura 5: Funzioni del colesterolo (da: Schade et al, 2020). Figura 4: Circolazione enteroepatica (da:

https://www.farmaciasignorini.it/blog/salute-e-benessere/il-fegato-funzionamento-e-caratteristiche/7293).

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l’estradiolo, entrambi ormoni che vanno ad influenzare lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e, nel caso della donna, l’estradiolo il ciclo mestruale, sia il cortisolo, un glucocorticoide, chiamato anche ormone dello stress.

Un aspetto da prendere in considerazione quando si parla di colesterolo è appunto la sua forte correlazione con la produzione di cortisolo. Infatti, il cortisolo è particolarmente influenzato dallo stress e il suo andamento varia a seconda delle condizioni in cui l’organismo si trova. In condizioni di assenza di stress, il cortisolo segue il cosiddetto ciclo circadiano, ossia, durante la prima fase della giornata, la sua concentrazione è alta, in quanto serve all’organismo per far fronte alla vita quotidiana ed agli altri stress a cui potrebbe andare incontro, mentre verso sera, al termine della giornata, dovrebbe diminuire i suoi livelli. Se seguisse questo andamento, l’individuo noterebbe un particolare stimolo alla fame al momento del risveglio e un sonno continuo e rigenerante (Bhake et al., 2019).

Nel momento in cui il ciclo circadiano viene interrotto o subisce alterazioni, anche i livelli di cortisolo subiscono alterazioni: in caso di stress, i livelli di cortisolo rimangono stazionari durante tutta la giornata, creando assenza di appetito al risveglio e sonno discontinuo e poco rigenerante (Adam et al., 2017).

Sia la produzione che l’andamento del cortisolo sono influenzati da diversi meccanismi biologici e non solo dal colesterolo, in questo elaborato di tesi è stato preferito escludere le variazioni del ciclo circardiano del cortisolo (Clow et al., 2010).

Colesterolo HDL e colesterolo LDL

Il colesterolo da solo non è in grado di circolare nel plasma in quantità apprezzabili data la sua natura lipofila, di conseguenza lo si trova principalmente complessato con lipidi e proteine a formare delle strutture chiamate appunto lipoproteine (Schade et al., 2020).

Le lipoproteine plasmatiche possono essere distinte in quattro categorie in base alla loro densità, determinata dalla concentrazione proteica (Duran et al., 2020):

Figura 6: Struttura di una lipoproteina a bassa densità

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1. Chilomicroni: lipoproteine composte da triacigliceroli, meglio conosciuti come trigliceridi, fosfolipidi ed esteri del colesterolo. Sono le lipoproteine meno dense che trasportano i trigliceridi ed il colesterolo, principalmente derivati dalla dieta, dall’intestino tenue al tessuto muscolare e adiposo. Hanno la più bassa concentrazione proteica ma la più alta di trigliceridi.

2. VLDL (very low density lipoproteins): sono lipoproteine a bassissima densità, formate da una concentrazione molto bassa di proteine, ma molto alta di trigliceridi. La loro funzione è quella di trasportare i trigliceridi dal fegato al tessuto adiposo.

3. LDL (low density lipoproteins): a questa categoria fanno parte le lipoproteine a bassa densità, caratterizzate quindi da una bassa percentuale proteica ma alta di lipidi, con la funzione di trasportare i trigliceridi dal fegato alle cellule di vari distretti del corpo.

4. HDL (high density lipoproteins): lipoproteine ad alta densità, costituite dunque dalla concentrazione più alta di proteine con la funzione di raccogliere il colesterolo dalla periferia, principalmente da intestino e tessuti periferici e trasportarlo nuovamente al fegato. In quest’organo, probabilmente, il colesterolo associato alle HDL viene utilizzato per la sintesi dei sali biliari, come illustrato precedentemente, oppure eliminata attraverso bile e feci (Berg et al., 2012).

La componente proteica delle lipoproteine è rappresentata dalle apolipoproteine, che hanno la funzione di rendere solubili i lipidi idrofobici e contiene un segnale di riconoscimento cellulare. Sono sintetizzate e secrete dal fegato e dall’intestino (Berg et al., 2012). Le apolipoproteine caratterizzano inoltre le lipoproteine che le contengono: le VLDL e le LDL contengono apoB100 (anche conosciuta come apoB) e le HDL sono associate alle apoA-I (Toth, 2016).

Dunque, le lipoproteine trasportano il colesterolo e i trigliceridi nei diversi distretti dell’organismo e quelli assunti con la dieta sono trasportati sotto forma di chilomicroni. I trigliceridi vengono rilasciati per idrolisi catalizzata dalle lipoprotein lipasi, enzimi localizzati principalmente nei vasi sanguigni e nel tessuto muscolare. L’idrolisi produce il rilascio di acidi grassi che vengono poi captati dai tessuti. I trigliceridi e il colesterolo in eccesso, invece, vengono trasportati sotto forma di VLDL (Berg et al., 2012).

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Come accennato, le LDL sono i più importanti trasportatori di colesterolo nel sangue e contengono molecole di colesterolo esterificate da acidi grassi e, inoltre, la componente proteica è rappresentata dall’Apo B100, che svolge il ruolo di far riconoscere la LDL alle cellule bersaglio e viene riconosciuta dal recettore per le LDL (LDL-R). Il legame tra le LDL e i loro recettori dà inizio alla captazione delle LDL attraverso il meccanismo di endocitosi. In questo processo, dopo il legame LDL-recettore, il complesso viene endocitato a formare l’endosoma. Avviene, in seguito si verifica la separazione del complesso e il recettore torna ad esporsi sulla membrana cellulare, mentre la vescicola con le LDL si fonde al lisosoma, che attua la degradazione della lipoproteina a bassa densità e il conseguente rilascio di colesterolo. Il recettore delle LDL svolge un’importante funzione nella regolazione della concentrazione plasmatica del colesterolo, in quanto, una sua assenza, dovuta ad alterazione genetica, comporta lo sviluppo dell’ipercolesterolemia familiare, che si manifesta con un’elevata concentrazione di LDL-C che possono essere ossidate e formare la placca aterosclerotica (Berg et al., 2012).

Tutte le lipoproteine contengono in percentuali diverse il colesterolo, tra queste possiamo distinguere il colesterolo in due grandi tipologie, di nostro interesse: il colesterolo presente nelle LDL, chiamato colesterolo LDL (LDL-C), e quello presente nelle HDL, il colesterolo HDL (HDL-C).

La loro concentrazione a livello plasmatico è un fattore predittivo per l’insorgenza del rischio cardiovascolare e di mortalità cardiovascolare, in quanto è stato ampiamente dimostrato che alte concentrazioni di colesterolo LDL predispongono alla formazione della placca aterosclerotica, alla base dell’aterosclerosi e di altre alterazioni del circolo sanguigno e metabolico come le dislipidemie e l’ipertensione (Perini et al., 2019).

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Ipercolesterolemia e rischio

cardiovascolare

I livelli di colesterolo hanno un’importante influenza nello sviluppo del rischio cardiovascolare, in quanto, data la scarsa capacità dell’organismo umano di catabolizzarlo, qualora fosse presente in quantità eccessive, determinerebbe un quadro patologico caratterizzato da alterazioni a livello cardiocircolatorio e metabolico.

Ipercolesterolemia

L’ipercolesterolemia è una condizione caratterizzata da una concentrazione elevata di colesterolo totale nel sangue, il quale viene trasportato prevalentemente dalle LDL e, se presenti ad una concentrazione troppo elevata, possono accumularsi sulla parete dei vasi sanguigni, in particolare le arterie, provocandone un ispessimento ed indurimento che progrediscono col tempo fino a formare una placca aterosclerotica (ateroma) che ostacola il flusso sanguigno e, nei casi più gravi, addirittura lo bloccano. Di conseguenza, se questa placca si forma a livello delle arterie coronariche, il cuore non riceve abbastanza ossigeno tanto da sviluppare l’angina pectoris, con dolore toracico, brachiale o mandibolare. La placca aterosclerotica in seguito ad ipercolesterolemia può infatti provocare infarto miocardico o ictus ischemico (Fonte: https://www.epicentro.iss.it/colesterolo/).

Si parla di ipercolesterolemia quando i valori della concentrazione di colesterolo circolante superano i 200 mg/dl a cui si possono associare anche valori di HDL ed LDL che si discostano dai valori normali:

• Colesterolo >200 mg/dl; • Colesterolo LDL >100 mg/dl; • Colesterolo HDL<50 mg/dl.

Sintomi e diagnosi

L’ipercolesterolemia normalmente è asintomatica, infatti la maggior parte degli individui non si accorge di avere un eccesso di colesterolo, di conseguenza, la diagnosi

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molto spesso avviene in seguito a fatti casuali, attraverso un esame del sangue (Fonte: https://www.epicentro.iss.it/colesterolo/).

Fattori di rischio

Tra i fattori di rischio annoveriamo l’alimentazione, il sovrappeso e l’obesità, l’abitudine tabagica ma anche la sedentarietà e malattie metaboliche come il DM2 e fattori di rischio non modificabili come il sesso, l’età e fattori genetici: infatti, le LDL tendono ad aumentare con l’età e soprattutto nelle donne, anche in concomitanza con la menopausa. Per quanto riguarda i fattori genetici, come visto in precedenza, mutazioni genetiche a carico dei geni dei recettori per le LDL possono comportare allo sviluppo dell’ipercolesterolemia familiare, caratterizzata da concentrazioni plasmatiche di T-C negli omozigoti anche fino a 680 mg/dl e 300 mg/dl negli eterozigoti (Berg et al., 2012, https://www.epicentro.iss.it/colesterolo/).

L’ipercolesterolemia è un noto fattore di rischio CV, infatti la vedremo spesso tra i fattori di rischio nelle CVD, come l’aterosclerosi, causata da concentrazioni elevate di LDL-C (Piepoli et al., 2016).

Il rischio cardiovascolare

Il rischio cardiovascolare è un indice che identifica la probabilità di sviluppare una malattia a carico dell’apparato cardiocircolatorio ed è influenzato da diversi fattori, modificabili e non modificabili.

Tra i fattori di rischio CV non modificabili troviamo età, sesso e familiarità, mentre tra quelli modificabili sono presenti sedentarietà, dieta inadeguata, fumo di sigaretta, consumo elevato di alcol, aumento della pressione sanguigna, livelli elevati di colesterolo plasmatico, diabete mellito, obesità (Salas-Salvadó et al., 2018).

Come appena accennato, il colesterolo svolge un ruolo importante nell’insorgenza del rischio CV, in particolare il colesterolo lipoproteico ricco in trigliceridi (TRL-C) e le piccole LDL, i cui livelli elevati sono stati associati ad un aumentato rischio cardiovascolare totale (Duran et al., 2020). Infatti, elevati livelli di TRL-C sono stati associati al doppio del rischio CV e alla coronaropatia, ed un aumento triplicato del rischio di infarto miocardico (Duran et al., 2020). Inoltre, la genetica ha portato alla luce

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nuove evidenze che dimostrano che i geni associati al metabolismo delle lipoproteine ricche in TG sono correlati allo sviluppo dell’aterosclerosi: parliamo soprattutto di varianti geniche a carico, ad esempio, delle lipasi, degli attivatori, inibitori e ligandi per i recettori coinvolti nella rimozione dei trigliceridi nelle malattie CV (Saeed et al., 2018).

Stima del rischio cardiovascolare

La stima del rischio CV viene spesso determinata attraverso la stima della probabilità di subire un evento cardiovascolare fatale o non fatale nei successivi 10 anni, considerando l’età, il sesso, la pressione sistolica, abitudine tabagica e il rapporto T-C/HDL-C (Perini et al., 2019). Il calcolo di questa probabilità, secondo le linee guida Europee del 2016, viene effettuato attraverso l’utilizzo del sistema SCORE (Systemic Coronary Risk Evaluation) rappresentato con delle tabelle in cui vengono riportati i parametri di età, sesso, pressione sistolica e concentrazione di colesterolo (Piepoli et al., 2016).

Ten-year CV risk

Il sistema SCORE, come già accennato, permette di stimare il rischio di presentare il primo evento aterosclerotico fatale nei successivi 10 anni e possiamo dire che, con un primo sguardo, il rischio cardiovascolare totale è circa tre volte maggiore di un rischio CV fatale negli uomini, quindi il rischio CVD fatale di 5% corrisponde ad un rischio fatale sommato al non fatale del 15%.

L’età di rischio cardiovascolare in una persona con numerosi fattori di rischio CV corrisponde al livello di rischio di una persona dello stesso sesso con lo stesso livello di rischio ma con livelli ideali di rischio: ecco perché, ad esempio, un uomo di 40 anni con alti livelli di alcuni fattori di rischio può avere lo stesso livello di rischio di un uomo di 60 anni. La considerazione dell’età di rischio cardiovascolare è importante soprattutto per la gestione degli individui giovani con un basso rischio assoluto ma con un elevato rischio relativo, infatti l’obiettivo è quello di comunicare cambiamenti dello stile di vita in modo da ridurre il rischio relativo (Piepoli et al., 2016).

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Tabelle SCORE e calcolo del rischio CV

Gli schemi di predizione del rischio cardiovascolare stimano il rischio di eventi a carico cardiocircolatorio nei 10 anni successivi, utilizzando le tabelle SCORE e classificando gli individui in rischio basso, moderato, alto e rischio molto alto. Inoltre, in base alle società nazionali di cardiologia che si rifanno all’European Society of Cardiology (ESC), la maggior parte delle nazioni, europee e non-europee, sono state classificate in base al loro livello di rischio nazionale in: nazioni a basso rischio, alto e molto alto.

Nazioni a basso rischio CV

La valutazione del basso rischio è basata sul tasso di mortalità relativo all’età calcolato nel 2012 in individui di età compresa tra 45 e 74 anni. Le principali nazioni inserite in questa categoria sono: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Regno Unito e altre.

Nazioni a rischio alto e molto alto

Nazioni ad alto rischio sono soprattutto rappresentate dalla regione meridionale e medio-orientale Europea e non-europea come Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Polonia, Tunisia, Turchia ed altre.

Nazioni a rischio molto alto, invece, presentano un livello di rischio raddoppiato rispetto alle nazioni a basso rischio, con una mortalità CV di 450/100000 negli uomini e 350/100000 nelle donne. Tra queste annoveriamo Albania, Bulgaria, Egitto, Algeria, Armenia, Federazione Russa, Siria e altre.

Rischio CV individuale

Per calcolare la stima del rischio cardiovascolare usando le tabelle, bisogna innanzitutto utilizzare la tabella appropriata, in base alla classificazione del rischio della nazione a cui l’individuo appartiene: dunque, pazienti di nazioni a basso rischio utilizzeranno una tabella diversa da quelli appartenenti a nazioni considerate ad alto rischio CV.

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In seguito, è necessario posizionarsi nella colonna riferita al genere dell’individuo, lo stato di fumatore o non fumatore, dopodiché, bisogna considerare la fascia d’età più prossima a quella del paziente e intersecare il livello di pressione sistolica (in un ipotetico asse Y) con la concentrazione di colesterolo plasmatico (ipotetico asse X). Si trova, dunque, la probabilità di rischio del paziente, il quale viene classificato appunto in diverse fasce di rischio in base alla percentuale calcolata (Figura 7).

• SCORE <1%: rischio molto basso, stato grazie al quale si raccomanda semplicemente di seguire uno stile di vita sano per mantenere questo livello di rischio;

• SCORE ≥1% e <5%: livello moderato;

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• SCORE ≥5% e <10%: rischio alto, a cui si consiglia fortemente di seguire uno stile di vita sano in maniera intensiva e potrebbero risultare dei candidati per una terapia farmacologica;

• SCORE ≥10%: rischio molto alto e, data la gravità del rischio, è richiesta la terapia farmacologica.

HELIUS Study

Lo studio HELIUS (Healthy Life in an Urban Setting) è stato un ampio studio di coorte sulla salute e sull’assistenza sanitaria tra diversi gruppi etnici residenti ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Lo studio ha valutato il rischio cardiovascolare seguendo le raccomandazioni delle linee guida europee che prevedono di stimare il rischio cardiovascolare a 10 anni utilizzando l'algoritmo SCORE. Sono presenti due tipi di algoritmo SCORE: uno che considera il colesterolo plasmatico totale e l’altro che considera il rapporto T-C/HDL-C. Lo studio si prefigge di mettere in evidenza eventuali differenze tra questi due algoritmi SCORE (Perini et al., 2019).

Le linee guida europee, comunque, raccomandano l'uso dell’algoritmo SCORE basato su T-C rispetto quello sviluppato su T-C/HDL-C. Questa raccomandazione si basa sulla constatazione che il rischio cardiovascolare stimato non differiva fortemente tra i due algoritmi. Solo il 6,5% dei partecipanti ha mostrato una discrepanza dell'1% o più, e sebbene l'accuratezza predittiva dell'algoritmo del colesterolo T-C/HDL-C fosse leggermente superiore a quella dell'algoritmo T-C, è stata preferita la semplicità dell'algoritmo T-C, nonostante il colesterolo HDL potrebbe essere importante tra quelli con un livello di rischio appena al di sotto della soglia per il trattamento, in quanto un basso livello di colesterolo HDL può qualificare questi individui per tale trattamento (Perini et al., 2019).

È stata calcolata la differenza tra gli algoritmi SCORE come rischio cardiovascolare stimato basato sul colesterolo T-C/HDL-C meno rischio cardiovascolare stimato basato su TC per ciascun partecipante e abbiamo tracciato questa differenza rispetto al rischio cardiovascolare medio stimato tra i due algoritmi SCORE.

Dopo aver applicato le classificazioni come raccomandato dalle linee guida europee per la prevenzione delle CVD (cioè rischio cardiovascolare basso, medio, alto, molto alto), è stato scoperto che si sono verificate alcune discrepanze nella classificazione del

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rischio CVD tra i due algoritmi, in entrambe le direzioni (cioè alcuni partecipanti sono stati classificati come rischio più elevato, mentre altri partecipanti sono stati classificati come rischio inferiore in un algoritmo rispetto all'altro). È stata osservata una similarità di risultati tra i due algoritmi per pazienti con rischio CV basso e moderato. Al contrario, è sorta una discrepanza tra i due algoritmi in pazienti a rischio alto e molto alto. Inoltre, in generale, lo stato di rischio cardiovascolare nelle donne è stato classificato leggermente inferiore dall'algoritmo del colesterolo T-C/HDL-C rispetto all'algoritmo T-C (Perini et al., 2019).

In generale, concludendo, la discrepanza tra i due algoritmi è irrilevante e i risultati dei due metodi possono essere simili tra tutti i gruppi etnici (Perini et al., 2019).

Malattie cardiovascolari

Il rischio cardiovascolare è una delle cause scatenanti una serie di malattie a carico dell’apparato cardiocircolatorio, tra le quali annoveriamo:

• dislipidemia;

• sindrome metabolica e insulino-resistenza; • infarto del miocardio;

• ictus;

• coronaropatia; • ipertensione;

• diabete mellito tipo 2; • aterosclerosi.

Dislipidemia

La dislipidemia è una condizione patologica caratterizzata da elevate quantità di lipidi, colesterolo plasmatico e/o trigliceridi o da un basso livello di colesterolo HDL che non è in grado di compensare i livelli di LDL, che risultano aumentati.

Classificazione

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• Incrementi solo del colesterolo totale (ipercolesterolemia pura o isolata); • Incrementi solo dei trigliceridi (ipertrigliceridemia pura o isolata);

• Incrementi sia del colesterolo totale che dei trigliceridi (iperlipidemie miste o combinate).

Eziologia

Le dislipidemie possono essere:

• Primarie: genetiche, con mutazioni singole o multiple causando, ad esempio, alterazioni nel metabolismo dei trigliceridi e del colesterolo LDL e sintesi del colesterolo HDL, come ipercolesterolemia familiare.

• Secondarie: causate dallo stile di vita e da altri fattori, come un eccessivo apporto di grassi saturi, colesterolo e sedentarietà.

Sintomatologia

La dislipidemia generalmente è in forma asintomatica, ma se sintomatica essa può portare all’insorgenza di coronaropatia, ictus o arteriopatia periferica. Tra i vari sintomi più comuni annoveriamo: epatosplenomegalia, parestesie, xantomi, dispnea e confusione.

Diagnosi

Vengono valutati il profilo lipidico sierico comprendente il colesterolo totale, HDL, LDL e trigliceridi.

Trattamento

Per quanto riguarda il trattamento medico si propone una riduzione del colesterolo LDL con l’utilizzo di statine, sequestranti degli acidi biliari e inibitori di PCSK9. Con il trattamento non farmacologico si consigliano cambiamenti dello stile di vita come attività fisica e una terapia alimentare.

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Sindrome metabolica

La sindrome metabolica è una patologia complessa caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo viscerale che si manifesta con una circonferenza vita elevata, dislipidemia, iperinsulinemia, insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2. Il quadro patologico è molto simile all’obesità. Il rischio è aumentato in pazienti con un rapporto vita/fianchi alto, viceversa un rapporto vita/fianchi basso diminuisce il rischio.

Rapporto vita/fianchi: • Normale se inferiore a 0,55 • Patologico se superiore a 0,55

Cause

• Fattori genetici • Sovrappeso

• Stili di vita e alimentazione

Fattori di rischio

• Obesità centrale • Aterosclerosi • Ipertensione • Dislipidemia

• Diabete mellito tipo 2

Criteri diagnostici

La sindrome metabolica viene diagnosticata se sono presenti almeno 3 dei seguenti sintomi:

• Circonferenza vita: >88 cm per le donne e >102 cm per gli uomini • Trigliceridi con valori maggiori di 150 mg/dl

• Colesterolo HDL: <40 mg/dl per la donna e <50 mg/dl per l’uomo • Pressione arteriosa >130/85 mmHg

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• Glicemia a digiuno >110 mg/dl

Trattamento

Come trattamento per la sindrome metabolica troviamo le stesse raccomandazioni per tutte le malattie cardiovascolari, ossia i cambiamenti dello stile di vita, come evitare il fumo di sigaretta, l’abuso di alcol, una dieta sana ed equilibrata associata ad un’adeguata attività fisica. Inoltre, se è presente una riduzione di almeno il 10% del peso, si assiste ad un miglioramento delle condizioni di insulino-resistenza, ipertensione e dislipidemia, strettamente correlate alla sindrome metabolica. Per quanto riguarda il trattamento farmacologico vengono utilizzati farmaci correttivi dei difetti metabolici.

Infarto miocardico

L’infarto al miocardio può essere compreso in una categoria di malattie cardiovascolari chiamate sindromi coronariche acute (attacco cardiaco, infarto al miocardio, angina pectoris).

Cause

La causa principale dell’infarto al miocardio deriva dall’ostruzione di un’arteria coronaria, vaso sanguigno addetto all’apporto costante di sangue ricco di ossigeno al muscolo cardiaco. L’ostruzione, dunque, impedisce o interrompe l’afflusso di sangue ad un’area del miocardio provocando la cosiddetta ischemia, che se è prolungata per vari minuti porta alla morte del tessuto cardiaco, determinando l’attacco cardiaco. L’arteria coronaria si ostruisce principalmente in seguito alla formazione di un ateroma, ossia un accumulo di colesterolo e altri lipidi sulla parete vasale.

Trattamento e prevenzione

Oltre all’assunzione di farmaci ipolipemizzanti per ridurre il rischio di decesso postinfartuale, consigliata soprattutto per pazienti ad alto rischio, come obesi e/o diabetici, viene fortemente consigliato di cambiare i propri stili di vita, come attuare una dieta sana ed equilibrata ipocalorica, a basso contenuto di grassi soprattutto saturi, smettere di fumare e ridurre il consumo di bevande alcoliche e l’abuso di sostanze, oltre ad un’attività fisica adeguata all’età del paziente.

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Ictus

L’ictus ischemico è un fenomeno derivato, anche in questo caso, dalla mancanza di perfusione di sangue ossigenato a livello cerebrale, causando deficit e danni neurologici.

Cause e fattori di rischio

Tra le cause dell’ictus annoveriamo l’occlusione aterotrombotica delle grandi arterie, l’embolia cerebrale, l’occlusione di piccole arterie cerebrali e la stenosi arteriosa con ipotensione.

I fattori di rischio che predispongono all’insorgenza dell’ictus possono essere distinti in fattori non modificabili (etnia/razza, sesso, anamnesi familiare positiva, età) e fattori modificabili (ipertensione, fumo di sigaretta, abuso di alcol e sostanze, diabete ed insulino-resistenza, dislipidemia, sedentarietà…)

Trattamento e prevenzione

Per il trattamento dell’ictus viene utilizzata una terapia farmacologica caratterizzata dalla somministrazione, ad esempio, di anticoagulanti. Per quanto riguarda la terapia non farmacologica nella gestione a lungo termine, si punta al cambiamento dei fattori modificabili.

Coronaropatia

La coronaropatia è una condizione patologica caratterizzata dall’alterazione del flusso ematico a carico delle arterie coronarie, causata dalla presenza di ateromi. La coronaropatia include le sindromi coronariche acute e la morte cardiaca improvvisa. Per queste ragioni, questa patologia rappresenta la principale causa di morte in entrambi i sessi e tra le malattie cardiovascolari più importanti nei Paesi industrializzati, oltre all’aterosclerosi.

Cause

Le cause principali della coronaropatia sono l’aterosclerosi delle arterie coronarie dovuta a deposito di grasso (ateroma), come colesterolo ed altri lipidi, o la disfunzione

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endoteliale. A causare la patologia influiscono anche i fattori di rischio, comuni con le altre malattie cardiovascolari.

• Fattori di rischio non modificabili: età, sesso, anamnesi familiare positiva, fattori genetici.

• Fattori di rischio modificabili: bassi livelli di colesterolo HDL (HDL-C), elevati livelli di colesterolo LDL (LDL-C), ipercolesterolemia, ipertensione, diabete mellito tipo 2 (DM2), fumo di sigaretta, dieta ricca di grassi soprattutto saturi, sedentarietà, elevati livelli della proteina C-reattiva.

Trattamento e prevenzione

Il trattamento prevede la somministrazione di farmaci antiaggreganti per la prevenzione di eventuali coaguli e statine per la diminuzione dei livelli di colesterolo, sia totale che LDL. Per quanto riguarda la prevenzione, vengono attuate le regole generali per il miglioramento dei fattori di rischio modificabili, quali perdita di peso, evitare fumo di sigaretta, attività fisica costante ed una dieta sana ed equilibrata povera di grassi saturi e a ridotto introito di sale.

Ipertensione arteriosa

L’ipertensione è una condizione caratterizzata, in un individuo adulto e a riposo, dal superamento dei seguenti valori pressori:

• Pressione sistolica >140 mmHg; • Pressione diastolica >90 mmHg.

La patogenesi della malattia può essere ricondotta ad un aumento delle resistenze periferiche (viscosità, ampiezza del calibro, ad esempio), regolate dal sistema nervoso, ormoni ed ossido di azoto. Per quanto riguarda gli ormoni, fondamentale è il ruolo dell’angiotensina II vasocostrittore del sistema RAS (renina-angiotensina-aldosterone) renale.

Tra le conseguenze dell’aumento pressorio annoveriamo lo skear stress, ossia un ispessimento della parete vasale, danno epiteliale, aumento dell’attività piastrinica ed aterosclerosi.

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Classificazione e fattori di rischio

Distinguiamo due tipologie di ipertensione arteriosa:

• Primaria: ad eziologia sconosciuta, influenzata da condizioni ambientali come stili di vita scorretti e da una componente genetica;

• Secondaria: conseguenza di una patologia già presente, come obesità, sindrome metabolica, stenosi dell’arteria renale, uropatia ostruttiva ed altre. Se queste patologie primarie vengono risolte, di conseguenza anche l’ipertensione regredisce.

Per quanto riguarda i fattori di rischio per portano all’insorgenza dell’ipertensione arteriosa evidenziamo:

• Cuore: infarto, scompenso cardiaco;

• Cervello: ictus ischemico, ictus emorragico;

• Fattori ambientali: età, fumo, obesità, sindrome metabolica.

Trattamento

Nel trattamento farmacologico vengono utilizzati farmaci ipertensivi, che vanno ad agire a livello del sistema RAS. Per quanto riguarda, invece, il trattamento non farmacologico, così come per le altre malattie CV, si raccomanda l’attuazione di uno stile di vita sano, come l’attività fisica costante e adeguata, smettere di fumare, ridurre l’assunzione di alcol ed una dieta iposodica, a basso impatto lipidico, con sostanziale apporto di frutta e verdura.

Diabete mellito tipo 2

Il diabete è un disordine metabolico ad eziologia multipla, caratterizzata da iperglicemia cronica con relativa alterazione metabolica a carico di carboidrati, proteine, lipidi, causata da alterazione nella produzione e sensibilità all’insulina.

Cause e fattori di rischio

Per quanto riguarda il diabete mellito tipo 2 (DM2) distinguiamo fattori genetici come l’insulino-resistenza dovuta a difetti a tre livelli della sua via di segnalazione

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(pre-recettore, recettore e post-recettore), un difetto nella secrezione oppure fattori ambientali, come l’età, il fumo, l’abuso di alcol, sedentarietà ed una dieta ipercalorica ed ipercarboidratica.

Fattori di rischio: sovrappeso, HDL-C basso, trigliceridi elevati, ipertensione arteriosa.

Trattamento

Terapia medica: uso di insulina o trattamento farmacologico in modo da abbassare i valori di glicemia e permetterne una migliore gestione.

Terapia non farmacologica: si consiglia l’attuazione di uno stile di vita sano come smettere di fumare, ridurre l’assunzione di bevande alcoliche, svolgere un’adeguata attività fisica, in quanto permette di utilizzare gli zuccheri circolanti e aumentare i livelli di HDL.

Importante nella gestione del paziente diabetico è certamente la terapia nutrizionale, che si compone in un programma di educazione alimentare, un corretto piano alimentare tale da porre particolare attenzione all’assunzione di carboidrati. Il piano nutrizionale prevede l’assunzione di alimenti a basso impatto glicemico, un aumento nel consumo di fibra alimentare con frutta e verdura (nel caso della frutta scegliere quella a basso indice glicemico) e a basso impatto lipidico, limitando soprattutto l’assunzione di lipidi saturi.

Aterosclerosi

L’aterosclerosi è la forma più diffusa di arteriosclerosi, causata dalla formazione di placche aterosclerotiche che si vanno a depositare lungo la parete delle arterie di medio e grosso calibro. La placca aterosclerotica è formata da lipidi, colesterolo LDL principalmente, cellule infiammatorie, muscolari lisce e tessuto connettivo, ed è la manifestazione clinica più comune nell’aterosclerosi. Questa patologia è la causa principale di morbilità e mortalità nei Paesi sviluppati, la cui prevalenza sta aumentando anche nei Paesi in via di sviluppo, diventando quindi la principale causa di morte nel mondo. L’aterosclerosi è spesso asintomatica anche per lungo tempo, durante il quale però continua a formarsi la placca fino a sfociare in un’alterazione del flusso sanguigno. Le conseguenze sono molteplici: attacchi ischemici transitori, sindromi coronariche acute, trombosi, embolia fino a morte improvvisa.

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Fattori di rischio

Nonostante le LDL rappresentano la causa primaria dell’aterosclerosi, intervengono altri fattori, anche in questo caso distinti fattori di rischio modificabili e non modificabili (Grundy et al., 2019).

• Fattori di rischio non modificabili: età, anamnesi familiare positiva e sesso; • Fattori di rischio modificabili: dislipidemie con elevati livelli di colesterolo

totale o LDL e bassi livelli di HDL, ipertensione, diabete mellito tipo 2, fumo di sigaretta, abuso di alcol, sedentarietà, obesità, sindrome metabolica e dieta non equilibrata.

Trattamento e prevenzione

Come per tutte le malattie cardiovascolari, anche per l’aterosclerosi si procede con il trattamento farmacologico come l’utilizzo di farmaci antiaggreganti e antiaterogeni e statine per ridurre la quota di colesterolo totale e LDL.

La prevenzione vede l’attuazione delle misure di riduzione dei fattori di rischio modificabili, come uno stile di vita sano evitando il fumo di sigaretta, il consumo di alcol, l’abuso di sostanze, un’adeguata attività fisica e una dieta a basso intake di acidi grassi saturi, trans e carboidrati raffinati, a favore invece di acidi grassi polinsaturi, un aumento dell’apporto di fibre, frutta e verdura.

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Come si può notare, tutte le tipologie di malattie cardiovascolari hanno alcune caratteristiche in comune, come ipercolesterolemia quale fattore di rischio, ma soprattutto le indicazioni per il trattamento e la prevenzione. Di seguito si elencano gli aspetti comuni.

Fattori di rischio comuni Trattamento e prevenzione Colesterolo totale elevato Terapia farmacologica con uso di statine

Sedentarietà Adeguata attività fisica

Fumo di sigaretta Evitare fumo di sigaretta

Abuso di alcol Limitare consumo di alcol

Dieta ricca di grassi Dieta sana, varia ed equilibrata

Come è possibile notare, tra i trattamenti per il colesterolo totale elevato troviamo il trattamento farmacologico con l’utilizzo di statine, mentre tra i trattamenti non farmacologici annoveriamo stili di vita sani, come un’adeguata attività fisica, limitazione del consumo di alcol e una dieta varia ed equilibrata, attraverso il consumo di alimenti particolarmente ricchi di nutrienti che hanno un ruolo positivo nel controllo dei livelli di colesterolo, chiamati nutraceutici.

Trattamento farmacologico: l’uso di statine

L’intervento terapeutico

dell’ipercolesterolemia prevede il trattamento farmacologico che si fonda sull’utilizzo di una delle classi di farmaci ipocolesterolemici tra i più diffusi ed efficaci: le statine.

Il meccanismo d’azione alla base di questo tipo di farmaci ha come bersaglio l’enzima HMG-CoA reduttasi (HMG-CoA reduttasi): le statine lo inibiscono

Tabella 1: Fattori di rischio comuni alle principali malattie cardiovascolari e rispettive strategie di trattamento e prevenzione.

Figura 8: Alcuni tipi di statine (da:

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competitivamente. Di conseguenza, la diminuzione del colesterolo intracellulare determina un aumento dei recettori per le LDL, favorendone una maggiore captazione e una riduzione del colesterolo circolante. Inoltre, le statine inibiscono la produzione del coenzima Q10 (Littlefield et al., 2014), della vitamina K (van Rein et al., 2016).

Il trattamento con le statine è di tre intensità diverse (elevata, moderata, bassa), ognuna delle quali si prefigge una diminuzione delle LDL (Grundy et al., 2019)

Tra le statine più utilizzate troviamo: atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, simvastatina, pravastatina e rosuvastatina.

Nel corso degli anni, nonostante la loro ampia diffusione, si sono evidenziati casi di bassa tollerabilità e sviluppo di possibili effetti collaterali, tra i quali l’epatotossicità e la miopatia (https://www.endocrinologiaoggi.it/2018/06/statine/). Tra gli effetti collaterali troviamo (https://www.asseintestinocervello.com/2017/10/13/statine-e-colesterolo/):

• Disturbi muscolo-scheletrici: mialgia, crampi muscolare, debolezza; • Diabete: le statine sono in grado di aumentare l’insulino-resistenza;

• Malattie neurodegenerative: dovute ad una riduzione della concentrazione totale di colesterolo, componente importante per il cervello. Di conseguenza si riduce la formazione di sinapsi, causando malattie neurodegenerative, perdita di memoria e rischio aumentato di crisi epilettiche;

• Cancro: aumenta il rischio di cancro alla mammella per riduzione dello squalene e cancro alla prostata;

• Disturbi del sonno; • Disturbi gastrointestinali.

Un importante trial clinico, SAMSON, presentato alle Scientific Sessions 2020 dell’American Heart Association (AHA20) ha indagato l’effetto nocebo derivato dall’assunzione delle statine con un disegno N-of-1. Ad un numero di 60 pazienti, che hanno precedentemente interrotto il trattamento con le statine a causa degli effetti collaterali, sono state consegnate dodici confezioni di farmaco, quattro con la statina, l’atorvastatina con un dosaggio di 20 mg, quattro con un placebo e le ultime quattro vuote. Ogni mese veniva loro indicato quale confezione utilizzare con una strategia completamente casuale, quindi i pazienti non erano a conoscenza del contenuto della confezione che si apprestavano ad utilizzare e comunicavano la presenza e gravità dei

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sintomi utilizzando una scala da 0 a 100. Alla fine dello studio è stato osservato quanto segue:

• Effetti collaterali quasi nulli quando i pazienti utilizzavano la confezione vuota, non sottoposti a trattamenti;

• Peggioramento degli effetti collaterali quando i pazienti assumevano la statina. • Effetti collaterali con il placebo con un livello di gravità simile al 90% di quello

della statina.

Di tutti questi pazienti, inoltre, è stato evidenziato che la metà è riuscita a riprendere il trattamento con la statina.

Secondo le maggiori linee guida sul rischio cardiovascolare, il trattamento farmacologico dovrebbe essere indicato solamente per i pazienti con un rischio cardiovascolare alto (Perini et al., 2019).

Trattamento nutraceutico

Con il termine “nutraceutico” si definisce un composto attivo naturale presente negli alimenti, integratori alimentari e prodotti erboristici con effetti benefici sulla salute. Generalmente, i nutraceutici sono considerati per la loro capacità di dare un effetto preventivo e meno per un loro potenziale uso come agenti curativi. Questi, infatti, sono in grado di prevenire lo sviluppo di condizioni di alterazione dello stato di salute o l’insorgenza di determinate malattie migliorano lo stato generale, riducendo ad esempio l’insorgenza o l’impatto di patologie croniche, come quelle cardiovascolari.

Nelle malattie a carico del sistema cardiocircolatorio, molti sono i nutraceutici presenti in un elevato numero di alimenti che svolgono l’importante ruolo di prevenzione. Di seguito verranno illustrati i principali nutraceutici, la loro origine alimentare, i bersagli e i meccanismi d’azione nella prevenzione cardiovascolare, con particolare interesse nell’ipercolesterolemia (Casas et al., 2018).

Polifenoli

I polifenoli sono una classe eterogenea di composti chimici formati da un anello aromatico a cui sono legati gruppi ossidrilici in qualsiasi posizione dell’anello

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benzenico. All’anello aromatico sono legati uno o più gruppi funzionali che vanno ad influenzare le proprietà chimico-fisiche del polifenolo stesso.

Le origini alimentari di questo gruppo di nutraceutici sono vegetali: sono presenti, dunque, in quasi tutti i tipi di frutta e verdura, a diversa concentrazione e a biodisponibilità diversa.

Le loro funzioni principali sono quelle di azione antiossidanti per la presenza abbondante di gruppi ossidrilici e scavengers dei radicali liberi, avendo quindi effetti antitumorali e protettivi delle funzioni cardiovascolari.

I polifenoli sono classificati in:

• Stilbeni, tra cui annoveriamo il resveratrolo; • Lignani;

• Curcuminoidi, a cui appartiene la curcumina;

• Acidi fenolici, divisi in acido idrossibenzoico e acido idrossicinnamico;

• Flavonoidi: distinti in sette classi, come gli isoflavoni, flavanoni, presenti nel genere citrus e soprattutto metaboliti secondari del bergamotto.

Resveratrolo

Il resveratrolo è un composto polifenolico che appartiene alla classe degli stilbeni, formato da due anelli aromatici uniti da un doppio legame stilbenico. Il resveratrolo viene prodotto dalle piante in seguito all’attacco di funghi patogeni, in quanto ha un effetto di difesa per la pianta. Questo ci permette di affermare che il resveratrolo svolge un’importante funzione protettiva ed antinfiammatoria.

Le fonti vegetali principali sono:

• Vitis vinifera, ossia la pianta della vite, presente quindi nell’uva e quindi nel vino, prevalentemente rosso;

• Frutti rossi di bosco;

Figura 9: struttura del resveratrolo. (da: https://www.sigmaaldrich.com/catalog/substance/ resveratrol2282450136011?lang=it&region=IT).

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• Arachide;

• Polygonum cuspitatum: una pianta infestante, cui si è visto avere una concentrazione di resveratrolo 400 volte superiore dell’uva.

Negli anni sono state attribuite varie proprietà benefiche al resveratrolo, tra cui la prevenzione cardiovascolare: a livello del diabete mellito tipo 2 regola la glicolisi e la sensibilità all’insulina, così come è in grado di abbassare i livelli di colesterolo e i livelli pressori. Il meccanismo d’azione è attraverso la sovra-regolazione di eNOS (ossido nitrico endoteliale), andando a migliorare la funzione endoteliale. Ciò determina effetti antinfiammatori, viene inibita la sintesi di acidi grassi e trigliceridi, vengono attivate molecole con azione antinfiammatoria e antitumorale, come AMPK e SIRT1 (Novelle et al., 2015).

A livello cardiovascolare, come mostra la Figura 10 in patologie cardiovascolari primarie è in grado di ridurre i livelli di colesterolo e ApoB, mentre i pazienti con rischio cardiovascolare, migliora il profilo lipidico e della glicemia (Singh et al., 2019).

Flavonoidi

I flavonoidi sono polifenoli formati da un anello aromatico e due anelli condensati. Sono suddivisi in sette classi in base a caratteristiche strutturali ed al tipo di gruppi sostituenti. Sono polifenoli ubiquitari, donano colori vivaci a fiori, frutti e foglie dove sono presenti. Tra le fonti alimentari di flavonoidi troviamo il Citrus, che contiene flavanoni, flavonoli e flavoni, tutti presenti in forma aglicona o glicosilata, ossia legati a zuccheri.

Evidenze cliniche hanno dimostrato che la classe dei flavanoni è in grado di abbassare il rischio cardiovascolare e cerebrovascolare, andando ad agire su trigliceridi, colesterolo totale e LDL.

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Questo effetto preventivo si è notato in particolare nell’utilizzo dell’esperidina, flavanone glicoside, ad una dose di 400 mg/die per otto settimane: si sono ridotti i livelli di LDL e colesterolo totale e sono invece aumentati i livelli di HDL. L’utilizzo di 500 mg/die di esperidina hanno fatto diminuire colesterolo e ApoB, proteina coinvolta nella formazione delle LDL (Schade et al., 2020).

Il problema nell’uso di questo nutraceutico sta nella quantità di flavanoidi biodisponibili, dunque per affermare un nesso causale sono necessarie ulteriori evidenze scientifiche.

Le funzioni ipocolesterolemizzanti del genere

citrus vengono svolte prevalentemente dal

bergamotto, i cui metaboliti secondari sono proprio flavanoni, presenti in forma aglicona ma anche come glicosidi, come la melitidina (di Donna et al.,

2014). Questi flavanoni, in particolare la melitidina, contengono una porzione accessoria, l’acido 3-OH-3-metilglutarilico, che inibisce l’enzima HMG-CoA reduttasi, il quale catalizza la seguente reazione (Perini et al., 2019):

(R)-mevalonato + CoA + 2NADP+ ⇄ 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA + 2NADPH + 2H+

Diventando substrato dell’enzima, l’acido 3-OH-3-metilglutarilico diminuisce la biosintesi del colesterolo, regolandola.

Si è visto che il trattamento di ratti ipercolesterolemici con 20ml di bergamotto/kg di peso corporeo, ha portato a diversi risultati importanti (Carson et al., 2020):

• Diminuzione del 42% del colesterolo totale; • Diminuzione del 44% delle LDL;

• Diminuzione del 25% dei livelli di trigliceridi; • Aumento del 21% del colesterolo HDL

Figura 11: classi di flavonoidi (da:

https://www.tuscany- diet.net/2014/01/22/flavonoidi-definizione-struttura-classificazione/).

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Composti solforati

I composti solforati sono composti chimici presenti prevalentemente nelle Brassicaceae o Crucifere e nelle Alliacee, sotto forma rispettivamente di composti allilici e glucosinolati, entrambi contenenti zolfo, il quale dona il caratteristico odore durante la cottura. Tra le Crucifere troviamo: broccoli, cavolini di Bruxelles, cavoli, cavolfiore, rape ed altri. Per quanto riguarda le Alliacee, invece, identifichiamo: aglio, cipolla, scalogno ed erba cipollina.

Il meccanismo d’azione dei composti solforati si esplica tramite la liberazione di solfuro di idrogeno (H2S) nell’organismo dopo la loro assunzione. Il solfuro d’idrogeno è

liposolubile, dunque attraversa le membrane e ha effetti sia antinfiammatori, attivando una molecola chiamata Nrf2, la quale inibisce NF-kB, un fattore coinvolto in molte patologie, tra cui quelle cardiovascolari, ma anche antiossidante e scavenger.

Per quanto riguarda il quadro cardiovascolare, sono le Alliacee il gruppo di alimenti di nostro interesse che svolgono un miglioramento del profilo ipercolesterolemico.

Le alliacee, e soprattutto l’aglio, si è visto avere effetti positivi su (Toth, 2016): • Rischio cardiovascolare, nonostante siano necessari ulteriori studi;

• Pressione sanguigna: l’estratto di aglio abbassa la pressione sistolica e diastolica;

• Profilo lipidico: diminuisce i livelli di LDL e colesterolo totale in pazienti ipercolesterolemici, favorendo invece la concentrazione delle HDL.

Riso rosso fermentato

Il riso rosso fermentato è un prodotto derivato dalla fermentazione della pianta Oryza sativa con un micete chiamato Monascus purpureus per otto settimane. Veniva utilizzato come conservante e medicinale. La fermentazione produce molti metaboliti importanti, come vitamine del gruppo B, flavonoidi, acidi grassi saturi ed insaturi, ma

soprattutto un gruppo di nove molecole chiamate monacoline. Tra queste nove monacoline, quella più importante è la monacolina K, in quanto ha una struttura simile

Figura 12: Similitudine tra la struttura della monacolina K e la lovastatina (da:

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alle statine, in particolare alla lovastatina (Figura 12), usata per il trattamento delle dislipidemie e del colesterolo. La monacolina K nel fegato viene trasformata in un β-idrossiacido, il quale è il metabolita attivo che inibisce l’enzima HMG-CoA reduttasi, agendo come presentato nella figura seguente (Figura 13).

L’EFSA ha riconosciuto gli effetti ipocolesterolemici della monacolina K a dosaggio giornaliero di 10 mg (Agostini et al., 2011). Studi randomizzati controllati in doppio cieco hanno evidenziato una riduzione del colesterolo totale ed LDL del 16-20% e del 22-26% rispettivamente con 7,5 e 11,4 mg al giorno del principio attivo per 8-12 settimane (Liu et al., 2006).

Il problema nell’utilizzo del riso rosso fermentato è il dosaggio della monacolina K, in quanto, trattandosi di una fermentazione funginea, non è possibile determinare una concentrazione stabile e costante. Di conseguenza, dosaggi troppo elevati di monacolina K provocano effetti avversi statina-like, come epatotossicità, rabdomiolisi e nefrotossicità, in quanto la fermentazione produce una sostanza chiamata citrilina, una micotossina.

Alcaloidi

La berberina è un alcaloide isochinolinico presente in diverse specie di piante, tra le quali annoveriamo

Berberis vulgaris, Coptis chinensis, Berberis aristata.

Oltre alla funzione antidiabetica con regolazione della via di segnalazione dell’insulina, della berberina si

Figura 13: Meccanismo d’azione della monacolina K nella biosintesi del colesterolo.

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evidenziano le proprietà regolatrici del profilo lipidico, soprattutto nelle dislipidemie e ipercolesterolemie (Pirillo & Catapano, 2015).

Nella Figura 15 possiamo notare i meccanismi alla base degli effetti ipocolesterolemizzanti della berberina. Tra questi troviamo: inibizione di PCSK9 associato all’aumento dei livelli del recettore per le LDL (LDL-R), riduzione della sintesi di colesterolo.

La PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9) è un inibitore del LDL-R, in quanto, legandosi fa sì che nel momento dell’endocitosi il recettore non venga riciclato e riportato sulla membrana

citoplasmatica, ma che piuttosto sia indirizzato verso processi di degradazione. Questo comporta un aumento dei livelli di LDL circolanti (Figura 16). La berberina si lega al PCSK9, inibendolo, favorendo l’esposizione sulla membrana citoplasmatica del recettore e quindi aumentando l’assorbimento delle LDL (Pirillo & Catapano, 2015).

Figura 16: Ruolo dell’inibitore del PCSK9 (Casas et al., 2018).

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