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"Le Comte de Gabalis", la diffusione anglo-italiana di un dialogo controverso

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(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE, LETTERATURE E

FILOLOGIE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

Le Comte de Gabalis, la diffusione anglo-italiana di un dialogo

controverso

CANDIDATO

RELATORE

Chiara De Gaudio

Chiar.ma Prof.ssa Francesca Fedi

CONTRORELATORE

Chiar.ma Prof.ssa Simona Beccone

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(3)

 

Indice

Introduzione...5

Henri de Montfaucon de Villars...8

Il contesto culturale in cui è stato prodotto Le Comte de Gabalis (1670)...10

L’ambiente di Port-Royal...10

Il pensiero libertino...12

La diffusione della moda delle arti occulte ed esoteriche...17

Le Comte de Gabalis...19

La diffusione del Comte de Gabalis in area francese...29

Le riedizioni e sequel apocrifi...29

Testi che traggono ispirazione dal Comte de Gabalis...32

La diffusione del Comte de Gabalis in area anglosassone...35

L’influenza dell’ambiente della Royal Society...35

La traduzione di Philip Ayres...37

La traduzione di Archibald Lovell...50

The Rape of the Lock e la successiva fortuna del Comte de Gabalis in area anglosassone...61

La diffusione del Comte de Gabalis in area italiana...68

Giuseppe Francesco Borri...68

Giovanni Gerolamo Arconati Lamberti...69

La chiave del gabinetto del cavaglier Gioseppe Francesco Borri, milanese...71

Raimondo di Sangro, principe di Sansevero...81

La massoneria e il progetto culturale di Sansevero...84

Il Conte di Gabalì...86

Appendice (a)...92

Area francese...92

Adattamenti del Comte de Gabalis...92

Testi che citano Le Comte de Gabalis...92

(4)

 

Testi che citano Villars...93

Testi che citano Gabalis...94

Testi che citano gli spiriti elementali...95

Area inglese...101

Testi che citano gli spiriti elementali...101

Area tedesca...102

Testi che citano gli spiriti elementali...102

Appendice (b)...103 Appendice (c)...105 Appendice (d)...106 Appendice (e)...107 Appendice (f)...108 Appendice (g)...109 Bibliografia...110

Edizioni del Comte de Gabalis...110

Francesi...110

Inglesi...110

Italiane...111

Testi secondari...112

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Introduzione

Questo studio si propone di analizzare la diffusione in area anglosassone e italiana del dialogo Le Comte de Gabalis pubblicato per la prima volta a Parigi da Henry de Montfaucon de Villars. La ricerca è stata condotta attraverso l’esame delle traduzioni di questo testo che sono state pubblicate in lingua inglese e in italiano nel XVII e nel XVIII secolo.

Fin dalla sua comparsa, quest’opera ha posto una serie di problemi interpretativi dovuti alla molteplicità di prospettive che si intersecano nel testo e alla varietà dei problemi che vi sono affrontati o anche solo evocati allusivamente: la questione delle scienze segrete, l’affacciarsi del nuovo metodo scientifico, l’indagine diretta sulla natura che si contrappone agli insegnamenti della tradizione religiosa, la possibilità di nuove letture della Sacra Scrittura e l’incapacità del demonio di interferire negli affari umani. Il lettore si trova coinvolto in un dialogo dove la posizione di ognuna delle parti risulta continuamente sfumata; inoltre, queste prospettive mutevoli si intrecciano a loro volta con il disegno dell’autore, il cui progetto satirico dichiarato riesce a spiegare solamente in piccola parte la costruzione del testo.

I temi controversi affrontati dell’opera di Villars, e l’ambiguità della posizione dell’autore in merito ad essi, hanno immediatamente sollevato aspre polemiche, con forti ripercussioni anche sull’opinione pubblica, tanto che, nel contesto dello scontro tra gesuiti e giansenisti, Antoine Arnauld attaccò Villars in modo diretto e veemente, cercando di screditarlo anche sul piano personale. Tuttavia, le molteplici linee interpretative autorizzate dal testo sono ciò che, nel tempo, lo ha reso ancora interessante e capace di essere via via riattualizzato, con valenze, prospettive e significati di volta in volta differenti. Già Edward Seeber, in un saggio datato ma ancora prezioso,1 aveva esaminato l’impatto del Comte de Gabalis sulla diffusione del sistema degli

spiriti elementali che avevano incontrato un certo successo come personaggi letterari nella produzione successiva all’opera di Villars. La sua analisi tuttavia si concentra non solo su un particolare aspetto dell’opera, le creature elementali appunto, ma anche su un’area piuttosto ristretta, quella francese, nonostante egli prenda in considerazione anche alcune opere inglesi e tedesche, per documentare la popolarità del testo di Villars a livello europeo.

Esistono svariate edizioni commentate dell’opera di Villars, nella sua veste originale francese, in cui vengono approfonditamente analizzate le varie sfaccettature del testo; tra queste, la più

1 E.D.SEEBER, Sylphs and Other Elemental Beings in French Literature since Le Comte de Gabalis, “P.M.L.A.”, 59

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completa e aggiornata risulta essere l’edizione critica messa a punto da Didier Kahn nel 2010,2

riedita in forma più snella nel 2018.3 Questo studio parte proprio dall’edizione di Kahn del 2010

(che si basa sulla princeps del 1670), per proporre un’analisi in parallelo delle traduzioni inglesi di Philip Ayres e Archibald Lovell, e di quelle italiane di Giovanni Gerolamo Arconati Lamberti e Raimondo di Sangro (la prima solo parziale), al fine di comprendere come l’opera di Villars sia stata recepita e interpretata dai vari autori che, traducendola nella propria lingua, hanno voluto appropriarsenee spesso piegarne il senso alle loro rispettive urgenze comunicative.

È in area anglosassone, infatti, che nasce il mito, promosso in seguito da Alexander Pope, del Comte de Gabalis come testo rosacrociano, una caratterizzazione che rimarrà legata all’opera di Villars fino al Novecento. Tuttavia, nonostante al Comte de Gabalis venga riconosciuto un ruolo cruciale nell’ispirazione di un classico della letteratura come il Rape of the Lock, non esistono commenti puntuali alle versioni inglesi del testo, le quali peraltro si discostano in più punti, anche significativamente, dall’originale francese.

Allo stesso modo, la mancanza di studi critici in merito rende estremamente difficile inquadrare un testo controverso come La chiave del gablinetto del cavaglier Borri, che è stato attribuito ad Arconati Lamberti soltanto in tempi piuttosto recenti. Per decenni, le lettere che compongono il nucleo del testo, tra le quali figura una versione parziale e rimaneggiata del testo di Villars, retrodatata rispetto alla pubblicazione dell’originale francese, sono state ritenute autentiche e effettivamente attribuite a Borri. Questo ha dato origine a una controversia sulla paternità del Comte de Gabalis che ha continuato a far discutere fino all’inizio del secolo scorso.

Non meno problematica risulta la scelta del principe di Sansevero di pubblicare, accanto alla traduzione del Rape of the Lock, anche la versione italiana del Comte de Gabalis, alla quale sembra addirittura attribuita una maggiore rilevanza rispetto al celebre poemetto di Pope.

Il quadro che si ricava dall’analisi della ricezione del Comte de Gabalis nel XVII e XVIII secolo è quello di un’Europa culturalmente tanto sfaccettata quanto l’opera stessa. Questo testo conosce il culmine della popolarità in un contesto dove continuamente si confrontano schieramenti contrapposti, dai confini spesso sfumati, riconducibili comunque a due orientamenti complessivi: quello di chi sosteneva le ragioni intangibili della tradizione religiosa, puntando a rafforzare un bagaglio di conoscenze dogmatiche proprio dell’educazione scolastica, e l’insieme variegato dei fautori di una maggiore libertà d’indagine filosofica e scientifica, di fronte ai quali la Chiesa inizia a vedere la propria egemonia incrinarsi mentre il nuovo pensiero scientifico si fa largo tra le

2 H. DE MONTFAUCON DE VILLARS, Le Comte de Gabalis, ou Entretiens sur les sciences secrètes; avec l’adaptation

du Liber de nymphis de Paracelse par Blaise de Vigenère (1583), ed. présentée et annotée par D. Kahn, Champion,

Parigi, 2010. D’ora in poi questa edizione sarà indicata come Kahn, 2010.

3 H. DE MONTFAUCON DE VILLARS, Le Comte de Gabalis, Le Belles Lettres, édité et présenté par D. Kahn, Parigi,

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macerie dell’ermetismo rinascimentale. È in mezzo a questo processo di diffrazione della verità che si colloca il Comte de Gabalis, il cui esibito impianto satirico offusca il messaggio originario ma permette all’opera di Villars di ammiccare ora ad una posizione ora ad un’altra, e di adattarsi alle esigenze contingenti mettendo in luce di volta in volta le varie anime del testo: dalla spinta a bandire ogni forma di superstizione, all’invito ad indagare il mondo secondo i criteri del metodo scientifico, alla rivalutazione delle scienze occulte.

Rispetto al lavoro svolto fin qui resterebbe da ampliare il campo d’indagine, prendendo in considerazione anche le traduzioni e i rifacimenti del Gabalis in lingua tedesca. Infatti, è importante sottolineare che il testo ebbe un notevole successo anche in quest’area: nonostante le creature elementali fossero già presenti nel romanzo di Grimmelshausen, L’Avventuroso Simplicissimus,4 sembra che la loro diffusione nella letteratura tedesca debba essere ricondotta

prevalentemente all’influenza dell’opera di Villars,5 di cui restano due traduzioni settecentesche.6

Sarebbe, inoltre, interessante approfondire ulteriormente il rapporto tra il testo di Villars e le varie opere a cui, nel tempo, è stato accostato. In particolare, si dovrebbe indagare con più cura la relazione tra i testi che compongono le lettere della Chiave del gabinetto del cavaglier Borri, per gettare una luce più chiara sul disegno di Arconati Lamberti. Ancora, sarebbe opportuno osservare più attentamente il legame tra il Riccio rapito e Il conte di Gabalì nell’edizione di Sansevero, al fine di ampliare le prospettive sul progetto culturale di Raimondo Di Sangro.

4 H.J.C. VON GRIMMELSHAUSEN, Der Abentheurliche Simplicissimus Teutsch, Felsecker, Norimberga, 1669. 5 Kahn, 2010, p. 124.

6 La prima a cura di J.G. Lindner, Unterredungen über die geheimen Wissenschaften: eine Schrift, die den Dichtern

vielleicht einigermaßen nützlich seyn kann, Fr. W. Birnstiel, Berlino-Lipsia, 1764; la seconda a cura di F.L.W.

Meyer, Graf von Gabalis oder Gespräche über die verborgenen Wissenschaften: aus dem Französischen, Fr. Maurer, Berlino, 1782. Vedi Kahn, 2010, pp. 124-25, nota 269; per l’attribuzione della seconda traduzione a Meyer si veda https://opacplus.bsb-muenchen.de/title/BV004171223 (ultimo accesso 16-04-2020).

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Henri de Montfaucon de Villars

Il nome dell’autore, approssimato nel corso del XX secolo, è indicato in un documento giudiziario del 1669: “Henry de Montfaucon, qui se fait appeler abbé de Villars”.7 Il titolo di abate poteva

essere utilizzato anche da ecclesiastici privi di abbazia o benefici: e non esiste un’abbazia di Villars, si tratta soltanto di un possedimento terriero della famiglia di Montfaucon. Henri, invece, faceva parte della congregazione dei Padri della Dottrina cristiana, una congregazione dedita all’insegnamento che gestiva diverse scuole nelle province francesi.8 Fu coinvolto in una scia di

vendette familiari legate all’assassinio del padre da parte del cognato, Paul de Terrouil, signore di Montgaillard. Uno dei fratelli di Henri vendicò il padre e poi fu costretto a fuggire per la condanna alla ruota da parte del Parlamento di Tolosa, il tribunale che aveva giurisdizione in quella provincia. Successivamente, nel 1668, quattro fratelli de Montfaucon, compreso Henri, cercarono di uccidere anche il figlio dell’assassino del padre, Pierre de Terrouil, e ne incendiarono il castello, causando la morte delle due donne che si occupavano della dimora del signore in sua assenza. Questo provocò un nuovo mandato d’arresto emesso dal Parlamento di Tolosa, e la condanna al supplizio della ruota nel 1669, eseguita in effige per l’impossibilità di reperire i condannati.9 Probabilmente fu la necessità di fuggire dalla giustizia di Tolosa a spingere l’abate di

Villars a spostarsi sotto la giurisdizione del Parlamento di Parigi, stabilendosi nella capitale e insegnando in una delle scuole gestite dai Padri della Dottrina.10 A Parigi si avvicinò all’ambiente

di Port-Royal, per tramite del cugino Montfaucon de La Péjan, che lo introdusse anche nelle famiglie più importanti della nobiltà parigina, come quella di Hugues de Lionne e di Michel Le Tellier, ministri di Luigi XIV.11 È in questo periodo che Henri de Montfaucon de Villars si

registra alla Compagnie des Libraires,12 scrive e pubblica anonimamente Le Comte de Gabalis,

che ha un discreto successo, soprattutto considerando che si trattava della prima pubblicazione di un autore sconosciuto. Il suo nome, però, viene subito associato all’opera, tanto che, a marzo del 1671, pochi mesi dopo la pubblicazione del libro (probabilmente nel dicembre del 1670), l’arcidiacono di Parigi vieta la predicazione all’abate di Villars a meno che quest’ultimo non

7 Documento del tribunale di Tolosa reperibile online all’indirizzo https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k133780n. 8 D. KAHN, Présentation, in H. DE MONTFAUCON DE VILLARS, Le Comte de Gabalis, Le Belles Lettres, édité et

présenté par D. Kahn, Parigi, 2018, pp. I-XLIV : XII; A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire. Le rôle des Pensées de

Pascal dans l’histoire des idées entre 1670 et 1734, Oxford, The Voltaire Foundation, 1990, 2 voll, I, p. 236; J. DE VIGUERIE,Une oeuvre d'education sous l'Ancien Régime : les Pères de la Doctrine Chrétienne en France et en Italie,

1592-1792, Éditions de la Nouvelle Aurore, Parigi, 1976.

9 D. KAHN, Présentation, p. XI; Cfr. il documento all’indirizzo

https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k133780n/f3.image.r=comte%20de%20gabalis (ultimo accesso 10-03-2020).

10 D.KAHN, Présentation, p. XII.

11 Ivi, p. XIII; vedi anche A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, p. 236-38. 12 D.KAHN, Présentation, p. XIII.

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sconfessi Le Comte de Gabalis.13 Antoine Arnauld, leggendo l’opera come un attacco al

giansenismo, e sentendosi tradito da un uomo che era stato accolto nella cerchia di Port-Royal, fa proibire il libro, fa cacciare Henri de Montfaucon dall’hôtel de Lionne, dove era alloggiato, e rovina la sua reputazione presso il ministro Le Tellier.14

Montfaucon risponde inserendosi nella polemica tra giansenisti e gesuiti, in favore di questi ultimi, attraverso il pamphlet De la délicatesse (settembre 1671). A seguito di questa pubblicazione, che critica aspramente i Pensées di Pascal e, più in generale, gli amici di Port-Royal, viene dato alle stampe il mandato d’arresto del Parlamento di Tolosa a suo carico, corredato da un cappello introduttivo che sottolinea il coinvolgimento di Henri de Montfaucon e ne associa il nome a Le Comte de Gabalis e a De la délicatesse.15 Non viene menzionata, invece,

la breve Critique de Bérénice, pubblicata all’inizio del 1671, ovvero la critica delle due Bérénice degli autori rivali Racine e Corneille, andate in scena quasi contemporaneamente nel novembre del 1670, completamente estranea alla polemica sul giansenismo. Probabilmente, il responsabile della diffusione del mandato d’arresto è ancora Antoine Arnauld, avvocato di professione, che non avrebbe avuto difficoltà a procurarsi il testo del documento. In ogni caso, non ci saranno altre pubblicazioni da parte di Montfaucon de Villars, che morirà assassinato dal cugino Pierre de Terrouil due anni più tardi, nel 1673, sulla strada per Lione.16

13 Ivi, p. XIV; A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, p. 236.

14 D.KAHN, Présentation, p. XIV-XV; A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, pp. 236-37.

15 Cfr. https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k133780n/f1.image.r=comte%20de%20gabalis (ultimo accesso

10-03-2020)

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Il contesto culturale in cui è stato prodotto Le Comte de Gabalis (1670)

L’ambiente di Port-Royal

Il contesto intellettuale intorno al 1660 è animato dal conflitto tra tre principali correnti filosofiche: la sempre più screditata filosofia scolastica, la tradizione pirroniana di Montaigne e Charron, e la nuova filosofia cartesiana.17 Questo dibattito trova terreno fertile nell’ambiente di

Port-Royal, la cui voce più eminente è quella di Blaise Pascal, che accoglie gli insegnamenti cartesiani, pur con qualche riserva.18

Nel momento in cui Montfaucon de Villars si sposta nella capitale ed entra in contatto con gli amici di Port-Royal, almeno dal 1668,19 è in corso il lavoro di sistemazione ed edizione dei

Pensées di Pascal, pubblicati lo stesso anno del Comte de Gabalis. Il duca di Roannez dirige un gruppo composto da Filleau de La Chaise, Arnauld, Nicole, Goibaud Du Bois e Brienne, 20 allo

scopo di preservare e celebrare la memoria dell’importante amico attraverso una raccolta di massime morali perfettamente in linea con il gusto dell’epoca.21

Sellier aveva già osservato come lo stile e la struttura delle Lettres provinciales avesse influenzato la composizione del Comte de Gabalis.22 Tuttavia, è interessante approfondire i temi dell’edizione

dei Pensées di Port-Royal per avere un quadro più chiaro del dibattito culturale in cui l’abate di Villars si era trovato immerso all’interno della cerchia dei “Solitari”23. Innanzitutto, essendo i

Pensées inizialmente concepiti come un’opera apologetica, spicca la critica all’ateismo, inteso sia come aperta dichiarazione di incredulità rispetto al divino, sia come noncuranza delle norme religiose imposte in ambito morale.24

La cerchia di Port-Royal, pur restando in linea con l’argomentazione pascaliana che vuole la religione compatibile con la ragione, intende mostrare un Pascal meno scettico di quanto non fosse realmente: per questo motivo gli editori insistono sull’incontrovertibilità delle prove dell’esistenza di Dio per un uomo raisonnable, lasciando da parte la critica pascaliana della ragione. Partendo dal principio agostiniano per cui è la volontà a permettere di distinguere il vero

17 A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, p. 7. 18 Ivi, pp. 30-31.

19 D.KAHN, Présentation, p. XII.

20 A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, pp. 66. 21 Ivi, pp. 98-106.

22 P.SELLIER, Un palimpseste pascalien: Le Comte de Gabalis (1670), in ID.,Port-Royal et la littérature, Champion,

Parigi (1999), I, pp. 185-91. Cfr. D.KAHN, Présentation, pp. XXXVII-XXXVIII.

23 Così si definivano coloro che, tra gli amici di Port-Royal, avevano scelto di vivere ritirati dal mondo nelle

immediate vicinanze del monastero. Vedi L.PLAZENET, Une Thebaïde au Grand Siècle: les travaux et les jours à

Port-Royal des Champs, in ID.,Port-Royal, Flammarion, Parigi, 2012.

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dal falso,25 insistono sull’importanza della volontà soggettiva nell’accogliere le prove fornite alla

ragione. Per questo si scagliano contro i libertini che, nella logica della scommessa pascaliana, puntando sul niente e ignorando la loro vera natura e il loro vero interesse, rifiutano di ammettere la validità delle prove loro presentate e, di conseguenza, non possono essere persuasi a meno che non siano loro a volerlo. 26

In realtà, esiste un accordo di fondo tra il pensiero pascaliano e quello libertino, nei termini in cui Pascal lo concepisce. Tale accordo si basa sulla convinzione che l’anima non possa prescindere dal corpo-macchina. Questo comporta il rifiuto dell’intuizione razionale dell’esistenza di Dio proposta da Cartesio, e la necessità da parte dell’uomo di fondare le proprie convinzioni sull’immaginazione e sull’esperienza sensibile. 27 L’apologia pascaliana si fonda, infatti, sulla

messa in dubbio radicale delle capacità umane. Pascal parte dal presupposto, condiviso dai giansenisti, che l’uomo, dopo la caduta, sia incapace di stabilire la verità attraverso i soli mezzi a propria disposizione e che non possa assicurarsi la salvezza senza l’intercessione della Grazia divina. L’incapacità di stabilire con certezza la verità a causa della fallacia della natura umana corrotta è ciò che fonda il dubbio pirroniano. Pascal, tuttavia, snatura questo concetto, il quale, per definizione, lo condannerebbe a rimanere nell’incertezza senza nessuna possibilità di trarre qualsivoglia conclusione generalizzata, anche provvisoria. La conclusione a cui approda è che, poiché l’uomo vive legato ad un corpo, una macchina soggetta ad una natura determinata dall’abitudine, che Pascal definisce “seconda natura”, alcuni principi indispensabili alla vita quotidiana – ad esempio, la consapevolezza della propria esistenza – vengono necessariamente percepiti come incontrovertibili. 28 Essendo corpo e spirito indivisibili, lo spirito risulta anch’esso

soggetto alle leggi della macchina. In questa dimensione, la scienza umana è privata della garanzia divina: i principi a cui la ragione approda fondano le certezze umane nell’esperienza quotidiana, fondano la coerenza dell’esperienza stessa, permettendo di distinguere la realtà dal sogno e dalla follia, ma non si tratta d’altro che di verosimiglianze, calcoli di speranza e interesse.29

25 “La volonté est un des principaux organes de la créance, non qu’elle forme la créance, mais parce que les choses

sont vraies ou fausses selon la face par où on les regarde. La volonté qui se plaît à l’une plus qu’à l’autre détourne l’esprit de considérer les qualités de celle qu’elle n’aime pas à voir. Et ainsi l’esprit, marchant d’une pièce avec la volonté, s’arrête à regarder la face qu’elle aime, et ainsi il en juge par ce qu’il y voit”, B.PASCAL, Pensées, Lafuma, Parigi, 1951, fr. 539.

26 A.MCKENNA, De Pascal à Voltaire, I, pp. 106-13.

27 V. DARVEAU-ST-PIERRE, Antony McKenna, Pascal et son libertin, in “Astérion

Lectures et discussions”, pubblicato online il 29 settembre 2017, reperibile all’indirizzo http://journals.openedition.org/asterion/3002 (ultimo accesso 10-03-2020); vedi anche A. MCKENNA, Pascal et

Gassendi: la philosophie du libertin dans les Pensées, “XVIIe siècle”, n. 233, 58 année, (4, 2006).

28 A.MCKENNA, Scepticism at Port-Royal: the Perversion of Pyrrhonian Doubt, in The Return of Scepticism: From

Hobbes and Descartes to Bayle, a cura di G. Paganini, Springer Science & Business Media, New York, 2003.

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La premessa pirronista dell’apologetica pascaliana risulta problematica per i giansenisti. In particolare, Arnauld, pur riconoscendo la validità dell’argomentazione di Pascal, temeva che essa potesse fuorviare le stesse menti che si proponeva di riportare sulla via della religione cristiana. Egli temeva, infatti, che i giovani libertini potessero trarre delle conclusioni simili a quelle degli scettici, ovvero, appurata la necessità di aderire ad una religione, che la religione cristiana non fosse necessariamente la scelta migliore, ma soltanto una scelta possibile tra tante, tutte ugualmente valide. 30 Per questo, la Logica di Port-Royal rifiuta di ammettere l’onestà del

pirronista, che viene definito un mentitore.31

Alla luce della rilevanza, nella cerchia degli eruditi giansenisti, dei temi e degli scritti libertini, considerati oggetti meritevoli di una critica approfondita, non stupisce che Villars abbia attinto a fonti libertine per costruire la propria critica demonologica e religiosa. In particolare, l’Apologie pour tous les grands personnages qui ont esté faussement soupçonnez de magie di Gabriel Naudé, riedita proprio l’anno precedente alla pubblicazione del Comte de Gabalis, fornisce gran parte delle argomentazioni riportate da Gabalis riguardo all’incapacità del demonio di influenzare il mondo,32 mentre le conclusioni anticlericali del conte che, nel terzo dialogo, dipingono la

religione come mero strumento politico, sono tratte dall’opera del principe dei libertini Giulio Cesare Vanini.33

Il pensiero libertino

Come si sa, il libertinismo è un movimento molto eterogeneo che rimanda ad una serie di attitudini e opinioni che circolavano, più o meno diffusamente, nei testi di un gruppo variegato di autori. Poeti, moralisti, medici, ecclesiastici, filosofi ed eruditi, uomini appartenenti a diversi strati sociali, promuovevano una mentalità volta a smantellare la rete di valori morali e religiosi su cui era fondata la società del XVII secolo. Essi si appoggiavano sia alle opere di autori classici, sia agli umanisti rinascimentali, per giustificare una visione scettica dell’ambito metafisico, in favore di un’immagine della natura fondata su una causalità meccanica.34 Prima di prenderne le distanze,

infatti, i libertini instaurano un proficuo confronto con il Discours de la méthode, fondando la propria riflessione sullo stesso dubbio iperbolico cartesiano, pur negando il nesso tra evidenza ed

30 ID., Scepticism at Port-Royal, nota 9, Arnauld à Dodart, 1 novembre 1691, O.C., lettera 833. 31 Ivi, punto c.

32 Vedi D.KAHN, Le Comte de Gabalis (2018), p. 67, nota 13; p. 74, nota 27; p. 76, nota 31; p. 96, nota 19; p. 97,

nota 22; p. 99, nota 25.

33 D.KAHN, Présentation, p. XXIX.

34 T.GREGORY, 'Libertinisme Érudit' in Seventeenth-Century France and Italy, “British Journal for the History of

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esistenza di Dio, così come viene negata una giustificazione metafisica della realtà. 35 In

quest’ottica, vengono messe in dubbio tutte le manifestazioni del sovrannaturale, fino ad affermare che la religione non sia altro che un’invenzione del potere necessaria a soggiogare il popolo ignorante. Di conseguenza, privati della legittimazione derivata dal trascendente, anche i valori morali e la legge vengono ridotti a norme stabilite dall’uso che possono essere messe in discussione dall’esercizio della ragione critica del singolo. Tuttavia, affinché l’ordine sia mantenuto, è necessario che il popolo continui a credere in Dio e in quel sistema di premi e punizioni capace di garantire l’osservanza delle leggi dello Stato. La diffusione di questa visione del mondo di ispirazione machiavelliana si deve in gran parte a Giulio Cesare Vanini, il quale associa l’idea di una religione fondata dalla “ragion di stato” al naturalismo aristotelico. Nei suoi scritti, Vanini nega il valore delle virtù cristiane di fede, speranza e carità in difesa del piacere, nega l’immortalità dell’uomo assimilando la sua natura a quella animale, nega la realtà dei fenomeni religiosi che sono ridotti a farneticazioni o creazioni del potere politico.36 Questa visione

libertina dell’aristotelismo, dell’epicureismo e dello scetticismo ruota attorno alla concezione della Natura come unico punto di riferimento per spiegare qualunque fenomeno. La ragione è l’unica capace di garantire un metodo di analisi storica ed empirica consapevole dei limiti propri dell’essere umano. Di conseguenza, si procede mettendo in dubbio ogni verità assoluta già acquisita per arrivare a scoprire quella verità che, pur non essendo certa, appare come la più probabile e attendibile.37 Naudé, altrettanto consapevole che il sapere cambia e si modifica

costantemente e ciclicamente, nell’operetta Syntagma de studio liberali (1632), afferma che la verità è qualcosa di sfuggente e ineffabile: per questo l’uomo si affida all’immaginazione e a sequenze di differenti opinioni, e poiché le conoscenze umane sono incerte, si deve diffidare di ciò che il passato tramanda. È necessaria, dunque, una posizione metodologica che si richiami all’evidenza di una ragione critica, bisogna porsi costantemente delle domande e scegliere, in mezzo alle informazioni di cui si dispone, quelle che sono più ragionevoli e più utili senza mai aderire acriticamente ad un dogma.38

La libertà di pensiero a cui aspiravano i libertini era interpretata dalle autorità come il frutto di un cattivo uso della libertà personale, ed era etichettata come dissolutezza e disprezzo per le istituzioni. Per evitare di essere processati, dunque, gli autori ritengono indispensabile il mantenimento di una facciata pubblica conforme al costume, mentre la libertà di coscienza viene

35 A.METLICA, Libertini e libertinismo tra Francia e Italia, “Intersezioni”, Il Mulino, 1 (aprile 2013), pp. 25-44 : 27. 36 T.GREGORY, 'Libertinisme Érudit' in Seventeenth-Century France and Italy, pp. 331-32; per una panoramica sul

libertinismo italiano fra XVII e XVIII secolo si veda anche Libertini italiani. Letteratura e idee tra XVII e XVIII

secolo, a cura di A. Beniscelli, Rizzoli, Milano, 2012, in particolare pp. 67-146 (cap. II: Libertà dell’indagine: la

religione, la storia, la politica).

37 Ivi, pp. 333-35.

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riservata all’ambito privato. Questo si riflette anche nella scrittura, dove viene ampiamente utilizzata la pratica della dissimulazione per far circolare contenuti dissidenti all’interno di testi volti, apparentemente, a sostenere l’ortodossia.39

Nelle opere dei libertini si fa spesso riferimento alla figura dell’impostore,40 attorno al quale la

narrazione ruota, per ridicolizzare, con intento satirico, temi filosofici, religiosi e politici, in modo da stimolare una visione critica riguardo alle verità comunicate, sia all’interno del testo, sia nella vita quotidiana. Worden fa un’analisi della dinamica che si instaura tra l’impostore e il narratore, e quella che si viene di conseguenza a creare tra il fruitore e l’opera, prendendo in esame i testi di Cyrano de Bergerac (L’Autre monde, ou les états et empires de la lune), di Montfaucon de Villars (Le Comte de Gabalis) e di Tyssot de Patot (Voyages et avantures de Jaques Massé; La Vie, les avantures et le voyage de Groenland du révérend père cordelier Pierre de Mésange; Les Amours et les avantures d’Arcan et de Bélize). La struttura del testo prevede un impostore che dialoga con un narratore portavoce del senso comune. Tuttavia, anche la credibilità del narratore viene minata agli occhi del lettore, poiché egli viene descritto come impegnato a sua volta ad ordire un inganno. Prendendo come esempio i personaggi del Comte de Gabalis, se il conte incarna l’impostore che cerca di persuadere il suo interlocutore ad aderire a una visione del mondo inverosimile, dall’altra parte, il narratore inganna il conte fingendo di credergli.41 La materia

narrata, allo stesso modo, ha a che fare con un mondo di esseri soprannaturali che influenzano la realtà a loro piacimento. In questo modo, l’argomentazione fornisce al lettore varie ragioni per credere a ciò che sembrerebbe assurdo e per diffidare, invece, della realtà che conosce già, portandolo a mettere in discussione qualsiasi affermazione venga fatta all’interno del testo. Dunque, sfumando il confine tra ciò che è verosimile e ciò che è assurdo, l’opera spinge il lettore a mettere in dubbio anche la sua percezione della realtà extratestuale. 42

Altre forme di depistaggio ai danni del lettore potevano essere impiegate per favorire materialmente la circolazione di questi testi poco ortodossi. Si faceva ricorso ad un formato molto piccolo che poteva essere nascosto facilmente; all’interno del testo potevano essere inserite una serie di illustrazioni volte a distogliere l’attenzione dai reali contenuti sovversivi dell’opera,

39 A.METLICA, Libertini e libertinismo tra Francia e Italia, p. 27.

40 Per una trattazione più approfondita della figura dell’impostore si veda G.SPINI, Ricerca dei libertini. La teoria

dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano, La Nuova Italia, Firenze, 1983(1950).

41 “Ah monsieur, m’écriais-je me souvenant que j’avais un grand rôle à jouer, comment me rendrai-je digne de tant de

bonté?”, Kahn, 2010, p. 160; “Sans mentir, monsieur (m’écrirai-je, n’osant le remettre de mauvaise humeur, et trouvant à propos de différer de lui dire à plein mes sentiments, jusqu’à ce qu’il m’eût découvert tous les secrets de sa cabale, que je jugeais bien par cet échantillon devoir être fort bizarres et récréatifs)”, ivi, p. 186.

42 D. J.WORDEN, Tales of Impostors: Exposing Belief in Fiction from the Baroque to the Early Enlightenment

(Cyrano de Bergerac, Montfaucon de Villars, Tyssot de Patot), Academic dissertation (Ph.D.), relatore S. Volker,

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qualora fosse capitata in mani sbagliate. Era frequente, inoltre, l’uso di pseudonimi così come di date e di luoghi di pubblicazione falsi.43

Nell’ambito della critica al soprannaturale, l’alchimia e le scienze occulte rappresentano uno dei bersagli principali, in particolare nell’opera di Gabriel Naudé. Formatosi come medico, egli rifiuta in blocco la iatrochimica proposta dagli alchimisti, che sono da lui descritti come ciarlatani fanatici e imbroglioni.44 La critica di Naudé è comunque fondata su una conoscenza approfondita

della tradizione ermetica, alchimistica e rosacrociana, come dimostra il gran numero di testi sull’argomento in suo possesso.45

Egli distingue la filosofia rinascimentale, che, pure con la sua componente di magia naturale, mantiene una propria dignità e solidità teorica, dal pensiero rosacrociano. Quest’ultimo è giudicato totalmente ridicolo, poiché pretende di rifarsi ad un’antica tradizione filosofica ma, mescolando medicina, magia, alchimia ed esegesi biblica in un linguaggio fumoso e incomprensibile, finisce per risultare inutile, se non dannoso ad un effettivo progresso della conoscenza filosofica. Naudé estende la critica ai Rosacroce anche sul piano politico, analizzando, attraverso esempi storici, come superstizioni e profezie abbiano sempre portato, nel corso dei secoli, a sconvolgimenti pericolosi per la stabilità dello stesso ordine monarchico.46

Tuttavia, è importante notare che i Rosacroce, a partire dalla comparsa a Parigi di annunci riguardanti l’arrivo della misteriosa confraternita in città, nel 1623, erano diventati uno spauracchio per la Francia controriformata. Essi venivano dipinti come i membri una società segreta dedita alla stregoneria e all’adorazione del diavolo che, tramite le sue vaste conoscenze in vari ambiti del sapere, puntava a corrompere l’anima degli incauti curiosi. L’invisibile confraternita, la cui filosofia derivava della tradizione magica rinascimentale, era legata in Germania al movimento a sostegno dell’ascesa al trono di Boemia di Federico V, principe elettore del Palatinato, considerato un simbolo antiasburgico. Dunque, a seguito della disfatta militare di Federico V, nel 1620, che aveva posto fine alle aspirazioni di riforma politica e culturale, i Rosacroce erano divenuti oggetto di parodia e diffamazione, guadagnandosi una pessima reputazione nell’Europa controriformata e nuovamente soggetta all’egemonia degli Asburgo.47

È in questo clima che Naudé, nel 1625 pubblica a Parigi presso François Targa l’Apologie pour les grands hommes supçonnez de magie. In questo testo egli analizza una tradizione storiografica che ha ingiustamente accusato filosofi e pensatori di praticare arti magiche. Tra i personaggi difesi

43 Ivi, pp. 14-15.

44 L.BIANCHI, Rinascimento e Libertinismo, pp. 173-79.

45 Ivi, p. 180-84; per un elenco più preciso vedi Catalogue des livres qui sont en l’estude de G. Naudé, à Paris, Parigi,

Bibliothèque Nationale, ms. Fr. 5681, ff. 1-31.

46 L.BIANCHI, Rinascimento e Libertinismo, pp. 180-91. 47 Ivi, pp. 139-49.

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spiccano personalità illustri della tradizione classica e rinascimentale, tra cui Zoroastro, Pitagora, Porfirio, Paracelso, Cornelio Agrippa e Pico della Mirandola, autori da lui stesso accostati all’ambiente rosacrociano. 48 Secondo Naudé alchimisti e cabalisti sono responsabili di aver

mantenuto vive quelle superstizioni che avevano portato alla condanna dei liberi pensatori da parte del popolo che credeva nella magia e la temeva, ma, allo stesso tempo, dimostra l’inaffidabilità del criterio dell’approvazione generale per la valutazione dei fatti storici. Giudicare un evento in base all’opinione della maggior parte della popolazione, infatti, significherebbe dare un peso sproporzionato al giudizio di persone facilmente influenzabili e inclini a dare credito alle storie più fantasiose.49

Naudé si preoccupa di distinguere quattro diversi tipi di magia: quella divina, la teurgia, la goetia e la magia naturale. Tra queste, soltanto la goetia viene presentata come pericolosa e maligna, mentre le altre forme di magia sono dipinte in termini positivi. La magia divina si manifesta in profezie e miracoli, la teurgia, ovvero la magia bianca, è descritta come un percorso di crescita volto a liberare l’anima dalle costrizioni del corpo tramite il contatto con delle entità celesti, infine, la magia naturale non è altro che il prodotto di tecniche scientifiche. La goetia rappresenterebbe, invece, la concezione ordinaria del termine “magia”, implicando il compimento di rituali nefandi e l’interazione con spiriti demoniaci di ogni sorta. Tuttavia, secondo Naudé, la magia nera non sarebbe altro che una forma di magia naturale la cui vera natura è stata fraintesa dall’interpretazione popolare, dunque anch’essa non dovrebbe essere temuta.50

Per quanto riguarda l’alchimia, pur etichettandola come una pratica inutile che diffonde falsità, Naudé la distingue dalla magia inscrivendola piuttosto nell’ambito della filosofia naturale. L’atteggiamento ambiguo nei confronti dell’ermetismo è rispecchiato dal giudizio su Paracelso, il quale viene definito ciarlatano ambizioso ed eretico ma viene difeso dall’accusa di stregoneria. Ciò che viene condannato non è solo la iatrochimica paracelsiana, ma anche la dimensione allegorica e simbolica dell’alchimia, in quanto parte di un progetto culturale dominato dalla confusione e dall’inganno. La mistica delle corrispondenze propria dell’alchimia e delle scienze occulte, infatti, è inaccettabile alla luce del naturalismo razionalista di Naudé. All’interno della visione del mondo libertina, poiché soltanto la ragione permette di accedere ad una forma di conoscenza attendibile, la magia ed il misticismo non possono avere nessuna dignità gnoseologica

48 F.A. YATES, The Rosicrucian Enlightenment, Routledge, Londra e New York, 2003 (1972), pp. 143-47 (cap.

XVIII, The Rosicrucian Scare in France).

49 L.BIANCHI, Rinascimento e Libertinismo, p. 193.

50 F.A.YATES, The Rosicrucian Enlightenment, p. 146 (cap. XVIII, The Rosicrucian Scare in France); G.NAUDÉ,

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nell’indagine sul mondo, ciò nonostante meritano anch’esse uno spazio nel bagaglio di conoscenze necessario ad un intellettuale.51

La diffusione della moda delle arti occulte ed esoteriche

Le scienze occulte e la pratica ermetica erano molto in voga nell’Europa di fine Seicento. Alchimisti e astrologi popolavano i salotti dell’alta nobiltà. La regina Cristina di Svezia si interessa in prima persona alla ricerca alchemica raccogliendo attorno a sé, prima ad Amburgo poi a Roma, un circolo di letterati ed eruditi che condividevano i suoi interessi.52 Figure controverse,

come Giuseppe Francesco Borri, godono di molta stima e hanno una grande influenza nelle corti europee, compresa quella di Amburgo, 53 e in molti si dedicano alla ricerca della pietra filosofale.

Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, in Francia, vengono tradotti, commentati e pubblicati molti testi di argomento alchemico. Si diffonde, così, l’ermetismo religioso. In particolare, la prefazione di Candale agli Éléments d’Euclide (1578) riporta in luce il valore spirituale dei numeri. Questa correlazione tra spiritualità e matematica verrà ripresa anche in ambiente giansenista da Nicole, nella prefazione a Nouveaux éléments de géométrie di Arnaud, pubblicato nel 1668.54

Nel testo di Montfaucon de Villars, il personaggio di Gabalis fa riferimento all’uso massiccio che veniva fatto a Parigi delle pratiche occulte e divinatorie.55 La ricerca della pietra filosofale era

divenuta spesso un pretesto per dedicarsi alla falsificazione di monete o alla preparazione di veleni. Ciarlatani vantavano capacità divinatorie e si servivano dell’astrologia per ingannare i creduloni, spacciavano filtri dalle presunte proprietà magiche, oppure evocavano il demonio su richiesta. Nei casi più sinistri, la pratica del patto col diavolo e delle messe nere era accompagnata da terribili sacrifici. La diffusione di queste pratiche, anche nell’alta società, verrà alla ribalta a seguito dell’enorme caso giudiziario divenuto celebre come “Affaire des poisons”.56

Preludio al processo è il caso della marchesa di Brinvilliers, condannata a morte per l’avvelenamento del padre e dei fratelli, e decapitata nel 1676. La donna si era servita della

51 Ivi, pp. 193-202; vedi anche p. 201, nota 55.

52 S. AKERMAN, Queen Christina of Sweden and her Circle. The Transformation of a Seventeenth-Century

Philosophical Libertine, in Brill's Studies in Intellectual History, Brill, Leiden, 1991, 306 voll., vol. 21, pp. 269-83.

53 Vedi voce Borri, Francesco Giuseppe a cura di S. Rotta, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. xiii, 1971. 54 J.DAGENS, Hermétisme et cabbale en France de Lefèvre d'Etaples à Bossuet, “Revue de littérature comparée” ,

XXXV (gennaio-marzo), 1961, pp. 5-16.

55“Oui, à Paris (continua-t-il). Vous êtes maître en Israël et vous ne savez pas cela. Ne consulte-t-on pas tous les jours

les oracles aquatiques dans des verres d’eau ou dans des bassins, et les oracles aériens dans des miroirs et sur la main des vierges? Ne recouvre-t-on pas ainsi des chapelets perdus et des montres dérobées? N’apprend-on pas ainsi des nouvelles des pays lointains et ne voit-on pas les absents?”, Kahn, 2010, p. 195.

56 D.KAHN, Présentation, p. XXIV-VI; Vedi J.C.PETITFILS, L'affaire des poisons: crimes et sorcellerie au temps du

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complicità dell’amante, un guascone libertino, Gaudin de Sainte-Croix, che il padre, Dreux d’Aubray, luogotenente civile di Parigi, aveva fatto arrestare di fronte al rifiuto della figlia di porre fine alla relazione extraconiugale. Durante la sua permanenza nel carcere della Bastiglia, Sainte-Croix conosce Eggidio, chiamato anche Gilles o Exili, un prigioniero italiano, alchimista alla corte della regina di Svezia, esperto nella preparazione dei veleni, che diventa probabilmente il suo primo maestro. Uscito dalla prigione, continua la sua formazione seguendo i corsi pubblici nel laboratorio dei giardini reali, tenuti dal chimico Christophe Glaser, futuro apotecario del re e dei duchi d’Orleans. Sainte-Croix presto è in grado di mettere in piedi un laboratorio da alchimista e si dedica alla preparazione di vari rimedi e veleni. Alla morte dell’uomo, viene ritrovata una cassetta contenente delle polveri velenose e delle lettere che incriminano la marchesa. Successivamente, il caso di Madame La Grange, imprigionata per aver avvelenato il suo ricco amante e per aver falsificato il certificato di matrimonio con quest’ultimo, così da riceverne l’eredità, dà avvio al processo vero e proprio. La donna, spacciatrice di filtri e sedicente indovina, nel tentativo di ottenere una grazia, afferma di essere al corrente di un tentativo di avvelenamento ai danni del re. La Reynie, luogotenente generale della polizia, viene incaricato di indagare sulla faccenda, finendo per portare alla luce una rete di avvelenamenti su larga scala che coinvolgevano le sfere più alte della nobiltà parigina.57

Anche se il Comte de Gabalis è stato pubblicato alcuni anni prima che venisse alla luce questo clamoroso caso giudiziario, nondimeno, risulta evidente come la pratica dell’alchimia e delle arti divinatorie, impiegate per scopi più o meno leciti, fossero estremamente diffuse nella società parigina del tempo, e come abbiano potuto costituire un fecondo bacino di ispirazione per l’abate di Villars.

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Le Comte de Gabalis

Il testo fu pubblicato per la prima volta nel 1670 dall’editore parigino Claude Barbin con il titolo Le Comte de Gabalis, ou Entretiens sur les sciences sciences secrètes senza l’indicazione del nome dell’autore, nonostante l’identità di quest’ultimo fosse nota ai contemporanei. L’opera si compone di cinque brevi discorsi, ognuno di una lunghezza paragonabile a quella di una lettera delle Provinciales di Pascal, dalle quali Villars trae ispirazione, seguiti dalla Lettre à Monseigneur, anch’essa costruita sul modello pascaliano, in particolare, ricalcando i temi della Onzième Provinciale.58

Già sul frontespizio del testo del 1670, tra il titolo e l’indicazione del luogo di edizione, è presente un esergo tratto dalla conclusione del terzo capitolo della lettera contro i Valentiniani di Tertulliano, Quod tanto impendio absconditur, etiam solum-modo demonstrare, destruere est.59

La citazione, che orienta immediatamente la lettura, è particolarmente rilevante sia per l’ambiguità della frase scelta, sia per l’opera da cui è stata presa. Ad aver ispirato la scelta di un esergo tanto insolito è probabilmente il modello della Lettre à Monseigneur, l’Onzième Provinciale, dove viene citato proprio un passo dell’Adversus Valentinianos di Tertulliano per legittimare la scelta di trattare con leggerezza anche le questioni teologiche.60 Nella Lettre à

Monseigneur, infatti, viene ripresa la citazione di Tertulliano presente in Pascal per giustificare la scelta stilistica di affrontare il tema delle scienze segrete con ironia, invece che attraverso un’argomentazione di stampo accademico.61 Ad una prima lettura, dunque, l’esergo sembra voler

giustificare la decisione di trattare l’argomento delle scienze segrete, esprimendo l’intento di smascherare le falsità che si celano dietro le dottrine esoteriche. Tuttavia, l’operazione stessa di svelarne i misteri, che dovrebbe portare il lettore a prendere coscienza dei paradossi su cui si fondano le scienze segrete, ne diffonde allo stesso tempo i principi. Pertanto, dietro il pretesto di contrastare le dottrine misteriche, si potrebbe celare l’intenzione di comunicare contenuti non ortodossi ad un pubblico quanto più vasto possibile. Inoltre, il fatto che Villars sentisse l’esigenza di smentire esplicitamente quest’ultima eventualità porta, al contrario, a sospettare che essa abbia un qualche fondamento.62 Per quanto riguarda l’Adversus Valentinianos nella sua interezza, è

interessante notare come questo testo abbia molti elementi in comune con Le Comte de Gabalis.

58P.SELLIER, Un palimpseste pascalien, pp. 186-87. 59 Q.S.F.TERTULLIANUS, Adversus Valentinianos, III. 5.

60 B.PASCAL, Lettres écrites par Louis de Montalte a un provincial de ses amis, et aux RR. PP. Jesuites sur la morale

et la politique de ces pères, in ID., Oeuvres complètes de Blaise Pascal. Vie de Pascal, par Gilberte Perier. Les

Provinciales. Les Pensées, Hachette, Parigi, 1869-1872, pp. 23-215 : 107-17.

61 P.SELLIER, Un palimpseste pascalien, pp. 186-87; Kahn, 2010, pp. 263-65.

62 “Qu’on ne me fasse pas l’injustice de me soupçonner de vouloir donner crédit aux sciences secrètes, sous le

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Si tratta, infatti, di un’opera scritta per confutare le tesi del valentinismo attraverso la messa in ridicolo del suo sistema di pensiero.63 Tertulliano tende a evidenziarne alcune contraddizioni o

incongruenze, senza però procedere ad una decostruzione sistematica della sua dottrina, così da rendere la lettera contro i Valentiniani fondamentalmente un’opera di intrattenimento, una scaramuccia prima della battaglia futura che non possiede ancora la struttura di una seria argomentazione.64 Allo stesso modo, Montfaucon de Villars dichiara, per tramite del narratore,

che la propria opera è un divertissement, una beffa ai danni dei folli.65 Tuttavia, l’autore mantiene

sempre una posizione ambigua nei confronti dei cabalisti, e l’identificazione di questi ultimi con i “fous” rimane implicita nella dichiarazione finale,66 suggerendo che non siano le teorie del conte

di Gabalis il vero bersaglio di Villars. Si può osservare, inoltre, che il valentinismo era una religione misterica gnostica, il cui sistema attingeva ampiamente dal neoplatonismo, dunque è possibile ravvisare anche un’analogia tra i cabalisti di cui si parla nel Comte de Gabalis e gli eretici Valentiniani.

I cinque entretiens che danno corpo al Comte de Gabalis mettono in scena un dialogo tra un misterioso cabalista tedesco, il conte di Gabalis, e il narratore, che racconta i suoi incontri con questo personaggio prendendo spunto dalla notizia della sua morte. Nel Premier Entretien vengono presentati i due protagonisti del dialogo, che vengono inquadrati come uno scettico che si finge interessato alle scienze segrete per dimostrarne la vacuità, e un illuminato cabalista venuto ad istruire quello che ritiene un adepto dalle grandi potenzialità.

Già dalla prima apparizione del conte, emerge il duplice atteggiamento del narratore nei confronti dei cabalisti, da una parte irridente dall’altra timoroso. L’ambiguità del giudizio sui personaggi si riflette anche nella costruzione del discorso: l’altezzosa descrizione del ruolo prestigioso che il narratore è immeritatamente riuscito ad ottenere presso i cultori delle scienze segrete, dei quali disprezza le teorie, è seguita dalla rappresentazione della paura che si prova di fronte a ciò che potrebbe mandare in frantumi le proprie certezze, incarnato dalla figura di Gabalis.

Nel secondo dialogo, che si svolge in una cornice dalla forte connotazione alchemica, il labirinto di Rueil,67 viene introdotta la teoria degli spiriti elementali. Silfi, ninfe, gnomi e salamandre

63 Q.S.F.TERTULLIANUS, Adversus Valentinianos, VI. 3: “si et ridebitur alicubi, materiis ipsis satisfiet. multa sic

digna sunt revinci ne gravitate adornentur. vanitati proprie festivitas cedit. congruit et veritate ridere quia laetans, de aemulis suis ludere quia secura est”.

64 . J-C. FREDOUILLE,Introduction, in Q.S. F.TERTULLIEN, Contre les Valentiniens, éd. J-C. Fredouille, CERF,

Parigi, 1980, vol. 1, pp. 7-62 : 17-20.

65 “Si j’étais sûr que tous mes lecteurs eussent l’esprit droit et ne trouvassent pas mauvais que je me divertisse aux

dépens des fous”, Kahn, 2010, p. 262.

66 Ibidem.

67 L. ABRAHM, voce Labyrinth, in EAD., A Dictionary of Alchemical Imagery, Cambridge University Press,

Cambridge, 1998: “The dangerous journey of an alchemist through the opus alchemicum. The alchemists use the image in a symbolic way to desingnate a place of confusion, geographical or mental, which hase to be negotiated with great care in order to avoid becoming lost without thread or clue”.

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vengono descritti come creature mortali a metà tra spiriti e uomini. Stabilito che l’unico mezzo dato agli abitanti degli elementi per raggiungere la salvezza eterna è quello di unirsi agli uomini, il centro focale del discorso diviene la natura di questi spiriti. L’argomentazione sulla benignità e devozione degli spiriti elementali dà a Villars l’occasione di inserire il tema dell’impotenza del diavolo. Partendo dalla necessità di distinguere le creature elementali dai demoni, attraverso la voce di Gabalis, si asserisce l’impossibilità da parte delle entità infernali di influire sulle vicende umane. Al contrario, i devoti abitanti degli elementi avrebbero avuto un ampio margine di azione prima della venuta di Cristo, tanto da essere ritenuti nel mondo antico delle divinità, come si afferma nel terzo entretien, dove viene esaminata la natura degli oracoli. Nel quarto dialogo, si viene a sapere che l’unione con gli spiriti elementali è finalizzata alla generazione di esseri umani più forti e virtuosi. L’intera storia antica, comprendente episodi sia biblici che mitologici, viene reinterpretata alla luce di questo, a partire dal peccato originale, il quale non rappresenterebbe altro che la trasgressione da parte di Adamo ed Eva all’ordine di unirsi soltanto agli abitanti degli elementi. Stravolgendo le fondamenta stesse della cultura accademica del tempo, Villars può mettere in discussione il processo interpretativo dei teologi. Nel lamentare la necessità che avrebbero gli spiriti elementali di ingannare gli uomini per potersi unire a loro prosegue, nell’ultimo entretien, la critica alla chiusura mentale. Viene portata l’attenzione sul fatto che molti uomini preferiscono rifugiarsi ottusamente in una verità anche paradossale, ma compatibile con ciò che la Chiesa ha insegnato loro, piuttosto che mettere in discussione le proprie convinzioni osservando senza pregiudizi i fenomeni che si presentano davanti ai loro occhi. Villars ribalta anche la tradizionale concezione del sabba, che viene descritto come una riunione di gnomi, indetta dai saggi per predicare i vantaggi di un’anima immortale e mettere in guardia queste creature dalle menzogne del demonio. Alla fine del discorso, il narratore aggiunge una piccola conclusione che annuncia la pubblicazione di un secondo volume e cerca di allontanare da sé il sospetto che al di sotto dell’apparente derisione si celi un’adesione ai contenuti delle scienze segrete.

La voce del narratore e quella autoriale sono state spesso fatte coincidere, tanto che, già nel 1671, l’abate di Saint-Ussans immaginava Villars circondato da spiriti elementali,68 e ancora alla fine

del Settecento, nei Voyages imaginaires, descrivendo il contenuto del testo, si afferma che “un fameux adepte que l'on nomme le comte de Gabalis, vient trouver l'auteur du fond de l'Allemagne”.69 Certamente il testo suggerisce in qualche misura questa identificazione, dal

momento che il narratore, come abbiamo visto, si preoccupa di come l’opera potesse essere

68 P.SAINT-GLAS, Réponse à la Critique de Berenice, G. de Luyne, Parigi, 1671.

69 C-G-T.GARNIER, Avertissemente de l’éditeur, in Voyages imaginaires, songes, visions et romans cabalistiques,

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recepita dai lettori, si riferisce al testo come “mon livre”, e annuncia la possibile pubblicazione di un secondo volume.70 Inoltre, il fatto stesso che il nome di Montfaucon de Villars non comparisse

nelle prime edizioni poteva suggerire la sovrapposizione tra l’autore e il narratore. Tuttavia, l’ambiguità del giudizio sui cabalisti pone automaticamente Villars su un piano differente rispetto ai sui personaggi. Già i contemporanei avevano difficoltà a decidere se il Comte de Gabalis fosse un’opera seria o una sorta di scherzo, una satira oppure un testo rosacrociano;71 nonostante la

dichiarata intenzione di prendersi gioco dei cabalisti, non è possibile stabilire con certezza se l’autore fosse o meno d’accordo con le loro teorie. Innanzitutto, se il conte viene presentato come un “fou”,72 al narratore viene attribuita una mentalità piuttosto ristretta, infatti, in più luoghi viene

evidenziato il timore che prova per quello stesso potere che si proponeva di deridere e l’incapacità di accettare qualsiasi verità diversa da quella che gli è stata insegnata, indipendentemente dalle prove che gli vengono fornite.73 Al contrario, al conte vengono fatte esporre delle teorie

razionaliste sulla necessità di osservare la natura fondando le proprie affermazioni su prove concrete e sull’impossibilità del demonio di interferire nella vita degli uomini.74 Al di là

dell’apparato pirotecnico della favolosa teoria degli spiriti elementali, è attraverso la voce del conte di Gabalis che Villars espone le moderne teorie libertine, applicando quanto Naudé sosteneva nell’Apologie, ovvero che la sostanza di quella magia che si cela sotto fantasiose

70 “Je le donnerais avec la suite des entretiens qu’une vicomtesse et moi avons eus avec ce grand homme, si j’étais sûr

que tous mes lecteurs eussent l’esprit droit et ne trouvassent pas mauvais que je me divertisse aux dépens des fous. Si je vois qu’on veuille laisser faire à mon livre le bien qu’il est capable de produire et qu’on ne me fasse pas l’injustice de me soupçonner de vouloir donner crédit aux sciences secrètes, sous le prétexte de les tourner en ridicule, je continuerais à me réjouir de M, le comte, et je pourrais donner bientôt un autre tome”, Kahn, 2010, p. 262.

71 Vedi E.D.SEEBER, Sylphs and Other Elemental Beings, pp. 74-76; B.LATIMER, Alchemies of Satire: A History of

the Sylphs in The Rape of the Lock, “The Review of English Studies”, Vol. 57, No. 232 (Nov., 2006), pp. 684-700 :

689.

72 “Misérable comte de Gabalis, interrompis-je d’un accent mêlé de colère et de compassion, me laisserez-vous dire

enfin que je renonce à cette sagesse insensée, que je trouve ridicule cette visionnaire philosophie, que je déteste ces abominables embrassements qui vous mêlent à des fantômes; et que je tremble pour vous [...] de peur qu’un aussi honnête homme que vous ne s’aperçoive à la fin de la folie de ce zèle chimérique”, Kahn, 2010, p. 176; “espérant que sa folie ne serait pas un mal incurable”, ivi, p. 206; “vous êtes un peu fanatique [...] vos sages sont des fous et je tiens votre conscience très cautérisée”, ivi, p. 243.

73 Vedi ad esempio “la nouveauté de la salutation m’étonna d’abord, et je commençais à douter pour la première fois

si l’on n’a pas quelquefois des apparitions: toutefois me rassurant du mieux que je pus, et le regardant le plus civilement que la petite peur que j’avais me le put permettre”, Kahn, 2010, p.159; “son action m’effraya je l’avoue ; mais ce fut bien pis, quand je vis que s’éloignant de moi il tira de sa poche un papier, que j’entrevoyais de loin, qui était assez plein de caractères que je ne pouvais bien discerner. Il lisait attentivement, se chagrinait et parlait bas. Je crus qu’il évoquait quelques esprits pour ma ruine”, ivi, pp. 176-77; “Je ne vous ai décrit ces manières que pour vous faire voir l’innocence de cette philosophie et pour vous ôter vos terreurs paniques”, ivi, pp. 182-83; “Les Sages n’ont garde de croire que le démon ait jamais eu la puissance de se faire adorer”, ivi, p. 184; “Non, pas cela, monsieur, s’il vous plaît, m’écriai-je brusquement, différez, je vous en conjure, cette espèce de preuve”, ivi, p. 216.

74 Vedi ad esempio “En croirez-vous toujours plus à votre nourrice, me dit-il, qu’à la raison naturelle”, Kahn, 2010, p.

177; “Le cabaliste n’agit que par les principes de la Nature: et si quelquefois on trouve dans nos livres des paroles étranges, des caractères et des fumigations, ce n’est que pour cachet aux ignorants les principes physiques”, ivi, p. 179; “Apprenez des Philosophes à chercher toujours les causes naturelles dans tous les événements extraordinaires et quand les causes naturelles manquent, recourez à Dieu et à ses saints anges et jamais aux démons qui ne peuvent plus rien que souffrir; autrement vous blasphémeriez souvent sans y penser et vous attribueriez au diable l’honneur des plus merveilleux ouvrages de la Nature”, ivi, p. 233; “Un philosophe a beau montrer à l’œil la fausseté des chimères que l’on s’est forgées, et donner des preuves manifestes du contraire”, ivi, p. 257.

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elaborazioni non è altro che l’applicazione della filosofia naturale. D’altra parte, nel XVII secolo, era ancora estremamente difficile distinguere la scienza da tutto quell’apparato filosofico di derivazione rinascimentale intriso di ermetismo; anche se è nel Seicento che inizia a svilupparsi quel processo di secolarizzazione delle scienze occulte che porterà, con l’illuminismo, ad una definitiva separazione tra il razionale processo di indagine della natura proprio della scienza ed i principi magico alchemici che ne costituivano il fondamento filosofico.75 La figura del cabalista,

dunque, permette a Villars di condensare in un unico personaggio sia quell’elemento più fantasioso propriamente pertinente all’ambito dell’occultismo, che si realizza nell’esposizione della teoria degli spiriti elementali, sia l’aspetto razionalista che predica l’osservazione della natura. Se alcuni aspetti di applicazione pratica del sistema di pensiero ermetico risultavano ormai risibili per l’abate di Villars, estimatore di Naudé, tuttavia, egli sfrutta la figura di Gabalis per poter esporre le sue critiche all’impostazione della cultura accademica.

All’interno del Comte de Gabalis sono presenti riferimenti alle pratiche magiche in voga,76

l’evocazione di figure della tradizione magica, come i geni,77 o degli spiriti elementali stessi,78 la

menzione dei nomi dal grande potere magico derivati dalla tradizione ebraica,79 gli oroscopi80 e la

geomanzia,81 ma è l’alchimia ad avere il posto di maggior rilievo (“presque tous [en voulaient] à

la Pierre Philosophale”, p. 157, Kahn, 2010). Nelle primissime righe del testo, inoltre, viene chiamato in causa Ramon Llull, il più famoso tra gli alchimisti del tempo assieme a Paracelso,

75 F.A.YATES, The Rosicrucian Enlightenment, pp. 278-93 (cap. XVI: The Rosicrucian Enlightenment); V.FERRONE,

I profeti dell’illuminismo, Laterza, Bari, 2000, pp. 232-33.

76 “Les uns en voulaient aux anges, les autres au diable, les autres à leur génie, les autres aux Incubes les autres à la

guérison de tous maux, les autres aux astres, les autres aux secrets de la Divinité, et presque tous à la Pierre Philosophale”, Kahn, 2010, p. 157; “Oui, à Paris, continua-t-il. Vous êtes maître en Israël et vous ne savez pas cela. Ne consulte-t-on pas tous les jours les oracles aquatiques dans des verres d’eau ou dans des bassins, et les oracles aériens dans des miroirs et sur la main des vierges? Ne recouvre-t-on pas ainsi des chapelets perdus et des montres dérobées? N’apprend-on pas ainsi des nouvelles des pays lointains et ne voit-on pas les absents?”, ivi, p. 195.

77 “Aussi bien ne saurais-je me résoudre à perdre le temps aux cérémonies que j’ai ouï dire à un prélat, qu’il faut

pratiquer, pour le commerce de ces génies”, Kahn, 2010, p. 178.

78 “Si on veut recouvrer l’empire sur les Salamandres il faut purifier et exalter l’élément du feu qui est en nous et

relever le ton de cette corde relâchée. Il n’y a qu’à concentrer le feu du monde par des miroirs concaves dans un globe de verre; et c’est ici l’artifice que tous les Anciens ont caché religieusement et que le divin Théophraste a découvert. Il se forme dans ce globe une poudre solaire, laquelle s’étant purifiée d’elle-même, du mélange des autres éléments et étant préparée selon l’art, devient en fort peu de temps souverainement propre à exalter le feu qui est en nous, et à nous faire devenir, par manière de dire, de nature ignée” Kahn, 2010, pp. 180-81; “Il n’y a qu’à fermer un verre plein d’air conglobé d’eau ou de terre et le laisser exposé au soleil un mois. Puis séparer les éléments selon la science; ce qui surtout est très facile en l’eau et en la terre. Il est merveilleux quel aimant c’est que chacun de ces éléments purifiés pour attirer Nymphes, Sylphes et Gnomes”, ivi, p. 182.

79 “AGLA”, Kahn, 2010, p. 195, una sigla derivata dalla frase Atâh Gadol Le-’olam AdonaÏ, che significa “sei grande

per l’eternità, Signore”, cfr. Kahn, 2010, pp. 196, nota 105; “JABAMIAH”, Kahn, 2010, p. 227, uno dei settantadue nomi che concorrono a formare il sacro nome di Dio secondo J.REUCHLIN, La Kabbale (De arte cabalistica), trad. F. Secret, nouvelle éd. augmentée de quatre index et du fac-simile de l'édition originale latine (Hagenau 1517), Arché, Parigi, 1995, cfr. Kahn, 2010, p. 227, nota 178; “NEHMAHMIHAH”e“ELIAEL”, Kahn, 2010, p. 249, nomi di angeli indicati ancora da Reuchlin, cfr. Kahn, 2010, pp. 249-50, nota 231.

80 Kahn, 2010, pp. 154-55, 158, 160, 167, 177, 212.

81 Una tecnica divinatoria di origine araba che fa riferimento all’astrologia. Cfr. Kahn, 2010, p. 241, in particolare

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