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La rintracciabilita delle carni bovine: il disciplinare Coop

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali

Tesi di Laurea Magistrale

La tracciabilità delle carni bovine: il disciplinare

Coop

Candidato

Leone Silvia

Relatore

Prof. D’Ascenzi Carlo

(2)

RINGRAZIAMENTI:

Innanzitutto un GRAZIE a me stessa, nonostante le mille difficoltà sono riuscita ad arrivare caparbiamente, anche questa volta, alla fine.

Un grazie sincero ai miei genitori e a Marco che hanno avuto pazienza nello spronarmi a non mollare nei momenti più duri.

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INDICE

Pagina

PREMESSA 1

INTRODUZIONE 2

Libro Bianco e Reg. CE 178/2002: la sicurezza alimentare passa attraverso la rintracciabilità

2

PARTE GENERALE 5

Le basi giuridiche della rintracciabilità delle carni bovine ed i valori societari di Coop

1. Dal caso “Mucca Pazza” alla rintracciabilità 6

2. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 7

2.1 La Direttiva del Consiglio 1992/102/CEE e D.P.R 30 Aprile 1996 7

2.2 Il Regolamento (CE) N. 1760/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che abroga il Regolamento N. 820/97

9

2.3 Categorie merceologiche e denominazioni di vendita 12

3. LA MISSIONE DI COOP 14

3.1 La carta dei valori Coop 14

3.2 I prodotti a marchio Coop 14

4 LA FILIERA DELLA CARNE BOVINA A MARCHIO COOP 17

4.1 Sostenibilità 29

PARTE SPECIFICA 21

Le basi giuridiche della rintracciabilità delle carni bovine ed i valori societari di Coop

5 IL DISCIPLINARE DELLA FILIERA A MARCHIO COOP 22

5.1 Definizioni 23

5.2 Gli attori della filiera 25

5.3 I criteri di qualifica 28

5.3.1 La qualifica degli “operatori del settore dei mangimi” 28

5.3.1.1 I criteri 28

5.3.1.2 Le verifiche 29

5.3.2 La qualifica degli “allevamenti” 30

5.3.2.1 I criteri 30

5.3.2.2 Le verifiche 30

5.3.3 La qualifica dei “macelli” 31

5.3.3.1 I criteri 31

5.3.3.2 Le verifiche 34

5.3.4 La qualifica dei “laboratori di sezionamento” 35

5.3.4.1 I criteri 35

5.3.4.2 Le verifiche 36

5.3.5 La qualifica delle “piattaforme” 37

5.3.5.1 I criteri 37

5.3.5.2 Le verifiche 37

5.3.6 La qualifica delle “Associate” 38

(4)

5.3.7 La qualifica dei “punti vendita” 39

5.3.7.1 I criteri 39

5.3.7.2 Le verifiche 40

5.4 Indicazioni obbligatorie e volontarie sulle carni bovine Coop 41

6 LA GESTIONE DELLA RINTRACCIABILITÀ NEI PUNTI VENDITA 44

6.1 Fase di arrivo delle carni bovine 44

6.2 La tracciabilità nelle celle di conservazione 47

6.3 Fase di lavorazione delle carni 48

6.4 Fase di vendita al banco assistito 51

6.5 Fase di vendita al banco libero servizio 56

6.6 La documentazione della tracciabilità 59

6.6.1 La bolla di tracciabilità 59

6.6.2 Il Registro di lavorazione 61

6.6.3 Il Riepilogativo dei pesi 63

6.7 La fase di elaborazione 65

6.8 I controlli sulla tracciabilità bovina in Coop 67

6.9 Reg 1337/2013: Indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza delle carni suine, ovine, caprine e di volatili

72

CONCLUSIONI 74

(5)

1

PREMESSA

Il presente lavoro è stato realizzato contestualmente al mio incarico presso il Servizio Qualità di Novacoop, cooperativa Piemontese associata a Coop Italia.

Tra le attività svolte dal Servizio Qualità vi è anche l’accertamento degli adempimenti normativi relativi alla tracciabilità bovina e alla relativa etichettatura nei punti vendita. In coerenza ai valori sociali della Cooperativa, fra i quali la trasparenza di informazioni ai consumatori soci, con i quali condivide decisioni, convinzioni e principi, nel 2001 Coop ha depositato presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il proprio disciplinare di etichettatura volontaria. Con questo atto, ha preso avvio un impegno che costituisce ancora oggi un esempio evoluto di gestione della rintracciabilità delle carni bovine in Italia ed in Europa.

I motivi per cui Coop ha dato particolare importanza alla rintracciabilità delle carni bovine deriva certo dai propri principi sociali, ma anche alla particolare valenza che questo tipo di informazione è andata ad assumere nel contesto della sicurezza alimentare di questa tipologia di prodotti.

Negli ultimi decenni l’attenzione alla sicurezza degli alimenti che portiamo sulle nostre tavole è aumentata notevolmente e Coop, quale leader nel mercato italiano nella GDO, vuole essere un esempio di garanzia e trasparenza verso i propri clienti e soci.

Uno dei settori in cui la fiducia del consumatore sulla sicurezza alimentare ha storicamente raggiunto i livelli più critici è stato sicuramente il settore delle carni, a causa della serie di scandali e di emergenze sanitarie che si sono susseguiti nel tempo. Basi pensare agli ormai famosi casi di pollo alla diossina e al caso “mucca pazza”. In quest’ottica di comprensione delle aspettative più profonde dei propri clienti e soci, si sviluppa il progetto del “disciplinare di etichettatura volontaria delle carni bovine”, che permette alle Cooperative di fornire ai consumatori informazioni aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legge.

È sempre una sfida quando si vuole fare più di quello che la legge richiede, ma Coop ci crede ed è convinta dell’importanza di tutelare la salute del consumatore, passando anche attraverso una cultura consapevole fornita dalle etichette, che in qualche modo “parlano” al cliente, senza dimenticare che tutti noi consumatori dovremmo imparare ad “ascoltarle”.

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2

INTRODUZIONE

Libro Bianco e Reg. CE 178/2002: la sicurezza alimentare passa

attraverso la rintracciabilità

Nel corso degli ultimi decenni i temi legati alla sicurezza dei prodotti alimentari hanno conquistato un ampio spazio sulle prime pagine dei giornali con un riflesso mediatico di notevole rilevanza.

Il verificarsi, in rapida successione, tra la fine degli anni ottanta e la fine degli anni novanta, d’importanti scandali alimentari, dal pollo alla diossina, al vino al metanolo, fino ad arrivare ai casi di BSE e di afta epizootica, oltre che la situazione di profonda incertezza, generata dalle nebulose e contraddittorie informazioni in merito agli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), ha scosso profondamente la pubblica opinione sul tema della “Sicurezza Alimentare”.

Il dibattito pubblico che ne è derivato è stato caratterizzato, da un lato, da tecnicismi di difficile comprensione per l’utente medio della popolazione e, dall’altro lato, da informazioni imprecise e sommarie che hanno generato, nella mente dei consumatori, una forte confusione e conseguentemente, data la delicatezza del tema trattato, una profonda diffidenza nei confronti della sicurezza dei prodotti alimentari.

Questo clima di disorientamento è stato amplificato ulteriormente dalla carenza e dall’inadeguatezza del sistema di comunicazione tra i soggetti istituzionali deputati alla sorveglianza e i cittadini, soprattutto in occasioni di episodi gravi quali il caso della “mucca pazza” poiché è mancata la tempestività nel fornire adeguate informazioni. Senza dubbio questi scandali alimentari hanno contribuito a determinare una presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica sulla possibilità di irregolarità, talvolta anche molto gravi, che possono interessare le produzioni alimentari, sensibilizzando quindi l’opinione pubblica verso il tema della sicurezza alimentare, incrementando le aspettative di tutela e trasparenza, tanto verso gli operatori, quanto verso le autorità preposte al controllo

Ne è conseguito un adeguamento normativo a livello comunitario, teso a ridefinire i contorni della politica alimentare, innalzando per prima cosa, il livello di garanzie

(7)

3

secondo un approccio che pone al centro della discussione la tutela della salute dei consumatori.

La vera svolta normativa avviene nel Gennaio del 2000, quando le autorità comunitarie istituirono il “Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare”.

Il Libro Bianco è stato redatto tenendo ben presente come fosse necessario ristabilire la fiducia del pubblico nei confronti delle forniture alimentari, prendendo consapevolezza della scarsa percezione, presso i consumatori, del sistema di controlli che era stato disegnato dalla normativa precedente e rispondendo alle nuove esigenze manifestate a seguito del protrarsi di allarmi alimentari, più o meno gravi, garantendo un controllo senza soluzione di continuità lungo tutta la filiera.

Tra i tanti temi toccati dal Libro Bianco, due possono essere considerati come veri e propri punti di svolta nella politica alimentare comunitaria e richiedono pertanto una particolare attenzione costituendone il “cuore” innovativo.

Primo fra tutti la proposta di costituire un’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che, secondo le indicazioni del Libro Bianco, avrebbe come finalità operativa “la responsabilità sia nel campo della valutazione del rischio che della comunicazione sulle tematiche relative alla sicurezza degli alimenti”. (1)

L’EFSA è la chiave di volta dell’Unione Europea per la valutazione dei rischi riguardanti la sicurezza di alimenti e mangimi.

L’ambito di competenza dell’EFSA comprende la sicurezza di alimenti e mangimi, l’alimentazione, il benessere e la salute degli animali e la protezione e la salute delle piante. In tutti questi settori, l’impegno cruciale dell’EFSA è di effettuare una valutazione dei rischi associati, formulare pareri specifici, raccogliere e analizzare le diverse informazioni e di fornire consulenza oggettiva su base scientifica, consulenza basilare del sistema europeo di sicurezza alimentare, e informare in maniera chiara basandosi sulle informazioni e sui dati scientifici più aggiornati.

L’altro elemento che disegna il Libro Bianco come un punto di svolta è l’introduzione del concetto di Rintracciabilità.

Il concetto di rintracciabilità è sviluppato dal Regolamento (CE) 178/2002 che, all’Articolo 18, lo definisce come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione". (2)

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4

A decorrere dal 1° gennaio 2005 l’istituto della tracciabilità è diventato obbligatorio. Su tutto il territorio dell'Unione Europea, ogni operatore delle filiere alimentari, dei mangimi e di qualsiasi altra sostanza destinata ad entrare in un alimento o di un mangime deve applicarlo in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione.

Gli operatori del settore alimentare (OSA) e gli operatori del settore dei mangimi (OSM) devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime e devono essere in grado di fornire le quantità e i nominativi dei destinatari ai quali hanno fornito i loro prodotti. In questo modo sarà possibile ripercorrere la “storia del prodotto”.

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5

PARTE GENERALE

Le basi giuridiche della rintracciabilità

delle carni bovine ed i valori societari di Coop

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1. Dal caso “Mucca Pazza” alla rintracciabilità

Lo scandalo della cosiddetta “Mucca Pazza”, più tecnicamente Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE), ha rappresentato, per dimensione e vastità, il primo, il più drammatico e importante episodio di crisi alimentare che si è verificato in Europa negli ultimi venti anni.

Sono stati stimati a due miliardi le perdite subite dal sistema della produzione, trasformazione e commercio della carne bovina a seguito dell’emergenza mucca pazza.(3)

Si tratta di perdite dovute principalmente al crollo dei consumi che si sono quasi dimezzati nel momento più acuto della crisi, per poi riprendersi molto lentamente, nonostante le misure di prevenzione adottate.

Molte sono state anche le perdite in termini di carne scartata, poiché non ritenuta sicura e quindi non destinabile al commercio alimentare.

Il mercato delle carni bovine e dei prodotti a base di carne fu fortemente destabilizzato dalla crisi dell’Encefalopatia Spongiforme Bovina; fu necessario pertanto ripristinare la stabilità di un mercato ormai al collasso.

Quest’obiettivo poteva essere realizzato unicamente migliorando la trasparenza delle condizioni di produzione e di commercializzazione, in particolar modo per quanto attiene la rintracciabilità.

Quest’approccio poteva indurre i consumatori ad avere maggiore fiducia nella qualità delle carni bovine e dei relativi prodotti a case di carne aiutando il mercato a risollevarsi.

Si può affermare quindi che l’allarme “la mucca pazza” è stata uno spartiacque tra un modello di sviluppo dell’agroalimentare rivolto solo al contenimento dei costi e un modello più attento alla qualità, all’ambiente e alla sicurezza alimentare.

A trasformarsi è stato anche il modello di consumo che si è arricchito dei valori dell’eticità, della sostenibilità, della qualità e della sicurezza.

A livello legislativo le cose iniziarono a cambiare; l’Europa si concentrò sempre di più verso un apparato di norme, rivolte agli operatori del settore carne, per migliorare i sistemi d’identificazione e registrazione degli animali e la relativa etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine.

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2 Il quadro normativo di riferimento

A partire dagli anni Novanta furono istituite una serie di direttive e regolamenti volti a disciplinare gli scambi internazionali di animali, le informazioni riguardanti i singoli soggetti e l’etichettatura dei prodotti carnei.

2.1. La Direttiva del Consiglio 1992/102/CEE e D.P.R 30 Aprile 1996

In Italia la Direttiva del Consiglio 1992/102 è stata recepita con il D.P.R. 30 aprile 1996, n. 317, Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali.

L’intensificarsi dei movimenti di animali all’interno del territorio dei singoli Stati membri dell’Unione Europea e degli scambi internazionali di animali vivi e di prodotti di origine animale, rese necessario l’applicazione di un sistema d’identificazione e registrazione dei singoli animali, che permettesse di poter risalire all’azienda di origine e di passaggio, in modo da poter ricostruire rapidamente e in modo oculato i movimenti dei singoli capi .

Questa direttiva dunque stabilisce le prescrizioni minime in materia d’identificazione e registrazione degli animali, siano essi di specie bovina, bufalina, suina, ovi-caprina; questa necessità non ha motivazioni esclusivamente di carattere sanitario, ma già nelle premesse della normativa si richiamano altre finalità più prettamente economico-commerciali.

La norma nello specifico prevede per i detentori di animali una serie di adempimenti: - Devono predisporre un registro che indichi il numero totale di animali presenti in

azienda, che venga tenuto aggiornato in merito alle nascite, ai decessi e ai movimenti con menzione specifica della loro origine e della loro destinazione, nonché della data di tali flussi. Queste informazioni devono essere messe a disposizione dell’autorità competente che ne faccia richiesta.

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8

 il numero di animali presenti nell’azienda

 l’identificazione per singolo animale dei marchi di identificazione

 il sesso

 la categoria

 le nascite, i decessi, le movimentazioni entro tre giorni dall’evento e l’obbligo di indicare la loro origine e destinazione

- Sono tenuti a contrassegnare con un marchio auricolare di identificazione ogni singolo capo, prima che abbandoni l’azienda in cui è nato e comunque non oltre i trenta giorni dalla nascita . Tale marchio, recante un codice alfanumerico deve essere conforme al modello approvato dall’autorità competente, deve essere di materiale inalterabile, essere leggibile per l’intera vita dell’animale e di natura tale da accompagnare l’animale per tutta la vita senza comprometterne il benessere; consentirà dunque di identificare in modo univoco il singolo capo, nonché l’azienda in cui è nato.

- Gli animali importati da un paese terzo, che abbiano superato positivamente i controlli sanitari, devono essere identificati mediante il marchio auricolare sopra citato entro trenta giorni dai suddetti controlli e comunque prima del loro spostamento, stabilendo un nesso tra l’identificazione del capo effettuata dal paese terzo e quella assegnatagli dallo Stato membro di destinazione che dovrà essere trascritto nel registro di stalla.

L’autorità competente deve a sua volta disporre un elenco aggiornato di tutte le aziende, poste sul proprio territorio di competenza, che possiedono animali e la relativa specie di appartenenza.

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2.2. Il Regolamento (CE) N. 1760/2000 del Parlamento Europeo e del

Consiglio, che abroga il Regolamento N. 820/97

Le disposizioni in materia d’identificazione, fissate dalla Direttiva 92/102 CEE non furono interamente soddisfacenti per quanto riguarda la specie bovina. Si rese così necessario un approfondimento, adottando un regolamento specifico per i bovini in modo da rafforzare le disposizioni già presenti.

Il Regolamento (CE) n° 1825/2000 e il DM del 30 agosto 2000 forniscono le indicazioni e le modalità applicative del Regolamento CE 1760/2000 al fine di consentire l’attività degli operatori del settore.

Due sono i cardini che ruotano attorno a questo Regolamento: il primo riguarda il sistema d’identificazione dei singoli capi di bovini, in modo da poter essere sempre rintracciabili, il secondo è il sistema di etichettatura delle carni bovine, che mira a riconquistare la fiducia dei consumatori attraverso la trasparenza della catena produttiva e commerciale.

Il sistema d’identificazione e di registrazione dei bovini si articola attraverso i seguenti elementi:

- marchi auricolari

- basi di dati informatizzate - passaporti per animali

- registri individuali tenuti presso ciascuna azienda.

Tutti gli animali di un’azienda, nati dopo il 31 Dicembre 1997, o destinati dopo tale data al commercio intracomunitario, devono essere identificati mediante un marchio auricolare, apposto su ciascun orecchio e approvato dall’autorità competente. I marchi auricolari recano lo stesso e unico codice alfanumerico che permette di riconoscere ciascun animale individualmente, nonché l’azienda in cui è nato. (4)

Per poter rintracciare gli animali in maniera rapida ed efficace, le informazioni concernenti tutte le aziende situate sul territorio del Paese UE devono essere registrate nelle banche dati informatizzate presso l’autorità nazionale competente insieme all’identità dei bovini.

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Il Decreto Interministeriale del 31 gennaio 2002 determina le modalità e le procedure operative per la gestione e l’aggiornamento della Banca Dati Nazionale (BDN). L’Anagrafe si basa sulla certificazione da parte del servizio veterinario dell’ A.S.L., dell’iscrizione del capo nella BDN ed il conseguente rilascio e vidimazione del passaporto, sulle dichiarazioni del detentore degli animali e del responsabile dello stabilimento di macellazione, sulla registrazione in tempo reale degli eventi nella BDN. La nuova Anagrafe nazionale bovina, voluta dal Ministero della Salute e dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha lo scopo di:

• tutelare la salute pubblica e il patrimonio zootecnico;

• fornire il basilare supporto per trasmettere informazioni al consumatore di carni bovine e consentire un’etichettatura adeguata e chiara del prodotto (5)

Dal 1° gennaio 1998 l'autorità nazionale competente rilascia un passaporto a ciascun bovino entro 14 giorni dalla notifica della nascita o, per gli animali importati, entro 14 giorni dalla notifica della nuova identificazione da parte dello Stato membro interessato.(4)

Ogniqualvolta l’animale è spostato deve essere accompagnato dal suo passaporto. Ogni detentore di animali, ad eccezione dei trasportatori, deve tenere un registro aggiornato dei capi di animali presenti presso la propria azienda.

Per poter rintracciare gli animali con rapidità e precisione ai fini del controllo, ogni Stato membro è chiamato a creare una banca dati nazionale informatizzata nella quale figurino l'identità dell'animale, tutte le aziende del proprio territorio e i movimenti degli animali.

L’altro capitolo in cui si particola il regolamento è inerente all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine.

Nell’ambito del sistema obbligatorio di etichettatura delle carni bovine, gli operatori e le organizzazioni che commercializzano dette carni devono indicare sull’etichetta, dal 1° gennaio 2002, le seguenti informazioni obbligatorie:

a) numero che identifica l'animale o il lotto di animali; b) paese di nascita;

c) paese/i di ingrasso.

d) numero di approvazione dell’impianto di macellazione presso il quale l’animale o gli animali sono stati macellati e lo Stato membro o il paese terzo in cui è situato il macello. L’indicazione deve recare le parole «macellato in»;

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e) numero di approvazione laboratorio di sezionamento presso il quale sono state sezionate la/le carcasse e lo Stato membro o il paese terzo in cui è situato il macello. L’indicazione deve recare le parole «sezionato in»;

La norma consente all’operatore che intende evidenziare in etichetta informazioni aggiuntive a quelle obbligatorie, di aderire ad un sistema facoltativo di etichettatura. L’operatore dovrà raccogliere in un disciplinare tutte le informazioni che intende facoltativamente fornire al consumatore e dovrà sottoporlo all’approvazione dello Stato membro.

Dette informazioni aggiuntive possono riguardare l’allevamento, l’animale, la

macellazione ed altre informazioni. I contenuti riguardanti tali informazioni aggiuntive sono i seguenti:

 Allevamento:

Denominazione azienda di nascita e/o di allevamento; Sistema di allevamento;

Alimentazione degli animali;

 Animale: Razza o tipo genetico;

Caratteristiche legate al genoma; Sesso; Periodo d'ingrasso;  Macellazione: Categoria; Data macellazione; Periodo frollatura;

Denominazione del macello;

 Altre informazioni:

Logo organizzazione di etichettatura;

Denominazione organismo indipendente incaricato dei controlli; N° approvazione del disciplinare;

Modalità di conservazione; Data scadenza;

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12 Punto vendita;

Peso e taglio anatomico. (4)

2.3. Categorie merceologiche e denominazioni di vendita

Relativamente alla denominazione di vendita, il Regolamento CE 361/2008 e la Circolare 1/2008 specificano le modalità di utilizzo dei termini “vitello” e “vitellone”. Con il Regolamento (CE) n. 700/2007, relativo alla commercializzazione della carne da bovini di età non superiore a dodici mesi, è stata approvata la fissazione delle denominazioni di vendita che devono essere utilizzate, in ogni Stato membro, per la commercializzazione delle carni ottenute da animali delle categorie di età da 0 a 8 mesi e da 8 a 12 mesi, con l’obbligo di indicare la categoria di età dei capi al momento della macellazione.

In Italia per le carni ottenute da animali delle categorie di età fino a 8 mesi la denominazione di vendita è “vitello” o “carne di vitello”, mentre per quelle da 8 a 12 mesi è prevista la denominazione “vitellone” o “carne di vitellone”.

Per i bovini adulti l’unica denominazione di vendita obbligatoria è “bovino adulto”. Per poter fornire, invece, informazioni sulla categoria è necessario disporre di un disciplinare di etichettatura facoltativa approvata.

Al fine di dare concreta applicazione agli obblighi in materia di identificazione della denominazione di vendita, gli operatori devono ottemperare ad adempimenti specifici. In ogni fase della produzione e della commercializzazione gli operatori applicano alle carni ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi un’etichetta recante le seguenti informazioni:

a) l’età degli animali al momento della macellazione, indicata, secondo i casi, con la formula “età alla macellazione: sino a 8 mesi”, recentemente sostituito dalla formula “età alla macellazione: inferiore a 8 mesi dal Reg. UE 1308/2013. per le carni ottenute da animali di età non superiore a otto mesi, oppure “età alla macellazione: da 8 a 12 mesi” per le carni ottenute da animali di età superiore a otto mesi e non superiore a dodici mesi. (6)

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Il Regolamento UE 1308/2013 ha voluto fare chiarezza rispetto all’etichettatura dei capi appartenenti alla categoria “Vitello”. La frase “età alla macellazione: sino a 8 mesi” lasciava spazio ad una libera interpretazione da parte degli attori della filiera. Animali infatti che avevano già compiuto otto mesi, ma non ancora nove, venivano considerati appartenenti alla categoria “Vitello”. Era evidente però che l’obiettivo del legislatore era quello di considerare come categoria “Vitello” capi ad di sotto degli otto mesi di età; da qui l’esigenza di modificare la frase in “Età alla macellazione: inferiore a 8 mesi”. Tuttavia, gli operatori possono, in ogni fase della produzione e della commercializzazione, eccetto la distribuzione al consumatore finale, sostituire l’indicazione dell’età alla macellazione con la lettera di identificazione della categoria, categoria V per i bovini di età dal giorno della nascita sino al giorno in cui raggiungono 8 mesi, categoria Z per bovini di età dal giorno successivo a quello in cui hanno raggiunto 8 mesi, sino al giorno in cui raggiungono 12 mesi.

Il Decreto Ministeriale sull’etichettatura delle carni bovine del 30 agosto 2000 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°268 del 16 novembre) istituisce e definisce una Commissione nel Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF), per l’approvazione dei disciplinari degli operatori e delle organizzazioni e la conformità degli organismi di controllo sull’etichettatura.

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3. LA MISSIONE DI COOP

Coop si configura come una cooperativa di consumatori.

Le Cooperative sono organizzazioni autonome, controllate dai soci.

Le Cooperative di Consumatori sono società di proprietà comune di persone che si uniscono volontariamente per soddisfare esigenze economiche, sociali e culturali.

3.1 La carta dei valori Coop

Secondo le tradizioni dei propri padri fondatori, i soci Coop s’ispirano ai valori etici dell'onestà, della trasparenza, del rispetto degli impegni, delle responsabilità sociali e dell'attenzione verso gli altri.

La Coop opera per rappresentare gli interessi dei consumatori nel mercato e nella società. Alla Coop i consumatori cercano la convenienza su prodotti di qualità, che diano loro sicurezza e il cui uso sia in armonia con la natura. Chiedono di avere le giuste informazioni, in un ambiente amico, che consenta loro di compiere scelte libere e responsabili.

La Coop sceglie i fornitori di merci e servizi nell'interesse dei suoi soci e di tutti i consumatori. Sono apprezzati gli imprenditori che godono di buona reputazione, che hanno codici etici di comportamento, che sviluppano programmi sociali, che si dimostrano sensibili ai problemi ambientali, che adottano politiche del lavoro corrette, che si impegnano nell'innovazione e che riconoscono il valore dell'economia cooperativa.

3.2 I prodotti a marchio Coop

I prodotti a marchio Coop concretizzano i valori dell’azienda cooperativa ed sono quindi l'espressione massima della missione di Coop; vengono realizzati da fornitori selezionati a cui è richiesto di rispettare i capitolati di appalto e i requisiti progettuali definiti da Coop tenendo conto dei propri valori.

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Ad oggi Coop possiede 8 diverse linee di prodotti a Marchio, che rappresentano un'ampia gamma di prodotti in grado di soddisfare ogni bisogno di consumo:

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I valori del Prodotto a Marchio Coop sono da sempre rappresentati da alcune parole chiave:

- Etica: Coop si riconosce nei valori della democrazia, del rispetto dei diritti umani, della solidarietà, della responsabilità individuale dei cittadini, dell’equità, dell’uguaglianza dei diritti, e s’ispira nel proprio agire all’etica del lavoro, dell’onestà, del rispetto degli impegni e della responsabilità sociale dell’impresa. I prodotti a marchio sono concepiti in conformità a questi impegni.

- Convenienza: la convenienza economica è un fattore di fondamentale importanza. Questo non significa “prodotti a basso costo a tutti i costi”, ma offrire prodotti a marchio della migliore qualità e al miglior prezzo.

- Bontà: Coop ritiene la bontà, un requisito imprescindibile. I prodotti a marchio superano rigorosi test, tra cui l’importantissimo "approvato dai soci".

- Salute: Coop riconosce la salute delle persone, un diritto imprescindibile e la sua tutela un valore fondante della cooperazione dei consumatori. I Prodotti a marchio Coop sono il risultato concreto dell’impegno di Coop per ottenere il più elevato livello di garanzia possibile per i propri soci e consumatori, con l’obiettivo di vendere prodotti sicuri e salubri.

- Ambiente: la tutela dell’ambiente è un dovere primario; per questo Coop si impegna alla verifica delle proprie attività e di quelle dei fornitori di prodotti a marchio, affinché siano in armonia con l’ambiente per quanto lo permettano le tecnologie disponibili e la sostenibilità economica degli interventi.

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4 LA FILIERA DELLA CARNE BOVINA A

MARCHIO COOP

La filiera italiana della carne bovina a marchio Coop, nata nel 1990, è costituita per oltre il 90% da carne di bovino adulto (vitellone e scottona) proveniente da bovini nati in Francia e ingrassati in Italia. Si basa sulla conoscenza di tutti i passaggi di filiera, da quando gli animali nascono in Francia, dove trascorrono i primi 10-12 mesi di vita, alla fase di allevamento in Italia, fino alla macellazione ed alle successive eventuali lavorazione, fino ad arrivare sui banchi dei punti vendita.

In Italia i vitelli vengono allevati per circa 7 mesi, in allevamenti fornitori Coop; raggiunto un peso di circa 630 kg vengono condotti a macellazione. Dopo lo svezzamento, i bovini vengono fatti crescere in una delle 218 stalle, seguendo i disciplinari predisposti da Coop, che ne controlla l'applicazione con rigorose procedure di verifica.

L’allevamento avviene in stalla per tutta la fase di ingrasso e la razione è composta da varie materie prime, tra le quali il mais in varie forme, è certamente quello più importante, insieme a varie tipologie di altri cereali. Le razioni sono decise dagli allevatori in base a criteri zootecnici ed economici, ma devono rientrare nei capitolati stabiliti da Coop.

I vitelli da carne stanno al pascolo, a parte una breve permanenza in stalla nei mesi invernali più freddi, fino al raggiungimento di un peso di circa 350 kg, per poi essere macellati.

Dopo la macellazione, le mezzene sono inviate alle “piattaforme di lavorazione” dove vengono sezionate, confezionate sottovuoto in diverse pezzature e inviate ai punti vendita; qui la carne viene confezionata in vaschetta o venduta al banco. In altri casi la carne è confezionata in vaschetta già presso la piattaforma e spedita al punto vendita, pronta per essere venduta. Dopo la fase di lavorazione alle piattaforme, il prodotto viene inviato ai punti vendita, già pronto per essere venduto direttamente al consumatore (confezionato in vaschetta in EPS), oppure in tagli commerciali pronti per una successiva fase di lavorazione.

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Nei punti vendita dotati di reparto macelleria, il prodotto giunge quasi tutto sottovuoto dalle piattaforme per poi essere confezionato in vaschetta oppure al banco servito, sulla base delle richieste del cliente.

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4.1 Sostenibilità

Il concetto di sostenibilità ruota attorno a tre elementi fondamentali: sostenibilità economica, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale.

La sostenibilità rappresenta non solo l’equilibrio tra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprio, ma l’incrocio tra tre dimensioni; Ambientale, Economica e Sociale.

Un prodotto è sostenibile quando soddisfa tutte e tre le condizioni.

Gli italiani sono tra i più grandi consumatori di carne in Europa, ed in particolare di quella bovina. Mangiamo mediamente 40 chili all’anno di carne e di questi 21,4 provengono da bovini (7).

L’impatto ambientale della produzione e del consumo di carne, in termini di emissioni di CO2 è notevolmente più alto di quello di frutta, verdura, pasta, cereali e altri alimenti. In tempi in cui tanto si parla di riscaldamento globale e sostenibilità, l’attenzione dell’opinione pubblica si sta sempre più concentrando su questo aspetto.

Partendo da questa fotografia, Coop si è proposta un obiettivo ambizioso, quello di ottenere una certificazione EDP (Environmental Declaration Product) per le proprie carni bovine.

La Dichiarazione Ambientale di Prodotto, meglio nota come EPD (Environmental Product Declaration) è, in sintesi, uno strumento pensato per migliorare la comunicazione ambientale, fra produttori da un lato (business to business), distributori e consumatori, dall'altro (business to consumers) (8). Si tratta di un documento che permette di comunicare informazioni oggettive, confrontabili e credibili relative alla prestazione ambientale di prodotti e servizi. Le informazioni contenute nell’EPD hanno carattere esclusivamente informativo, non prescrivendo in pratica soglie prestazionali. Coop è la prima azienda al mondo ad aver ricevuto la certificazione EDP per la carne bovina. L’impegno ha coinvolto le tecniche di produzione agricola, gli stabilimenti di produzione, fino agli imballaggi, ai trasporti, ai magazzini e ai punti di vendita, con il fine di informare ai soci e consumatori, riscuotendo un ampio successo nel settore (7). L’obiettivo vuole essere quello di mostrare quanto sia importante la pianificazione e il controllo, non solo degli aspetti di sicurezza e qualità, certamente al primo posto, ma anche delle azioni di miglioramento e riduzione degli impatti ambientali nel rispetto di quelli economico-sociali. Questa certificazione consente alla Cooperativa di rendere

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20

chiari, trasparenti e disponibili i dati sull’impatto ambientale delle proprie modalità di allevamento e lavorazione.

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PARTE SPECIALE

Il disciplinare Coop per la rintracciabilità e

l’etichettatura delle carni bovine

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22

5

IL

DISCIPLINARE

DELLA

FILIERA

A

MARCHIO COOP

Nel 2001 il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) ha approvato con il Decreto Ministeriale n° 21786 del 25.05.2001 il disciplinare di etichettatura delle carni bovine presentato da Coop Italia, con l’attribuzione del codice univoco nazionale IT016ET. Contestualmente, il decreto ministeriale ha incaricato CSQA S.r.l. Certificazione Qualità Agroalimentare di Thiene (VI) di espletare i controlli di conformità del disciplinare. CSQA ha ottenuto tale incarico in quanto possiede i requisiti organizzativi e procedurali, funzionali e tecnici stabiliti dalla norma europea EN45011, come attestato dal certificato di accreditamento n° 014B – Rev 27 del 20.02.2012 rilasciato da ACCREDIA.

A questa prima approvazione sono susseguiti alcuni aggiornamenti, ogni volta formalizzati da Decreti Ministeriali con i quali venivano approvati i nuovi testi del disciplinare. L’attuale versione risale al 2012, anno in cui è stato approvato il testo aggiornato del disciplinare di etichettatura delle carni bovine con il Decreto Ministeriale n° 18853 del 3 Settembre 2012. CSQA Certificazione S.r.l. è stato confermato come organismo autorizzato a svolgere i controlli di conformità.

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5

.1 Definizioni

Per migliorare la comprensione del disciplinare delle carni bovine Coop, di seguito sono riportate alcune definizioni:

- “Organizzazione”: COOP Italia con sede a Casalecchio di Reno (BO) via del Lavoro 6/8, in quanto consorzio di cooperative.

- “Associata”: società che gestisce una serie di punti vendita e che aderisce formalmente al disciplinare di etichettatura delle carni bovine Coop attraverso apposita richiesta.

- “Protocollo di comportamento allevatori”: documento dove vengono riportati compiti e responsabilità dell’allevatore che quest’ultimo sottoscrive con Coop. - “Macello”: luogo dove si macellano i capi e si immagazzina la carcassa:

impianto riconosciuto ai sensi del D.L.286 del 18.04.94 e successive modifiche. - “Laboratorio di sezionamento”: reparto annesso allo stabilimento di

macellazione riconosciuto secondo quanto previsto da D.L.286 del 18.04.94 all’allegato I, capitolo I e II e a norma dell’articolo 14 e successive modifiche, in cui le mezzene e i quarti vengono destinati ad ulteriori lavorazioni di disosso sezionamento prima della consegna della carne ai punti vendita.

- “ Piattaforma”: luogo, diverso dal macello, in cui viene temporaneamente staccata la carne destinata ad essere distribuita ai punti di vendita.

- “Preincarto”: unità di vendita costituita da carne bovina e dall’involucro nel quale è stata posta o avvolta negli esercizi di vendita.

- “Preconfezionato”: unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alla collettività, costituita da carne bovina e dall’imballaggio in cui è stata immessa prima di essere posta in vendita, avvolta interamente e in parte da tale imballo, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata.

- “Numero Lotto”: il numero attribuito al singolo animale; coincide con il numero progressivo attribuito alla macellazione alla carcassa, mezzena o quarto. Coincide con il numero attribuito alla macellazione o al momento della lavorazione nel caso i tagli derivino da una sola carcassa. Coincide con il numero attribuito dal laboratorio di sezionamento alla lavorazione nel caso in cui i tagli anatomici derivino da carcasse diverse ed omogenee per tutte le

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indicazioni che verranno fornite in etichetta. Il numero di lotto riporta il numero di macellazione o lavorazione accompagnato da un codice che identifica in maniera univoca il fornitore.

- “Alimentazione priva di grassi animali aggiunti”: alimentazione dalla quale sono esclusi i grassi di origine animale (non rientrano in questa definizione i derivati del latte). L’alimento zootecnico è da considerarsi privo di grassi animali aggiunti quando la percentuale massima di colesterolo rilevabile è inferiore all’1,5% sulla frazione sterolica e/o inferiore/uguale a 200 ppm sulla fase grassa. - “Alimentazione NO OGM”: alimentazione non contenente e non derivante da soia (Decisione 96/281/CE della Commissione del 03.04.1996), mais (Decisione 97/98/CE della Commissione del 23.01.1997; Decisione 98/292/CE della Commissione del 22.04.98; Decisione 98/293/CE della Commissione del 22.04.1998; Decisione 98/294/CE della Commissione del 22.04.1998; Decisione 2004/643/CE della Commissione del 19 Luglio 2004; Decisione 2005/608/CE della Commissione dell’8 Agosto 2005; Decisione 2006/47/CE della Commissione del 16 Gennaio 2006; Decisione 2006/69/CE della Commissione del 13 Gennaio 2006; Decisione 2006/197/CE della Commissione del 3 Marzo 2006) e colza (Decisione 96/158/CE della Commissione del 6 Febbraio 1996; Decisione 97/393/CE della Commissione del 6 Giugno 1997; Decisione 2005/465/CE della Commissione del 22 Giugno 2005; Decisione 2007/232/CE della Commissione del 26 Marzo 2007) geneticamente modificati. L’Organizzazione accetta, quale presenza accidentale o tecnicamente inevitabile , una percentuale massima di materiale geneticamente modificato inferiore o uguale all’0,9% per ciascun ingrediente componente l’alimento zootecnico.

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25

5.2 Gli attori della filiera

La filiera Coop è un insieme di operatori coinvolti nell’ottenimento del prodotto, uniti da un legame contrattuale, coordinati da un capo filiera, che si identifica con Coop. La filiera è composta dalle seguenti categorie di operatori:

- Mangimificio: soggetto che svolge attività di produzione di alimenti finiti, quali mangimi, o non finiti, i nuclei, destinati ad entrare nell’alimentazione degli animali. - Fornitore di alimenti ad integrazione: imprenditore che commercializza materie prime o semilavorati che andranno ad integrazione dei nuclei o di altre tipologie di alimenti zootecnici ad integrazione. Tali strutture riforniscono tutti gli allevamenti Coop, esclusivamente attraverso mangimi, nuclei o alimenti ad integrazione con le caratteristiche concordate con l’Organizzazione e sono controllate dall’Organizzazione stessa, dal Fornitore e dall’Organismo indipendente.

- Allevamento: alleva tutti gli animali in conformità alle prescrizioni Coop e sottoscrive

con l’accettazione del protocollo di comportamento allevatori. E’ controllato dall’Organizzazione stessa, dal Fornitore e dall’Organismo indipendente.

- Macello: macella i bovini, etichetta la carne e la conserva fino al momento dell’invio.

Sottoscrive un capitolato di fornitura con Coop. Sulla base del capitolato sottoscritto ha l’obbligo di controllare (oltre al controllo Coop) gli allevamenti. E’ controllato dall’Organizzazione stessa e dall’Organismo indipendente.

- Laboratorio di sezionamento: seziona le carcasse destinate alla filiera Coop, le

etichetta e le conserva fino al momento dell’invio. Sottoscrive un capitolato di fornitura con Coop. Controlla che la carne in ingresso provenga da fornitori qualificati e che sia conforme al capitolato Coop. E’ controllato dall’Organizzazione stessa e dall’Organismo indipendente.

- Piattaforma: commercializza carne etichettata senza lavorarla ulteriormente. Ha il

compito di conservare la carne fino al momento dell’invio presso i punti vendita e di controllare che la carne in ingresso provenga da fornitori qualificati. E’ controllata dall’Organizzazione stessa e dall’Organismo indipendente.

- Associata: gestisci gli acquisti presso i propri pv.

Definisce i fornitori per ogni categoria di carne tra quelli qualificati dall’organizzazione, definisce per ogni punti vendita quali sono le indicazioni, fra quelle approvate, che ogni

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fornitore ha l’obbligo di inviare e che il punto vendita deve utilizzare. E’ controllato dall’Organizzazione stessa e dall’Organismo indipendente.

- Punto vendita: riceve la carne, la lavora ed etichetta la carne in conformità al

disciplinare di etichettatura delle carni bovine. Controlla che la carne in ingresso provenga dai fornitori predefiniti dall’Associata e che sia etichettata secondo tutte le indicazioni concordate. E’ controllata dall’Organizzazione, dall’Associata di riferimento e dall’Organismo indipendente deputato ai controlli.

Coop, in quanto organizzazione di cooperative proprietarie di punti vendita, è a capo della filiera.

I soggetti coinvolti sono collegati a Coop e fra loro attraverso legami contrattuali che specificano in modo dettagliato gli obblighi per ciascuno. Coop organizza e controlla tutti i soggetti coinvolti. Tali controlli (autocontrollo) sono effettuati in modo diretto e/o indiretto mediante il fornitore. Attraverso tutti questi controlli e soprattutto attraverso una predefinizione dell’impianto di filiera e del flusso di informazioni, Coop ha la capacità di garantire la veridicità delle indicazioni fornite al consumatore nei punti di vendita

Al fine di garantire la veridicità delle indicazioni fornite in etichetta nei punti di vendita al consumatore, Coop ha scelto un approccio preventivo, che permette di avere reali garanzie sulle indicazioni che accompagnano la carne e che vengono tradotte sulle etichette di preincarto o sul materiale informativo e sull’etichetta del banco nel caso della carne venduta al banco taglio tradizionale.

L’attività di pianificazione di Coop può essere brevemente riassunta come segue:

Coop qualifica i fornitori di carne bovina, definisce, mediante un capitolato, le caratteristiche delle carni bovine destinate ai punti vendita e definisce le informazioni che il fornitore deve comunicare agli anelli successivi della filiera.

L’Associata definisce, per ogni punto vendita, i fornitori, tra quelli qualificati dall’Organizzazione; definisce inoltre, in accordo con Coop, quali sono le indicazioni, fra quelle approvate, che ogni fornitore ha l’obbligo di inviare e che il punto vendita deve utilizzare.

In questo modo ogni punto vendita avrà a disposizione sempre le medesime indicazioni per tipologia di carne in vendita. Tale sistema permette di non dover modificare ad ogni consegna le informazioni inserite nel sistema di gestione, poiché la gestione è fatta attraverso numeri di tracciabilità legati a combinazioni di fornitori.

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In caso di variazione dell’elenco dei fornitori o di modifica delle informazioni volontarie da comunicare al consumatore, l’Organizzazione provvede anticipatamente ad aggiornare le informazioni inserite nel sistema di gestione.

Ad ulteriore garanzia del funzionamento di un simile approccio è data dal fatto che i punti vendita non hanno autonomia di acquisto, ma sono obbligati ad ordinare solamente la carne dai fornitori predefiniti da Coop.

Immagine n° 1: Esempi di combinazioni tracciabilità codice lista-fornitori

Categoria N° Tasto Paese di Paese di Paese del Nome del N° bollo cee Paese di Nome del N° bollo cee bilancia nascita allevamento macello macello del macello sezionamento sezionatore del sezionatore

Vitellone-Bovino adulto 4 Francia Francia/Italia Italia Inalca CE IT 132M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitello 5 Italia Italia Italia Inalca CE IT 132M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 6 Francia Francia/Italia Italia Unipeg RE CE IT 172 S Italia Assofood CE IT S5H85

Vitello 23 Italia Italia Italia Nava CE IT 2262 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 24 Francia Francia/Italia Italia Vercelli CE IT 235 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitello 25 Italia Italia Italia Vercelli CE IT 235 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona-Bovino adulto 30 Francia Francia/Italia Italia Alicarni CE IT 697 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto 31 Francia Francia/Italia Italia Nava CE IT 2262 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 32 Francia Francia/Italia Italia Ind.Carni Pasquetaz CE IT 677 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 33 Francia Francia/Italia Italia Alicarni CE IT 697 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto 34 Francia Francia/Italia Italia Nava CE IT 2262 M Italia Nava CE IT 2262 M

Vitello 35 Italia Italia Italia Colomberotto s.p.a CE IT 367 M Italia Colomberotto s.p.a CE IT 367 M

Vitello 36 Italia Italia Italia Alicarni CE IT 697 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitello 37 Italia Italia Italia Colomberotto s.p.a CE IT 367 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitello 39 Olanda Olanda Olanda Ekro b.v. NL 9 EG Olanda Ekro b.v. NL 9 EG

Vitello 41 Olanda Olanda Olanda Ekro b.v. NL 9 EG Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 43 Francia Francia/Italia Italia Nava CE IT 2262 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 44 Francia Francia/Italia Italia Nava CE IT 2262 M Italia Nava CE IT 2262 M

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 45 Italia Italia Italia Operti CE IT 1631 M Italia Operti CE IT 1631 M

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 46 Italia Italia Italia Operti CE IT 1631 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitello 47 Italia Italia Italia Unipeg CE IT 253 M Italia Unipeg CE IT 253 M

Vitello 48 Italia Italia Italia Unipeg CE IT 253 M Italia Unipeg RE CE IT 172 S

Vitello 49 Italia Italia Italia Macello Padano CE IT 735 M Italia Macello Padano CE IT 735 M

Vitello 50 Italia Italia Italia Macello Padano CE IT 735 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 51 irlanda irlanda irlanda kepak IE 317 EC Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto razza

piemontese 52 Italia Italia Italia Operti CE IT 1631 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto 53 irlanda irlanda irlanda kepak IE 317 EC irlanda kepak IE 317 EC

Scottona bovino adulto 54 irlanda irlanda irlanda kepak IE 317 EC Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 55 Italia Italia Italia Vercelli CE IT 235 M Italia Vercelli CE IT 235 M

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 56 Italia Italia Italia Vercelli CE IT 235 M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto razza

piemontese 57 Italia Italia Italia Operti CE IT 1631 M Italia Operti CE IT 1631 M

Scottona bovino adulto razza

piemontese 58 Italia Italia Italia Consorzio Grossisti CE IT 2249M Italia Rosso CE IT 1859S

Vitellone-Bovino adulto 59 irlanda irlanda irlanda kepak IE 317 EC irlanda kepak IE 317 EC

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 87 Italia Italia Italia Consorzio Grossisti CE IT 2249M Italia Rosso CE IT 1859S

Vitellone-bovino adulto razza

piemontese 88 Italia Italia Italia Consorzio Grossisti CE IT 2249M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Scottona bovino adulto razza

piemontese 89 Italia Italia Italia Consorzio Grossisti CE IT 2249M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

Vitellone-Bovino adulto 90 Francia Francia/Italia Italia Consorzio Grossisti CE IT 2249M Italia Fiorani & C CE IT 592 S

COMBINAZIONI MACELLI PER TRACCIABILITA' DELLE CARNI

revisione del 19.09.2014

(32)

28

5.3 I criteri di qualifica

Al fine di definire un simile impianto è stata fondamentale l’attività di qualifica dei diversi soggetti di filiera.

5.3.1 La qualifica degli “operatori del settore dei mangimi”

5.3.1.1 I criteri

Il mangimificio, con accettazione e la sottoscrizione del protocollo comportamentale, si assume l’obbligo di consegnare agli allevatori Coop solamente mangimi/alimenti/nuclei non contenenti “OGM” e grassi animali aggiunti oltre i limiti di accettazione.

Al fine di garantire il rispetto di questi requisiti i mangimifici sono tenuti ad attuare un sistema di autocontrollo che garantisca:

l’approvvigionamento di materie prime da fornitori qualificato e/o approvati dall’Organizzazione,

che vi sia un’adeguata segregazione delle materie prime in ingresso in modo da evitare contaminazioni,

che la lavorazione delle materie prime avvenga in modo che siano utilizzate solo se sono NON OGM o, applicando adeguati interventi di pulizia in caso di doppia lavorazione (alimenti convenzionali e NON OGM),

che vi sia un’adeguata identificazione e tracciabilità di tutte le materie prime e dei loro fornitori,

che vi sia un’adeguata

i

dentificazione della formulazione, registrazione e archiviazione della documentazione.

Il mangimificio inoltre deve predisporre ed applicare un piano di controlli analitici sia sulle materie prime sia sul prodotto finito, in relazione ai requisiti di assenza di OGM e di grassi animali aggiunti.

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5.3.1.2 Le verifiche

L’Organizzazione qualifica i mangimifici/fornitori di alimenti ad integrazione, compresi gli stabilimenti di produzione di mangime a base di latte, in modo diretto, attivando personale incaricato.

La modalità di qualifica prevede i seguenti momenti:

Sottoscrizione dell’impegno formale a fornire mangime “NO OGM” e non contenente

grassi animali aggiunti a tutti i soggetti coinvolti nella filiera Coop.

Verifiche ispettive nel corso delle quali viene valutata la capacità del

mangimificio/fornitore di alimenti ad integrazione di garantire la segregazione delle materie prime, la lavorazione separata, l’approvvigionamento presso fornitori in grado di fornire garanzie sul requisito “NO OGM”, rintracciabilità del prodotto finito, procedure atte a escludere il rischio di cross contamination con grassi animali; vengono inoltre valutate le formulazioni dei mangimi al fine di verificare l’assenza di grassi di origine animale.

Analisi di laboratorio su campioni prelevati in mangimificio al fine di valutare la reale capacità di produrre mangime/nucleo/latte conforme.

Tutti i fornitori sono inseriti nella banca dati dell’Organizzazione e sottoposti a controlli da parte della stessa e da parte dell’Organismo indipendente. Inoltre se previsto contrattualmente, sono sottoposti a verifiche anche dal cliente/macello come specificato nel piano dei controlli.

Nel caso un fornitore abbia ottenuto, da un ente conforme alla norma UNI EN 45011, una certificazione di prodotto per requisiti condivisi da Coop, quali “NO OGM” o assenza di grassi animali aggiunti, la fase di qualifica da parte di Coop può essere omessa. Sono in ogni caso controllati attraverso un piano di controlli analitici.

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5.3.2 La qualifica degli “allevamenti”

5.3.2.1 I criteri

L’obbligo prioritario dell’allevatore, come definito nel protocollo di comportamento allevatori, firmato dal titolare dell’azienda, è di allevare tutti i capi presenti in stalla secondo le prescrizioni Coop.

Al momento della vendita per la macellazione l’allevatore è tenuto a

dimostrare la nascita del bestiame in azienda o l’acquisto da terzi;

a comunicare al macello il numero delle marche auricolari dei bovini in consegna ;

ad inviare al macello solo bovini di età conforme a quanto specificato nel protocollo di comportamento allevatori, identificandoli con il documento accompagnatorio. Al fine di assicurare i requisiti relativi all’alimentazione “NO OGM” e alimentazione priva di grassi animali aggiunti, l’allevatore ha l’obbligo prioritario:

di allevare tutti i capi in allevamento secondo le prescrizioni Coop;

di acquistare i mangimi/nuclei/alimenti ad integrazione presso mangimifici qualificati da Coop;

di comunicare a Coop e al macello di riferimento eventuali non conformità.

5.3.2.2 Le verifiche

L’Organizzazione qualifica gli allevamenti in base a:

sottoscrizione del protocollo di comportamento allevatori ,trasmesso dal macello e archiviato al macello e presso l’Organizzazione;

tutti gli allevamenti controllati/qualificati sono inseriti nella banca dati dell’Organizzazione;

verifiche ispettive in campo, dirette o da parte di personale esterno qualificato. Gli allevamenti qualificati da Coop sono ubicati su tutto il territorio nazionale.

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5.3.3 La qualifica dei “macelli”

5.3.3.1 I criteri

Gran parte dei criteri che qualificano i macelli sono estendibili anche ai laboratori di sezionamento.

La macellazione e il sezionamento dei bovini sottoposti a certificazione di filiera Coop deve avvenire esclusivamente presso aziende che aderiscono al disciplinare di etichettatura carni bovine Coop.

Il macello e il laboratorio di sezionamento devono garantire l’identificazione e l’etichettatura, in tutte le fasi di produzione, comprese l’immagazzinamento e la spedizione delle carcasse/mezzene/quarti/tagli.

Per garantire la corretta identificazione e rintracciabilità degli animali e delle carni, il macello o il laboratorio di sezionamento devono:

 gestire e mantenere aggiornata una banca dati degli allevamenti, dei trasportatori di animali e dei bovini macellati/sezionati;

 comunicare con frequenza mensile a Coop Italia l’elenco degli allevamenti dai quali intende acquistare i capi e destinare a Coop solo gli animali provenienti da allevamenti autorizzati.

 confrontare in fase di pre-macellazione il codice di riconoscimento presente nella placca auricolare del bovino con quello riportato sul documento di trasporto (Mod. 4) e sul passaporto del singolo capo;

 avviare alla macellazione solo gli animali che, dopo riscontro, risultino in regola;

 registrare, su supporto cartaceo o informatico, per ciascun codice di riconoscimento presente nella placca auricolare, il corrispondente numero di macellazione;

 identificare ciascun capo con almeno tre etichette per ogni mezzena, collocandole nei seguenti punti.: spalla, coscia e lombata;

 accompagnare ogni fornitura con un documento di trasporto cartaceo riportante i codici identificativi delle carni consegnate ai punti vendita che aderiscono al disciplinare (bolla di tracciabilità);

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 archiviare le registrazioni per un tempo minimo di due anni.

Il macello deve inoltre applicare un sistema di autocontrollo che garantisca l’applicazione del disciplinare da parte di tutti i soggetti a monte della filiera, conformemente a quanto previsto dal capitolato di fornitura sottoscritto con l’Organizzazione. Coerentemente a tale impegno, il macello deve sostenere un sistema di verifiche sugli operatori del settore dei mangimi e sugli allevatori che accertino la veridicità delle informazioni relative all’alimentazione dei bovini. Tali verifiche devono essere integrate con campionamenti e analisi sui mangimi con frequenza almeno annuale, finalizzate a verificare il rispetto dei requisiti relativi al divieto d’uso di “OGM” e di grassi animali aggiunti. I campioni saranno prelevati in mangimificio e nelle mangiatoie. Le eventuali non conformità riscontrate devono essere prontamente comunicate a Coop.

La procedura che il macello adotta per garantire la rintracciabilità dei capi può essere sinteticamente descritta come segue:

Al momento dell’arrivo dei capi al macello, i codici di identificazione dei bovini, riportati sulle placche auricolari, vengono confrontato con il modello 4 e i relativi passaporti. Solo dopo riscontro favorevole, i bovini possono essere avviati alla macellazione, che è giusto ricordare, può avvenire solo alla presenza di personale veterinario pubblico competente.

Contestualmente, si annota il codice di riconoscimento del capo, presente nella placca auricolare, sul registro di macellazione, sia esso cartaceo o informatico, nell’ordine di ingresso nella catena di macellazione. Questa fase è fondamentale per il corretto abbinamento fra codice di riconoscimento del capo, funzionale all’identificazione e alla rintracciabilità all’interno dello stabilimento di macellazione. L’ordine di ingresso dei bovini in catena viene inserito sul supporto informatico della struttura di macellazione. Segue la macellazione dei bovini,mantenendo l’ordine di ingresso nelle carcasse, che individualmente vengono pesate, classificate e automaticamente e progressivamente numerate e accompagnate dall’auricolare del bovino di provenienza. Si effettua dunque la stampa e l’apposizione dell’etichetta di macellazione, etichetta inamovibile, sulla carcassa come sopra descritto.

L’elemento che collega la carcassa all’animale di provenienza è pertanto il numero progressivo di macellazione che permette di arrivare alla marca auricolare del bovino.

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Attraverso il passaporto è quindi possibile verificare tutte le indicazioni che occorrono all’Organizzazione: paese di nascita, paesi di allevamento, età dell’animale, informazioni relative all’allevamento di provenienza e, solo per i capi italiani, regione italiana di nascita.

Qualora l’Organizzazione stabilisca di indicare in etichetta l’informazione facoltativa della “razza”, il macello deve adottare una specifica procedura.

L’informazione “razza” viene garantita da:

 un documento rilasciato da un Ente preposto ed ufficialmente riconosciuto che attesta l’iscrizione al Libro Genealogico del capo o che entrambi i genitori lo siano;

 dal passaporto

le informazioni relative alla razza sono oggetto di registrazione dal sistema informativo del macello.

Per i bovini di origine francese, l’informazione “razza” è utilizzabile solo se al momento dell’invio del bovino alla macellazione, l’allevatore consegna, oltre al passaporto e tutta la documentazione prevista dalla normativa vigente, anche il “Certificat de filiation genetique etabili par l’etat civil bovin (ECB)” dal quale si evince la matricola e la razza del padre e della madre.

Qualora l’Organizzazione stabilisca di indicare l’informazione facoltativa della “tipo genetico” in etichetta, il macello deve adottare una specifica procedura. L’informazione “tipo genetico” viene registrata nel sistema informativo rilavandola dal Certificato di Intervento Fecondativo-CIF sul quale è riportata la razza del padre. Per i bovini nati in Italia, l’informazione può essere utilizzata se il capo è accompagnato oltre che dal passaporto anche dal CIF.

Nel caso non sia possibile risalire alla razza del padre si utilizza la dicitura “tipo

genetico: incrocio”.. Per i bovini di origine francese, poiché il passaporto riporta, tra

l’altro, il numero di identificazione e in forma codificata la razza del padre, è possibile riportare in etichetta la dizione “Tipo genetico: incrocio di (seguito dalla razza del padre).

I documenti relativi alla “razza” e “tipo genetico” devono essere conservati dallo stabilimento di macellazione per almeno due anni, mettendoli a disposizione dei tecnici incaricati all’autocontrollo e degli Organismi indipendenti incaricati delle verifiche. Al termine della macellazione un incaricato di Coop, dopo aver verificato la conformità di ogni carcassa in funzione delle indicazioni da fornire in etichetta, appone almeno due

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timbri ad inchiostro su ogni mezzena, riportanti il numero univoco attribuito al collaudatore e la denominazione Coop o Coop Italia.

5.3.3.2 Le verifiche

L’Organizzazione qualifica i macelli in base a:

 sottoscrizione di capitolati di fornitura

 verifiche ispettive in campo

Tutti i macelli autorizzati da Coop sono identificati con un numero univoco ed inseriti nella banca dati dell’Organizzazione. I macelli che aderiscono al disciplinare di etichettatura volontaria Coop possono essere di tre tipi:

- Macelli italiani, che fanno parte integrante della filiera Coop e che non hanno un disciplinare approvato dall’autorità competente (rientrano in questa categoria anche i macelli che hanno un disciplinare approvato solo per una parte delle indicazioni fornite da Coop). Questi macelli sono controllati da Coop e da CSQA secondo le modalità e le frequenze definite;

- Macelli Italiani, con disciplinare di etichettatura delle carni bovine autorizzato ai sensi del regolamento 1760/00. Coop utilizzerà in tal caso le informazioni fornite dal macello/fornitore;

- Macelli esteri, con disciplinare di etichettatura delle carni approvato dall’autorità competente del paese CE. Coop utilizzerà in tal caso le informazioni fornite dal macello/fornitore. Coop notificherà al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, le autorizzazioni delle Organizzazioni estere, prima che siano avviati i rapporti commerciali.

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5.3.4 La qualifica dei “laboratori di sezionamento”

5.3.4.1 I criteri

In aggiunta ai criteri che riguardano anche i macelli (vedi paragrafo dedicato), i laboratori di sezionamento devono rispettare anche criteri specifici per il mantenimento della qualifica.

Il laboratorio di sezionamento lavora per Coop esclusivamente le carcasse/mezzene/quarti collaudati in fase di macellazione

La rintracciabilità in fase di sezionamento viene garantita in due modi:

1. la carcassa viene sezionata singolarmente, in modo che la carne mantenga la correlazione univoca con il numero progressivo di macellazione

2. si provvede alla costituzione dei lotti di lavorazione omogenei per le indicazioni da riportare in etichetta. Il lotto di lavorazione identifica un gruppo di carcasse con le

medesime caratteristiche relativamente a paese di nascita, paese di ingrasso, stabilimento di macellazione, categoria; altri elementi caratterizzanti possono essere l’età, la razza o il tipo genetico, l’allevamento di ingrasso. Successivamente

le carcasse omogenee per tutte le informazioni da fornire in etichetta, collaudate dal tecnico Coop, vengono lavorate insieme. I tagli ottenuti sono etichettati con un codice lotto interno al laboratorio di sezionamento (lotto di lavorazione)che viene registrato sul documento cartaceo e/o informatico nel quale sono riportati i numeri progressivi di macellazione che hanno contribuito a formare il lotto di lavorazione. Presso il laboratorio di sezionamento è quindi possibile rintracciare la carcasse che hanno contribuito alla formazione del lotto di lavorazione e pertanto è possibile verificare la provenienza da allevamenti qualificati/controllati da Coop, l’età minima e massima degli animali, il paese di nascita e i paesi di ingrasso oltre a tutte le informazioni da fornire in etichetta.

Tutte le carcasse/mezzene/quarti provenienti da un macello sono dunque omogenee per le informazioni di categoria, luogo di nascita, luogo di allevamento, stabilimento di macellazione. Il timbro del collaudatore è un ulteriore elemento di garanzia al processo. Per assicurare la tracciabilità della carne bovina durante le operazioni di sezionamento le etichette di macellazione accompagnano fisicamente le carni fino alla fase di

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