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Identità, bisogni e caratteri strutturali delle APS in Toscana: la situazione a Massa Carrara

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in

“Sociologia e management dei servizi sociali”

Tesi di laurea in Metodologia della Ricerca Sociale

“Identità, bisogni e caratteri strutturali delle APS in

Toscana: la situazione a Massa Carrara”

Relatore

:

Prof. Andrea Salvini

Candidata Laura Greco

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INDICE

ABSTRACT………... 1

INTRODUZIONE………. 2

1. IL MUTAMENTO DEL VOLONTARIATO...………... 7

1.1 Dal volontariato agli Enti di Terzo Settore………... 7

1.2 Le indagini sul volontariato condotte dall’Università di Pisa…... 14

1.3 Le Associazioni di Promozione Sociale: differenza tra ODV E APS... 17

1.4 La Riforma del Terzo Settore………... 19

Il Codice: gli Enti di Terzo Settore... 21

Il Registro Unico Nazionale…... 23

Attività di volontariato………... 24

La nuova regolamentazione sui Centri di servizio per il volontariato…….. 26

1.5 Tra passato e presente: la “crescita” del Terzo Settore. La strada verso la sussidiarietà: Legge 328/00 e modifica del Titolo V…… 28

1.6 L’indagine………... 41

2. LA RICERCA………. 43

2.1 La ricerca. Il contesto di riferimento……….. 43

2.2 La metodologia di indagine………....…… 46

2.3 Il campione………. 47

2.4 CATI (Computer Assisted Telephone Interview)……….. 48

2.5 Lo strumento di ricerca: il questionario………...….. 50

Prima sezione: La carta di identità dell’organizzazione………... 52

Seconda sezione: L’offerta di attività e i bisogni interni………... 54

Il Gestionale CESVOT………. 67

2.6 Il Diario di bordo………... 70

2.7 La presa in carico delle APS……….. 72

3. Il DIARIO DI BORDO………... 75

(3)

3.2 Il contatto con le associazioni………...77

3.3 Richiesta della compilazione del questionario tramite email... 80

3.4 La risposta, il feedback e la reazione………...…… 81

Cordialità e disponibilità……….. 82

Distacco e/o indisponibilità………...… 83

3.5 Le problematiche incontrate: i casi più difficili di contatto... 86

3.6 Percezioni e riflessioni……….. 89

3.7 La situazione delle APS nella provincia di Massa Carrara………... 90

CONCLUSIONI……….. 98

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA………...…….. 102

(4)

Con immenso amore

alla mia famiglia

e a Pierfrancesco, compagno di vita.

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(6)

1

ABSTRACT

Identità, bisogni e caratteri strutturali delle APS in Toscana: la situazione a Massa Carrara

Nella presente tesi si discutono gli aspetti metodologici e procedurali inerenti l’indagine regionale su “Identità, i bisogni e i caratteri strutturali delle Associazioni di Promozione Sociale (APS) in Toscana”, con particolare riferimento alla provincia di Massa Carrara, ambito territoriale di cui mi sono occupata in qualità di ricercatrice junior. La rilevazione, nel pieno dello svolgimento al momento della redazione dell’elaborato, è stata commissionata dal CESVOT al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, con l’obiettivo e l’esigenza di comprendere la natura strutturale e identitaria delle APS in seguito alla recente Riforma del Terzo Settore, e si inserisce in un lungo percorso di ricerca che il team dell’Università di Pisa porta avanti da anni sulle tematiche del Terzo Settore. Il carattere innovativo e sperimentale del lavoro risiede nell’oggetto dell’indagine, ovvero le APS che a seguito della Riforma confluiscono negli Enti di Terzo Settore – condividendo, attraverso un Unico Registro Nazionale, la stessa disciplina civilistica e fiscale con gli altri enti -, e le cui dinamiche sono ancora poco conosciute: ad oggi, non sono state mai realizzate ricerche sulla natura delle APS, le quali, a differenza delle organizzazioni di volontariato, mancano di una letteratura scientifica di riferimento.

Nel primo capitolo dell’elaborato si presenta il quadro di riferimento in cui si inserisce la Riforma, ed illustrando le implicazioni che ha comportato per le APS si evidenziano le motivazioni per cui l’indagine si è resa necessaria. Il secondo capitolo è di carattere esplicativo rispetto alla modalità di svolgimento dell’indagine, con particolare attenzione alla metodologia, alla procedura di contatto delle APS, ed agli strumenti utilizzati nel corso della ricerca, tra cui il questionario e la redazione periodica del diario di bordo in cui sono state riportate tutte le note qualitative e di contesto fondamentali per la comprensione dello status quo. Nel capitolo si espongono, altresì, le problematiche affrontate, come ad esempio le difficoltà riscontrate nel contattare le associazioni, la mancata volontà di collaborazione da parte di alcune di esse e le omesse risposte a determinati quesiti del questionario somministrato. Nello specifico, il campione relativo alla delegazione territoriale di Massa Carrara ha contato 59 APS, di cui 24 hanno collaborato all’indagine. Il terzo capitolo si concentra sullo strumento del diario di bordo, e sull’analisi delle informazioni qualitative in esso riportate: la loro discussione permette di fornire un quadro generale delle APS in provincia di Massa Carrara. Nelle conclusioni, si sottolinea come l’indagine si sia resa necessaria non solo per comprendere l’identità delle APS toscane, ma anche per capire, immergendosi nel loro mondo, quali siano i bisogni strutturali da esse avvertiti in maniera tale che il CESVOT possa comprendere come agire da supporto, aiutandole sia a risolvere eventuali problematiche interne, sia nello svolgimento delle iniziative verso la società esterna migliorando la qualità delle attività delle stesse APS.

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INTRODUZIONE

“Identità, bisogni e caratteri strutturali delle APS in Toscana: la situazione a Massa Carrara” è il titolo della presente tesi, in cui si descrive l’indagine sulle Associazioni di Promozione Sociale toscane a cui ho partecipato in qualità di ricercatrice junior, avendo in carica quelle che ricadono sotto la delegazione territoriale di Massa Carrara.

L’indagine è stata commissionata al Dipartimento di Scienze Politiche di Pisa da parte del CESVOT – Centro dei Servizi per il Volontariato della Toscana - e, al momento della stesura dell’elaborato, si trova ancora nel suo pieno svolgimento. Le Associazioni di Promozione Sociale (APS), dopo le Organizzazioni di Volontariato (ODV), rappresentano una delle più numerose componenti dell’Universo del Terzo Settore. L’attenzione nei confronti delle APS viene a porsi in particolar modo in seguito alla recente Riforma del Terzo Settore, la quale rende necessario il monitoraggio della struttura e dell’identità di questa tipologia di associazioni, così da comprenderne le caratteristiche e supportarle nel portare avanti il proprio operato. Tale necessità conoscitiva si origina in ragione della presenza di limitati dati statistici e informazioni nei confronti di questi soggetti.

L’indagine di cui sopra, quindi, si pone l’obiettivo di raccogliere informazioni sulle APS toscane, diffonderne dati e conoscenze circa le caratteristiche organizzative, la capacità di animare le comunità territoriali e i bisogni che manifestano nella realizzazione di quanto programmato.

Le APS organizzano una serie di attività rivolte al soddisfacimento dei bisogni dei propri associati e promuovono, altresì, iniziative che coinvolgono anche gli utenti esterni ad esse. Questi soggetti – oggetti di studio – non eguagliano le ODV dal momento che non si pongono il mirato obiettivo di progettare e realizzare servizi rivolti ai “terzi beneficiari”, ma si differenziano sia per il fine che perseguono, sia per la base giuridica che le caratterizza. Infatti la principale differenza è quella

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3 riguardante la presenza dei soci all’interno delle Associazioni di Promozione Sociale. Infatti, questi ultimi caratterizzano l’esistenza stessa delle APS poiché oltre ad essere i principali destinatari delle attività programmate, rappresentano la preminente fonte di sostentamento economico, attraverso le quote di iscrizione, delle associazioni. Entrambe le forme associative fanno comunque parte del vasto Universo del Terzo Settore, ma posseggono alcune peculiarità che le rendono diverse. Ad oggi, in seguito alla Riforma, entrambe rientrano nella categoria generale degli Enti del Terzo Settore (ETS) condividendo, così, la stessa disciplina civilistica e fiscale. La Riforma, introducendo la categoria generale degli ETS, si è posta il fine di ridurre la frammentarietà del mondo del volontariato. Infatti, precedentemente ogni forma associativa che si poneva l’obiettivo di realizzare programmi di utilità sociale, era disciplinata da un proprio codice e possedeva un suo Registro: le ODV erano regolamentate dalla Legge 266/1991,mentre le APS dallaL.383/2000 e, inoltre, con il principio della sussidiarietà orizzontale, i singoli privati, associandosi, potevano liberamente promuovere attività socio-assistenziali. Con la recente Riforma, oggi, invece, tutte le forme associative prive dello scopo di lucro non solo rientrano nella stessa categoria, come anticipato, ma avranno, altresì, in comune un Unico Registro Nazionale su cui apporre la propria iscrizione. La Riforma ha, così, introdotto una serie di modifiche normative che verranno descritte nel corso dei successivi capitoli. La legge chiama in causa anche i Centri di Servizio (CSV). Infatti, sarà un Organo Nazionale di Controllo (ONC) sia a scegliere, sulla base di determinati criteri, quali enti potranno essere accreditabili come CSV, sia ad operare una stabilizzazione delle risorse sul triennio al fine di assicurare loro un finanziamento stabile attraverso un unico fondo nazionale (FUN). I compiti che i CSV dovranno realizzare rimarranno invariati, concentrandosi su: promozione dell’attività di volontariato; formazione dei volontari; offrire consulenza alle associazioni in vari ambiti (come quello giuridico, organizzativo, di raccolta fondi); informazione e comunicazione; ricerca e documentazione; organizzazione di incontri e riunioni per facilitare l’operatività dei volontari. Tutti i servizi dovranno essere erogati sulla base dell’ammontare del FUN stabilito dall’ONC. Tuttavia, in considerazione dell’ampliamento dei soggetti a cui i

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4 CSV si rivolgeranno – a tutti gli Enti del Terzo Settore e non più solo alle ODV – il CESVOT ha compreso il bisogno di intercettare e capire questi nuovi soggetti (le APS): l’identità, la struttura, il modo in cui agiscono nel loro territorio di riferimento, le difficoltà e le criticità che quotidianamente si trovano ad affrontare.

Infatti, l’indagine a livello regionale è la prima dedicata alla promozione sociale in quanto il CESVOT, con la Riforma del Terzo Settore, ha la funzione di organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli Enti del Terzo Settore. Per tal motivo, l’obiettivo dell’indagine è quello di rilevare i fabbisogni delle realtà associative iscritte all’albo della promozione sociale, così che, una volta giunti alla comprensione della loro struttura organizzativa, si possa meglio orientare la propria programmazione futura a livello formativo e progettuale nei confronti di questi nuovi soggetti, colmandone anche eventuali lacune circa la nuova normativa e gli effetti da essa derivanti.

L’indagine presenta caratteri innovativi e sperimentali dal momento che sul mondo delle APS conosciamo poco a differenza, invece, delle ODV, di cui, ad oggi, anche attraverso le indagini condotte negli ultimi anni con continuità biennale dal CESVOT e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, siamo in possesso di informazioni circa la loro struttura e identità.

Il carattere sperimentale dell’indagine deriva dalla metodologia utilizzata, la quale è andata modificandosi nel corso dello svolgimento, vedendo l’incremento sempre maggiore dello strumento del Diario di bordo, dei dati di contesto e dei vari canali di contatto delle APS. Inoltre, anche la presente tesi ha natura sperimentale poiché la ricerca si è svolta durante la sua stesura ed è stata svolta in gran parte sul campo attraverso il mio pieno coinvolgimento nella realizzazione dell’indagine. Infatti, il lavoro di ricerca è portato avanti da un team di ricercatori junior del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, di cui, appunto, ho fatto parte. L’aver collaborato alla realizzazione dell’indagine mi ha permesso di capire concretamente la modalità di svolgimento di una ricerca sociale, la sua metodologia e tutte le fasi che la costituiscono. Così, sono entrata direttamente in contatto con l’Universo del

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5 Terzo Settore, immergendomi nel mondo delle APS della delegazione di Massa Carrara e toccando dal vivo una realtà quasi del tutto ignota, in maniera tale da comprendere l’importanza di ottenere nuova conoscenza attraverso il lavoro di ricerca.

L’utilizzo diretto dello strumento del questionario e del Diario di Bordo mi ha permesso di “scendere sul campo” ed esplorare in prima persona un mondo importante per lo sviluppo del Terzo Settore, confrontandomi in prima persona con una realtà ancora poco conosciuta, motivandomi, per tal ragione, a porre sempre maggiore attenzione ad ogni singolo step caratterizzante la ricerca.

La tesi si struttura in tre capitoli. Nel primo viene presentato il contesto in cui si inserisce l’indagine attraverso un excursus riguardante, dapprima, il mutamento avvenuto nel corso degli anni nel mondo del volontariato e della definizione stessa dell’essere volontario. Successivamente, il discorso si concentra sulle riforme normative che hanno visto protagonista il mondo del volontariato, tra cui la più recente circa il Terzo Settore. In riferimento all’ultima Riforma, ne vengono discusse le caratteristiche principali e i motivi che hanno portato alla necessità di condurre la prima indagine conoscitiva sulle APS toscane.

Nel secondo capitolo si descrivono le fasi, la metodologia e gli strumenti che hanno caratterizzato l’indagine. Quest’ultima è stata condotta attraverso la metodologia CATI che ha previsto la somministrazione di un questionario telefonico, tenendo traccia di ogni passo compiuto con l’attenta redazione di un Diario bordo stilato per ogni delegazione territoriale. La concentrazione non è stata rivolta solamente alla somministrazione del questionario tramite le interviste telefoniche, ma ci siamo focalizzati anche su tutta una serie di dati qualitativi che, connotando un ambito territoriale, si sono dimostrati di importanza fondamentale alla finalità della ricostruzione del contesto in cui agiscono le APS.

Infine, nel terzo capitolo viene presentata l’analisi qualitativa sui dati rilevati e trascritti minuziosamente sul Diario di bordo, strumento fondamentale per entrare in

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6 possesso di tutte quelle informazioni che non trovavano spazio di inserimento nel questionario e che hanno permesso di delineare un primo profilo delle APS.

La scelta di non dedicare il lavoro di tesi all’analisi quantitativa dei dati ottenuti grazie alla somministrazione del questionario è dovuta al fatto che l’indagine, come specificato, è ancora in corso. Infatti la ricerca, nel suo svolgimento, ha visto aumentare sempre più l’importanza e la rilevanza dei dati di contesto. Questa parte, di natura più qualitativa, consiste nell’insieme di note, commenti, informazioni specifiche e annotazioni sul modo di approccio delle APS circa la nuova Riforma che sono stati attentamente riportati nel Diario di Bordo.

La “parte” qualitativa dell’indagine ha permesso di ottenere informazioni interessanti sulle APS della provincia di Massa Carrara, evidenziando particolari che, diversamente, non sarebbero potuti essere evidenziati. Una volta portata a termine la fase di raccolta dei dati, è prevista quella inerente alla loro analisi quantitativa che permetterà di ottenere un quadro ancora più completo sulle APS toscane.

In conclusione, è possibile affermare che l’indagine è stata in grado di offrire un’immagine basilare del profilo delle APS evidenziandone sia le caratteristiche, sia i bisogni da esse manifestati e fornendo informazioni utili al CESVOT per ottenere una prima conoscenza su una componente importante dell’Universo del Terzo settore, mirando, così, al rafforzamento di questi nuovi soggetti, permettendo, altresì, di poter delineare la diversità identitaria delle Associazioni di Promozione sociale rispetto alle Organizzazioni di Volontariato.

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CAPITOLO 1: IL MUTAMENTO DEL VOLONTARIATO

1.1 Dal volontariato agli Enti di Terzo Settore

Nella società in cui viviamo ed organizziamo il nostro modo di agire e di relazionarci con il mondo, un valore che da sempre è stato considerato importante sia istituzionalmente, che informalmente è quello della solidarietà e del prestare aiuto a coloro che si trovano in condizioni di disagio e, per tale motivo, hanno bisogno di sostegno. La stessa Costituzione, attraverso il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, promuove l’azione solidale, la quale, fino ad oggi, è stata quasi sempre associata alle “Organizzazioni di Volontariato”, considerando, quasi marginalmente, le altre forme di associazione. Infatti, la società che abitiamo non è caratterizzata solamente dalla presenza delle ODV, ma anche da quella di altri enti che rappresentano il terzo settore e, pertanto, viviamo in una realtà molto variegata in cui l’azione solidale non si esaurisce all’interno delle sole Organizzazioni di Volontariato. Partendo da queste ultime, occorre precisare che, comunque, nel corso del tempo ciò che è mutato è la definizione stessa di volontariato.

Esso, da sempre, rappresenta la testimonianza concreta dell’interdipendenza esistente tra il livello sociale, politico ed etico della nostra società, in grado di creare coesione sociale nonostante la crescente tendenza verso atteggiamenti individualistici: il volontariato apre la strada verso la via di una società più giusta e più inclusiva cercando di favorire il coinvolgimento di tutti, anche dei più giovani, nell’azione volontaria, in maniera tale da promuovere maggiore coesione sociale, un’unione di forze tra il singolo e le istituzioni, una collaborazione tale da tessere una più ampia rete di solidarietà capace di offrire a coloro che hanno bisogno di aiuto sia una speranza di miglioramento delle condizioni di vita, sia la percezione del cambiamento in positivo del proprio stato1.

1 Salvini A., “Volontariato come interazione: come cambia la solidarietà organizzata in Italia”, Pisa University

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8 Per far crescere il volontariato, questo non deve essere considerato immutabile, ma soggetto a cambiamenti, così come lo è il tessuto della società in cui si manifesta. È sempre più diffusa la convinzione che il fenomeno del volontariato sia cambiato molto rispetto al passato e, ad oggi, il mutamento è ancora in corso.

Non dobbiamo commettere l’errore di considerare il volontariato come un’entità autonoma, con una vita propria rispetto a quella di coloro che ne sono attori. Non è, cioè, un fenomeno estraneo ai soggetti che lo praticano, bensì è il risultato della negoziazione dei punti di vista sia di coloro che decidono di prestare attivamente il proprio operato in azioni di volontariato, sia di chi lo rappresenta senza dover necessariamente esserne parte attiva. Esso è una costruzione sociale dotata di senso e di interazioni sociali.

Il volontariato è un fenomeno complesso dal momento in cui non è facile individuarne le caratteristiche univoche, frutto, come già detto, di differenti punti di vista, di negoziazioni di significati che fanno in modo che qualsiasi definizione offerta appaia incompleta, parziale. Esso è una costruzione sociale dotata di senso e di interazioni sociali. Nonostante questo primo ostacolo, ci sono alcuni punti su cui molti studiosi hanno posto l’attenzione, condivisi ampiamente da un grande pubblico. Gli elementi in questione sono descritti da alcuni studiosi che si sono soffermati molto sul tema di riferimento2:

 la volontà individuale e libera;

 la disponibilità e la natura delle ricompense;  la vicinanza rispetto ai beneficiari;

 l’appartenenza ad una agenzia formale.

Il secondo punto, quello inerente alla “natura delle ricompense”, è l’elemento che tende ad essere controverso o paradossale sulla base della definizione di volontariato offerta dalla legge 266/91, la quale enuncia: “ai fini della presente legge per attività

di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e

2 Cnaan R. A., & Handy F., Wadsworth M, “Defining Who is a Volunteer: Conceptual and Empirical

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gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro i limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.3” Se l’attività di volontariato deve essere svolto secondo

la propria libera scelta, le ricompense, anche non monetarie, possono essere viste entranti in conflitto con la natura stessa di ciò che viene a definire la figura del volontario, il quale, incentivato, svolge un’attività di supporto e vicinanza nei confronti di chi ha bisogno. Sottolineiamo che, comunque, gli aspetti sopra indicati tendono a manifestarsi in modalità e intensità diversificate nella pratica del volontariato.4

Esso si definisce nelle pratiche e nelle interazioni quotidiane: “volunteering

continues to be a social construct with multiple definitions; and what is understood as volunteering is a matter of public perception. The boundaries between what definitely constitutes volunteering and what does not are permeable5” (il

volontariato continua ad essere un costrutto sociale con più definizioni; e ciò che è inteso come volontariato è una questione di percezione pubblica. I confini tra ciò che costituisce definitivamente volontariato e ciò che non lo è, sono permeabili).

Il volontariato, in passato, era visto come un’azione caritatevole, legata anche a precetti religiosi da svolgere non solo per il singolo, ma per il bene della comunità intera. Gradualmente, esso ha iniziato a mutuare e la moderna forma, attuale, delle organizzazioni di volontariato si è andata a delineare nel secondo dopoguerra con la diffusione di grandi affiliazioni nazionali e locali. È negli anni ’70 che si è diffusa maggiormente la sensibilità collettiva riguardante la partecipazione alla sfera pubblica attraverso una serie di passaggi politici e istituzionali, come la costituzione delle Regioni, il decentramento amministrativo e l’approvazione di leggi nel campo

3 Legge 266/1991, art. 2, commi 1, 2

4 Hustinx L., Cnaan R.A., & Handy F, “Navigating theories of volunteering: A hybrid map for a complex

phenomenon”, Journal for the theory of Social behavior, Vol 40, No.4, Blackwell publishing, Oxford, 2010

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10 sociale. Tutto ciò ha portato ad un’evoluzione del volontariato visto come avvicinamento tra la sfera pubblica e i cittadini stessi. Un’azione non più riservata solamente all’operato della chiesa, ma estesa a livello statale e, ad oggi, con una maggiore sussidiarietà orizzontale. È stato originato un nuovo modello in cui la partecipazione è vista come capacità effettiva di orientamento delle scelte politiche nella direzione di un benessere sociale da garantire a tutti i cittadini. Le organizzazioni cattoliche, però, non perdono il proprio potere, come dimostrato dalla nascita, negli anni ’70, di associazioni laiche e socialiste e, nel 1971, della fondazione della Caritas, la quale inaugura una nuova forma di esercizio di carità tra i fedeli. Quest’ultima risulta maggiormente efficace se praticata solidalmente dai gruppi e dalle comunità. Dell’importanza dell’azione congiunta ne parla anche Giovanni Paolo II nella “Christifidelis laici”, nella quale viene affermato che “una simile

carità, attuata non solo dai singoli ma anche in modo solidale dai gruppi e dalle comunità, è e sarà sempre necessaria: niente e nessuno la può e la potrà sostituire, neppure le molteplici istituzioni e iniziative pubbliche. […] Paradossalmente tale carità si fa più necessaria quanto più le istituzioni […] pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dall’esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato. Proprio in questo contesto continuano a sorgere e a diffondersi, in particolare nelle società organizzate, varie forme di volontariato che si esprimono in una molteplicità di servizi e di opere. Se vissuto nella sua verità di servizio disinteressato al bene delle persone, specialmente le più bisognose e le più dimenticate dagli stessi servizi sociali, il volontariato deve dirsi una espressione importante di apostolato, nel quale i fedeli laici, uomini e donne, hanno un ruolo di primo piano 6.”

Notiamo immediatamente, quindi, come la singola azione di un solo individuo o di un’organizzazione non sia sufficiente a prestare l’aiuto necessario non soltanto ai bisognosi, ma a tutta la comunità stessa. È Attraverso l’azione congiunta, una

6 Giovanni Paolo II, “Christifidelis laici” n. 41, 1987

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11 maggiore collaborazione tra il mondo laico e quello religioso ed una disinteressata volontà volta ad aiutare il prossimo che si realizza qualcosa di grande per il bene collettivo.

Inoltre, occorre notare che i cambiamenti si sono diretti verso un’istituzionalizzazione dell’attività di volontariato, supportata e promossa a livello statale e dipendente da esso. Infatti, le diverse organizzazioni si collocano in una posizione di dipendenza finanziaria nei confronti delle entrate pubbliche generando subordinazione anche a livello politico e culturale. Nonostante ciò, il ruolo degli enti locali risulta essere prezioso per la realizzazione degli obiettivi preposti dalle organizzazioni di volontariato e dai singoli attori sociali. Con lo sviluppo sempre maggiore delle organizzazioni, l’incremento maggiore, in termini quantitativi, si verifica soprattutto negli anni 90, coinvolgendo l’espansione a livello demografico. Ogni organizzazione si caratterizza per lo svolgimento della propria attività in contesti specifici. L’organizzazione interna delle singole associazioni si è consolidata rispetto al passato, ma tale sviluppo tende a necessitare dell’attivazione di una quantità maggiore di risorse fondamentali, quali denaro e volontari.

Di conseguenza, l’accesso a fonti di finanziamento pubblico trova regolamentazione con specifiche norme e attraverso la capacità di adattamento delle singole organizzazioni che, attraverso la definizione di progetti e obiettivi, cercano di entrare in contatto con gli Organismi nazionali e internazionali, sviluppando anche attività di coordinamento con soggetti intermedi.

I molteplici interventi legislativi e l’opera non lineare di regolazione normativa del fenomeno impongono nuove ed ulteriori modifiche degli assetti organizzativi e gestionali delle ODV, come l’attuale Riforma del terzo settore. Tutti gli interventi legislativi impongono un processo ridefinizione dell’identità del volontariato. Nel tempo è andato modificandosi anche ciò che significa essere “volontari”, poiché non è più l’appartenenza a determinate associazioni del terzo settore a determinare la decisione di prestare la propria attività nel volontariato, ma la scelta è subordinata ad una valutazione personale. È stata formulata l’idea secondo cui dai recenti

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12 processi in ambito socio-culturale siano emersi «nuovi stili di volontariato»7, facenti

riferimento ad una crescente individualizzazione, per la quale l’azione di prestare volontariato si concilia sempre di più con le inclinazioni e le preferenze dei singoli attori sociali, i quali non aderiscono in toto alle ideologia delle associazioni di cui si fa parte. Il nuovo modello di azione volontaria mette l’accento sull’importanza della gratificazione individuale, non considerando soltanto, come in passato quella dei beneficiari e della collettività in generale.

Ad oggi, gran parte delle organizzazioni di volontariato collaborano con gli enti locali, senza il supporto dei quali, alcune attività e progetti non potrebbero essere realizzate. L’azione del volontariato coinvolge molti ambiti di intervento. Tra i diversi interventi, si ha a che fare con la lotta alla povertà delle famiglie, dei minori, della popolazione anziana; all’inclusione sociale degli emarginati; al supporto dei malati terminali affetti da gravi malattie; alla donazione del sangue e degli organi; alla lotta contro l’usura; alla promozione dei diritti degli immigrati e della loro integrazione sociale; alla cooperazione internazionale; alla tutela dei beni culturali e ambientali; alla difesa dei diritti di cittadinanza8.

Il volontariato costituisce una risorsa di primaria importanza per la dimostrata capacità di stare vicino alle persone, offrire loro il supporto necessario, testimoniando la solidarietà ancora presente nelle interazioni sociali.

Alla luce della recente Riforma del Terzo Settore, tramite la quale va a ridefinirsi il concetto e l’organizzazione del mondo solidale, il volontariato si ritrova, ancora una volta, dinanzi ad un mutamento della sua natura più profonda, nel più ampio quadro degli Enti del Terzo Settore, nel quale l’azione solidale si conferma non essere riservata solamente - come affermato all’inizio del capitolo – alle Organizzazioni di Volontariato, ma anche ad altri enti.

7 Hustinx, L. & Lammertin, F., “Collective and reflective styles of volunteering: A sociological modernization

perspective”, Voluntas: International Journal of Voluntary and Nonprofit Organizations vol 4 No.2, International Society of Third-Sector Research and The Johns Hopkins University, 2003

8 Salvini A., “Volontariato come interazione: come cambia la solidarietà organizzata in Italia”, Pisa University

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13 Attraverso la Riforma tutte le forme associative del mondo solidale rientrano nella categoria più generale degli “Enti del Terzo Settore”. Una delle caratteristiche di questo “mutamento normativo” si ritrova nel tentativo di riduzione della frammentarietà che caratterizzava, fino a poco tempo fa, l’universo dell’azione volontaria, cercando, altresì, di chiarificare il ruolo delle altre associazioni che svolgono attività di sostegno nei confronti degli utenti. Ad oggi non si parla più solamente delle Organizzazioni di Volontariato, bensì della categoria generale degli Enti del Terzo Settore.

Il terzo settore, in generale, esiste dalla fine degli anni ‘80 circa e si compone di soggetti organizzativi che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale senza scopo di lucro – non solo ODV, ribadiamo –. Infatti, esso è nato nel momento di maggiore crisi del Welfare State ed è stato reputato come un’importante possibilità di crescita dell’occupazione negli anni in cui la disoccupazione stava iniziando a diventare significativa9.

Il Terzo settore ha molte potenzialità, è un punto di forza del modello sociale italiano. Esso non si pone come mero strumento di erogazione di servizi tra lo Stato e il mercato che cerca di colmare le mancanze del settore pubblico, ma è capace di “tessere i fili smarriti della comunità”.10 Il Terzo Settore è un soggetto flessibile, le

cui potenzialità sono ancora inesplorate e mira alla riorganizzazione di un sistema sociale in cui, ad oggi, associazioni, organizzazioni di volontariato, imprese sociali e fondazioni operano.11

Un punto di svolta importante si ha con la legge delega 106/2016 che sancisce, finalmente, una definizione giuridica del Terzo settore:

“Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità

9 Politiche sociali – sviluppo del terzo settore, occupazioni, tagli

http://www.leftcom.org/it/articles/2011-04-01/politiche-sociali-sviluppo-del-terzo-settore-occupazione-tagli. Articolo consultato il 3 ottobre 2018

10 Sacconi M. “Libro Bianco sul modello del futuro sociale.La vita buona nella società attiva.”, Ministero del

lavoro, della salute e delle Politiche Sociali, Maggio 2009, pag 21 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_955_allegato.pdf

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sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi12”.

Successivamente, attraverso il D.lgs 117/2017 - di cui si discuterà nel corso del capitolo – viene emanata una disciplina organica della legge sopra citata. È, quindi, la riforma in corso che ha aperto le porte verso una nuova ridefinizione della natura degli enti che appartengono al Terzo Settore e che agiscono in nome dell’interesse generale senza scopo di lucro.

1.2 Le indagini sul volontariato condotte dall’Università di Pisa

Nel corso degli anni sono state progettate varie ricerche volte alla comprensione delle trasformazioni del volontariato e dell’identità degli stessi volontari, nonchè delle Organizzazioni di Volontariato (ODV). Tra queste, sono da ricordare quelle condotte dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa su commissione del CESVOT - Centro di Servizi per il Volontariato della Toscana.

IL CESVOT è stato costituito nel gennaio 1997 come associazione di volontariato da undici associazioni regionali con lo scopo di svolgere funzioni di Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) in base alla legge 266/1991, denominata “Legge Quadro sul Volontariato”.

Tra le varie attività previste a sostegno del mondo del volontariato, il CESVOT ha voluto cogliere con costanza le dinamiche di trasformazione del volontariato tramite l’attività di ricerca, la quale permette di delineare l’evoluzione del mondo del volontariato nel corso degli anni e, per tale motivo, è ritenuta importante. Quindi, fin dalla sua costituzione, il CESVOT si è impegnato in un continuo lavoro di conoscenza circa la natura che caratterizza il mondo del volontariato, cercando di

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15 comprendere la sua natura, i bisogni delle associazioni e i cambiamenti che investono l’intero tessuto dell’azione volontaria.

Circa il tema delle trasformazioni dei bisogni del volontariato, sono state condotte, dal 1997, delle indagini biennali che hanno permesso la raccolta di un’importante mole di dati sulla realtà solidale toscana e delle sue evoluzioni.

Attraverso le indagini condotte nel tempo, si è diventati sempre più consapevoli che le identità e i bisogni sono profondamente interconnessi e, per tale motivo, se si verificano cambiamenti in uno di questi due aspetti, anche l’altro assumerà una nuova forma. L’ identità del mondo del volontariato diventa sempre più fluida e tende ad adattarsi ai diversi bisogni che si manifestano sia all’interno dell’associazione, sia all’esterno di esse.

È da ricordare l’indagine condotta nel 2010, la quale identificò una forma nuova di volontariato, classificato come “inatteso” dal momento che si discostava dall’immagine diffusa sia negli operatori, sia nella popolazione – cioè legata ad un’idea politica e culturale. Il volontariato “cessa di essere un un'idea o un progetto politico-culturale, ma diviene sempre più un insieme di pratiche che producono significati differenti, in situazioni specifiche”13

Questa nuova forma di volontariato, quindi, è risultata essere molto impegnata sul fronte dei servizi, in particolar maniera di quelli in ambito sociale, in maniera tale da poter contrastare gli effetti della crisi economica e far sentire la propria vicinanza a coloro che avevano bisogno di maggior sostegno, moltiplicando gli interventi da progettare e da mettere in atto. I primi effetti della crisi economica causarono un intreccio tra le vecchie e le nuove povertà, seguito da un incremento del numero delle famiglie che manifestavano il bisogno di maggiore supporto. La manifestazione di aiuto proveniva non solo dagli anziani, ma anche dai giovani in cerca di lavoro, dagli adulti in preda al licenziamento e disoccupati. Questo quadro di riferimento ha fatto sì che il volontariato subisse una svolta “pragmatica”, in base alla quale le scelte di

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16 progettazione e di intervento fossero orientati a fornire risposte sempre più concrete alle richieste della popolazione e delle istituzioni.

In continuità rispetto ai risultati dell’indagine appena esposta, tra settembre 2014 e febbraio 2015, è stata condotta un’ulteriore ricerca, il cui principale obiettivo è stato quello di aggiornare tutte le informazioni in possesso del CESVOT per rendere maggiormente efficace la comunicazione con le organizzazioni di volontariato aderenti, e di cogliere, altresì, l’impatto della crisi socio-economica sui caratteri strutturali e sulle attività del volontariato. I risultati ottenuti hanno confermato il cambiamento della struttura dell’identità del volontariato iniziato già cinque anni prima, segnalando, inoltre, come la crisi economico-sociale degli ultimi anni sia stata e continua ad essere determinante nelle scelte d’azione delle ODV.

La svolta pragmatica messa in luce dall’indagine nel 2010, è andata consolidandosi nel corso del tempo, favorendo il passaggio terminologico del cosiddetto “volontariato inatteso” in “volontariato atteso”. Infatti, i caratteri che sembravano essere nuovi e diversi rispetto all’azione del volontariato del passato, oggi si sono consolidati. Gli aspetti che caratterizzano il volontariato toscano sono riassunti nella seguente tipologia14:

1) un volontariato di servizi;

2) un volontariato plurale e ri-equilibrato; 3) un volontariato resiliente;

4) un volontariato disilluso; 5) un volontariato “alla prova”.

Ad oggi, perciò, attraverso le varie indagini che sono state condotte, sappiamo come si sia andata ad evolvere l’idea di volontariato e siamo a conoscenza dei caratteri strutturali e identitari delle ODV. Al contrario, non siamo in possesso, al momento attuale, di pari informazioni sulle Associazioni di Promozione Sociale (APS). Questa risulta essere un’importante lacuna da dover colmare, anche e soprattutto in virtù

14 Salvini A., Psaroudakis I. (a cura di), Oltre la crisi identità e bisogni del volontariato in Toscana, Cesvot, “I

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17 della recente Riforma del Terzo settore. Ci ritroviamo dinanzi ad una situazione di passaggio dall’idea che il volontariato sia associato quasi esclusivamente alle ODV, poiché la Riforma sopra citata ha fatto in modo da rendere maggiormente comprensibile che il Terzo Settore si compone di variegate associazioni che, in assenza di scopo di lucro, si impegnano a svolgere una serie di attività utili alla collettività. Oggi si deve parlare di Enti del Terzo Settore e, tra questi, rientrano le Associazioni di Promozione Sociale di, delle quali, però non sappiamo molto, motivo per cui è importante e urgente portare avanti un’indagine volta ad ottenere conoscenza circa la loro natura.

Tutte le associazioni che operano nel Terzo Settore condivideranno la stessa disciplina in materia civile e fiscale e dovranno iscriversi ad un Unico Registro Nazionale degli Enti del Terzo Settore. Ciò significa che non ci sarà più un Registro per forma associativa, ma ne esisterà uno soltanto, valido per tutti gli ETS.

1.3 Le Associazioni di Promozione Sociale DIFFERENZA TRA ODV E APS

Le indagini relative alla comprensione dei bisogni e delle identità delle ODV hanno messo in luce le loro caratteristiche strutturali e identitarie, offrendo un’importante mole di informazioni su di esse. Con la recente Riforma del Terzo Settore, però, ci si affaccia verso un nuovo panorama. Non è più solamente necessario essere a conoscenza delle caratteristiche, dei bisogni e delle identità concernenti le Organizzazioni di Volontariato, ma, ad oggi, abbiamo bisogno di informazioni riguardanti le Associazioni di Promozione Sociale, delle quali si sa poco o nulla. Infatti, sul territorio, non sono mai state realizzate indagini volte alla comprensione delle caratteristiche di queste associazioni che oggi vengono alla ribalta soprattutto attraverso la Riforma del Terzo Settore dal momento che esse entrano a far parte della nuova categoria generale degli Enti del Terzo Settore e necessitano, dunque, di essere conosciute.

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18 Si pone necessario, a questo punto, spiegare quale sia la differenza che intercorre tra le Organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di Promozione Sociale15

(APS).

Le ODV, costituite con la Legge 266/1991, sono definite come organismi mancanti di fini di lucro, anche indiretto. Esse sono costituite esclusivamente per fini di solidarietà e l’azione svolta dai volontari deve essere personale, spontanea e gratuita. Le APS, invece, sono associazioni volte allo svolgimento di attività di utilità sociale, anch’esse senza scopo di lucro. Le attività programmate e realizzate si devono svolgere nel rispetto della libertà degli associati.

Sia le ODV che le APS attivano il proprio operato nel vasto mondo del volontariato, ma la differenza sostanziale che intercorre tra le due forme riguarda la loro mission, ossia l’obiettivo primo dell’associazione stessa. Le Organizzazioni di volontariato, infatti, agiscono per fini solidaristici per rispondere nella maniera più appropriata possibile alle domande della collettività, mentre le Associazioni di Promozione Sociale portano avanti la realizzazione di programmi, svolti da volontari, con lo scopo di sviluppare soluzioni utili alla comunità in generale tramite attività di natura mutualistica. A variare non è solamente la mission, ma anche la tipologia dei beneficiari dei servizi: l’attività delle dalle ODV è indirizzata ai terzi beneficiari, cioè a coloro che non sono soci, mentre quella delle APS è rivolta principalmente ai propri associati, dal momento che si collocano al confine tra la dimensione pubblica e quella privata. Occorre sottolineare che il numero degli associati delle APS è abbastanza numeroso e, quindi, riescono a penetrare nella collettività in maniera maggiore rispetto alle ODV. Le attività svolte dalle Associazioni di promozione sociale, inoltre, hanno anche una natura sociale, non solo privata, considerato che gli eventi organizzati hanno carattere di visibilità sociale e non sono, quindi, riservate esclusivamente agli associati. Gli eventi in questione riguardano principalmente attività di animazione della società civile a livello locale.

15 A. Salvini, I. Psaroudakis (a cura di), Identità, bisogni e prospettive di sviluppo delle associazioni di

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19 Attraverso le iscrizioni ai diversi registri e albi, è stato possibile constatare che in Toscana il numero delle Associazioni di Promozione Sociale è cresciuto rispetto al passato16. L’universo delle APS si rivela tanto vasto, quanto sconosciuto ed è

considerata la parte più consistente del mondo solidale dopo le Organizzazioni di volontariato. Infatti, secondo quanto riportato nel rapporto “Il terzo settore in Toscana. Primo Rapporto. Anno 2017” sul territorio regionale sono presenti 3361 ODV e ben 2497 APS. Con la nuova Riforma, le associazioni che operano nel Terzo Settore e che sono prive di scopo di lucro, diventeranno a tutti gli effetti ETS e tra questi, appunto, rientrano Associazioni di Promozione Sociale.

La pluralità di organizzazioni che costituiscono l’universo delle APS ha, come visto, una serie di finalità, strutture e modus operandi differenti rispetto alle ODV. La portata di tali differenze rende necessaria la conduzione di un’indagine conoscitiva autonoma per le APS.

Le ricerche condotte sull’universo delle ODV ci hanno aiutato a comprendere il contesto socio-economico ha influenzato la natura e la struttura delle organizzazioni stesse, mentre delle caratteristiche strutturali del mondo delle APS e da cosa siano determinate conosciamo ben poco. Le APS non hanno avuto, se non ora, la stessa visibilità delle ODV, forse, si ipotizza, perché quest’ultime hanno avuto un ruolo significativo all’interno del sistema di Welfare e per la produzione di beni e di servizi, cosa che invece non riguardava l’operato delle APS.

1.4 La Riforma del Terzo Settore

La legge 106/2016, riguardante la Riforma del Terzo settore, ha visto l’approvazione, il 3 agosto 2017, del D.lgs. 117/2017 che disciplina il “Codice del Terzo settore”.

16 Garvin P., Lomi S. (a cura di), “Il terzo settore in Toscana. Primo Rapporto. Anno 2017”, Osservatorio

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20 Innanzitutto occorre chiarire che la legge 106/2016 ha, finalmente, offerto una nozione giuridica del termine “Terzo Settore” – definizione presente al termine del paragrafo 1.1 –. Essa ha inoltre chiarificato quali siano gli enti che non possono essere inclusi nella categoria degli ETS, tra cui le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Al contrario, sono definiti ETS le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici e le imprese sociali. Successivamente, con il D.lgs 117/2017, si è arrivati al punto di offrire una disciplina organica della legge di cui sopra. Il Decreto, al secondo articolo, afferma che “È

riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali”.17

Ciò che appare subito evidente è che non si parla di organizzazioni o associazioni specifiche, ma si riferimento alla categoria generale degli Enti del Terzo settore. La novità ulteriore di questa Riforma consiste nell’iscrizione degli ETS ad Unico Registro Nazionale, simbolo dell’unificazione di tutte le forme associative elencate in una sola categoria.

Il Decreto istituisce anche un unico Codice per gli Enti del Terzo Settore, uniformando la loro disciplina a livello civile e fiscale. Affinchè gli enti possano adeguare il proprio Statuto al nuovo quadro normativo, il Decreto ha stabilito un arco temporale – inizialmente di 18 mesi – entro il quale effettuare le modifiche necessarie. Successivamente, il Decreto ha subito alcune revisioni da parte del Governo, tra cui la modifica del tempo entro il quale gli ETS avrebbero dovuto adeguare il proprio Statuto alle nuove condizioni normative – 24 mesi –.

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21 Infatti il 2 agosto 2018, il Consiglio dei Ministri si è riunito a Palazzo Chigi, sotto la presenza del Presidente Giuseppe Conte, per l’approvazione, in esame definitivo, delle “Disposizione integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106». L’annuncio è stato pubblicato sul sito del Governo attraverso un comunicato stampa:

“Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio, ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo che introduce disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, relativo al Codice del Terzo Settore.

Il decreto prevede, tra l’altro, la proroga da 18 a 24 mesi dei termini per adeguare gli statuti degli Enti del Terzo Settore al nuovo quadro normativo; apre all’interlocuzione organica, rafforzando la collaborazione tra Stato e Regioni (soprattutto in materia di utilizzazione del fondo di finanziamento di progetti e attività di interesse generale del Terzo settore); fa chiarezza sulla contemporanea iscrizione al registro delle persone giuridiche e al registro unico nazionale; indica il numero minimo di associati necessario per la permanenza di una associazione di promozione sociale o di una organizzazione di volontariato18”.

Quello che per ora è certo è che il Registro unico del Terzo risulterà pienamente operativo nel febbraio 2019.

Si riportano di seguito gli elementi/ambiti di intervento più significativi introdotti dalla Riforma.

Il Codice: gli Enti di Terzo Settore

Il Codice del terzo settore prevede la creazione di una più ampia e generale categoria, i cui soggetti sono denominati “Enti del Terzo Settore” (ETS).

18 http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-13/9775 Governo

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22 L’articolo 4 del D.lgs 117/2017 elenca le forme associative che sono definite ETS: “Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di

promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale […] in forma di azione volontaria […] ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”19.

Da questa categoria sono escluse le Onlus in quanto in possesso di una qualifica fiscale20. Per comprendere quest’ultima affermazione, occorre fare un passo indietro.

Le Onlus, con l’art. 10 del D.lgs. 460/97, sono definite “organizzazioni non lucrative di utilità sociale”. Precedentemente alla Riforma del terzo settore, potevano essere qualificate come Onlus le associazioni, le fondazioni, i comitati, gli enti di carattere privato con o senza personalità giuridica, le società cooperative che, se in possesso di determinati requisiti, potevano usufruire di importanti agevolazioni fiscali e di un regime tributario agevolato in riferimento alle imposte sui redditi, l’Iva e altre imposte indirette. Tali benefici fiscali erano disciplinati dal decreto legislativo sopra citato e potevano essere concessi solo dopo l’iscrizione nel registro delle Onlus. Con la Riforma del Terzo Settore, si è mirato alla semplificazione di un Universo molto frammentato. Infatti, con la creazione della categoria generale degli ETS non si fa riferimento alle Onlus dal momento che il decreto in esame ha previsto la loro cancellazione attraverso l’abrogazione degli articoli dal numero 10 al 29 del D.lgs. 460/97, dell’acronimo e della disciplina fiscale. Quest’ultima, infatti, è stata sostituita da altre norme. Le associazioni che oggi costituiscono le Onlus possono iscriversi, quando sarà operativo, al nuovo registro unico, adeguandosi anch’esse alla nuova disciplina fiscale e perdendo, ovviamente, l’attuale acronimo.

19 D.lgs 117/2017, articolo 4

20 Balli P., Bemi R., Gori L., Lenzi F., Pignatelli E., Ragghianti S. (a cura di), La Riforma del Terzo Settore. Come

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23 Il Codice prevede ben 26 aree nelle quali gli ETS dovranno svolgere attività di interesse generale, ma anche di altra natura se secondarie e/o strumentali alle prime e ridefinisce, inoltre, l’azione del volontariato, la quale è svolta per libera scelta in

favore della comunità e del bene comune, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità21. Appare evidente che tale definizione tenda a semplificare e

ad armonizzazione le fattispecie giuridiche del Terzo Settore, poichè l’intento è stato quello di ridurre la frammentazione insita nel mondo della cooperazione e della solidarietà sociale, in maniera tale da lasciare la stessa libertà di azione alle singole organizzazioni e associazioni, ma garantendo una disciplina più univoca per tutte quelle forme di associazionismo che rivolgono le proprie attività sia agli associati, sia alla comunità del territorio in cui operano22. Infatti, la nuova disciplina non agisce

sulle specificità delle diverse culture organizzative, ma ricomprende tutti gli enti non profit nella nuova categoria degli ETS attraverso l’istituzione di un unico Registro nazionale, con natura pubblica, accessibile a tutti gli interessati in forma telematica.

Il Registro Unico Nazionale

Un ente non profit è incluso nella categoria degli ETS se effettua l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, articolato su base regionale.

Nel Registro sono presenti diverse sezioni, ognuna dedicata ad una specifica tipologia di ETS, tra cui le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese e le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso e società residuali.

L’iscrizione si ha attraverso il deposito di una serie di documenti, degli atti riguardanti l’identità dell’ente – tra cui lo statuto e l’atto costitutivo –, e la selezione della sezione di cui far parte. Una volta inseriti tutti i dati necessari, questi dovranno

21 Ivi, pag.9 22 Ivi, pag 1

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24 essere periodicamente aggiornati in relazione alle modifiche intervenute nello statuto, agli organi sociali o alle delibere di atti di straordinaria amministrazione. Effetto discendente dall’iscrizione al Registro è “l’opponibilità ai terzi degli atti depositati”, cioè questi ultimi produrranno un’efficacia giuridica anche nei confronti dei terzi, i quali non potranno eccepire di non essere al corrente della presenza di un determinato atto, dal momento che questo si considera conosciuto e produttivo di effetti.

Gli ETS, inoltre, hanno il dovere di depositare ogni anno i propri rendiconti e i bilanci preventivi al Registro. Se un ente, per motivi diversi, dovesse essere cancellato dal Registro, perderà la qualifica come “ente del Terzo Settore”, tuttavia potrà continuare ad operare sulla base delle norme comuni del codice civile, solo previa devoluzione dell’incremento patrimoniale realizzato nel corso degli esercizi, per i quali era stato precedentemente iscritto nel Registro unico nazionale.

Attraverso la Riforma è prevista l’abrogazione, oltre della qualifica fiscale di Onlus, della legge sul volontariato e sull’associazionismo. Nonostante ciò, le Organizzazioni di Volontariato e le Associazioni di Promozione Sociale continueranno ad esistere, ma con nuove caratteristiche enunciate dagli articoli del Codice. Esse saranno, inoltre, riconoscibili attraverso l’iscrizione nelle specifiche sezione del Registro. La Riforma mira, altresì, ad operare alcune riforme dei confronti dei Centri di servizi per il volontariato, nonché della loro presenza territoriale e delle risorse ad esse destinate.

Attività di volontariato

Attraverso la nuova normativa, l’attività di volontariato non è più riservata soltanto alle ODV, alle APS, alle ONG e alle cooperative sociali. Adesso, tutti gli Enti del Terzo Settore possono esercitare l’attività di volontariato.

Si delinea, quindi, una nuova definizione di volontario che si ritrova al secondo comma dell’art. 17 del D.lgs. 117/2017: “ Il volontario è una persona che, per sua

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25

il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”23. La qualifica di

volontario non può basarsi su un qualsiasi tipo di rapporto di lavoro retribuito. Economicamente può essere soltanto erogato al volontario, dall’ente presso il quale si svolge l’attività di volontariato, il rimborso delle eventuali spese sostenute e documentate per l'attività prestata secondo quanto determinato dalla normativa esistente.

Esiste una differenza importante rispetto alla definizione offerta dalla Legge quadro sul Volontariato (legge 266/91) presente all’articolo 1. Infatti, questo, al primo comma, afferma che “La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la

funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità' di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali24”.

La differenza che si nota immediatamente è che, oggi, anche attraverso un ente del Terzo Settore è possibile portare avanti l’azione di volontariato, cosa che, invece, non era prevista dalla legge 266/91. Infatti, il conseguimento delle finalità di carattere solidale dovevano essere individuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dagli Enti locali e portate avanti dalle Organizzazioni di Volontariato. Oggi si apre, quindi, una sempre più ampia autonomia nei confronti di coloro che fanno parte di diverse associazioni, volte ad offrire servizi alla comunità, facendo sì che si possano svolgere attività volontarie di solidarietà anche non facendo parte di Organizzazioni di Volontariato vere e proprie. La maggiore autonomia concessa ai privati che

23 Gazzetta Ufficiale, D.lgs. 117/2017 “Codice del Terzo Settore a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b),

della legge 6 giugno 2016, n. 106” art. 17, comma 2

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/2/17G00128/sg. Consultato il 27 agosto 2018

24 Gazzetta Ufficiale, Legge 266/91 “Legge quadro sul volontariato” art. 1, comma 1

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26 decidono di associarsi è un elemento importante nello sviluppo sia del capitale sociale, sia del mondo solidale dal momento che l’Universo del volontariato ha un’importante funzione, ossia quella di costruire, rafforzare e rigenerare l’intero tessuto sociale in cui si manifestano anche i legami tra gli individui stessi. L’azione pratica del volontario è utile nella promozione della solidarietà che avviene non solo attraverso le ODV, ma anche tramite quelle associazioni, quali le APS, che, programmando una serie di eventi per le comunità in cui operano, si prestano ad offrire una serie di servizi che risultano essere importanti sia per i membri interni, sia per coloro che prendono parte alle iniziative poste in essere. Tutte le organizzazioni del mondo non profit, in base alla propria mission, quindi, svolgono fondamentali funzioni utili alle persone, al mondo solidale e alla società stessa.

La nuova regolamentazione sui Centri di servizio per il volontariato

La Riforma mette in atto una nuova regolamentazione sui Centri di servizio per il volontariato (CSV). I compiti sono ora rivolti a tutti gli ETS e non solo più alle ODV e rimarranno invariati. Questi riguardano la promozione dell’attività di volontariato; la formazione dei volontari; offrire consulenza alle associazioni in vari ambiti – come in quello giuridico, fiscale, organizzativo, di raccolta fondi –; informazione e comunicazione circa la diffusione di notizie riguardanti il volontariato; ricerca e documentazione per la diffusione sul territorio di banche dati e conoscenze sul volontariato e sul Terzo settore in ambito nazionale, europeo ed internazionale; organizzazione di incontri e riunioni per facilitare l’operatività dei volontari25.

I punti su cui si sofferma, poi, la nuova regolamentazione sono i seguenti26:

1) la nazionalizzazione del sistema (controllo e finanziamento); 2) la stabilizzazione delle risorse sul triennio;

3) la pubblicizzazione del sistema (accreditamento CSV);

25 CSVNET https://www.csvnet.it/chi-siamo/chisiamocsv/chi-sono-i-csv consultato a settembre 2018 26 Balli P., Bemi R., Gori L., Lenzi F., Pignatelli E., Ragghianti S. (a cura di), La Riforma del Terzo Settore. Come

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27 4) il nuovo criterio di articolazione territoriale CSV;

5) l’accreditamento e l’autocontrollo.

- Nazionalizzazione del sistema

In riferimento al primo punto, viene istituito un fondo nazionale al posto di quelli regionali. Esso verrà amministrato da un Organo Nazionale di Controllo (ONC), tra i cui compiti rientrano:

 la decisione di quali enti possano essere accreditabili come Csv;

 la determinazione per il triennio del finanziamento per i CSV e stabilire, su base regionale, la ripartizione annuale e territoriale;

 la decisione riguardante il numero degli enti accreditabili come CSV in ciascuna regione secondo il criterio legale;

 l’offerta di indirizzi strategici per il triennio;  l’accreditamento ai CSV

 l’assunzione di provvedimenti sanzionatori.

Con la Riforma si istituiscono anche organismi territoriali di controllo (OTC) con competenza sui territori indicati nel Decreto.

- Stabilizzazione delle risorse sul triennio

Attraverso la stabilizzazione delle risorse sul triennio, con il fine di assicurare il finanziamento stabile dei CSV, viene istituito il Fondo Unico Nazionale (FUN). Il fabbisogno dei CSV viene determinato attraverso l’Organo Nazionale di Controllo (ONC) sulla base di quello storico e del mutamento delle esigenze della promozione del Volontariato negli Enti del Terzo Settore. Successivamente, l’ONC stabilisce la ripartizione annuale e territoriale su base regionale.

- Pubblicizzazione del sistema

In riferimento alla pubblicizzazione del sistema (accreditamento CSV), viene inserito all’interno dell’ONC un rappresentante del Ministero del Welfare. Sono

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28 presenti gli obblighi di pubblicità e trasparenza degli atti dei Centri di servizio. Dinanzi ai provvedimenti dell’ONC è concesso il ricorso amministrativo al TAR Lazio. Ciò evidenzia il riconoscimento della funzione pubblica svolta dai CSV e l’incremento degli adempimenti e degli obblighi burocratici formali.

- Articolazione territoriale CSV

Con il nuovo criterio di articolazione territoriale CSV, è l’ONC a decidere il numero di enti accreditabili come CSV in tutto il territorio nazionale secondo determinati criteri. Precedentemente, invece, non erano presenti delle regole fisse, lasciando la possibilità a ciascuna regione di produrre un risultato molto eterogeneo caratterizzato da centri regionali, provinciali, interprovinciali, ecc.

- Accreditamento e autocontrollo

In relazione, infine, all’ accreditamento e all’autocontrollo, i Centri di Servizio devono attraversare una duplice fase. La prima è caratterizzata da un “accreditamento provvisorio”, il quale ha il fine di adeguare il proprio assetto ai requisiti previsti dalla legge. La fase successiva è quella dell’accreditamento definitivo triennale per effetto del provvedimento adottato dall’ONC.

Gli ETS vedranno procedure di controllo nei propri confronti da parte delle amministrazioni pubbliche.

1.5 Tra passato e presente: la “crescita” del Terzo Settore

La strada verso la sussidiarietà: Legge 328/00 e modifica del Titolo V

La Riforma, come abbiamo visto, introduce una serie di novità sostanziali sia sul piano teorico, sia – e soprattutto – su quello operativo – rispetto alla natura dell’attività volontaria. Tali innovazioni si pongono comprendendo le trasformazioni che hanno avuto ad oggetto il sistema di Welfare, in particolar modo quelle legate alla maggiore autonomia offerta, dapprima, tramite il decentramento delle funzioni amministrative dello Stato e, successivamente, ai privati, i quali possono affiancarsi

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29 agli interventi statali e alle diverse istituzioni nell’erogazioni di determinati servizi. Entra in gioco la questione della sussidiarietà verticale, importantissima insieme a quella orizzontale. Infatti, oggi, è certo che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza27. Altresì, Stato, Regioni, Città metropolitane,

Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà28.

La Riforma attualmente in atto, dunque, non è stata frutto di una decisione improvvisa, ma deriva da un retaggio storico caratterizzato da una serie di normative che hanno permesso sia la realizzazione di determinati interventi volti ad allargare la sfera di azione solidale e sociale da parte di quelli che chiamiamo Enti del Terzo Settore, sia la riduzione della frammentazione che caratterizzava l’Universo del volontariato. Infatti, mentre oggi, attraverso la Riforma, è stato istituito un Unico Registro Nazione del Terzo Settore, in maniera tale da ridurre la frammentazione di cui sopra, precedentemente, erano previsti Registri distinti per le diverse tipologie di organizzazioni che venivano disciplinati secondo una ben precisa normativa Nazionale e Regionale. Con la legge 266/1991 si è cercato di offrire una disciplina circa all’attività delle Organizzazioni di volontariato, mentre per le Associazioni di Promozione Sociale era stata varata la Legge 383/2000. Come già discusso nel corso del capitolo, le ODV hanno avuto maggiore visibilità rispetto alle APS, delle quali siamo a conoscenza solo di poche informazioni. Tali fanno riferimento a quanto espresso dalla legge 383/2000 “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”, infatti, al secondo articolo della legge appena citata, è presente la definizione di Associazione di Promozione sociale. Riportando il testo, “1. Sono considerate Associazioni di PromozioneSsociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere

27 Art. 118 della Costituzione, Parte II, Titolo V, comma 1 28 Art. 118 della Costituzione, Parte II, Titolo V, comma 4

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