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RSA, L'OASI DEI NOSTRI ANZIANI :TRA LIMITI E POSSIBILITA'

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea in Sociologia e Management dei Servizi Sociali

LM-87

TESI DI LAUREA

RSA, L'OASI DEI NOSTRI ANZIANI :TRA LIMITI E

POSSIBILITA'

CANDIDATA/O

RELATORE/TRICE

Rindone Luisa

Prof. ore Andrea Salvini

(2)

2 INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 - LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI (RSA) 1.1 Definizione e caratteristiche delle RSA

1.2 Le leggi che hanno rivoluzionato il servizio sanitario nazionale e l'assistenza sociale 1.3 Le strutture sanitarie assistenziali in Toscana

1.4 L'importanza del coordinatore nelle residenze sanitarie assistenziali 1.5 Il ruolo cruciale dell'Assistente Sociale ed il suo rapporto con le strutture CAPITOLO 2 - IL PIANO ASSISTENZIALE INDIVIDUALIZZATO 2.1 Definizione e caratteristiche del PAI

2.2 Il ruolo dell'assistente sociale nella stesura del PAI 2.3 La Struttura del PAI

CAPITOLO 3 - LA VIOLENZA SUGLI ANZIANI NELLE RSA 3.1 La figura dell'anziano

3.2 Il fenomeno della vittimizzazione

3.3 Abuso e maltrattamenti sugli anziani: definizioni e dati

3.4 Il Maltrattamento nelle RSA: Fattori di rischio e cause

3.5 L'empatia

3.6 Rilevazione dell'abuso e piano d'azione

3.7 Prevenzione

CAPITOLO 4 - LA STRAGE DEL COVID NELLE RSA ITALIANE 4.1 La Pandemia che ha cambiato la vita di tutti

4.2 Le inchieste sulle RSA

4.3 Il Covid nelle RSA italiane: statistiche 4.4 Il piano d'azione

(3)

3 4.5 Il servizio sociale durante la pandemia

INTRODUZIONE

L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno sociale di particolare rilevanza, legato ad un notevole miglioramento della qualità di vita, che ha posto l'attenzione sui bisogni delle persone nella delicata fase della vecchiaia, meglio conosciuta come terza età.

Gli sforzi comuni sono orientati a salvaguardare i diritti legati all’invecchiamento e sopratutto il diritto di ogni cittadino di godere di una condizione di benessere e di salute nonostante i rilevanti cambiamenti fisici, cognitivi, emotivi e sociali. Tali cambiamenti spesso comportano una condizione di non autosufficienza e autonomia, che costringono l'anziano a riorganizzare la propria vita quotidiana fino ad arrivare al ricovero in una struttura specializzata (RSA).

Le RSA possono essere definite come residenze per anziani nelle quali l’assistenza sanitaria è associata ad un’assistenza specialistica di tipo socio-psicologico. Il presente elaborato propone una panoramica generale di quelle che sono le caratteristiche strutturali ed organizzative delle strutture assistenziali, del team di professionisti ed operatori al servizio degli anziani e sottolinea l'importanza di un approccio multidisciplinare nella redazione di un piano assistenziale personalizzato. In tale contesto, la figura dell'assistente sociale assume particolare rilievo, perché si occupa proprio dell'accoglienza dell'anziano in una realtà completamente nuova e lo accompagna lungo un percorso che a volte risulta traumatico e complesso per il soggetto e per la sua famiglia. Il terzo capitolo si focalizza sul tema della violenza nelle RSA che in qualche modo rappresenta il fulcro tematico della trattazione anche alla luce delle incresciose e drammatiche vicende che hanno interessato le strutture medesime durante il periodo di emergenza COVD19.

Tale fenomeno è alquanto diffuso ma poco conosciuto e molteplici sono i fattori che ne determinano le dinamiche. Gli anziani inseriti nelle strutture assistenziali dovrebbero essere tutelati nella loro fragilità proprio attraverso la presenza di personale qualificato che si occupa delle loro patologie e del loro stato emotivo ma non sempre questo si verifica.

(4)

4 Trattare la questione, ha lo scopo di indurre ad una presa di coscienza del fenomeno e delle innumerevoli varietà di forme con cui esso si presenta. L'obiettivo primario dovrebbe in ogni caso essere la prevenzione, realizzata mediante una cultura dell’età anziana e adeguati interventi sul piano socio-assistenziale.

Il lavoro mette in evidenza il ruolo cruciale degli operatori e degli assistenti sociali e individua i mezzi a loro disposizione per garantire un benessere e un'alta qualità di vita alle persone che vivono in situazioni di fragilità, soprattutto in periodi particolari come quello che il paese sta vivendo.

(5)

5 CAPITOLO 1

LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI (RSA) 1.1 Definizione e caratteristiche delle RSA

Da diversi anni a questa parte uno dei punti cardine della programmazione sanitaria ed una delle variabili più importanti sulle quali viene misurata parte della qualità del sistema sanitario è rappresentata dall’area dell' assistenza geriatrica.

La progressiva crescita della popolazione anziana infatti ha determinato un aumento della necessità di assistenza mirata, costringendo il servizio sanitario nazionale ad allinearsi alle esigenze degli anziani per i quali le cure domiciliari spesso non risultano più sufficienti. Conseguenze dirette di ciò sono la nascita e la crescita esponenziale di strutture specifiche in grado di garantire cure ed assistenze dedicate a quel preciso bacino d’utenza: le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).

La loro storia ha inizio nell’ormai lontano 1988 quando, con la legge finanziaria, veniva avviato il primo piano di investimenti sanitari dedicati a queste strutture con la contestuale realizzazione di 140.000 posti letto.

Le RSA sono definite come:

"strutture residenziali extra ospedaliere finalizzate a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie e di recupero, tutela e trattamenti riabilitativi ad anziani ed altri soggetti in condizioni di non autosufficienza fisica e psichica, che non sono più in grado di rimanere al proprio domicilio, a causa delle loro condizioni di salute e della mancanza di autonomia"1.

Sono dunque strutture che realizzano un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa) integrato da un livello alto di assistenza tutelare ed alberghiera. Si distinguono, quindi, sia dagli ospedali, i quali sono rivolti a pazienti sofferenti di una patologia acuta, sia dalle case di riposo, destinate ad anziani almeno parzialmente autosufficienti.

Le RSA si diversificano a seconda:  della tipologia degli ospiti  della valenza assistenziale  del modello organizzativo2

In particolare si è soliti distinguere tra

1

R.s.a.- residenza sanitario-assistenziale, www.beccagutti.it/,

2 Linee guida del ministero della sanità sulle residenze sanitarie assistenziali, Prospettive assistenziali, n. 106,

aprile-giugno 1994

(6)

6  RSA di base: possono ospitare anziani non autosufficienti con limitazioni di

autonomia di ogni genere (fisiche, mentali e sociali) non assistibili a domicilio;  RSA di cura e recupero: si rivolgono alla stessa tipologia di utenza che richiede

assistenza sanitaria e riabilitativa continue e, comunque, non tali da consentire il ricovero ospedaliero3.

Le RSA inoltre possono essere:

 pubbliche (del Comune o della Asl)  private convenzionate

 private4

Per richiedere l’accesso a quella pubblica o convenzionata, bisogna rivolgersi alla Asl o al Servizio sociale del quartiere di residenza i quali si occupano di riconoscere la condizione di non autosufficienza. L’ammissione nella struttura è subordinata al rilascio di una richiesta del medico di base o del medico ospedaliero, seguita dalla sottoposizione ad una visita dell’Unità Valutativa Geriatrica5 e dall’inserimento in

un’apposita lista di attesa.

Il costo delle prestazioni fornite dalla struttura pubblica o accreditata è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e varia a seconda del livello di assistenza prestato. Tuttavia, può essere previsto a carico dell’utente il pagamento di una quota ulteriore per il servizio alberghiero il cui importo varia a seconda delle disposizioni normative regionali.

Il pagamento della retta dipende dal reddito della persona e del suo nucleo familiare: non a caso, se le condizioni economiche del paziente sono precarie, vengono debitamente accertate e il Comune di residenza può intervenire e farsi carico del pagamento totale o parziale della retta. Ad ogni modo, il paziente che fruisce di assegno di accompagnamento lo mantiene durante il periodo del ricovero.

Le RSA devono, secondo la normativa vigente, offrire i seguenti servizi di base:

 sistemazione residenziale ed assistenza per le attività quotidiane con un’impronta il più possibile domestica. La struttura deve essere organizzata in modo da rispettare il bisogno individuale di riservatezza e di privacy, stimolando al tempo stesso la socializzazione tra gli ospiti. Il paziente ricoverato deve, pur

3 Residenze per non autosufficienti, www.pianetaoss.it,

4Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA): cos’è e come funziona, www.gruppolameridiana.com/

5Commissione multidisciplinare che ha il compito di rilasciare la dichiarazione di non autosufficienza dell’anziano, di valutarne i bisogni e di elaborare un progetto individualizzato che stabilisce le forme di intervento più adeguate per ogni singolo caso, valutando anche l’esistenza dei requisiti per il ricovero in struttura dell’anziano

(7)

7 trovandosi in una struttura paramedica, sentirsi a casa, conducendo uno stile di vita che sia il più possibile somigliante a quello che aveva presso la sua abitazione, supportato da personale qualificato per soddisfare i bisogni giornalieri (alzata, messa a letto, igiene personale).

 interventi medici, infermieristici e riabilitativi necessari a prevenire e curare le malattie croniche e le loro eventuali riacutizzazioni. Si parla nel dettaglio di assistenza medica di base che può essere fornita dai medici interni alla struttura o dal medico di base scelto dall’assistito; assistenza infermieristica diurna e notturna; assistenza specialistica che nelle strutture pubbliche o accreditate viene prestata dagli specialisti dei servizi sanitari dell’asl; assistenza psicologica; trattamenti riabilitativi.

 assistenza individualizzata, orientata alla tutela e al miglioramento dei livelli di autonomia, al mantenimento degli interessi personali ed alla promozione del benessere.

 attività di socializzazione, ricreative, culturali ed occupazionali

 servizio alberghiero che include fornitura pasti, lavanderia e guardaroba, pulizia e riordino camere, pulizia generale e riordino spazi comuni

L'offerta dei servizi elencati è resa possibile da un team di persone qualificate costituito in genere da:

 responsabile sanitario della struttura che ha compiti di coordinamento;  medico di medicina generale che assicura l’assistenza medica6;

 infermiere professionale;

 assistente sociale e dei servizi tutelari per l’assistenza alla persona;  fisioterapisti, terapisti occupazionali e animatori;

 altre figure professionali sanitarie (fisiatra, geriatra, psicologo) che possono essere messe a disposizione dalla Asl.

Le RSA dovrebbero essere localizzate in zone urbanizzate, integrate con il contesto preesistente, al fine di evitare ogni forma di isolamento o allontanamento dall’ambiente sociale di appartenenza. Il loro bacino di utenza deve, pertanto, essere individuato in base al principio della territorialità.

Per quanto attiene gli aspetti strutturali ed organizzativi, l'unità di base è rappresentata dai moduli o nuclei che si distinguono in:

(8)

8  nuclei elementari singoli per anziani non autosufficienti da 20 a 25 posti che

possono beneficiare anche dei servizi sanitari e sociali posti all'esterno;

 nuclei elementari singoli per disabili fisici, psichici e sensoriali da 10 a 15 posti che possono beneficiare anche dei servizi sanitari e sociali posti all'esterno7.

Tali nuclei, variamente aggregati ed articolati tra loro, danno origine:

 per soggetti anziani non autosufficienti, a sistemi di più nuclei che non vanno di norma oltre gli 80 posti residenziali e che possono arrivare (garantendo un'idonea separazione tra nuclei) fino ad un massimo di 120 posti, in zone ad alta densità abitativa ed urbana. Tali strutture sono dotate di propri servizi sanitari e sociali secondo la composizione degli ospiti e con le adeguate connessioni con i servizi sanitari e sociali esistenti sul territorio. In ogni struttura con nuclei in numero di 4, o superiori a 4, va garantita la presenza di un nucleo riservato alle demenze;

 per disabili fisici, psichici e sensoriali, a sistemi di 2 o 3 nuclei, secondo la gravità della patologia e quindi da 20 a 45 posti residenziali8.

L'organizzazione per nuclei consente di accogliere anche nella stessa struttura residenziale gruppi di ospiti di differente composizione senza peraltro determinare interferenze data la relativa autonomia dei servizi di nucleo e salvaguardando tutti gli aspetti di riservatezza personale. Nel contempo essa crea occasioni di socializzazione spontanea all'interno del nucleo, nelle relazioni tra nuclei e nei rapporti con i fruitori esterni del centro servizi a ciclo diurno, di cui la residenza deve essere possibilmente dotata.

Oltre a garantire la migliore assistenza agli ospiti, anche sotto il profilo gestionale, l'organizzazione per nuclei modulari e dotati di servizi autonomi, appare essere la più idonea per un razionale impiego del personale e per la utilizzazione delle risorse.

L'area residenziale dell'ospite è costituita da camere destinate fino ad un massimo di 4 ospiti, nei casi di particolari esigenze strutturali ed assistenziali. Tale flessibilità consente di venire incontro a particolari esigenze assistenziali od organizzative, anche di carattere temporaneo che permettono, ad esempio, nella camera a due letti, di ospitare un parente. Particolare attenzione va posta alla personalizzazione ed al comfort di ogni

7

Linee guida del ministero della sanità sulle residenze sanitarie assistenziali, Prospettive assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994

www.fondazionepromozionesociale.it/

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9 camera; pertanto le caratteristiche ambientali e gli arredi non devono avere l'asetticità propria degli spazi ospedalieri, ma dovranno garantire le opportunità di scelta personale negli arredi. I materiali, le finiture e i colori debbono essere luminosi e riproporre modelli familiari. Le finestre devono essere ampie e consentire lo sguardo all'esterno anche da posizione supina.

Per quanto riguarda l'articolazione delle residenze le RSA sono in genere strutturate come illustrato di seguito.

Fig. 1.1: Struttura interna delle RSA

Gli standard dimensionali9 cui riferirsi nella realizzazione delle residenze sono

determinati nelle misure che seguono10:

a) superficie totale utile funzionale della struttura  mq. 40/45 per ospite;

b) alloggi:

 mq. 28 per una persona  mq. 38 per due persone  mq. 52 per tre persone c) camere (bagno escluso)

 mq. 12 per una persona  mq. 18 per due persone  mq. 26 per tre persone  mq. 32 per quattro persone

1.2 Le leggi che hanno rivoluzionato il servizio sanitario nazionale e l'assistenza sociale

Al fine di comprendere l'importanza che le strutture assistenziali hanno al giorno d'oggi nel più ampio sistema sanitario nazionale è fondamentale fare un salto indietro nel tempo giungendo ad una data importante: 23 dicembre 1978, quando la legge n. 833 sanciva la nascita del Servizio Sanitario Nazionale.

9 Art 1, Allegato A, www.gazzettaufficiale.it

10Va tenuto presente che gli standard rapportati alle persone sono da considerarsi netti, in quanto fanno riferimento a superfici utili per lo svolgimento delle funzioni specifiche

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10 Si tratta di una rivoluzionaria riorganizzazione della sanità in Italia, finalizzata a creare un servizio assolutamente efficiente ed orientato a soddisfare i bisogni della popolazione, senza alcun tipo di discriminazione.

I principi chiave su cui ci si basa sono dignità, diritto alla salute, equità e capillarità e gli obiettivi primari sono oltre la cura delle persone, la prevenzione delle malattie e la riabilitazione del paziente in linea con l’articolo 32 della Costituzione Italiana, che recita:

"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti"11

Un altro passaggio determinante del processo di evoluzione del Sistema Sanitario Nazionale è rappresentato dall'emanazione della legge n. 502/1992 che si basa fondamentalmente, su 3 principi chiave:

• aziendalizzazione delle unità sanitarie locali (U.S.L)12

• orientamento al “mercato”

• distribuzione di responsabilità alle Regioni

Con questa legge, dunque, alle vecchie USL viene conferita una "personalità giuridica" in quanto aziende, con veri e propri organi di rappresentanza e con lo strutturarsi di questo processo di aziendalizzazione le USL divengono ASL, ossia Aziende Sanitarie Locali. L’ASL adempie ai compiti del SSN in un determinato ambito territoriale, che può essere un comune, una provincia o un insieme di città. Ogni cittadino, dunque, ha un ASL di appartenenza a cui rivolgersi per determinati servizi di genere sanitario, veterinario e così via.

Ancora un passo avanti nel tempo e si giunge alla riforma sanitaria sancita dalla Legge

n. 229/1999, nota ai più come riforma Bindi o Riforma-ter che attribuisce alle regioni un

ruolo fondamentale della definizione dei servizi sanitari. L'art 4 infatti sancisce che:

"Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di auto-coordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della sanità, entro il 31 marzo di

11La Costituzione, Parte 1, Titolo 2, Art 32, www.senato.it

12Denominazione oggi superata del complesso delle strutture operative di zona facenti capo al servizio sanitario

(11)

11

ogni anno, la relazione annuale sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l’anno successivo"13

Ancora, l'art. 13 della stessa legge definisce "Piano sanitario regionale" come

"il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell’assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale"14

Un altro passaggio decisivo in ambito legislativo si ha con la Legge n. 328/2000 intitolata "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi

sociali". Tale legge rappresenta una pietra miliare nel campo dell'assistenza sociale, in

quanto promuove interventi sociali, assistenziali e sociosanitari in grado di garantire un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà.

Scopo principale della legge è, oltre la semplice assistenza del singolo, anche il sostegno della persona all’interno del proprio nucleo familiare attraverso servizi in grado di migliorare la qualità della vita di intere famiglie e di garantire la prevenzione, la riduzione e l'eliminazione delle disabilità e del disagio personale e familiare. Per la prima volta, altresì, viene istituito un fondo nazionale per le politiche e gli interventi sociali, aggregando e ampliando i finanziamenti settoriali esistenti e destinandoli alla programmazione regionale e degli enti.

Con riferimento al seguente lavoro, particolarmente rilevante è il Capo III della suddetta legge che elenca le disposizioni relative alla realizzazione di particolari interventi sociali a favore di persone disabili, anziani non autosufficienti e famiglie.

Tale capo prevede l'elaborazione di progetti individuali per tali soggetti da parte dei comuni, d’intesa con le aziende sanitarie locali su richiesta dell’interessato.

Il progetto individuale comprende:

 la valutazione diagnostico-funzionale;

 le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale;

13Il Sistema Sanitario Nazionale – La riforma-Ter, la 229/1999, la Riforma Bindi, www.dimensioneinfermiere.it 14Il Sistema Sanitario Nazionale – La riforma-Ter, la 229/1999, la Riforma Bindi, www.dimensioneinfermiere.it

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12  i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con

particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale;

 le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale.

Si parla dunque di progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati, volti a sostenere e a favorire l’autonomia delle persone anziane e la loro permanenza nell’ambiente familiare secondo gli indirizzi indicati dalla presente legge.

Questo sistema integrato di interventi e servizi sociali comprende, riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete allo Stato, alle regioni ed agli enti locali ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della suddetta legge.

Lo Stato ha il compito di:

 fissare un Piano sociale nazionale che indichi i livelli uniformi e di base delle prestazioni

 stabilire i requisiti che devono avere le comunità-famiglie e i servizi residenziali nonché i profili professionali nel campo sociale

 ripartire le risorse del Fondo sociale nazionale e controllare l'andamento della riforma.

Le Regioni devono:

 programmare e coordinare gli interventi sociali

 spingere verso l'integrazione degli interventi sanitari, sociali, formativi e di inserimento lavorativo,

 stabilire i criteri di accreditamento e vigilare sulle strutture e i servizi sia pubblici che privati

 costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le funzioni indicate dalla normativa

 stabilire la qualità delle prestazioni, determinare i livelli di partecipazione alla spesa da parte degli utenti, finanziare e programmare la formazione degli operatori.

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13 In ultima analisi non bisogna dimenticare come questa legge abbia riconosciuto una centralità al ruolo dei Comuni che, per questo motivo, sono gli interlocutori privilegiati con i quali bisogna tracciare politiche di intervento. Nello specifico, i comuni:

 gestiscono e coordinano le iniziative per realizzare il "sistema locale della rete di servizi sociali"

 coinvolgono e cooperano con le strutture sanitarie, con gli altri enti locali e con le associazioni dei cittadini.

Si arriva alle modifiche introdotte con il decreto legislativo del 7 dicembre 1993 n. 517, che hanno imposto una complessiva ridefinizione della funzione della rete dei servizi sanitari. In particolare si è richiesto un maggiore sviluppo di presidi e servizi extraospedalieri per rispondere alla domanda di riabilitazione e di assistenza a lungo termine espressa dagli anziani, dai disabili e comunque dai soggetti non autosuffi-cienti, non curabili a domicilio.

La ridefinizione organizzativa dei servizi, per essere in sintonia con le esigenze dei cittadini, deve basarsi su un continuum di cure sanitarie e servizi sociali che rispondano alle esigenze poste dalla collettività, ed in particolare a quelle di soggetti non autosufficienti i cui bisogni sanitari sono inscindibili da quelli assistenziali e determinano diversi gradi di dipendenza ai quali è necessario rispondere con offerte di sostegno domiciliare, semiresidenziale e residenziale.

Le RSA si collocano proprio in questo processo di evoluzione dell'offerta dei servizi rappresentando il risultato di un significativo processo di integrazione fra sanitario e sociale che si è realizzato a livello istituzionale mediante protocolli d'intesa tra la U.S.L. e l'Ente locale con enti privati con o senza scopo di lucro e con il volontariato, nell'ambito della normativa nazionale e regionale. Sono dunque da considerarsi parte integrante della rete dei servizi territoriali di primo livello.

Il DPCM 22.12.89 che rappresenta l'atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di queste strutture sanitarie residenziali, definisce residenza sanitaria assistenziale:

"una struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anziane prevalentemente non autosufficienti"15.

15Schema del decreto del ministero della sanità per l'istituzionalizzazione di anziani e di handicappati,

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14 Presupposto per la fruizione della residenza sanitaria assistenziale è la comprovata mancanza di un idoneo supporto familiare che consenta di erogare al domicilio i trattamenti sanitari continui e l'assistenza necessaria.

Il DPCM 22.12.1989 enfatizza l'importanza della collocazione contigua della RSA nel centro socio-sanitario di distretto che garantisce servizi sociosanitari a ciclo diurno destinati anche all'anziano che vive in comunità. Non meno importante è anche una stretta connessione funzionale tra la RSA e l'ospedale di riferimento: in particolare, la collaborazione tra gli operatori delle due strutture facilita sia il lavoro all'interno dei due servizi sia la dimissione programmata, con ripercussioni favorevoli anche sulla riduzione dei ricoveri ospedalieri impropri e della durata delle degenze.

Spetta alle Regioni disciplinare nell'ambito della propria competenza ai sensi del 5° comma, art. 3 D.Leg.vo 502/92, le modalità di attuazione di tale integrazione tra i servizi. Le RSA infatti, vanno inserite nella completa rete di servizi socio-sanitari già previsti dalle leggi e regolamenti nazionali e regionali. È necessario al riguardo tenere conto delle realtà esistenti nelle diverse regioni e integrare quindi le strutture residenziali esistenti con le nuove RS. proposte a livello nazionale. Le Regioni potranno, quindi, tendere ad una graduale trasformazione delle strutture presenti sul territorio in RSA, purché ne soddisfino i requisiti gestionali, strutturali ed organizzativi. In relazione alle particolari esigenze determinate dalle condizioni psicofisiche delle persone che vi trovano accoglienza queste strutture vanno preferibilmente localizzate, soprattutto quelle di nuova costruzione, in zone già urbanizzate, integrate con il preesistente contesto, o ben collegate mediante mezzi pubblici a centri urbani, al fine di evitare ogni forma di isolamento, difficoltà di incontro con le famiglie e di allontanamento dall'ambito sociale di appartenenza. Di particolare interesse risultano le iniziative di ristrutturazione o riconversione di edifici già esistenti localizzati nei centri storici e la presenza di spazi verdi per attività motorie e ricreative, dove possibile. Gli standard edilizi, dimensionali e qualitativi previsti dal DPCM 22 dicembre 1989 per la realizzazione di strutture residenziali per anziani non autosufficienti valgono anche per le strutture per soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, per i quali sono da prevedersi moduli più piccoli.

La struttura edilizia, come visto nel primo paragrafo, deve avere caratteristiche (funzionali, tipologiche, spaziali, morfologiche, ecc.) il più possibile assimilabili ad una unica matrice, rimandando invece alla sua capacità ricettiva, alle diverse modalità di

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15 assistenza ed organizzazione interna, la oggettiva e dovuta differenziazione a seconda delle esigenze degli ospiti.

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16 1.3 Le strutture sanitarie assistenziali in Toscana

Per quanto riguarda la regione Toscana il decreto del presidente della giunta regionale toscana dell'11 settembre 2018, n. 50/R propone una precisa classificazione delle strutture assistenziali sulla base dei seguenti criteri:

1. caratteristiche organizzative e strutturali 2. utenti accolti ed età di ammissione

3. graduazione dell’intensità assistenziale16 e della complessità organizzativa17 4. capacità ricettiva massima

5. elenco dei requisiti minimi strutturali 6. elenco dei requisiti minimi organizzativi 7. requisiti minimi professionali

In tutte le strutture è assicurata l’erogazione delle prestazioni sanitarie ricomprese nei livelli essenziali di assistenza. Nel dettaglio, il decreto individua le seguenti tipologie di strutture:

1)Struttura residenziale per persone anziane non autosufficienti18

Struttura residenziale che eroga prestazioni assistenziali e ad integrazione socio-sanitaria destinata ad accogliere temporaneamente o permanentemente persone anziane non autosufficienti.

CARATTERISTICHE Utenti accolti

Persone anziane non autosufficienti impossibilitate a rimanere presso il proprio domicilio, che necessitano di protezione diretta ad integrare o sostituire la limitazione totale e stabilizzata delle loro capacità. Sono caratterizzati da:

- esiti di patologie stabilizzate accompagnati da impossibilità ad essere assistiti dal proprio nucleo familiare;

- fase post-acuta e/o post-ospedaliera che necessiti di un intervento finalizzato al miglioramento del livello funzionale ed al relativo mantenimento;

- decadimento cognitivo medio/grave che necessiti di stretta sorveglianza;

16L'intensità assistenziale è stabilita in base alla complessità dei bisogni dell’utenza e in ordine al mantenimento e allo sviluppo delle capacità relazionali e dell’autonomia personale.

17 La complessità organizzativa è determinata dalla relazione fra i bisogni della persona e le risorse professionali, tecnologiche, organizzative e finanziarie da impiegare e dalle modalità di integrazione con i servizi del territorio. 18La normativa sulle RSA a livello toscano e nazionale, www.valoreinrsa.it/

(17)

17 - completa dipendenza, anche per quanto riguarda l’alimentazione (persone spesso nutrite in modo artificiale, allettate, con grave e persistente compromissione dello stato di coscienza).

Età di ammissione a) 65 anni ed oltre;

b) inferiore a 65 anni, nel caso di persone con patologie degenerative assimilabili al decadimento senile

Intensità assistenziale Bassa/media/alta

Complessità organizzativa Bassa/media/alta

Capacità ricettiva massima

80 posti letto, organizzati in nuclei fino a 40 persone. Tali nuclei possono essere articolati su più moduli, per realizzare la flessibilità organizzativa necessaria ad assicurare gradi diversi di intensità assistenziale

2)Struttura residenziale per persone disabili gravi19

Struttura residenziale per persone disabili prevalentemente gravi, con attestazione di gravità, che eroga prestazioni socio-assistenziali e di integrazione.

CARATTERISTICHE Utenti accolti

Persone con disabilità stabilizzata, compresi gli adolescenti, con riconoscimento di handicap, prevalentemente in situazione di gravità, non assistibili a domicilio, che necessitano di una risposta continuativa residenziale tesa a mantenere i livelli di autonomia raggiunti e a garantire un adeguato intervento socio sanitario di riabilitazione estensiva.

Età di ammissione

Tra i 18 e i 65 anni, con possibilità di accogliere anche adolescenti in situazione di gravità; è ammessa la permanenza oltre i 65 anni di età, ove possibile, solo nel caso in cui il Piano di Assistenza Personalizzato (PAP) ne individui tempi ed obiettivi.

Intensità assistenziale 19

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18 Alta

Complessità organizzativa Alta

Capacità ricettiva massima

80 posti letto, organizzati in nuclei fino a 40 persone. Tali nuclei possono essere articolati su più moduli, per realizzare la flessibilità organizzativa necessaria ad assicurare gradi diversi di intensità assistenziale, in coerenza con il percorso assistenziale delle persone accolte

3)Struttura residenziale a carattere comunitario per persone a rischio psico-sociale e/o in condizioni di disagio relazionale20

Struttura residenziale a carattere comunitario per l’accoglienza di persone a rischio psico-sociale e/o in condizioni di disagio relazionale, con limitata autonomia personale, che necessitano di una collocazione abitativa protetta.

CARATTERISTICHE Utenti accolti

Persone caratterizzate da disturbi di tipo relazionale e comportamentale, anche con problematiche psicopatologiche e ancora interessate, in via non prevalente, da trattamento a carattere terapeutico riabilitativo, che non possono essere adeguatamente assistite presso il loro domicilio e che necessitano di accoglienza temporanea o permanente, al fine di favorire il loro graduale reinserimento sociale e l’acquisizione di progressivi livelli di autonomia.

Età di ammissione oltre 18 anni Intensità assistenziale Bassa Complessità organizzativa Bassa/media

Capacità ricettiva massima

20 posti letto, compresi i posti di pronta accoglienza per le emergenze, organizzati in nuclei fino ad 8 persone. Nel caso di servizio organizzato con posti di pronta accoglienza, occorre prevedere minimo due nuclei da 8 posti ciascuno.

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19 4)Struttura residenziale a carattere comunitario per persone adulte disabili, prevalentemente non in situazioni gravi

Struttura residenziale a carattere comunitario, ad alta integrazione socio-sanitaria, per l’accoglienza di persone adulte disabili, che necessitano di aiuto prevalentemente non in situazione di gravità, denominata Comunità alloggio protetta

CARATTERISTICHE Utenti accolti

a) persone disabili prevalentemente non in situazione di gravità, con disabilità stabilizzata e riconoscimento di situazione di handicap, che, al termine del percorso assistenziale riabilitativo non sono in grado di rientrare al proprio domicilio e che necessitano di assistenza temporanea o continuativa volta a supportare le parziali capacità di autonomia e di autogestione, relazionali, sociali e di inserimento lavorativo. b) persone con disabilità grave, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive del sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale, nonché in vista del venir meno del sostegno familiare (Dopo di noi).

Età di ammissione

Tra i 18 ed i 65 anni; è ammessa la permanenza oltre i 65 anni di età, ove possibile, solo nel caso in cui il Piano di Assistenza Personalizzato (PAP) ne individui tempi ed obiettivi.

Intensità assistenziale Bassa

Complessità organizzativa Media

Capacità ricettiva massima

a) 20 posti letto, organizzati in nuclei fino ad 8 persone b) 10 posti letto, organizzati in due nuclei da 5 persone

5)Struttura residenziale per l’accoglienza ed il trattamento di persone dipendenti da sostanze da abuso21

Struttura residenziale per l’accoglienza ed il trattamento di persone dipendenti da sostanze da abuso

(20)

20 CARATTERISTICHE

Utenti accolti

Persone che, a seguito del percorso terapeutico - riabilitativo intrapreso per stati di dipendenza, presentano condizioni di fragilità psicologica tali da richiedere

adeguato sostegno relazionale e accoglienza abitativa. Età di ammissione Tra i 18 ed i 64 anni Intensità assistenziale Bassa Complessità organizzativa Bassa

Capacità ricettiva massima 12 posti letto

1.4 L'importanza del coordinatore nelle residenze sanitarie assistenziali

La crisi dei welfare ha reso obbligata, in tutti i paesi dell'occidente industrializzato, l'adozione di misure di trasformazione delle politiche sociali e dell'organizzazione sanitaria che hanno scandito il passaggio dal welfare state alla welfare community22. Anche in Italia si è cercato negli anni di dare maggiore rilievo al coordinamento dei servizi sanitari, non solo dal punto di vista deontologico, ma anche sotto l’aspetto gestionale, finanziario e organizzativo e di integrarli con i servizi sociali.

In questo scenario di cambiamenti, professionisti come i collaboratori ed i coordinatori sanitari sono diventati risorse preziose e fonti di ricchezza produttiva inestimabili, il cui contributo va a condizionare sia la quantità che la qualità dei servizi erogati all’utenza.

Il coordinatore gestisce l’organizzazione di un servizio o di strutture sanitarie pubbliche o private che intervengono su diverse tipologie e livelli di bisogni (assistenziali, preventivi, diagnostici, tecnici) e si occupa di organizzare il personale, di identificare e gestire i processi di lavoro, di controllare l’andamento economico e di verificare la corretta applicazione della normativa sanitaria23.

22

Libro Bianco sul futuro del modello sociale, www.salute.gov.it/

(21)

21 Rappresenta innanzitutto una figura di guida, sostegno e spinta motivazionale nei confronti di tutti i dipendenti, i dottori e gli infermieri che operano in una struttura e deve essere capace di:

 integrare tutti gli operatori nel contesto lavorativo;  identificare i loro bisogni formativi generali e specifici;  verificare puntualmente i loro bisogni e le loro motivazioni;  attivare la professionalità di ciascuno;

 motivare l’intero staff operativo dell’ospedale o della struttura medica

La figura del coordinatore sanitario può provenire da diverse aree professionali, come quella infermieristica, quella a carattere psico-pedagogico, o ancora socio-economica. In ogni caso l’esperienza acquisita sul lavoro e sul campo assume un ruolo cruciale nello sviluppo professionale di tale figura, facendo passare in secondo piano i percorsi formali di apprendimento.

Egli può operare in diversi contesti, come:  case di assistenza per anziani;

 comunità per disabili o altre strutture che includono nei loro programmi bisogni di carattere psico-relazionale;

 aziende sanitarie pubbliche e private;  enti no profit operanti in ambito sanitario;

 comunità per persone con particolari problematiche (tossicodipendenti, disabili, malati psichiatrici, ecc.).

In ognuna delle strutture sopra indicate il soggetto deve dimostrare un controllo diretto e costante sui servizi di cui è responsabile e deve gestire le relazioni con il personale tecnico-operativo con cui periodicamente afferisce all’unità operativa di competenza. E’ la figura che si interfaccia con la direzione, sviluppando le linee strategiche in obiettivi operativi e riferisce dell’andamento dei servizi al top management. Inoltre, cura le relazioni con i soggetti sul territorio che a vario titolo interagiscono con la struttura per i servizi di competenza.

(22)

22

Fig. 1.2 Funzioni e responsabilità del coordinatore sanitario

Fonte: elaborazione personale sulla base di quanto letto su www.nurse24.it, Il Coordinatore infermieristico e la funzione di coordinamento

Tutte le attività elencate in figura rappresentano un cocktail indubbiamente impegnativo per il professionista, al quale si aggiunge il continuo cambiamento in cui il sistema sanitario è coinvolto, sia per motivi di carattere innovativo - tecnologico, sia per motivi di carattere economico, i quali spesso costringono a duri compromessi organizzativi, gestionali ed aziendali che si traducono in termini di contenimento di costi.

Senza dubbio si parla di una figura trasversale e carica di responsabilità, in grado di svolgere funzioni che ruotano su settori differenti, articolati, ma collegati tra loro e, soprattutto, complessi da pianificare direttamente sulla base dell’esigenza organizzativa ed aziendale di un preciso momento.

Il coordinatore è colui che possiede la capacità di prefissarsi obiettivi dettati dalle necessità di cambiamento, raggiungerli, coinvolgere il gruppo di lavoro, saper riconoscere e sfruttare le abilità dei suoi dipendenti e saper trovare la giusta soluzione ai problemi applicando l’intervento migliore, appagando le necessità dei propri operatori e garantendo loro il benessere che gli spetta di diritto.

Si parla dunque di una formazione che si distacca dal contesto clinico e si orienta sempre più verso:

 la risoluzione dei problemi;

Gestione personale

•coordina e gestisce il gruppo degli operatori di cui è il referente per la struttura

•organizza e verifica l’organizzazione del lavoro (presenze, turni, attività, pazienti coinvolti,…) •contribuisce alla

valutazione del personale interno ed alla definizione di premi/incentivi

Gestione strategica ed operativa

•svolge il ruolo di

coordinamento e gestione del servizio, fungendo da raccordo tra le strategie e gli obiettivi stabiliti dal management e gli operatori •è responsabile della

gestione di un budget in modo più o meno diretto a seconda delle dimensioni della struttura

•stabilisce, in accordo con il responsabile/il CDA, le linee operative di azione ed i piani di miglioramento dei servizi, progettando se necessario servizi

innovativi

Monitoraggio

•mantiene un contatto diretto con i clienti/utenti, anche per monitorarne soddisfazione e bisogni nuovi

•effettua il monitoraggio e la valutazione dei servizi, di cui riferisce alla direzione

(23)

23  la determinazione di obiettivi con loro revisione ed eventuale riformulazione;  la gestione di gruppi di persone;

 l’utilizzo di nuovi modelli organizzativi.

.Con riferimento al'assistente sociale, questi può svolgere funzioni di collaboratore e coordinatore assumendo così:

 compiti di gestione

 di organizzazione e programmazione delle attività all'interno di una data struttura

 di coordinamento e direzione dei servizi sociali.

Nelle organizzazioni all’interno delle quali opera, l’Assistente Sociale è chiamato ad:

impegnare la propria competenza professionale per contribuire al miglioramento della politica e delle procedure dell´organizzazione di lavoro, all´efficacia, all´efficienza, all´economicità e alla qualità degli interventi e delle prestazioni professionali. Deve altresì contribuire all'individuazione di standard di qualità, e più in generale a promuovere la cultura dell’analisi e valutazione di servizi, progetti e attività"24.

In questa area rientrano funzioni a carattere manageriale, di direzione o responsabilità/coordinamento di unità operative, nelle quali l'assistente sociale è chiamato a:

 tradurre in servizi e progetti la politica dell’ente, attraverso la definizione di procedure operative integrate declinate a partire dai bisogni dell’utenza;

 gestire e organizzare i servizi e le risorse – umane, strutturali e finanziarie – di cui dispone.

In tale ambito, le attività dell'A.S comprendono aspetti tecnico-scientifici e aspetti tecnico-amministrativi, strumentali e complementari alle attività professionali e sono caratterizzate da piena autonomia di decisione e di direzione, all’interno degli obiettivi e degli indirizzi generali della struttura. Egli è responsabile dell'attività svolta dai servizi e uffici a cui è preposto, nonché delle decisioni assunte, delle disposizioni, istruzioni e direttive impartite.

Quella di Assistente Sociale che veste i panni di coordinatore è una figura di peso in quanto fa da garante e da motivatore, è il leader del gruppo di lavoro che si interfaccia con i colleghi infermieri, Oss, medici ed altre figure tecniche e sanitarie, con i pazienti e

24 Codice Deontologico - La responsabilità dell´assistente sociale nei confronti dell´organizzazione di lavoro,

(24)

24 con i care-giver. Quanto detto è ancor più evidente nelle Residenze Sanitarie per Anziani, dove in gioco vi è la continuità assistenziale.

Le aree peculiari su cui verte l’attività di coordinamento all’interno delle RSA25 sono:  la gestione del personale;

 la programmazione delle attività;

 la sicurezza degli operatori e degli utenti;  la valutazione degli obiettivi;

 la formazione dei lavoratori;

 la pianificazione, la gestione e il controllo della documentazione;

alle quali si aggiungono le attitudini proprie del professionista ad esplicare attività:  manageriali;

 di leadership;

 clinico - assistenziali.

Le competenze manageriali dell'assistente sociale in veste di coordinatore si traducono nella sua capacità di rispettare tempistiche e procedure, di mantenere l’ordine, individuare le criticità e i punti di debolezza, stabilire obiettivi e sfruttare nel miglior modo le risorse a disposizione per raggiungerli, rispettando le pressanti necessità di

spending review.

Allo stesso modo, la sua attitudine alla leadership si traduce nella capacità di orientare il proprio gruppo di lavoro verso indirizzi ben precisi e finalizzati al raggiungimento di obiettivi prefissati; tra questi è compresa l’erogazione di elevati standard assistenziali, ma non è la sola.

Egli deve essere in grado anche di comprendere le necessità della propria équipe, di mediare i conflitti tra i lavoratori e garantire un clima di lavoro sereno, mettere in luce i vantaggi che ogni singolo membro del gruppo può trarre nel contribuire al buon andamento del lavoro26.

Tutte le attività sono finalizzate sempre e comunque al raggiungimento del risultato finale, ovvero:

25 Il coordinatore di RSA: responsabilità e formazione, www.nurse24.it

26Basta consultare qualsiasi manuale di "organizzazione delle risorse umane negli ambienti di lavoro" per capire che lavoratori soddisfatti ed un clima di lavoro sereno determinano sempre e sicuramente un rendimento positivo nelle attività; al contrario, lavoratori scontenti, insoddisfatti e non collaborativi fra loro determineranno sempre problemi, rallentamenti ed ostacoli nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Deve essere in grado di formare il proprio gruppo di lavoro, di tenerlo aggiornato stimolando i professionisti a mettersi in gioco e a sentirsi parte integrante del processo di erogazione delle cure.

(25)

25  la presa in carico della persona da assistere;

 l’erogazione di un'assistenza di qualità a 360°.

Un altro aspetto di notevole rilevanza correlato alla figura dell'assistente sociale coordinatore delle Residenza Sanitarie Assistenziali è senz'ombra di dubbio la capacità di creare “ponti di collegamento” con l’esterno.

Come ben noto, le RSA appartengono a quella fascia assistenziale sparsa sul territorio che necessita, per ovvi motivi, di interagire con i centri ospedalieri. Risulta quindi fondamentale la collaborazione con le unità operative ospedaliere di interesse come, ad esempio: laboratori di diagnostica, unità di geriatria, centri di vulnologia, ed ogni altro tipo di area con cui il paziente può aver bisogno di interagire.

Tutto questo, nuovamente, al fine di migliorare gli standard qualitativi di assistenza, ma anche in un’ottica di riduzione dell’utilizzo improprio dei sistemi di emergenza (sovraffollamento delle Unità di Pronto Soccorso e/o ricoveri impropri).

In un’epoca in cui il coordinatore deve essere fonte non più solo di competenze clinico - assistenziali dedicate alla diagnosi dei bisogni dell’utenza, ma anche di complesse competenze coordinative, gestionali e manageriali, l’unica strada da percorrere per affrontare i cambiamenti continui che colpiscono il sistema organizzativo aziendale sanitario è senza dubbio quella di optare per un appropriato percorso formativo, che coinvolga ancora di più l'aspetto sociale ed umano del servizio di assistenza da garantire alle persone in difficoltà.

1.5 Il ruolo cruciale dell'Assistente Sociale ed il suo rapporto con le strutture

La figura dell’assistente sociale è entrata a far parte ufficialmente del sistema sanitario con la riforma ospedaliera del 1968 (Legge 132/1968), anche se si possono elencare molte esperienze “pilota” già dai primi anni ’60. La sua presenza strutturata nei diversi istituti socio-sanitari nati col tempo è stata sancita dalla riforma sanitaria del 1978

(Legge n. 833/78), preceduta a sua volta da importanti leggi di settore27.

La legislazione più recente (Dlgs n. 229/1999, seguito dai DPCM del 14.02.2001 e 29.11.2001, istitutivi dei LEA) introduce il concetto di prestazioni sociosanitarie, definite come:

27come la legge n. 405/1975 sui consultori, la legge n. 685/1975 sulle tossicodipendenze, la legge n. 194/1978 sulla maternità ed interruzione di gravidanza, la legge n. 180/1978 sull’assistenza ai malati psichiatrici, a cui si aggiungerà successivamente la legge n. 104/19 92 sull’assistenza e l’integrazione sociale delle persone disabili, legge in cui sono previste prestazioni sanitarie e sociali integrate fra loro che “valorizzino le abilità di ogni persona e che agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità”

(26)

26

“tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione”28. Tale normativa coinvolge a pieno titolo la professione dell’assistente sociale e sottolinea l'importanza di tale figura professionale in quanto soggetto che possiede le competenze necessarie ai fini della rilevazione e valutazione del bisogno emergente di un soggetto e della realizzazione di un piano di lavoro integrato che preveda assistenza sanitaria e sociale allo stesso tempo.

Da molti anni gli assistenti sociali della sanità collaborano coi colleghi dell’Ente Locale e con le varie strutture presenti sul territorio, convinti per primi che l’integrazione indispensabile fra sociale e sanitario generi salute/benessere: in alcune situazioni si tratta di consultazione reciproca, in altre di vera e propria collaborazione tecnica su casi multiproblematici, in altre ancora si parla di tavoli di consultazione e protocolli operativi, in genere promossi proprio dagli Assistenti Sociali. Si parla dunque di rapporti di lavoro spesso basati su relazioni informali, codici condivisi, buone pratiche purtroppo non sempre regolamentate da norme specifiche nelle diverse regioni. Dai dati raccolti dal Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali si ottiene infatti una fotografia della situazione del Servizio Sociale nelle RSA di tutte le regioni del Paese che rileva una notevole e importante diversità tra loro, relativamente sia all’emanazione di leggi inerenti il Servizio Sociale Professionale, sia alla percentuale di Assistenti Sociali che operano a pieno titolo nelle RSA. E nei casi in cui le leggi vi sono, si fa fatica ad applicarle, considerato che nessuna di esse fino a poco tempo fa riconosceva come essenziale ed obbligatoria l’istituzione del Servizio Sociale Professionale in determinate strutture, lasciando troppo spesso libero arbitrio alla Direzione di tali strutture.

Alla luce di quanto detto, questo lavoro si propone di mettere in evidenza la lacuna legislativa, a livello regionale e nazionale, che riguarda la figura dell'assistente sociale e di suggerire l'inserimento a pieno titolo di questa figura professionale nelle RSA in modo che possa dedicarsi a pieno ai singoli soggetti della struttura.

Un caso che andrebbe preso come esempio è quello della regione Lazio che con la Deliberazione di Giunta Regionale del 14 luglio 2006 n°424 ha previsto l’inserimento

(27)

27 nell’organico di tutte le strutture/servizi sanitari e socio-sanitari di assistenti sociali con contratto “a tempo pieno” e “a tempo parziale” in relazione al numero dell’utenza servita29. Le strutture/servizi sanitari e socio-sanitari che presentano diversificate aree di

intervento ( Lungodegenza, RSA, Riabilitazione post-acuzie, Hospice, comunità terapeutiche etc.) sono obbligate, alla luce della suddetta legge, alla presenza costante e strutturata di assistenti sociali deputati a favorire la presa in carico integrata dei soggetti bisognosi, garantendo l’appropriatezza degli interventi in continuità assistenziale.

La figura dell’Assistente Sociale diventa obbligatoria e deve essere inserita all’interno dell’organico delle strutture per poter ottenere l’autorizzazione al funzionamento.

Questa presenza stabile dell'assistente sociale garantirebbe la messa a disposizione della popolazione di una figura specializzata, in grado di:

 assistere gli ospiti con interventi di natura socio-assistenziale, volti anche alla soluzione di problemi che si evidenziano o nascono in concomitanza con l’ingresso nella struttura;

 favorire il migliore utilizzo delle risorse presenti nella struttura e sul territorio;  curare i rapporti con la famiglia d’origine e con l’ambiente di provenienza al

fine di prevenire l’emarginazione del disabile;

 collaborare e promuovere l’attività sociale degli ospiti in relazione ai singoli piani personalizzati di assistenza.

Alla luce di quanto detto si ritiene fondamentale che il primo contatto tra l'anziano, la sua famiglia e la struttura venga gestito dall'A.S. per almeno 3 ragioni:

1. La prima è si riferisce al fatto che la RSA non è solo luogo di cura sanitaria ma anche di attenzione alla dimensione sociale. Se è vero che il mondo esterno entra nella RSA con il suo carico di fragilità e di opportunità, portando con sé legami sociali e famigliari complessi che condizionano la relazione tra operatori e utenti, è altrettanto vero che la struttura è chiamata ad accogliere non solo l’anziano ospite ma, indirettamente, anche il suo contesto relazionale e ambientale. L’assistente sociale in quanto operatore che sviluppa la sua azione anche all’interno degli snodi tra bisogni dei cittadini e offerta dei servizi, è quindi considerata figura competente a presidiare il processo di accoglienza e le diverse fasi della presa in carico. Per tale ragione è il Servizio Sociale che gestisce la Lista di Attesa per gli inserimenti in RSA.

(28)

28 2. La seconda ragione è riferita alla consapevolezza che, quanto più i contatti che precedono l’inserimento dell’anziano in struttura, con familiari e operatori esterni, sono curati e presidiati, tanto più si favorisce un rapporto fiduciario tra utente ed équipe della RSA, rapporto che seppur non potrà eliminare in assoluto le conflittualità consentirà di meglio gestire eventuali momenti di criticità nella gestione della vita dell’anziano ospite. L’assistente sociale è la figura professionale nell’équipe che svolge un ruolo di collettore tra gli operatori e gli utenti coinvolti nelle fasi della presa incarico e accompagnamento in RSA. 3. L’ultima motivazione risiede nella struttura multidisciplinare delle équipe della

RSA in cui la dimensione sociale, infermieristica e medica sono compresenti, a partire dalla valutazione della domanda di ingresso in RSA.

Nella RSA l’Assistente Sociale oltre ad accogliere l’anziano e la sua famiglia all’ingresso nella struttura, in uno dei momenti più delicati della vita, quale il distacco dal proprio domicilio e dalle persone care, provvede, come si vedrà in maniera più approfondita nel capitolo 2, alla stesura di un Piano di Assistenza Individualizzato in collaborazione con altri operatori della struttura.

Il Piano prevede la personalizzazione dell’intervento e consente di focalizzare l’attenzione sull’anziano tenendo conto dei suoi bisogni e sulla sua famiglia che è pienamente coinvolta nell’attuazione del progetto individualizzato predisposto per l’anziano.

In conclusione, l’attuale modello di accoglienza e funzionamento delle RSA presenta diversi punti di forza afferibili, in modo particolare all’attenzione all’utente, alle sue esigenze di informazione e di sostegno e, parimenti, ai bisogni di conoscenza dell’anziano da parte degli operatori. Il punto di debolezza è sicuramente rappresentato da una legislazione poco incisiva circa la presenza costante e dedicata di un assistente sociale nella struttura. Ciò rischia una dispersione delle competenze e delle risorse che l'A.S. potrebbe apportare alla struttura a svantaggio di un'utenza che ha sempre più bisogno di supporto e sostegno in termini umani e sociali oltre che clinici.

(29)

29 CAPITOLO 2

IL PIANO ASSISTENZIALE PERSONALIZZATO (PAI) 2.1 Definizione e caratteristiche del PAI

Il Piano assistenziale individualizzato (PAI), utilizzato nelle RSA, è lo strumento che identifica i bisogni della persona, determina gli obiettivi dell'assistenza e indica le modalità di raggiungimento degli obiettivi. È il risultato del lavoro dell'équipe multidisciplinare formata dalle varie figure professionali che si occupano dell'assistenza dell'ospite nelle strutture e viene condiviso con l'ospite stesso e/o i familiari. Viene indicato dal D.P.R. del 14 gennaio 1997 tra i requisiti minimi organizzativi richiesti ad una RSA ed è presente nella normativa sanitaria delle varie Regioni. L’attuale normativa nazionale indica come uno dei requisiti minimi organizzativi delle RSA:

"la stesura di un piano di assistenza individualizzato corrispondente ai problemi/bisogni identificati” attraverso una valutazione multidimensionale che viene effettuata anche con l’uso di strumenti validati dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici e sociali dell’ospite al momento dell’ammissione e periodicamente30"

La stesura di un piano di assistenza individualizzato, dimostrabile attraverso la compilazione di un documento cartaceo, implica, quindi, per ogni struttura, un processo di attenzione che comincia ogni volta venga inserito un nuovo ospite e presuppone una modalità interdisciplinare di lavoro fra gli operatori.

È uno strumento sintetico che viene compilato generalmente entro un mese dalla presa in carico dell'ospite da parte della struttura e sottoposto a verifiche periodiche, che servono per monitorare l'andamento dello stato di benessere dell'ospite e del percorso assistenziale rispetto agli obiettivi.

Segue un periodo di conoscenza dell’ospite, definito nel tempo (normalmente di tre settimane / un mese) durante il quale il personale, ciascuno per le proprie specifiche competenze professionali, raccoglie elementi ( tramite colloqui, somministrazione test, visite mediche...) sull’ospite e sui suoi familiari (problemi clinici e psicologici, problemi relazionali, problemi funzionali etc. ma anche relative risorse) ed annota quanto emerge, al fine di confermare e/o modificare i rilievi raccolti negli step precedenti.

(30)

30 Dopo tale periodo di osservazione viene stilato un progetto definitivo di assistenza che bilanci risorse e problemi (sia dell’anziano che della struttura).

Al centro del piano assistenziale c'è l'ospite con i propri bisogni e la personalizzazione dell'assistenza permette che si verifichi un match più alto possibile tra le modalità dell'assistenza e le esigenze della persona assistita.

Il Piano Assistenziale individuale definisce, per ciascun paziente, gli interventi necessari a raggiungere specifici obiettivi e bisogni di salute, sia durante il ricovero ospedaliero sia nelle fasi successive.

Il PAI è uno strumento di sintesi31, non di esercizio: è la rappresentazione del progetto globale sulla persona che deriva da:

• aspetti clinico - sanitari di competenza medica

• valutazione dei bisogni assistenziali di competenza dell’Infermiere Professionale e dell’assistente sociale

• valutazione dei bisogni di riattivazione di competenza del fisioterapista

• valutazione dei bisogni personali, di relazione e socializzazione di competenza dell'A.S

Il documento cartaceo deve essere completo e comprensivo di data e firma degli operatori presenti alla stesura. Per operatore sociale si intendono le seguenti figure professionali: l’animatore, l’educatore, l’assistente sociale, lo psicologo.

Nel PAI:

 è presa in considerazione la persona nella sua globalità  l’anziano e/o la sua famiglia rivestono un ruolo importante

 devono comparire, in prima stesura, anche le motivazioni dell’ingresso

 vanno identificati l’obiettivo/gli obiettivi che devono essere concreti misurabili e congruenti con i dati sintetici di conoscenza dell’anziano32

Il PAI:

 deve essere suddiviso nei quattro domini previsti dalla normativa

 deve essere modificato ogni qual volta vi siano dei cambiamenti sostanziali nell’anziano

 non va rivisto in presenza di fasi di acuzie che, in termini di probabilità, sono destinate al ripristino delle condizioni precedenti

31 Il Pai come strumento di lavoro nelle Rsa, Brescia.ipasvibs.it, 32 Il Pai nelle strutture per anziani,www.slideplayer.it/

(31)

31 Il processo di formulazione del piano prevede diverse fasi. ognuna della quali si esplica in diverse attività:

1) Osservazione:  raccolta dati  analisi di contesto  utilizzo organi di senso 2) Pianificazione

 definizione obiettivi  definizione interventi

 individuazione di mezzi e strumenti

 definizione tempistiche (breve, medio, lungo termine)  individuazione operatori coinvolti

3) erogazione dell'intervento 4) verifica dei risultati

 obiettivi raggiunti  obiettivi non raggiunti

Queste sono sostanzialmente le quattro fasi principali per l'elaborazione del piano assistenziale individuale. E' utile ricordare che le suddette fasi hanno un percorso ciclico e quindi l'intero processo è dinamico e consequenziale.

Il PAI, sia nella stesura preliminare che in quella definitiva, deve essere sempre accessibile e consultabile da qualsiasi operatore lavori direttamente con l’anziano. Poiché il PAI è soggetto a verifica periodica, gli obiettivi individuati devono essere misurabili. Occorre quindi identificare l’indicatore/ gli indicatori che permettano di valutare, alla scadenza prevista, il successo degli interventi ipotizzati trovando riscontro in scale di valutazione.

Per quanto riguarda gli interventi sociali non sempre risultano disponibili scale validate per verificarne l’efficacia. Sarà necessario, quindi, avere molta cura nell’identificare l’indicatore concreto da monitorare.

L’anziano con capacità cognitive integre e capacità di autodeterminazione deve avere un ruolo significativo nella discussione del suo progetto. Negli altri casi, comunque, la stesura definitiva del PAI viene comunicata alla famiglia. I familiari pur non essendo necessariamente presenti in équipe, al fine di meglio comprendere il lavoro del personale, sono informati degli obiettivi definiti e degli interventi programmati. Collaborano alla buona riuscita del progetto assistenziale, apportando, qualora

(32)

32 necessario, suggerimenti, critiche e dando un supporto concreto alla gestione dell’ospite, se previsto dal PAI. Quanto espresso dalla famiglia ed eventuali compiti assunti potrebbero essere registrati all’interno dello strumento PAI sotto un’eventuale voce “osservazioni dei familiari”.

Il ruolo dei parenti potrebbe, quindi, essere rivalutato in chiave positiva e fatto parte integrante degli interventi del PAI, al fine di ottenere il massimo raggiungimento dei risultati voluti.

L’organizzazione deve consentire di discutere il PAI almeno ogni sei mesi in condizioni di stabilità e tutte le volte che una situazione critica richieda una modifica delle necessità assistenziali.

Fig. 3 Elementi costitutivi del PAI

Fonte:Elaborazione personale.

2.2 Il ruolo dell'assistente sociale nella stesura del PAI

Il PAI comincia dal momento di inserimento dell’anziano in RSA, fase in cui, come già accennato in precedenza, l'assistente sociale ha un ruolo

Definizione linee d'azione

•Il piano stabilisce gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità degli interventi.

•Questa fase tiene conto del mantenimento ed del recupero delle capacità fisiche, cognitive,

relazionali della persona in coerenza con il progetto globale della struttura stessa.

Profilo dell'assistito •Il piano viene predisposto

sulla base degli elementi desunti dal progetto di assistenza relativo alla presa in carico del singolo ospite, fornito dal Servizio sociale. •Questa fase presuppone un rapporto diretto e personale con l’anziano, colloqui con la famiglia d’origine e/o con il gruppo sociale di

appartenenza e con gli operatori territoriali eventualmente coinvolti nel caso.

Tempistiche e soggetti coinvolti

•Il piano è elaborato entro e non oltre i quindici giorni successivi all’ammissione dell’ospite nella struttura. •Viene redatto dall’équipe

degli operatori della struttura, costituita da assistente sociale, psicologo, infermieri, medici, OSS, coordinatore sanitario.

•In ogni piano personalizzato di assistenza è indicato il referente responsabile della sua attuazione, anche in relazione al Servizio Sociale competente.

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