• Non ci sono risultati.

Camp-Us : l'orto permaculturale in Bovisasca

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Camp-Us : l'orto permaculturale in Bovisasca"

Copied!
85
0
0

Testo completo

(1)

Camp-US

L'orto Permaculturale in Bovisasca

Relatore Prof. Davide Fassi

Co-Relatore Prof. Laura Galluzzo

Studente Alessandro Suma

182839

Politecnico di Milano Facoltà di Design

Corso di laurea in Interior design A.A. 2014\2015

(2)

Indice

Abstract

Prefazione

Cap. 1 – l'orto come occasione di innovazione sociale

1.1 gli orti urbani

1.2 il fenomeno degli orti comunitari 1.3 l'innovazione sociale

Cap. 2 – Il progetto Camp-US

2.1 Zona Bovisasca

2.2 Camp-US ed il progetto di ricerca in Bovisasca 2.3 9 x 9 e le Associazioni di Zona

Cap. 3 – Le caratteristiche ambientali

3.1 Il territorio 3.2 L'esposizione 3.3 Le precipitazioni 3.4 Le temperature 3.5 I venti dominanti

Cap. 4 – Orto sinergico ed Orto Permaculturale a confronto

4.1 Principi dell'agricoltura sinergica 4.2 Principi dell'agricoltura Permaculturale 4.3 Il layout Sinergico

(3)

Cap. 5 – L'Orto Permaculturale in Bovisasca

5.1 Il layout 5.2 I materiali

5.3 Greenhouse Toolkit 5.4 Vertical Growth Toolkit 5.5 Orizontal Growth Toolkit 5.6 Consociational Toolkit 5.7 Water Collection Toolkit

Cap. 6 – Il Workshop di Co-progettazione

6.1 I greenhouse toolkits, la loro customizzazione ed il feedback degli ortisti

6.2 Il layout Permaculturale, i consigli di piantumazione ed il feedback degli ortisti

(4)

Abstract

Gli orti urbani, presenti in larga misura in tutte le aree caratterizzate da forte antropizzazione, sono, ancor prima che mezzi di sostentamento per individui e comunità, luoghi dove l'innovazione sociale, le pratiche conviviali e comunitarie trovano applicazione.

Questa tesi tratta lo studio del layout di un'area ad uso ortivo conviviale sita in via Cascina de' Prati nel quartiere Bovisasca di Milano. L'area è stata assegnata dal comune attraverso il bando ColtivaMI, ed è curata dalle Associazioni di Zona 9 (9per9) unitamente al Politecnico di Milano.

L'obiettivo sarà, attraverso l'analisi delle principali pratiche agricole moderne , selezionare una tipologia di intervento, mediandolo tra esigenze di carattere climatico-territoriale, la natura comunitaria dell'area ortiva e la propositività degli attori coinvolti nel progetto (le associazioni di zona, il Politecnico di Milano, gli ortisti).

L'applicazione di un metodo agricolo di comprovata efficacia, dovrebbe fornire nuove competenze e stimolare il dibattito tra gli attori, favorendo da un lato lo scambio interpersonale di esperienze tra ortisti, e dall'altro fornendo le basi tecniche per comprendere al meglio tematiche come l'importanza della biodiversità e la necessità di riscoprire, per il benessere psico-fisico, la bellezza terapeutica della cura delle aree verdi anche in città.

(5)

Prefazione

Nell'ultimo decennio l'agricoltura ha assunto significati differenti; da semplice produttrice di beni, per il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare, a quello di tutela del territorio, di conservazione delle aree rurali, di cura della qualità del prodotto alimentare, di tutela dei prodotti tipici, oltre a consentire la conservazione degli usi e delle tradizioni del mondo contadino.

L’agricoltura è diventata, grazie alle prime forme di impresa etica, il luogo dove poter creare servizi, attraverso cui promuovere azioni educative, ricreative, culturali, di inclusione sociale.

Un orto sociale diventa quindi spazio di scambio di esperienze, di competenze, di condivisione, oltre che ambito di studio e di cura delle piantumazioni.

Gli orti comunitari sono una realtà ormai largamente diffusa in tutte le città contemporanee, oltre che nelle aree rurali, come a Chiasso nella Svizzera italiana, dove è partito un progetto di orti urbani permanenti aperti a giovani, famiglie, quartieri, piccole comunità, o in Olanda, dove la Van

Bergen Kolpa Architecten ha realizzato il progetto”Park-Supermarket” che

rovescia il rapporto tra città e produzione di cibo.

(6)

Anche l'Italia promuove iniziative orientate alla condivisione degli spazi verdi coltivabili; Padova possiede un ampio sistema di serre sociali ed ha da poco avuto il via Gasparorto, un orto sociale con lo scopo di rilanciare un'area pubblica abbandonata (P.zza Gasparotto); a Milano esiste, tra gli altri, Coltivando, un orto conviviale creato al Politecnico di Milano da un gruppo di ricercatori e studenti del Dipartimento di Design del Politecnico, con la collaborazione degli abitanti del quartiere Bovisa.

Coltivando – Politecnico di Milano (Campus Bovisa)

E così come in Olanda, Svizzera ed Italia, gli orti condivisi si sono diffusi largamente a livello globale. Questa capillare ed autoctona presenza di realtà sociali così differenti ma al contempo unite dalla comune sensibilità verso l'ambiente, le tradizioni, la convivialità ha portato alla creazione di un organismo europeo, il “Coin de Terre”con sede a Lussemburgo.

Questa organizzazione riunisce oltre tre milioni di famiglie che gestiscono un orto urbano o un orto sociale.

“I principi che orientano questa organizzazione si basano sull'utilità sociale e sul benessere psico-fisico che l'orto può generare. Gli orti familiari hanno un ruolo sociale: sono luoghi di incontro e di integrazione intergenerazionale, per i giovani, gli anziani, le famiglie, i lavoratori, i

(7)

disoccupati, le persone di diversa origine sociale e nazionalità. Gli orti familiari sono un elemento essenziale per la salute fisica e psichica degli uomini e migliorano la qualità della vita di tutti i cittadini. Ortaggi sani coltivati nel proprio orto, permettono una dieta variata, il contatto con il ciclo di crescita naturale e la creatività del giardinaggio stimolano i sensi. I rapporti personali e la convivialità all'interno del gruppo evitano l'isolamento”1.

La volontà di garantire la qualità e la sicurezza del cibo che si porta in tavola ogni giorno, la ricerca di un legame più diretto con la natura, il bisogno ed i vantaggi nati dall'interscambio di competenze e capacità in un contesto sociale, sono i principali motori di questa nuova realtà.

Difronte ad una così grande eterogeneità di ambienti, situazioni, obiettivi e competenze si sono interrogati in molti tra designers, architetti, agronomi e gente comune, su quale fosse la tecnica migliore o il metodo agricolo più efficace per ottenere un giusto equilibrio tra uomo e ambiente, rispetto alla propria area di appartenenza. La risposta giace nell' autoctonia; l'uso delle piantagioni tipiche di un'area, o delle tecniche agricole legate ad un particolare territorio, o dei materiali presenti nella zona, si fondono tra loro dando vita ad un universo di soluzioni frutto spesso del bisogno di soddisfare una precisa esigenza oltre che un'attenta progettazione.

Si fanno strada in questo contesto i principi dell'agricoltura sinergica, della permacultura che ben si coniugano con le esigenze socio-ambientali del territorio, avendo una concezione, un metodo, applicabili su scale differenti, dalla grande campagna alle aree urbane fortemente antropizzate. Ed insieme a queste grandi linee guida, esiste un infinito insieme di soluzioni ed artefatti, dovuti all'ingegno e creati ad hoc da ogni singolo attore in gioco, per soddisfare un'esigenza insita nel proprio territorio di appartenenza e solo in quello.

(8)

Così, materiali e tecniche che prima non toccavano il mondo della campagna, della coltivazione, degli orti, diventano, strumenti adattabili e reinterpretabili per il raggiungimento dell'equilibrio tra uomo ed ambiente. I “pallets” usati in genere per il trasporto e lo stoccaggio delle scorte (alimentari, industriali) diventano all'occorrenza bancali o guide per giardini verticali; le plastic box per il trasporto di merci deperibili diventano piccoli orti e forniscono soluzioni infinite di modularità grazie alla loro impilabilità verticale; le tegole portoghesi si trasformano in canali per la deviazione o lo stoccaggio dei flussi di acqua.

Tutti questi “strumenti”, a volte mantengono la loro identità funzionale, a volte la perdono diventando altro rispetto alla loro funzione principale, sempre mantenendo inalterato lo spirito di rispetto dell'ambiente e della persona.

(9)

Cap.1

L'orto come occasione di innovazione sociale

Orto Sociale Rio Barca – Piantagrano - Alghero

“La locuzione innovazione sociale (IS) è generalmente utilizzata per indicare quelle innovazioni che rispondono a bisogni emergenti delle persone attraverso nuovi schemi di azione e nuove forme di collaborazione tra diversi soggetti. L’IS descrive l’intero processo attraverso il quale vengono individuate nuove risposte ai bisogni sociali con l’obiettivo di migliorare il benessere collettivo”2.

La ricerca nel design è un’attività che produce conoscenze utili a chi progetta, cioè a designer e non-designer (comunità, individui, istituzioni e aziende) che possono usare tali conoscenze nei loro processi di design e co-design. Infatti, nel contesto dell’innovazione sociale il designer può operare in due modi: progettare ‘con’ le comunità oppure ‘per’ le comunità.

“Nel primo caso, il designer assume il ruolo di facilitatore nel processo creativo, promuovendo la condivisione e la collaborazione tra i diversi attori sociali e costruendo uno scenario progettuale condiviso. Nel secondo

(10)

caso, egli ha il compito di sviluppare soluzioni di prodotti e servizi collaborativi, al fine di migliorare l’accessibilità, l’efficienza e la replicabilità di specifici contesti. Pertanto, considerando la natura creativa e allo stesso tempo operativa del design, i suoi approcci metodologici si mostrano utili e adatti a generare innovazione sociale. Ad esempio, per mettere in luce aspetti cruciali del contesto di riferimento ed individuare le reali problematiche che il progetto dovrà affrontare, l’utilizzo dei linguaggi visuali propri del design può contribuire ad individuare opportunità progettuali in modo più sistematico e con maggiore efficacia”3.

L’innovazione sociale è un processo caratterizzato da un orientamento collettivo e da strategie che mettono in discussione e incidono sui comportamenti che le imprese, le organizzazioni, le istituzioni esercitano.

Sebbene si tratti di processi caratterizzati da una forte incertezza di esito e da percorsi difficilmente prevedibili, essi sono spesso il risultato di fasi di “distruzione creativa” che permettono di combinare in maniera nuova e originale elementi già esistenti, in cui gioca un ruolo fondamentale non tanto il singolo individuo o un gruppo ristretto di innovatori quanto una collettività più ampia. L’innovazione sociale è infatti una costruzione sociale che coinvolge sistemi locali dove si produce conoscenza trasversale rispetto ai confini organizzativi e alle pratiche gestionali tradizionali.

Per favorire l’innovazione sociale sono anzi fondamentali proprio l’ibridazione e l’incontro tra realtà anche molto differenti tra loro e la capacità di adottare differenti prospettive di analisi dei problemi rispetto alle logiche interne alle singole organizzazioni.

(11)

1.1 Gli Orti Urbani

Orti urbani dell'area 9 di Milano

Per capire il rinnovato interesse per la coltivazione dell’orto, bisogna tornare indietro con gli anni. Fino all’epoca pre-industriale si può dire che ad ogni fase di crescita urbana si sia accompagnata una proporzionata crescita del patrimonio verde e dei campi a coltura. Gli orti erano piuttosto comuni in tutte le grandi città, ad esempio Roma manteneva un aspetto rurale ancora alla fine del XIX secolo. In Italia il minimo storico della coltivazione amatoriale dell’orto è stato raggiunto negli anni Sessanta e Settanta. La coltivazione di orti all’interno delle città era una vera anomalia; l’orto in città è diventato simbolo di una condizione sociale ed economica inferiore, un elemento di degrado paesaggistico. Come i picchi minimi del numero di orti urbani sono collocabili nei venti anni di boom economico successivo al Secondo Dopoguerra, la rinascita dell’interesse per la coltivazione dell’orto coincide con la crisi economica che ha colpito l’Europa a partire dagli anni Ottanta.

Ma alla base della coltivazione amatoriale dell’orto in tempi attuali non è tanto la necessità di fare economia quanto il desiderio di “sapere cosa si

(12)

mangia”. È proprio di questi ultimi venti anni una rinascita di una vecchia istituzione, quella degli “orti senza casa”, cioè di orti allocati all’interno del tessuto urbano, che non appartengano a chi li coltiva, ma proprietà di associazioni o delle amministrazioni comunali ed assegnati a coltivatori non professionisti.

L’iniziativa si è diffusa velocemente in tutte le grandi metropoli statunitensi e canadesi, ma purtroppo le finalità economiche e politiche finirono per prevalere su quelle naturalistiche ed ecologiche. In questa seconda fase c’è una maggiore diversificazione dei beneficiari dell’orto, non solo operai e gente di basso ceto, ma anche impiegati, insegnanti, e professionisti. L’Italia, oltre la parentesi fascista, non ha una storia associativa riguardo agli orti urbani.

È proprio di questi ultimi venti anni una rinascita di una vecchia istituzione, quella degli “orti cittadini”, cioè di orti allocati all’interno del tessuto urbano, che non appartengano a chi li coltiva, ma proprietà di associazioni o delle amministrazioni comunali ed assegnati a coltivatori non professionisti.

L’orto urbano si propone, dunque, come strumento di riqualificazione delle periferie, per il miglioramento della qualità paesaggistica dei luoghi urbani e della vita sociale nella città. Partendo da questa definizione e sulla spinta del rinnovamento culturale favorito dalla Convenzione Europea del Paesaggio si può arrivare attraverso anche l’uso dell’orto urbano, coinvolgendo ed incentivando il cittadino, ad un cambiamento e rinnovamento del paesaggio urbano.

Anche il Design puo' intervenire nel cambiamento a diversi livelli; a Milano associazioni come Coltivando o Il Giardino degli Aromi si sono configurate come paradigma di cooperazione e di integrazione delle aree urbane dismesse diventando incubatrici di pratiche urbane sociali come ad

(13)

esempio la condivisione di un un orto al Politecnico di Milano, o l'organizzazione di un centro di documentazione a disposizione del cittadino, oppure offrire corsi di formazione e approfondimento aperti a tutti.

La progettazione di un orto comunitario coinvolge anche aspetti tecnici di realizzazione, di uso dei materiali, di adattabilità ad ambienti difficilmente coltivabili; la necessità di utilizzare al meglio una risorsa così rara come l'acqua ha portato allo studio di sistemi passivi di stoccaggio e conservazione delle risorse idriche, un esempio è Badilisha Eco Village Foundation Trust, una fattoria che si integra con lo sviluppo di un'agricoltura sostenibile nella comunità Rusinga Island, nelle zone rurali del Kenia.

Badilisha Eco Village – Kenia (2010)

1.2 Il fenomeno degli orti comunitari

“Il fenomeno nasce a Lipsia, in Germania, verso la metà del XIX secolo, con i kleingarten riservati ai bambini, ma trova il suo aspetto più interessante nei jardins ouvriers (giardini operai) francesi nati alla fine dell’Ottocento. Nei trent’anni del boom economico successivo al Secondo Dopoguerra i jardins ouvriers vissero un periodo di declino, segnato da

(14)

trascuratezza e disordine. Ma già a partire dagli anni Ottanta si assistette ad una rinascita, prodotta principalmente dall’interesse e dalla collaborazione delle autorità, locali e nazionali. In Italia il Fascismo aveva promosso l’iniziativa dell’ “orticello di guerra”, nel quadro della “battaglia del grano” e della ruralizzazione degli italiani che Mussolini perseguiva. Negli anni Trenta anche l’America conosceva l’esperienza dei relief gardens (orti di soccorso) e durante la Seconda Guerra Mondiale quella dei victory gardens. Dopo la Guerra gli orti urbani subirono un declino, fino ai primi community gardens che nacquero intorno agli anni Settanta, nel corso dei quali alcuni gruppi di cittadini, recuperarono zone abbandonate a se stesse, degradate e fatiscenti, per riportarle a nuova vita”4.

Attualmente gli orti comunitari si discostano dalla finalità originaria di assicurare l’approvvigionamento alimentare, per ripiegare su funzioni estetico-ricreative, educative, sociali o terapeutiche in relazione alle mutate condizioni economiche e socio-culturali.

I “community gardens” e gli “allotment gardens” dei paesi anglosassoni sono paradigmatici di questa evoluzione. I community gardens sono appezzamenti di terreno che sono curati collettivamente da un gruppo di persone. La maggior parte dei community gardens sono aperti al pubblico per la fruizione di spazi verdi in aree urbane con diverse opportunità di relazioni sociali, ricreazione, formazione, semplice relax e, owiamente, produzione di ortaggi e altre colture a cura diretta degli associati.

L’orto sociale comprende quindi una pluralità di esperienze accomunate dalla caratteristica di integrare nell’attività agricola attività di carattere socio-sanitario, educativo, di formazione e inserimento lavorativo, di ricreazione, diretti in particolare a fasce di popolazione svantaggiate o a rischio di marginalizzazione. In questo contesto rientrano gli orti orti a fini educativi, per detenuti, per anziani e terapeutici. In particolare I’ “ortoterapia” (Horticultural Therapy) è il termine con il

(15)

quale si indica la metodologia base che vede l’utilizzo dell’orticoltura come supporto in processi terapeutici di riabilitazione fisica e psichica di persone che presentano determinati handicap, particolari disturbi o forme di disagio sociale.

La creazione di un orto urbano collettivo porta benefici per gli individui, i quartieri, le città e le comunità di cui esse fanno parte.

L'orto urbano comunitario è un mezzo per avere a disposizione anche alimenti freschi autoprodotti; gli individui e le famiglie, prendendo parte alla coltivazione di un orto, hanno accesso a cibi freschi, nutrienti e variati che contribuiscono alla salute nutrizionale. Coltivare un orto comporta un certo numero di attività di diversa natura, e ciò contribuisce alla salute fisica. Si imparano a coltivare le piante, azione mentalmente stimolante che permette ad un individuo di acquisire conoscenze e competenze.

Se, per coltivare, si usa il metodo dell' agricoltura biologica derivato dalla permacoltura, si acquisiscono conoscenze raffinate di coltivazione che permettono di ottenere alimenti biologici con poco lavoro di manutenzione. Gli orti possono essere utilizzati da comunità di autoformazione, scuole e università, come luoghi di apprendimento.

Sono anche un mezzo per apprendere come minimizzare i rifiuti e riciclarli attraverso il compostaggio; sono luoghi dove apprendere il rispetto e la cura per il proprio territorio e per i beni comuni.

Moltissimi sono i vantaggi sociali: il principale riguarda la stessa socializzazione tra individui.

L'orticoltura collettiva è un'attività sociale che implica la decisione, la soluzione di problemi e la negoziazione dei conflitti, oltre all'accrescimento di competenze per i partecipanti.

Gli orti sono luoghi di incontro con gli altri membri di una comunità, sulla base di comuni obiettivi ed affinità; possono essere usati per costruire un senso di comunità, di cooperazione sociale e di appartenenza su base territoriale.

(16)

Ostacolo al degrado ed alla speculazione edilizia, gli orti, occupando terreni abbandonati, sono uno strumento collettivo per opporsi fattivamente alla dismissione selvaggia ed al degrado dei quartieri urbani.

Gli orti sociali arricchiscono la rigenerazione ambientale metropolitana, rinverdiscono aree abbandonate, introducono nuove specie, e portano biodiversità in spazi pubblici aperti, diventando strumento di riqualificazione urbana.

Jardin Ouvrier de Pithiviers – Coin de Terre, 1932

1.3 L'innovazione sociale

L'innovazione sociale, dunque, non ha confini fissi: essa agisce in ogni settore, il pubblico, il non-profit e il privato. La partecipazione attiva dei beneficiari al processo di sviluppo delle innovazioni ha un ruolo cruciale, secondo un approccio basato sulla convinzione che ogni soggetto è in grado di acquisire le capacità necessarie per migliorare le proprie condizioni di vita. Molte azioni creative, inoltre, si svolgono al confine tra un settore e un

(17)

altro e in settori completamente diversi tra loro, come la formazione, l'agricoltura, lo smaltimento dei rifiuti, la giustizia, la residenzialità, l’occupazione. In questo senso, si può affermare che l' “agricoltura sociale” si configura come un processo di autoapprendimento e che si distingue nettamente rispetto a interventi di assistenza e supporto, anche nei casi in cui si fa uso della risorsa agricola o del verde.

In generale, “la motivazione principale che muove l’innovazione sociale sembra essere l’insoddisfazione sociale di alcuni bisogni, la quale crea spazi per l’azione di gruppi più o meno formalizzati di persone che intendono trovare soluzioni per ridurre l’eccessivo divario tra i bisogni stessi e i servizi offerti”5.

Per attivare in maniera significativa le risorse necessarie a produrre innovazione sociale su larga scala è tuttavia fondamentale che questa produca benefici a vari livelli e per vari soggetti. In questo modo si genera un effetto moltiplicatore, passando dalla fase di sperimentazione limitata a contesti specifici a impatti sociali significativi in termini di qualità della vita e, conseguentemente, in termini di effetti economici.

Pur mancando la motivazione del profitto, l’innovazione sociale è infatti in grado di produrre anche vantaggi di tipo economico per le organizzazioni che la promuovono e per quelle che ne usufruiscono, come è il caso del microcredito, del crowdfunding o dei gruppi di acquisto solidale.

“Le innovazioni sociali, dunque, costituiscono un’opportunità per il settore pubblico e per il mercato, in quanto sono in grado di dare origine a prodotti e servizi che soddisfano al meglio le aspirazioni individuali e collettive”6 .

Gli aspetti su cui interviene l’innovazione sociale sono diversi e molteplici: essa crea nuovi saperi tecnici o organizzativi; applica tecniche manageriali per risolvere problemi nel presente, senza far riferimento

5 Mulgan R., The process of social innovation (Mit Press 2007), 13 6 Mulgan R., The process of social innovation (Mit Press 2007), 68

(18)

necessariamente a un orizzonte ideologico tradizionale; adotta un approccio pragmatico ai problemi sociali; impiega nuove tecnologie e soprattutto nuove forme organizzative, dove l'organizzazione dal basso convive con una “socialità di rete” e dove le stesse relazioni sociali diventano strumenti da mobilizzare nell’attività imprenditoriale. Si tratta, in sintesi, di un nuovo modo di organizzare l'attività umana, nel lavoro come nell’impegno politico, nella vita privata come nel sociale, attraverso nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che vanno incontro ai bisogni collettivi e che allo stesso tempo creano nuove relazioni sociali e nuove collaborazioni.

(19)

Cap. 2

Il progetto Camp-US

Camp-US – Coltivando, l'orto conviviale al Politecnico di Milano

La collocazione di un orto sociale in una zona ben specifica e riconoscibile, insieme alla scelta delle tecniche, dei metodi di coltivazione e di convivialità che animano gli attori interessati, sono due fattori indissolubilmente legati tra di loro.

Le aree fortemente antropizzate (come la zona 9 del Comune di Milano) sono, sotto questo aspetto, di complessa gestione essendo zone spesso a forte caratterizzazione industriale e commerciale. Tuttavia la presenza capillare di associazioni di zona, gruppi di cittadini organizzati, scuole, università ed istituti pubblici e privati, crea un'occasione di dialogo col territorio che può trasformarsi in ricchezza sia per gli abitanti della zona che per le aree verdi in essa compreso.

(20)

2.1 La zona 9 di Milano

La zona 9 si estende verso nord dal centro cittadino e comprende le aree di Porta Gribaldi, Porta Nuova, Bovisa, Isola, La Fontana, Montalbino, Segnano, Bicocca, Fulvio Testi, Ca'Granda, Prato, Affori, Bruzzano, Comasina e Bovisasca.

Il quartiere Bovisasca7, in cui è sita l'area comune di intervento8, si trova

nella zona Nord dell'area 9 del Comune di Milano. L'intera area è delimitata storicamente e fisicamente dai binari della ferrovia che cingono il quartiere per buona parte della sua estensione.

Google Maps – Quartiere Bovisasca, Novembre 2015

“Il quartiere prende il nome da una cascina di vecchia data, Cascina Bovisa, attorno a cui si venne a formare una borgata agricola che venne poi inglobata a Milano nel 1873. A sua volta il nome Bovisa deriva probabilmente da bovi (buoi)”9.

7 Fig 1 pag – Bovisasca – Novembre 2015 - https://www.google.it/maps/place/Bovisasca, +Milano/@45.5187769,9.1438078,15z/data=!3m1!4b1!4m2!3m1!

1s0x4786c0601c661f2d:0xa6bcd6dc2cc3fd38 8 Fig 2 pag - Bovisasca – Novembre 2015 -

https://www.google.it/maps/place/Bovisasca,/@45.5187769,9.1438078,15z/data=!3m1!4b1! 4m2!3m1!1s0x4786c0601c661f2d:0xa6bcd6dc2cc3fd38

9 Abbiati D. - “La storia dell'area 9 di Milano”, novembre 2015, http://it.paesaggioix.wikia.com/wiki/Orti_urbani

(21)

Google Maps – Via Cascina De'Prati, Novembre 2015

Convertita successivamente a zona industriale, subisce, nella seconda metà del ventesimo secolo, un declino dovuto allo smantellamento delle molte industrie che ivi risiedevano, con conseguente degrado interrotto negli ultimi anni dal proliferare di cantieri a scopo residenziale e dal recupero di alcune strutture industriali dismesse. Inoltre in Via Imbriani c'è un'alta percentuale di palazzi storici. Una delle attività più importanti di questa ex zona industriale è oggi quella connessa alla presenza di una delle sedi distaccate del Politecnico di Milano. La zona è divisa in due campus universitari, quello nord per la Facoltà del Design e la Facoltà di Architettura (ricavato da un ex industria Ceretti e Tanfani) e quello sud per Ingegneria.

(22)

CampUS - Incubazione e messa in scena di pratiche sociali è un programma di ricerca che agisce per una relazione virtuosa fra gli spazi e le competenze presenti nei campus universitari e il contesto territoriale in cui si inseriscono. La relazione fra i quartieri insediati e le università insediabili passa attraverso la strutturazione di spazi e azioni che ne consentano la resilienza e che agevolino l’interazione, l’integrazione e la coesione sociale. Il progetto campUS si inserisce in questo quadro ponendosi come possibile modello flessibile di interazione con lo spazio sociale e fisico circostante e come incubatore di pratiche sociali scalabili nel territorio.

I “NEET” (not in education, employment or training) e Over75 sono le fasce di utenza a cui si rivolge il progetto. In Italia, ad oggi, i “NEET” rappresentano oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 34

anni che non studia, non lavora e non è in un percorso di formazione; campUS ne propone il coinvolgimento con l’obiettivo di offrire loro l'acquisizione di competenze. Gli Over75 vengono resi partecipi attraverso azioni dedicate e rivolte al dialogo intergenerazionale, al fine di restituire e consolidare un loro ruolo sociale rilevante, valorizzando la loro memoria storica. CampUS si articola in due ambiti di intervento, condotti il più possibile in parallelo: campUS in, azioni dentro il Campus e campUS out, azioni fuori dal Campus (nel quartiere e oltre).

CampUS in: attraverso la ricerca-azione, attivazione degli spazi dei campus universitari come incubatori di pratiche sociali si propone di definire, sperimentare e prototipare azioni di socialità (servizi, spazi, sistemi di comunicazione) con un metodo di co-design e progettazione partecipata; CampUS out: si ocuupa della definizione di un paesaggio e di azioni permanenti che abbiano le potenzialità di sfociare in imprese sociali,

(23)

attraverso uno scambio virtuoso con le azioni di prototipazione (campUS in)10.

Il progetto campUS si articola in una dimensione teorica e meta-progettuale e una dimensione applicata per sperimentare dinamiche di coinvolgimento effettivo, testare strumenti e prototipare modelli di pratiche sociali innovative. Il Campus Bovisa e il quartiere di Bovisasca rappresentano il caso studio reale dove azioni ed interventi nello spazio pubblico possano coinvolgere concretamente cittadini e altri attori sociali, consentendo di esplorare metodi originali di relazione fra stakeholder. Le competenze politecniche coinvolte saranno a supporto delle azioni identificate: il Dipartimento di Design con la componente del design della comunicazione, degli spazi e dei servizi con una forte

esperienza sui temi di innovazione sociale e apertura dei campus universitari alla cittadinanza attraverso azioni di ricerca applicata.

Coltivando - l’orto conviviale al Politecnico di Milano ne è un esempio. Nei primi sei mesi di attività, attraverso una mappatura delle realtà operative in zona 9 anche su tematiche legate all’agricoltura urbana, sono state individuati dei soggetti interlocutori che potessero agevolare la realizzazione degli obiettivi preposti. Grazie al lavoro svolto e all’interlocuzione de “Il giardino degli Aromi” (endorser del progetto) si è attivata una nuova partner-ship con l’associazione “9x9 - idee in rete”, assegnataria nel 2013, grazie al bando del Comune di Milano “ColtivaMI”, della gestione di un terreno pubblico dismesso, di circa 5000mq, sito in via Cascina dei Prati nell’area di Bovisasca, in zona 9. L’interesse da parte del consiglio di zona 9 e dell’assessorato al “Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane, Tutela degli animali, Verde, Servizi generali”, interlocutori diretti di questo progetto di ricerca, di dare seguito

10 Davide Fassi, ”Polisocial awards 2013\2014” - Presentazione Camp US – Incubazione e messa in scena di pratiche sociali – Politecnico di Milano

(24)

all’assegnazione e concretizzarne la realizzazione, ha confermato la validità della scelta di questa nuova partnership, garantendone l’effettiva utilità ai fni degli obiettivi preposti. Si è dunque attivato un processo di incubazione di pratica sociale legata all’agricoltura urbana all’interno del campus Bovisa Durando, partendo dall’esperienza di Coltivando - l’orto conviviale al Politecnico di Milano che ha avuto i suoi step fondamentali nel processo di progettazione partecipata (con l’associazione 9x9 - idee in rete e con i futuri membri della comunità di ortisti/abitanti del quartiere) delle linee guida per lo sviluppo spaziale e di servizio del nuovo orto in via Cascina dei Prati11.

Camp-US – C'è spazio per tutti, Apertura Novembre 2011

2.3 9 x 9 e le Associazioni di Zona

L’Associazione 9per9 – Idee in Rete è stata legalmente costituita nell’Aprile 2013, e ha lo scopo di praticare, promuovere e diffondere la cultura della solidarietà, della convivenza sociale e di sostenere reti di solidarietà con altre associazioni; proporre progetti e iniziative educative, culturali e sociali per garantire il diritto alla cittadinanza e rafforzare la coesione sociale dei cittadini.

Associazione 9per9 agisce con particolare attenzione nella Zona 9 di

Milano (e più precisamente nei quartieri Isola, Dergano, Bovisa, Niguarda e Comasina), ma si radica e coopera anche con tutte quelle realtà di

11 Davide Fassi, ”Polisocial awards 2013\2014” - Report 01 Aprile 2015 – Incubazione e messa in scena di pratiche sociali – Politecnico di Milano

(25)

coordinamento dell’associazionismo milanese che normalmente agiscono sull’intera area metropolitana. Infatti, fin dalla sua costituzione, collabora regolarmente con “Consulta delle Periferie Urbane”, e con diverse altre associazioni e istituzioni di altre zone della città.12

Dopo la firma della convenzione con cui il Comune di Milano ha assegnato un lotto di terreno (5.000 mq circa) in via Cascina dei Prati (quartiere Bovisasca di Milano) all’Associazione 9per9-idee in rete, ci siamo attivati per pubblicizzare presso la cittadinanza l’esistenza del nuovo progetto per un orto comunitario in Bovisasca e raccogliere le adesioni degli aspiranti ortisti.

L’attività è stata svolta in collaborazione con i ricercatori del progetto “CampUs” del Dipartimento di Design del Politecnico, coordinato dal prof. Davide Fassi, che hanno dato un contributo determinante alla costruzione del gruppo degli ortisti, mettendo a disposizione le aule del Politecnico e le competenze accumulate negli anni precedenti attraverso l’implementazione del progetto Coltivando. Uno degli obiettivi del progetto CampUs riguardava, infatti, il supporto alla nascita di un orto comunitario in zona 9. Già a partire da gennaio 2015 erano stati organizzati diversi incontri presso il Politecnico a cui avevano partecipato numerosi cittadini interessati, molti dei quali sono poi diventati membri effettivi dell’orto comunitario. Le attività proposte durante gli incontri miravano a far emergere aspettative e problematiche legate alla gestione di un orto comunitario, cercando di costruire insieme obiettivi, regole e valori condivisi.

Il 14 marzo 2015 sul lotto di via Cascina dei Prati è stato realizzato l’evento “Il sabato della Bovisasca” con cui il progetto è stato ufficialmente inaugurato alla presenza dell’Assessore al Verde Chiara Bisconti, della Presidente del Cdz 9 Beatrice Uguccioni e di numerosi cittadini del quartiere, molti dei quali hanno espresso in tale occasione l’interesse a partecipare.

12 Associazione 9per9, Statuto Online, novembre 2015 -

(26)

La raccolta di adesioni ha avuto da quel momento una forte accelerazione sulla spinta dell’entusiasmo iniziale: il gruppo ha preso la consuetudine di incontrarsi regolarmente ogni sabato mattina sul lotto per discutere i problemi da affrontare e per formalizzare le adesioni dei singoli ortisti, che a metà maggio erano ormai circa una quarantina, per lo più residenti nelle immediate vicinanze dell’orto.

La raccolta dei rifiuti sparsi sull’intera area è stata svolta collettivamente dagli ortisti con il contributo determinante di un gruppo di studenti del Dipartimento di Design coinvolti nel progetto CampUs.

A quel punto è stato possibile procedere alla misurazione delle singole parcelle ortive, che si è scelto di definire in piccoli lotti di 30 o 60 mq, per venire incontro alle diverse esigenze degli assegnatari (famiglie, single…). A metà maggio abbiamo appreso che la Fondazione Enel Cuore, nell’ambito di un bando per l’allestimento di orti urbani, aveva accolto una richiesta di finanziamento presentata a luglio 2014 dal “Giardino degli Aromi Onlus”, di cui risultava beneficiaria anche l’Associazione 9per9. In questo modo è stato messo a disposizione un budget di 15.000 euro per realizzare l’allestimento dell’orto.

Ai primi di settembre sono partiti i lavori di posa della recinzione; l'allacciamento alla rete idrica; la costruzione dell'impianto di irrigazione e distribuzione dell'acqua.

I lavori sono stati affidati totalmente all'impegno volontario e alle competenze tecniche del gruppo, che si sono rivelate superiori alle aspettative e pienamente all’altezza della situazione. Inoltre, il fatto di lavorare insieme, condividendo fatica e entusiasmo, ha contribuito a favorire la conoscenza reciproca, cementare le relazioni e il senso di appartenenza al gruppo13.

13 Associazione9per9 - Orto in Bovisasca – Novembre 2015,

(27)

Attualmente le attività realizzate al 30/10/2015 sono: - Numero ortisti: 40

- Pulizia del terreno dai rifiuti - Sfalcio del terreno

- Livellamento terreno

- Recinzione (quasi terminata la posa dei sotegni e della rete) - Allaccio dell’acqua

- Scavo e impianto del condotto irrigazione - Acquisto di un prefabbricato di socialità

- Distribuzione delle assi per la realizzazione di vasche di coltivazione - Acquisto e distribuzione di telo isolante non tessuto

- Insediamento del “Comitato di gestione” dell’orto composto da 2 responsabili dell’Associazione 9per9 – idee in rete e 3 rappresentanti degli ortisti eletti direttamente dall’assemblea dei soci14.

Associazione 9per9 idee in rete – Cultura e solidarietà a kilometro 0

14 Associazione 9per9 - Bando ColtivaMi, Comune di Milano - Report Attività svolte sul lotto Cascina de'Prati Marzo\Settembre 2015 – http://associazione9per9.wix.com/associazione-9per9#!ortoxnove-in-bovisasca/c17af

(28)

Cap. 3

Le caratteristiche ambientali

Camp-US Bovisa – Coldivando, l'orto condiviso al Politecnico di Milano

Nonostante la cultura ed il fenomeno degli orti conviviali non possa prescindere dalla componente sociale e relazionale tra i componenti di una comunità, deve tuttavia adattarsi per necessità alle caratteristiche ambientali dell'area verde che lo ospita e del territorio circostante. Così, caratteristiche come l'esposizione solare, le precipitazioni, le temperature, diventano soggetti di attenta analisi, non possedendo nella maggior parte dei casi, gli orti conviviali, ampie metrature a disposizione. Considerare fattori come la piovosità o la pendenza del suolo può spingere a soluzioni progettuali differenti per la raccolta e lo stoccaggio dell'acqua, ma anche alla scelta di determinate piantumazioni rispetto ad altre.

(29)

3.1 Il territorio

Il quartiere Bovisasca, così come l'intera città di Milano, poggia su un'unica tipologia di roccia, di origine fluviale comune a tutta la Pianura Padana. In quest'area il terreno digrada dolcemente da nord-ovest a sud-est misurando, sul livello del mare, dai 147 ai 102 m, con una media di 122

msldm. L’area del quartiere di Milano Bovisa, considerando il territorio nord orientale milanese dal punto di vista tessiturale, si inserisce all’interno della zona di passaggio dai terreni a prevalenza di ghiaie ai terreni a prevalenza sabbioso limosa. La pianura padana può, infatti, essere classificata, procedendo da nord verso sud, sulla base di fasce a granulometria decrescente legate a variazioni di intensità dell’energia idraulica passanti dalle ghiaie, prevalenti verso nord, alle argille e sabbie, dominanti verso sud. Lo sviluppo agricolo del territorio milanese prima e l’intensa urbanizzazione poi, con l’occupazione dei terreni agricoli per la costruzione di fabbricati ad uso produttivo e residenziale hanno modificato, completamente, la situazione naturale cancellando ogni traccia dell’idrografia naturale e artificiale. L'area di analisi a questo punto si stringe sulla zona verde che si estende tra Via Cascina De' Prati e “le tre torri”15.

15 Fig 3 pag – Foto area ortiva in Via Cascina de' Prati – Novembre 2015, https://www.google.it/maps/place/Via+Cascina+dei+Prati,

+20157+Milano/@45.5134288,9.1527472,17z/data=!3m1!4b1!4m2!3m1! 1s0x4786c0f592e7a15b:0xa5e2e98a4793ea9f

(30)

L'esposizione

Via Cascina de'Prati – Area ortiva – Esposizione

La valutazione dell’esposizione al sole dell' orto è un elemento fondamentale per la riuscita di quest’ultimo. Chi coltiva un orto in terra dovrebbe, se ne ha la possibilità, individuare una parte di terreno che riceva i raggi del sole per buona parte della giornata.

Come si può facilmente immaginare, una buona esposizione al sole consente una crescita più rigogliosa e produttiva; infatti, la maggior parte delle specie orticole sono caratterizzate da uno sviluppo veloce di fiori e frutti confinati, generalmente, nello spazio di pochi mesi. L’energia del sole è quindi componente fondamentale per lo sviluppo e la fruttificazione. Fanno eccezione solo alcuni esempi, tipicamente dell’orto “invernale”, come cavoli, verze, patate.

La soluzione migliore è che le parcelle del nostro orto siano orientate con il lato più lungo verso est; questo consente la migliore esposizione alla luce del sole. Ovviamente è buona norma, in fase di progettazione, evitare di posizionare l’orto in punti in cui siano presenti ostacoli di vario tipo (alberi, palazzi, mura) che tengano l’orto all’ombra per la gran parte della giornata. La presenza di mura, se queste non sono troppo alte, è preferibile a quella delle piante, in quanto esse possono difendere efficacemente dal vento. Anche il vento, infatti, può causare parecchi problemi all’orto domestico, in quanto può spezzare le piccole piantine appena messe a dimora.

(31)

Sfortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi, non sempre è possibile scegliere la posizione ottimale e gli orti amatoriali devono spesso essere ricavati in spazi obbligati; ciò, ovviamente, può condizionare non poco la coltivazione. Si ricorda che un ortaggio, per crescere bene, necessiterebbe di un’esposizione al sole di circa 6-8 ore.

In linea generale, come detto, l’esposizione migliore è quella ad est; tale esposizione consente di coltivare praticamente tutte le piante, anche quelle piuttosto esigenti come per esempio le melanzane o i pomodori. Se il nostro orto è invece esposto al nord è consigliabile scegliere certi ortaggi invece di altri; piante come cavoli, cavolfiori, broccoli, piselli, bietole, barbabietole, ravanelli, spinaci, fagioli, patate, le insalate in genere e le erbette sono meno esigenti di altre in fatto di luce solare.

Il posizionamento ideale del nostro orto in base all'esposizione sarà evidenziato dall'area coperta dalle linee rosse16. Anche l'orientamento dei

bancali seguirà lo stesso principio17 evitando così che i filari di piante si

facciano ombra l'un l'altro.

Via Cascina de'Prati – Area ortiva – Suddivisione particelle ortive ed aree condivise

16 Fig 1 pag - delimitazione area correttamente esposta 17 Fig 2 pag - orientamento bancali

(32)

Fig 1 - delimitazione area correttamente esposta Fig 2 - orientamento bancali

3.3 Le precipitazioni

L'area è situata macroscopicamente a occidente del bacino della Val Padana ed è caratterizzata da un clima temperato umido con estate calda.

Le precipitazioni sotto forma di pioggia sono le più abbondanti (più rare le nevicate e scarse le grandinate) garantendo in media 10 giorni di pioggia al mese indipendentemente dalla stagione, con cadute che vanno dai 40 mm ai 120 mm18 sempre su base mensile, arrivando annualmente intorno ai

970 mm19.

Grazie alla concomitanza di precipitazioni abbastanza costanti durante tutto l'anno, e forti della presenza di un leggerissimo declivio che si estende dall'area sud-ovest a quella nord-est, e' ipotizzabile la formazione di un piccolo bacino di raccolta dell'acqua piovana a margine orto20.

18 Fig 3 pag – ISTAT – Media delle Precipitazioni Area Nord – Novembre 2015, http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/20100401_00/testointegrale20100401.pdf 19 Fig 4 pag – ISTAT – Totale delle precipitazioni , Novembre 2015,

http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/20110401_00/testointegrale20100401.pdf 20 Fig 5 pag – piccolo bacino artificiale

(33)

Fig 3 pag – ISTAT – Media delle Precipitazioni Area Nord

(34)

Uno dei problemi comuni alla maggior parte delle aree urbane abbandonate riguarda proprio l'acqua, il suo utilizzo e l'eventuale allaccio

alla rete cittadina. Il terreno al momento della consegna da parte del Comune non presenta allacci alla rete idrica verranno realizzati in seguito.

Fig 5 pag – piccolo bacino artificiale

3.4 Le temperature

Come in tutte le grandi città del mondo l'effetto serra sovrastante l'abitato rende le temperature più elevate rispetto alle campagne circostanti, soprattutto in inverno (con differenze in situazioni estreme anche di oltre i 3 °C). Tale fenomeno riguarda soprattutto i quartieri settentrionali, ove cade la nostra area di intervento, più densamente abitati, che godono anche di nebbie più rare rispetto alle aree meridionali e alle campagne circostanti. Le aree periferiche registrano temperature medie più basse (intorno a 1 °C).

Su base media annua21 le temperature oscillano tra i 17,5° ed i 9,8° con

picchi intorno ai 30° nei mesi estivi specialmente Luglio, ed intorno allo 0 in Gennaio22. Il rischio di una escursione termica così elevata, riguardo la

vita dell'orto, risiede nei fenomeni di brinamento tipici dei mesi invernali

21 Fig 6 pag – ISTAT – Temperature su base media annua – Novembre 2015,

http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/20500401_00/testointegrale20100401.pdf 22 Fig 7 pag – ISTAT - Temperature medie mensili – Novembre 2015,

(35)

che rischiano di bruciare parte delle nuove gemme e boccioli destinata alla successiva stagione.

Fig 6 pag – ISTAT – Temperature su base media annua

(36)

3.5 I venti dominanti

Milano, come gran parte della Pianura Padana, accusa una scarsa ventilazione favorendo il ristagno delle nebbie e degli inquinanti anche in ragione della sua alta densità abitativa.

Gli inverni milanesi sono più freddi rispetto a quelli delle città costiere, senza però raggiungere gli estremi tipici dell'Europa centrale, grazie alla latitudine più meridionale ed alla protezione fornita dalla catena delle Alpi. I venti dominanti soffiano principalmente in direzione sud-est e sud-ovest, solo a dicembre e gennaio soffiano freddi da nord-ovest.

I bancali sono opportunamente orientati per favorire il passaggio del vento senza ostacoli che si pongano trasversalmente23.

Fig 8 pag – Venti dominanti , Intensità - Area nord

(37)

Cap. 4

Orto sinergico e Orto Permaculturale a confronto

Agricoltura e sinergia – Sviluppo autunnale in Paesi Umidi – Vogue 154, Condè Nast

Poste le condizioni climatico-ambientali rimangono da analizzare le implicazioni di una determinata pratica agricola rispetto ad un'altra in conformità all'area ortiva interessata ed al grado di competenze necessarie alla realizzazione di tale progetto. In situazioni ottimali le pratiche agricole applicabili in spazi ristretti sono molteplici come la coltivazione aeroponica o idroponica, le growing room, ma per un orto conviviale occorre utilizzare una tecnica che abbia comprovata affidabilità in ogni condizione e su ogni territorio. La permacultra e l'agricoltura sinergica possono fornire questi elementi congiuntamente ad una forte componente “socio-culturale” di educazione all'ambiente ed al rispetto della biodiversità, rivestendo anche un ruolo educativo e formativo.La collaborazione, la co-progettazione e lo scambio di esperienze e competenze, giocano un ruolo chiave nella scelta del layout ortivo più adeguato.

(38)

4.1 I Principi dell'agricoltura sinergica

L'agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione elaborato dall'agricoltrice spagnola Emilia Hazelip, basandosi sulle intuizioni di Masanobu Fukuoka Si basa sui principi elaborati da Fukuoka e dimostrati dagli studi microbilologici di Alna Smith (famoso impiegato inglese del dipartimento agricolo del New South Wales), che, mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano suolo fertile attraverso i propri "essudati radicali", i residui organici che lasciano24.

L'agricoltura sinergica pone le sue fondamenta in tre semplici principi: Nessuna lavorazione del suolo

Nessuna opera di diserbo Nessun composto chimico

Il suolo non va lavorato perché saranno le radici delle stesse piante a migliorarne le proprietà strutturali. I composti chimici (fertilizzanti o pesticidi) non servono perché chi si avvale della coltivazione sinergica sa bene quali consociazioni attuare per garantire la massima fertilità del suolo. I pesticidi sono superflui per lo stesso motivo: l'orto sinergico, infatti, non è mono-colturale, bensì promuove la diversità. I parassiti sono attratti dalle coltivazioni mono-colturali e la chimica altera gli equilibri naturali dell'orto. Non muovendo il terreno, non aggiungendo pesticidi o fertilizzanti, i lombrichi hanno modo di proliferare e aumentare la fertilità del suolo con quello che per molti è il migliore concime organico disponibile, l'humus di lombrico. Per quanto riguarda il diserbo, la crescita delle infestanti va

(39)

controllata ma le erbacce non vanno eliminate, è per questo che la pacciamatura è una tecnica preziosa quando si parla di agricoltura sinergica.25

Il terreno viene preparato avendo cura di favorire l'interazione naturale tra le radici delle piante ed i microorganismi del terreno. Quindi il terreno non viene modificato con concimazioni, né arato (a parte alcuni casi di terreni compressi, non aerati, dove tale operazione può essere fatta in occasione della prima preparazione). Vengono create delle aiuole rialzate (dette anche bancali) di 30—50 cm, larghe 120 cm e lunghe quanto si vuole (ma preferibilmente non più di 5—6 m). Le aiuole (o bancali) viste in sezione hanno una forma trapezoidale, quindi i lati scoscesi ed un piano superficiale dove poter seminare. Tra un bancale e l'altro rimangono dei passaggi di almeno 50 cm che rimarranno sempre tali così come la parte coltivata sarà sempre la stessa; è di fondamentale importanza infatti non calpestare mai la parte coltivata e la larghezza delle aiuole è pensata proprio per consentire di lavorarci comodamente rimanendo sui vialetti divisori. La larghezza dei bancali può essere leggermente diversa se si prevede che debbano passarvi dei mezzi meccanici.

Su queste aiuole viene effettuata una pacciamatura con paglia e residui vegetali in generale; la pacciamatura deve essere sempre omogenea e coprente, non si deve mai vedere la terra nuda. In estate serve per evitare l'eccessiva evaporazione dell'acqua e la conseguente essiccazione del terreno ed in inverno per evitare gli effetti delle gelate. Inoltre la

pacciamatura impedisce all'acqua piovana di dilavare gli elementi nutritivi del terreno e di compattarlo perché la paglia o gli altri vegetali che

ricoprono i bancali servono a disperdere la forza dell'impatto delle gocce e al terreno arriva l'acqua in piccoli spruzzi o gocciolio. Solo all'inizio della primavera può essere utile aprire un po' la pacciamatura per favorire il

25 Anna de Simone , Orto Sinergico tecniche e consigli – Voglia di campagna - Settembre 2005, 23

(40)

riscaldamento del terreno da parte del sole. La pacciamatura ha un'altra funzione essenziale nel metodo sinergico, la sua decomposizione costante infatti contribuisce alla formazione dell'humus, ovvero allo strato fertile del terreno.

Le aiuole rialzate (dette anche bancali), vanno preparate anche con impianti di irrigazione a goccia e con strutture di sostegno dei rampicanti

(generalmente degli archi di ferro lunghi 6 metri conficcati nel terreno come archi incrociati che vanno da un lato all'altro delle aiuole).

(41)

4.2 I Principi dell'agricoltura Permaculturale

La permacultura è un metodo per progettare e gestire paesaggi antropizzati in modo che siano in grado di soddisfare bisogni della popolazione quali cibo, e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità di ecosistemi naturali. Il metodo della permacultura è stato sviluppato a partire dagli anni settanta da Bill Mollison e David Holmgren attingendo da varie aree quali architettura, biologia, selvicultura, agricoltura e zootecnia.26

Il metodo della permacultura si è diffuso in tutto il mondo a partire

dagli anni ottanta.

Ad oggi esiste più di una dozzina di libri e manuali che trattano di permacultura sulla base del lavoro originale di Mollison e Holmgren. Nonostante questo, non ci sono mai state sostanziali aggiunte o variazioni al metodo sviluppato alla fine degli anni '70. Nel 2002 si stima che siano state formate alla progettazione in permacultura oltre 100000 persone in tutto il mondo. La formazione prevede generalmente un corso intensivo teorico/pratico di due settimane dove, oltre ai fondamenti comuni del metodo, vengono insegnate le tecniche più adatte agli ecosistemi locali. Nonostante questo la permacultura fatica ancora ad avere una diffusione di massa. Holmgren afferma che i motivi sono principalmente da ricercarsi nel prevalere di una cultura scientifica del riduzionismo, e quindi un approccio cauto se non ostile a metodi di natura più olistica, nel dominio di una cultura del consumismo creata da una visione puramente economica della salute e del progresso e la paura da parte delle autorità politiche globali e locali di perdere la loro influenza e potere se la popolazione seguisse pratiche volte all'autosufficienza e all'autonomia locale.27

26 Mollison Bill, Introduzione alla permacultura (De Agostini, 2011), 86 27 Holmgren David , L'essenza della permacultura (De Agostini 2010), 44

(42)

David Holmgren sintetizza i principi alla base della permacultura in dodici punti.

1.Osserva e interagisci (la bellezza è negli occhi di chi guarda) Osservare

il paesaggio e i processi naturali che lo trasformano è fondamentale per ottimizzare l'efficienza di un intervento umano e minimizzare l'uso di risorse non rinnovabili e tecnologia. L'osservazione deve essere accompagnata dall'interazione personale.

2.Raccogli e conserva l'energia (prepara il fieno finché c'è il sole)

Raccogliere e conservare l'energia è alla base di tutte le culture umane e non. Per energia si intende tutto ciò che può essere immagazzinato e/o mantenuto in buono stato e che è fondamentale per la sopravvivenza di una comunità/cultura. Esempi: cibo, alberi, semi.

3.Assicurati un raccolto (non si può lavorare a stomaco vuoto) Assicurarsi

che ogni elemento del progetto porti una ricompensa utile.

4.Applica l'autoregolazione e accetta il feedback (i peccati dei padri

ricadono sui figli fino alla settima generazione) Applicare l'autoregolazione per evitare che controllori di livello superiore siano costretti ad intervenire per riequilibrare una crescita incontrollata. Impara a riconoscere e accettare il feedback fornito dalla comunità o, più in generale, dalla natura.

5.Usa e valorizza risorse e servizi rinnovabili (lascia che la natura faccia

il suo corso) Gestire le risorse che si rinnovano e rigenerano in modo continuo senza un apporto esterno in modo che assicurino una continua resa. Allo stesso modo valorizzare i cosiddetti servizi rinnovabili, ovvero i servizi apportati da piante, animali, suolo e acqua senza che questi siano consumati nel processo.

6.Non produrre rifiuti (Il risparmio è il miglior guadagno)(Un punto in

tempo ne salva cento) Assicurarsi che i sistemi presenti nel progetto non producano niente che non sia utilizzabile e utile ad un altro sistema.

(43)

7.Progetta dal modello al dettaglio (gli alberi non sono la foresta) Bisogna

imparare a dare uno sguardo d'insieme prima d'immergersi nel dettaglio. Utilizzare soluzioni progettuali derivate da modelli osservati in natura.

8.Integra invece di separare (molte mani rendono il lavoro più leggero)

Integrare ogni elemento progettuale all'interno del sistema in modo che si sostenga a vicenda con gli altri elementi.

9.Piccolo e lento è bello (più sono grandi e più fanno rumore cadendo)

Sistemi piccoli e lenti sono più facili da mantenere di quelli grossi e veloci, fanno un miglior uso delle risorse e producono in maniera più sostenibile.

10.Usa e valorizza la diversità (non mettere tutte le uova in una sola cesta)

Valorizzare la diversità animale e vegetale. La diversità riduce i rischi derivanti dalla gran parte delle minacce: l'ammalarsi di una specie di pianta non è la fine del raccolto. Inoltre la diversità aiuta a beneficiare dell'unicità di ogni territorio.

11.Usa e valorizza il margine (non pensare di essere sulla giusta traccia

solo perché è un sentiero molto battuto) Progettare le forme delle zone di confine in modo da sfruttarne il più possibile le caratteristiche: il limite tra due sistemi diversi è il posto dove accadono le cose più interessanti. Queste zone sono spesso le più produttive in quanto possono utilizzare le

caratteristiche di sistemi diversi. Un esempio dello sfruttamento dei margini è rappresentato dal sistema di canali argini “chinampa”, utilizzato

tradizionalmente in Messico e Tailandia.

12.Reagisci ai cambiamenti e usali in modo creativo (bisogna vedere le

cose non solo per come sono ma anche per come saranno) Sfruttare i

cambiamenti a proprio favore; questo presuppone l'osservare attentamente i segni che li precedono e intervenire in tempo.28

(44)

Holmgren David, L'essenza della permacultura (De Agostini 2010), 24

Per una pianificazione energetica efficiente, il paesaggio su cui si opera viene suddiviso in zone. Ad ogni zona è adibita una destinazione d'uso e una distanza dall'abitazione in base alla frequenza d'intervento umano. Idealmente in permacultura si identificano le seguenti zone:

(45)

Zona 0 è il centro delle attività: la casa, la stalla o, su vasta scala, un intero

villaggio. Questa zona deve essere ubicata in modo tale da ottenere il massimo risparmio energetico e da soddisfare i fabbisogni dei suoi occupanti.

Zona 1 è situata nelle immediate vicinanze del centro della attività. È l'area

più controllata e intensamente utilizzata. Può per esempio contenere l'orto, l'officina, la serra, il vivaio, il ricovero degli animali da cortile, il serbatoio per il combustibile, la legnaia, lo stenditoio per il bucato e una zona per l'essiccazione dei cereali. In questa zona non sono presenti animali di grande taglia e probabilmente sono presenti pochi grandi alberi adibiti prevalentemente all'ombreggiatura. Sono invece comuni piccoli alberi da uso frequente, ad esempio i limoni.

Zona 2 è una zona intensamente curata e densamente coltivata. Le strutture

in questa zona includono terrazzamenti, siepi, graticci e specchi d'acqua. Possono essere presenti anche alcuni grandi alberi che ospitano sotto la loro chioma un complesso sistema di specie erbacee ed arboree, in particolare piante da frutto. In questa zona vengono anche collocate specie vegetali e animali che richiedono cura e osservazione e l'acqua vi è distribuita estesamente con irrigazione a goccia. È permesso l'accesso libero degli animali da cortile in aree selezionate e vi può essere un'area destinata al pascolo degli animali provenienti dalla zona 3.

Zona 3 sono presenti alberi da frutto che non necessitano di potatura e

pacciamatura, pascoli e aree più estese per animali, da carne e non, e le colture principali. In questa zona sono presenti grandi alberi che assolvono anche alla funzione di barriere frangivento e fonti di foraggio.

Zona 4 poco curata, semi selvaggia. Adatta alla raccolta di frutti selvatici,

alla forestazione e ad ospitare animali selvatici. Oltre a questo è la zona destinata alla produzione di legname pregiato.

(46)

Zona 5 è lasciata allo stato naturale. Questa zona è fatta per osservare ed

imparare, la progettazione non deve interessarla.29

Holmgren David, L'essenza della permacultura (De Agostini 2010), 98

(47)

4.3 Il Layout Sinergico

Sull'analisi ambientale precedentemente effettuata, è possibile adesso applicare i principi dell'agricoltura sinergica. La costruzione dei bancali dovrà avvenire sempre seguendo lo schema di posizionamento rispetto alla luce solare per impedire che i bancali si facciano ombra l'un l'altro.30

I Bancali piu' estesi, deputati alle specie ortive stagionali, avranno una forma ad “L” e saranno larghi 90 cm31 per permettere una facile

accessibilità da entrambi i lati. Non sono previste assi di supporto antismottamento del bancale per i principi prima descritti.

Le aiuole più piccole di forma regolare anch'esse, saranno deputate alle specie officinali ed aromatiche da essiccazione, o per i fiori edibili.32

L'altezza delle aiuole non può essere calcolata aprioristicamente, verrà stabilita in corso d'opera poiché non è dato sapere a che profondità sarà possibile scavare incappando in uno strato roccioso; in linea di principio i bancali saranno alti tra i 15 ed 20 cm.

Nonostante per ragioni di esposizione la configurazione ottimale dei bancali sinergici abbia una forma a spirale, a causa della mancanza, al momento della consegna del terreno, di un sistema di irrigazione autonomo, e per utilizzare al meglio l' esiguo spazio a disposizione, i bancali saranno organizzati in maniera geometrica seguendo una pianta ad “L” che si snoda lungo il lato esposto ad est, sud-est dell'area ortiva comune33.

Il sistema di recupero e stoccaggio dell'acqua piovana viene ricavato attraverso canali scavati nel terreno di lieve profondità (30 cm). Icanali si articolano in adiacenza ai bancali creati in precedenza; se ben posati i bancali, formati dalla terra smossa, avranno già lungo il loro lato lungo una

30 Fig 1 – Posizionamento dei bancali rispetto alla radiazione solare 31 Fig 2 – Vista assonometrica dei bancali per le specie orticole stagionali 32 Fig 3 – Vista assonometrica aiuola per le specie da essiccazione o edibili 33 Fig 4 – Vista assonometrica distribuzione bancali

(48)

traccia dello scavo sfociando successivamente in due piccoli bacini di raccolta34. In caso di abbondanti precipitazioni sono presenti dei canali di

sfogo dell'acqua in eccesso orientati al di fuori della zona ortiva. Per ottimizzare la portata dell'acqua ed evitare sia sprechi che la formazione di limo nelle zone di passaggio, si consiglia di utilizzare, per stabilizzare le canaline, delle tegole “portoghesi” da posare convessamente rispetto alla traccia scavata.

Le attività di costruzione dei bancali, pacciamatura, scavo dei canali idrici e dei bacini di raccolta, presumendo almeno una dozzina di ortisti coinvolti attivamente nel progetto, prevede un lavoro giornaliero a tempo pieno per una durata di un paio di settimane, considerando anche la messa a dimora dei nuovi germogli.

L'orto conviviale impostato sui principi dell'agricoltura sinergica, a seguito del ritrovamento di piccole quantità di amianto nel terreno, non può essere più suscettibile di realizzazione; da un lato per la natura edibile delle specie ivi coltivate, dall'altro per la preoccupazione manifestata da parte degli ortisti riguardo la possibilità di inquinamento delle piantumazioni stesse. In realtà l'ipotesi sinergica sarebbe ancora applicabile al terreno a patto di convertire la zona ortiva in giardino, eliminando tutte le specie edibili e da essiccazione e coltivando solo specie ornamentali; tuttavia questa linea di progetto cozzerebbe con la natura comunitaria e conviviale che l'orto si propone.

(49)

Prima Ipotesi Sinergica – Prospettiva Seconda Ipotesi Sinergica - Prospettiva

Prima Ipotesi Sinergica – Particolare collettori Sec. Ipotesi Sinergica – Particolare collettori

(50)

4.4 Il layout Permaculturale

La Permacultura, come descritto nel capitolo precedente, si basa su una divisione funzionale dello spazio verde; non avendo a disposizione una metratura tale da poter sviluppare ogni area in base alle sue carateristiche, ne e' stata fatta una selezione tenendo presente sempre l'analisi climatico-territoriale eseguita precedentemente.35

Essendo lo spazio diviso per funzione e non per bancalatura potrà essere usata, anche per desiderio degli ortisti attivi nella zona, terra da riporto, che verrà stoccata in appositi bancali al di sopra del livello del suolo. La modalità di conservazione del terreno da riporto e della costruzione dei bancali verrà affidata a dei moduli che abbiano caratteristiche di omogeneità delle proporzioni, siano cioè tutti uguali tra loro, e siano facilmente impilabili, per permettere una gestione delle altezze delle piantumazioni più efficace.36 Le plastic box usate per il trasporto delle

merci deperibili sono una scelta aderente alle funzionalità richieste; opportunamente posate possono contenere fino a 10 litri di terra, più che sufficiente per la coltivazione di qualsiasi specie ortiva e sono facilmente impilabili.

Il layout prevede un orientamento delle plastic box ortogonale alla direzione della luce solare sempre con lo scopo di sfruttare al meglio l'esposizione. I bancali costituiti ognuno da una una singola plastic box, saranno allineati in modo che le piantumazioni evitino di farsi ombra l'un l'altra.

La selezione delle aree permaculturali di cui è possibile la realizzazione, una volta eliminate le aree adibite all'allevamento degli animali da cortile ed alle piantumazioni per legname da ardere, le zone risulterebbero essere le seguenti:

area 1 – l'area delle serre e dei vivai

35 Fig 7 – Reale disposizione delle aree permaculturali 36 Fig 8 – Layout definitivo in Permacultura

(51)

area 2 – l'area delle coltivazioni dense area 3 – l'area consociativa

area 4 – l'area delle colture principali area 5 – l'area degli alberi da frutto area 6 – l'area di osservazione

Anche in questo caso l'ipotesi di creare un piccolo bacino di raccolta dell'acqua piovana risulta una idea aderente allo spirito conservativo dell' agricoltura permaculturale37. In questo caso il piccolo bacino di raccolta

viene posizionato in direzione nord, nord-ovest, adiacente al lato nord dell'area verde. Effettuato lo scavo, il bacino viene rivestito da un tessuto impermeabilizzante, e vengono posate delle pietre sul perimetro per evitare effetti di smottamento delle pareti.

L'autosufficienza idrica dell'orto non viene comunque garantita da questa unica soluzione; è necessario convertire parte delle aree per adibirle anche alla raccolta dell'acqua piovana oltre che a spazio verde per la coltivazione. Le zone migliori su cui intervenire in questo senso sono quelle che necessitano di una maggiore quantità di acqua per la sussistenza, quindi le zone consociative data la natura eterogenea delle specie ortive qui coltivate. La realizzazione di un layout permaculturale come descritto, richiede sicuramente tempistiche notevolmente inferiori rispetto all'ipotesi sinergica prima considerata soprattutto considernado che non ci sarà necessità di lavorazione del terreno per l'utilizzo di terra da riporto; tuttavia lo studio permaculturale dei metodi e delle piantumazioni ottimali per l'orto richiede rispetto all'ipotesi sinergica un know how di competenze nettamente maggiore. E' per questo prefigurabile la necessità di un WSP per la spiegazione agli attori coinvolti delle implicazioni di questo tipo di pratica agricola. Le attività per la posa dell'orto sono elencatea fine capitolo38.

37 Fig 9 – pianta del layout permaculturale e divisione delle zone per funzione 38 Fig 10 – Elenco e durata attività di realizzazione dell'orto permaculturale

(52)

Figura

Fig 1 - delimitazione area correttamente esposta                      Fig 2 - orientamento bancali
Fig 3 pag – ISTAT – Media delle Precipitazioni Area Nord
Fig 5 pag – piccolo bacino artificiale
Fig 7 pag – ISTAT - Temperature medie mensili
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Questo Workshop è pensato per indirizzare le Imprese chimiche verso la scelta multimodale: nella prima parte le Istituzioni presenteranno dati e azioni per

Se si considera che il volume di merci trasportato nel corso del 2014 è stato leggermente crescente rispetto all’anno passato, pure con un Pil decrescente, si capisce che

TRASPORTO MERCI Confartigianato applicabile anche a IMPRESE INDUSTRIALI di qualunque dimensione nr.5nr.5 Retribuzioni in vigore dal 1.10.2018nr.5Retribuzioni in

• Rimodulazione a scalare del rimborso dei pedaggi sulla base delle classi Euro e delle tecnologie. • Rimodulazione a scalare del rimborso delle accise sulla base delle

delle merci cargo aereo italiane transita da Malpensa), è ritenuto facilmente accessibile sia dalle imprese sia dagli spedizionieri. Anche nella capacità di magazzino e in termini

Primo modulo: in preparazione alle attività nell'orto gli insegnanti seguiranno delle lezioni teoriche e pratiche sull'orticoltura e sulla scoperta degli

▪ Peso ambientale negativo del settore dei trasporti ha in Italia (emissioni di gas serra e sulla qualità dell’aria), alla cui riduzione deve contribuire anche il trasporto delle

The UFL collaborated closely with the private sector for accuracy. Data collectors in the field initially identified 548 potential loading bays. However, in 206 cases, the doors