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STATO DELL'ARTE DELLE PROTESI CUSTOM MADE IN CHIRURGIA ORTOPEDICA

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

STATO DELL’ARTE DELLE PROTESI CUSTOM

MADE IN CHIRURGIA ORTOPEDICA

Relatore

Chiar.mo Prof. Rodolfo Capanna

Candidato

Luca Faugno

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INDICE

RIASSUNTO p.5 1. INTRODUZIONE p.7 1.1 Tumori primitivi p.7 1.1.1 Osteosarcoma p.9 1.1.2 Condrosarcoma p.12 1.1.3 Sarcoma di Ewing p.15 1.2 Malattia metastatica p.17 1.3 Diagnostica strumentale p.18 1.4 Stadiazione p.20 1.5 Biopsia p.23 1.6 Trattamento chirurgico p.26 1.7 Metallosi p.32

2. CHIRURGIA LIMB SALVAGE p.38

2.1 Classificazione di Malawer p.38

2.2 Classificazione di Enneking p.40

3. STAMPANTI 3D p.42

3.1 Fusione a fascio di elettroni (EBM) p.44

3.2 Tecniche laser p.47

3.2.1 Selective Laser Sintering (SLS) p.47

3.2.2 Selective Laser Melting (SLM) p.49

3.2.3 Laser Engineered Net Shaping (LENS) p.50 3.2.4 Direct Metal Laser Sintering (DMLS) p.52

4. TITANIO TI-6AL-4V p.55

4.1 Resistenza al peso p.55

4.2 Resistenza alla corrosione p.57

4.3 Biocompatibilità ed osteointegrazione p.57

5. CASE REPORTS p.63

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4 5.2 Caso 2 p.69 5.3 Caso 3 p.74 5.4 Caso 4 p.77 5.5 Caso 5 p.81 6. DISCUSSIONE p.85 7. CONCLUSIONI p.96 8. BIBLIOGRAFIA p.98

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Riassunto

Le protesi custom made risultano essere la più moderna tecnologia di ricostruzione in chirurgia ortopedica. Esse si basano sul principio della personalizzazione della terapia. Attualmente gli impianti custom made trovano la loro espressione per pazienti fuori dall’ordinario in quanto a caratteristiche anatomiche o dimensionali e per malattie specifiche con esigenze di resezione personalizzata. All’interno di queste patologie ritroviamo le neoplasie ossee e le metallosi, che nonostante risultino essere una complicanza tardiva rara delle protesi standard sembrano presentare un aumento di incidenza negli ultimi anni.

Le protesi custom made vengono prodotte singolarmente per il paziente, dopo un attento planning preoperatorio basato su immagini TC e RMN. Una volta completato il progetto virtuale dell’atto chirurgico, la protesi viene creata a partire da polveri di metallo grazie all’uso delle stampanti 3D. Questo tipo di stampanti sfruttano la moderna tecnologia di prototipazione rapida, che permette la creazione di forme complesse a partire da dati informatici di tipo CAD (Computer Aided Design). La produzione dell’impianto viene attuata utilizzando una fonte di energia, solitamente un fascio di elettroni oppure un laser, che sinterizza la polvere metallica situata sul piano di lavoro e ne permette la fusione strato per strato. Ogni volta che un livello viene completato, la macchina passa automaticamente a quello successivo tramite l’abbassamento del piano di lavoro, fino a formare la protesi in toto.

Attualmente la polvere più frequentemente utilizzata in ambito ortopedico è la lega di titanio Ti-6Al-4V. Per permettere la perfetta osteointegrazione ed evitare effetti di schermatura del carico, l’impianto deve essere reso poroso, con un diametro dei pori che attualmente non trova un consenso univoco in letteratura, ma che si assesta tra i 100 ed i 400 µm.

Scopo di questa tesi è la presentazione della tecnica di produzione e di impianto delle protesi custom made, attraverso l’analisi di 5 casi trattati dal reparto di Ortopedia e Traumatologia universitaria II da settembre 2016 ad agosto 2017. Inoltre vengono forniti dei risultati funzionali preliminari, utilizzando lo score approvato dalla MusculoSkeletal Tumor Society (MSTS), successivamente comparati con quelli riportati in letteratura e confrontati con quelli delle classiche tecniche di ricostruzione, quali l’allotrapianto e le protesi standard.

Per quanto riguarda la ricostruzione scapolare abbiamo ottenuto una media dello score funzionale MSTS del 76%, che concorda con la letteratura corrente (73-80%).

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Nel contesto della ricostruzione pelvica, i risultati funzionali ottenuti sono una media MSTS di 66,6%. Anche in questo caso i risultati concordano con la letteratura più recente (66-72%).

In conclusione possiamo ritenere la ricostruzione con protesi custom made una modalità valida e sicura per la chirurgia ortopedica. Inoltre essa porta a buoni risultati funzionali, come dimostrato dalla letteratura e dai nostri risultati, oltre che cosmetici.

Attualmente, trattandosi di una tecnica innovativa sviluppatasi negli ultimi anni, mancano dati ottenuti su un vasto numero di pazienti e con un follow up a lungo termine. Sono dunque necessari ulteriori studi per raggiungere la conferma della qualità di tale procedura.

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1.Introduzione

Per protesi custom made si intende un impianto personalizzato realizzato sulla base di immagini di tomografia computerizzata (TC) e di risonanza magnetica nucleare (RMN) del paziente. La creazione della protesi viene poi resa possibile grazie alle innovative stampanti 3D che, con la tecnologia di prototipazione rapida, riescono a costruire un impianto di forma complessa in lega metallica che sia specifico per il singolo paziente. L’esigenza di disporre di una protesi creata su misura in ambito ortopedico nasce per le patologie oncologiche, dove l’estensione delle resezioni ossee è variabile in relazione alle caratteristiche della patologia di base, ma si estende anche ad altri ambiti. All’interno di questi è compresa la metallosi, ovvero una complicanza a lungo termine delle protesi standard.

I tumori primitivi dello scheletro rientrano tra i tumori rari e rappresentano circa lo 0,2% di tutte le neoplasie e il 5,0% di quelle pediatriche.1-4 La diagnosi di queste malattie si basa sulla correlazione attenta della anamnesi, della clinica, delle immagini strumentali (quali radiografia standard, TC, RMN, PET e scintigrafia) e dell’esame istologico.

I tumori ossei sono diversi nelle loro caratteristiche macroscopiche e microscopiche e, nella loro storia naturale, variano da quelli innocui a quelli a evoluzione rapidamente fatale. Si possono distinguere due grossi gruppi: i tumori primitivi ed i tumori secondari o metastatici.4

Fenomeno emergente sono inoltre le metallosi, che rivestono attualmente una percentuale esegua delle problematiche a lungo termine delle protesi, ma che necessitano nei casi più severi, di revisione protesica.

1.1 TUMORI PRIMITIVI

I tumori primitivi si possono dividere a loro volta nelle forme benigne ed in quelle maligne. All’interno dei tumori benigni, i più frequenti sono l’osteocondroma e il difetto fibroso corticale.

Fra i tumori maligni, se si escludono le neoplasie maligne di origine midollare (mieloma, linfoma e leucemia), il più comune è l'osteosarcoma, seguito dal condrosarcoma e dal sarcoma di Ewing.5

L'osteosarcoma rappresenta il 35,1% di tutti i sarcomi primari dell'osso, il condrosarcoma rappresenta il 25% e il sarcoma di Ewing costituisce il 16,0% dei sarcomi ossei.2

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Tra i tumori maligni rari si annoverano il cordoma (che origina dalla notocorda), il tumore maligno a cellule giganti, l’adamantinoma (di origine sconosciuta) e l’emangioendotelioma (di origine vascolare).5

L'incidenza esatta dei tumori ossei non è nota, perché molte lesioni benigne non vengono sottoposte a biopsia. Negli Stati Uniti ogni anno vengono diagnosticati circa 2.400 nuovi casi di osteosarcoma ed ogni anno si verificano circa 1.300 decessi per sarcomi ossei.

Considerate nel loro insieme, queste neoplasie colpiscono tutte le età e insorgono praticamente in ogni segmento osseo6,7

Dunque di grande utilità per arrivare ad una corretta diagnosi preoperatoria è la valutazione della distribuzione per età dei diversi tumori ossei primari, in quanto vi è un'elevata correlazione tra i vari tipi istologici e l'età del paziente. Ad esempio, è stato da tempo riconosciuto che gli osteosarcomi tendono ad avere la loro origine nelle aree metafisarie di ossa lunghe di pazienti scheletricamente immaturi, in particolare nella regione del ginocchio. Il sarcoma di Ewing colpisce più spesso la diafisi delle ossa lunghe e si verifica nella stessa fascia d'età dell’osteosarcoma (il secondo decennio della vita).8,9 In contrasto, i condrosarcomi si verificano

più spesso in pazienti di età superiore ai 40 anni e più comunemente colpiscono lo scheletro assiale e le ossa lunghe prossimali.1,2

Altre correlazioni utili dal punto di vista epidemiologico sono, ad esempio, che l'incidenza degli osteosarcomi e del sarcoma di Ewing è leggermente superiore nei maschi rispetto alle femmine. Inoltre il sarcoma di Ewing e il cordoma colpiscono prevalentemente la popolazione bianca e sono estremamente rari nei neri.2

Dal punto di vista clinico i tumori ossei si manifestano in vari modi. I pazienti si presentano solitamente dal medico in uno di 4 scenari possibili:

• una lesione incidentale; • una massa ossea indolore; • una lesione ossea dolorosa; • una frattura patologica.

Il passo iniziale nella valutazione di questi pazienti è ottenere una storia completa ed effettuare esame fisico per determinare quale di questi scenari sia quello chiamato in causa.

Deve essere ottenuta una storia dettagliata dal paziente per includere informazioni sulla posizione del dolore, sull'insorgenza e la durata dei sintomi, sul timing dei sintomi e sui fattori che lo alleviano o lo aggravano. Dovrebbero essere acquisite informazioni circa i sintomi

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costituzionali, i cambiamenti recenti nel peso, una storia personale di cancro e una storia familiare di lesioni ossee o di condizioni muscolo-scheletriche ereditarie (es. esostosi multiple ereditarie, neurofibromatosi).

I sintomi che suggeriscono un tumore localmente aggressivo o maligno sono:

• il dolore osseo localizzato, accompagnato da gonfiore locale o da una massa; • il dolore progressivo che non si allevia con il riposo;

• dolore notturno; • recente perdita di peso; • storia personale di cancro.

Un esame fisico per identificare i segni associati alle lamentele del paziente consente al medico di determinare la causa dei sintomi del paziente. Il medico dovrebbe anche esaminare il paziente per segni di malattie sistemiche che possono essere associate a tumori ossei. Ad esempio, in un paziente che si presenta con tumori ossei e macchie caffe'-latte si deve pensare ad una diagnosi di sindrome di McCune-Albright, che suggerisce che le lesioni ossee siano in realtà displasie fibrose.10

Arrivati a questo punto sono fondamentali le indagini di diagnostica strumentale. La diagnosi di queste condizioni è infatti tipicamente basata sulle caratteristiche radiografiche combinate con le caratteristiche cliniche e demografiche. Le scansioni di immagini TC e RMN sono utili per un ulteriore stadiazione tumorale determinandone la diffusione intraossea ed extraossea.1 Alla fine, nella maggior parte dei casi, sono necessari la biopsia e un esame istologico.6,7

1.1.1 Osteosarcoma

L'osteosarcoma è un tumore maligno che si caratterizza per la produzione di matrice osteoide (osso immaturo). È la più comune malignità ossea primitiva non ematologica e rappresenta la più comune malignità primitiva dell'osso nei bambini.11

L’osteosarcoma è il secondo per frequenza tra i tumori maligni primitivi dell'osso, subito dopo il mieloma multiplo. La sua prevalenza è di 2-3 casi/milioni di abitanti/anno.12

Esistono diversi sottotipi di osteosarcoma, ciascuno con caratteristiche cliniche e imaging distinte.

Può essere classificato come intramedullare (alto grado, telangiectasico, basso grado, a piccole cellule, osteosarcomatoso, gnatico), juxtacorticale (parostale, periostale, intracorticale, superficiale di alto grado) o lesione secondaria.11

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L'osteosarcoma intramedullare convenzionale è il sottotipo più comune di osteosarcoma, che ne rappresenta il 75% di tutti i casi.1

L'origine della cellula tumorale nell'osteosarcoma non è stata ancora definita, ma esistono prove che attribuiscono tale ruolo alle cellule staminali mesenchimali (MSCs)13, nonché precursori osteoblastici, con mutazioni all’interno delle vie di segnalazione delle proteine p53 ed RB.3 L'osteosarcoma convenzionale è una neoplasia di alto grado caratterizzato patologicamente dalla produzione di un osteoide tumorale che origina centralmente nell'osso e ne coinvolge l'intera larghezza. Questa malignità è più comune nel secondo e terzo decennio della vita, con un picco quando i pazienti sono di età compresa tra i 10 ei 15 anni. Non è comune nei pazienti di età inferiore ai 6 anni o maggiore di 60 anni ed è più comune nei pazienti maschi e di razza bianca.1 L'osteosarcoma si verifica soprattutto negli adolescenti - un gruppo di età in cui la

crescita dell'osso è rapida. Pertanto, può esistere un rapporto diretto tra la rapida crescita delle ossa e la patologia tumorale.14,15 Il periodo di crescita scheletrico è più lungo nei maschi che nelle femmine; di conseguenza, l'osteosarcoma è generalmente più comune nel sesso maschile.16

Le sedi d’insorgenza più tipiche sono le ossa lunghe (più comunemente femore distale, tibia prossimale ed omero1) dove ne coinvolge le aree metafisarie, con estensione verso quelle epifisarie.14,16

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Dal punto di vista clinico, il dolore è di solito il primo sintomo. In poche settimane esso tende ad aumentare e, di solito, appare anche il gonfiore. L'aumento della temperatura locale, il movimento articolare limitato, le contratture articolari sono segni di una lesione più avanzata. L'effusione articolare suggerisce il coinvolgimento tumorale dell'epifisi. La frattura patologica è rara e si verifica in forme prevalentemente osteolitiche. Talvolta è presente da un lieve a moderato allargamento dei linfonodi regionali, ma di solito è dovuto all'iperplasia reattiva piuttosto che alle metastasi.12

L’osteosarcoma può associarsi ad alcuni parametri di laboratorio aspecifici. Le analisi di laboratorio indicatrici di osteosarcoma sono: aumentati livelli di sedimentazione eritrocitaria (VES), di fosfatasi alcalina e di lattato deidrogenasi (LDH).16,17

Nella maggior parte dei casi di osteosarcoma, la radiografia è caratteristica. Tipicamente, la lesione è intramidollare, ma infrange la corticale e si espande verso i tessuti molli. La lesione è solitamente una combinazione di radiolucenza e radiodensità ossea (da macinato a eburneo), oppure è interamente radiodensa. I bordi della lesione sono sempre sfumati. L'estensione nel tessuto molle è irregolare, con radiodensità a "cumuli di nuvole" e/o strisce di radiodensità sfumate perpendicolari alla corticale (immagine "sunburst") e/o fogli irregolari di osso appena costituito parallelo alla corticale. Alla periferia dell'area in cui il tumore ha violato la corticale e verso la diafisi si vede un rinforzo triangolare di foglietti ossei immaturi (triangolo di Codman). Ciò è dovuto all'osso reattivo prodotto acutamente dal periostio, in risposta alla crescita tumorale.

La TC rivela l'estensione intra ed extraossea del tumore ed evidenzia delle radiodensità intratumorali e peritumorali.

Con la RMN la maggior parte degli osteosarcomi presentano il classico modello sarcomatoso di bassa intensità di segnale nella sequenza T1, ed alta intensità di segnale in T2. La RMN è la migliore metodica per mostrare l'estensione intramidollare del tumore, l'invasione delle epifisi e dei tessuti molli, e le skip lesions (lesioni a salto).

La relazione del tumore con il fascio vascolare è dimostrata dalla TC con contrasto e dalla RMN; nella regione poplitea, tuttavia, un arteriogramma in vista laterale con il ginocchio flesso può essere più affidabile, perché la flessione provoca un rilassamento dei vasi e può mostrare un piano libero tra questi ed il tumore.

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Alla scansione ossea con radionuclide, la lesione appare molto calda anche oltre i propri limiti radiografici. Raramente, può rivelare una skip lesion, un tumore metastatico o multifocale nello scheletro.12

La maggior parte degli osteosarcomi sono di alto grado e spesso metastatici, con il polmone come sito preferenziale.3 L'osteosarcoma è generalmente fatale proprio a causa di questa sua tendenza. I tentativi di modificare la chemioterapia e le procedure chirurgiche, accompagnati dall'applicazione della radioterapia, hanno reso possibili procedure di recupero degli arti, aumentando in questo modo il tasso di sopravvivenza.18

Attualmente il tasso di sopravvivenza a 5 anni è di circa il 65%. 17 Una sopravvivenza a lungo

termine superiore si osserva se la necrosi del tumore è superiore al 90% dopo la chemioterapia neoadiuvante.

La recidiva locale è alta se nella storia clinica del paziente si è verificata una frattura patologica. Un tumore grande e uno stadio avanzato indicano una scarsa prognosi.19

1.1.2 Condrosarcoma

Il condrosarcoma è un gruppo diversificato di tumori ossei maligni che hanno un rapporto con il fenotipo cartilagineo. Le cellule di diversi tipi di condrosarcoma producono una matrice cartilaginea (condroide).16 Il condrosarcoma è il terzo tipo di tumore osseo primario più comune (dopo il mieloma e l'osteosarcoma) e rappresenta il 20-27% di tutti i tumori osteosi maligni primitivi.20

L'incidenza nei maschi e nelle femmine è quasi uguale e la fascia d’età più colpita va dai 30 ai 70 anni. A causa della loro matrice extracellulare, della bassa percentuale di cellule divisorie e della scarsa vascolarizzazione, questi tumori tendono ad essere resistenti alla chemio ed alla radioterapia. Tuttavia, i condrosarcomi crescono lentamente e raramente metastatizzano.21 Il condrosarcoma può essere classificato in base alla posizione (centrale vs periferica), all'istologia (cellula chiara, dedifferenziata o mesenchimale), all'origine (primitiva o secondaria) o al grado (bassa, mixoide, alta, o dedifferenziato).

I condrosarcomi appaiono come tumori primitivi o come tumori secondari in lesioni precursori benigne, quali gli osteocondromi (più frequentemente) o gli encondromi. 22

Le forme più aggressive risultano essere i condrosarcomi mesenchimali ed i condrosarcomi dedifferenziati.16

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Il condrosarcoma centrale convenzionale (intramedullare) è il tipo più comune di condrosarcoma, rappresenta il 90% dei condrosarcomi ed il 20% di tutti i tumori ossei maligni. Il condrosarcoma centrale è più comune nel sesto decennio di vita, è più frequente negli uomini (con un rapporto di 1,5: 1,0) e si presenta tipicamente all'interno o vicino al tronco, in particolare nel bacino, femore prossimale, omero prossimale, femore distale e coste.1

Figura 2. Epidemiologia e sedi d'insorgenza del condrosarcoma centrale12

Nelle ossa lunghe, i condrosarcomi centrali di solito hanno origine ad una estremità della diafisi o nella metafisi. Poiché il tumore si verifica negli adulti (senza piastra di crescita aperta), invade facilmente l'epifisi. A causa del decorso indolente e poco sintomatico di molti condrosarcomi centrali, non è insolito che, alla diagnosi, il tumore si sia esteso ad una grande porzione dell'osso coinvolto.

Il dolore costante è il sintomo principale, non migliora con il riposo (peggiora durante la notte) e tende ad aggravarsi nel tempo. La crescita del tumore è di solito lenta. I sintomi alla diagnosi sono spesso di lunga durata e , a volte, il tumore è ricorrente dopo un precedente trattamento di un condroma. Ci sono tuttavia casi di comportamento più rapido ed aggressivo. Il tumore può coinvolgere l'articolazione, causando effusione articolare e movimento limitato. Le fratture patologiche sono rare.

La caratteristica radiografica più tipica è un'osteolisi centrale, con segni di crescita lenta ma infiltrante e contenente radiodensità peculiari dei tumori della cartilagine.

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Il tumore è di solito piuttosto grande (quando vengono prelevati i primi radiogrammi) e si trova centralmente nell'osso (solo alcune lesioni meta-epifisarie possono essere eccentriche). La maggior parte dei condrosarcomi centrali hanno un bordo “fuzzy”, poco circoscritto rispetto al condroma.

Spesso, tuttavia, la corticale è moderatamente espansa, addensata e sclerotica, a causa di una reazione osteogenica cronica dell'osso e del periostio dovuta alla crescita tumorale lenta. Le radiodensità intratumorali sono comunemente osservate, a causa della calcificazione e dell'ossificazione della cartilagine. Queste sono puntate, flocculenti, a volte a "popcorn" o anulari, ma più irregolari, amorfe e nebulose rispetto a quelle dei condromi calcificati.

Una massa nel tessuto molle è occasionalmente apprezzabile alla TC ed alla RMN, anche quando la corteccia non sembra evidentemente distrutta all'esame radiografico. La massa che si espande nei tessuti molli è di solito arrotondata, senza alcuna o con una leggerissima calcificazione puntata. Il tumore tende a crescere come una spina lungo il canale midollare, e tale estensione (cruciale per determinare il piano chirurgico) può essere apprezzata e misurata utilizzando in particolare la RMN.

La RMN mostra la cartilagine ialina o mixoide con un segnale basso in T1 ed un segnale molto alto in T2. Esso mostra anche la struttura lobulare del tumore ed un enhancement di gadolinio ad anelli e archi sottili intorno alla periferia dei lobi (setti fibrovascolari). La RMN è anche essenziale per dimostrare l'estensione del tumore negli spazi midollari, sia nell'osso spugnoso che nel canale midollare dell'albero.

Angiografia e RMN mostrano anche la scarsa o assente vascolarizzazione del tumore e la reazione peritumorale di solito minima nei tessuti molli.

La scintigrafia ossea evidenzia un aumentato assorbimento dell'osso reattivo, ma non è significativa nel differenziare i condrosarcomi centrali dai condromi, dato che possono essere anche loro molto caldi.12

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1.1.3 Sarcoma di Ewing

La famiglia Ewing/PNET rappresenta il 5% delle malattie dell'osso primitivo ed è il secondo tumore più frequente nei bambini.

Circa il 75% di questi tumori si verificano in pazienti di età inferiore ai 20 anni; i pazienti più colpiti hanno dai 5 ai 25 anni, con un picco di incidenza tra i 10 ed i 20 anni di età. Questi tumori sono più comuni negli uomini (con un rapporto di 2: 1).16

Il sarcoma di Ewing (ES) è caratterizzato da un tumore a piccole cellule rotonde che si presenta nelle ossa in circa l'85% dei casi. Si verifica meno comunemente nei tessuti molli, compresa la bocca. I caucasici sono più inclini a sviluppare ES rispetto agli asiatici, mentre la malattia è praticamente inesistente negli africani o negli afro-americani.23

Il sarcoma di Ewing coinvolge soprattutto il bacino, le regioni diafisarie delle ossa lunghe e le ossa della parete toracica. Inoltre mostra un comportamento aggressivo con esito metastatico.

Figura 3. Epidemiologia e sedi d'insorgenza del sarcoma di Ewing12

Patologicamente, questa forma di cancro osseo non è una condizione singola ma è spesso una combinazione di diversi disturbi clinicamente correlati con analoghe alterazioni molecolari (es. espressione di oncoproteine chimeriche specifiche tumorali). Queste oncoproteine vengono iperespresse attraverso traslocazioni cromosomiche equilibrate che coinvolgono il gene EWS. Pertanto, tutti i disturbi correlati a ES sono definiti collettivamente come la famiglia dei tumori del sarcoma di Ewing (ESFT). Questa famiglia comprende ES, ES extra-osseo, tumore di Askin e tumore neuroectodermico primitivo (pNET).23 Come osservato istologicamente, il sarcoma di

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Ewing è composto da una popolazione omogenea di piccole cellule rotonde con un elevato rapporto nucleo-citoplasma. Il più comune fattore di diagnosi genetica, che si verifica nell'85% dei casi, è la traslocazione t (11; 22) (q24: q12) che coinvolge il gene EWS generando il gene di fusione EWS-FLI1.24,25

Il dolore è il primo sintomo e può diventare intenso e irradiato quando esiste un impingement del nervo, come nelle zone sacrali e vertebrali. Il gonfiore è anche lui un segno comune e precoce, talvolta obiettivabile come una massa estesa e solida. Può associarsi una febbricola e un malessere generale. La frattura patologica non è rara. Spesso alla clinica si associa un aumento della deidrogenasi lattica sierica (LDH).

La presentazione alla diagnostica strumentale è molto variabile. L'aspetto più frequente è un’osteolisi poco definita detta a "falegname" o "marcia". La corticale viene quasi completamente violata dal tumore, anche se può sembrare in gran parte conservata o addensata sull'immagine, e di solito è presente una massa tumorale extraossea radiolucente. Spesso, e in particolare nelle ossa piatte, la massa extraossea è prominente in contrasto con una osteolisi relativamente piccola o minima.

La reazione periostale è comune, in particolare nelle diafisi e nei pazienti più giovani. Il segno più tipico, ma non frequente o patognomonico, è l'aspetto a "buccia di cipolla", che porta ad un ingrandimento fusiforme dell'osso.

La TC definisce meglio le alterazioni dell'osso corticale e le estensioni extracellulari del tumore. La massa tumorale del tessuto molle è prevalentemente o esclusivamente radiolucente (in particolare nelle ossa piatte) con un coefficiente di attenuazione simile al muscolo.

La risonanza magnetica mostra un'intensità di segnale bassa in T1, ed un’alta intensità di segnale in T2 (meglio dimostrato dalla tecnica STIR che annulla il segnale del midollo osseo grasso). La RMN è la tecnica migliore per studiare l'estensione del tumore negli spazi midollari, per dimostrare lesioni a salto e per studiare le posizioni vertebrali.

La scansione con isotopi radioattivi è altamente positiva anche al di là del tumore radiografico e può mostrare raramente metastasi scheletriche alla presentazione.12

Di particolare importanza per la diagnosi è la colorazione immunoistochimica effettuata su biopsia, che risulta essere positiva per il prodotto del gene MIC2 nel 90% dei casi.23

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1.2 MALATTIA METASTATICA

Le metastasi sono le neoplasie maligne più comuni dello scheletro e possono essere sia di origine carcinomatosa che sarcomatosa, con le prime che risultano essere molto più frequenti anche in ragione della maggiore frequenza dei carcinomi in assoluto nell’ambito delle neoplasie maligne in genere.

Di norma si osservano negli stadi avanzati della progressione tumorale. Le vie di diffusione comprendono:

• propagazione diretta,

• disseminazione linfatica o ematogena

• disseminazione intrarachidea (attraverso il plesso venoso di Batson).

Tutti i tumori maligni possono metastatizzare all'osso, ma negli adulti più del 75% delle metastasi scheletriche origina da: prostata, mammella, rene e polmone.

Nei bambini le metastasi ossee derivano da neuroblastoma, tumore di Wilms, osteosarcoma, sarcoma di Ewing e rabdomiosarcoma.

Le sedi privilegiate dall’interessamento metastatico sono le vertebre, le ossa piatte e le meta-epifisi delle ossa lunghe. Il midollo rosso, in queste aree, con la sua ricca rete capillare e il circolo ematico rallentato, favorisce l’impianto e la crescita delle cellule neoplastiche.

Le manifestazioni radiografiche delle metastasi possono essere: • puramente osteoaddensanti;

• puramente osteolitiche;

• miste osteolitiche ed osteoaddensanti.

Le prime sono molto meno frequenti delle seconde e debbono far sospettare una primitività da carcinoma prostatico o, in minor misura, mammario; tipicamente osteolitiche invece sono le lesioni da carcinoma renale, polmonare, tiroideo e una percentuale rilevante di carcinomi mammari.

A prescindere dalla loro radiodensità si tratta di lesioni a margini indefiniti, di sovente multiple (tranne i carcinomi del rene e della tiroide che producono caratteristicamente lesioni solitarie) e di dimensioni variabili, con evidente atteggiamento destruente.

Nella maggior parte dei casi, le metastasi inducono una reazione mista osteolitica ed osteoblastica.6,7

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1.3 DIAGNOSTICA STRUMENTALE

Il radiogramma è un elemento indispensabile nella diagnosi dei tumori ossei. Fornisce un'immagine negativa del tumore rivelandone la sua aggressività e la risposta dell'osso ospite.12 In molti casi, le radiografie forniscono informazioni che possono restringere la diagnosi differenziale ad un piccolo numero di possibilità basandosi su:

• localizzazione della lesione; • dimensione;

• margini; • matrice;

• reazione periostale: le spicole ossee che si formano possono essere:

- perpendicolari alla corteccia, reazione periostale "sunburst" o "a denti di pettine"; - paralleli all'asse longitudinale dell'osso, reazione periostale "a buccia di cipolla"; - all'interfaccia tra l'osso e il tumore che si estende nei tessuti molli adiacenti,

"triangolo di Codman";26 • coinvolgimento corticale.

Inoltre, esse possono fornire informazioni che aiutano a determinare un'adeguata scelta per l’imaging di secondo livello. Però non sempre le radiografie riescono a mostrare l'anormalità; per esempio, una lesione ossea litica non può essere rilevata finché non ha provocato una perdita di mineralizzazione dal 30% al 50%.27

Dopodiché si passa al secondo livello d’indagine, dove possono essere sfruttate le tecniche TC e/o RMN.

La TC è spesso utilizzata per migliorare la valutazione iniziale, in quanto può delineare i tumori in siti inaccessibili, quale il bacino28, e può rivelare l'estensione sia della diffusione intra- ed extra-ossea, sia delle metastasi polmonari. La TC ha, però, un valore limitato nella valutazione della crescita tumorale intra-articolare29 e nei casi in cui un materiale metallico è coinvolto (endoprotesi, piastre, viti).12

Il margine di un tumore osseo primario è uno degli indicatori più sensibili del potenziale biologico che può essere valutato all’imaging.26,30 Il bordo dei tumori più aggressivi apparirà informe o indistinto, riflettente un'osteolisi attiva. La mancanza di un margine sclerotico è preoccupante e può indicare che i meccanismi di riparazione dell'osso non sono in grado di

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uguagliare o superare il tasso di osteolisi causato dal tumore. I tumori aggressivi spesso si estendono attraverso la corteccia direttamente nei tessuti molli adiacenti.

La TC può fornire ulteriori informazioni strutturali che possono aiutare a prevedere il rischio di fratture imminenti di una lesione. La TC può fornire ricostruzioni 3D per ottenere i volumi e per effettuare la valutazione preoperatoria.

L'imaging RMN, con la sua maggiore sensibilità per la rilevazione delle lesioni e la rappresentazione di un particolare anatomico, è generalmente preferito e può offrire una diagnosi differenziale tra un tumore osseo e lesioni di altro tipo (ad esempio osteonecrosi o fratture radiografiche occulte). L'imaging RMN è anche superiore nel mostrare l'entità del coinvolgimento del midollo e del tessuto molle rispetto alla scintigrafia scheletrica o alla TC10, ed è quindi la modalità di imaging preferenziale per la stadiazione e la valutazione preoperatoria.16

La somministrazione di gadolinio intravenoso può consentire una migliore identificazione del tumore solido tra necrosi ed emorragia, importante nella pianificazione bioptica e nella determinazione del coinvolgimento; tuttavia, il gadolinio non è di solito necessario per determinare l'entità del tumore all'interno dell'osso, perché spesso è sufficiente il contrasto intrinseco tra tumore e midollo normale.31,32

L'arteriografia ha un notevole valore nella definizione dei confini del tumore nelle sue tre dimensioni, così come nella definizione del suo rapporto con i vasi principali. Nella fossa poplitea, per esempio, l'angiografia in una vista laterale con il ginocchio flesso può mostrare un piano libero di dissezione tra il tumore ed i vasi, che non è evidente per TC o RMN eseguite con ginocchio esteso.

Le immagini arteriografiche di malignità sono: • intensa ipervascolarizzazione del tumore;

• vasi anomali, tortuosi, ectasici, varicosi e cavernosi; • diffuso enhancement del mezzo di contrasto nel tumore; • segni indiretti di shunt arteriovenoso.

Tuttavia, ci sono aree prive di vasi in alcuni tumori maligni: condrosarcoma, segmenti necrotici o emorragici, aree cistiche.12

Il ruolo della tomografia ad emissione di positroni (PET) con fluoro-desossi-glucosio (FDG) nella valutazione dei tumori ossei non è ancora stato stabilito. Può essere utilizzato come

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strumento di risoluzione dei problemi in alcuni casi. Negli ultimi tempi sta emergendo come strumento importante per valutare la risposta dei tumori alla chemioterapia neoadiuvante.33 Diversi studi hanno trovato lesioni maligne significativamente più avide rispetto ai loro corrispettivi benigni. Il concetto dello spettro si configura particolarmente nel confronto dei tumori dello stesso tipo istologico. Ad esempio, è stato dimostrato che l'assorbimento di FDG dei condrosarcomi di grado elevato è maggiore di quello per malignità cartilaginee di basso grado in generale e di quelle benigne.34,35

Infine un’altra metodica di imaging utilizzabile è la scintigrafia ossea. Essa implica una scansione totale del corpo e aiuta a determinare l'estensione intra-ossea dei tumori ed i siti delle metastasi ossee.36 È ottenuta tramite l’utilizzo di un composto di difosfonato marcato con il tecnezio 99, che viene prelevato in fase iniziale dove la richiesta di sangue nell'osso è più alta ed in fase tardiva dove si formano i cristalli di sale Ca, cioè in aree di osteogenesi.

La scansione ossea con radionuclide di solito non contribuisce alla diagnosi di una lesione specifica, infatti qualsiasi processo che è accompagnato da una vivida osteogenesi produce una zona "calda" alla scansione ossea: tumori ossei con osteogenesi neoplastica o reattiva; tumori dei tessuti molli situati vicino all'osso, abbastanza da indurre una reazione dell'osso stesso; fratture; infezioni; artrite reumatoide; artrosi; malattia di Paget; atrofia di Sudeck; etc.12 Nei pazienti che presentano metastasi ossee senza un tumore primitivo noto sono necessarie altre immagini, tra cui TC del torace e dell'addome principalmente per la ricerca di un carcinoma polmonare o renale; nelle donne può essere considerata anche la mammografia.37

1.4 STADIAZIONE

Il sistema di classificazione più comunemente utilizzato per i tumori muscolo-scheletrici è quello proposto da Enneking. Esso si basa sui tre parametri: G, T ed M.

G identifica il grado del tumore, principalmente dettato dall'istologia. GO è una neoplasia benigna; G1 è maligna di basso grado e G2 è maligno di alto grado.

T valuta l'estensione anatomica del tumore. T0 identifica un tumore benigno contenuto da una vera capsula (intracapsulare); T1 è un tumore benigno o maligno che non ha una vera capsula, pur essendo confinato all'interno di un compartimento anatomico; T2 è un tumore benigno o maligno che non ha una vera e propria capsula, e origina in uno spazio extracompartimentale, o si è espanso verso uno spazio extracompartimentale violando le barriere naturali.

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M sono le metastasi, sia regionali (metastasi a salto o ai linfonodi) che a distanza. M0 significa assenza e M1 presenza di metastasi.

I tumori benigni, sia ossei che dei tessuti molli, sono quindi stadiati come: • 1 (latente, inattivo);

• 2 (attivo); • 3 (aggressivo).

I sarcomi, sia dell'osso che dei tessuti molli, sono classificati in: • I (malignità di basso grado);

• II (malignità di alto grado); • III (con metastasi).

Ciascuna delle tre tappe è suddivisa in A e B: se il tumore è intra o extracompartimentale nel numero I e II, e se è di basso o alto grado nel numero III.

La stadiazione si ottiene tramite un completo studio clinico, di imaging ed istologico. Per esempio, nei tumori benigni dell'osso (come il tumore a cellule giganti, condroblastoma, osteoblastoma) una lesione avendo la stessa istologia può essere classificata come 1 (latente), 2 (attivo) o 3 (aggressivo), a seconda delle sue caratteristiche cliniche e di imaging. Analogamente, un tumore cartilagineo dell'osso con istologia identica può essere classificato come benigno o maligno di basso grado, a seconda delle sue caratteristiche cliniche e di imaging.

A volte la prima valutazione dello stadio (basata sulla biopsia) deve essere cambiata postoperatoriamente, dopo lo studio patologico dell'intero tumore (ad esempio, in condrosarcomi contenenti aree di diversi gradi istologici, o di "dedifferenziazione", oppure per l'osteosarcoma parostale ed il liposarcoma).12

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Tabella 1. Stadiazione tumorale secondo Enneking10,38

Un altro metodo di classificazione utilizzato è quello TNM, gestito dalla American Joint Committee on Cancer (AJCC). Questo sistema non è specifico per le neoplasie ossee o dei tessuti molli ma può essere applicato a tutti i tumori in generale. Esso codifica l’estensione del tumore primario (T), il coinvolgimento dei linfonodi regionali (N) e l’eventuale presenza di metastasi a distanza (M). In aggiunta a questi parametri base abbiamo anche il grado istologico della neoplasia (G), ottenuto tramite biopsia. Basandosi su tutti questi parametri si ottiene un preciso stadio.

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Tabella 2. Stadiazione tumorale secondo AJCC10,39

1.5 BIOPSIA

La biopsia è spesso l’ultimo passo dell’iter diagnostico. È necessaria per diagnosticare una massa indeterminata agli studi anamnestici, fisici, di laboratorio e di imaging. Essa risulta essere un compromesso tra la volontà di ottenere campioni di tessuto per evidenziare un segno istologico diagnostico rilevante per il trattamento, e l'importante questione di non diffondere localmente il tumore complicando così il successivo trattamento.

Tale diffusione locale può avvenire attraverso: apertura della capsula tumorale, apertura di barriere compartimentali (corticale ossea, capsula articolare, fasci e setti), sezione lungo piani anatomici, produzione di un ematoma che può diffondere lungo il tessuto interstiziale, il grasso ed i muscoli anche a distanza considerevole dal sito bioptico.

Poiché tutti i tessuti potenzialmente contaminati da cellule tumorali dovrebbero essere ampiamente inclusi nella rimozione chirurgica definitiva, l'approccio bioptico dovrebbe essere posto lungo la linea dell'incisione che verrà utilizzata per la successiva resezione, o ben distalmente rispetto alla linea di incisione che verrà utilizzata per l'amputazione. Inoltre, la

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biopsia non dovrebbe aprire spazi extracompartimentali, né piani intermuscolari (utilizzare direttamente attraverso l'incisione muscolare), tessuto intorno ai fasci neuro-vascolari, spazi articolari, spazio peridurale.12

Attualmente le indicazioni all’esecuzione della biopsia sono:

• diagnosi definitiva di lesioni ossee o del tessuto molle con caratteristiche di imaging aggressive;

• determinazione di una lesione del tessuto osseo o del tessuto molle con imaging indeterminato;

• conferma o esclusione una metastasi in un paziente con malignità primaria nota; • isolamento di microrganismi in un'infezione muscolo-scheletrica;

• conferma o esclusione di una lesione sottostante che causa una frattura patologica. Le controindicazioni, invece, prevedono:

• infezione non-muscoloscheletrica acuta o cronica; • diatesi di sanguinamento;

• sito non accessibile o paziente non cooperativo.40

Le tecniche che si sono evolute per raggiungere questi obiettivi includono: • agoaspirato o fine-needle aspiration (FNA);

• agobiopsia o core biopsy;

• biopsia chirurgica aperta (incisionale o escissionale).

La biopsia aperta è da tempo il gold standard per la diagnosi, con una precisione diagnostica che va dal 94% al 99%;41,42 tuttavia, recenti studi suggeriscono risultati comparabili con le tecniche percutanee.43,44

Le incisioni bioptiche devono essere sempre longitudinali, più piccole possibili, e poste in maniera anatomicamente corretta per minimizzare la contaminazione del tessuto normale.45,46 Le principali strutture neurovascolari dovrebbero essere evitate perché la loro esposizione durante una biopsia porterebbe alla loro resezione.

La biopsia aperta è una pratica dai costi maggiori e porta un tasso di complicazione fino al 16%, che comprende un aumento del rischio di infezione, problemi di guarigione della ferita, contaminazione dei tessuti normali, ematoma e frattura patologica.10 Tutte queste possono

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La FNA è definita come il campionamento del tessuto attraverso un ago da 20 gauge o più piccolo. Ha i vantaggi di velocità, costo ridotto, minima morbilità, un rischio teoricamente minore di contaminazione locale e tasso di complicazione da 0,1% a 1,1%.47,48

Tra le differenze figurano il campione limitato, l'inaccessibilità di alcune masse e l'accuratezza variabile, soprattutto nella diagnosi di sarcoma. Le principali complicazioni della tecnica percutanea sono sanguinamento, neuroaprassia ed infezione.40,44 Viene utilizzata principalmente nei tumori del tessuto molle, nelle recidive, nelle metastasi locali, o nella diagnosi differenziale tra tumore ed infezione.12 Per quanto riguarda la FNA delle masse di tessuti molli in generale, la letteratura descrive una vasta gamma di sensibilità (86% -100%), specificità (36% -100%) e precisione diagnostica (21,9% -98%).42,47-50

A causa del tessuto limitato recuperato con FNA, l’agobiopsia si è evoluta come tecnica alternativa, utilizzando un ago da 10 a 14 gauge per ottenere frustoli cilindrici di tessuto. Ciò consente al patologo di esaminare l'architettura tumorale e l'interrelazione cellulare migliorando la diagnosi di sottotipo e grado istologico rispetto alla FNA.51,52 I vantaggi e gli svantaggi

dell’agobiopsia sono simili alla FNA. Rispetto all’agoaspirato, la sensibilità per la massa del tessuto molle della biopsia di base varia da 81,8% a 100%, specificità dal 91% al 100% e precisione diagnostica dal 72,7% al 100%.42,46,52,53 I campioni devono essere presi in direzioni diverse, incluse le aree dei tessuti necrotici centrali, ma tutti provenienti da un unico ingresso ben programmato.43

Quasi tutte le biopsie ossee vengono eseguite sotto guida TC. La TC fornisce un'ottima localizzazione spaziale della lesione, che aiuta a determinare il percorso corretto evitando in modo sicuro le strutture neurovascolari vitali che non sono coinvolte dalla neoplasia.54 Inoltre permette di valutare l'integrità corticale e le caratteristiche della matrice della lesione che possono condurre l’ago bioptico ad una zona della lesione che più probabilmente contiene il tessuto patologico.10

In generale, evitare l'attraversamento di più di un compartimento anatomico e le strutture neurovascolari è importante nel mantenere un piano chirurgico di recupero degli arti.55,56 Infatti, sebbene la procedura bioptica non porti alla diffusione metastatica, può diffondere localmente le cellule tumorali e aumentare il rischio di recidiva locale. Si deve supporre che la traccia di biopsia possa essere contaminata e deve essere resecata durante la chirurgia definitiva del tumore. È obbligatorio che la biopsia venga eseguita nel futuro sito di incisione chirurgica

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in modo che tale tessuto sarà incluso nel campione chirurgico. Una biopsia non corretta può complicare la cura del paziente e può talvolta eliminare le opzioni di trattamento.44

Altre tecniche di guida bioptica sono gli ultrasuoni, comunemente utilizzati per la realizzazione di biopsie del tessuto molle muscolo-scheletrico,57,58 e la RMN, che risulta essere eccezionale nella dimostrazione di masse di tessuti molli, ma è limitata da problemi di compatibilità dell'apparecchiatura, disponibilità, costo e tempi di procedura più lunghi.59

1.6 TRATTAMENTO CHIRURGICO

Conseguenza della classificazione di Enneking è stata la standardizzazione delle tecniche chirurgiche. Infatti, ad esempio, per le lesioni benigne di grado 1 e 2 (le forme meno attive) è consentita una chirurgia intralesionale (curettage): cioè la lesione viene asportata “entrando nel tumore”. Nel grado 3 (forme più attive) il semplice curettage è frequentemente seguito da recidive e, quindi, deve esservi aggiunto l’impiego di adiuvanti (ad es. fenolo, crioterapia con azoto liquido, cemento acrilico). Queste sostanze provocano una necrosi delle pareti ossee residue per pochi millimetri e trasformano la chirurgia da intralesionale a marginale.

Per le lesioni maligne a basso grado (I) la chirurgia deve essere:

• marginale  il tumore viene cioè asportato al limite con il tessuto sano;

• o ampia  il tumore deve essere asportato circondato da tessuto libero da malattia. Le lesioni maligne ad alto grado (II) devono essere asportate sempre con margini:

• ampi  in cui si ha l’asportazione di ampio tessuto sano a copertura della lesione • o radicali  con asportazione dell’intero compartimento.4

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Figura 4. Margini di resezione nei tumori ossei. I=intralesionale M=marginale W=ampi (wide) R=radicali12

Nel caso di lesioni maligne è quindi frequente l’asportazione della lesione con margini radicali, in maniera da ottenere la completa eradicazione della neoplasia e ridurre il rischio di recidiva. In questi casi, però, è necessaria una ricostruzione del compartimento asportato per garantire la corretta funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico.

In generale, le opzioni ricostruttive possono essere caratterizzate come: • biologiche, con l’utilizzo di un allotrapianto o allograft;

• combinazione, come il composito allograft-protesi; • protesiche.60

Per allotrapianto si intende, nella pratica generale, il trapianto di un tessuto o di un intero organo proveniente da un individuo diverso ma appartenente alla stessa specie del ricevente.61

In ambito ortopedico oncologico, l'allograft è un'opzione ricostruttiva funzionale per i difetti ossei di grandi estremità.

Questi sono raccolti da cadavere, in condizione di asepsi rigorosa, dopo l’esecuzione di test batterico-virali e conservati a -80 ° C nella banca ossea. L'innesto di forma e dimensione ottimale viene scelto in base alla misura radiografica. L'innesto comprende le sue strutture capsulotendinee significative, mentre viene pulita da qualsiasi altro tessuto molle compreso il periostio.

Poiché l'unione dell'innesto può avvenire solo con il callo osseo primario, la fissazione interna dovrebbe essere estesa all’intero allograft (per proteggerlo dalle fratture meta-diafisarie),

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dovrebbe essere molto rigida (piastra di compressione, viti intramidollari molto stabili, oppure viti più piastra) e molto forte (possibile aggiunta di cemento per la fissazione).

L’articolazione deve essere protetta da immobilizzazione esterna fino a quando si è verificata l’unione delle strutture capsulotendinee (6 settimane). Il carico completo di peso viene evitato finché non si dimostra l'unione dell'innesto all'osso ospite (da 6 a 12 mesi).

I vantaggi dell'allograft osteoarticolare sono: la possibilità di ottenere un efficace riattacco dei tessuti molli (cuffia dei rotatori, glutei, tendine patellare) all'innesto; la durata della superficie articolare che può essere più lunga, rispetto alle protesi, nei casi più favorevoli. Tuttavia, la superficie articolare tende a deteriorarsi lentamente, con l'insorgenza di artrosi e di instabilità articolare.12 Un'altra caratteristica favorevole è il ripristino dell'anatomia normale e la conservazione della lunghezza dell'arto.62,63 La possibilità di mantenere un aspetto

cosmeticamente quasi normale è molto importante per la soddisfazione del paziente.

Gli svantaggi sono complicanze come l'unione ritardata, la mancata unione, fratture, l’instabilità articolare e l’infezione.12 A queste si aggiungono la possibile trasmissione di

malattie, le complicazioni da incompatibilità tra ricevente e donatore e gli effetti negativi sul modulo di resistenza e sul modulo elastico dell'innesto dovuto alle tecniche di elaborazione.64 Gli allograft osteoarticolari sono principalmente indicati nell'omero prossimale e nella tibia prossimale, quando il tipo di resezione, a seconda dello stadio del tumore, ha risparmiato porzioni sostanziali dei muscoli periarticolari e della capsula articolare.12

Un’altra possibilità ricostruttiva è data dall’utilizzo di una combinazione di un allograft e di una endoprotesi, creando così un impianto biologico composito.65-68 Questa tecnica combina i vantaggi dell'allograft (attacco dei tessuti molli del suono, unione biologica con l'osso ospite) con i vantaggi della protesi (articolazione stabile, nessuna frattura).12 Dopo che la protesi convenzionale viene cementata all'allograft, il composito viene fissato all'osso ospite con piastre e viti. La piastra dovrebbe espandersi per l'intera lunghezza dell'allograft per ridurre al minimo il rischio di frattura. Il passaggio finale della ricostruzione consiste nel riattacco dei tendini dell'ospite all'allotrapianto.64

Il composito è principalmente indicato nel femore prossimale (dove non è indicato un allograft osteoarticolare, perché spesso si frattura) e nella tibia prossimale.12 Infine, nei pazienti che presentano una grave perdita di osso dovuta ad una endoprotesi fallita che richiedono una revisione, un composito allograft-protesico può risultare un’ottima scelta.64

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Le endoprotesi sono generalmente considerate il gold standard, anche se la letteratura recente descrive tassi di revisione relativamente elevati a breve ed a lungo termine a causa di: infezione; usura dei componenti ed allentamento, dovuto ai problemi di aderenza del tessuto molle alla protesi.69

I vantaggi delle endoprotesi sono la tecnica facile, la mobilizzazione precoce e la funzione molto buona nei siti anatomici appropriati.12

A causa delle diverse caratteristiche del corpo umano, però, risulta complesso trovare la ricostruzione ideale per i singoli pazienti. Per esempio, a causa delle differenze razziali (come le dimensioni delle ossa, forma, struttura, etc.), alcuni impianti omerali commerciali basati sulla popolazione occidentale sono attualmente non del tutto compatibili con i pazienti asiatici.70 Inoltre, tale struttura se non combacia perfettamente con le varie linee di osteotomia può influenzare la stabilità dell'impianto e causare complicazioni.

Pertanto, nel corso degli ultimi anni è stato proposto e sviluppato il concetto di personalizzazione dell’impianto, che viene esemplificato dalle protesi custom made. Queste si configurano come protesi prodotte specificamente per il singolo paziente attraverso tecniche di stampa 3D. La stampante crea il dispositivo sulla base di un accurato studio diagnostico pre-operatorio articolato in immagini TC e RMN (con la possibilità di fondere le immagini di tali tecniche creando immagini fusion).

In parallelo alla protesi personalizzata è importante l’utilizzo di strumenti paziente-specifici (PSI- Patient Specific Instrument). Il PSI è uno strumento personalizzato che guida una sega e/o un trapano nella direzione prevista. Tali strumenti, definiti anche jigs o maschere, sono utili durante l’atto chirurgico per eseguire l’osteotomia come pianificato nel pre-operatorio. Dal momento che l'impianto su misura viene progettato sulla base di immagini mediche personali del paziente, si può quindi fornire:

• un posizionamento dell'impianto più preciso; • migliore allineamento dell'asse dell'arto; • risultato chirurgico più prevedibile; • riduzione dei tempi chirurgici.71

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Figura 5. ricostruzione virtuale dell'utilizzo di un jig o PSI

Attraverso l’uso di questi jigs si ha la possibilità di personalizzare al massimo la resezione tumorale in modo da ottenere degli adeguati margini di resezione garantendone allo stesso tempo il salvataggio dell’arto.

Tramite la protesi custom made e l’utilizzo dei PSI è dunque possibile ottenere un dispositivo che si adatti in maniera ottimale alle linee di taglio eseguite dal chirurgo in sala operatoria e alle dimensioni della porzione ossea da ricostruire. Le indicazioni per le protesi personalizzate o custom-made sono le seguenti:

• pazienti al di fuori della gamma standard rispetto alle dimensioni o alla morfologia dell'impianto;

• esigenze particolari per malattie specifiche (es. neoplasie, metallosi);

• miglioramento dell'esito chirurgico perché l’adeguata forma soddisfa le singole esigenze anatomiche dell’individuo.72

A causa delle limitazioni della tecnologia di fabbricazione tradizionale, l'impianto personalizzato con forma complessa non può essere facilmente fabbricato attraverso la tradizionale macchina utensile. Con l'enorme sviluppo della tecnica di stampa 3D negli ultimi anni, una grande rivoluzione è stata portata nei campi dell'ingegneria, della medicina e molti altri. Rispetto alle tradizionali tecnologie CAD /CAM (Computer Aided Design/ Computer Aided Manufacturing), la stampante 3D può fabbricare i prodotti e gli impianti direttamente da un modello virtuale 3D con geometrie molto complesse.71

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In aggiunta si ha che per questioni meccaniche l’impianto metallico debba essere poroso in modo tale da adeguarsi al modulo elastico dell’osso circostante. La fabbricazione di strutture porose complesse usando tecniche convenzionali non ha avuto successo a causa dei vincoli di progettazione degli stampi, nonché del limitato controllo sulla costruzione dell'architettura porosa organizzata e interconnessa. Al contrario, le stampanti 3D sfruttando i metodi di produzione additiva possono essere utilizzati per progettare architetture complesse, in quanto presentano numerosi vantaggi, quali:

• tempi minimi di impostazione; • bassi costi di progettazione;

• minor numero di passaggi elaborativi e maggior rapidità di stampa con la possibilità di personalizzazione.73

Negli ultimi anni le tecnologie di produzione di solidi liberi (SFF) sono state in grado di realizzare forme complesse utilizzando polveri come precursori. Per la loro costruzione viene utilizzato un controllo computerizzato auto-assemblante mediante sinterizzazione o fusione di strati di polvere ottenuta con un laser o un fascio di elettroni come sorgente di energia.74

La lega che trova il maggior consenso nell’ambito della produzione e del successivo impianto in chirurgia è il titanio Ti6Al4V, costituita da titanio, alluminio e vanadio.

Il Titanio e le sue leghe sono ampiamente utilizzate per la produzione di impianti in cliniche ortopediche, dentarie e ricostruzioni maxillo-facciali a causa della loro buona biocompatibilità, resistenza alla corrosione e proprietà osteointegrative.75,76

Gli impianti dovrebbero fornire un supporto meccanico sufficiente per facilitare la rigenerazione ossea. Al tempo stesso, le proprietà meccaniche, come la rigidità, devono essere coerenti con il tessuto osseo circostante per acquisire la longevità, evitando così il cosiddetto shear stress, che ha un'influenza negativa nel processo di rimodellamento dell'osso e di guarigione.77

Inoltre, bisogna considerare che le proprietà del tessuto osseo sono influenzate da vari parametri:

• età

• attività fisica • alimentazione

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Tutto ciò rende difficile la progettazione e la fabbricazione di impianti con proprietà meccaniche e biologiche simili all’osso ospite, soprattutto per la riparazione e la rigenerazione dei grandi difetti ossei.78

Tramite l'uso della tecnologia di stampa 3D in chirurgia ortopedica si può ottenere una maggiore libertà di progettazione protesica, la quale aumenta l'accuratezza della ricostruzione e al contempo riduce il tasso di complicanze postoperatorie, potenzialmente migliorando la stabilità a lungo termine.79-81

1.7 METALLOSI

La metallosi comprende danni locali e variazioni delle caratteristiche del tessuto provocate da un corpo estraneo metallico nell'ospite, che nei casi di chirurgia ortopedica è identificato da un impianto protesico, con l’innesco di:

• danno diretto per pressione, distruzione o spostamento dei tessuti;

• danni collaterali mediante reazioni chimiche con fluidi corporei, processi elettrolitici con danni galvanici diretti dell'attività cellulare e impregnazione del tessuto ospite con particelle ionizzanti metalliche;

• reazioni biologiche risultanti dei tessuti adiacenti.82

La metallosi è quindi un termine usato per descrivere l'infiltrazione di detriti di usura metallica nelle strutture periprotesiche, quali i tessuti molli e ossei. Le particelle usuranti provocano una reazione immunologica, portando ad osteolisi seguita da allentamento asettico dell'impianto.83 Questa complicazione può verificarsi in impianti protesici di anca (con la più alta incidenza di casi), di ginocchio, di spalla, di gomito e di polso. Si ritiene che la metallosi sia meccanicamente indotta e derivante dall'abrasione tra i componenti metallici, o tra il componente metallico e la superficie di polietilene (PE).84 Inoltre, le particelle di usura del metallo e le particelle di usura in PE possono esercitare un effetto sinergico.83

L'incidenza esatta della metallosi è sconosciuta, perché il numero di casi segnalati è molto limitato ma sembra un fenomeno in aumento. L'insorgenza di metallosi ha diverse spiegazioni, in particolare è influenzata da fattori razziali o culturali e dall’attività fisica.

Nelle culture asiatiche, accovacciarsi e sedersi con le gambe incrociate è più comune che nelle culture occidentali, aumentando il rischio di usura.

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La dimensione della coppa acetabolare può essere un'altra causa di metallosi. Le popolazioni asiatiche in genere richiedono coppe relativamente piccole, che purtroppo sono più suscettibili all'impingement.

Inoltre, il posizionamento di protesi in pazienti relativamente giovani può essere un altro fattore influente. Infatti si può supporre che il loro carico di lavoro giornaliero sia più pesante e coinvolga più attività di quella di pazienti anziani, aumentando il tasso di degradazione dell’impianto.85

L'usura da impingement può essere fonte di metallosi grave con una pesante contaminazione metallica del tessuto periprotesico, soprattutto se un collo di lega di titanio impatta su un componente acetabolare in cromo-cobalto. Però anche l'impingement con una coppia di metallo su polietilene può portare ad una liberazione di particelle di polietilene e detriti metallici, con successiva osteolisi.

Tuttavia, a causa del contatto diretto del metallo, le articolazioni in metallo-metallo sono più sensibili rispetto alle coppie metallo-polietilene dove quest’ultimo riveste una funzione protettiva. Questo problema risulta in parte ridotto da cuscinetti di grandi diametri che con un maggiore arco di movimento riducono chiaramente il rischio di impingement.86

Come precedentemente detto la metallosi è una complicanza sia delle protesi metallo-metallo (con entrambe le superfici articolari complementari costituite da metalli, come la lega cobalto-cromo-molibdeno o leghe in titanio) che delle protesi metallo-polietilene (con la componente dell’arto costituita da leghe metalliche e la coppa articolare, anch’essa costituita da leghe metalliche ma rivestita da uno strato di polietilene).

La protesi articolare in metallo-metallo è stata reintrodotta nei primi anni '90, teoricamente, per ridurre il tasso di fallimento delle artroprotesi totali dell'anca associate a detriti di usura in polietilene. Questa attuale (seconda) generazione di articolazioni e impianti di metallo su metallo è notevolmente cambiata dalla prima generazione; ci sono stati molti miglioramenti in materia di metallurgia e di progettazione, come la tolleranza e la clearance. Queste componenti richiedono un'elevata precisione per quanto riguarda la sfericità, la lucidatura, il diametro e la tolleranza libera definita. La qualità della lega Co-Cr-Mo è importante tanto quanto la geometria della struttura.

Recentemente, però, diversi autori hanno segnalato l'osteolisi periprotesica e il fallimento asettico dopo artroplastiche totali dell'anca con articolazioni metallo-metallo di seconda generazione ed è stato proposto come un meccanismo patogenetico di base l'ipersensibilità

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metallica. Studi di recupero dei pazienti con protesi in metallo-metallo hanno dimostrato che i livelli sierici di ioni cobalto e cromo sono sostanzialmente superiori rispetto a quelli in soggetti normali senza impianti. Gli ioni metallici rilasciati possono attivare il sistema immunitario, formando complessi proteici metallici che sono considerati antigeni candidati alla provocazione delle reazioni di ipersensibilità. Una possibile spiegazione del fallimento è la predisposizione del paziente all'ipersensibilità nei confronti del metallo stesso.87

I livelli elevati di cobalto e cromo posizionano il paziente ad un rischio maggiore di ipersensibilità di tipo ritardato. Le particelle di cobalto-cromo hanno un maggiore potenziale di citotossicità rispetto alle particelle di polietilene e vi è un rischio teorico di carcinogenesi con esposizione prolungata a questi elementi.84

La fonte di detriti metallici non è stata chiaramente identificata nelle precedenti relazioni.87 Le

superfici a cuscinetto recuperate negli studi di Park88 e Korovessis89 non hanno presentato aree

visibili di usura e l'ispezione con uno scanner tridimensionale non ha mostrato aree visibili di danni. Ciò potrebbe essere attribuito alla capacità di autolubrificazione della superficie metallica in cui i graffi vengono resi lisci da movimenti articolari aggiuntivi.87

Clinica

Le reazioni avverse dovute alla condizione di metallosi possono essere sistemiche o locali.

Per quanto riguarda la situazione locale si ipotizza che i detriti metallici impregnino i tessuti molli periprotesici (capsula articolare, cavità articolari e tessuti molli) ed elicitino una reazione da corpo estraneo caratterizzata dal reclutamento di cellule giganti multinucleate, come osservabile alle indagini anatomopatologiche.

Tale processo innesca una sinovite cronica che si manifestata clinicamente con: • dolore;

• gonfiore articolare;

• formazione di una tumefazione.

Di conseguenza, la principale diagnosi differenziale da porre con la metallosi è l'infezione cronica postoperatoria.84

Oltre all'infiammazione dei tessuti i pazienti possono avere la formazione di pseudotumori, grandi versamenti articolari, necrosi e osteolisi.90

Lo pseudotumour è definito come una lesione granulomatosa o una lesione cistica distruttiva, né infettiva né neoplastica, che sia almeno 5 cm di dimensione, e che si sviluppa in prossimità

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dell'articolazione. Ad una prima valutazione può simulare una formazione tumorale.82 Esso è legato alla risposta immunologica locale nei confronti di detriti e ioni metallici, in particolare cobalto e cromo, rilasciati attraverso la corrosione e il deterioramento meccanico degli impianti di lega metallica.91

L'impregnazione metallica può anche rendere il liquido sinoviale ed i tessuti molli periprotesici neri, valutabili all’ispezione dopo aver esposto l’articolazione durante l’intervento chirurgico.84

Figura 6. Evidenza macroscopica di metallosi83

Oltre alle reazioni locali, una elevata concentrazione di ioni metallici può essere responsabile di reazioni cliniche sistemiche, quali:

• fatica, perdita di forza, intorpidimento, perdita di peso; • patologie cutanee;

• epigastralgie;

• tossicità neuro-oculare (neuropatia periferica, perdita uditiva sensoriale, danno visivo e diminuzione attività cognitiva);

• cardiotossicità (dispnea da sforzo, evidenze ecocardiografiche di alterata funzione diastolica, disfunzione sistolica globale, cardiomiopatia dilatativa, effusione pericardica);

• tossicità tiroidea (ipotiroidismo clinico o subclinico).91,92

Inoltre i livelli di ioni metallici elevati nel siero e negli organi solidi possono avere teoricamente un potenziale cancerogenico e teratogeno.82

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Indagini Strumentali

La radiografia è il metodo primario di imaging e può diagnosticare la metallosi e la sinovite indotta dalle particelle di usura.

L'aspetto radiografico di metallosi è costituito da tre segni radiografici tipici:

• "segno della nuvola" che è costituito da un tessuto amorfo aumentato di densità nei tessuti molli periprotesici,

• "segno della bolla" consiste in radiodensità curvilinee, o simili a bolle, che delineano la sinovia e la capsula articolare,

• "segno della linea metallica" che è specifico per la sinovite metallo-indotta ed è un bordo sottile, lineare, di densità aumentata che delinea una porzione della capsula articolare. La distinzione del "segno della nuvola" dal "segno della bolla" può essere ottenuta riconoscendo che le densità nuvolose sono considerate come un'area di densità aumentata abbastanza uniforme ed amorfa, al contrario delle densità curvilinee del "segno della bolla".

"Segno della nuvola "," segno della bolla " e " segno della linea metallica " sono tre importanti segni radiografici utili a differenziare la metallosi da altre complicanze.

L'osteolisi è meno specifica, ma comunque presente. Altri risultati radiografici di metallosi includono: diminuzione della mineralizzazione ossea; frattura e disallineamento articolare.84 Può anche essere presente un aumento diffuso della densità in cavità articolare, indicando la presenza di un fluido sinoviale anormalmente denso.93

Tuttavia, le radiografie semplici hanno dimostrato di avere una scarsa sensibilità, con segni assenti in oltre la metà dei casi.

La tomografia computerizzata può essere utile nella valutazione della metallosi. I risultati caratteristici includono il riscontro di materiale ad alta densità a livello della capsula articolare o della borsa.84

La TC può anche contribuire a confermare la presenza di aree di osteolisi evidenziate dalle radiografie e consente una quantificazione più accurata della perdita ossea periprotesica.93 La modalità di imaging di scelta è la risonanza magnetica con la sequenza di riduzione dell’artefatto metallico (MARS, Metal Artifact Reduction Sequence). È stata dimostrata in grado di diagnosticare in modo affidabile e di confermare la portata della metallosi, identificando lo pseudotumore.94

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L'anomalia più evidente sulla RMN è la presenza a livello del tessuto molle di un segnale intermedio in T1 ed elevato in T2, coerenti con le raccolte fluide. Queste formazioni, anche se di varia grandezza, mantengono sempre il contatto con il collo della protesi.95

Infine anche i livelli di ioni metallici nel sangue sono un indicatore per la rilevazione della metallosi precoce a seguito di artroplastica.94

Terapia

Le raccomandazioni della FDA per i pazienti asintomatici con impianti protesici prevedono un follow-up ogni 1-2 anni per monitorare eventuali cambiamenti alla clinica, alla diagnostica strumentale o alle analisi ematologiche.96

È necessario eseguire un attento monitoraggio radiografico e la chirurgia di revisione deve essere eseguita il più presto possibile per prevenire la rapida progressione della metallosi. 85 Nel considerare la revisione della metallosi, occorre tener conto dei seguenti fattori di rischio:

• se il paziente è sintomatico;

• la dimensione e la forma della particolare protesi;

• se vi sono prove di usura estrema o metallosi alla diagnostica per immagini.94

Una delle importanti domande sulla revisione di protesi per metallosi è se tutti i tessuti periprotesici interessati dalla reazione anomala debbano essere rimossi. L'eliminazione di un'estesa deposizione di detriti metallici può non essere sempre possibile se si vuole evitare danni secondari del tessuto. Sebbene sia necessario un monitoraggio a lungo termine, sembra che un'adeguata gestione dell'osteolisi sia più importante dell'eliminazione della metallosi profonda nei tessuti molli e ossei.

Un altro aspetto importante per il successo della chirurgia di revisione è la pianificazione preoperatoria delle difficoltà tecniche. I problemi nel rimuovere le viti con testine distrutte o usurate possono creare una situazione pericolosa con una perdita ossea più estesa e devono essere valutate nel planning preoperatorio.85

Considerato che la reazione avversa si diffonde in maniera disomogenea è necessario eseguire osteotomie personalizzate. Da qui deriva il bisogno e la curiosità sempre crescente della comunità scientifica nei confronti dell’utilizzo di protesi custom made anche nell’ambito della metallosi.

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