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La radioembolizzazione transarteriosa (TARE) nel trattamento dell'epatocarcinoma intermedio-avanzato e definizione del suo ruolo come strategia di retrostadiazione pre-trapianto di fegato

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie In Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

La radioembolizzazione transarteriosa (TARE) nel trattamento

dell’epatocarcinoma intermedio-avanzato e definizione del suo ruolo

come strategia di retrostadiazione pre-trapianto di fegato

 

 

Candidato Relatore

Federico Gemignani Prof. Paolo De Simone

(2)
(3)

INDICE

1. Introduzione 5

1.1 Stadiazione epatocarcinoma

1.2 Terapie locoregionali

1.2.1 TACE

1.2.2 TARE

1.3 Resezione epatica

1.4 Trapianto di Fegato

1.5 Sorafenib

2. Materiali e metodi 25

2.1 Criteri di inclusione

2.2 Obiettivi dello studio

2.3 Raccolta dati

2.4 Periodo dello studio

2.5 Analisi statistica

(4)

3. Risultati 30

3.1 Caratteristiche demografiche

3.2 Caratteristiche della patologia tumorale

3.3 Procedura radiologica

3.4 Efficacia

3.5 Risposta mRECIST

4. Discussione 43

5. Conclusione 47

6. Bibliografia 48

7. Ringraziamenti 56

(5)

1. INTRODUZIONE

L’epatocarcinoma (hepatocellular carcinoma, HCC) è per frequenza epidemiologica la sesta neoplasia più comune nel mondo e la seconda causa di morte cancro-correlata (1). Nonostante i progressi sostanziali nella diagnosi, screening e trattamento delle forme iniziali (early HCC), sono riportati in letteratura risultati subottimali nel trattamento dell’HCC in stadio intermedio-avanzato (2). Più del 70% dei pazienti, infatti, presenta al momento della diagnosi uno stadio avanzato di malattia, non potendo usufruire di opzioni terapeutiche con intento curativo come le tecniche di ablazione percutanea, la resezione chirurgica e il trapianto di fegato.

Le recenti linee guida dell’Associazione Europea per lo Studio del Fegato (European Association for the Study of Liver, EASL) incorporano l’algoritmo stadiativo-terapeutico del Barcelona Clinic for Liver Cancer (BCLC) (3, 4). Tale algoritmo -

basato su prove di evidenza - suddivide l’HCC in 5 stadi (0= very early; A=early; B=intermedio; C=avanzato; D=terminale) in base alle dimensioni e al numero delle lesioni neoplastiche, alla presenza di infiltrazione macrovascolare o di ripetizioni metastatiche, allo stadio funzionale di malattia epatica secondo Child-Pugh e alle condizioni cliniche generali (performance status, PS) del paziente.

Secondo l’algoritmo BCLC, per i pazienti affetti da HCC in stadio intermedio (BCLC-B) è raccomandata la chemio-embolizzazione intra-epatica trans-arteriosa (transarterial chemoembolization, TACE) come trattamento standard, mentre per i pazienti in stadio avanzato (BCLC-C) l’unico trattamento validato da prove di evidenza è rappresentato dalle terapie molecolari con inibitori anti-VEGFR (sorafenib) (4, 5).

(6)

L’algoritmo BCLC, tuttavia, presenta alcune limitazioni inerenti, in quanto – nell’ultima versione licenziata - è previsto un unico trattamento per lo stadio intermedio (TACE) e avanzato (sorafenib), non sono fornite indicazioni riguardanti una seconda linea di trattamento combinato o sequenziale e nello stadio intermedio BCLC-B è inclusa una popolazione molto eterogenea in termini di funzione epatica residua e di diffusione della neoplasia (6).

Nonostante non sia ancora prevista dall’algoritmo BCLC, la radio-embolizzazione trans-arteriosa (trans-arterial radio-embolization, TARE) sta rapidamente acquisendo importanza nella comunità scientifica e clinica quale trattamento per lo stadio intermedio e avanzato dell’HCC e di altre patologie neoplastiche primitive (colangiocarcinoma) e secondarie del fegato. La TARE si è dimostrata superiore rispetto alla TACE in termini di intervallo tra procedura e progressione della malattia, per il suo profilo di sicurezza e la qualità di vita, ma potrebbe rappresentare una valida alternativa quando la TACE è controindicata, come ad esempio in presenza di trombosi portale o di masse neoplastiche di grandi dimensioni.

Come indicato in letteratura scientifica, la TARE potrebbe avere un ruolo nella retro-stadiazione (downstaging) dell’HCC oppure come trattamento ponte (bridging) nei pazienti in attesa di trapianto di fegato (liver transplantation, LT). Tuttavia, non esistono al momento evidenze conclusive riguardo al ruolo della TARE nei pazienti in lista d’attesa per LT.

(7)

1.1. STADIAZIONE DELL’EPATOCARCINOMA

In letteratura esistono numerosi sistemi stadiativi per l’HCC. La stadiazione dell’HCC nel paziente epatopatico deve tener conto della:

• riserva funzionale epatica • stato fisico del paziente • stadio del tumore

• impatto del trattamento sulla sopravvivenza

L’algoritmo BCLC è l’unico che risponda pienamente a tali requisiti e che valuti consensualmente variabili dipendenti dalla patologia di base (epatopatia cronica) e dalla complicanza neoplastica, con riferimento a dati clinici (soggettivi ed oggettivi), laboratoristici e strumentali. Il sistema BCLC consente di stratificare i pazienti in 5 diversi stadi di malattia sulla base del PS, del Child-Pugh (Tab. 1) e delle variabili legate alla neoplasia. Inoltre, è l’unico sistema di stadiazione che propone un algoritmo terapeutico per l’HCC (Fig. 1).

Tabella 1: Child Pugh score Score Bilirubina (mg/dl) Albumina (g/dl) T.protrombina INR Encefalopatia epatica Ascite 1 <2 >3.5 <1.7 assente assente 2 2-3 3.5-2.8 1.7-2.3 lieve scarsa 3 >3 <2.8 >2.3 moderata-severa moderata-severa

Classificazione CPT: Child A: score 5-6 (ben compensato); Child B: score 7-9 (significativa compromissione funzionale); Child C: score 10-15 (scompenso)

(8)

Figura 1: algoritmo BCLC

I pazienti in stadio molto precoce (very early stage, stadio 0) hanno funzionalità epatica conservata e un singolo nodulo <2 cm: per essi può essere indicata la resezione chirurgica. Qualora, tuttavia, presentino ipertensione portale o iperbilirubinemia, le opzioni terapeutiche da prendere in considerazione sono il LT (in assenza di co-morbidità controindicanti) o l’ablazione percutanea, in particolare la radiofrequenza.

Lo stadio precoce (early stage, stadio A) comprende pazienti che hanno una funzione epatica ancora conservata o moderatamente deteriorata (Child-Pugh A-B), buon performance status (PS=0) con un singolo nodulo oppure fino a 3 noduli ciascuno dei

(9)

quali <3 cm. Per essi possono essere indicate l’opzione trapiantologica oppure l’ablazione percutanea.

Nello stadio intermedio (intermediate stage, stadio B) sono inclusi i casi di malattia oligo-multifocale con Child-Pugh A-B, PS=0 in assenza di invasione macrovascolare e diffusione extraepatica. Attualmente le linee guida prevedono come terapia standard la TACE. Tuttavia, nella pratica clinica si sta affermando sempre più la TARE come alternativa alla TACE.

Lo stadio avanzato (advanced stage, stadio C) include pazienti sintomatici (PS1-2) con Child-Pugh classe C, invasione vascolare (trombosi portale o dei suoi rami) o metastasi extraepatiche. Per questi pazienti è indicata la terapia medica sistemica con il sorafenib. Anche in questo stadio potrebbe trovare indicazione la TARE, in particolare quando è presente trombosi portale che costituisce una controindicazione alla TACE.

In ultimo si arriva allo stadio terminale (terminal stage, stadio D) nel quale sono compresi pazienti con decadimento delle condizioni generali (PS>2) o importante compromissione della funzionalità epatica (Child-Pugh C). La sopravvivenza mediana è inferiore a 3 mesi e il paziente può trovare beneficio solo dal supporto palliativo.

1.2. TERAPIE LOCOREGIONALI PER l’EPATOCARCINOMA

Il razionale nell’utilizzo delle terapie locoregionali (loco-regional treatments, LRT) nell’HCC è dovuto alla particolare vascolarizzazione della neoplasia, che per il 90% circa è di pertinenza dell’arteria epatica mentre il parenchima epatico sano

(10)

circostante riceve per il 70% sangue proveniente dal sistema venoso portale. Questo permette di sfruttare tecniche che consentano di somministrare farmaci in maniera selettiva all’interno del letto vascolare tumorale e di minimizzare gli effetti collaterali al tessuto circostante.

Figura 2: vascolarizzazione dell’HCC

Le terapie arteriose attualmente disponibili sono l’embolizzazione trans-arteriosa (TAE), la chemio-embolizzazione trans-trans-arteriosa convenzionale (TACE), la chemio-embolizzazione trans-arteriosa con particelle che liberano chemioterapici (DEB-TACE) e la radio-embolizzazione (TARE).

1.2.1. TACE (trans-arterial chemo-embolization)

La TACE, descritta per la prima volta da Kato et al. nel 1981 (7), si basa sulla somministrazione attraverso un catetere arterioso posizionato in arteria epatica di una miscela composta da uno o più farmaci citotossici (come la doxorubicina, il

(11)

zone più o meno estese di parenchima epatico sede del tumore, a cui fa seguito l’embolizzazione dei vasi afferenti della zona target con l’utilizzo di agenti embolizzanti riassorbibili quali la spugna di gelatina (SpongostanTM) in frammenti o

in polvere.

Il mezzo oleoso viene captato preferenzialmente all’interno delle cellule tumorali, ove si concentra da 3 a 5 volte di più rispetto al parenchima non tumorale, grazie ad una rallentata eliminazione per l’assenza dei vasi linfatici e delle cellule reticolo-endoteliali. Inoltre, esso ha effetto embolizzante temporaneo e penetra nei microshunts artero-portali rallentando il wash-out del chemioterapico. In questo modo è possibile raggiungere nel tessuto tumorale concentrazioni di farmaco 10-100 volte superiori rispetto alla chemioterapia sistemica.

La TACE quindi agisce con un duplice meccanismo: citotossico e ischemico.

Una tecnica innovativa rispetto alla TACE convenzionale è la DEB-TACE (drug-eluting beads). In tale procedura il lipiodol è sostituito da microsfere di dimensioni comprese tra 45 e 300 micron e ricoperte di farmaco citotossico, di cui il più utilizzato negli Stati Uniti è la doxorubicina (8). Con l'utilizzo di tale tecnica la

concentrazione di farmaco all'interno del tumore raggiunge il picco massimo al terzo giorno, rimane elevata fino al settimo, con persistenza per oltre 14 giorni, ad indicare un continuo e lento rilascio del farmaco dalle particelle. Questa metodica presenta la stessa efficacia rispetto alla TACE convenzionale con una minor tossicità.

Un recente studio prospettico randomizzato multicentrico PRECISION V ha posto a confronto i risultati a breve termine della TACE convenzionale (lipiodol TACE)

(12)

rispetto alla DEB-TACE, dimostrando che l’utilizzo della DEB-TACE riduce l’incidenza di effetti collaterali correlati alla doxorubicina e d’incremento delle transaminasi (9). In tale studio, la risposta tumorale a 6 mesi dopo DC beads, valutata

attraverso la TC, non era però significativamente migliore rispetto alla risposta dopo TACE tradizionale, fatta eccezione per un sottogruppo di pazienti con malattia in fase più avanzata (Child-Pugh B, PST 1, malattia bilobare, recidiva) in cui la risposta oggettiva tumorale era significativamente superiore dopo DC beads rispetto alla TACE convenzionale (9).

Le principali controindicazioni alla TACE sono rappresentate dalla trombosi portale, dalla ostruzione delle vie biliari e da una insufficiente funzionalità epatica, in particolare i pazienti cirrotici in classe C di Child-Pugh non possono usufruire di tale trattamento a causa della elevata mortalità procedurale. (10)

La complicanza più frequente è la “sindrome post-embolizzazione” che si presenta clinicamente con nausea, vomito, dolore addominale e febbre e solitamente compare a distanza di 48-72 ore dalla procedura; in letteratura sono riportati dati di prevalenza intorno al 90% (11).

La risposta della malattia al trattamento viene valutata con una TC, o meno frequentemente con la RM, dopo 3-6 settimane di trattamento e secondo i criteri modified Response Evaluation Criteria for Solid Tumors (mRECIST). L’American Association for the Study of Liver Disease (AASLD) ha proposto una modifica dei criteri RECIST che tenga in considerazione le modificazioni di captazione del contrasto in fase arteriosa (12).

(13)

La cTACE e la DEB-TACE potrebbero avere un ruolo selettivo come terapia di seconda linea nei pazienti allo stadio precoce che hanno sviluppato recidiva dopo fallimento della terapia standard (13) e sono, altresì, indicate nel downstaging

dell’HCC in vista del trapianto. Rappresentano invece il trattamento di prima linea, con livello di raccomandazione 1A, nei pazienti allo stadio intermedio (BCLC-B) con HCC multinodulare, con performance status 0 e con funzione epatica preservata (Child Pugh A) (13).

Data, tuttavia, l’estrema eterogeneità della popolazione allo stadio intermedio, diversi studi confermano una efficacia limitata della TACE (14). Come riportato infatti da Bolondi e Piscaglia, due pazienti, l’uno con funzionalità epatica ben conservata (Chil Pugh A5: albumina 4.8 g/dl, bilirubina totale 0.9 mg/dl, INR 0.99) e due noduli <3cm, l’altro con ascite, ittero (Child Pugh B) con neoplasia multifocale, verrebbero secondo l’algoritmo BCLC classificati come affetti da HCC allo stadio intermedio (15). Chiaramente la prognosi di questi due pazienti differisce notevolmente, cosi come la loro idoneità a vari trattamenti. Quindi la TACE non ha la stessa efficacia in tutti i pazienti, molti di essi traggono beneficio da altri trattamenti. Nella pratica clinica quindi la gestione di questi pazienti non è basata esclusivamente su quanto dettato dalle linee guida ma anche su una valutazione empirica del quadro di insieme del paziente.

(14)

1.2.2. TARE (trans-arterial radio-embolization)

La TARE è una procedura di radiologia interventistica che si basa sull’iniezione di microparticelle embolizzanti caricate con un radioisotopo e iniettate attraverso un accesso percutaneo. L’Ittrio-90 (Y90) è il radioisotopo più comunemente utilizzato. L’ittrio 90 è un beta-emittente puro con una emivita di 64,2 ore (16). La media della beta-emissione è 0,9367 MeV, con un minimo di penetrazione tissutale di 2,5 mm e un massimo di 10 mm (16).

A differenza della TACE che sfrutta sia l’effetto citotossico indotto dal chemioterapico sia quello di ischemia tissutale, la TARE non determina alcun insulto ischemico. Al contrario, affinché la terapia sia efficace è necessaria la presenza di un adeguato flusso ematico e di apporto di ossigeno. Infatti, l’ossigeno è determinante nella produzione di radicali attivi (ROS) tramite la ionizzazione dell’acqua intracellulare (oltre al danno diretto da parte delle particelle beta).

Attualmente sono disponibili in commercio due tipi di microsfere: TheraSphereTM e SIR-SpheresTM.

1) TheraSphereTM (BTG/MDS Nordion, Ottawa, Canada) sono delle microsfere

di vetro caricate con ittrio-90 con un diametro compreso tra 20 e 30 micron e con una attività di 2500 Bq per microsfera. Queste microsfere sono indicate per il trattamento di HCC inoperabili e HCC complicati con PVT. Un totale di 1,2 milioni di microsfere produce 3 GBq di attività (2500 Bq per sfera).

2) SIR-SpheresTM: sono microsfere di resina biocompatibile marcate con ittrio-90 con un diametro tra 20-60 micron e una attività di circa 50 Bq per sfera

(15)

(17). Sono state approvate dalla FDA nel 2002 nel trattamento delle metastasi colorettali insieme alla floxuridina. Le microsfere di resina hanno una densità inferiore di Y90 per sfera rispetto alle microsfere di vetro e questo significa che sono richieste più sfere per rilasciare una determinata dose, in più c’è un effetto embolico maggiore con la stessa somministrazione (18). Un totale di 40-80 milioni di microsfere di resina produce 3GBq di attività (50Bq per sfera) rispetto a 1,2 milioni di microsfere di vetro.

1.2.2.A. Indicazioni alla TARE

La TARE è riconosciuta come un trattamento opzionale con ruolo palliativo nel trattamento dell’HCC intermedio-avanzato (19, 20).

Nonostante l’algoritmo BCLC prenda in considerazione la TACE come terapia standard dell’epatocarcinoma allo stadio intermedio (BCLC- B), c’è una evidenza sempre più crescente del ruolo della TARE nella gestione di questi pazienti (21, 22). Inoltre, la TARE si è dimostrata sicura nei pazienti con trombosi venosa portale, che si sviluppa in circa un terzo dei pazienti con HCC non resecabile (23), in quanto l’effetto embolizzante delle microsfere di Y90 è minimo, e in alcuni casi, tale trattamento ha prodotto la regressione del trombo neoplastico (23).

1.2.2.B. Controindicazioni

Le controindicazioni relative all’uso della TARE sono l’insufficienza renale e le varici portosistemiche non trattate per il rischio di sanguinamento, mentre controindicazioni assolute sono la cirrosi scompensata, l’estensione della neoplasia >75% del parenchima epatico e la presenza di shunt polmonari e verso il tratto gastroenterico.

(16)

1.2.2.C. Procedura

La valutazione clinica del paziente viene eseguita da un team multidisciplinare (che comprende l’oncologo, il chirurgo epatico, l’epatologo, il radiologo e il radiologo interventista) che ha lo scopo di determinare la candidabilità o meno del paziente stesso alla procedura. Non sono candidati alla TARE i pazienti con elevati livelli basali di bilirubina (>2 mg/dl), uno score Chid-Pugh di classe C (score >= 10 ), ECOG performance status <= 2, oppure pazienti che sono stati sottoposti a una dose di radiazioni a livello polmonare >30Gy in un singolo trattamento oppure 50 Gy in molteplici trattamenti (24, 25).

La TARE è una procedura a due step che consiste in una prima fase in cui viene eseguita un’angiografia diagnostica seguita dall’infusione di albumina marcata con 200 MBq di Tc99, ed una seconda fase in cui si esegue l’iniezione terapeutica di microsfere di Y90. Entrambi gli step sono eseguiti in sessioni differenti ad alcuni giorni di distanza.

Nella fase di angiografia diagnostica viene eseguito uno studio dell’aorta, della a. mesenterica superiore e del tripode celiaco, al fine di valutare accuratamente la vascolarizzazione epatica, le strutture circostanti, la vena porta e l’eventuale presenza di shunt artero-portali. Questo è molto importante in quanto il mancato riconoscimento di un vaso che rifornisce il tumore potrebbe portare a un trattamento incompleto o assente. Inoltre, grazie all’angiografia possiamo valutare la presenza di flusso di sangue extraepatico verso altri organi. Infatti, l’iniezione di microsfere attraverso questi vasi non target potrebbe tradursi in eventi avversi. Quattro o cinque mCi di Tc-MAA sono iniettati nell’arteria epatica per individuare eventuali

(17)

connessioni arterovenose circostanti il tumore che potrebbero deviare il flusso ematico al polmone. L’HCC è associato ad un alta incidenza di shunt artero-venosi che bypassano il letto capillare tumorale. La somministrazione delle microsfere potrebbe in questi casi determinare una polmonite da radiazioni (26).

La frazione di shunt polmonare è definita come:

LSF= (total lung counts)/ (total lung counts+ total abdomen counts)

Una dose a livello polmonare maggiore di 30 Gy in singolo trattamento o una dose cumulativa di 50 Gy pone il paziente ad alto rischio di polmonite da radiazione dopo la TARE (17).

1.2.2.D. Calcolo della dose

Una volta valutata l’assenza di controindicazioni al trattamento, deve essere calcolata l’attività di microsfere da somministrare per effettuare un trattamento efficace, ma soprattutto sicuro per il paziente.

Il calcolo della dose per le microsfere di vetro utilizza la ricostruzione 3D del sito che comprende il tumore in questione per trovare il volume da trattare.

Il volume tissutale risultante determinato con la TC viene convertito a massa tissutale usando il fattore di conversione della densità 1,03 Kg/ml (17). Assumendo una distribuzione uniforme delle microsfere, l’attività da somministrare all’area target in GBq viene espressa con la seguente formula:

A= D x m / 50

dove D è la dose somministrata in Gy e m è la massa del tessuto da trattare espressa in Kg. L’obiettivo della terapia è di rilasciare una dose di radiazioni di circa 120 Gy

(18)

nel volume di tessuto epatico.

Per quanto riguarda le microsfere di resina esistono molti metodi di calcolo della dose, quello di gran lunga più utilizzato è il metodo BSA (body surface area), che è il più adatto per neoplasie scarsamente delimitate e viene espresso come:

A= BSA- 0,2 + (% tumor burden / 100)

dove A è l’attività in GBq, BSA è la superficie espressa in m2, e % tumor burden è la percentuale di fegato coinvolto dalla neoplasia.

1.2.2.E. Trattamento

Una volta calcolata l’attività da somministrare, il passo successivo consiste nella infusione delle microsfere. Per quanto riguarda le microsfere di vetro, la dose totale somministrata è calcolata usando l’inverso della formula precedente. In tale formula è necessario adottare alcuni fattori di correzione: l’attività residua non completamente somministrata e la frazione di shunt polmonare.

D= A x 50 x (1- LSF) x (1- R) / m

Per le microsfere di resina l’attività da somministrare dipende dalla percentuale di fegato interessato dalla neoplasia, in particolare più del 50% richiede 3,0 GBq, 25-50% richiede 2,5 GBq, e meno del 25% richiede 2 GBq. La dose viene ridotta a seconda dell’entità dello shunt polmonare come calcolato con LSF. LSF inferiore al 10% non richiede una riduzione della dose. LSF compreso tra 15 e 20% richiede una riduzione del 40% della dose. LSF maggiore del 20% non può essere trattato.

(19)

1.2.2.F. Follow-up

La risposta del tumore al trattamento viene valutata comunemente con la TC o con la RM. Non esiste, tuttavia, un protocollo. Generalmente viene eseguito a distanza di un mese dalla procedura, e successivamente ogni 3 mesi. Non deve, tuttavia, essere valutata solo l’estensione volumetrica totale della lesione, in quanto si può sottostimare la reale evoluzione post-trattamento della neoplasia, ma deve essere studiato anche il pattern di vascolarizzazione e quindi la presenza di focolai necrotici intralesionali (12, 27).

1.2.2.G. Outcomes

• TARE per early stage HCC: come da algoritmo BCLC i pazienti che si trovano allo stadio A sono candidati per trattamenti curativi come il trapianto; tuttavia il ridotto numero di donatori e la lunga lista d’attesa espongono il paziente ad un alto rischio di progressione della malattia con conseguente fuoriuscita dai criteri di Milano. Al fine di limitare questo rischio, i pazienti in lista di attesa spesso sono trattati con l’ablazione percutanea o la TACE. Recentemente anche la TARE è stata proposta come opzione terapeutica in tale setting, nonostante questo approccio non sia ancora ampiamente diffuso a causa principalmente dei costi elevati (28).

• TARE per HCC intermedio: nella letteratura attualmente non vi sono trials clinici randomizzati che abbiano comparato direttamente la TARE con la TACE, per lo più si tratta di studi retrospettivi. Salem et al. hanno tuttavia pubblicato un analisi comparativa di pazienti con HCC allo stadio intermedio trattati con TACE (n= 122) e TARE (n=123) mostrando che, nonostante non vi fossero differenze nella overall survival, la TARE determinava un tempo

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alla progressione (TTP) maggiore rispetto all’altro braccio (13,3 mesi vs 8,4 mesi, p= 0.046) (29). Inoltre, più pazienti trattati con la TACE hanno sviluppato dolore addominale e rialzo delle transaminasi (p<0,05), mostrando un miglior profilo di sicurezza della TARE (29). Risultati simili sono stati riportati da altri studi clinici (30-32).

• TARE e downstaging: uno studio retrospettivo ha confrontato la TARE con la TACE, evidenziando come la TARE fosse più efficace nella retro-stadiazione dei pazienti da UNOS T3 a T2; UNOS T2 è stato ottenuto nel 31% dei pazienti trattati con la TACE a confronto del 58% dei pazienti trattati con la TARE (33). Altro studio è quello di Barakat et al. in cui sono stati reclutati pazienti già trattati con la TACE con HCC di grosse dimensioni (>6cm), multifocale (>4) oppure con lesioni residue con mancata risposta al trattamento combinato TACE e RFA. Diciotto dei 32 pazienti reclutati dopo trattamento con TARE rientrarono con successo nei criteri di Milano e di questi 14 sono stati trapiantati.

• TARE e ospedalizzazione: uno studio recente condotto da El Fouly et al. ha mostrato che la TARE rispetto alla TACE presenta un’incidenza minore di effetti collaterali e una minor tasso di ospedalizzazione (32).

• TARE per stadio avanzato HCC/trombosi della Vena Porta: alcuni studi hanno suggerito che la TARE sia più vantaggiosa rispetto al sorafenib nel paziente con TVP. Tra questi Edeline et al. hanno calcolato una sopravvivenza globale mediana di 26,2 contro 8,7 mesi nei pazienti trattati rispettivamente con la TARE e con il Sorafenib (p= 0,054) (34). Risultati preliminari del trial clinico SORAMIC, in cui viene comparata la TARE associata al sorafenib rispetto al solo sorafenib, hanno mostrato che nel primo caso i pazienti tollerano meglio

(21)

il trattamento rispetto al solo sorafenib (comunicazione personale).

1.3. RESEZIONE EPATICA

La resezione epatica è potenzialmente un trattamento curativo per l’HCC precoce. Tuttavia, il tessuto epatico residuo del paziente continua ad essere a rischio di sviluppo di neoplasia e il rischio di recidiva è di circa il 50% a 2 anni e di oltre il 70% a 5 anni dall’intervento (35), oltre alla concreta possibilità di sviluppare insufficienza epatica.

Il paziente ideale candidato alla resezione chirurgica deve rispondere ai seguenti criteri:

− Nodulo singolo

− Assenza di cirrosi (raro)

− Se cirrosi, assenza di ipertensione portale significativa (HPVG <10 mmHG o assenza di splenomegalia, varici esofagee, di piastrine <100.000 mmc, bilirubina nella norma).

La mortalità peri-operatoria secondo recenti studi è intorno all’1-3% (36).

La resezione epatica non è normalmente prevista per i pazienti allo stadio intermedio-avanzato, ma potrebbe rappresentare una valida opzione in casi selezionati (37):

• HCC multifocale con noduli localizzati in un lobo o segmento epatico;

• Nodulo singolo, superficiale, ben definito o con pseudo-capsula e con meno del 30% di tessuto epatico interessato o >del 50% di ipertrofia epatica compensatoria.

(22)

1.4. TRAPIANTO DI FEGATO

Il LT è considerato il trattamento curativo per l’HCC in quanto permette la rimozione non solo della neoplasia, ma anche della epatopatia di base. Tuttavia, solo un numero limitato di pazienti può beneficiare di tale terapia a causa del numero esiguo di organi trapiantabili. I pazienti sono considerati candidabili al trapianto se soddisfano i criteri di Milano (38):

• Singolo nodulo < 5cm oppure 3 noduli ciascuno dei quali non superiore a 3 cm

• Assenza di metastasi extraepatiche • Assenza di macro-invasione vascolare

Il limite di tali criteri è che essi determinano una selezione molto severa dei pazienti, escludendo molti di essi dalla possibilità di usufruire di una terapia potenzialmente curativa come il trapianto. Inoltre, i pazienti inseriti in lista d’attesa corrono il rischio essere esclusi in un secondo momento dall’opzione trapiantologica, in quanto il tumore può aumentare di dimensioni e superare i criteri di trapiantabilità con conseguente drop-out dalla lista d’attesa. Per risolvere tale problema si possono utilizzare diverse opzioni terapeutiche:

• Espansione dei criteri di Milano come proposto da Yao et al. dell’Università della California a San Francisco (UCSF)(39): singola lesione non superiore a 6,5 cm oppure fino a 3 lesioni ciascuna delle quali con diametro massimo inferiore a 4,5 cm oppure con un diametro totale non superiore agli 8 cm. Più recentemente sono stati anche proposti i criteri “Up to Seven” cioè sette come somma del diametro del tumore più grande + il numero delle lesioni (40). Queste proposte, tuttavia, devono ancora essere universalmente accettate dall’United Network for Organ Sharing (UNOS).

(23)

• L’utilizzo di terapie definite “ponte” per ridurre il rischio di progressione in attesa del trapianto. Quando si ricorre a tali presidi per riportare il paziente all’interno dei Criteri di Milano si parla invece di “downstaging (41, 42).

1.5. SORAFENIB

Fino a qualche anno per i pazienti in fase avanzata di malattia non esisteva nessuna valida opzione terapeutica e la terapia medica è stata poco utilizzata per il trattamento dell’HCC - se non in casi selezionati - sia per la scarsa chemio-sensibilità del tumore, sia per la elevata tossicità dei chemioterapici somministrati a pazienti epatopatici. Tutto è cambiato con la scoperta dei farmaci a bersaglio molecolare. In particolare, il primo farmaco approvato per l’HCC è stato il sorafenib (NexavarTM, Bayer, Milano, I): si tratta di un inibitore orale multi-chinasico (MKI) che inibisce sia i recettori tirosin-chinasici di membrana (VEGFR-1,-2,-3, PDGFR-b, c-KIT, FLT-3, Ret) sia le serino-treonino-chinasi intracellulari (Raf, Raf-1, B-Raf wild type, B-Raf mutante) implicate nella cascata del segnale RAS/MAPK. Il farmaco, quindi, è in grado di agire con un duplice meccanismo di azione: antiproliferativo e antiangiogenetico (43, 44).

L’efficacia del sorafenib nell’HCC è stata dimostrata dallo studio SHARP, che ha messo in evidenza come il farmaco, nonostante non determinasse una regressione della malattia, mostrasse un vantaggio significativo sulla sopravvivenza mediana rispetto al gruppo placebo (media: 10,7 vs 7,9 mesi; HR: 0,69, p= 0,00058) (45).

Il sorafenib è stato approvato a novembre 2007 dalla FDA (Food and Drug Administration) come terapia di prima scelta nell’HCC in fase avanzata (46). L’utilizzo di questa molecola è stato esteso ai pazienti allo stadio intermedio non

(24)

idonei alla TACE o in quelli che hanno sviluppato effetti indesiderati post-TACE (

47-49).

Si tratta di un farmaco che non è privo di effetti collaterali, come affaticamento, calo ponderale, diarrea, eritro-disestesia palmo-plantare (sindrome mani-piedi), oltre all’aumentato rischio di sanguinamenti.

1.5.1 Sorafenib e terapie locoregionali

Se nel breve termine la TACE determina controllo di malattia mediante un effetto citotossico diretto, la procedura promuove l'angiogenesi a causa dell'ipossia indotta dall’embolizzazione. Ciò si traduce in una up-regulation del fattore inducibile all’ipossia (HIF1-alpha) e nella conseguente iperproduzione di fattori pro-angiogenetici come il VEGF (50).

Il razionale della combinazione sorafenib-terapie locoregionali è contrastare questo effetto angiogenico con la speranza di estendere il beneficio clinico derivato dalla TACE, anche se ancora non è stato dimostrato dagli studi clinici.

Scopo della presente tesi è quello di presentare i risultati di uno studio retrospettivo sulla TARE nel trattamento dell’HCC in fase intermedio-avanzata secondo BCLC e di definire il ruolo potenziale della procedura come trattamento eventuale di retro-stadiazione pre-trapianto di fegato.

(25)

2. MATERIALI E METODI

La presente tesi riporta un’analisi retrospettiva su pazienti affetti da HCC e sottoposti a trattamento mediante TARE. I pazienti sono stati ricoverati presso l’Unità Operativa di Chirurgia Epatica e Trapianto di Fegato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (Direttore Professor Franco Filipponi), mentre il trattamento radiologico è stato eseguito presso l’Unità Operativa di Radiologia Interventistica della stessa Azienda (Direttore Dottor Roberto Cioni).

2.1. CRITERI D’INCLUSIONE

I criteri di inclusione per il presente studio consistevano in: • Pazienti adulti (>18 anni);

• Affetti da HCC insorto in presenza di epatopatia cronica o in assenza di soggiacente patologia epatica;

• Diagnosi mediante indagini radiologiche e secondo i criteri EASL-AASLD (12, 51);

• Stadio cTNM >T2;

• Stadio BCLC intermedio-avanzato; • Performance score (PS) = 0;

• Disponibilità di informazioni cliniche;

• Procedura radiologica di TARE eseguita con successo tecnico. Rappresentavano criteri di esclusione:

• Pazienti sottoposti o in trattamento con terapie sistemiche per HCC, ovvero trattamento con inibitori VEGFR (sorafenib [NEXAVARTM Bayer, Milano, Italia]; regorafeniv [STIVARGATM Bayer, Milano, Italia]) o altri trattamenti off-label o sperimentali (brivanib, imatinib, sunitinib, everolimus, ecc…);

(26)

• Procedure radiologiche di TARE non condotte a termine per insuccesso tecnico o fallimenti secondo la discrezione del radiologo interventista;

• Procedure di TARE condotte nell’ambito di protocolli sperimentali (p. es: trial SORAMIC, trial YESP, ecc…);

• Non disponibilità di dati clinici.

Un’anamnesi positiva per precedenti trattamenti radiologici loco-regionali (loco-regional treatments, LRT) non costituiva motivo di esclusione per l’arruolamento nel presente studio.

2.2. OBIETTIVI DELLO STUDIO

2.2.A. L’obiettivo primario dello studio è la valutazione d’efficacia della TARE nel trattamento dei pazienti affetti da HCC intermedio-avanzato sec. BCLC ed espressa come overall survival (OS) e recurrence-free survival (RFS). Ai fini della valutazione d’efficacia sono state prese in considerazioni sia le informazioni cliniche sia le indagini radiologiche disponibili.

La valutazione della risposta al trattamento è stata effettuata mediante i criteri mRECIST (modified Response Evaluation Criteria for Solid Tumors) secondo quanto indicato da Lencioni e coll. (12) e classificata come:

• risposta completa (complete response, CR); • risposta parziale (partial response, PR); • malattia stabile (stable disease, SD), e

(27)

2.2.B. L’obiettivo secondario dello studio è di definire l’efficacia potenziale della TARE nella retro-stadiazione (downstaging) dell’HCC al di fuori dei criteri di Milano. Ciò è stato effettuato individuando i criteri predittivi di risposta (come pazienti con risposta CD + PR) a 3 e a 6 mesi dalla procedura.

2.3. RACCOLTA DATI

I dati raccolti ai fini del presente studio sono stati ottenuti dalla revisione delle cartelle cliniche e delle informazioni radiologiche e hanno compreso:

• Le caratteristiche demografiche della popolazione campionaria (sesso, etnia, età al trattamento);

• Le caratteristiche cliniche di interesse: presenza di patologia epatica cronica; eziologia dell’eventuale patologia epatica, con riferimento a cause virali (virus dell’epatite C [HCV], virus dell’epatite B [HBV]), esotossiche (alcol), autoimmunitarie o dismetaboliche (non-alcoholic fatty liver disease [NAFLD], non-alcoholic steato-hepatitis [NASH]);

• Lo stato clinico generale del paziente secondo lo score performance status (PS);

• Lo stadio di funzionalità epatica secondo Child-Pugh;

• Lo stadio di funzionalità epatica secondo MELD (model for end-stage liver disease);

• Le caratteristiche cliniche della patologia tumorale, con riferimento a: stadio dell’HCC secondo i criteri di Milano (38); secondo l’algoritmo BCLC (3) e secondo il cTNM (dell’Union Internationale contre le Cancer [UICC]) (52); • Numero e dimensioni (diametro massimo) dei noduli tumorali e diametro

(28)

tumorali subcentimetriche non facilmente dimensionabili (satellitosi), il diametro tumorale totale è stato arbitrariamente fissato a 10 cm;

• L’eventuale presenza di infiltrazione macrovascolare, con particolare riferimento all’invasione portale e differenziata in

o portale segmentaria, o lobare o

o del tronco (parziale);

• Il livello sierico di alfafetoproteina al trattamento (sono stati utilizzati i valori disponibili entro 30 giorni dalla procedura radiologica di TARE);

• L’eventuale presenza di lesioni metastatiche, ivi comprese le linfo-adenopatie tumorali;

• Eventuali trattamenti radiologici e/o chirurgici precedenti la TARE, con riferimento ai trattamenti loco-regionali e alla resezione epatica;

• Il numero di procedure di TARE eseguite per il trattamento primario della patologia d’interesse;

• Eventuali complicanze correlate alla procedura di TARE;

• L’efficacia della procedura (vedi sopra) secondo i criteri mRECIST a 3 e a 6 mesi dal trattamento;

I dati di sopravvivenza sono stati censurati alla data del decesso del paziente, dell’ultima visita o contatto telefonico per i pazienti persi al follow-up, ovvero al 1 giugno 2017.

I dati di sopravvivenza libera da malattia sono stati censurati alla data dell’esame radiologico o clinico con cui è stata posta la diagnosi, ovvero alla data dell’ultima visita o contatto telefonico per i pazienti persi al follow-up, ovvero alla data del 1 giugno 2017.

(29)

2.4. PERIODO DELLO STUDIO

Sono stati analizzati retrospettivamente tutti i pazienti che soddisfacessero i suddetti criteri e sottoposti a TARE presso la nostra Unità Operativa tra l’inizio dell’attività (Ottobre 2012) e il 31 luglio 2016.

2.5. ANALISI STATISTICA

I dati sono stati raccolti retrospettivamente e tabulati in foglio di lavoro Excel (Excel per WindowsTM 2007, Microsoft, Seattle, WA, USA). Le identità dei pazienti sono

state anonimizzate, in accordo con la vigente normativa.

A seconda del tipo di variabile e del livello di distribuzione, i dati sono riportati come medie e deviazioni standard (DS); mediane e scarti interquartili (interquartile range, IQR); estremi; frequenze (percentuali) e quartili, laddove appropriato.

Le curve di sopravvivenza sono state ottenute secondo Kaplan-Meier e la loro comparazione secondo il metodo log-rank. L’analisi multivariata è stata realizzata secondo la regressione logistica lineare per le variabili a distribuzione continua, o dopo trasformazione delle variabili categoriche in ordinate. Il livello di significatività statistica è stato fissato al 5% (p <0.05).

(30)

3. RISULTATI

3.1. CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE

Nel periodo compreso tra il 1 Ottobre 2012 e il 31 luglio 2016, un totale di 32 pazienti soddisfaceva i criteri di inclusione e ha costituito il campione oggetto di studio (Fig. 3).

Figura 3: popolazione oggetto di studio !"#$%&'()*#+,-,$,+*#%#./01## $(2#344# !#$%&'()*#')567+'#)(6#$2,8,5,66,#9:0/;<4# "#$%&'()*#+,-,$,+*#%#./01#=,$,#5>(?',8(2%$'%#5,)#@1AB0'# C#$%&'()8(#+,-,$,+8,#%#./01#=,$,#82%$'%)8,#='#D(E%8,# # "F#$%&'()*#')567+'#)(66,#+87=',# "G#$%&'()*#%)%6'&&%*# "#$%&'()*#5,)#=%*#56')'5'#')5,?$6(*#

(31)

Le principali caratteristiche demografiche della popolazione sono illustrate nella Tabella 2. La popolazione era costituita da 29 (90,6%) maschi e 3 (9,4%) femmine; l’età mediana (IQR) era di 65,5 (7) anni e l’etnia era caucasica in 31 (96,9%) e asiatica in un paziente (3,1%) (Tab. 2).

La maggior parte dei pazienti era affetta da soggiacente epatopatia cronica. Ventinove di essi (90,6%) erano affetti da cirrosi epatica, correlata a infezione da virus HCV in 11 (34,7%); ad abuso alcolico in 9 (28,1%); a infezione da virus HBV in 3 (9,4%); a infezione HCV-correlata e abuso alcolico in 3 (9,4%); a infezione HCV-HBV in 2 (6,2%) e a disfunzione autoimmunitaria in uno (3,1%). Un (3,1%) paziente di razza asiatica era affetto da soggiacente epatopatia cronica HBV-correlata. Infine, un paziente (3,1%) era portatore di steato-epatite alcolica (NASH) (Tab. 2).

Lo stadio funzionale di epatopatia (Child-Pugh) era A in 27 pazienti (84,4%) e B in 5 (15,6%) (Tab. 2). Lo score MELD mediano (IQR) era 10 (4) (Tab. 2).

(32)

Tabella 2: caratteristiche demografiche della popolazione oggetto di studio.

NOTE: HBV, virus dell’epatite B; HCV, virus dell’epatite C; IQR, scarto

interquartile; MELD, model for end-stage liver disease; NASH, steatoepatite non alcolica.

Variabile N pazienti 32

Sesso (maschile), n (%) 29 (90,6) Età mediana (IQR), anni 65.5 (7) Etnia caucasica, n (%) 31 (96,9) Epatopatia, n (%) Cirrosi HCV-correlata Alcol-correlata HBV-correlata HCV-alcol-correlata HCV-HBV Autoimmune

Epatopatia cronica HBV-correlata NASH 29 (90,6) 11 (34,7) 9 (28,1) 3 (9,4) 3 (9,4) 2 (6,2) 1 (3,1) 1 (3,1) 2 (6,2) Stadio Child-Pugh, n (%) A B 27 (84,4) 5 (15,6)

(33)

3.2. CARATTERISTICHE DELLA PATOLOGIA TUMORALE

Le principali caratteristiche della patologia tumorale sono riportate in Tabella 3. La maggior parte dei pazienti (17) era affetta da HCC in stadio clinico TNM (cTNM) 3a; 14 (43,7%) erano in stadio T3b, mentre un solo paziente (3,1%) era in stadio T4 per la presenza di lesione metastatica surrenalica concomitante (Tab. 3).

Tutti i pazienti erano in stadio di malattia tumorale al di fuori dei criteri di Milano (Tab. 3).

Con riferimento all’algoritmo BCLC, 16 (50%) pazienti erano in stadio intermedio (B), mentre 16 (50%) erano in stadio avanzato (C).

Il livello sierico medio (DS) di AFP era 2899,8 (8666,0) ng/mL con estremi compresi tra 2 e 41.216 (Tab. 3).

Lo stadio funzionale PS era 0 in tutti i pazienti (Tab. 3).

Il diametro tumorale massimo mediano (IQR) era 7,0 (3,0) cm con estremi compresi tra 2,3 e 16 cm. Il numero di lesioni tumorali era compreso tra una e multiple lesioni multifocali.

Dodici (37,5%) pazienti erano stati sottoposti a precedenti trattamenti. In particolare, 6 (18,7%) erano stati sottoposti a TACE; 3 (9,4%) ad ablazione mediante micro-onde; uno (3,1%) ad ablazione mediante radiofrequenza; uno (3,1%) a trattamento combinato di alcolizzazione percutanea e TACE, mentre un (3,1%) paziente era stato sottoposto a resezione chirurgica previa (Tab. 3).

(34)

Tabella 3: caratteristiche cliniche dell’HCC della popolazione oggetto di studio.

NOTE: AFP, alfafetoproteina; BCLC, Barcelona Clinic Liver Cancer; HCC,

carcinoma epatocellulare; MW, ablazione mediante micro-onde; PEI, alcolizzazione percutanea; PS, performance score; TACE, chemioembolizzazzione epatica intra-arteriosa; TNM, tumor node mestastasis sec. UICC (Union Internationale contre le

Variabile N pazienti 32 Stadio HCC sec. cTNM, n (%) T3a T3b T4* 17 (53,1) 14 (43,7) 1 (3,1) Stadio HCC sec. Milano, n (%)

Milano-in Milano-out 0 (0) 32 (100) Stadio HCC sec. BCLC, n (%) B C 16 (50) 16 (50) AFP media (DS) ng/mL 2899,8 (8666,0) PS 0, n (%) 32 (100) Invasione macrovascolare** Portale segmentaria Portale lobare

Portale parziale, tronco principale

16 (50) 8 (25) 6 (18,7) 2 (6,2) Numero noduli, mediana (IQR) 1 (1) Diametro tumorale massimo, mediana

(IQR) cm 7,0 (3,3) Precedenti trattamenti, n (%) TACE MW RFA Resezione PEI + TACE 12 (37,5) 6 (18,7) 3 (9,4) 1 (3,1) 1 (3,1) 1 (3,1)

(35)

3.3. PROCEDURA RADIOLOGICA

La procedura di TARE è stata condotta con successo tecnico in tutti i casi.

Non sono da segnalare complicanze maggiori ascrivibili alla procedura, mentre è stato osservato solo un (3,1%) ematoma inguinale in sede di posizionamento di catetere arterioso femorale (Tab. 4).

La durata media (DS) del ricovero ospedaliero per la procedura di TARE è stata di 2,06 (0,2) giorni (estremi 2-3).

Tabella 4: procedura di TARE.

Variabile N pazienti 32

Successo tecnico, n (%) 32 (100) Complicanze maggiori, n (%) 0 (0) Complicanze minori*, n (%) 1 (3,1)

*Ematoma in sede inguinale.

3.4. EFFICACIA

3.4.A. SOPRAVVIVENZA CUMULATIVA

A un intervallo mediano (IQR) di 245 (320) giorni dalla procedura di TARE (estremi 37-1140), 18 (56,2%) pazienti sono deceduti, 7 (21,9%) sono persi al follow-up, mentre 7 (21,9%) sono vivi (Tab. 5).

Tra i 18 pazienti deceduti, la sopravvivenza mediana (IQR) post-TARE è stata di 240 (510) giorni (estremi 45-340). La causa di morte è stata la progressione di malattia neoplastica in 17 (53,1%) e l’insufficienza epatica in un paziente (3,1%) (Tab. 5).

(36)

Tra i 7 pazienti viventi, la sopravvivenza mediana (IQR) post-TARE è stata di 552 (400) giorni alla data dell’ultimo follow-up. Sei (18,8%) pazienti sono liberi di malattia, mentre un (3,1%) paziente è vivo con progressione di HCC (Tab. 5).

Tra i 7 (21,9%) pazienti persi al follow-up, 6 (18%) erano in progressione, mentre uno (3,1%) era libero da malattia alla data dell’ultimo contatto (Tab. 5).

3.4.B. PROGRESSIONE

Nella popolazione in studio sono stati osservati 24 casi di progressione di malattia neoplastica, di cui 20 (62,5%) epatica e 4 (12,5%) epatica e polmonare (Tabb. 5 e 6). La progressione neoplastica è stata osservata a un intervallo mediano (IQR) di 102 (165) giorni dalla TARE (estremi 30-630).

Dei 24 pazienti con progressione, 23 (71,9%) sono stati sottoposti a trattamento, di cui TACE in 2 casi (6,2%); TACE e RFA in un caso (3,1%) e re-TARE in un paziente (3,1%). Diciannove (59,4%) pazienti con progressione sono stati trattati con chemioterapia orale con sorafenib in tutti tali casi (Tab. 6).

(37)

Tabella 5: sopravvivenza cumulativa post-TARE. Variabile N pazienti 32 Deceduti, n (%) Progressione*, n (%) Insufficienza epatica, n (%) 18 (56,2) 17 (53,1) 1 (3,1) Persi al follow-up, n (%) Progressione*, n (%) Liberi da malattia, n (%) 7 (21,9) 6 (18,8) 1 (3,1) Viventi, n (%) Progressione*, n (%) Liberi da malattia, n (%) 7 (21,9) 1 (3,1) 6 (18,8)

*secondo i criteri mRECIST.

Tabella 6: progressione* di HCC post-TARE.

Variabile N pazienti 32 Progressione, n (%) Epatica, n (%) Epatica e polmonare, n (%) 24 (75,0) 20 (62,5) 4 (12,5) Trattamento della progressione, n (%)

Sorafenib, n (%) Re-TARE, n (%) TACE TACE + RFA, n (%) 23 (71,9) 19 (59,4) 1 (3,1) 2 (6,3) 1 (3,1)

(38)

3.4.C. SOPRAVVIVENZA ATTUARIALE

La sopravvivenza attuariale dei pazienti della presente casistica è rappresentata in Fig. 4 ed è stata dell’84,4% (95% CI = 66,4-94,1%) a 6 mesi; del 58.7% (95% CI = 40,1-75,2%) a 12 mesi; del 31,6% (95% CI = 17,0-50,5%) a 24 mesi, e del 27,1% (95% CI = 13,6%-45,9%) a 36 mesi dalla TARE.

La sopravvivenza attuariale libera da malattia nei pazienti della presente casistica è rappresentata in Fig. 4 ed è stata dell’81,2% (95% CI = 62,9-92,1%) a 6 mesi; del 48,0% (95% CI = 30,5-65,9%) a 12 mesi; del 14,4% (95% CI 5,1%-32,1%) a 24 mesi 4,7e del 4,8% (95% CI = 0,5%-2,0%) a 36 mesi dalla TARE.

(39)

La sopravvivenza attuariale dei pazienti BCLC-B e BCLC-C è rappresentata in Figura 5 ed è stata significativamente superiore per i pazienti BCLC-B (mediana 623,6 giorni) versus i pazienti BCLC-C (mediana 214,7 giorni) (log-rank test p = 0,0066; HR = 3,9; 95% CI = 1,3-11,6; log-likelihood -39,6)

Figura 5: sopravvivenza attuariale post-TARE secondo stadio BCLC

3.4.D. VARIABILI PREDITTIVE

La Tabella 7 illustra i risultati dell’analisi sec. Cox (modello dei rischi proporzionali) riguardo le variabili predittive del rischio di mortalità. L’unica variabile statisticamente significativa è risultata essere lo stadio BCLC. I pazienti in stadio BCLC-C presentano un rischio di mortalità quasi 4 volte superiore ai pazienti in stadio BCLC-B (Tab. 7). Nessuno degli altri parametri presi in considerazione è risultato essere statisticamente significativo (Tab. 7).

(40)

Tabella 7: variabili predittive di mortalità post-TARE nella popolazione oggetto di studio (modello dei rischi proporzionali di Cox).

Variabile Coefficiente SE Wald-chi HR (95%CI) p

Età (anni) -0,035 0,022 2,656 0,965 (0,925-1,007) 0,103 Sesso (femmina) 0,828 0,648 1,634 2,289 (0,643-8,152) 0,201 Etnia (caucasica) 0,659 0,632 1,087 1,933 (0,560-6,678) 0,297 Cirrosi (sì) -0,189 0,750 0,064 0,828 (0,190-3,599) 0,801 HCV vs. non-HCV -0,437 0,500 0,763 0,646 (0,243-1,721) 0,382 Child-Pugh A versus B -16,273 1286,918 0,000 0,000 (0,000-0,000) 0,990 MELD score 0,172 0,119 2,091 1,188 (0,941-1,499) 0,148 AFP (ng/mL) 0,000 0,000 0,020 1,000 (1,000-1,000) 0,888 Numero di noduli -7,435 17,620 0,178 0,001 (0,000-5,882) 0,673 Diametro tumorale massimo (cm) -0,048 0,093 0,953 0,953 (0,793-1,144) 0,603 BCLC-C 1,323 0,514 6,621 3,754 (1,371-10,282) 0,01 Precedenti trattamenti (sì) 0,251 0,571 0,194 1,286 (0,420-3,935) 0,660

NOTE: AFP, alfafetoproteina; BCLC, Barcelona Clinic Liver Cancer; HCV, virus dell’epatite C; HR, hazard ratio; MELD, model for end-stage liver disease; SE, errore standard.

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3.5. RISPOSTA mRECIST

La percentuale cumulativa di pazienti che a 6 mesi presentavano una stabilità di malattia (SD) o una risposta parziale o completa (PR + CR) rispetto allo stadio basale, e valutata sulla base di criteri radiologici (mRECIST), era del 43,7% (14/32).

L’analisi univariata (Tabella 8) ha mostrato come tali pazienti non differivano rispetto al gruppo senza risposta a 6 mesi per sesso (p = 0.702); etnia (p = 0,999); presenza di cirrosi (p = 0,702); infezione HCV-correlata (p = 0,476); stadio Child- Pugh (p = 0,854); score MELD (p = 0,249); numero di lesioni neoplastiche (p = 0,277); massimo diametro tumorale totale (p = 0,095) o precedenti trattamenti (p = 0,854). Le unici variabili significativamente differenti tra i due gruppi erano l’età media (58,5 versus 67,4 anni; p = 0,020), il livello sierico medio di AFP (79,8 versus 5593,3 ng/mL; p = 0,048), e la percentuale di pazienti allo stadio BCLC-C (28,6% versus 66,7%; p = 0,032) (Tab. 8).

(42)

Tabella 8: Comparazione univariata dei pazienti con risposta alla TARE a 6 mesi versus mancata risposta

Variabile Risposta

#14 No risposta #18 p

Età media (DS), anni 58,5 (12,1) 67,4 (6,9) 0,020

Sesso (femmina), n (%) 1 (7,1) 2 (11,1) 0,702 Etnia (caucasica), n (%) 13 (92,8) 18 (100) 0,999 Cirrosi (sì), n (%) 13 (92,8) 16 (88,9) 0,702 HCV, n (%) 8 (57,1) 8 (44,4) 0,476 Child-Pugh A, n (%) 12 (85,7) 15 (83,3) 0,854

MELD score medio (DS) 9.1 (2,3) 10 (2,1) 0,249 AFP (ng/mL) media (DS) 79,8 (145,4) 5593,3 (11020,9) 0,048 Numero medio (DS) di noduli 1,4 (1,1) 1,6 (1,1) 0,277 Diametro tumorale massimo medio (DS), (cm) 6,79 (3,5) 8,56 (2,3) 0,095 BCLC-C 4 (28,6) 12 (66,6) 0,032 Precedenti trattamenti (sì), n (%) 5 (35,7) 7 (38,9) 0.854

NOTE: AFP, alfafetoproteina; BCLC, Barcelona Clinic Liver Cancer; DS,

deviazione standard; HCV, virus dell’epatite C; MELD, model for end-stage liver disease.

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4. DISCUSSIONE

La presente tesi ha avuto l’obiettivo di analizzare retrospettivamente l’efficacia della TARE nel trattamento dell’HCC in stadio intermedio-avanzato sec. BCLC, con l’obiettivo di individuare le variabili predittive di efficacia e di meglio definire il ruolo della procedura tra le tecniche ponte e/o di retro-stadiazione tumorale pre- trapianto di fegato.

Seppur non ancora incorporata nell’algoritmo BCLC, la TARE si è rapidamente diffusa nella pratica clinica per il trattamento dell’HCC, in quanto tale metodica possiede il vantaggio di superare alcune limitazioni della TACE. La TACE presenta alcune controindicazioni assolute e/o relative che includono la soggiacente

funzionalità epatica - con particolare riguardo ai pazienti affetti da epatopatia cronica cirrogena -; l’ipertensione portale del paziente epatopatico; lo stimolo pro-

angiogenetico prodotto dall’embolizzazione di territori parenchimali arteriosi; le dimensioni della massa neoplastica da sottoporre a trattamento embolizzante e il numero di procedure che possono essere eseguite nello stesso paziente.

A tale riguardo, la letteratura sottolinea come la TARE – che appare priva di effetto ischemico pari a quello della TACE – sia associata a minore compromissione della funzionalità epatica residua e possa essere impiegata per il trattamento di lesioni tumorali di diametro maggiore rispetto a quelle sottoposte a trattamento con TACE. Pertanto, la popolazione di pazienti che usualmente è sottoposta a trattamento con TARE è costituita da pazienti in fase intermedia con lesioni di dimensioni tali da controindicare la TACE (>7-8 cm), pazienti con un grado moderato di

compromissione della funzionalità epatica residua (Child-Pugh B) o pazienti in fase avanzata per infiltrazione vascolare portale. Queste considerazioni devono essere tenute in mente nell’analizzare i dati delle casistiche internazionali di TARE, poiché

(44)

la popolazione dei pazienti che si avvantaggia di tale procedura non è identica a quella che viene sottoposta a TACE.

Altra questione dibattuta in letteratura è se la TARE possa garantire migliori risultati rispetto alle terapie orali a target molecolare (inibitori VEGFR) per pazienti affetti da HCC in fase avanzata e se possa essere combinata a tali terapie nell’intento di

garantire un miglior controllo della progressione tumorale. A tal riguardo, i risultati preliminari di studi recentemente condotti e non ancora licenziati in letteratura non sembrerebbero conferire alla TARE una superiorità rispetto alla chemioterapia orale (comunicazione personale).

Un ruolo potenzialmente molto interessante della TARE è il controllo della malattia neoplastica nei pazienti candidati o da candidare a LT. In tale contesto la TARE potrebbe sia esercitare il ruolo di trattamento ponte (bridging) per ridurre il rischio di progressione tumorale durante l’attesa in lista, sia quello di consentire una retro- stadiazione entro o verso i criteri di Milano. Ad oggi, esistono informazioni preliminari provenienti da casistiche monocentriche, studi retrospettivi o studi di coorte e che sembrano confermare un ruolo potenziale della TARE nella

retrostadiazione pre-trapianto. Tuttavia, mancano ancora studi randomizzati che possano contribuire a risolvere il dibattito.

Pur con le limitazioni dovute alla ridotta numerosità campionaria, la presente casistica offre alcuni spunti interessanti di discussione. Innanzitutto, la nostra esperienza conferma la validità stadiativa dell’algoritmo BCLC. Lo stadio C appare essere associato a un più elevato rischio di progressione neoplastica e di mortalità ad essa correlata. Si conferma, pertanto, il ruolo sfavorevole dell’infiltrazione macro- vascolare portale nella prognosi dell’HCC. Per quanto la TARE abbia la potenzialità di produrre regressione delle lesioni trombotiche vascolari portali, la presenza di

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infiltrazione è probabilmente segno biologico di malattia neoplastica più aggressiva, come sottolineato da un tasso più elevato di progressione neoplastica e da un

intervallo più breve alla progressione per i pazienti BCLC-C. Il fatto che all’analisi multivariata sec. Cox il livello sierico di AFP non sia risultato essere predittivo di mortalità dipende, a nostro avviso, dalla presenza di pazienti con infiltrazione portale non associata ad elevati livelli di AFP. Quest’ultima, infatti, può essere del tutto normale o solo lievemente aumentata anche in condizioni di macro-infiltrazione portale, sia essa segmentaria o lobare o del tronco principale. Si può speculare, infatti, che i livelli di AFP e l’infiltrazione portale siano espressione di diversi meccanismi genetici, molecolari e biologici dell’HCC. Ciò spiega come, nella nostra esperienza, la sopravvivenza globale attuariale sia significativamente inferiore in pazienti sottoposti a TARE in stadio BCLC-C versus BCLC-B. Il fatto che nessuna delle altre variabili prese in considerazione nel modello di Cox sia risultata

significativa nel predire il rischio di mortalità conferma ulteriormente la validità dell’algoritmo BCLC e sottolinea come il loro ruolo sia secondario nella prognosi dell’HCC intermedio-avanzato.

Una questione irrisolta nella nostra esperienza è se pazienti con HCC avanzato sec. BCLC traggano un beneficio dalla TARE rispetto alle terapie orali con inibitori VEGFR. I dati della nostra casistica indicano che la quasi totalità dei pazienti in progressione hanno ricevuto trattamento con sorafenib (19/24). Sarebbe interessante poter condurre studi mirati per verificare se la prognosi di tali pazienti si avvantaggi dell’impiego di inibitori VEGFR in presenza di progressione post-TARE.

L’obiettivo secondario del nostro studio, che nasce in ambiente trapiantologico epatico, era di poter individuare quali pazienti potessero avvantaggiarsi di strategie di bridging o di retro-stadiazione pre-trapianto di fegato. Sia pure con le dovute cautele

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derivanti dalla scarsa numerosità campionaria, la nostra esperienza sottolinea come pazienti in stadio intermedio BCLC e con valori più bassi di AFP presentino una maggiore probabilità di risposta efficace a 3-6 mesi dalla TARE, valutata secondo i criteri mRECIST come percentuale cumulativa di stabilità di malattia, risposta completa o risposta parziale (SD+CR+PR). Nell’ottica della utility del trapianto di fegato – ossia nella prospettiva di offrire il trapianto ai pazienti con criteri predittivi favorevoli di sopravvivenza – la nostra esperienza suggerisce di rivolgere l’impiego di tali strategie a pazienti più giovani BCLC-B con livelli più bassi di AFP. Tuttavia, occorre ricordare, che nell’ottica opposta del beneficio di trapianto (transplant benefit) sono i pazienti più anziani, BCLC-C e con livelli più elevati di AFP a beneficiare di strategie ponte.

                   

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5. CONCLUSIONI

Sia pure in presenza di una limitata numerosità campionaria, i risultati della nostra esperienza dimostrano che la TARE è un valido strumento per il controllo dell’HCC intermedio-avanzato e suggeriscono che lo stadio BCLC-C sia il principale criterio predittivo di un outcome più sfavorevole.

Nella prospettiva di impiegare la TARE quale strategia di bridging o retrostadiazione pre-trapianto di fegato, i nostri dati suggeriscono che una risposta efficace è raggiunta in pazienti BCLC-B con più bassi livelli di AFP. Ampi studi prospettici sono necessari per confermare queste conclusioni preliminari.

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