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Il processo di scrittura tra motivazione e metacognizione: un’esperienza di laboratorio in quarta media

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

ROBERTA BERTOZZI

MASTER OF ARTS IN INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA MEDIA

ANNO ACCADEMICO 2019/2020

IL PROCESSO DI SCRITTURA TRA MOTIVAZIONE E

METACOGNIZIONE:

un’esperienza di laboratorio in quarta media

RELATORE

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Ringrazio il Professor Sahlfeld per l’entusiasmo didattico, il sapere, la guida e la pazienza. Ringrazio mio figlio Niccolò e mio marito Alejandro per il sostegno e la fiducia in questo mio sogno tardivo.

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Roberta Bertozzi

Master of Arts in insegnamento nella scuola media

Il processo di scrittura tra motivazione e metacognizione: un’esperienza di laboratorio in quarta media.

Relatore Wolfgang Sahlfeld

Il presente lavoro di diploma verte sulla didattica della scrittura intesa come processo dinamico e ricorsivo, e su quanto la consapevolezza degli allievi relativamente ai processi possa incidere e sul loro piacere e coinvolgimento nell’atto dello scrivere, e sulla loro consapevolezza rispetto agli obiettivi da raggiungere nella scrittura. Facendo riferimento soprattutto agli studi della psicologia cognitivista, in particolare di Bereiter e Scardamalia e della loro rivisitazione del modello di Hayes e Flower, ci si è posti l’obiettivo di osservare le reazioni degli allievi, rispetto a motivazione e consapevolezza metacognitiva, nel contesto di un laboratorio le cui consegne di scrittura sono declinate come attività di problem solving e il docente, che si propone come consulente più che come valutatore, somministra adeguati facilitatori procedurali. Il lavoro, che si può classificare come una ricerca-azione, si è avvalso per la raccolta dei dati delle concrete reazioni degli allievi ai compiti di scrittura somministrati, di schede di valutazione formativa formulanti specifici obiettivi rispetto alla scrittura, e dei risultati di un questionario somministrato a fine percorso per vagliare l’atteggiamento degli allievi verso la scrittura e le loro difficoltà. I risultati confortano l’ipotesi di una ricaduta positiva sulla motivazione e sulla consapevolezza degli allievi rispetto alle proprie peculiarità come scrittori e sembrano delineare un panorama delle difficoltà certamente non nuovo, ma scaturito in questo caso dalle riflessioni metacognitive degli allievi.

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Sommario

1. Nota introduttiva………1

2. La scrittura come processo………2

2.1. Il modello di Hayes e Flower………...3

2.2. La scrittura come “problem solving”………..5

2.3. Facilitatori procedurali, metacognizione e valutazione………..6

2.4. Laboratorio e motivazione………..7

3. Il lavoro di ricerca………..9

3.1. Le domande di ricerca……….9

3.2 Metodologia di ricerca………..9

3.2.1. Il campione di riferimento………..10

3.2.2. Le tecniche di raccolta dati………..11

3.2.3 Modalità didattiche………..12

3.2.4 Fasi del lavoro………..15

3.2.5 Modalità di analisi dei dati………...17

3.3 Risultati………..18

3.3.1 Il questionario………..18

4. Conclusioni……….32

Bibliografia………..34

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1. Nota introduttiva

Il presente lavoro prende le mosse da due scoperte tardive. L’una, la più clamorosa, quella di una vocazione all’insegnamento accesasi ben oltre la soglia della metà del cammin di nostra vita, contiene l’altra: è l’emozionante scoperta che imparare a scrivere si può.

Nei miei ormai lontanissimi anni di prima scolarizzazione l’approccio alla scrittura nella scuola era a dir poco monolitico, alla redazione dei pensierini seguiva ben presto il tema, la cui traccia, con l’eccezione del salvifico tema di letteratura al liceo, era per lo più svincolata da qualsivoglia lettura o approfondimento svolti in classe. Altrettanto trascurata la pianificazione, con l’eccezione della scaletta, il cui insegnamento veniva perpetrato con ottusa pedanteria e che, da facilitatore procedurale nella fase di pianificazione, si trasformava in un nuovo inutile prodotto, ulteriore afflizione per il compito in classe di italiano.

Ricordo ancora una traccia proposta alla mia classe di seconda media nel lontano maggio del 1978. Erano passati pochi giorni dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio della Renault 4 rossa e al nostro giovane docente, del quale non sono in grado di ricostruire l’orientamento politico (ricordo però che mai in classe proponeva dibattiti o approfondimenti sui cosiddetti argomenti di attualità, che oltre al piombo certo non sarebbero mancati nell’Italia di quegli anni) miglior idea non venne che quella di proporci un tema di riflessione sul terrorismo. Negli anni mi è capitato di rileggere quel testo e di provare quasi vergogna per la sequela di luoghi comuni e di generico (ma opportunamente vibrante) sdegno di cui era infarcito. Insomma, a scrivere non si insegnava, chi sapeva scrivere era, detto in termini di romanticismo, un genio, una persona dotata di un talento quasi inesplicabile e il quasi contiene l’unica possibile e diffusissima spiegazione, vale a dire “legge tanto”.

Eppure, come ricorda Dario Corno nella sua preziosa introduzione a Psicologia della composizione scritta (Bereiter, & Scardamalia, C. M., 1987), già nel lontano 1846 Edgar Allan Poe, maestro del brivido e iniziatore di più generi letterari, in “The philosophy of composition”, manifestava l’interesse per il processo attraverso il quale gli autori portano a compimento i loro scritti, autori che “preferiscono far credere che essi compongono con una specie di sottile frenesia” e celare a chi legge tutto il penoso lavoro di cesello, tutte le “elaborate e vacillanti crudezze del pensiero […] che novantanove volte su cento costituiscono la prassi comune dell’histrio letterario.”.

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Certo la frustrazione dei nostri allievi al cospetto della pagina bianca avrà connotazioni diverse da quella patita dal grande scrittore americano, ma la natura è la stessa, e certamente la consapevolezza e il controllo dei processi ad essa sottesi può contribuire a contrastarla.

2. La scrittura come processo

Come anche la mia esperienza personale suggerisce, tradizionalmente la scrittura a scuola si è concentrata sui prodotti e sul loro studio. Ben poca importanza si attribuiva alla motivazione, al destinatario e ai processi insiti nella scrittura.

Già a partire dagli anni ’70 però la scrittura era diventata un argomento importante nella ricerca educativa internazionale grazie a studi condotti inizialmente da linguisti anglosassoni, e in seguito, a partire dagli anni 80, anche da psicologi. Questi ultimi si sono focalizzati soprattutto sull’analisi dei processi cognitivi sottesi alla produzione di testi da parte di studenti dei diversi livelli scolari e sulle difficoltà incontrate dai cosiddetti scrittori inesperti.

Il variegato panorama degli studi sulla scrittura può essere ricondotto a tre approcci principali: la scrittura come pratica sociale (ispirati a Vygotsky), lo studio delle testualità e dei meccanismi di coerenza e coesione; l’approfondimento dei processi cognitivi sottesi alla scrittura e al suo apprendimento. La prospettiva semiotico-sociale si focalizza sull’aspetto comunicativo; la prospettiva linguistico-testale prende in considerazione soprattutto il testo come prodotto e ne studia le caratteristiche, in particolare coerenza, coesione del testo ed effetti stilistici; la prospettiva cognitivo-processuale privilegia i processi cognitivi, ciò che accade nella mente quando si scrive, ed echeggiando lo schema della retorica classica studia il processo dall’attivazione delle idee (inventio) attraverso la pianificazione (dispositio) fino alla revisione.

Come sostiene Dario Corno nel saggio “Alcuni aspetti della ricerca sulla composizione scritta rilevanti per l’attività didattica”1, queste teorie ispirate a visioni particolari rispetto alla scrittura e

che si concentrano di volta in volta sull’aspetto “semiotico e sociale”, quello “psicologico e cognitivo” “o infine quello linguistico testuale”, “collegate a oggetti e paradigmi molto differenziati (come la società, la mente, il testo), almeno dagli anni Ottanta sembrano accomunate da una visione processuale dell’abilità di scrittura […] Naturalmente si tratta di processualità distinte di cui ora si mette in rilievo il peso del condizionamento sociale, ora la configurazione cognitiva, ora, infine, il

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riflesso dell’elaborazione mentale nella processualità testuale (il rapporto linguistico e semiotico tra processo e prodotto)”. (Corno, 1997).

Si deve però riconoscere che fautori dello slittamento di focus, dal prodotto scritto al processo di scrittura, sono soprattutto gli studi condotti nell’ambito della psicologia cognitiva, che rendono conto dell’intensa attività linguistica e cognitiva di chi scrive, restituendo un'idea evolutiva della scrittura.

Tra questi studi il fondamentale “Psicologia della composizione scritta” di due tra i maggiori esperti di didattica e ricerca cognitiva sulla scrittura, gli studiosi canadesi Carl Bereiter e Marlene Scardamalia”. (Corno, 1997).

È stata infatti la concezione cognitivista ad incentivare, promuovere ed istituzionalizzare un approccio processuale allo studio della scrittura.

2.1 Il modello di Hayes e Flower

Il modello del processo di scrittura che dà un nuovo slancio agli studi è quello proposto dallo psicologo cognitivista J.R. Hayes e dalla linguista L.S. Flower (Hayes & Flower, 1980) (Figura 1), modello sul quale si sono poi innestati gli studi di Bereiter e Scardamalia. Il modello presenta tre componenti connesse tra loro: l’ambiente del compito, la memoria a lungo termine e il processo di scrittura; essi sono presieduti da una funzione esecutiva di monitoraggio che sovrintende all’omogeneità e fluidità del processo.

Il contesto del compito rimanda al tipo di scrittura da eseguire e implica l’esplicitazione dell’argomento del compito di scrittura, del suo destinatario e dello scopo.

La memoria a lungo termine governa l’accesso all’enciclopedia personale dello scrivente, influenzando il processo della composizione rispetto al reperimento delle informazioni in memoria e alla capacità della scrittura di tenere il passo con il pensiero (linearizzazione).

Nel blocco centrale del modello vengono messe in evidenza le tre fasi della composizione: la progettazione, la stesura e la revisione. Al cuore della fase di progettazione è la realizzazione di un piano di scrittura che permetta di gestire tutte le altre fasi di scrittura. In particolare, grazie agli elementi forniti dal compito di scrittura, lo scrivente attinge alla memoria a lungo termine per recuperare le idee (attivazione), procedendo poi a organizzarle e gerarchizzarle secondo modalità logiche (schemi o scalette), oppure analogiche (mappe mentali).

Nella fase di stesura le idee vengono tradotte in stringhe linguistiche, e cioè nelle frasi e capoversi che andranno a costituire il testo. Il processo non ha i caratteri della mera trascrizione, come sottolinea Lerida Cisotto (Cisotto, 2006) “il passaggio dalle idee al testo non può avvenire tramite

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la semplice trasposizione di pensieri in parole” e spesso, prosegue la studiosa, lo scrittore sperimenta la “difficoltà a tradurre la fluidità ideativa in soluzioni retoriche capaci di esprimerla. Negli spazi di libertà che si aprono tra i piani del testo e il discorso materializzato, lo scrivente può scegliere modi diversi per formulare un pensiero e l’uno non equivale all’altro.”.

Figura 1. Il modello di Hayes e Flower (scansione da Bereiter, C. & Scardamalia, M., 1995)

La fase di revisione consiste nel migliorare la qualità del prodotto rileggendolo, “correggendo le violazioni alle convenzioni del codice o le inesattezze semantiche, e valutando il testo nei confronti dello scopo. “ (Cisotto, 2006)

Durante la rilettura, sottolinea la Cisotto facendo riferimento a Psicologia della composizione scritta (Bereiter, C. & Scardamalia, M., 1995):

interviene un processo di valutazione, con cui il testo intenzionale - ciò che si intendeva scrivere - è messo a confronto con il testo reale, ossia la stesura effettiva. Il più concreto impedimento a una revisione autentica e profonda consiste nella “difficoltà da parte dello scrivente a immedesimarsi nel ruolo di lettore critico del proprio elaborato […]. Il rivedere è in sostanza un monitoraggio progressivo del testo che interseca e modella il pianificare e il trascrivere, stimolando una definizione sempre più accurata degli obiettivi, formulati

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inizialmente in termini generici e sfocati, e la ricerca di una testualità a questi rispondente. Ciò è quanto si intende per ricorsività dei processi di scrittura.” (Cisotto, 2006).

2.2. La scrittura come “problem solving”

Proprio Bereiter e Scardamalia, secondo la sintesi di Dario Corno, partono da due idee di fondo: “1) scrivere è un problema, è cioè un’attività difficile perché richiede di tenere sotto controllo più attività informative, di varia natura, in uno stesso momento, e 2) scrivere è uno strumento di mediazione semiotica tra due regioni fondamentali del comunicare, la regione della forma e quella del contenuto.” (Corno, 1997). I due studiosi hanno dato origine al modello del “trasformare le conoscenze” opposto a quello, messo in atto dagli scrittori inesperti del “dire le conoscenze”. Postulando che la scrittura sia “una manovra dialogica in cui la forma e il contenuto entrano in comunicazione, così che quello che è un problema di significato (che cosa devo dire) può diventare un problema di forma (come lo devo dire) e viceversa.”, il processo di “trasformazione delle conoscenze fa sì che lo scrittore competente tenda a “collegare i due piani, nella convinzione che la forma possa illuminare il contenuto e il contenuto la forma.”

Ancora Dario Corno nella sua introduzione a Psicologia della Composizione scritta afferma:

[…] è in altre parole un modello a soluzione di problemi, in quanto tenta di individuare le fasi – ricorsive – che si percorrono entro una medesima abilità complessa […] il modello rappresenta il processo compositivo come un’attività a soluzione di problemi assai complessa, in ci si cerca di dar risposta a un problema retorico individuato da una consegna. (Corno, 1987)

Nell’approccio al compito di scrittura come “problem solving” uno scrittore esperto mette in atto delle soluzioni per i problemi che riconosce, dei quali ha consapevolezza: proprio questa consapevolezza permette di attivare la competenza metacognitiva. La metacognizione è composta di tre processi chiave, vale a dire la pianificazione, il controllo e la valutazione, e si applica coerentemente al lavoro di scrittura; il processo di scrittura si configura infatti come atto metacognitivo, in quanto richiede sia competenze di controllo, come evidenziato nel modello di Hayes e Flower, sia conoscenze esplicite sul processo, le quali si collegano alla funzione di controllo. In buona sostanza lo scrittore, consapevole dei problemi costituiti dal processo di scrittura, mette in atto delle strategie di problem solving, con l’obiettivo di ridurre il carico cognitivo e di controllare la scrittura. Le strategie sono collegate ai “facilitatori procedurali” che l’insegnante può mettere in campo per sostenere l’allievo.

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2.3. Facilitatori procedurali, metacognizione e valutazione

L’espressione “facilitatori procedurali” è quella con cui Bereiter e Scardamalia si riferiscono a “qualsiasi riduzione del carico esecutivo di un compito in grado di mettere l’allievo nella condizione di fare un uso migliore delle conoscenze e abilità di cui dispone.” (Cisotto, 2006).

Esse consistono in strategie d’intervento volte a supportare e migliorare la “processualità del comporre”, mettendo lo scrittore neofita in condizione di monitorare il proprio comportamento cognitivo. La Cisotto sottolinea come il ruolo del docente sia quello di diminuire il carico cognitivo del compito e di guidare gli allievi affinchè si concentrino selettivamente sull’uno o sull’altro processo della composizione; il docente supporta altresì la “gestione consapevole” del compito. Progressivamente la “regolazione cognitiva”, inizialmente supportata dal docente, evolve in un meccanismo di autoregolazione, grazie al quale l’allievo scrittore apprende a monitorare consapevolmente il proprio funzionamento cognitivo.

In tal senso “le facilitazioni procedurali si connotano come interventi a carattere metacognitivo, poiché portano gli studenti a contatto con le strategie cognitive che essi usano, aiutandoli a costruire il pensiero”. (Cisotto, 2006)

Pietro Boscolo ribadisce che, oltre alla possibilità di intervenire con supporti procedurali, l’approccio processuale alla scrittura presenta una seconda implicazione relativa alla valutazione: la prospettiva valutativa dell’insegnante si concentra ora sui processi insiti nella scrittura piuttosto che sulla qualità del prodotto finale. “Per esempio, <<la povertà di idee>>2, che spesso gli insegnanti

chiamano in causa a proposito di prove scritte insoddisfacenti, può essere spiegata in termini di difficoltà di pianificazione.” Specifica Boscolo che non si tratta di una mera questione terminologica, bensì implica una diversa strategia didattica. “… mentre la << povertà >>3 sembra

implicitamente attribuita a scarsa capacità e quindi difficilmente rimediabile, la difficoltà di pianificazione riguarda un processo che può essere migliorato attraverso strategie di facilitazione per accedere alle idee presenti nella memoria e <<trattarle>>4 con ordine. “ (Boscolo, 2002).

Il focus sulle difficoltà intrinseche nel processo di scrittura e l’idea che l’insegnante possa sostenere l’allievo nella loro individuazione conduce a un modello valutativo che negli ultimi anni è andato imponendosi anche nel Piano di studio5 della scuola dell’obbligo ticinese, sotto la denominazione

2 Tra virgolette nel testo 3 Vedi nota 4

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di valutazione per l’apprendimento, intendendo come valutazione per l’apprendimento un “dispositivo di retroazione, utile a coinvolgere il soggetto nel momento valutativo e ad accrescere la consapevolezza della sua esperienza di apprendimento.” (PdS). Questo approccio valutativo ritenuto da molti “l’opportunità più efficace per rivedere il proprio apprendimento e per migliorarlo, in prospettiva metacognitiva” (PdS) nell’ambito del laboratorio di scrittura permette di lavorare ispirandosi ad alcuni principi: l’attenzione “ agli aspetti emozionali della valutazione e centrata sul lavoro svolto, non sulla persona che l’ha svolto”; lo stimolo alla “motivazione ad apprendere attraverso la valorizzazione dei progressi e feedback costruttivi”; lo sviluppo di “autovalutazione e autoriflessione, rafforzando la responsabilità verso il proprio apprendimento”; il riconoscimento di “tutti i risultati degli alunni in rapporto alle loro potenzialità”.

Sempre il Piano di studio enfatizza l’importanza delle strategie autovalutative per l’apprendimento. Incentivare l’allievo ad analizzare il proprio percorso gli consente di osservarsi “da una posizione meta”, da cui consegue “la valenza metacognitiva che caratterizza le strategie di autovalutazione, l’opportunità di accrescere la consapevolezza sul proprio sapere e sulle modalità di funzionamento cognitivo.”

2.4. Laboratorio e motivazione

Per sostenere lo sforzo cognitivo del lavoro di scrittura lo scrivente deve poter attingere ale proprie energie psichiche, il che richiede uno scopo e un ambiente motivante. La ricerca si è recentemente focalizzata sulle condizioni che possono rendere più attraente un compito di scrittura e sul rapporto tra l’autopercezione di competenza nello scrivere – la misura in cui uno scrittore si percepisce come competente – e la qualità della sua prestazione. Roger Bruning e Christy Horn (Bruning, R. & Horn, C., 2000), in un articolo che sintetizza gli studi condotti negli ultimi vent’anni del Novecento sulla scrittura e la motivazione, hanno individuato quattro “clusters of conditions” decisivi per lo sviluppo della motivazione alla scrittura: la prima condizione riguarda le convinzioni dell’allievo sulla scrittura e sulle proprie abilità di scrittore. L’allievo nel corso dell’apprendimento acquisisce anche “convinzioni o credenze, per lo più implicite, sui requisiti di un buon testo, sui criteri di valutazione dell’insegnante, sull’importanza della scrittura nel complessivo curricolo e sulla sua utilità formativa, anche rispetto ad altre discipline”. (Boscolo, 2002). Ciò attiene anche al senso di auto efficacia, vale a dire la convinzione di un individuo circa le proprie capacità tra l’altro di dominare lo studio delle discipline: se un allievo non crede che riuscirà a determinare un effetto positivo con la propria azione, è poco incentivato ad agire e a perseverare. La convinzione della

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propria efficacia è una risorsa chiave per lo sviluppo del sé6, per un buon adattamento e per il

cambiamento. Diversi studi hanno evidenziato la relazione tra l’abilità di scrittura e l’autopercezione di tale abilità, mostrando altresì che gli studenti con un elevato senso di efficacia rispetto a un compito di scrittura manifestano una minore apprensione, una più tenace perserveranza e metabolizzano più efficacemente la frustrazione in caso di risultati inadeguati.

Le altre condizioni riguardano la proposta di compiti di scrittura autentici e la creazione di un ambiente emotivamente positivo e di supporto agli allievi. Lo scrivere non deve essere un periodico esercizio per valutare gli allievi, bensì inserirsi nell’ambiente di classe, nel contesto di attività significative e coinvolgenti. In particolare “il laboratorio rappresenta uno spazio di apprendimento che, con fondamentale sostegno del docente e il suo riconoscimento dell’impegno profuso dall’allievo, stimola l’esplicitazione dei processi cognitivi e dei meccanismi sottesi allo scrivere in situazioni di confronto e scambio” (Cisotto 2006).

Se da un lato proporre e far scegliere argomenti interessanti e vicini al mondo degli allievi è il primo passo per motivare a scrivere, ciò che davvero sostiene la motivazione è la creazione di un clima favorevole alle esplorazioni e alla scoperta. È il modo di lavorare che può cambiare l’atteggiamento degli allievi verso la scrittura. Non solo disporre di guide procedurali che sostengano durante la scrittura, bensì anche incentivare la scrittura cooperativa (progettare un testo con i compagni o scambiarsi testi per la revisione) sono fattori di stimolo a impegnarsi per la realizzazione di un prodotto di scrittura significativo.

Fondamentale anche la coerenza tra difficoltà del compito e capacità degli allievi. Affinché gli allievi non percepiscano come pericoloso il compito di scrittura è necessario che il docente metta in rilievo gli aspetti positivi, oltre agli inevitabili aspetti negativi. Rispetto al grado di difficoltà gli studiosi introducono il concetto di “sfida ottimale”: un compito di scrittura non troppo facile (risulterebbe poco attraente), né troppo difficile (scoraggiante per la paura di un insuccesso). Inoltre è necessario mettere l’allievo nelle condizioni di superare le difficoltà. “Ciò può avvenire in primo luogo se l’allievo dispone di argomenti, informazioni e conoscenze da utilizzare scrivendo, e, in secondo luogo, se l’insegnante si mostra disponibile a indirizzare i suoi tentativi, a dare qualche suggerimento a incoraggiarlo mentre lavora. “ (Boscolo, 2002).

3. Il lavoro di ricerca

3.1. Le domande di ricerca

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La ricerca verte sulla dimensione processuale della scrittura e su quanto la consapevolezza degli allievi relativamente ai processi possa incidere e sul loro piacere e coinvolgimento nell’atto dello scrivere, e sulla loro consapevolezza rispetto agli obiettivi da raggiungere. La strutturazione del lavoro è stata guidata dai seguenti presupposti:

1. L’ambiente del laboratorio e l’atteggiamento del docente possono rappresentare un elemento importante per la costruzione della motivazione.

2. La somministrazione di consegne formulate secondo il principio del “problem solving” può rappresentare un efficace “facilitatore procedurale”.

3. La consapevolezza metacognitiva dell’allievo rispetto ai punti di forza e punti di debolezza nel proprio processo di scrittura, stimolata dall’insegnante attraverso feedback costruttivi in chiave di valutazione per l’apprendimento, può rappresentare un fattore di motivazione, di focalizzazione degli obiettivi e di sviluppo di competenze.

3.2. Metodologia di ricerca

Questo lavoro può essere classificato come una ricerca–azione, nella quale la docente in formazione si interroga sulla didattica della scrittura nella propria classe, una quarta media assegnatale con un incarico limitato. Le tipologie testuali e gli argomenti delle consegne, pur tenendo conto delle indicazioni relative agli obiettivi di competenza stabiliti dal Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese, sono stati decisi coerentemente alle esigenze didattiche e pedagogiche della classe, attentamente vagliati e costantemente adattati in itinere.

I dati raccolti secondo quanto di seguito illustrato, sono per lo più di tipo qualitativo e, sono pertanto subordinati alla soggettività dell’interpretazione. A conclusione del percorso è stato somministrato alla classe un questionario volto a vagliare l’atteggiamento degli allievi verso la scrittura e le loro difficoltà, e a raccogliere elementi per rilanciare il laboratorio nei restanti mesi di scuola.

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Composta di 23 allievi, 13 femmine e 10 maschi, la classe è ben coesa, allegramente chiassosa, vitale e partecipe, con una minoranza ostile dichiaratamente poco interessata alla materia (salvo smentire poi spesso nei fatti la propria presunta poca passione per l’italiano).

Il rumore di fondo e il brusio di accompagnamento rendono talvolta complessa la gestione della lezione e mi hanno causato alcune difficoltà all’inizio del percorso, difficoltà rispetto alle quali ho avviato una riflessione anche rispetto alla mia percezione e alla mia personale soglia di tolleranza del rumore. Di seguito alcune importanti segnalazioni rispetto ai singoli allievi.

S. è arrivato alla SM di Riva San Vitale l’anno scorso, proveniente da una Scuola Waldorf. Si tratta di un allievo cognitivamente brillante e velocissimo (ma spesso superficiale), dal comportamento impulsivo, difficilmente gestibile nei momenti di più acuta insofferenza per la vita scolastica. Si pone programmaticamente7 obiettivi minimi rispetto all’esecuzione delle consegne, obiettivi che

raggiunge con grande velocità e relativo impegno, riservandosi il tempo restante per scarabocchiare o per deambulare tra i banchi e chiacchierare con i compagni. Si mostra generalmente più ricettivo e interessato alle attività fortemente strutturate. Si attiene comunque alle indicazioni, è puntuale rispetto all’esecuzione dei compiti assegnati e ai materiali da portare in classe. Rappresenta un campione ideale di allievo che interpreta la scrittura come “dire ciò che si sa”. Con S. la sfida riguarda la pianificazione e la revisione.

L. è un’allieva fortemente dislessica: le misure dispensative risultano efficaci per facilitare la sua partecipazione alle attività in classe, ma L. rifiuta categoricamente di usufruire degli strumenti compensativi. Anche se il comportamento in classe è talvolta poco attento (e la scarsa affezione per la materia frutto di un’oggettiva, mai opportunamente compensata, difficoltà nella lettura), accoglie con piacere i compiti di scrittura, che svolge con accuratezza e risultati accettabili rispetto alla grafia e all’ordine del pensiero. I facilitatori messi in campo per L. riguardano soprattutto l’ortografia e la punteggiatura.

R. è un allievo ripetente, in difficoltà con ogni aspetto della materia alla quale, dichiaratamente, non è interessato. Nelle prime settimane di scuola ha spesso assunto atteggiamenti oppositivi e polemici nei confronti delle attività proposte (nel mese di gennaio è stato inoltrato al consiglio di classe un PEP con diagnosi di dislessia, riferita soprattutto a difficoltà nella lettura). Proprio l’inoculazione di una congrua motivazione attraverso i compiti di scrittura (essenziali sono stati gli esercizi di scrittura cooperativa, oltre a valutazioni per lo più centrate sugli aspetti positivi dei compiti) è stata la chiave che mi ha permesso di stabilire una relazione di fiducia e rispetto con l’allievo, che ora vive le ore di italiano con serenità e impegno.

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C., arrivata dal Perù l’anno scorso, è un’allieva brillante, con risorse più che adeguate per superare le lievi difficoltà linguistiche che caratterizzano gli ispanofoni rispetto all’apprendimento dell’italiano.

Segnalo anche la presenza in classe di alcune ragazze straordinariamente positive per la condotta (comportamento, collaborazione, partecipazione e disponibilità), l’interesse per la materia e la passione per la scrittura.

Le ore del laboratorio di scrittura rappresentano un momento privilegiato di ascolto reciproco: lo stile “ora di classe” ha contribuito a creare un clima disteso e a fugare ansie da prestazione, tanto nocive alla motivazione necessaria per l’arduo lavoro cognitivo della scrittura.

3.2.2. Le tecniche di raccolta dati

La raccolta dati è avvenuta secondo le seguenti modalità:

1. studio e valutazione di compiti di scrittura diversificati per tipologia testuale e difficoltà somministrati nel primo semestre scolastico; rilevazione delle caratteristiche personali degli allievi nella scrittura rispettivamente per atteggiamento, approccio alle varie fasi del processo, e prodotto finale, anche tramite annotazioni diaristiche a margine di ogni sessione di laboratorio;

2. schede di valutazione del laboratorio del primo semestre consegnate a ogni allievo, con indicazione dei punti di forza della scrittura, aspetti su cui lavorare e obiettivi per il lavoro di laboratorio del secondo semestre (allegati SV 1/SV 22)

3. questionario di autovalutazione sul processo di scrittura somministrato agli allievi alla fine di marzo (allegati 8/9)

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Le due ore di laboratorio previste settimanalmente per le classi quarte rappresentano certamente il contesto ideale per lavorare con un approccio processuale alla scrittura; questo spazio è stato impiegato anche per affrontare brevemente l’insegnamento esplicito e diretto delle diverse fasi processuali prendendo spunto dagli stessi lavori degli allievi, ma è stato soprattutto dedicato al lavoro concreto di scrittura.

L’approccio didattico si è articolato come segue:

1. affinché gli allievi potessero rendersi conto dell’importanza del lavoro processuale, dell’iter che da un’idea conduce a un testo pubblicabile, da un lato è stato loro richiesto di procurarsi un quaderno che accogliesse le stesure definitive dei loro scritti, di personalizzarlo, di considerarlo come lo scrigno dei propri “tesori”; dall’altro hanno ricevuto indicazioni di conservare la bozza, la “brutta copia” dei loro lavori.

A proposito della scrittura a mano mi preme sottolineare che trovo particolarmente interessante il dibattito tra coloro che sostengono l’uso delle tecnologie digitali fin dalle prime fasi dell’insegnamento della scrittura e coloro che sostengono invece l’importanza della scrittura manuale per lo sviluppo cognitivo, dibattito del quale rendono conto Valentina Bianchi e Maria Elena Favilla (Bianchi, V. & Favilla, M.E, 2019)8. È evidente

che la mia simpatia va ai secondi9 e, tra i grandi esponenti del pensiero pedagogico,

impossibile non ricordare quanto sosteneva in proposito Maria Montessori “la mano è organo dell'intelligenza”. (Montessori, M. 1950)

2. Uno degli obiettivi del laboratorio è stato quello di creare un clima di lavoro rilassato e accogliente, valorizzando gli aspetti positivi e dello scrittore e dei suo prodotti, cercando di disinnescare l’ansia da prestazione, requisiti fondamentali per sostenere adeguatamente la motivazione a scrivere;

3. sempre in ottica laboratoriale è stato concesso per lo svolgimento delle attività, coerentemente con le caratteristiche delle consegne, un tempo che andava al di là delle due ore lezione;

4. tra i possibili facilitatori procedurali, utili sia in fase di ideazione, sia in fase di revisione, è stato favorito il lavoro cooperativo;

8 Anche Francesco Sabatini, nel dialogo sesto della sua Lezione di italiano (Sabatini, 2017), fa riferimento a studi che

“segnalano che la deriva verso la scrittura su tastiera o verso forme semplificate di scrittura manuale (lo stampatello, rispetto al corsivo) riduce gli stimoli di produttività ideativa e linguistica e rallenta la comprensione nella lettura”. Nell’ambito della lingua e della scuola italiana, un esempio delle correlazioni tra scrittura manuale e altre abilità linguistiche si trova nei risultati della ricerca Nulla dies sine linea (Vertecchi, 2016).

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5. è stato creato uno spazio istituzionale di condivisione e valorizzazione dei lavori e con lettura pubblica da parte della docente e con l’organizzazione di concorsi interni per la selezione di testi da pubblicare sul giornalino della scuola;

6. si è cercato di prestare particolare attenzione alla stesura delle tracce; opportuno citare a questo proposito i risultati della ricerca “Come scrivono gli adolescenti” (Boscolo & Zuin, 2015), nella quale, osservando la scarsa attenzione dedicata dagli studenti ai compiti di scrittura e cercando di prescindere da generiche giustificazioni di tipo comportamentale “(non vogliono fare fatica, sono distratti, non si impegnano)” o genericamente motivazionale “(non gli interessa, non si sentono coinvolti, hanno altro per la testa)”, ci si domanda quale consapevolezza abbiano gli allievi dell’importanza della “piena comprensione delle consegne in un compito di scrittura”. Secondo i ricercatori sarebbe più proficuo “interrogarsi su quanto i comportamenti segnalati dipendano da come sono scritte le tracce, quanto da ciò che gli studenti si aspettano da una traccia”.

Posto che il testo da scrivere è un problema da risolvere, la traccia costituisce il testo del problema, la parte cioè che dovrebbe contenere tutti i dati sufficienti e necessari per trovare le soluzioni: dalla sola lettura della traccia si dovrebbero ricavare le indicazioni per l’elaborazione della scrittura richiesta.

Possiamo forse concludere che gli studenti non leggano con attenzione le tracce perché non si aspettano che proprio nelle tracce siano contenuti tutti i vincoli, i criteri, le indicazioni con cui stendere prima, e valutare poi un testo, oppure non siano abbastanza autonomi e responsabili nella lettura dei testi di istruzione. (Boscolo & Zuin, 2015)

In particolare nelle consegne10, concepite come vero e proprio facilitatore procedurale da

utilizzare anche come guida per la revisione, sono stati di volta in volta esplicitati tipologia testuale, struttura, destinatario del testo, registro linguistico e particolari richieste relative al lessico e allo stile. (ALLEGATI 1/7)11

7. Si è cercato di evitare discrasie tra il curricolo di scrittura e quello di lettura, proponendo testi modello o spunti alla scrittura, coerenti alle richieste del compito;

10 Mi limito ad allegare le consegne dei compiti di scrittura che considero più significative per il percorso didattico 11 Per quanto concerne le caratteristiche linguistiche del testo, ho attinto anche alle categorie del Controllo Qualità

Testo (CQT) di Giuseppe Valli, Un’esperienza sull’insegnamento della scrittura: CQT e CORMIGLIO per la

manutenzione del testo, in “Scuola ticinese, n.334 (maggio 2019), pp. 57-60.

(22)

“mancate corrispondenze, cronologiche e operative, tra curricoli di lettura e scrittura, possono costituire fattore di demotivazione degli studenti […], con le conseguenti ricadute sulla produzione scritta.” (Boscolo & Zuin, 2015)

8. Sin dalla prima sessione di laboratorio, la docente si è proposta come “consulente”, figura di riferimento che somministra aiuti più che giudizi, cercando di interiorizzare l’ammonimento di Jenny Poletti Riz12: (Poletti Riz, 2017)

[…] la consulenza non ha come fine la risoluzione di un problema, ma è piuttosto un momento alto di insegnamento individualizzato e di grande impatto perché si configura come una “risposta diretta a qualcosa che lo studente ci ha detto o mostrato del suo lavoro come scrittore” (Wood Ray K., The writing workshop, Urbana, III, National Council of Teachers of English, 2001). L’insegnante […] non offre risposte, ma propone strategie e strumenti che lo scrittore potrà utilizzare più e più volte. Il docente, infine, non corregge il testo dello studente, piuttosto aiuta lo scrittore, secondo il motto “Teach the writer, not the writing” […] “La scrittura è un processo e gli scrittori hanno bisogno di risposte mentre scrivono, non solo quando un testo è finito” (Poletti Riz, 2017).

9. Rispetto agli interventi di correzione sugli elaborati degli allievi, ho cercato di limitare la correzione risolutiva ai soli casi di errori ortografici e grammaticali conclamati e ho impiegato la correzione rilevativa laddove ho ritenuto che la forma corretta fosse alla portata della comprensione dell’allievo. Gli interventi più salienti sono stati soprattutto di tipo esortativo, consistendo in commenti al testo in forma discorsiva e suggerimenti circa le eventuali migliorie ad esso apportabili; questi commenti, come sottolinea Simone Fornara:

se da un lato richiedono tempo per essere vergati sul foglio, dall’altro fanno sentire il docente vicino all’allievo e alle sue capacità di scrittura, andando dunque oltre l’idea che il docente sia solo un correttore e un valutatore, ma che possa diventare una sorta di consulente, attento alle esigenze del singolo (Fornara, 2016).

12 Alcuni spunti operativi sono stati ricavati da Jenny Poletti Riz (Poletti Riz, 2017); l’autrice propone un approccio

(23)

Ho altresì cercato di limitare il numero delle correzioni, nella consapevolezza che “è bene focalizzare gli interventi sulla categoria di errori rispetto alla quale si desidera indirizzare l’attenzione dell’allievo, ciò vale in particolare per gli allievi in maggiore difficoltà.” (Colombo, 2011).

10. La valutazione finale dei lavori è stata formalizzata in chiave di caratteristiche positive e di obiettivi da raggiungere.

3.2.4 Fasi del lavoro

La prima fase del lavoro, che si potrebbe definire “di osservazione”, si è svolta da settembre a gennaio, occupando tutto il primo semestre.

Nella progettazione del percorso didattico si è cercato di costruire un curriculum verticale, in progressione da scritture più personali ed espressive13, laddove l’ostacolo è rappresentato

dall’inventio, attraverso testi descrittivi con scopo persuasivo, fino alla scrittura in cooperazione di testi narrativi di manipolazione (riscrittura di fiabe).

Questa prima fase ha consentito di creare nel laboratorio un clima disteso, di collaborazione, in cui tutti gli studenti hanno potuto sperimentare, sono stati sostenuti nel processo e gratificati per le caratteristiche positive della loro scrittura. Di pari passo ai compiti di scrittura assegnati nel laboratorio sono state affrontate in classe le diverse tipologie testuali, i cui capisaldi erano per lo più già noti agli allievi per essere stati trattati negli anni precedenti. Come già indicato, anche al di fuori dell’ambito del laboratorio si è proposto un insegnamento esplicito e diretto delle varie fasi nel processo di scrittura, sempre accompagnato da brevi momenti di sperimentazione.

In questa fase è stato possibile osservare, raccogliere e annotare informazioni circa le caratteristiche di scrittori degli allievi, i loro punti di forza e i loro punti di debolezza, osservazioni che sono state poi condensate in una scheda di valutazione formativa/sommativa distribuita alla fine del primo semestre, definita brevemente scheda 2 + 3, della quale si può osservare il modello nella Figura 2.

(24)

Figura 2

Le schede individuali (allegati SV 1/ SV 22) sono costituite di una prima parte di valutazione del lavoro svolto nel primo semestre (rispetto alla gestione del quaderno, la partecipazione, il lavoro cooperativo e l’utilizzo dei materiali, oltre a una valutazione sommativa complessiva dei lavori svolti nel primo semestre) e di una seconda parte relativa agli obiettivi generali per il laboratorio di scrittura del secondo semestre e i punti forti e punti da rafforzare nella scrittura.

La scheda individuale 2 + 3 ha l’obiettivo di formalizzare le riflessioni metacognitive puntualmente stimolate in ogni sessione di laboratorio, affinché gli allievi ne siano pienamente consapevoli e assumano il contenuto della propria scheda come guida procedurale generale nei compiti di scrittura. Premesse per la redazione delle schede sono state annotazioni sui testi degli allievi e riflessioni a margine delle sessioni del laboratorio rispetto al comportamento, alla percezione, al gradimento, alle difficoltà degli allievi nella scrittura (nella imprescindibile prospettiva del docente riflessivo che sottopone costantemente il proprio operato ad analisi e revisione).

La scheda 2 + 3 ha permesso inoltre alla docente di personalizzare gli obiettivi di competenza degli allievi in un’ottica di differenziazione e valutazione ipsativa.

La seconda fase del lavoro ha previsto un incremento di difficoltà nelle consegne, sempre nell’ottica del curriculum verticale, e si è concentrata in particolare sui testi di sintesi e sulla scrittura di lettere

(25)

personali, prevedendo come lavoro finale di questa tappa del percorso la redazione di un articolo da pubblicare sul giornalino della scuola. In questa fase il momento di lavoro cooperativo in chiave ludica è stato rappresentato dalla consegna di scrittura relativa a testi regolativi devianti.

La terza fase del lavoro ha previsto la distribuzione a ogni allievo di un questionario14 di

autovalutazione relativo alla disinvoltura con cui vengono affrontate le diverse difficoltà del processo di scrittura. Scopo del questionario era di verificare da un lato la coerenza tra gli obiettivi proposti dalla docente nella scheda 2 + 3 e l’autovalutazione degli allievi, dall’altro l’effettiva consapevolezza da parte degli allievi degli aspetti perfettibili della loro scrittura.

Insieme al questionario è stata proposta la copia di una pagina autografa di Italo Calvino (allegato 9)15, con lo scopo di stimolare una comparazione tra i propri fogli di minuta e la brutta convulsa e

tormentata del grande scrittore. Le risposte del questionario vengono presentate sotto forma di grafici per rendere più immediata la lettura dei dati.

3.2.5 Modalità di analisi dei dati

La scelta operativa di una ricerca-azione ha comportato la realizzazione di un progetto fluido, in cui la proposta delle consegne rispetto a tipologie testuali e argomenti fosse davvero frutto di una dialettica comunicativa con la classe considerata come comunità di “discorso”. Come e più di altri ambiti dell’educazione linguistica, la valutazione nella scrittura implica un coefficiente di soggettività difficilmente eludibile: gli spunti forniti agli allievi per la loro riflessione metacognitiva sono ovviamente vittime di questa soggettività. Il questionario finale e l’estrapolazione dei dati in grafici rappresentano il tentativo di restituire una visione, per quanto parziale e soggettiva, circa la percezione di se stessi come scrittori da parte degli allievi di una classe di IV MEDIA.

14 Il questionario proposto è una rielaborazione e personalizzazione del Questionario 3: “Quali sono le tue difficoltà di

scrittura” in Cisotto, L. (1998). Scrittura e metacognizione. Trento: Erickson.

15 Spunto ricavato da: Altichieri, L. & Deon, V. Varianti e scrittura, in Cortelazzo, M. A. (1991). Scrivere nella

(26)

3.3 Risultati

Proverò a tracciare in questa sede un bilancio del lavoro svolto in classe, avvalendomi delle risposte al questionario, delle mie annotazioni diaristiche a margine delle sessioni di laboratorio, relative agli eventi e ai comportamenti nel laboratorio, e degli scritti degli allievi.

Pur nella consapevolezza che il percorso laboratoriale e metacognitivo dovrebbe occupare ben più di pochi mesi dell’ultimo anno della scuola dell’obbligo per poterne osservare e verificare i benefici sull’approccio alla scrittura e sull’intima comprensione dei processi sottesi, posso affermare che la classe ha vissuto il laboratorio e le sue attività con convinzione ed entusiasmo e nessuno degli allievi si è sottratto al cognitivamente oneroso impegno della scrittura. Alcuni allievi hanno più volte affermato di attendere ansiosamente le due ore del mercoledì e di ritenerle le migliori della settimana, altri che “italiano è bello”, altri (ed è forse ancor più interessante) dichiarano di essere migliorati dall’anno scorso e di voler migliorare ancora, collocando se stessi come scrittori in un processo e ponendosi concreti obiettivi. Almeno due allieve sono scrittrici in potenza, una ha appena concluso un libro fantasy, l’altra riversa sul foglio bianco tutta l’angoscia dei suoi anni adolescenziali, entrambe mi gratificano sottoponendomi i loro scritti affinché li legga e formuli opinioni e consigli.

3.3.1 Il questionario

Le risposte degli allievi al questionario confermano a grandi linee le mie valutazioni circa lo stato dell’arte della classe rispetto alla scrittura.

La prima domanda (Grafico 1), relativa alla comprensione della consegna, divide quasi perfettamente la classe a metà, tra coloro che gestiscono agevolmente il contesto del compito e coloro che si trovano talvolta in difficoltà. Le risposte sono coerenti alle mie osservazioni: in più di una circostanza mi sono ritrovata in classe a invitare gli allievi a dedicare tempo e

concentrazione alla comprensione della consegna come “testo del problema”, invito talvolta raccolto a fatica (e non solo rispetto ai compiti di scrittura). Rimando alle opportune riflessioni proposte da Pietro Boscolo sulle consegne disattese nella scrittura degli adolescenti e

(27)

Grafico 1

La seconda e la terza domanda (Grafico 2 e 3) rispecchiano fedelmente la situazione di una classe vivace, a cui piace in genere cimentarsi nei compiti di scrittura ricercando una voce personale e originale e che non ha soverchie difficoltà nella fase di inventio. Raramente gli allievi sono stati preda della sindrome da pagina bianca (“ma non so cosa scrivere!”): osservo che uno dei facilitatori più efficaci in quel caso è stato il confronto con i compagni, spesso sotto forma di vera e propria consulenza tra pari. Interessante osservare che gli allievi che si sentono particolarmente in difficoltà nel trovare idee originali (Grafico 2) sembrano confortati dalla presenza di un argomento specifico cui fare riferimento (Grafico 3).

0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 1: Mi sento in grado di comprendere e

attenermi alla consegna del compito

(28)

Grafico 2

Grafico 3

Più arduo diventa il compito quando si tratta di ordinare le idee (Grafico 4), dove dichiarano di essere un po' o molto in difficoltà ben più di metà degli allievi.

Certamente la strutturazione efficace è uno degli obiettivi macrotestuali più elevati, e infatti soltanto 4 allievi si sentono veramente capaci nella costruzione di un piano di lavoro (Grafico 5).

0 5 10 15

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 2 : Mi sento in grado di trovare idee

abbastanza personali e/o originali

0 2 4 6 8 10 12 14

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 3 : Mi sento in grado di trovare idee

adatte all'argomento

(29)

Grafico 4

Grafico 5

Trovare un incipit soddisfacente (Grafico 6) rappresenta un’autentica difficoltà per due allievi, mentre attenersi al registro linguistico richiesto dalla consegna o dalla tipologia testuale (Grafico 7) è una sfida soltanto per un allievo, laddove 15 si collocano nella fascia media della occasionale difficoltà. Se da un lato, com’è ovvio e prevedibile, ho potuto rilevare che cospicue difficoltà si riscontrano quando il registro richiesto è particolarmente elevato, dall’altro sottolineo che alcune allieve, particolarmente versate per la prosa poetica o “filosofica”, difficilmente riescono a convertire il loro in uno stile più dimesso e quotidiano, a dimostrazione del fatto che le questioni di registro attengono per lo più alle difficoltà di accedere a registri alternativi a quelli peculiari di ciascun allievo. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 4 : Mi sento in grado di dare un ordine

alle idee

0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 5 : Mi sento in grado costruire un piano

di lavoro per il testo da scrivere

(30)

Grafico 6

Grafico 7

Pur non mettendo nessun allievo in soverchie difficoltà, anche la composizione di frasi adeguate all’espressione del proprio pensiero (Grafico 8) vede una maggioranza di tredici allievi che non sempre si sente a proprio agio (certamente, così come la strutturazione del testo, anche la coerenza di ciò che si scrive con il proprio pensiero rappresenta un traguardo altissimo per ogni scrittore); incoraggianti sono invece le risposte sulla capacità di collegare una frase con la precedente (Grafico 9) rispetto alla quale la netta maggioranza si muove con disinvoltura; questo dato corrisponde però solo parzialmente con i rilievi della docente sui prodotti scritti degli allievi, che denunciano talvolta una scarsa padronanza dei meccanismi di coesione testuale.

0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 6 : Mi sento in grado di trovare un

inizio che mi soddisfi

0 5 10 15 20

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 7: Mi sento in grado di attenermi al

registro linguistico richiesto dalla consegna o

(31)

Grafico 9

Comprensibilmente trovare idee per continuare il testo (Grafico 10) mette alla prova più allievi rispetto a quanti si sentivano invece disinvolti nel reperire idee originali o idee adatte all’argomento (Grafico 2 e 3), dato interpretabile anche alla luce della scarsa attitudine degli allievi a una rilettura e revisione del testo durante la stesura, il che, per la naturale ricorsività del processo di scrittura, costituirebbe un notevole facilitatore per il reperimento di nuove idee.

Grafico 10

Anche la domanda successiva (Grafico 11) attiene alla fase di revisione: 5 allievi dichiarano una considerevole difficoltà nell’inserire una nuova frase in un testo già scritto, mentre 7 non sempre

0 2 4 6 8 10 12 14 16

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 9 : Mi sento in grado di collegare una

frase alla precedente

0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 10 : mi sento in grado di trovare idee

per continuare il testo

(32)

riescono a farlo con disinvoltura. Ciò potrebbe corrispondere tra l’altro alla refrattarietà dei giovani scrittori (benché si tratti di un atteggiamento forse più comune nell’infanzia che non in questa fascia d’età) a mettere mano al proprio prodotto per modificarlo, a una scarsa consuetudine con il concetto di “trasformabilità” del testo scritto.

La comprensione del concetto di trasformabilità del testo scritto, frutto di un approccio sistematico alla competenza di scrittura come processo, troverebbe forse un valido alleato in percorsi di didattica del testo letterario che ne enfatizzino le caratteristiche di cantiere, pratica che sembra poco diffusa (e parziale conferma di questa scarsa diffusione è rappresentata dallo stupore e dalla sorpresa degli allievi confrontati con la brutta copia di Calvino: mai avevano visto la pagina autografa di un grande autore).

Oltre a rappresentare una concreta e autorevole dimostrazione del processo di costruzione di un testo, delle idee, dei tormenti e dei ripensamenti dell’autore-scrittore, l’esperienza del testo letterario in fieri (opportunamente guidata dal docente) ben corrisponde all’obiettivo della costruzione autonoma di una competenza da parte dell’allievo, allievo al quale non necessariamente dovrebbe essere inoculato il sapere relativo al contesto dell’opera letteraria prima che ad essa si accosti; certamente la contestualizzazione deve avvenire, ma preferibilmente in forme didattiche che vedano l’allievo come protagonista di una ricerca: come sottolinea Wolfgang Sahlfeld, attraverso la ricerca l’allievo potrebbe scoprire, appunto in un’ottica processuale e di “trasformabilità” le “circostanze della nascita” di una poesia “nel suo ambiente naturale”. (Sahlfeld, 2016) Grafico 11 0 2 4 6 8 10

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 11 : mi sento in grado di inserire una

nuova frase nel testo già scritto

(33)

Attengono ai problemi di linearizzazione le difficoltà denunciate dalla maggioranza degli allievi nel reperire il termine adeguato per esprimere il proprio pensiero (Grafico 12): una delle frasi più ricorrenti nel laboratorio, spesso poco più di una riflessione a voce alta, è “ma che aggettivo posso usare per…”, “non riesco a trovare il verbo giusto per…”.

Opportuno osservare l’importanza del lavoro sul lessico e facendo riferimento al PdS non si può che ribadire l’imprescindibile approccio globale all’educazione linguistica, laddove i diversi ambiti si alimentano reciprocamente concorrendo alla costruzione di un’autentica competenza comunicativa.

Con le risposte alla domanda 13 si rileva un incremento dell’insicurezza degli allievi nel collegamento delle frasi quando cambia l’argomento (Grafico 13), rispetto alla generica capacità di collegare una frase alla precedente (Grafico 9): questa è infatti la situazione in cui gli allievi manifestano le maggiori incertezze nella scelta dei connettivi testuali.

Prevedibile anche la risposta alla domanda successiva: la maggioranza degli allievi si trova in lieve o grande difficoltà nel rendersi conto dei propri errori mentre scrive (Grafico 14). In effetti è arduo per un giovane scrittore governare tutti i processi top down e bottom up e registrare contemporaneamente le violazioni al codice scritto, solo 6 allievi ritengono di poterlo fare con disinvoltura. Grafico 12 0 2 4 6 8 10 12 14 16

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 12 : mi sento in grado di trovare il

termine adeguato per esprimere il mio pensiero

(34)

Grafico 13

Grafico 14

Emblematiche le risposte al quesito riguardante la pratica di rileggere più volte concentrandosi di volta in volta su un diverso aspetto del testo da controllare (Grafico 15): ben 9 allievi dichiarano una considerevole difficoltà, confermando gli scarsi allenamento e attitudine alla fondamentale fase della revisione, interpretata spesso come una rapida rilettura conclusiva con finalità di intervento prettamente estetiche. 0 2 4 6 8 10 12 14

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 13 : mi sento in grado di collegare le

frasi quando si cambia argomento all'interno di

uno stesso testo

0 2 4 6 8 10

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 14 : mi sento in grado di prestare

attenzione ai possibili errori mentre scrivo

(35)

Grafico 15

Immediata conseguenza della scarsa frequentazione della revisione come fase fondamentale del processo di scrittura è anche la dichiarata scarsa efficacia nella rilevazione degli errori commessi (Grafico 16): soltanto 3 allievi individuano gli errori con disinvoltura, mentre 14 si sentono in difficoltà.

Grafico 16

Rispetto alla punteggiatura una buona percentuale di allievi si sente sicura, ben 10 decidono con disinvoltura quale punteggiatura impiegare (Grafico 17), il che corrisponde alle mie valutazioni sulla media della classe; alcuni tra gli scrittori più esperti sono stati esplicitamente invitati nelle schede 2 + 3 a ricercarne un uso espressivo.

0 2 4 6 8 10

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 15 : mi sento in grado di rileggere più

volte il testo, concentrandomi di volta in volta su

un diverso aspetto da controllare

0 5 10 15

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 16 : mi sento in grado di accorgermi

degli errori commessi

(36)

Grafico 17

Nessun allievo si dichiara in grave difficoltà rispetto alla padronanza della grafia delle parole (Grafico 18), mentre è significativo il fatto che più di metà della classe si senta a disagio con i tempi di scrittura vincolanti della scuola (Grafico 19)16.

Grafico 18

16 Ribadisco a questo proposito di aver cercato di gestire con una certa flessibilità il tempo previsto per l’esecuzione 0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 17 : mi sento in grado di decidere il

tipo di punteggiatura

0 2 4 6 8 10 12 14

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 18 : mi sento in grado ricordare la

grafia corretta delle parole

(37)

Grafico 19

La prima tra le domande aperte, relativa ai tre aspetti ritenuti facili e ai tre ritenuti difficili dagli allievi ha essenzialmente lo scopro di indurli a un’ulteriore riflessione e a un riepilogo delle risposte. Alcuni tra loro hanno colto l’opportunità per chiarire e approfondire la propria risposta: un’allieva lamenta la difficoltà di “trovare l’ispirazione per testi con la qualità che voglio”, altri integrano con i punti deboli sui quali la docente ha più insistito nei feedback individuali (tipicamente la coerenza dei tempi verbali), un’altra allieva particolarmente versata per la scrittura narrativa dichiara di sentirsi in difficoltà quando deve redigere testi realistici e poco descrittivi.

Anche la successiva domanda riserva poche sorprese: la quasi totalità degli allievi si ritrova nelle valutazioni espresse dalla docente nella scheda 2 + 3. Riporto che alcuni allievi, tra i più attenti e consapevoli, pur dichiarando che le proprie autovalutazioni sono coerenti con quelle della scheda 2 + 3, la integrerebbero con ulteriori punti deboli (“mi sento debole nel riordino delle idee” scrive un’allieva); “sono d’accordo con la docente, ma la mia valutazione sarebbe più modesta” scrive un altro allievo. Due tra le ragazze più brillanti rispondono al quesito con una interessante ed estesa riflessione metacognitiva: la prima: “[…] ovviamente devo ancora trovare la mia voce da scrittrice e critica […]. La voce da critica mi appartiene, è una cosa che mi viene spontanea, ma probabilmente non riesco a esprimere tutto quello che vorrei dire con termini e vocaboli più adeguati […] Scrivere su qualcosa che pensi mettendoci tutta te stessa dentro non è facile, ma credo che sia liberatorio, produttivo, rilassante e antistress […] Penso di avere una buona competenza linguistica e grammaticale […]”; la seconda: “riguardo all’accumulo iperbolico di aggettivi e l’affinazione delle scelte lessicali concordo con l’opinione della docente […] tuttavia cerco sempre di differenziare

0 2 4 6 8 10 12

CON DISINVOLTURA A VOLTE MI SENTO IN

DIFFICOLTÀ CI DEVO LAVORARE

Domanda 19 : mi sento in grado terminare nel

tempo stabilito

(38)

concetti e parole individuando soluzioni alternative e confrontandomi con dizionari […] Possiedo capacità introspettive, perché sento di avere in mio possesso quest’unica opportunità di presentare la mia io interiore all’universo.” Una terza allieva dichiara di essere d’accordo con la docente rispetto all’opportunità di sperimentare altri stili “ma non so bene come fare”.

Rispetto al terzo quesito, tutti gli allievi hanno dichiarato di non aver mai visto una pagina autografa di uno scrittore. Molti sembrano sconcertati dall’aspetto caotico e indecifrabile (“brutta incasinata”, “brutta illeggibile, non assomiglia alle mie”, “sembrano pensieri buttati alla rinfusa sul foglio”); altri stabiliscono analogie tra quello che deducono essere il metodo di Calvino e il proprio, così un’allieva tra le più dotate: “abbiamo lo stesso modo di progettare un tema: pensiamo a un inizio, una forma originale per scrivere, scriviamo le frasi di getto, infine mescoliamo il tutto e il testo è scritto”. Un’altra allieva svolge un’analisi puntuale dell’aspetto della pagina: “È disordinata, con delle grosse linee di cancellature, storta e credo che ci siano tantissime idee e pensieri iniziali che alla fine lui non considererà. Italo ha scritto tantissimo e quello che ne viene ricavato non è nemmeno la metà di tutto quello che lui ha scritto.” Dopo aver stabilito che la pagina di Calvino assomiglia alle proprie bozze formula una riflessione di straordinario interesse, una definizione spontanea della ricorsività del processo di scrittura e della sua funzione di esercizio del pensiero: “Penso che per arrivare a quello che si vuole realmente scrivere, bisogna mettere sul foglio le idee che ti saltano in testa, ma quando queste vengono scritte, dopo un po’ ci si rende conto delle cose che veramente si vogliono dire, più sviluppate e complete, con un altro punto di vista, con diverse emozioni”.

Un’allieva definisce la brutta copia di Calvino “sorprendente” e aggiunge che ciò che conta è il risultato finale, “nessuno può giudicare la brutta copia degli altri, ognuno ha il proprio metodo”. La stessa osservazione arriva da un altro allievo “ogni brutta copia va rispettata in quanto tale”. Un terzo definisce “stupenda” la pagina di Calvino, aggiungendo che la brutta copia è qualcosa di personale “si butta ogni tipo di idea sul foglio e poi la si organizza”. Un’altra allieva, pur definendo la brutta troppo disordinata, riconosce che “tutte le correzioni però erano pertinenti e miglioravano il testo”. Qualcuno, che non si aspettava una brutta tanto caotica, e che dichiara le proprie bozze simili a quelle dell’autore, azzarda un’interpretazione psicologica: “il disordine ai nostri occhi corrisponde a quanto fosse immerso nel suo mondo”. Diversi allievi si dichiarano disturbati dal disordine della pagina, che, nel caso delle loro brutte copie, impedirebbe di comprendere: “le mie brutte copie sono ordinate per capire subito”. Altri sottolineano che l’autore “ha buttato sul foglio molte idee”.

(39)

Nelle risposte al quarto quesito, relativo ai propri futuri obiettivi come scrittori, gli allievi hanno per lo più rielaborato originalmente le indicazioni della scheda 2 + 3 delle quali dimostrano concreta e critica consapevolezza. Tra le scrittrici in potenza “ desidero che la mia voce trovi modo di riecheggiare in ogni angolo terrestre, che sorpassi ogni confine e rimbombi dappertutto: questo è il mio scopo”. Una seconda allieva: “a scuola desidero affinare le capacità per migliorare i testi, nella vita concludere il mio libro e vederlo pubblicato”. Un’allieva madrelingua spagnola “voglio migliorare la scrittura dell’italiano, senza togliere la mia essenza”17. La stessa allieva che aveva

analizzato puntualmente la pagina di Calvino afferma “vorrei trovare le parole giuste e la mia voce di scrittore”. Altri allievi mantengono un profilo più scolastico e si limitano a dichiarare che i propri obiettivi coincidono con quelli segnalati dalla docente, augurandosi di continuare a svolgere tutti i testi con interesse e impegno; un’allieva, sempre fantasiosa e originale, si augura di avere molte idee creative. Un’altra allieva particolarmente diligente e sempre assai critica rispetto al proprio operato, sintetizza nella risposta al quesito i contenuti più importanti dei feedback sugli scritti ricevuti dalla docente nel corso dell’anno: “gestire meglio il tempo, variare gli stili, coerenza verbale, prestare più attenzione alla rilettura del testo, scelta del lessico” aggiungendo però la personale esigenza di “essere soddisfatta di ogni frase scritta”. C’è chi, pur ammettendo le proprie lacune rispetto alla sintassi e all’ortografia, dichiara di sentirsi molto migliorato rispetto all’anno precedente; un’allieva molto brillante ed estroversa per il futuro desidera “continuare così, perché trovo che sto scrivendo ciò che realmente sono e penso”. Avere più pazienza nel rileggere non può che essere l’obiettivo dell’allievo più impulsivo e sbrigativo, mentre una scrittrice particolarmente prolissa dichiara di voler scrivere meno, in meno tempo, rendendo più scorrevoli i propri testi. Un allievo particolarmente fragile lamenta di non aver chiesto sufficiente aiuto alla docente, mentre soltanto l’allieva dislessica, che pure scrive volentieri, mostra di avere frainteso il quesito dichiarando “non ho mai pensato a un futuro da scrittrice”. Travalica le competenze della docente di italiano l’interpretazione dell’affermazione “non ho un obiettivo come scrittore perché sono una persona molto indecisa, non riesco a fissare un obiettivo e mantenerlo perché nell’arco di due giorni

17 La risposta dell’allieva ispanofona, manifestazione di una personalità originale e assertiva, costituisce uno spunto di

riflessione circa i problemi di motivazione che possono affliggere allievi alloglotti meno dotati di senso di autoefficacia. Credo che nell’ambito del laboratorio il docente di italiano abbia l’opportunità di adoperarsi per trasformare la presenza di alloglotti in classe in una risorsa culturale e didattica da valorizzare: una ragazza ispanofona proveniente dal Perù potrà impartire ai compagni lezioni circa le straordinarie tradizioni culinarie del suo paese nell’ambito di un’esercitazione sul testo regolativo, oppure in chiave comparativa (è accaduto spesso con questa allieva) stimolare riflessioni sulle differenze tra italiano e spagnolo nelle reggenze di alcuni tra i verbi di uso più frequente. La sfida è comunque che gli allievi vivano il bilinguismo come, appunto, un’essenza, un prezioso, irrinunciabile modo di essere.

(40)

è già cambiato” di un allievo che nel corso del laboratorio ha comunque dimostrato di saper impiegare lo strumento della scrittura per l’autoanalisi.

Desidero concludere l’esposizione dei risultati del questionario con l’obiettivo formulato da un allievo che all’inizio dell’anno si era programmaticamente dichiarato ostile all’italiano, alla lettura e alla scrittura: “mi farebbe piacere che i miei testi facciano provare delle emozioni in base al testo”.

4. Conclusioni

Pur nella consapevolezza del forte elemento di soggettività insito in un percorso di questa natura (in particolare le mie idiosincrasie di lettrice e scrittrice rispetto alle valutazioni degli scritti) credo di poter rispondere positivamente al quesito principale e che questo lavoro possa offrire alcuni spunti circa l’influenza della consapevolezza dei processi di scrittura e sul piacere e sull’assimilazione degli obiettivi da parte degli allievi.

Il piacere nella scrittura è stato rilevato soggettivamente tramite l’osservazione diretta del comportamento degli allievi durante le sessioni di laboratorio e la loro puntualità nell’esecuzione dei compiti assegnati (soltanto due allievi talvolta si sono defilati, ma non è un atteggiamento endemico delle lezioni di italiano). Particolarmente efficaci rispetto al coinvolgimento e alla motivazione si sono rivelati gli esperimenti di scrittura cooperativa che hanno talvolta creato in classe un ambiente fervente di allegra creatività. Credo di poter ritenere proficua anche la decisione di alternare nel percorso compiti di scrittura più sfidanti per argomento e tipologia testuale, ad altri, non meno importanti per il curriculum, ma più ludici e scanzonati.

Nel questionario, programmaticamente, non è stata inserito alcun quesito esplicito riguardo all’apprezzamento del laboratorio, ritenendo più opportuno desumere indirettamente gli atteggiamenti degli allievi dall’ultima domanda, relativa agli obiettivi come scrittori (che scrittore voglio diventare?). A mio avviso il quesito ha dato l’opportunità agli allievi, e non solo ai più brillanti, di riflettere sulla propria natura di scrittori al di là delle performance scolastiche e di porsi in una prospettiva metacognitiva di sviluppo permanente delle proprie capacità. Sono state inoltre prodotte in questa sede importanti riflessioni metacognitive già riportate nell’ambito del paragrafo relativo ai risultati.

Rispetto al primo presupposto di ricerca, posso affermare che l’ambiente del laboratorio, rilassato e aperto alla sperimentazione, ha permesso nell’arco di tutto il percorso di sbloccare almeno una grave situazione di rifiuto, quella dell’allievo nella cui scheda di valutazione non mi era stato possibile menzionare neppure un punto forte nella scrittura: lo stesso che al quesito sul proprio futuro di scrittore ha risposto “mi farebbe piacere che i miei testi facciano provare delle emozioni

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in base al testo”. In una sessione di laboratorio che ricordo con particolare simpatia ha affermato “oggi mi sento Pablo Neruda”: insomma, i suoi risultati non fanno presagire un Nobel per la letteratura, ma il superamento del rifiuto della scrittura è senz’altro un importante obiettivo raggiunto.

A costo di sembrare ingenua non posso non menzionare come importante ingrediente del laboratorio rispetto alla motivazione la condivisione dei lavori: la lettura ad alta voce da parte della docente, oltre a gratificare l’autore o gli autori, ha rappresentato un veicolo di trasmissione di conoscenza degli stilemi, delle caratteristiche di scrittori dei compagni, con una positiva ricaduta sulla dinamica delle consulenze tra pari: dettate non da una generica richiesta di aiuto (“chiedo a Loris perché è bravo”), bensì da una conoscenza diretta dei punti di forza (“chiedo a Loris perché è bravo con le metafore”). In una classe che costituisce un gruppo realmente coeso, come quella in cui ho avuto la fortuna di svolgere il mio incarico limitato, è poi tangibile la curiosità per il lavoro svolto dai compagni, cui una lettura “importante” da parte del docente conferisce ulteriore valore. Significativa, com’è risaputo, è anche la dimensione dello scopo: nelle occasioni in cui la consegna ha previsto un concorso interno per la pubblicazione sul giornalino della scuola sono state evidentemente mobilitate ragguardevoli risorse motivazionali investite in particolare (finalmente!) nella fase di revisione.

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