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Fratture dell'estremita distale del radio trattate chirurgicamente con placca volare Mirmex Precise SVP-UHP. Revisione casistica di 30 pazienti.

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INDICE

1. Introduzione………..Pag.2

2.1 Cenni di anatomia………Pag.3 2.2 Strutture capsulo legamentose………..Pag.5

3. Biomeccanica dell’articolazioene radio-carpica………Pag.7

4. Epidemiologia………..Pag.10

5. Valutazione radiografica………...Pag.14 6. Classificazione………...Pag.18 7.1 Indicazione al trattamento chirurgico………..Pag.32 7.2 Le Placche………Pag.36 7.3 Considerazioni anatomiche………..Pag.45 7.4 Principi di biomeccanica delle placche……….Pag..50 8. Tecnica Chirurgica: via chirurgica di Henry………...Pag.55

9. La questione del pronatore quadrato………Pag.61 10. Materiali e metodi………..Pag.66 11. Risultati………..Pag.70 12. Discussione……….Pag.77 13. Conclusioni……….Pag.83 Bibliografia………...Pag.85

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1.INTRODUZIONE

Le fratture dell'estremità distale del radio (EDR) sono tra le lesioni più frequenti dello scheletro. Per i soggetti giovani l'obiettivo deve essere oggi, ovviamente, quello di un recupero funzionale rapido e il più possibile completo. Tuttavia, anche la popolazione anziana, che rappresenta la maggioranza dei pazienti in cui si verifica questo tipo di frattura ed il cui trattamento è spesso, quantomeno in prima istanza, di tipo conservativo, sta aumentando le proprie richieste funzionali, la qualità e le aspettative di vita, parallelamente ad una maggiore necessità di indipendenza.

Secondo statistiche internazionali le fratture dell'EDR rappresentano circa un sesto delle fratture trattate nei dipartimenti d'emergenza e il 75% delle fratture d'avambraccio. La maggiore incidenza di queste fratture si presenta in due gruppi d'età: da 6 a 10 aa e da 60 a 69 anni. Il sesso più colpito è quello femminile.

Nonostante la notevole incidenza di tali lesioni non esiste in letteratura una uniformità di pensiero per quanto riguarda il loro trattamento.Pertanto le fratture dell'EDR continuano ad essere una sfida quotidiana per il chirurgo ortopedico. Una delle ragioni di tali difficoltà è dovuta all'eterogeneità dei pazienti e alla notevole complessità di alcune di queste fratture. Nelle ultime due decadi l'utilizzo della tecnica ORIF (Open-Reduction-Internal-Fixation) si sta affermando grazie anche all'affinamento della tecnica ed al miglioramento dei materiali, tale da essere ormai considerato uno strumento di routine per il trattamento delle fratture complesse di polso.

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2.1 CENNI DI ANATOMIA

L’estremità distale del radio è composta da osso spongioso le cui trabecole, ortogonali alla superficie articolare, si dispongono fittamente nella parte prossimale della corticale volare e divergono distalmente verso la faccetta articolare, definendo un triangolo.

La spessa corticale che circonda il canale midollare ricopre solo i ¾ prossimali della diafisi estendendosi più distalmente sulla faccia volare che su quella dorsale; il quarto distale è invece ricoperto da un sottile strato di osso corticale. Ciò spiega la comune osservazione clinica di una rima di frattura che spesso si estende da distale a prossimale e da volare a dorsale. L’epifisi distale è rinforzata sulla faccia dorsale dalle creste ossee che rappresentano le docce in cui scorrono i tendini dei canali estensori.

L’estremità distale del radio ha grossolanamente la forma di una piramide la cui base è la faccia articolare carpale. Quest’ultima ha forma triangolare, è rivestita da cartilagine ialina ed è suddivisa da un lieve rilievo in due faccette secondarie: una radiale di forma triangolare che si articola con lo scafoide e una ulnare di forma quadrangolare che si articola con il semilunare.

La faccia volare (o anteriore) dell’estremità inferiore del radio è liscia e leggermente incavata ed accoglie l’inserzione del muscolo pronatore quadrato.

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La dorsale (o posteriore) è invece convessa ed irregolare, di poco più stretta di quella volare ed è solcata da creste e solchi longitudinali dove scorrono i tendini del 2°, 3° e 4° canale. Tra le creste, la più prominente è il tubercolo del Lister che rappresenta la puleggia sulla quale si riflette il tendine del muscolo estensore lungo del pollice, il quale da una posizione centrale si sposta verso il lato radiale del polso. La lesione sottocutanea di questo tendine è una possibile complicanza delle fratture dell’estremo distale del radio, sia per usura o callo osseo esuberante, sia per lesione iatrogena da parte di mezzi di sintesi percutanei.

La faccia ulnare del radio distale è di forma triangolare e presenta nel suo tratto distale una faccetta articolare, l’incisura ulnare o sigmoide, che, concava, si articola con la testa cilindrica dell’estremità distale dell’ulna. La fibrocartilagine triangolare origina dal margine distale dell’incisura ulnare; inoltre due creste ossee sui margini dorsale e volare danno inserzione ai legamenti dell’articolazione radio-ulnare distale.

Sulla faccia radiale è presente una doccia nella quale scorrono i tendini del primo canale, l’estensore breve e l’abduttore lungo del pollice; essa si estende distalmente con una robusta prominenza piramidale, che è il processo stiloideo del radio, superficiale e facilmente palpabile. All’estremità distale della stiloide radiale s’inserisce il legamento collaterale radiocarpico; alla base, dove si unisce alla diafisi, invece s’inserisce il tendine del potente muscolo brachio-radiale, responsabile della frequente scomposizione in senso radiale delle fratture dell’estremità distale del radio. La stiloide radiale si estende più distalmente di circa 1,5 cm rispetto alla stiloide ulnare.

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2.2 STRUTTURE CAPSULO-LEGAMENTOSE

La capsula articolare radio-carpica è rinforzata da legamenti, i quali sono distinti in volari, dorsali e laterali (fig.1).

I legamenti volari sono essenzialmente formati da due fasci fibrosi che, dalla stiloide e dal legamento triangolare, convergono verso la parte centrale del carpo. Essi vengono distinti in: legamento radio-carpico volare e legamento ulno-carpico volare.

Il primo, detto anche supinatore di Poitier, origina dall’epifisi del radio e, dirigendosi distalmente e medialmente, s’inserisce con due fasci sull’osso semilunare e con un fascio sul grande osso.

Il secondo, meno robusto del precedente, origina dal margine volare del legamento triangolare; quest’ultimo rappresenta una spessa lamina fibro-cartilaginea a forma di triangolo che dal lato esterno della base del processo stiloideo dell’ulna si porta sul contorno interno della superficie articolare del radio. Dalla sua origine, il legamento ulno-carpico, si dirige distalmente e verso l’esterno fino ad inserirsi con due fasci sull’osso piramidale e sul tubercolo del grande osso.

I legamenti dorsali sono meno robusti di quelli volari e si distinguono in: legamento radio-scafoideo, legamento radio-carpico e legamento ulno-carpico dorsale.

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Il secondo origina dal margine dorsale dell’epifisi distale del radio e termina con due fasci sulla faccia dorsale dell’osso piramidale e del grande osso.

Il terzo si estende dal margine dorsale del legamento triangolare all’osso piramidale.

I legamenti laterali si distinguono in: legamento collaterale radiale e legamento collaterale ulnare.

Il primo s’inserisce prossimalmente sull’apofisi stiloidea del radio e termina sul tubercolo dell’osso scafoide.

Il secondo origina dall’apofisi stiloidea dell’ulna e s’inserisce con un fascio sull’osso pisiforme e con l’altro sull’osso piramidale.

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3.BIOMECCANICA DELL’ARTICOLAZIONE

RADIO-CARPICA

Nell’articolazione radio-carpica vi sono due superfici articolare, il condilo carpico e la glenoide antibrachiale.

Il condilo carpico è costituito dallo scafoide, dal semilunare e dal piramidale.

La glenoide antibrachiale è formata dall’estremità distale del radio e dalla faccia distale della fibrocartilagine triangolare.

I movimenti del condilo sulla glenoide sono la flesso-estensione e la adduzione-abduzione. L’asse di flesso-estensione passa tra la prima e la seconda filiera del carpo, centrato sull’articolazione tra semilunare e grande osso, mentre la adduzione-abduzione si svolge sulla testa del grande osso. I legamenti della radio-carpica sono variamente sollecitati nei movimenti di questa articolazione. Nell’adduzione, o inclinazione ulnare (v.n. 45°), il collaterale esterno si tende e il collaterale interno si detende. Nella abduzione, o inclinazione radiale (v.n. 15°), si verifica il contrario. Nella flessione (v.n. 85°) vanno in tensione i legamenti dorsali, mentre nella estensione (v.n. 85°) si tendono i legamenti volari. Dalla combinazione di questi movimenti, la mano si posiziona nello spazio secondo quello che Kapandji chiama il “cono di circonduzione” (fig.2).

Il carico assiale compressivo si trasmette dal carpo al radio e, in misura assai minore, alla testa dell’ulna: Werner ha calcolato che quando le

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superfici articolari ulnare e radiale sono alla stessa altezza (ulnar variance neutrale), l’80% del carico è trasmesso al radio.

I muscoli motori della radio-carpica si suddividono in 4 gruppi:

- il primo è costituito dal muscolo flessore ulnare del carpo (FUC), che è flessore e adduttore del polso;

- il secondo è costituito dal muscolo estensore ulnare del carpo (EUC), che è estensore e adduttore del polso;

- il terzo è dato dal flessore radiale del carpo (FRC) e dal palmare gracile (PG), che sono flessori e abduttori del polso;

- il quarto è rappresentato dall’estensore radiale lungo del carpo (ERLC) e dall’estensore radiale breve del carpo (ERBC), che sono estensori e abduttori.

Nel polso, quindi, nessun muscolo ha un’azione pura; per cui per ottenere un movimento unico devono entrare in gioco due gruppi muscolari contemporaneamente: agonisti ed antagonisti, al fine di annullare le componenti opposte.

Così vengono attivati:

per la flessione FUC e FRC

per l’estensione ERBC, ERLC e EUC per l’adduzione FUC e EUC

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4.EPIDEMIOLOGIA

Data la loro frequenza, le fratture dell’epifisi distale del radio possono essere considerate una “malattia sociale”, rappresentano, infatti, una su sei fratture che vengono osservate in un pronto soccorso traumatologico. Da alcuni studi epidemiologici scandinavi, nei quali furono presi in considerazione l’incidenza, il sesso prevalente, il meccanismo di lesione e talvolta i fattori di rischio associati, emerge che tali fratture sono più frequenti nelle donne, che l’incidenza aumenta in ambedue i sessi con l’avanzare dell’età e che sono causate più frequentemente da cadute a terra piuttosto che da traumi ad alta energia.

Le Fratture dell'EDR rappresentano dal 10 % a 25% di tutte le fratture. Il 10% delle donne caucasiche potrà avere una frattura dell'EDR nella loro vita.(31-32) Il numero complessivo di queste fratture si prevede in

aumento di oltre il 50% entro l'anno 2030. Il costo di tali fratture negli Stati Uniti è elevato, con 640.000 fratture del radio distale ogni anno. Si calcola che tali fratture risultino instabili dal 40% al 49% e necessiterebbero di trattamento chirurgico con fissazione interna stabile del radio distale. Il Fissaggio con placca volare è diventato un comune metodo di trattamento per fissazione interna di fratture instabili di EDR.(33)

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“avevano sede” nell’avambraccio; nel 1830, su 97 fratture, 22 coinvolgevano l’avambraccio, di cui 16 il radio isolatamente.

Al Massachussets General Hospital, nel 1920-1930, le fratture dell’estremità inferiore del radio furono l’11% di tutte le fratture trattate. Alffram e Bauer esaminarono tutte le fratture di avambraccio trattate a Malmöe in Svezia nell’arco di cinque anni, dal 1953 al 1957, su una popolazione che allora era di circa 200.000 abitanti, e da questo studio emerse che, tra tutte le fratture dell’avambraccio, quelle dell’estremo distale del radio rappresentavano il 74,5%, con circa 2.000 casi riportati, e che esse si presentavano in due gruppi distinti di età: tra i 6 ed i 10 anni e tra i 60 e i 69 anni. In quest’ultimo specifico gruppo di età, le donne erano sette volte più numerose degli uomini. (44-45)

Nello stesso luogo, circa 25 anni dopo, Benguer e Johnell esaminarono il medesimo tipo di fratture nel periodo dal 1980 al 1981. La popolazione in tale periodo ammontava a 234.000 abitanti. Tali Autori riportarono 1990 casi di fratture così distinte: 1914 situate a meno di 3 cm dalla radio-carpica, 35 della stiloide radiale, 41 epifisarie scomposte, mentre solo 104 risultavano diafisarie del radio e/o dell’ulna. Da tale studio, si evidenziò che le donne avevano un picco d’incidenza nell’infanzia e poi un incremento drammatico oltre i 50 anni di età; mentre gli uomini avevano un picco sempre durante l’infanzia e un aumento moderato dopo i 70 anni. In questo stesso studio, il 45% dei pazienti presentava lesioni scheletriche associate, più frequentemente fratture dell’estremo prossimale dell’omero e del femore.

Schmalhlz, nel 1981 e nel 1982, osservò l’incidenza delle fratture dell’estremità distale del radio in una diversa zona della Svezia, su

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un’area che comprendeva una popolazione di 210.400 abitanti con età maggiore a 15 anni. In totale furono documentate 1536 fratture in 1528 pazienti. Vi furono 1495 fratture di Colles (di cui 8 bilaterali) e 41 fratture di Goyrand. Nell’80% dei casi si trattò di donne, con età media di 66 anni; solo il 20% furono uomini, con età media di 49 anni. Sempre Schmalholz, osservò che l’incidenza nelle donne cresceva rapidamente dopo i 45 anni, raggiungendo il massimo a 65.

Uno studio effettuato in Danimarca da Solgaard e Petersen nel 1981 su una popolazione di 224.705 abitanti di oltre 20 anni di età, evidenziò un totale di 493 fratture dell’estremità distale del radio, 394 donne e 99 uomini. Nelle donne, la causa nell’87% dei casi fu una caduta accidentale, negli uomini nel 67%; nei restanti casi il trauma era correlato ad incidenti stradali o a cadute dall’alto.

Senwald revisionò le fratture dell’estremità distale del radio trattate nel periodo 1980-82 presso la Clinica Ortopedica di St. Gallen: in questi tre anni, furono trattate 653 fratture. Di queste, 200 interessavano pazienti di età inferiore ai 30 anni, 102 in età compresa tra 31 e 50 anni, mentre le rimanenti 351 fratture riguardavano pazienti di età superiore a 51 anni. Nei soggetti di età inferiore ai 30, l’incidenza risultò nettamente a favore dei maschi con il 69%; nella fascia tra 31 e 50 anni, il rapporto maschi/femmine fu pressoché sovrapponibile; oltre i 51 anni l’incidenza per sesso fu nettamente a favore delle femmine con l’86%.

Uno studio condotto da Owen e altri negli Stati Uniti negli adulti al di sopra dei 35 anni residenti a Rochester, Minnesota nel periodo 1945-1974, evidenziò 125 fratture in 1147 residenti, con il sesso femminile coinvolto sei volte più di quello maschile, con un’incidenza graduale

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fino al gruppo di età 60-64 anni nelle donne e 50-54 negli uomini. Solo l’8% risultava da traumi ad alta energia come incidenti stradali.

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5.VALUTAZIONE RADIOGRAFICA

La principale metodica per la diagnosi delle fratture dell’estremo distale del radio è l’esame radiografico, eseguito nelle due proiezioni antero-posteriore e laterale. Esso inoltre fornisce informazioni sulla stabilità della lesione ed utili indicazioni per il trattamento. Infine esso è utilizzato frequentemente per la valutazione dei risultati a distanza. Le radiografie permettono, infatti, di studiare alcuni indici utili per una valutazione della stabilità legamentosa, inoltre sono indispensabili per una corretta tipizzazione della frattura e quindi per la scelta del trattamento.

Altre metodiche sono rappresentate dalla stratigrafia, economica e alla portata di tutti i centri, utile nello studio di fratture complesse soprattutto quando siano presenti frammenti articolari con rotazione o decalàge; infine TC e RMN con le stesse indicazioni e, soprattutto quest’ultima, d’aiuto nello studio di eventuali lesioni legamentose associate.

Gli indici radiografici più utilizzati nella valutazione anatomica di queste fratture sono:

• inclinazione palmare (volar tilt) dell’estremità distale del radio: valutabile nella proiezione laterale, si ottiene tracciando due linee: la prima congiunge i punti più distali, dorsale e palmare, della rima articolare; la seconda è una retta perpendicolare all’asse longitudinale del radio. Si ottiene così un angolo che rappresenta l’inclinazione

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palmare dell’epifisi distale del radio che di media è circa 10°-12°, ma ha un’ampia variabilità individuale che va, secondo alcuni autori, da 4° a 22°.

• inclinazione ulnare (ulnar tilt): valutabile nella proiezione antero-posteriore. Tale inclinazione è data dall’angolo sotteso dalla linea che unisce l’apice della stiloide radiale con l’estremità ulnare e volare della faccia articolare dell’estremità distale del radio e una linea perpendicolare all’asse longitudinale della diafisi radiale. Essa oscilla tra i 22° e i 23°. Alcuni autori non giudicano tale misura particolarmente affidabile, potendo variare grandemente con la rotazione dell’avambraccio e con l’identificazione, a volte difficoltosa, dei reperi radiologici.

• lunghezza del radio (radial lenght): cioè la distanza, valutate in antero-posteriore, tra le rette perpendicolari all’asse longitudinale del radio passanti, rispettivamente, per l’apice della stiloide radiale e per la superficie articolare distale dell’ulna. Ha un valore medio di 11-12 mm ed è importante per una valutazione prognostica.

• larghezza del radio (radial width): consiste nella distanza, valutata in antero-posteriore, tra l’asse longitudinale centrale del radio e la retta tangenziale alla porzione più laterale della stiloide radiale, presa sulla proiezione antero-posteriore. Alcuni autori, invece dell’asse longitudinale, prendono in considerazione una tangente alla diafisi sul lato radiale; in quest’ultimo caso, viene considerata normale una larghezza inferiore ai 12 mm.

• variante ulnare (ulnar variance): rappresenta la distanza, in millimetri, tra due rette: una tangente alla faccetta articolare del

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semilunare, condotta per l’angolo più mediale e volare dell’estremo distale del radio; l’altra, tangente alla superficie articolare dell’epifisi distale dell’ulna. È considerato da alcuni autori un indice più affidabile della lunghezza del radio per valutare l’accorciamento, poiché molte fratture coinvolgono l’angolo mediale del radio anche senza interessare la stiloide. Tuttavia, sembrerebbe necessario un suo confronto con il lato sano, poiché in molti individui normali è presente una variante ulnare neutra o addirittura positiva. È comunque considerata la norma una variante ulnare negativa di 1-2 mm. (37)

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6.CLASSIFICAZIONE

Le fratture dell’estremità distale del radio possono essere distinte principalmente in due gruppi: fratture extra-articolari e fratture intra-articolari.

Le fratture extra-articolari sono quelle che distaccano l’epifisi distale del radio dalla diafisi, con separazione a circa 2-3 cm dal margine articolare. Le fratture intra-articolari interessano l’articolazione radio-carpica e, spesso, anche la radio-ulnare distale, con spostamento maggiore di 1-2 mm. Tali fratture sono più frequenti nelle persone anziane, allorché, per processi metabolici legati all’invecchiamento con riduzione del tono calcico, l’osso diviene più fragile.

Sia le fratture extra-articolari che quelle intra-articolari possono essere ulteriormente divise in:

fratture a dislocazione posteriore e fratture a dislocazione anteriore.

Fratture a dislocazione posteriore

- Frattura di Colles: la dislocazione posteriore può essere più o meno limitata. Raramente è una frattura semplice; spesso è caratterizzata

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trasversale od obliqua; quelle a rima trasversale sono stabili, le altre presentano un maggior grado di instabilità e tendono a scivolare secondariamente.

La tipica frattura di Colles(24) si presenta con una caratteristica deformità “a forchetta da tavola” del polso, risultato della combinazione di tre elementi: l’accorciamento del radio, l’angolazione dorsale e la deviazione radiale, o radializzazione, del frammento distale.

- Fratture con frammento postero-interno: sono le fratture più frequenti; sono condizionate da un meccanismo patogenetico legato ad una compressione del semilunare sulla corrispondente faccetta articolare del radio.

- Fratture complesse: sono fratture comminute, articolari con dislocazioni spesso importanti.

Frattura a T sagittale, in cui si ha una separazione sagittale dell’epifisi;

Frattura a componente interna o esterna, simile alla precedente, ma in questa le lesioni sono più gravi a carico del frammento interno o esterno, rispettivamente per l’azione del semilunare o dello scafoide;

Frattura marginale postero-esterna, può essere semplice o complessa a seconda che la frattura abbia interessato la stiloide radiale ed una parte del bordo posteriore del radio, oppure che

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alla dislocazione della stiloide si aggiunga una frattura metafiso-epifisaria;

Frattura a T frontale, in cui si ha una linea verticale, sul piano frontale, dell’epifisi distale del radio;

Frattura a croce, in cui si associano linee di frattura verticali, sia sul piano sagittale sia su quello frontale.

Fratture a dislocazione anteriore

- Frattura marginale anteriore semplice: il piano di frattura raggiunge la superficie articolare ed il frammento non comprende l’intera epifisi.

- Frattura di Goyrand-Smith: la linea di frattura è in genere più o meno obliqua; non è articolare e il frammento è unico con dislocazione variabile. Il meccanismo causale, usualmente riferito, di questa frattura è un trauma diretto sul versante dorsale del polso; per esempio è tipica dei motociclisti quando, scagliati al di sopra della moto, mantengono la presa sul manubrio sollecitando i polsi in iperestensione.

- Frattura marginale anteriore complessa di Letenneur: simile alla precedente, rispetto alla quale si associa anche una linea di frattura più o meno orizzontale a livello meta-epifisario.

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Numerosi sono gli Autori che, nel corso degli anni, si sono adoperati per classificare le fratture dell’estremo distale del radio; alcune classificazioni oggi conservano solo un interesse storico oppure non si sono guadagnate popolarità, altre sono utilizzate e si ritrovano spesso in letteratura.

Tra le prime, citiamo quelle di Pilcher (1917), di Destot (1923) che le distinse in anteriori e posteriori, di Taylor e Parsone (1938) che presero in considerazione anche l’interessamento della fibrocartilagine triangolare, di Nissen-Lie (1939), di Humphries (1948), di Key (1954), di Arbeitlang and Boeckl (1963).

Tra quelle che godono o hanno goduto di diffusione più o meno ampia, ricordiamo la classificazione di Gartland e Werley del 1951 che definiva tre gruppi, portati a quattro per completezza, e si basava sull’interessamento extra o intra-articolare, la presenza o meno di comminuzione, la presenza o assenza di deformità angolare; tuttavia mancava la possibilità di definire l’entità della scomposizione iniziale. La classificazione di Lidstrom (1959) distingueva sei gruppi, definendo più in dettaglio l’entità dell’interessamento articolare. Nel 1965 Older pubblicò una classificazione che, non solo identificava la presenza e l’entità dell’interessamento articolare, della comminuzione, della scomposizione e dell’angolazione dorsale, ma individuava la presenza di accorciamento del frammento distale del radio in rapporto all’epifisi distale dell’ulna, considerata in seguito da alcuni autori parametro di grande valore prognostico.

Nel 1967, Frykman pubblicò una classificazione (Fig. 3) che considerava individualmente il coinvolgimento delle articolazioni carpica e

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radio-ulnare distale e la presenza o meno della frattura del processo stiloideo dell’ulna; comprende otto gruppi:

 Tipo 1 – Fratture extra-articolari

 Tipo 2 – Fratture extra-articolari con frattura dell’ulna distale  Tipo 3 – Fratture che interessano la radio-carpica

 Tipo 4 – Fratture che interessano la radio-carpica con frattura dell’ulna distale

 Tipo 5 – Fratture che interessano la radio-ulnare distale

 Tipo 6 – Fratture che interessano la radio-ulnare distale con frattura dell’ulna distale

 Tipo 7 – Fratture che interessano sia la carpica che la radio-ulnare distale

 Tipo 8 – Fratture che interessano sia la carpica sia la radio-ulnare distale con frattura dell’ulna distale

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Nel 1984, Melone pubblicò una classificazione (Fig. 4) delle fratture intra-articolari che si basava sull’identificazione di un “complesso mediale”, costituito da un frammento dorso-mediale e uno volare-mediale, caratterizzato da robuste inserzioni legamentose con la stiloide ulnare e con le ossa della filiera prossimale del carpo:

Tipo 1 – Fratture stabili, senza spostamento oppure con uno spostamento variabile del complesso mediale, prive di comminuzione e stabili dopo riduzione a cielo chiuso.

Tipo 2 – Fratture instabili o “da pugno” (die-punch). Hanno uno spostamento che può essere sia modesto che grave del complesso mediale, con comminuzione della corticale sia anteriore che posteriore. Separazione del complesso mediale dal frammento stiloideo. Accorciamento radiale maggiore di 5-10 mm. Angolazione di una certa entità, solitamente superiore di 20°. Queste si distinguono a loro volta in due sottotipi:

- tipo 2-A riducibili; - tipo 2-B irriducibili.

Tipo 3 – Fratture a “lama”. È una frattura instabile, con uno spostamento del complesso mediale e con spostamento del concomitante frammento a lama proveniente dalla diafisi radiale comminuta.

Tipo 4 – Fratture da “taglio”. Sono fratture instabili, con il compartimento mediale gravemente comminuto con estesa separazione e rotazione dei frammenti distali e palmari.

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Fig.4 – Classificazione di Melone

Tra le classificazioni più recenti sono da prendere in considerazione quelle di Mc Murtry, di Cooney, dell’A.O. e quella di Fernandez.

Mc Murtry (Fig. 5) nel 1990 definì fratture intra-articolare quelle che si estendono fino alle articolazioni radio-carpica o radio-ulnare distale e che hanno uno spostamento di almeno 1 o 2 mm. Queste fratture furono divise in:

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 fratture a due parti;  fratture a tre parti;  fratture a quattro parti;  fratture a cinque parti;

definendo “parte” qualsiasi frammento osseo di dimensioni tali da rivestire significato meccanico e tale da essere ridotto ed eventualmente stabilizzato.

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Sempre nel 1990, Cooney e Coll. proposero una, cosiddetta, “classificazione universale” (Fig. 6) delle fratture dell’estremità distale del radio, basata sulla divisione delle fratture in extra o intra-articolari, e in stabili o instabili.

Le fratture extra-articolari furono identificate in stabili senza spostamento (tipo 1) ed instabili con spostamento (tipo 2).

Le fratture intra-articolari furono divise in stabili senza spostamento (tipo 3) ed instabili con spostamento (tipo 4).

Quest’ultimo gruppo è stato poi suddiviso in un tipo 4a (fratture articolari, riducibili e stabili dopo riduzione), un tipo 4b (fratture intra-articolari con spostamento, riducibili, ma instabili dopo riduzione) e un tipo 4c (fratture intra-articolari instabili ed irriducibili).

La più completa classificazione forse è quella della società di osteosintesi

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La classificazione A.O. si basa sulla divisione delle fratture in 3 tipi principali (fig.7):

A- Extra-articolari

B- Parzialmente articolari C- Completamente articolari

Ciascun tipo principale viene poi suddiviso in 3 gruppi (A1,A2,A3; B1,B2,B3; C1,C2,C3). Infine in ogni gruppo vengono individuati 3 ulteriori sottogruppi (A1.1/2/3; A2.1/2/3; A3.1/2/3; e così per la B e la C), per un totale di 27.

Tale classificazione è concepita in modo tale che vi sia un gradiente crescente di gravità ed instabilità della lesione, passando da A1.1 a C3.3. Ne deriva che la frattura A1.1 è la più semplice da trattare e ha la prognosi migliore, mentre la C3.3 è la più difficile ed ha prognosi peggiore.

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Fernandez, rifacendosi alla vecchia (1964) classificazione di Castaing, propone una classificazione basata sul meccanismo patogenetico della lesione (Fig. 8 e 9). Essa contempla:

 Tipo 1 - Fratture per flessione (bending fractures): in cui la sottile corticale della metafisi cede in seguito a sollecitazioni in tensione con un certo grado di comminuzione (fratture extra-articolari tipo Colles e Smith).

 Tipo 2 - Fratture da taglio della superficie articolare (shearing fractures of the joint surface): frattura di Barton dorsale e volare, frattura della stiloide radiale.

 Tipo 3 - Fratture da compressione della superficie articolare (compression fractures of the joint surface): (”da pugno”), in cui le superfici articolari sono interrotte con impattamento dell’osso spongioso subcondrale e metafisario, intra-articolari e comminute.  Tipo 4 - Fratture da avulsione (avulsion fractures): associate ad

avulsione legamentosa, frattura-lussazione radio-carpica.

 Tipo 5 - Fratture combinate: associazioni variabili dei quattro tipi precedenti, sempre dovute a traumatismi ad alta energia.

Fernandez, inoltre, enfatizza l’importanza delle lesioni associate della radio-ulnare distale (DRUJ) nella prognosi a lungo termine di questo tipo di fratture; propone quindi di classificarle in tre gruppi:

◦Tipo I: lesioni stabili, rappresentate dalla frattura dell’apice della stiloide ulnare (tipo Ia) e dalla frattura stabile del collo dell’ulna (tipo Ib), in cui la radio-ulnare distale è stabile all’esame obiettivo e congrua nelle

(29)

radiografie; i principali stabilizzatori articolari, tra cui la fibrocartilagine triangolare e i legamenti capsulari, sono integri.

◦Tipo II: lesioni instabili, in cui la radio-ulnare distale è lussata o sub-lussata, rappresentate da una lesione massiva della fibrocartilagine triangolare (tipo IIa) o da una frattura della base della stiloide ulnare (tipo IIb).

◦Tipo III: lesioni potenzialmente instabili, rappresentate da lesioni scheletriche interessanti la radio-ulnare distale: frattura del radio a quattro frammenti che interessa l’incisura sigmoide o frattura articolare della testa dell’ulna.

In conclusione, questa molteplicità di classificazioni è sicuramente dovuta alla difficoltà di trovare all’esame radiologico indici certi della stabilità o meno della frattura, da cui scaturisca un indirizzo terapeutico univoco ed un giudizio prognostico attendibile.

Dovendo, dalla varietà dei dati riportati in letteratura, fare una scelta, crediamo che le più importanti classificazioni siano quelle di Frykman, per il suo interesse storico e per la semplicità, l’A.O. per la sua completezza, quella di Melone e quella di Fernandez per la capacità di porre indicazioni terapeutiche e prognostiche.

(30)

(31)

(32)

7.1 INDICAZIONI AL TRATTAMENTO

CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico delle fratture di polso mira a raggiungere un duplice obiettivo: la riduzione anatomica dei frammenti e la loro sintesi stabile. La riduzione anatomica dei frammenti di frattura è la “conditio sine qua non” per ottenere il miglior risultato funzionale possibile e perchè questo si mantenga nel tempo. Infatti, migliore è la qualità della riduzione e minore è il rischio di sviluppare complicanze a distanza, come ad esempio la degenerazione artrosica secondaria. Inoltre, un impianto stabile riduce il rischio di complicanze immediate, come ad esempio la rigidità articolare poiché più è stabile la riduzione e prima si potrà mobilizzare il polso.

Il trattamento chirurgico, nell’ambito delle fratture dell’estremo distale del radio, ha sicuramente le più ampie indicazioni, e non solo nelle fratture esposte o complicate, ma anche in quelle chiuse quando si presentino in associazione a fratture esposte, nel paziente politraumatizzato, nel paziente traumatizzato cranico, nel paziente anziano.

Il ricorso all'intervento chirurgico prevede vie d'accesso volari, dorsali o combinate e soprattutto il ricorso a sistemi specifici come placche e viti. L'utilizzo di mezzi di sintesi differenti come il fissatore esterno, i fili di Kirschner percutanei, le semplici viti o l'associazione di questi ultimi tra di loro ed eventualmente di questi con le placche, pur rimanendo ancora

(33)

I sistemi di osteosintesi hanno subito negli ultimi anni una notevole evoluzione con l'obiettivo di aumentare la stabilità dell'impianto, che possibilmente includesse tutti i frammenti della frattura e ne facilitasse la riduzione anatomica, e di consentire una più precoce mobilizzazione del polso.

Tale evoluzione è stata possibile grazie all'introduzione di impianti di minore ingombro, dotati di una maggiore stabilità grazie alla presenza di viti o perni bloccati alla placca (concetto della fissazione interna) e che potessero essere applicati con tecniche che producessero un trauma minore alle strutture nobili che incrociano il polso (concetto della riduzione e sintesi per via volare).

I parametri di instabilità radiografica sono: 1-Marcata comminuzione dorsale e radiale; 2-Accorciamento del radio maggiore di 5mm; 3-Angolazione radiale maggiore di 20°;

4-Scalini o diastasi articolari maggiori di 2 mm; 5-Riduzione dell'inclinazione radiale;

6-Riduzione dell'inclinazione volare(palmar tilt).

L'indicazione al trattamento chirurgico viene data sicuramente sulla base dell'evidenza dei risultati che sono migliori per quanto meglio è ridotta una frattura. Si deve, tuttavia, riportare che anche in base ai risultati ottenuti, non esiste una chiara evidenza su quale tipo di trattamento chirurgico o non, sia meglio adottare, o sulla qualità del tipo di intervento chirurgico (34). L’indicazione al trattamento chirurgico delle fratture dell’estremità distale del radio va posta nei seguenti casi:

(34)

 Nelle fratture a scivolamento volare, quando la riduzione non è stabile; ciò si verifica nelle fratture marginali anteriori semplici e nelle fratture complesse;

 Nelle fratture a scivolamento dorsale, quando vi sia stata una scomposizione secondaria non trattata inizialmente e non più riducibile con manipolazioni esterne;

 Nelle fratture scomposte della stiloide, soprattutto nei giovani;  Nelle fratture intra-articolari irriducibili.

I parametri(4) considerati significativi nel percorso decisionale sono: l’età del paziente, lo shift radiale, la varianza ulnare, l’angolazione dorsale, la comminuzione e l’allineamento radiocarpico; per questo si utilizzano i criteri di La Fontaine (Tabella 1).

Se le alterazioni, comunque, sono di grado lieve, la deformità del polso che ne consegue sarà modesta e si è visto che il polso sopporta queste minime alterazioni dimostrando ancora una funzione accettabile. Ad esempio, è stato dimostrato che una perdita minima dell'inclinazione radiale e dorsale e dell'altezza del radio distale non compromette la funzione finale del polso

(35); tuttavia, una più precisa riduzione comporta sicuramente una migliore

funzione. La stessa cosa accade per la presenza di scalini articolari al di sotto dei 2 mm; purtroppo non è possibile stabilire radiograficamente tale scomposizione con la dovuta accuratezza e lavori scientifici sui risultati delle interpretazioni delle immagini radiografiche hanno mostrato come vi sia una notevole soggettività interpretativa e quindi differenze sostanziali che possono forviare la tipologia del trattamento. (36)

(35)

Fratture Composte Fratture Scomposte

Semplice Comminute

Riduzione a cielo chiuso Stabile Instabile

Apparecchio gessato Fili percutanei, Placca,FE

Follow-up 7 gg FKT per Rx di controllo TABELLA 1: Criteri di stabilità ed instabilità nelle fratture dell’estremo distale del radio secondo La Fontaine (1989).

(36)

Un’affidabile(1)

fissazione interna per le fratture comminute o osteoporotiche del radio distale diventa disponibile con l'introduzione degli impianti di fissazione ad angolo fisso. Questi impianti funzionano come dispositivi di neutralizzazione, che forniscono stabilità distale con un supporto diretto dell’osso subcondrale e non dipendono dalla presa di una vite distale per mantenere la riduzione.

7.2 Le Placche

Le prime placche volari a T sono state prodotte da Mathys nel 1973 (Synthes). In sostanza erano la prima generazione delle placche moderne a forma variabile, adattabile alle varie dimensioni del radio. Erano formate da uno stelo che si appoggiava alla diafisi del radio e da un supporto trasversale a sostegno della frattura articolare del radio distale. Queste placche potevano essere manipolate (piegate) per un loro adattamento migliore al contorno del radio distale. Successivamente sono state prodotte placche a basso profilo e più piccole, con modifiche per migliorare la stabilità e la biocompatibilità.

Sono state poi eseguite modifiche a carico del profilo e della forma con lo scopo di ridurre il contatto con l'osso per non devascolarizzarlo. Le prime placche con queste modifiche sono state le “pi-plate” e la “T-plate”(Synthes) che tuttavia non si sono dimostrate adeguate alle aspettative, evidenziando gli stessi problemi in termini di irritazione dei

(37)

Fernandez e Geissler (38) pubblicarono per primi l'uso di placche specifiche per piccoli frammenti utilizzate per la fissazione del frammento articolare mediale volare (die-punch). Sulla base di queste prime pubblicazioni si espanse, successivamente, il concetto della mini fissazione (Lesile e Barrie) introducendo l'uso della placce con chiodi (Trimed) disegnate per fratture del contorno radiale, volare(lip fragment) e dorsale. Queste miniplacche possono essere inserite mediante mini incisioni . Tuttavia, per fratture complesse, il numero delle incisioni risultano più di una attorno al radio distale così numerose da non discostarsi molto, alla fine, dall'entità delle incisioni tradizionali.

Il concetto di dividere il radio distale in colonne longitudinali laterale e intermedia , è stato proposto nel 1996 da Rikli e Regazzoni (39) che, seguendo la teoria delle colonne carpali, giunsero ad una sistematizzazione del concetto introdotto con le placche Trimed (fig.9 e 10).

La colonna ulnare corrisponde all'ulna. Sulla base di questo concetto vengono prodotte un'ampia serie di mini placche per ciascuna colonna in modo da fissarla e sostenerla. Le placche sono anch'esse a basso profilo e modellabili. Vengono applicate alla colonna radiale ed a quella intermedia sia volarmente che dorsalmente per fratture articolari particolari come quelle con frammenti marginali volari, frammenti mediali dorsali e volari del radio distale. La forma delle placche volari è tale che possono essere applicate volarmente in sede molto distale e le viti fungono da sostegno sottocorticale articolare, poiché possono essere inclinate di 5° in senso prossimale. La loro forma con alto profilo, infine, non riduce la loro stabilità,ma esse risultano più resistenti delle placche di prima generazione (“pi-plate” e “T-plate”).

(38)

Figura 9 e 10: Concetto delle 3 colonne longitudinali: radiale, intermedia e ulnare.

La fissazione delle fratture del radio distale trova vantaggio dalla forma e qualità della placca, ma anche dalle caratteristiche dei supporti (viti e perni) per i frammenti fratturati. Inizialmente sono state prodotte placche con perni già fissati alle placche (fig.11-12). Successivamente è stata introdotta la possibilità di inserimento dei perni secondo le necessità specifiche della singola frattura, producendo perni che potevano essere avvitati alla placca per svolgere la loro funzione di sostegno dei frammenti articolari. Successivamente questa proprietà è stata introdotta anche per le viti.

(39)

Figure 11 e 12

Attualmente sono, quindi, disponibili placche con viti e perni da applicare ad esse mediante stabilità angolare secondo le scelte specifiche del chirurgo. Infine, per adattare ulteriormente l'impianto alla tipologia specifica della frattura, sono state introdotte viti e perni ad angolatura variabile, in particolare per fissare e sostenere i frammenti articolari. Questi impianti hanno dimostrato un vantaggio ulteriore nell'applicazione in pazienti osteoporotici, dove si sono dimostrati più affidabili degli impianti tradizionali. Ricordiamo che esistono sempre dei limiti e complicanze nell'uso di placche in pazienti con ossa osteoporotiche.

Nel corso degli anni sono state prodotte varie placche con le medesime caratteristiche.

(40)

Tra le più utilizzate ricordiamo:

1. Placca Mathys : Locking Distal Radius System 2.4 (Synthes) Fig.13

Fig.13

2. Placca Stryker : Matrix – SmartLock (2.7 mm) Fig.14

(41)

3. Placca Hand Innovation : DVR-A, DNP (2.5 mm) Fig.15

Fig.15

4. Placca Orthofix : Contours VPS (3.5 - 2.0 mm) Fig.16

(42)

5.Placca Acumed: Acu-Loc (3.5 - 2.3 mm) Fig.17

Fig.17

6. Placca ITS (MBA): Placca Palmare ad Angolarità Stabile ( Fig.18)

(43)

7. Sistema TRIMED (Fig.19)

Fig.19

8.Placca Myrmex Precise SVP-UHP (Fig.20)

(44)

La maggior parte delle placche esistenti in commercio non hanno un profilo anatomico relativo alla parte volare del radio distale, in particolare per la protuberanza della fossetta semilunare e per la tuberosità volare radiale (fig.21)

Figura 21: WS: watershed (linea spartiacque)

PQ: pronator quadratus muscle (margine distale del muscolo pronatore quadrato)

Pronator fossa: fossa del muscolo pronatore quadrato VR: volar ridge (cresta volare)

X: tubercolo volare radiale

La maggior parte delle fratture del radio distale sono dislocate dorsalmente, inoltre, il dorso del radio è sottocute e di facile accesso. Per questi motivi,

(45)

l'esperienza iniziale di fissazione interna con angolo fisso di fratture di radio distale con dislocazione dorsale è stata attraverso l'approccio dorsale. Poiché c'è poco spazio disponibile sul versante dorsale del radio distale, sono stati segnalati problemi degli impianti relativi ai tendini estensori e questi hanno temperato l'entusiasmo per la nuova tecnica. La fissazione volare con angolo fisso delle fratture del radio distale dislocate dorsalmente è stata introdotta per aggirare i problemi legati all'approccio dorsale.

7.3 Considerazioni anatomiche

Ci sono diversi motivi per cui l'assetto dorsale del radio è un luogo poco adatto per il collocamento di dispositivi per la fissazione interna: poco spazio è disponibile tra la cute e la superficie ossea ed è occupato interamente dalle guaine dei tendini estensori; la superficie dorsale del radio è convessa, inducendo i tendini estensori a strofinare con forza contro gli impianti dorsali, aumentando così la loro probabilità di lesioni. La faccia volare è una migliore scelta per l'applicazione degli impianti per i seguenti motivi: più spazio è disponibile, perché i tendini flessori si trovano lontano dalla superficie volare del radio e il pronatore quadrato è convenientemente interposto; la superficie concava della porzione distale del radio protegge i tendini flessori e permette un buon appoggio alla placca conformata.

Le placche utilizzate nei pazienti del nostro studio sono placche volari in titanio Myrmex Precise SVP-UHP (fig.22).

(46)

Fig.22: Placche Myrmex Precise SVP-UHP

La caratteristica principale delle stesse è che esse svolgono un’azione di sostegno sulle fratture dell’epifisi distale del radio con dislocamento

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anteriore, infatti la principale indicazione all’utilizzo delle stesse è nelle fratture pluriframmentarie con dislocazione volare dei frammenti ossei. Inoltre il profilo della placca è anatomico e non sono presenti le salienze delle teste delle viti. La superficie concava del versante volare del radio è limitata distalmente da una cresta trasversale o linea spartiacque.(40) (Fig.11) Distalmente alla linea spartiacque, il radio è inclinato in direzione dorso-distale e riceve le inserzioni prossimali della capsula volare del polso e dei legamenti capsulari volari. Anche se non è una linea retta, la sua traiettoria complessiva è circa perpendicolare all'asse del radio, non seguendo l’inclinazione radiale della superficie articolare. Gli impianti di fissazione devono essere collocati in prossimità e il loro profilo non deve sporgere oltre la linea spartiacque per non entrare in contatto con i tendini flessori. Impianti posizionati sopra o proiettati sopra la linea spartiacque possono comprimere i tendini flessori e provocare lesioni, per questo le placche volari presentano un profilo distale che segue quello di questa linea, oltre ad avere una forma tale da conformarsi alla superficie volare del radio. (30, 40)

La rima di frattura volare della fossa semilunare o il frammento marginale volare si trova sul lato ulnare del radio distale. Questo è fondamentale per la stabilità dell’articolazione radiocarpica; la sua mancata unione può portare alla lussazione volare del carpo. La posizione distale dalla linea spartiacque su questo frammento permette la sua stabilizzazione sicura con impianti rafforzati. D'altra parte, il processo stiloideo del radio ha bisogno raramente di rinforzo, ma è piuttosto fissato con viti correttamente indirizzate. Questa è una fortuna, perché la linea spartiacque è prossimale

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su questo frammento ed i legamenti capsulari essenziali volari, che hanno origine dalla sua superficie volare, devono essere preservati ad ogni costo. Le fratture del radio distale sono facili da ridurre chiuse quando le fratture sono recenti e l’ematoma non si è ancora organizzato. Pochi giorni dopo la frattura, poiché il processo di guarigione inizia, esse diventano molto più difficili da ridurre. Allora è necessario eliminare i collegamenti dell'organizzazione dell’ematoma della frattura per ottenere una riduzione accettabile; questo è particolarmente vero per le fratture intra-articolari. L'approccio tradizionale volare fornisce accesso solo alla superficie volare del radio. Anche se sufficiente per le fratture volari, questa esposizione non lo è per gestire complesse fratture scomposte dorsalmente, perché l'ematoma dorsale non è accessibile. L’approccio esteso al flessore radiale del carpo (FCR) è stato introdotto per gestire complesse fratture dorsali attraverso un’incisione volare. L'esposizione è fornita dal rilascio del setto radiale e dalla pronazione del radio prossimale fuori dalla sua sede per accedere alla parte dorsale della frattura (Fig.23-24).

(49)

Per pronare il radio e per facilitare la riduzione, il tendine brachioradiale, che s’inserisce sul pavimento del compartimento del primo estensore, deve essere rilasciato; ciò si ottiene in modo migliore aprendo la porzione prossimale del compartimento del primo estensore, trovando l'inserzione del brachioradiale, e rilasciandolo con una tenotomia “step-cut” (Fig.25); questo facilita la sua successiva riparazione. Questo tendine ha sostanzialmente inserzioni prossimali e quindi non si ritrae; la sua riparazione, d'altra parte, permette il corretto ancoraggio dei punti di sutura per riattaccare il pronatore quadrato.

Figura 25: Tenotomia “step-cut”del brachioradiale

Le più gravi fratture del radio distale con dislocazione dorsale presentano rottura del pronatore quadrato che occorre comunemente al suo margine distale, dove si ha la separazione delle fibre muscolari dal tessuto fibroso

(50)

distale. Questa rottura si trova diversi millimetri prossimalmente dal bordo della concavità radiale o linea spartiacque. Per ottenere l'esposizione della superficie volare radiale richiesta per la riduzione della frattura e l'applicazione della placca, è di solito necessario sezionare il tessuto fibroso trovato distalmente alla zona di rottura, ma prossimalmente all'origine della capsula volare del polso. Questa zona di spesso tessuto fibroso e periostio si chiama zona intermedia fibrosa (IFZ). La cosa migliore è sollevarla come uno stretto lembo di tessuti molli “ulnar-based” mediante recisione lungo la linea spartiacque e sollevandolo per mezzo di una tagliente dissezione. Dopo il completamento dell’osteosintesi, con il riposizionamento della parte posteriore del pronatore quadrato in sede, migliora la stabilità dell'articolazione radio-ulnare distale e si ripristina lo strato di tessuto molle sotto i tendini flessori. Il lembo IFZ viene riposizionato per primo, coprendo il margine distale della placca. Successivamente la parte muscolare del pronatore quadrato viene suturata ad esso e al brachioradiale in precedenza riparato.

7.4 Principi di biomeccanica delle placche

La resistenza della placca è proporzionale al cubo del suo spessore ed inversamente proporzionale al cubo della sua lunghezza. Le viti aumentano la sua forza e sostengono la forza di coesione osso-placca. Spazi più ampi per le viti nello stelo della placca favoriscono la forza di flessione della fissazione placca-vite-osso. La forza torsionale della fissazione dello stelo della placca è indipendente dai fori per le viti ed è proprzionale al numero delle viti nello stelo.

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Per quanto riguarda gli aspetti biomeccanici e la resistenza delle placche ai carichi, sorprendentemente una placca volare ad angolo fisso, sostenendo una frattura instabile in direzione dorsale e volare, è migliore di una corrispondente placca dorsale ad angolo fisso. Questo è dovuto alla particolare geometria del radio distale, la cui superficie articolare è compensata pochi millimetri in direzione volare rispetto alla diafisi. Questo pone la forza articolare di reazione più vicino alla placca volare e riduce la flessione indotta dal momento.

Gli impianti con angolo fisso del radio distale forniscono la fissazione distale per mezzo di viti di supporto subcondrale anatomicamente distribuite che possono essere lisce o filettate. Queste ultime sono note anche come le viti di bloccaggio o viti ad angolo stabile. La placca volare deve essere collocata in prossimità del bordo articolare del radio per poter trovare un buon supporto osseo ai pin di stabilizzazione distali.

Il supporto dorsale è meglio fornito dal posizionamento di viti inclinate in direzione prossimale-volare e distale-dorsale nel piano laterale e dalla divergenza a ventaglio di esse fuori nello spazio a stretto contatto per seguire la forma del complesso tridimensionale della superficie articolare. L'inclinazione delle viti sul piano laterale neutralizza le forze di spostamento dorsale mentre induce una forza volare. Questo vettore di forza tende a spostare i frammenti distali in direzione volare, un effetto che deve essere contrastato da un fissaggio correttamente configurato della superficie volare.

Nel caso di grave comminuzione, di instabilità volare, o di osteoporosi, questa configurazione di base potrebbe non essere sufficiente per garantire la fissazione corretta e un terzo elemento di fissaggio deve essere

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introdotto. Questo è la fila di viti secondaria o distale, che consiste in una riga aggiuntiva di viti provenienti da una posizione più distale della placca; questa fila distale è destinata a sostenere la parte più centrale e volare dell'osso subcondrale. Essa controlla la rotazione dorsale del frammento volare marginale e la rotazione volare dei frammenti distali gravemente osteoporotici o instabili.

L’intersezione delle viti prossimali con le distali forma un’impalcatura tridimensionale che fornisce un ottimo supporto alla superficie articolare (Fig. 26).

Figura 26:disposizione delle viti

Un gran numero di fratture del radio distale si verificano nei pazienti anziani e malati e questi hanno esigenze particolari: la loro limitata capacità di compensare la ridotta funzionalità della mano, costringere a ripristinare questa funzione tempestivamente per mantenere la loro indipendenza; la loro scarsa qualità delle ossa richiede una fissazione particolarmente capace; il rischio per l'anestesia e la morbilità chirurgica devono essere minimizzati. In caso(2) di traumi a bassa energia con fratture stabili e ben riducibili, in pazienti con basse richieste funzionali o malattie sistemiche rilevanti, può avere ancora spazio il trattamento con apparecchio gessato. Tuttavia, il continuo aumento dell’età media dei pazienti con questi traumi e con frequente associazione di osteoporosi e il loro sempre maggiore livello di attività, ci impongono il trattamento chirurgico. La fissazione

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per questa popolazione di pazienti, perché la tecnica si basa su l'unico osso sostanzialmente rimanente nell’osteoporosi avanzata, il piatto subcondrale. Inoltre, l'approccio volare è ben tollerato e la procedura può essere eseguita sotto anestesia locale.

Sono stati fatti numerosi studi su questo tipo di tecnica, i quali hanno dimostrato che le placche(3, 6, 7) a stabilità angolare di nuova generazione consentono una sintesi stabile in molti casi ed una mobilizzazione articolare precoce così da ottenere un buon risultato funzionale ed un precoce ritorno alle attività lavorative. Gli studi hanno, inoltre, mostrato un buon recupero dell’articolarità e della forza di presa palmare con dolore assente o moderato ed occasionale. Tuttavia, non in tutti i casi è stato possibile effettuare una precisa ricostruzione anatomica.

Le complicazioni incontrate nella fissazione volare ad angolo fisso sono poche e spesso sono legate alla tecnica chirurgica, infatti, questo tipo di fissazione(5) si è dimostrato in genere sicuro ed efficace garantendo risultati funzionali eccellenti. Nonostante ciò, l’incidenza di complicanze varia notevolmente nelle diverse casistiche; le lesioni dei tendini flessori ed estensori, la compressione del nervo mediano, le sindromi algodistrofiche, i fallimenti del mezzo di sintesi rappresentano quelle di più frequente riscontro. Il mancato raggiungimento della riduzione anatomica è di solito causato da un’esposizione chirurgica inadeguata, vale a dire, al mancato utilizzo dell’approccio esteso al FCR al fine dello sbrigliamento della frattura. Ciò occorre di solito quando la lesione ha più di due settimane o quando vi sono grave frammentazione articolare e dislocazione. La lesione dei tendini estensori può ancora verificarsi se sono impiantate viti di lunghezza eccessiva che sporgono attraverso la corteccia dorsale e nelle

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guaine dei tendini estensori. La perdita di fissazione è rara ma può accadere, soprattutto nelle fratture più complesse, se sono utilizzate placche d’improprie dimensioni o se le viti sono troppo prossimali dall'osso subcondrale.

Per facilitare il corretto posizionamento della placca, quelle più recenti consentono l'applicazione temporanea di specifici fili-K ad angolo fisso che mantengono la riduzione e anticipano il fissaggio finale delle viti. Questo permette al chirurgo di ottimizzare la posizione della placca trovando il punto in cui si verifica l'equilibrio tra il sostegno dell'osso subcondrale dorsale e l’ancoramento alla superficie volare radiale.

Il conflitto dei tendini flessori può verificarsi se la frattura si re-disloca in una deformazione dorsale e la placca è quindi sollevata dalla superficie volare e si trova nel percorso dei tendini flessori. La re-dislocazione nella deformità dorsale deve essere rioperata presto per prevenire lesioni dei tendini flessori. La rottura dell'impianto è rara; la rigidità e la distrofia simpatica riflessa (RSD) non sono comuni con questa tecnica, ma devono essere tenuti d'occhio ed il trattamento deve essere aggressivo nelle loro prime fasi. Il consentire al paziente di riprendere presto l'uso funzionale della mano è preventivo. In generale, la vigilanza e l’attenzione al dettaglio evitano più complicazioni.

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8.TECNICA CHIRURGICA

VIA CHIRURGICA DI HENRY: APPROCCIO VOLARE AL RADIO DISTALE

1- Paziente in decubito supino sul letto operatorio con laccio pneumoischemico impostato alla radice dell'arto superiore. L'avambraccio è supinato sopra apposito supporto reggibraccio radiotrasparente per consentire i controlli radioscopici intraoperatori.

Viene preso come repere anatomico il flessore radiale del carpo (FRC). Dopo spremitura dell’arto e attivazione del laccio pneumatico, si esegue un'incisione della cute longitudinale per circa 8-10 cm dalla piega flessoria del polso in senso prossimale lungo il tendine del FRC, avendo cura di non intersecare perpendicolarmente le pieghe flessorie del polso per evitare cicatrici retraenti.

Si incide, pertanto, la fascia dell'avambraccio e la guaina del FRC, che si carica verso l'ulna e si isola l’arteria radiale che viene protetta dal lato opposto. In questa fase è importante prestare attenzione al nervo mediano. Ciò permetterà l'esposizione del tendine flessore superficiale delle dita e del tendine flessore lungo del pollice.

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1-Flessore radiale del carpo; 2-Flessore superficiale delle dita; 3-Flessore lungo del pollice; 4-Arteria radiale e vene comitanti.

2-Una volta fatta la dissezione per piani, il flessore superficiale delle dita e il flessore lungo del pollice vengono caricati e dislocati verso l'ulna, mentre il nervo mediano viene caricato sul versante radiale. L'arteria radiale è immediatamente radiale all'incisione, quindi a rischio; Si espone bene il bordo radiale del radio distale, ma non quello ulnare. Ciò permette di giungere sul piano sottostante ove è ubicato il muscolo pronatore quadrato. Questo viene isolato e disinserito dal lato ulnare per esplorare la frattura nella sua completezza, avendo cura di lasciare parte della sua inserzione muscolare sul versante radiale per poterlo reinserire a fine

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parzialmente l’origine del flessore lungo del pollice. L'ampliamento distale mette a rischio la branca palmare cutanea del n.mediano (sconsigliato nelle fratture

di tipo C).

1-Flessore radiale del carpo;

2-Flessore superficiale delle dita e Flessore lungo del pollice; 3-Pronatore quadrato;

4-Diafisi del radio;

5-Arteria radiale e vene concomitanti.

3-La pronazione dell’avambraccio permette una migliore visione del focolaio di frattura e l’esposizione di eventuali frammenti dorsali. La riduzione della frattura si ottiene sfruttando la ligamentotassi, attraverso manovre di trazione ed esercitando compressione sui frammenti di frattura. Si procede, mediante ausilio di controlli con amplificatore di brillanza, ad effettuare la riduzione della frattura e, se necessario a stabilizzare il tutto con dei fili di Kirschner percutanei ripristinando la lunghezza radiale e il giusto tilt radiale. Il mantenimento della riduzione è garantito dalla trazione continua del polso e\o da supporti che lo mantengono in deviazione ulnare. Quindi viene posizionata la placca volare e fissata al radio con un filo di

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Kirschner percutaneo; con l’aiuto della placca si ripristina il volar tilt e sotto controllo amplioscopico si valuta il corretto posizionamento della stessa, la riduzione della frattura, la correttezza degli assi e quindi si procede con la fissazione della placca con la vite del foro longitudinale, mediante ausilio di apposito strumentario. Si procede, successivamente, alla fissazione con viti da corticale della parte prossimale della placca e con viti e\o “pegs” della sua parte distale, ponendo particolare attenzione che i mezzi di sintesi non protrudano all’interno dell’articolazione radio-carpica e che siano della lunghezza adeguata, per evitare conflitti con i tendini estensori posti dorsalmente. Qualora sia difficile ottenere la riduzione della frattura, si può applicare prima la placca al frammento distale e poi usare la placca stessa come una leva per ottenere la riduzione. Presso la nostra Clinica si utilizzano placche in Titanio Myrmex Precise-SVP-UHP. Si controlla nuovamente, mediante amplioscopia, la corretta riduzione della frattura e si procede, quindi, alla stabilizzazione definitiva. Per controllare che le viti e\o “pegs” non siano dentro l’articolazione, risulta utile eseguire una proiezione laterale del polso in elevazione di circa 30° rispetto al tavolino radiotrasparente e, successivamente, una scopia in continuo in prono supinazione per valutare la congruità della lunghezza delle viti oltrechè la stabilità della sintesi.

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4-Si esegue, infine, la reinserzione del pronatore quadrato, laddove sia possibile, e dei piani cutanei previa valutazione del sanguinamento e applicazione di un drenaggio. Questo passaggio permette la copertura del mezzo di sintesi e aggiunge stabilità all’articolazione radio ulnare distale (RUD). Quindi, si applica una stecca gessata di posizione che verrà mantenuta per quattro settimane. Il nervo mediano e l’arteria radiale devono essere protetti in ogni momento; non bisogna ledere in nessun modo queste strutture neurovascolari, che devono essere al sicuro in un rivestimento intatto dei tessuti molli.

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9.LA QUESTIONE DEL PRONATORE QUADRATO

Nell'ultimo decennio si sta sempre più diffondendo in letteratura il concetto di “risparmio” del pronatore quadrato (PQ) nelle fratture distali di radio mediante accessi chirurgici mini invasivi. In particolare, alcuni autori giapponesi hanno proposto, in casi selezionati, una tecnica chirurgica M.I.P.O. (Osteosintesi Mini Invasiva con Placca) per il posizionamento della placca palmare con conservazione del pronatore quadrato. Questo muscolo è importante perchè fornisce sangue all'estremità distale del radio, contribuisce a stabilizzare la RUD e fornisce il 21% della forza di pronazione dell'avambraccio. Il risparmio del PQ consentirebbe una più rapida unione ossea e un minor tempo di recupero. Esistono tutt'ora divergenze in letteratura sul ruolo che avrebbe il PQ nel proteggere i tendini flessori. E' stato dimostrato che la rottura del t. flessore è dovuta a malconsolidamento e\o a malposizionamento della placca . Studi sul cadavere hanno rivelato che il PQ non copre l'intera estremità distale del radio, ma conservando il PQ, il verificarsi di tendiniti o rotture dei tendini a causa del conflitto con la placca potrebbe essere ridotto, in particolar modo per il tendine flessore lungo del pollice, che è in contatto diretto con il PQ. Imatami e Sen furono tra i primi chirurghi a descrivere un approccio mini invasivo al polso con l'intento di risparmiare il PQ, in modo da preservare la vascolarizzazione del frammento osseo, fornendo le condizioni per una

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caratterizza per l'applicazione di due incisioni cutanee palmari di 3 cm entrambe, post riduzione chiusa della frattura (mediante apposite manovre riduttive e controlli amplioscopici). La prima incisione cutanea a circa di 2 cm distalmente alla piega flessoria del polso e la seconda di 3 cm viene fatta a circa 4 cm distalmente dalla prima incisione. Il sito della frattura è, solitamente, coperto dal PQ che non verrà sezionato. La placca verrà fatta scivolare sotto il PQ attraverso l'incisione cutanea distale in senso disto-prossimale. Il posizionamento corretto della placca sarà poi confermato mediante c.lli amplioscopici. La placca è fissata, poi, mediante applicazione di viti prossimali e distali ad essa. Successivamente si applica un drenaggio, si procede alla sutura per piani e, infine, si applica una stecca gessata di posizione. Imatami ha applicato questa tecnica chirurgica a 5 pazienti tra il 2001 e il 2003 che sono stati rivisti ad un follow up medio di 22 mesi. In tutti i casi l'inclinazione radiale, l'inclinazione palmare e la varianza ulnare rientravano nei range di normalità; in nessun caso vi è stata perdita di riduzione e le fratture sono guarite a una media di 10 settimane, la forza di presa era diminuita, rispetto al polso controlaterale, in un solo caso, con risultati clinici buono\eccellenti.(41)

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18- Tecnica di Imatami con due mini accessi cutanei palmari

Una variante della tecnica di Imatami è stata descritta da Dos Remedios et al nel 2009 mediante un'unica incisione palmare di 6 cm (mediante accesso di Henry) e applicazione di una placca di 3,5 cm di larghezza fatta scivolare in senso disto-prossimale sotto il pronatore quadrato.(42, 43)(fig.19) In uno studio su cadavere del 2012 Heidari ha dimostrato che la maggior parte delle placche di nuova generazione presenti oggi sul mercato permetterebbero impianti con risparmio del PQ mediante scivolamento delle placche sotto il ventre muscolare da prossimale a distale riuscendo a ridurre al minimo la lunghezza dell'incisione cutanea palmare fino a un massimo di 9mm.(fig.20) Non ci sono controindicazioni all'uso di questa

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procedura mini invasiva con risparmio del PQ finchè il chirurgo è consapevole di avere una riduzione sufficiente della frattura. La conservazione del PQ deve essere eseguita solo quando il risultato della riduzione e stabilizzazione della frattura può essere sovrapponibile a quello ottenuto con procedure chirurgiche standard. Questa tecnica ha un breve periodo di apprendimento. La differenza principale è che il chirurgo non vede il focolaio di frattura e non valuta visivamente la qualità della riduzione. Nei pazienti più giovani il PQ è sempre presente e può essere abbastanza spesso (fino a 10 mm), ma in pazienti anziani può essere relativamente sottile e danneggiato dalla frattura. Se questo è il caso non vi è alcun motivo per risparmiare il PQ.

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19-Tecnica chirurgica di Dos Remedios con mini incisione palmare di 6 cm e risparmio del PQ

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