• Non ci sono risultati.

Da luogo di passaggio a localita' turistica: un progetto a misura di bambino per Muraglione di Baiso.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Da luogo di passaggio a localita' turistica: un progetto a misura di bambino per Muraglione di Baiso."

Copied!
87
0
0

Testo completo

(1)

1 INDICE

Introduzione ……… 2

Capitolo 1 L’Emilia Romagna e uno dei suoi principali settori di sviluppo: il turismo ………. 4

Capitolo 2 L’Appennino Reggiano: terra di mezzo tra Modena, Parma, Reggio Emilia e la Toscana ……….... 10

Capitolo 3 Il Comune di Baiso come promotore del turismo all’aria aperta ……… 19

Capitolo 4 Analisi dei competitors della zona ………. 58

Capitolo 5 Il grado di fattibilità del progetto ……….… 64

Conclusione ………... 83

Bibliografia ……… 85

(2)

2

Introduzione

Il settore turistico può essere di grande aiuto alle località soprattutto se si tratta di paesini di montagna che hanno tanto da offrire ma poche risorse per farlo.

Questo elaborato vuole infatti trattare il tema del turismo dal punto di vista di un piccolo Comune dell’Appennino Reggiano e in particolare di una frazione, ossia Muraglione di Baiso. Stiamo parlando di una località di passaggio perché la si attraversa, quasi forzatamente, se dalla pianura si vogliono raggiungere le montagne modenesi ma ampiamente sottovalutata.

Io abito a Cerredolo, a circa 10 minuti di distanza da Muraglione, e da molti anni lavoro con i bambini della zona in ambito sportivo: attraverso vari progetti di Gioca Sport promossi dal Coni di Reggio Emilia nelle scuole dell’infanzia e primarie e l’insegnamento della ginnastica ritmica e mini volley nelle palestre comunali mi sono resa conto di quanto i bambini di oggi hanno bisogno di stare in movimento, di socializzare e di imparare il rispetto di sé stessi e degli altri. Purtroppo, con il passare degli anni, le famiglie hanno sempre meno tempo a disposizione da trascorrere con i propri figli, i ritmi di lavoro costringono i genitori a cercare un modo per tenere occupati i figli mentre loro non ci sono e spesso questo si traduce in televisione, videogiochi e cellulari già in tenera età. Questo atteggiamento non fa altro che rendere bambini e adolescenti sempre più chiusi in loro stessi, passano la maggior parte del loro tempo da soli davanti a uno schermo multifunzione, risultano molto sviluppati a livello informatico e tecnologico ma estremamente acerbi dal punto di vista motorio, riscontrano difficoltà nell’approcciare loro coetanei e nella comunicazione verbale oltre a sviluppare problemi alla vista e nella postura.

Per questi motivi ho deciso di unire gli studi turistici alla passione per lo sport e il dovere di aiutare le nuove generazioni a crescere meglio, rendendole consapevoli del mondo di opportunità che esiste al di fuori delle mura di casa: tutto questo partendo ovviamente dalla zona in cui vivo.

(3)

3

In questa breve tesi, dopo una prima introduzione dei punti di forza della regione sul fronte turistico, racconterò i luoghi in cui sono nata e cresciuta, tra le province di Modena e Reggio Emilia, soffermandomi in particolar modo sulle caratteristiche dell’Appennino, tra paesaggi mozzafiato, storia e il buon cibo. Una parte consistente dell’elaborato sarà dedicata al Comune di Baiso per capire il contesto in cui ci troviamo ad operare e le numerose possibilità per attirare turisti e, fondamentale, Muraglione di Baiso. È esattamente per questa località che ho pensato ad un progetto in grado di creare l’alternativa giusta al computer: i bambini avranno l’opportunità di trascorre un’intera giornata all’aria aperta, immersi nella natura, accompagnati dalla famiglia, con attività pensate appositamente per la loro crescita culturale e personale, a contatto con tante altre persone, piccole e grandi, con cui condividere questa esperienza e soprattutto in movimento. Non ci sono altre iniziative simili in zona o comunque risultano poco appetibili per il pubblico più giovane, probabilmente perché non vengono adeguatamente pubblicizzate e ristrette a un’unica attività.

Al fine di sviluppare il progetto e di verificarne le effettive potenzialità, il presente lavoro di tesi analizza l’offerta della zona, oltre a ciò che propone il Comune, valutando le alternative offerte dai competitors anche fuori provincia.

La tesi si concluderà poi con l’analisi del grado di fattibilità del progetto e soprattutto se potrebbe essere effettivamente attrattivo per il target di riferimento.

(4)

4 Capitolo 1

L’Emilia Romagna e uno dei suoi principali settori di sviluppo: il turismo

Incastonata tra ben sei regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana e Marche), l’Emilia Romagna vanta un territorio molto vasto su cui sono distribuite infinite possibilità di attrazione per turisti provenienti da tutto il mondo.

A prima vista è facile capire come la regione venga scelta per le caratteristiche del paesaggio: a nord il fiume Po, a est il mar Adriatico, a sud gli Appennini e a ovest le colline. In un’unica regione, quindi, gli amanti della natura possono vivere esperienze totalmente diverse.

Il fiume Po taglia di netto tutto il nord d’Italia, da ovest a est, andando a costituire per molti tratti i confini settentrionali dell’Emilia Romagna. È navigabile per quasi tutto l’anno, sia per fini commerciali ma anche per fini turistici. Molti turisti, infatti, si recano sulle sue sponde per intraprendere emozionanti gite in barca o solo per godere del sole e della pesca nei periodo di bel tempo. Il Po può essere sfruttato anche dagli appassionati di canoa e kayak. Un fiume minore rispetto al Po ma comunque importante per il territorio è il fiume Secchia che, nasce dall’Appennino Reggiano dall’Alpe di Succiso, scorre stabilendo i confini tra Reggio Emilia e Modena, attraversa le province modenesi e sfocia nel fiume Po. È meta soprattutto del turismo locale in quanto viene utilizzato per gite fuori porta con amici e parenti, pic-nic, bagni, per lunghe camminate immersi nella natura o avventure più veloci in bicicletta o a cavallo. Esistono tantissimi altri fiumi nella regione in cui è possibile praticare diversi sport come il rafting sull’Appennino bolognese o su quello piacentino.

Spostandosi a est si viene accolti dal mar Adriatico. Sicuramente non rappresenta l’esempio migliore di destinazione per la bellezza delle acque ma è comunque apprezzato dalle famiglie per i fondali bassi, le spiagge ampie, gli stabilimenti balneari e gli hotel ben attrezzati per i bambini, e dai giovani per le numerose opportunità di svago che offre la Riviera come locali

(5)

5

notturni, uno tra tutti è il Pineta e parchi divertimento, come Mirabilandia a Ravenna, Italia in miniatura in provincia di Rimini o Aquafan a Riccione. Per gli amanti della vela e del windsurf, l’Adriatico è l’unica zona in cui è possibile praticare questi sport.

L’Appennino si sviluppa lungo quasi tutta la fascia meridionale della regione a confine con la Toscana, dando vita così all’Appennino Tosco-Emiliano. Originariamente la montagna veniva vista come luogo oscuro e impervio, da evitare; oggi invece i giudizi sono del tutto differenti. I turisti cercano sempre di più il contatto con la natura, in particolare di quei luoghi ancora sconosciuti, dove l’uomo non è intervenuto con il suo operato e dove si riescono a ritrovare fauna e flora originarie del posto. Le attività che si possono svolgere in Appennino sono infinite, per ogni stagione e adatte alle capacità di chiunque voglia intraprenderle. In inverno gli sport più gettonati sono ovviamente lo sci e lo snowboard ma anche percorsi con le ciaspole o in slittino. Da Piacenza a Forlì infatti sono state create 18 stazioni sciistiche, per un totale di 250 chilometri di piste anche se le più rinomate sono quelle presenti nel modenese come il monte Cimone, Piandelagotti, Piane di Mocogno e Fiumalbo. Col bel tempo invece, si può scegliere tra trekking, free climbing, parapendio, canoa, rafting, escursioni a cavallo, gite in mountain bike e molto altro.

Concludendo il giro dell’Emilia Romagna, troviamo a ovest, e non solo, le colline e le pianure che si estendono a partire dalla provincia di Parma. Queste zone sono molto favorevoli al cicloturismo tant’è che si sprecano gli itinerari da percorrere in bicicletta. Di diverso grado di difficoltà e lunghezza, questi percorsi possono essere affrontati da chiunque desideri stare all’aria aperta e scoprire in un modo tutto nuovo il territorio. L’Emilia Romagna punta molto su questa particolare tipologia di turismo, infatti ha creato un itinerario attraverso cui poter visitare l’intero territorio in bici. Il percorso corre lungo la direttrice della Via Emilia, la via principale dell’intera regione realizzata in epoca romana per collegare Piacenza a Rimini, con lo scopo di visitare le principali città d’arte utilizzando le strade comunali in aperta campagna.

(6)

6

Frequenti, sono anche le ippovie, i campi da golf e i percorsi escursionistici da praticare a piedi risalendo le antiche vie medievali.

Dislocati in tutta la regione si trovano i parchi nazionali e le aree protette tramite cui si cerca di salvaguardare e conservare il verde oltre ad insegnare il giusto comportamento da adottare nei confronti della natura attraverso mostre e attività didattiche. L’Emilia Romagna conta, infatti, 2 parchi nazionali (il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna tra Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze), 13 parchi regionali, 17 riserve naturali statali, oltre a riserve naturali regionali e altre aree protette minori.

L’Emilia Romagna soddisfa anche le richieste del turismo termale proponendo 18 stabilimenti localizzati per lo più nelle colline tra Ravenna e Rimini ma anche a Bologna e in provincia di Parma. Tra le strutture più importanti si ricordano: Terme di Castel San Pietro e Terme di Porretta nel bolognese, Terme di Castrocaro, Terme di Cervia, Terme di Rimini verso la Riviera e nella zona di Parma Terme di Monticelli e Terme di Salsomaggiore. Questi luoghi sono adatti a persone di ogni età, per svolgere un percorso benessere riabilitativo personalizzato o per trascorrere semplicemente una giornata di puro relax.

Strettamente legata al territorio è l’enogastronomia, un settore che richiama numerosi visitatori. La cucina dell’Emilia Romagna è conosciuta in tutto il mondo come un punto di forza dell’intera gastronomia della penisola ed è famosa per unire l’altissima qualità dei prodotti alle quantità importanti offerte. Vanta una lista consistente di prodotti DOP e IGP che spesso la concorrenza cerca inutilmente di imitare. L’ingrediente principale è il maiale, del quale non si spreca niente e con cui si realizzano prelibate pietanze come salumi, zamponi e arrosti. Addentrandosi poi nelle singole province, si possono scoprire le varie specialità come ad esempio i Pisarei e fasò ossia gnocchetti conditi con sugo di fagioli tipici del piacentino, il famosissimo prosciutto di Parma, l’aceto balsamico da accompagnare a Parmigiano Reggiano, gnocco fritto e tigelle e un bicchiere di Lambrusco nella zona tra

(7)

7

Reggio Emilia e Modena, la mortadella del bolognese, il pane ferrarese a quattro corna e poi la Romagna tra piadine, pesche dolci e Sangiovese.

A proposito di vini, l’Emilia Romagna è la quarta regione italiana per produzione. Fino a dieci anni fa, il territorio investiva sulla quantità, ma ora pone più attenzione alla qualità. L’Emilia è nota per la produzione di vini frizzanti e in particolare tutta la zona del Modenese e del Reggiano continua la tradizione della produzione del Lambrusco, la Romagna invece si dedica in prevalenza alla produzione di vini fermi. Questi sono solo alcuni esempi di ciò che si può assaggiare dell’Emilia Romagna e un modo per poter fare un tour di questi prodotti della tradizione sono le Strade dei Vini e dei Sapori, ossia itinerari creati dal 1999 attraverso cui si può venire a contatto con la storia del luogo carpendo i segreti della cucina tipica all’interno del contesto territoriale.

Su tutto il territorio ma soprattutto nelle aree disposte vicino la Via Emilia, si è poi sviluppata l’industria meccanica che ha dato i natali alla Ferrari e al relativo prestigio di Maranello ed è fortemente legato ai grandi marchi di automobili come Maserati (Modena), Lamborghini (Sant’Agata Bolognese), Pagani (San Cesario sul Panaro - Modena) ma anche alle due ruote come

Fonte: Google

(8)

8

Ducati (Bologna) e Malaguti (San Lazzaro di Savena - Bologna). L’Emilia Romagna è la terra dei motori per eccellenza: sono stati realizzati musei interamente dedicati alla storia e ai personaggi che hanno reso grande le diverse case automobilistiche. In tutto il mondo invidiano il Museo Ferrari e il MEF (Museo Casa Enzo Ferrari) che comprende la Casa Natale e una galleria espositiva in cui vengono raccontate attraverso mostre temporanee le avventure, i protagonisti e le gare dell’automobilismo modenese. Ogni casa automobilistica racconta di sé grazie al relativo museo, infatti sono molto frequentati anche il Museo dell’Auto e Moto d’Epoca Umberto Panini che mette a disposizione una delle più complete collezioni di Maserati, il Museo Lamborghini, il Museo Ducati, il Museo Nazionale del Motociclo che ripercorre la storia delle due ruote da fine ‘800 agli anni ’80. Più nostalgico e con un pizzico di malinconia è il museo dedicato a Marco Simoncelli “La storia del Sic”, visitato anche da chi se ne intende poco di moto ma ha comunque un forte legame con i personaggi della propria terra. Oltre a visitare i musei si può provare sulla propria pelle il brivido della velocità grazie ai numerosi autodromi dislocati ovunque. Prenotando il circuito, infatti, è possibile sfrecciare a velocità non consentite su strada normale e mettersi alla prova con il proprio mezzo, auto o moto che sia. Le piste più conosciute sono l’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, il Santamonica di Misano Adriatico e il Riccardo Paletti di Vigarano de’ Melegari in provincia di Parma. Particolare ma frequente risulta essere anche il cineturismo quindi turisti che vengono in Emilia Romagna per visitare i luoghi in cui sono stati girati molti film famosi. Una pietra miliare del panorama cinematografico è rappresentato dalle avventure di Don Camillo e Peppone interpretati rispettivamente da Fernandel e G. Cervi. Le pellicole che li hanno visti protagonisti sono state girate a Brescello, un piccolo centro agricolo in provincia di Reggio Emilia. Un esempio più recente è invece Radiofreccia, di Luciano Ligabue. Il paesaggio del film è quello di Correggio, Novellara e di nuovo Brescello. Un’altra forma d’arte, oltre il cinema, si è sviluppata nella regione: la musica. In Emilia Romagna sono nati personaggi quali Lucio Dalla (Bologna), Francesco Guccini (Modena), Vasco Rossi (Zocca – Modena), Luciano

(9)

9

Ligabue (Correggio), Laura Pausini (Solarolo – Ravenna), Luciano Pavarotti (Modena) e molti altri, tutti destinati a diventare grandi star della musica ed essere riconosciuti e apprezzati.

Con i suoi 22452,78 km² di superficie l’Emilia Romagna garantisce a chiunque di trovare ciò che sta cercando per trascorrere il tempo: per gli appassionati di sport la conformazione del territorio è ideale, per gli amanti della natura il verde non manca, le famiglie con bambini possono trascorrere le vacanze in tranquillità, le nuove generazioni hanno diverse alternative tra cui scegliere come divertirsi, si possono raffinare le arti.

Probabilmente gli emiliani romagnoli non sono consapevoli della fortuna che hanno ad abitare su questo territorio. Come spesso accade si tende a sminuire ciò di cui possiamo disporre in ogni momento ma ne sentiamo la mancanza quando viene a meno. Questo è quello che succede anche agli abitanti della zona che, sul posto si lamentano della nebbia nella Bassa modenese, delle zanzare vicino ai corsi d’acqua, dell’Adriatico che non ha un aspetto invitante, dell’autostrada eccessivamente trafficata soprattutto nel periodo estivo ma, quando si spostano e oltrepassano i confini regionali, hanno nostalgia del cibo, dei passatempi noiosi e addirittura del clima umido.

(10)

10 Capitolo 2

L’Appennino Reggiano: terra di mezzo tra Modena, Reggio Emilia e la Toscana

La regione si suddivide in nove province di cui Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara e buona parte di Bologna costituiscono l’Emilia mentre Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e i restanti Comuni di Bologna formano la Romagna. Tutte le province (tranne Ferrara) sorgono e si sviluppano attorno l’asse della Via Emilia e si contraddistinguono per il territorio dato che in ciascuna è possibile trovare suggestive catene montuose. Analizzando solo una tra tutte le province, puntiamo l’attenzione su Reggio Emilia. La provincia di Reggio Emilia si estende per 2291 km² con una popolazione residente, al 2016, di circa 532000 abitanti distribuiti in 42 comuni. A nord è separata dalla Lombardia con la provincia di Mantova, a est i limiti territoriali sono dettati dalla presenza della provincia di Modena, a sud confina con la Toscana toccando le province di Lucca e Massa Carrara e a ovest con la provincia di Parma che segue per intero il corso del fiume Enza. Il territorio reggiano è formato da diversi paesaggi: oltre la parte delle città e dei paesi più rilevanti sia per notorietà che per dimensione, l’ambiente cambia conformazione e si sviluppa su colline originate da strati di argilla sedimentati dove prima si trovava un oceano. Le colline si intervallano a singolari formazioni rocciose come gessi o calanchi raggiungendo così la fascia appenninica. L’appennino ha da sempre giocato un ruolo fondamentale per l’economia reggiana assicurando la regolarità degli scambi di uomini, merci e culture con la Liguria e la Toscana. Le differenze tra pianura e montagna non si individuano unicamente nel paesaggio ma anche nel clima: afa, umidità e alte temperature caratterizzano l’estate in pianura mentre in montagna il clima è più fresco e asciutto. In inverno le pianure vengono ricoperte da una fitta coltre di nebbia anche se per brevi periodi e in concomitanza a temperature molte rigide mentre l’Appennino viene sormontato da metri di neve che possono persistere fino a primavera inoltrata. Considerando che la maggior parte della provincia di Reggio Emilia

(11)

11

è occupata quindi da colline e montagne, tant’è che questo particolare paesaggio copre tre quinti del territorio totale, si va a costituire così l’Appennino Reggiano che, tra le sue cime più importanti oltre i 2000 metri di altezza, annovera il monte Prado (2008 m), il monte Cusna (2120 m) e l’Alpe di Succiso (2017 m) . L’Appennino reggiano è incastonato tra il fiume Enza a ovest e il fiume Secchia a est, quindi tra Parma e Modena, mentre raggiunge la regione Toscana a sud.

L’area è caratterizzata, inoltre, da un terzo fiume, il Tresinaro, minore rispetto a Enza e Secchia ma capace di arricchire il territorio grazie alla sua storia. Il Tresinaro nasce dal fiume Fosola a Felina, un piccolo paesino sotto il Comune di Castelnovo né Monti e sfocia nel fiume Secchia. In passato il suo percorso veniva utilizzato come importante via di transumanza per il bestiame e di traffici commerciali quindi rappresentava un tratto spesso frequentato infatti ancora oggi è possibile individuare la presenza storica dell’uomo. L’uomo ha dimostrato il suo passaggio nella valle del Tresinaro lasciando in eredità castelli, borghi, campanili, case a torri, tipiche come forma di difesa, senza però intaccare eccessivamente la natura. Oggi si cerca di dare maggior rilievo alla valle in modo da avviare modelli di sviluppo innovativi a favore di quest’immenso patrimonio naturale e storico sfruttando le risorse economiche e umane presenti. A tale scopo, i quattro Comuni che appartengono all’area del Tresinaro, quindi Scandiano, Viano, Baiso e Carpineti, insieme alla Provincia di Reggio Emilia e alla Comunità Montana dell’Appennino Reggiano, nel 2005 hanno affidato a Ferdinando Lugli, ingegnere edile particolarmente interessato alla pianificazione territoriale, un progetto per la tutela, il recupero e la valorizzazione di tutta la valle. Si è riscontrato già un primo risultato registrando un lento ma continuo ripopolamento degli antichi borghi abbandonati da tempo e che invece oggi vengono preferiti alle case di città. A livello turistico il torrente Tresinaro e l’intera vallata non sono ancora stati predisposti per una fruizione facile e diffusa per cui è necessario munirsi di uno spiccato spirito di avventura ed andare in esplorazione dei sentieri meno frequentati per poter essere in grado di apprezzare realmente il luogo.

(12)

12

Nel corso dei secoli la montagna ha vissuto diverse trasformazioni dal punto di vista degli insediamenti umani. Le prime tracce rilevate risalgono già all’epoca preistorica quando l’Appennino veniva frequentato soprattutto da popolazioni nomade esperte nella caccia. Le zone migliori per questa attività erano quasi sempre rappresentate dall’alta montagna, sui passi, accanto ai laghi o lungo le principali vie di transito degli animali dove i cacciatori potevano assicurarsi abbondanti quantità di cibo attraverso cui poter vivere. In occasione di alcuni scavi, infatti, i ricercatori hanno recuperato resti di capanne, focolari e piccoli oggetti dell’epoca utilizzati per la caccia e legati alla lavorazione del legno.

Durante il neolitico le caratteristiche degli insediamenti hanno subito varie modifiche: le popolazioni tendevano a stabilirsi per diverso tempo in un luogo diventando sempre più sedentarie, sceglievano paesi a valle come Roteglia, a quasi 200 metri sul livello del mare, piuttosto che le alte cime montuose abbandonando la caccia per dedicarsi all’agricoltura.

Nelle epoche seguenti la montagna ha visto un leggero aumento degli insediamenti ma sempre alquanto scarsi, localizzati soprattutto nel Comune di Castelnovo né Monti. Nell’alto medioevo, dopo la caduta dell’Impero Romano, il territorio montano è diventato il campo di battaglia su cui si confrontarono Longobardi e Bizantini. Con la vittoria dei Longobardi attraverso la conquista di Bismantova, riferibile dal 593 al 644, questi riorganizzarono il territorio montano in un Gastaldato dipendente dal Comitato di Parma, cui apparterrà fino alla metà del X secolo.

Nel 778 un presunto Diploma di Carlo Magno descrisse i confini meridionali della Diocesi di Reggio il cui territorio avrebbe raggiunto la massima espansione con la contessa Matilde di Canossa. Canossa occupava una posizione strategica perché posizionata tra le principali vie di comunicazione che collegavano nord e sud d’Italia grazie a una fitta rete di castelli che dominavano il territorio. Con la morte della contessa i possedimenti matildici vennero suddivisi tra diverse famiglie nobiliari che imposero il relativo dominio sull’Appennino Reggiano. Qualche tempo dopo il Comune di Reggio decise di aumentare i propri confini e riaffermò la propria autonomia

(13)

13

esercitando il pieno potere sulla città. Grazie alle strategie politiche intraprese dal Comune di Reggio e al naturale aumento demografico, si è verificato un consistente ripopolamento dei rilievi montuosi. Purtroppo, però, il prestigio di cui si era fatto vanto il Comune fino ad allora è andato scemando durante il XIII secolo a causa delle lotte civili che ne hanno causata l’inesorabile disgregazione.

Nel 1409 Nicolò d’Este conquistò Reggio cercando da subito di includere nel suo dominio anche la montagna, occupata definitivamente nel 1427. La presenza degli Estensi non passò inosservata. Nel periodo in cui regnò questa famiglia ci furono grandi cambiamenti territoriali, il riconoscimento dei diritti delle comunità locali, una riorganizzazione dell’ambito amministrativo, lo sviluppo dell’agricoltura e del commercio, un aumento degli abitanti nei borghi antichi e la nascita di altri nuovi, per contare, a fine ‘700, 41 mila abitanti nei Comuni Montani. In seguito, con l’abolizione dei feudi, la Repubblica e il periodo napoleonico l’assetto territoriale venne suddiviso in dipartimenti, composti a loro volta da distretti che rimasero funzionanti fino all’annessione al Regno d’Italia.

Le rocce che costituiscono l’Appennino Reggiano sono di origine sedimentaria marina infatti l’area in cui sorge l’Appennino in passato era occupata da un antico mare chiamato Tetide. Gli spostamenti dell’Antica Europa e dell’Antica Africa hanno poi provocato degli accavallamenti di falde anche molto distanti tra loro. Una particolarità di questo territorio è infatti la presenza di rocce formate da più strati sovrapposti di materiale diverso derivato da epoche distinte. Ad esempio, le rocce più antiche dell’Appennino sono rappresentate dagli affioramento dei gessi dell’Alta Val di Secchia creati grazie all’erosione del fiume. La conformazione del territorio ha favorito la presenza dell’uomo; le alte quote sono da sempre state sfruttate dalle comunità montane come forma di sostentamento della loro economia: i pascoli per l’allevamento del bestiame utilizzato sia per la carne che per la pastorizia e i boschi come fonte di legname e la produzione di carbone. La valle, invece, viene occupata principalmente per la comodità di essere vicino alle città ma immersi in un paesaggio ancora incontaminato. Questa però,

(14)

14

non corrisponde alla realtà dato che la presenza dell’uomo ha comunque apportato grandi modifiche al territorio circostante creando gravi conseguenze al paesaggio.

Un esempio tra tutti è rappresentato dal paese di Succiso. A seguito di una frana poi stabilizzata, è stato eretto questo paese che fondava la propria economia sull’allevamento ovino, bovino ed equino; dopo la Seconda Guerra Mondiale, però, gran parte degli abitanti decise di abbandonare il paese e i pochi rimasti diventarono più abili nello sfruttamento delle risorse ambientali piuttosto che proseguire con le attività degli anni precedenti. I boschi vennero sfruttati in modo eccessivo, i terreni agricoli vennero sostituiti da strade per permettere il passaggio delle macchine, la terra ha iniziato a non dare più buoni frutti a causa dei metodi di coltivazione intensivi come le arature profonde che sottraggono le sostanze nutritive al terreno. In questo modo l’insediamento umano non ha fatto altro che impoverire la zona, sia dal punto di vista territoriale ampliando l’area instabile, sia dal punto di vista storico dato che le case di interesse sono state abbandonate generando una situazione di degrado generale.

Meta di turismo di ogni genere risulta essere Castelnovo né Monti, Comune molto importante per l’Appennino. Castelnovo né Monti è rinomata per la grande maestria degli abitanti nell’arte della fusione campanaria. Le origini di questa tradizione risalgono al 1414 quando il maestro Giovanni da Pontremoli fuse le campane della pieve locale. Da quel momento la realizzazione delle campane divenne l’attività principale del paese. Gli abili del mestiere hanno raffinato negli anni le tecniche di lavorazione e ad oggi sono apprezzati in tutto il mondo. A livello nazionale, invece, la maggior parte delle campane castelnovesi sono distribuite nelle principali chiese e monasteri del nord d’Italia e della Toscana. Una tra tutte è la Campana dei Caduti o Maria Dolens, una delle campane più grandi del mondo in grado di suonare a distesa. Venne commissionata nel 1964 dopo alcuni tentativi vani da parte di altre fonderie, si trova a Rovereto, pesa 225 quintali e dal 1966 ogni giorno ricorda i caduti della Grande Guerra con i suoi rintocchi.

(15)

15

Un altro motivo per raggiungere Castelnovo né Monti è l’imponente ammasso roccioso che si erge al centro del Comune.

Con la particolare forma di un’incudine rovesciata derivante da secoli di erosione da parte degli agenti atmosferici e paragonata da Dante nella Divina Commedia al monte del Purgatorio, la Pietra di Bismantova costituisce il simbolo del paese.

La sua formazione dovrebbe risalire a circa 15 milioni di anni fa ed è costituita da roccia sedimentaria; proprio grazie alla sua origine è possibile trovare ancora oggi incastonati dei denti di squalo preistorico.

Figura 2.1: Pietra di Bismantova

(16)

16

È alta più di 300 metri, la sommità è pianeggiante mentre le pareti sono di una verticalità disarmante infatti la Pietra è molto frequentata dagli appassionati dell’arrampicata. L’area circostante è abitata fin da età antichissime e ne sono testimonianza i reperti archeologici della località di Campo Pianelli attualmente esposti nei Musei Civici di Reggio Emilia.

I turisti giungono anche per il famoso parmigiano reggiano di montagna preparato ancora secondo tecniche artigianali o per alcune delle vette che superano i 2000 metri di altezza come l’Alpe di Cusna (2120 m), il monte Prado (2054 m), l’Alpe di Succiso (2016m) ideali sia in estate per escursioni sia in inverno per praticare lo scii nelle stazioni delle vicinanze (Febbio, Cerreto Laghi e Ventasso).

Castelnovo né Monti rappresenta quindi meta di turismo sportivo, estivo, invernale, culturale, artistico, dispone di una proficua rete di agriturismi e villeggiatura tradizionale ed è stata persino eletta Città Slow.

L’Appennino reggiano è caratterizzato dal Turismo di Comunità ciò significa che gli abitanti del luogo partecipano attivamente all’accoglienza dei turisti. Due esempi di come la popolazione può intervenire in ambito turistico sono

Figura 2.2 : Pietra di Bismantova, veduta aerea

(17)

17

rappresentati dalle località di Cerreto Alpi e Succiso. Nel primo caso, gli ospiti possono soggiornare in alloggi rurali e gli abitanti ricoprono il ruolo di guide locali per orientare i turisti sui percorsi da intraprendere, la ristorazione tipica, le attività sportive da svolgere in base alla stagione. Nel secondo caso, i turisti vengono accolti presso agriturismi ma il compito degli abitanti rimane sempre quello di spiegare ai nuovi arrivati tutte le possibilità che offre il territorio perciò intervengono guide escursionistiche, maestri di sci nordico, accompagnatori per le gite in mountain bike, guide ambientali e molti altri. Questa organizzazione ha lo scopo di mantenere la popolazione strettamente legata al proprio luogo di nascita e allo stesso tempo incaricarla di un ruolo fondamentale: ospitare i turisti dando loro però tutte le informazioni necessarie per vivere al meglio il territorio che stanno visitando nel rispetto delle caratteristiche e delle tradizioni dello stesso attraverso percorsi educativi sia per bambini che per famiglie quindi dando la possibilità di mettere in pratica un turismo sostenibile.

Un esempio dei flussi turistici che hanno interessato l’Appennino Reggiano si può ritrovare nella tabella sottostante che riporta i dati del 2010.

ZONA ITALIANI STRANIERI

ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE

Crinale 22387 104467 1474 5110

Media montagna 6508 26517 929 3374

Bassa montagna 2275 9933 683 3053

Comunità montana 31170 140917 3086 11537

Provincia di Reggio Emilia 219764 507230 69201 175738

TOTALE 282104 789064 75373 198812

Figura 2.3 : arrivi e presenze nel 2010

(18)

18

Dalla tabella 2.3 possiamo desumere come la montagna abbia una buona incidenza sui flussi turistici che riguardano la provincia di Reggio Emilia: il crinale, quindi la parte di montagna più alta ha registrato un totale di 23861 arrivi e 109577 presenze ossia di notti trascorse nella destinazione, seconda solo al totale della comunità montana, che conta rispettivamente 34256 e 152454. Le altre due categorie influiscono meno sul totale turistico ma risultano comunque importanti per il settore infatti la media montagna raggiunge quota 7437 arrivi e 29891 presenze mentre la bassa montagna rileva un totale di 2958 arrivi e 12986 presenze. Sul totale degli arrivi di tutta la provincia, la fascia montuosa copre quindi il 23,7% mentre salgono al 44,64% le presenze, ciò significa che nel complesso quasi la metà dei soggiorni intrapresi nella provincia di Reggia Emilia vede come destinazione principale la montagna.

(19)

19 Capitolo 3

Il Comune di Baiso come promotore del turismo all’aria aperta

Addentrandoci nel territorio della Provincia di Reggio Emilia mettiamo in evidenza il Comune di Baiso. Il territorio di Baiso confina a nord con Viano e Castellarano, a est con la provincia di Modena, a sud con Toano e a ovest con Carpineti e Casina. Il comune è in parte lambito dal fiume Secchia e si estende nelle colline comprese tra il torrente Tresinaro e lo stesso fiume Secchia. Baiso si trova a 543 metri sul livello del mare e comprende cinque frazioni: Levizzano, San Cassiano, Debbia, San Romano, Visignolo. Conta una popolazione di circa 3300 abitanti (dato aggiornato al 2016), circa 44 abitanti per km² in quanto si tratta di un Comune di montagna con ampi spazi boscati e disabitati. Si può raggiungere Baiso da diverse vie: provenendo dall’ex strada statale Reggio-Scandiano e proseguendo in località Pratissolo per Viano e Baiso oppure si può oltrepassare l’intera vallata del Tresinaro o ancora in alternativa si può arrivare da Sassuolo, risalire il fiume Secchia, superare Castellarano e Roteglia arrivando direttamente a Baiso.

COMUNE DI BAISO

Figura 3.1: Comune di Baiso

(20)

20

Una delle caratteristiche più rilevanti del Comune di Baiso è il paesaggio ricco di superfici calanchive dove si posizionano rocce arenacee sulle quali sorge l’abitato, importanti testimonianze storiche ed architettoniche ed è circondato da folti boschi. Il territorio si è formato su strati di rocce argillose accumulatesi nel corso di milioni di anni, quindi occupando il fondale di un antico oceano; le argille più datate risalgono al periodo Mesozoico superiore (oltre 65 milioni di anni fa), mentre le più recenti sono del Terziario inferiore (circa 65-30 milioni di anni fa) come gli affioramenti di rocce arenacee e marnose. Le argille costituiscono geologicamente i terreni più antichi del Comune ed è da ricercare nella loro presenza l’origine dei caratteristici calanchi policromi. La particolarità delle argille di questa zona risiede proprio nelle diverse tonalità della materia che creano uno scenario unico; spiccano soprattutto colori come rosa, giallo, bruno vinato e verde. La colorazione delle argille deriva dalla presenza di differenti concentrazioni di sali di ferro e manganese, formatisi a seguito dei processi geochimici avvenuti sui fondali abissali dell’antico oceano: i calanchi policromi di Casale, a nord del capoluogo, sono da considerare tra i più suggestivi della Regione.

Figura 3.2: sezione di un calanco reggiano

(21)

21

Attraverso la figura 3.2 si vuole dare una dimostrazione della composizione dei calanchi. Si distinguono chiaramente gli strati di materiale diverso che negli anni si sono sedimentati. La colorazione è tipica dei calanchi di questa zona.

Queste argille possono contenere, inoltre, dei fossili di dinosauri marini esistiti ai tempi dell’oceano quindi hanno anche una valenza storica molto sentita. I calanchi si formano dal passaggio continuo dell’acqua nelle zone argillose e, a lungo andare, erode la materia; per questo motivo gli anglosassoni usano il termine badlands (terre cattive) per indicare questo tipo di erosione superficiale. Il paesaggio che si va a creare è così costituito da pendii aridi, privi di copertura boschiva e poco stabili, ma ricchi di lingue di fango in continua trasformazione. L’acqua incide la materia fangosa facendosi spazio in profondi solchi e provocando il distaccamento della materia che, scivolando lentamente verso il basso, conclude la sua corsa nel momento in cui il sole la scalda talmente tanto da solidificarla. Così facendo il paesaggio calanchivo non smette mai di stupire creando forme nuove con il tipico aspetto scagliato (da qui il termine argille scagliose con cui i geologi del passato indicavano le argille calanchive). Un tempo le argille dei calanchi venivano sfruttate come materia prima nel settore ceramico dei paesi di Casalgrande e Sassuolo tant’è che oggi sono ancora visibili le cave. A causa della friabilità del terreno gli abitanti non hanno mai avuto una collocazione stabile delle proprie abitazioni; da un momento all’altro i calanchi potevano muoversi costringendo intere borgate a riposizionarsi altrove cercando zone rocciose e maggiormente solide, cosa che è successa allo stesso capoluogo. Oggi, i calanchi di Baiso, vengono riconosciuti come geo–sito proprio grazie alla loro spettacolarità e costituiscono un patrimonio pressoché unico nell’ambito geologico della Regione.

(22)

22

La figura 3.3 mostra il paesaggio calanchivo nella zona di Muraglione di Baiso dalla vista satellitare: tutto il territorio compreso tra le due parentesi è costituito da questa particolare conformazione che si estende per una superficie decisamente rilevante.

Interessante risulta, comunque, tutto il territorio di Baiso in quanto, oltre la presenza dei calanchi, annovera tra le sue caratteristiche l’alternarsi di zone boschive, zone aride e singolari specie vegetali. La vegetazione cambia profondamente in base alla tipologia del territorio e, considerando che il Comune di Baiso è molto eterogeneo, le varietà di specie vegetali sono notevoli. Come già spiegato, nelle aree calanchive la vegetazione è quasi assente mentre in corrispondenza degli affioramenti delle arenarie grossolane e sabbiose di Vronchi e San Giacomo, non mancano l’erica arborea o la ginestra, specie che richiedono abbondanti quantità di calore ma che riescono a vivere anche in queste zone grazie alla particolare esposizione. Nelle zone facilmente raggiungibili e dove il terreno è più adatto alla coltivazione si sono sviluppati gli insediamenti abitativi mentre i boschi sono rimasti dove l’attività agricola comporta maggiori rischi a causa dell’eccessiva pendenza del suolo e la bassa insolazione. La vegetazione boschiva è costituita principalmente da querceti e, in misura minore, dal

Figura 3.3: paesaggio calanchivo a Muraglione

(23)

23

frassino, nocciolo, ciliegio selvatico ed il pino silvestre, conifera che trova nel territorio di Baiso uno dei suoi estremi limiti meridionali di diffusione europea. Accanto ai corsi d’acqua crescono spontanei i salici e varie specie di pioppi. Di forte richiamo turistico risulta essere la fioritura delle orchidee selvatiche che, in primavera e per tutta l’estate, da vita a uno spettacolo imperdibile per gli amanti della natura. Vengono addirittura organizzate lunghe camminate per scoprire il territorio ma soprattutto per godere di questo patrimonio naturale. Il luogo migliore per la nascita di questi fiori si trova accanto alle zone argillose.

Per quanto riguarda la fauna tipica, Baiso può vantare la presenza di numerose specie animali, diverse per tipologia, dimensione e abitudini. Tra i mammiferi più visibili si trovano volpi, faine, tassi, ricci, lepri, scoiattoli, ghiri e talpe mentre da ricercare nelle aree boschive sono il daino ed il cinghiale ma soprattutto il capriolo che negli ultimi anni ha ripopolato in maniera massiccia tutto il territorio. Sono recenti anche alcuni avvistamenti di lupo. Si contano, inoltre, numerose specie di uccelli (passero comune, merlo, cornacchia, tortora, quaglia, fagiano, rondine, picchio), rapaci diurni (falco, poiana), notturni (gufo, civetta, barbagianni) e specie tipicamente invernali (pettirosso, allodola, tordi, beccacce). Anche anfibi e rettili comuni.

Baiso rappresenta uno dei due capoluoghi della media Valle Tresinaro (il secondo capoluogo è Viano) e si riconosce anche da lontano grazie alla presenza del suo castello. Si tratta di una costruzione del tipo castello-fortezza, chiuso e difensivo, tipico dell’insediamento medievale di questa collina. Originariamente, Adalberto Atto, capostipite dei Da Canossa, eresse una torre difensiva nel 957 sulla cima di una collina arenacea in posizione strategica per dominare sul territorio circostante, che divenne castello solo dopo qualche tempo. Il castello nacque sotto il dominio dei Da Baiso che dovevano dimostrare un forte legame di fedeltà con i Canossa ma la proprietà passò in diverse mani: i Fogliani, gli Estensi, i Pagano, i Tassoni, per finire con i Levizzani che, tra l’altro, costruirono il marchesato di Levizzano (frazione a est di Baiso) nel 1643. Baiso divenne comune autonomo solo con l’Unità d’Italia. Nonostante le modifiche apportate al

(24)

24

castello nel corso dei secoli, la fortificazione risulta ancora oggi ben conservata e con le caratteristiche architettoniche tipiche dell’epoca: il castello comprende un vasto recinto delimitato da due cortine di mura mentre a sud ovest si erge l’edificio vero e proprio composto da diversi fabbricati, fra cui risalta il mastio merlato. Oggi il castello è di proprietà privata; ciò ne vieta la visita al suo interno. Nel territorio di Baiso è frequente imbattersi in case a torre realizzate in epoca medievale in corrispondenza dei tanti centri rurali. Queste opere architettoniche testimoniano la presenza attiva degli abitanti della zona che utilizzavano le vie del paese per la circolazione di persone e merci e come terra di collegamento tra pianura e montagna quindi frequentate spesso anche dai greggi in transumanza. Inoltre il paese fungeva da luogo di transito per mettere in comunicazione la pianura Padana con la Toscana; ne sono testimonianza numerosi reperti archeologici risalenti a quasi tutte le epoche storiche. Sono stati recuperati, infatti, dei resti neolitici e le vestigia di villaggi dell’Età del Bronzo nei pressi di Roteglia mentre a San Romano sono più frequenti i ritrovamenti riconducibili all’Età del Ferro ed al periodo Etrusco-Ligure. Diffuse in diverse località del territorio sono anche delle testimonianze di fattorie romane, tipiche tra il II secolo d.C. e la fine dell’Impero. Ad ogni modo, le tracce di insediamenti umani più comuni risalgono al Medioevo quando l’Appennino è diventato fondamentale come via di comunicazione.

Grazie a un documento storico, datato 1197, è possibile capire quanto si svilupparono i nuclei rurali del territorio di Baiso durante quest’epoca. Si tratta del Giuramento di Fedeltà sottoscritto dagli uomini di Baiso davanti al Comune di Reggio; nel documento venivano elencati i rappresentanti delle comunità rurali con la relativa provenienza. Confrontando i dati del Giuramento con la situazione attuale, si è scoperto che molte comunità segnalate all’epoca risultano tuttora abitate.

Come luogo di passaggio, soprattutto nei secoli precedenti l’anno 1000, Baiso ha subito l’influenza di diverse popolazioni, in particolare di Longobardi e Bizantini che hanno frequentato spesso queste terre. Dai Bizantini, abituali consumatori di carne di pecora, i baisani hanno mantenuto questa abitudine

(25)

25

perciò molti abitanti si dedicano all’ allevamento di pecore da carne. Con il passare degli anni si sono tramandate moltissime specialità realizzate con la carne di pecora come ad esempio le barzìgole, ossia delle bistecche aromatizzate con olio, aglio, alloro, salvia, rosmarino e sale ricavate da parti pregiate della spalla o della pancia dell’animale e il violino di pecora quindi un prosciutto di colore più scuro rispetto al prosciutto di maiale e soprattutto molto saporito, tipicamente invernale. Nel Comune di Baiso è talmente radicata la tradizione del consumo della pecora che da diversi anni viene organizzata una manifestazione chiamata La Tavola di Bisanzio in cui si può fare un tuffo nel passato medievale assaggiando i prodotti tipici di un tempo. Rimanendo in tema culinario, da annoverare tra le leccornie tipiche del Reggiano e soprattutto di Baiso è il croccante, il dolce più diffuso della montagna reggiana preparato con le mandorle e le nocciole di stagione. Generalmente in passato veniva preparato in modo molto semplice ma se doveva rappresentare il dono nuziale in occasione di un matrimonio allora diventava una vera opera d’arte assumendo forme e strutture incredibili. Oggi lo si può trovare ancora a Viano confezionato in maniera eccelsa ma anche nei banchi delle fiere di paese in produzioni più semplici. Il croccante simboleggia il prodotto tipico di questa zona di montagna tanto da essere preso come punto di riferimento culturale dell’intero territorio. Proprio per la sua rilevanza, da poco è nato il gruppo delle Croccantine di Baiso, che lavora per conservare, sostenere e promuovere l’originalità e la qualità del croccante di Baiso. Tipici della zona e molto pregiati sono anche i funghi porcini e il tartufo bianco mentre le castagne si trovano in abbondanti quantità su tutto l’Appennino.

In precedenza, è stato accennato al fatto che la famiglia Canossa è intervenuta in modo rilevante sul territorio di Baiso. Adalberto Atto si occupò della costruzione del futuro castello ma la protagonista indiscussa della famiglia fu sicuramente la contessa Matilde. Prigioniera da bambina in Germania con la madre e protagonista da adulta della lotta per le investiture, divenne la più importante alleata di un papato intenzionato a dichiarare la superiorità del divino su tutti i poteri terreni. Visse tra 1046 e il 1115 e riuscì a

(26)

26

concentrare nelle sue mani il controllo su buona parte dell’Italia settentrionale e centrale. Durante il Medioevo era assai inusuale che una donna potesse ricoprire un ruolo di grande valore; così non fu per Matilde, invece, dato che per 40 anni rappresentò una delle donne più potenti dell’epoca, sovrana di uno Stato che si estendeva su diverse province, da Parma a Ferrara. Il centro nevralgico del potere di Matilde risiedeva nel cuore dell’Appennino Reggiano costellato da castelli, rocche e chiese a difesa delle sue terre. Alcune di queste strutture risultano ancora oggi ben conservate mentre altre sono ormai solo dei ruderi instabili.

Matilde poteva permettersi abitudini bislacche come l’utilizzo di speroni d’oro per montare a cavallo, il rituale delle confessioni all’alba di ogni giorno e dopo la morte del suo fido consigliere era solita curare il suo eczema sdraiandosi nuda sul tavolo in cui era stato lavato il cadavere dell’amico. Per lei, due matrimoni falliti alle spalle ma nessuna discendenza.

Nel gergo comune è nato anche un modo di dire che fa riferimento alle vicende di Matilde. Dire “andare a Canossa” sta ad indicare un senso di umiliazione e la ricerca del perdono. L’imperatore Enrico IV venne scomunicato a causa della sua pretesa di dettare legge sui vescovi, al tempo potenti emissari locali del potere di Roma ma poi, per evitare di perdere le proprie prerogative, accettò di chiedere il perdono di papa Gregorio VII affrontando il rigido inverno del 1077, scalzo e vestito di un saio raggiungendo il castello di Matilde dove si trovava il papa. Così, il 27 gennaio, papa Gregorio VII revocò la scomunica grazie anche alla mediazione della contessa proprio all’interno del castello di Canossa, andato successivamente quasi distrutto. Nel 1111, Enrico V, imperatore del Sacro romano impero, la incontrò a Bianello incoronandola regina d’Italia e vicaria papale.

Ogni anno nelle terre toccate da Matilde vengono organizzate manifestazioni e rievocazioni storiche riferite alle vicende della contessa a cui partecipano tutti con i costumi d’epoca.

(27)

27

A Matilde di Canossa è stato dedicato anche un modo particolare di fare artigianato: l’Ars Canusina. Si tratta di un’arte basata sulla creazione di manufatti di vario genere come tessuti ricamati al ferro battuto, ceramiche, abbigliamento, vetri colorati, oggetti in legno, lampade, arredi e molto altro. Venne utilizzata in origine come metodo di cura dalla psichiatra Maria Del Rio nella prima metà del XX secolo. Il Comune di Casina ha istituito il Consorzio Ars Canusina che ha il compito di dettare gli standard e certificare la qualità dei prodotti acquistabili, tra l’altro, nello showroom del consorzio di Casina, a Ciano d’Enza e negli atelier di alcuni degli artigiani aderenti in occasione di sagre e mercati sul territorio.

Da come è stato descritto fino ad ora il territorio di Baiso si può capire come dovrebbe essere già da tempo, meta di turismo di ogni genere: è facile da raggiungere perché circondato da strade comode, ben asfaltate e adeguatamente collegate. Se invece si vuole optare per viaggiare all’insegna del paesaggio allora il territorio offre anche una rete di strade secondarie più semplice su cui si attraversano i piccoli Comuni della zona per raggiungere luoghi di grande interesse paesaggistico, naturalistico e storico-culturale. L’alternativa alla macchina si trova utilizzando la mountain bike o attraverso particolari camminate lungo i numerosi sentieri previsti.

Con qualsiasi mezzo si decida di arrivare e visitare le terre di Baiso si può contare su punti di ristoro come bar, trattorie, ristoranti, B&B che offrono una

Figura 3.4: esempi di Ars Canusina

(28)

28

cucina semplice fatta di tradizioni locali con relativa possibilità di acquistare i prodotti tipici del luogo.

Il Comune punta molto sulla promozione del turismo escursionistico tant’è che, grazie al supporto del GAL Antico Frignano (Gruppo di Azione Locale che lavora per lo sviluppo delle aree rurali), Appennino Reggiano e l’Amministrazione Comunale, Baiso è riuscito a promuovere un progetto di valorizzazione del turismo escursionistico, basato sulla realizzazione di una serie di percorsi ad anello individuabili attraverso l’apposita segnaletica, che toccano i luoghi di maggior attrazione. Sono stati creati 14 percorsi principalmente segnalati con le lettere dell’alfabeto e raccolti su una carta turistico-escursionistica su cui sono state riportate, oltre al tracciato delle percorrenze, anche informazioni di carattere generale come i punti di ristoro, di accoglienza e i punti panoramici più suggestivi. Compresa nei 14 percorsi ma non per questo realizzata ad anello è la Via Reale, un cammino che si sviluppa longitudinalmente sul territorio collegando la valle del Secchia con la valle del Tresinaro e che un tempo probabilmente faceva parte della grande direttrice che scendendo dall’Appennino raggiungeva Canossa. I percorsi proposti non presentano alti gradi di difficoltà in quanto il dislivello da affrontare non è particolarmente accentuato. Occorre, però, prestare attenzione alle vie segnalate dato che alcuni sentieri seguono carraie che si inoltrano in terreni privati quindi è bene attenersi al massimo rispetto delle proprietà evitando di uscire dal tracciato.

Nonostante le alternative messe a disposizione dal Comune di Baiso, risulta alquanto scarna la possibilità di attirare i bambini in queste attività. Il territorio infatti si mostra favorevole allo sviluppo turistico in quanto offre numerosi motivi per raggiungere il posto in base alle preferenze dei turisti ma probabilmente i bambini non vengono considerati come un target da soddisfare; questo atteggiamento di dimostra svantaggioso dato che i bambini devono per forza essere accompagnati dai genitori o addirittura dall’intera famiglia: questo fa aumentare del doppio o del triplo il giro di persone che visitano il territorio, che approfittano dei locali pubblici per la ristorazione e che possono essere istruite sulle corrette pratiche del turismo.

(29)

29

Le opinioni sono molto divergenti: intervistando alcuni dipendenti del Comune sembra che l’amministrazione stia cercando in ogni modo di proporre attività diversificate adatte a tutte le età dei bambini ma queste non vengono recepite come attrattive a causa della popolazione poco interessata alla vita di comunità. Al contrario, i genitori sostengono che il Comune non stia facendo abbastanza, i figli sono costretti a rimanere a casa perché in paese non c’è nulla con cui i piccoli possono trascorre il tempo o comunque le attività proposte sono solo per alcune tipologie di famiglia.

Nello specifico, il Comune di Baiso, innanzitutto, fa parte dell’Unione Tresinaro-Secchia ovvero una vera e propria fusione di sei Comuni (Baiso, Casalgrande, Castellarano, Rubiera, Scandiano e Viano) che uniscono le proprie risorse umane, economiche e tecniche per ottenere risultati migliori rispetto a quanto riuscirebbero a fare i singoli Comuni. Inoltre, collabora con il CEAS Terre Reggiane ovvero il Centro di Educazione Alla Sostenibilità che ha sede a Iano. Grazie all’intervento di questo centro, nel 2016 sono state organizzate due uscite nel mese di marzo che hanno visto la partecipazione dei bambini in escursione sui calanchi; inoltre, è stata portata a termine una terza iniziativa promossa sempre dal CEAS in programma per fine settembre 2017 in cui le famiglie con i propri figli sono andate a ripulire il fiume Secchia dai rifiuti portati dalla corrente con lo scopo di sensibilizzare i partecipanti e far capire soprattutto ai bimbi quanto sia importante rispettare l’ambiente in cui viviamo e mantenerlo pulito. I bambini possono partecipare a queste attività gratuitamente in quanto il CEAS utilizza i contributi ricevuti dalla Regione.

Le iniziative di Baiso vengono pubblicizzate attraverso i social network, sia del Comune che degli enti con cui collabora, il sito Internet del Comune, l’app (Baisoapp) e le locandine distribuite nelle suole. Sul territorio le scuole sono presenti solo a Baiso e a Muraglione, una piccola frazione: a Baiso si contano circa 200 bambini tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado mentre a Muraglione i bimbi sono solo un ottantina distribuiti tra scuola dell’infanzia e primaria. Come conseguenza al progressivo abbassamento degli affitti nel corso degli anni è aumentato notevolmente il

(30)

30

numero di persone straniere soprattutto marocchine, indiane e rumene e in particolare i primi dimostrano un certo interesse nella partecipazione alle attività comunali. Allo stesso tempo, però, dato che nelle famiglie straniere le mamme sono più portate alla cura dei figli piuttosto che al lavoro, cosa di cui si occupa il marito, e che la popolazione sta invecchiando quindi è ricca di nonni disponibili ad assistere i propri nipotini, la presenza delle scuole dell’infanzia diventa sempre meno necessaria.

Baiso capoluogo e le relative frazioni non sono molto lontani tra loro dato che si tratta di un Comune limitato ma la popolazione percepisce questa distanza molto impegnativa tanto da impedire agli abitanti di Muraglione, ad esempio, di assistere alle manifestazioni o partecipare alle attività proposte. D’altro canto il Comune non è in grado di provvedere all’organizzazione del trasporto pubblico, prevedendo navette o autobus locali, in occasioni particolari perché troppo costoso. Il Comune si adopera però può contare solo su risorse ben definite soprattutto per quanto concerne i trasporti quindi molti bimbi non aderiscono alle iniziative perché non hanno nessuno che li accompagna perciò i genitori sono costretti ad improvvisarsi autobus e “raccogliere” i vari bimbi.

Le attività più sentite sono: in estate, generalmente, i corsi sportivi come il nuoto e il tennis dove viene registrata una buona affluenza; sono stati realizzati tre campi sportivi attraverso i contributi di vent’anni fa quando le risorse abbondavano e grazie alle associazioni che si sono mosse in tal senso. Inoltre, il Comune interviene anche nell’organizzazione dei campi estivi, di cui però, se ne occupa in primis la parrocchia. Questi campi si svolgono a San Cassiano e a Baiso per cinque settimane e i bimbi, dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia all’ultimo anno della scuola primaria di secondo grado, possono iscriversi per trascorrere in compagnia dei coetanei i pomeriggi estivi. Questa scelta comporta un costo per le famiglie pari a circa 20€ a bambino per ogni settimana frequentata, l’iscrizione è quindi settimanale senza possibilità di ingressi giornalieri e comprende le attività svolte esclusivamente nel pomeriggio e la merenda. I bambini vengono seguiti da educatori professionisti oltre che da volontari

(31)

31

nell’esecuzione delle consegne: ad esempio, l’ultimo campo estivo organizzato si basava sul tema dei libri quindi veniva analizzato un racconto e riproposto sotto varie forme compresa la rappresentazione teatrale. Purtroppo l’ultimo campo estivo ha faticato a decollare a causa della carenza di partecipanti ma, raggiungendo comunque i numeri minimi stabiliti, ha registrato l’iscrizione di circa quaranta bambini per tutto il periodo.

Durante l’anno invece, le iniziative dedicate ai bambini fanno riferimento più che altro a spazi appositamente allestiti in occasione delle comuni feste di paese e di questo spesso se ne occupano le Proloco della zona ossia associazioni che operano per la promozione e lo sviluppo del territorio circostante.

Anche la biblioteca comunale cerca di intrattenere il pubblico dei più piccoli programmando delle letture di gruppo a cadenza mensile in cui figli e genitori possono trascorrere del tempo insieme imparando qualcosa di nuovo. Queste iniziative però devono essere preparate e pubblicizzate con largo anticipo tenendo in considerazione ricorrenze particolari, feste di compleanno o altri impegni che potrebbero avere i destinatari del progetto per evitare che queste giornate in biblioteca rimangano scritte solo sulla carta e mai realizzate.

Dal punto di vista turistico Baiso può contare sull’intervento di varie associazioni che, lavorando con il patrocinio del Comune, coordinano diverse manifestazioni. Una su tutte è sicuramente La Tavola di Bisanzio, una festa medievale che si svolge nel terzo weekend di luglio ormai da undici anni. Si tratta di un momento di ritrovo che richiama centinaia di turisti ogni anno, anche da fuori regione, per assistere al corte del sabato sera composto dai bimbi del posto in costume d’epoca, al corteo della domenica che vede la partecipazione di tutto il paese in stile medievale, per assaporare i prodotti tipici della cucina bizantina e per le numerose attrazioni per grandi e piccini. Questa rievocazione rappresenta forse l’unico momento in cui le strutture ricettive di Baiso e anche quelle delle zone limitrofe sono tutte occupate. Altre feste di cui si vanta il paese sono: la festa spagnola, la festa anni ‘70-‘80, la festa di primavera, la festa di autunno (entrambe organizzate dalla

(32)

32

Proloco) e i mercatini di Natale. Trattandosi di eventi all’aperto per queste occasioni l’affluenza dipende molto dalle condizioni atmosferiche.

Baiso punta molto sul territorio: le strutture ricettive sono numericamente scarse ma il Comune tende più che altro a incentivare la scoperta della natura attraverso le escursioni sui calanchi, i cammini lungo i sentieri itineranti, il cicloturismo. Una pecca secondo i dipendenti comunali è la poca voglia dei ristoratori locali di rimettersi in gioco infatti le vie del paese sono cosparse di locali tradizionali come trattorie e ristoranti chiusi o mai rinnovati. Il giudizio degli abitanti del Comune di Baiso non rispecchia quanto dichiarato dal Comune stesso. In diversi anni che abitano nella zona, i baisani hanno riscontrato raramente il buon lavoro delle Proloco, addirittura hanno assistito al loro fallimento. Attualmente, alcuni cittadini si dimostrano più interessati alla vita del paese e cercano di attivarsi in tal senso: sono nate associazioni come Vivi Baiso e L’ennesima Associazione che si stanno mobilitando registrando i primi risultati positivi.

Per chi si trasferisce a Baiso provenendo da un paese diverso l’accoglienza non è delle migliori infatti gli abitanti storici del paese faticano ad aprirsi a nuove persone così si forma l’idea che Baiso sia un paese chiuso, senza spirito di iniziativa, dove i negozianti decidono in autonomia quando abbassare le saracinesche delle proprie attività senza rispettare gli orari di apertura al pubblico e dove, alla domenica, non passa mai nessuno sembrando un paese abbandonato. Molti genitori con i figli che frequentano la scuola primaria a Baiso sono stati costretti a trasferirli nella scuola di Roteglia proprio perché quest’astio nei confronti di chi non è “baisano doc” sussiste anche tra i giovani. Chi ha delle attività commerciali vorrebbe spostarsi nel modenese, se solo ne avesse la possibilità. Secondo i cittadini il Comune investe solo a favore di una ristretta cerchia di persone, non riesce a coinvolgere altre persone o attività e pur sapendolo si giustifica dicendo che i baisani sono “fatti così”, dando la colpa agli abitanti se le proposte del Comune non vengono prese in considerazione.

Sostengono che le feste organizzate dal Comune potrebbero risultare interessanti e piacevoli ma i bimbi non abitano solo nelle vicinanze di Baiso

(33)

33

ma anche nelle frazioni e probabilmente è vero che non hanno i genitori disposti ad accompagnarli in centro perché tanti sono figli di allevatori impegnati nel lavoro anche nei weekend. Inoltre per gli extracomunitari che vivono qui alcune feste non sono proprio adatte alla loro cultura, ad esempio, le manifestazioni gastronomiche del periodo natalizio a base di carne di maiale escludono subito la partecipazione alle persone marocchine. Baiso non è un paese di passaggio e con queste condizioni la gente non è sicuramente invogliata ad andare.

Queste sono le due versioni che si scoprono intervistando chi gestisce il Comune e chi lo abita. Tenendo comunque in considerazione ciò che le istituzioni mi hanno riferito, personalmente mi sento più vicina alle opinioni dei cittadini anche se nella realtà io non ne faccio parte. Credo però che le attività a favore dei più piccoli non siano mai troppe e ognuna può dare un apporto consistente alla loro cultura e alla loro educazione.

Ho pensato perciò a come poter sfruttare positivamente la presenza di un ricco patrimonio storico e naturale a vantaggio dei bambini, unendo la loro capacità di esplorazione e di agire in autonomia con il bisogno di condividere le nuove esperienze con il resto della famiglia. Da questa idea è nato “Muraglione in escursione”, un progetto che mette in campo le conoscenze di esperti escursionisti a completa disposizione dei bambini.

(34)

34

Muraglione è una piccola frazione del Comune di Baiso, da cui dista solo 9,5 km. Si sviluppa lungo la riva reggiana del fiume Secchia e conta 175 abitanti (dato aggiornato al 2017).

In questo progetto il territorio diventa protagonista indiscusso e viene utilizzato per la realizzazione di un’ escursione lungo i sentieri che percorrono i primi rilievi di Muraglione. Il percorso è rivolto ai bambini con lo scopo di far loro apprezzare il contatto con la natura e ciò che la natura stessa è in grado di creare, conoscere gli essere viventi, sia animali che vegetali, che popolano questa zona, trascorrere una giornata con la famiglia scoprendo il piacere di attraversare a piedi paesaggi ancora sconosciuti e

BAISO

MURAGLIONE LEVIZZANO

Figura 3.5: veduta satellitare di una porzione del Comune di Baiso

(35)

35

borghi antichi, e sperimentare forme di divertimento nuove e giochi alternativi.

Il percorso si serve della via vecchia che rappresenta la strada storica di Muraglione ed è già inserita tra i sentieri riconosciuti dal CAI; partendo dalla Trattoria “I Due Soli", nel centro di Muraglione, sale lungo le carreggiate, raggiunge Levizzano nel suo punto più alto per poi scendere e toccare Borgonovo.

Figura 3.6: punto di partenza Trattoria I Due Soli

(36)

36

Il sentiero attualmente è segnalato solo da un cartello turistico poco visibile, soprattutto dalla strada principale. Se non si è al corrente di questa opportunità, è raro che il sentiero venga preso in considerazione.

Il cartello segnala un itinerario lungo 7,5 km e prevede un dislivello di 300 metri. Muraglione, infatti, sorge a 219 metri sul livello del mare, raggiungendo Levizzano si toccano i 521 metri e si ritorna poi a 208 metri sul livello del mare al termine del percorso giunti a Borgonovo.

Il tempo stimato per poter svolgere l’intera escursione con un’andatura regolare e da camminatori anche inesperti è di circa due ore e mezzo. Il progetto si basa però sulla suddivisione del percorso in tappe e deve considerare sia i tempi per le fermate sia i tempi di camminata dei bambini perciò la durata dell’attività aumenta a circa quattro ore.

Il periodo migliore per avventurarsi è rappresentato dai mesi primaverili quando il clima migliora ma non si sente ancora il caldo torrido dell’estate. Sarebbe vantaggioso organizzare la prima uscita verso metà maggio, in modo da essere riconosciuta come prima occasione per le famiglie di stare all’aperto dopo tutto l’inverno, anticipando la stagione delle sagre e feste di paese. Tale periodo è ottimo dato che durante la brutta stagione il percorso è improponibile a causa delle piogge che lo rendono pericoloso ma non si entrerebbe ancora nella stagione calda che affaticherebbe troppo i bambini. Lo stesso percorso può essere organizzato per bambini in visita nei weekend oppure anche per gli studenti quindi può essere utile come meta per le gite scolastiche di fine anno. Il percorso è posizionato in un punto strategico poiché si trova molto vicino a diversi plessi scolastici (Montefiorino, Toano, Baiso e Castellarano).

L’ organizzazione prevede lo sviluppo nel dettaglio di questa iniziativa come giornata da ripetere ogni anno una volta al mese per tre mesi (maggio, giugno e settembre) in cui sviscerare un tema particolare in modo da suscitare negli utenti la curiosità su ciò che verrà proposto l’anno successivo, senza avere la possibilità di svolgere il percorso in qualsiasi momento. Allo stesso tempo, però, si può organizzare un itinerario simile, magari nei periodi di minor affluenza di turisti solo su prenotazione e con tappe diverse (es. gite

Riferimenti

Documenti correlati

Vi proponiamo la scoperta a vostro piacimento, senza fretta, di posti di stupefacente bellezza: Delhi, Mandawa, Bikaner, Jaisalmer, Jodhpur, Udaipur, Pushkar, Jaipur, Agra.... Date

Gli amazigh parlano tre idiomi differenti a seconda della zona di provenienza: il tamazight viene parlato nel nord e nel deserto (Medio Atlas, Alto Atlas, Merzouga, la valle

Con partenza e arrivo in pullman nella capitale Oslo, tra le maggiori attrazioni il tour prevede: mini-crociere sul fiordo di Geiranger e sul Sognefjord, passaggi sul

Partiamo alla scoperta della capitale della Turchia, visitandone il Museo delle Civiltà Anatoliche e il Mausoleo di Ataturk, dedicato al fondatore della Repubblica turca.. Partenza

Una visita alla Sala del Tricolore e all’annesso Museo del Tricolore è un momento indispensabile per scoprire una delle anime della città, l’anima ribelle che ha lottato per

Prima colazione in hotel e partenza per visitare la città, dove si potrà visitare Plaza de la Constitución, conosciuta come El Zócalo, circondata da splendidi edifici barocchi tra

Angelo delle ore 02,40 e delle ore 05,50 vengono effettuate in maniera alternata su base settimanale. FREQUENZA : VENERDì - SABATO

Partendo da Lisbona, conosceremo Cascais e Sintra; Porto, seconda città del Portogallo e culla del famoso vino di Porto; Guimaraes, con il suo centro storico dichiarato