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7. Introduzione al calcolo integrale.

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(1)

Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1

Federico Lastaria federico.lastaria@polimi.it

Introduzione alla teoria dell’integrazione secondo Riemann 8 Novembre 2018

Indice

1 Considerazioni euristiche introduttive 2

1.1 Calcolo dello spazio percorso da un punto . . . 2

1.2 Calcolo delle aree . . . 3

2 Teoria dell’integrazione secondo Riemann 4 2.1 Integrale come limite di somme di Cauchy-Riemann . . . 4

2.2 Integrale in termini di somme inferiori e superiori, o integrale di Darboux. . . 6

2.3 Integrabilit`a di alcune classi di funzioni . . . 8

2.4 Prime propriet`a dell’integrale . . . 9

2.5 Integrale orientato . . . 10

2.6 Teorema della media integrale . . . 10

2.7 Teorema fondamentale del calcolo integrale . . . 11

2.7.1 La funzione integrale. Antiderivate. . . 11

2.7.2 Continuit`a della funzione integrale. . . 12

2.7.3 Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale (TFCI) per funzioni continue. . . 13

2.7.4 Approfondimento: Il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale per funzioni integrabili su [a, b] e continue in un punto x0∈ [a, b] . . . 15

2.8 Cambio di variabili negli integrali definiti. . . 16

3 Ricerca di una primitiva 17 3.1 Il metodo di sostituzione per il calcolo di una primitiva. . . 17

3.2 Integrazione per parti . . . 20

4 Integrali impropri o generalizzati 21 4.1 Integrali su intervalli non limitati . . . 21

4.1.1 Integrale di 1/xa . . . . 22

(2)

4.1.3 Criterio del confronto asintotico. . . 24

4.2 Integrali di funzioni non limitate . . . 25

(3)

1

Considerazioni euristiche introduttive

Prima di imbarcarci in definizioni rigorose, introduciamo in modo informale il concetto di integrale e il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale e Differenziale, presentando due problemi: il calcolo dello spazio percorso da una particella in moto rettilineo, quando si conosca la velocit`a in ogni istante, e il calcolo dell’area di un segmento parabolico.

1.1

Calcolo dello spazio percorso da un punto

Problema 1. Trovare lo spazio percorso, quando si conosca la velocit`a in ogni istante.

In modo pi`u specifico: supponiamo che un punto si muova lungo l’asse reale; denotiamo con s(t) la coordinata della sua posizione all’istante t e con v(t) = s0(t) la velocit`a istantanea (che supporremo funzione continua del tempo nell’intervallo [a, b]).

Problema Supponiamo che siano note la posizione iniziale s(a) del punto all’istante iniziale t0= a

e la velocit`a istantanea v(τ ), in ogni istante τ dell’intervallo temporale [a, b]. Come possiamo calcolare lo spazio percorso dal punto nell’intervallo di tempo che intercorre fra l’istante iniziale a e l’istante finale b?

Fissiamo un insieme finito di istanti P = (t0, t1, ..., tn−1, tn) in modo tale che si abbia

a = t0< t1< ... < tn = b

Diremo che P `e una partizione di [a, b]. Per il Teorema del Valore Medio applicato alla funzione s nel sottointervallo [ti−1, ti], esiste un τi∈ (ti−1, ti) per il quale

s(ti) − s(ti−1) = s0(τi)(ti− ti−1) = v(τi)(ti− ti−1) per i = 1, ..., n (1.1)

Se sommiamo questi termini, e ricordiamo che tn = b e t0= a, otteniamo

s(b) − s(a) = n X i=1 [s(ti) − s(ti−1)] = n X i=1 v(τi)(ti− ti−1)

Denotiamo con |P |, e chiamiamo norma della partizione P , la lunghezza del pi`u grande dei sotto-intervalli [ti−1, ti]. Quando si prendono in considerazione partizioni la cui norma tende a zero, le

somme Pn

i=1v(τi)(ti− ti−1) tendono (in un senso che verr`a spiegato in modo rigoroso nel prossimo

paragrafo) a un numero, che si denotaRabv(τ ) dτ e che si chiama integrale di v su [a, b], e scriveremo

lim |P |→0 n X i=1 v(τi) (ti− ti−1) = Z b a v(τ ) dτ

Otteniamo allora l’uguaglianza

Z b

a

v(τ ) dτ = s(b) − s(a) Quest’ultima uguaglianza, che possiamo riscrivere come

Z b

a

(4)

non `e altro che la formula di Newton-Leibniz (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale e Dif-ferenziale). Questa formula permette di trovate l’integrale Rb

av(τ ) dτ quando v = s

0 `e la derivata di

una funzione s. In tal caso, l’integrale `e dato dalla variazione totale s(b) − s(a) della funzione s (una antiderivata o primitiva della funzione integranda v) sull’intervallo di integrazione [a, b].

1.2

Calcolo delle aree

Problema 2. Calcolo di un’area.

1 xi−1 xi 1 f (x) = x2 S 0

Figure 1: Approssimazione un’area S al di sotto di un grafico mediante la somma delle aree di rettangoli.

Facciamo un esempio: vogliamo trovare l’area S della figura compresa tra il grafico della parabola f (x) = x2e l’asse delle x, quando x varia nell’intervallo [0, 1]. Effettuiamo una partizione dell’intervallo [0, 1] mediante i punti

0 = x0< x1< · · · < xn= 1

e poniamo ∆xi= xi− xi−1. Senza entrare nei dettagli su cosa si intenda in generale per area di una

figura piana, possiamo ragionevolmente approssimare l’area S mediante somme di aree di rettangoli (come in figura) di base ∆xi e altezza x2i−1:

S ≈

n

X

i=1

x2i−1∆xi

Posto f (xi−1) = x2i−1, riscriviamo la formula come

S ≈

n

X

(5)

Se vogliamo ottenere una vera uguaglianza (e non un’uguaglianza approssimata) passiamo al limite e otteniamo S = lim λ→0 n X i=1 f (xi−1)∆xi= Z 1 0 f (x) dx

dove, come sopra, λ `e la massima ampiezza degli intervallini [xi−1, xi]. Vediamo allora che il problema

del calcolo delle aree ha la stessa forma matematica del problema del calcolo dello spazio, nota la velocit`a. Come in quest’ultimo problema, se troviamo una funzione F (x) tale che F0(x) = f (x), possiamo concludere che

S = Z 1

0

f (x) dx = F (1) − F (0) Nel nostro caso, basta prendere F (x) = 13x3. Dunque

S = Z 1 0 f (x) dx = F (1) − F (0) = 1 3− 0 = 1 3

Si noti che l’area del segmento parabolico (cio`e della regione di piano limitata dalla parabola e dalla retta y = 1) `e uguale a 2

3 dell’area del rettangolo circoscritto al segmento parabolico. Questo `e un

caso particolare di un classico risultato dimostrato da Archimede con metodi puramente geometrici.

2

Teoria dell’integrazione secondo Riemann

Ci sono diverse teorie dell’integrazione; quella che noi studieremo `e la teoria dell’integrazione secondo Riemann. Il concetto di integrale di Riemann puøessere introdotto in due modi equivalenti: come limite di somme di Riemann (dette anche somme di Cauchy-Riemann), oppure in termini di somme superiori e somme inferiori (Integrale secondo Darboux).

Premessa:

Nella teoria dell’integrazione secondo Riemann, prendiamo in considerazione (almeno inizialmente) funzioni [a, b]−→ R, soddisfacenti le condizioni seguenti:f

(a) f `e una funzione limitata, cio`e: esiste una costante K in R per la quale |f (x)| ≤ K

per ogni x in [a, b];

(b) il dominio [a, b] `e un intervallo chiuso e limitato.

Pi`u avanti definiremo gli integrali generalizzati, che sono integrali di funzioni non limitate, o di funzioni il cui dominio non `e limitato.

2.1

Integrale come limite di somme di Cauchy-Riemann

Se I = [a, b] `e un intervallo chiuso e limitato di R, una partizione di I `e un insieme finito e ordinato P = (a0, a1, ..., am−1, am) di punti in I che soddisfano:

(6)

I punti della partizione P = (a0, a1, ..., am) dividono l’intervallo [a, b] in m sotto-intervalli

[a0, a1] [a1, a2] ... [am−1, am]

Denoteremo ∆k = ak − ak−1 la lunghezza di [ak−1, ak]. La norma o parametro di finezza1 della

partizione P = (a0, a1, ..., am) `e per definizione il numero

|P | = max

i=1,...,m(ai− ai−1)

vale a dire la massima tra le lunghezze dei sotto-intervalli della partizione. (Per gli scopi della inte-grazione, pi`u piccolo `e il parametro di finezza, meglio `e). Ovviamente, molte diverse partizioni possono avere la stessa norma, e quindi la partizione non `e funzione della norma.

Una partizione marcata, o partizione puntata, di [a, b] consiste in una partizione P a = a0< a1< a2< · · · < am= b

dell’intervallo [a, b], insieme a una ulteriore scelta di punti {x1, ..., xm}, tali che

x1∈ [a0, a1], x2∈ [a1, a2], ..., xm∈ [am−1, am]

I punti {x1, ..., xm} sono dunque intercalati a quelli della partizione P = (a0, a1, ..., am):

a = a0≤ x1≤ a1≤ x2≤ a2< · · · < am−1≤ xm≤ am= b (2.1)

Denoteremo una partizione marcata

a = a0< a1< a2< · · · < am= b, x1∈ [a0, a1], x2∈ [a1, a2], ..., xm∈ [am−1, an]

con il simbolo ˙P o, pi`u semplicemente, con lo stesso simbolo P usato per la partizione (non marcata) (a0, a1, ..., am).

Consideriamo ora una funzione [a, b]−→ R definita su un intervallo compatto [a, b]. Non richiediamof che f sia continua; anzi, il caso di funzioni non continue `e importante. Richiediamo invece che f sia limitata su [a, b]. (Questa richiesta `e, a stretto rigore, superflua, perch´e si dimostra che se una funzione `

e integrabile, nel senso definito in questo paragrafo, essa deve essere necessariamente limitata. L’ipotesi di limitatezza di f sar`a invece necessaria nella definizione di integrale secondo Darboux, che daremo nel prossimo paragrafo)

A ogni partizione marcata ˙P di [a, b],

a = a0< a1< a2< · · · < am= b, x1∈ [a0, a1], x2∈ [a1, a2], ..., xm∈ [am−1, an]

associamo la somma di Riemann di f associata a ˙P , definita come

Sf( ˙P ) = m X j=1 f (xj)(aj− aj−1) = m X j=1 f (xj)∆j

Se accade che le somme di Riemann di f si avvicinano quanto si vuole a un numero reale A, purch´e sia sufficientemente piccola la norma |P | della partizione marcata (e quale che sia la scelta dei punti xj ∈ [aj−1, aj]) si dice che la funzione f `e integrabile (secondo Riemann) e che A `e il suo integrale.

Pi`u precisamente, diamo la seguente definizione.

(7)

Definizione 2.1 (Integrale secondo Riemann, come limite di somme) Una funzione

[a, b]−→ R si dice integrabile secondo Riemann se esiste un numero reale A che soddisfa la seguentef propriet`a:

Per ogni numero ε > 0 esiste un numero δ > 0, tale che, per ogni partizione puntata ˙P con parametro di finezza |P | < δ, si abbia

Sf( ˙P ) − A < ε (2.2)

Se un tale numero A esiste, si dimostra facilmente che esso `e unico; lo si denota Z b

a

f (x) dx

e si chiama integrale di Riemann di f sull’intervallo compatto [a, b].

Se f `e integrabile secondo Riemann su [a, b] e A =Rabf (x) dx `e il valore del suo integrale, scriveremo anche Z b a f (x) dx = lim |P |→0 n X i=1 f (t1) ∆ti (2.3) e diremo cheRb

af (x) dx `e il limite delle somme di Riemann, fatto sull’insieme delle partizioni di [a, b],

al tendere a zero del parametro di finezza |P | delle partizioni.

2.2

Integrale in termini di somme inferiori e superiori, o integrale di

Dar-boux.

Data una funzione [a, b]−→ R limitata sull’intervallo compatto [a, b] e una partizione Pf a = a0< a1< a2< · · · < am= b

dell’intervallo [a, b], poniamo:

mi = inf{f (x) | x ∈ [ai−1, ai]} Mi = sup{f (x) | x ∈ [ai−1, ai]} S−(f ; P ) = m X i=1 mi(ai− ai−1) S+(f ; P ) = m X i=1 Mi(ai− ai−1)

Le S−(f ; P ) e le S−(f ; P ) si chiamano rispettivamente somme inferiori (di Darboux) e somme superiori (di Darboux) della funzione f relative alla partizione P .

Le seguenti propriet`a delle somme inferiori e superiori si verificano facilmente: 1. Per ogni partizione P ,

S−(f ; P ) ≤ S+(f ; P )

2. Se P1 `e una partizione pi`u fine della partizione P2, nel senso che P1⊃ P2 (cio`e P1 si ottiene da

P2 aggiungendo altri punti), allora

S−(f ; P1) ≥ S−(f ; P2)

(8)

3. Siano P1, P2 due partizioni dell’intervallo [a, b] e sia P = P1∪ P2la loro unione. Allora

S−(f ; P1) ≤ S−(f ; P ) ≤ S+(f ; P ) ≤ S+(f ; P2) (2.4)

Dalla propriet`a 2.4 segue che ogni somma inferiore S−(f ; P1) `e minore o uguale di ogni somma

superiore S+(f ; P2), quali che siano le partizioni P1, P2.

Per definizione, l’integrale inferiore di f e l’integrale superiore di f su [a, b] sono rispettivamente i numeri

Integrale inferiore di f = I(f ) = sup {Tutte le somme inferiori S−(f ; P ), P ∈ P} Integrale superiore di f = I(f ) = inf {Tutte le somme superiori S+(f ; P ), P ∈ P}

Qui P denota l’insieme di tutte le possibili partizioni dell’intervallo [a, b]. A priori, l’integrale inferiore `

e minore o uguale dell’integrale superiore:

I(f ) ≤ I(f )

Definizione 2.2 (Integrale secondo Darboux, come valore comune dell’integrale inferiore e dell’integrale superiore) Una funzione [a, b]−→ R, limitata sull’intervallo compatto [a, b], si dicef integrabile su [a, b], se

I(f ) = I(f ) (2.5)

ossia se il suo integrale inferiore e il suo integrale superiore sono uguali. Se f `e integrabile, il comune valore (2.5) si chiama allora integrale di f su [a, b] e si denota

Z b

a

f (x) dx.

I due modi di introdurre l’integrale (come limite di somme di Cauchy-Riemann oppure come val-ore comune dell’integrale inferival-ore e dell’integrale superival-ore) sono equivalenti. Infatti si dimostra la seguente

Proposizione 2.3 Se una funzione `e integrabile sull’intervallo compatto [a, b] secondo la definizione

2.1, allora `e limitata ed `e integrabile anche secondo la definizione 2.2. Viceversa, ogni funzione integrabile secondo la definizione 2.2 `e integrabile anche secondo la definizione 2.1. Inoltre, i valori dei due integrali coincidono.

La dimostrazione di questo teorema non `e difficile, ma non ci interessa riportarla.2

Dal momento che i due concetti di integrale sono equivalenti, d’ora in poi ci riferiremo indifferente-mente all’una o all’altra definizione, a seconda della convenienza.

Osservazione. La funzione di Dirichlet [0, 1]−→ Rf f (x) =



1 se x `e razionale 0 se x `e irrazionale

(pur essendo limitata) non `e integrabile secondo Riemann, perch´e in ogni sottointervallo ci sono sia numeri razionali che irrazionali, e quindi le somme inferiori di Darboux valgono zero, mentre le somme superiori di Darboux valgono 1.

2L’idea della dimostrazione `e semplice. Da un lato, le somme di Cauchy-Riemann sono incastrate fra somme inferiori e somme superiori; quindi, se l’integrale inferiore e l’integrale superiore coincidono con lo stesso numero A, anche le somme di Cauchy-Riemann convergono a tale numero A. Viceversa, scegliendo opportune partizioni marcate, si dimostra che ci si pu`o avvicinare quanto si vuole all’integrale inferiore e all’integrale superiore. Quindi, se esiste l’integrale come limite di somme e vale A, allora l’integrale inferiore e l’integrale superiore coincidono entrambi con il numero A.

(9)

2.3

Integrabilit`

a di alcune classi di funzioni

(Di questo paragrafo sono stati dati a lezione soltanto gli enunciati dei teoremi, senza alcuna di-mostrazione).

Dalle propriet`a delle somme inferiori e superiori e dalla definizione di integrale segue facilmente la seguente proposizione:

Proposizione 2.4 (Criterio di integrabilit`a) Una funzione [a, b] −→ R, limitata sull’intervallof compatto [a, b], `e integrabile secondo Riemann se e solo se per ogni ε > 0 esiste una partizione X tale che

S+(f ; X) − S−(f ; X) ≤ ε (2.6)

In base a tale criterio, si dimostra il seguente teorema.

Teorema 2.5 (Integrabilit`a delle funzione continue sui compatti) Se f `e una funzione reale continua su un intervallo compatto [a, b] ⊂ R, allora f `e integrabile su [a, b].

(La dimostrazione di questo teorema richiede la nozione di uniforme continuit`a ed `e facoltativa). Dimostrazione. Si sfrutta la propriet`a di uniforma continuit`a di f . Per il teorema di Heine-Cantor, la funzione f , essendo continua su un compatto, `e uniformemente continua. Dunque per ogni ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se |x1− x2| < δ, allora |f (x1) − f (x2)| < ε. Ne segue che se P `e una qualunque

partizione di [a, b] con parametro di finezza |P | < δ, si ha

sup{f (x), x ∈ [xi−1, xi]} − inf{f (x), x ∈ [xi−1, xi]} ≤ ε (2.7)

e quindi

S+(f ; P ) − S−(f ; P ) ≤ ε(b − a) (2.8)

Da questo segue, per il criterio2.6, che f `e integrabile su K. Q.E.D. Enunciamo tre teoremi, dei quali non diamo la dimostrazione.

Teorema 2.6 Una funzione [a, b] −→ R la quale sia nulla su [a, b] eccetto che in numero finito dif punti p1, ..., pN `e integrabile e ha integrale nullo.

(Idea della dimostrazione: Basta dimostrare l’enunciato nel caso in cui f sia sempre nulla, tranne che in un unico punto p1, in cui, per fissare le idee, si abbia f (p1) > 0. Fissato ε > 0, sia P una

qualunque partizione marcata con parametro di finezza |P | < ε/f (p1). Allora la somma inferiore

S−(f ; P ) vale zero, mentre S+(f ; P ) ≤ 2f (p

1)f (pε1) = 2ε se p1 `e un punto della partizione comune

a due intervallini contigui, mentre S+(f ; P ) ≤ f (p

1)f (pε1) = ε se p1 `e un punto interno a uno degli

intervallini della partizione. Quindi sia l’integrale inferiore che l’integrale superiore (estremo inferiore delle somme superiori) valgono zero, e pertanto la funzione f `e integrabile, con integrale nullo).

Ne segue che se f `e una funzione integrabile e una funzione g differisce da f solo in numero finito di punti, allora anche g `e integrabile e i due integrali coincidono. (Infatti, la differenza f − g `e sempre nulla, tranne che su un numero finito di punti, e quindi, per il teorema precedente, ha integrale nullo). Questo significa che, nel calcolo dell’integrale di una funzione f , possiamo cambiare i valori che f assume in un insieme finito di punti (o trascurare del tutto tali valori), senza che l’integrale cambi. Teorema 2.7 (Integrabilit`a delle funzioni monot`one) Ogni funzione mon`otona su un intervallo compatto [a, b], `e integrabile su [a, b].

(10)

Teorema 2.8 (Integrabilit`a delle funzioni con un numero finito di punti di discontinuit`a) Sia [a, b]−→ R una funzione limitata e supponiamo che l’insieme dei punti di discontinuit`a di f siaf finito. Allora f `e integrabile su [a, b].

Osservazione. (Facoltativa). Gli esempi precedenti rendono naturale la seguente domanda: Quali sono esattamente le funzioni integrabili su un intervallo compatto [a, b]?

Allo scopo di rispondere a questa domanda, premettiamo una definizione. Un sottoinsieme Z ⊂ R si dice uno zero-insieme se per ogni ε > 0 esiste una famiglia numerabile di intervalli aperti (ai, bi)

tali che Z ⊂ [ i∈N (ai, bi) e +∞ X i=1 (bi− ai) < ε (2.9)

(Ricordiamo il significato della convergenza di una somma di infiniti addendi, ossia di una serie numerica. Si dice che la serie numerica P+∞

i=1an converge a S se, posto sn = a1+ · · · + an, si ha

limn→+∞sn= S.)

Se una propriet`a vale ovunque, tranne che su uno zero-insieme , si dice che la propriet`a vale quasi ovunque.

Teorema 2.9 (Riemann-Lebesgue) Una funzione [a, b]−→ R `e Riemann-integrabile se e solo sef `

e limitata e l’insieme dei punti di discontinuit`a `e uno zero-insieme.

In altri termini, il teorema di Riemann-Lebesgue afferma che una funzione `e Riemann-integrabile su un intervallo compatto se e solo se `e limitata e quasi-ovunque continua.

2.4

Prime propriet`

a dell’integrale

Indichiamo con R[a, b] lo spazio delle funzioni Riemann-integrabili sull’intervallo [a, b]. Enunciamo, senza dimostrarle, alcune propriet`a dell’integrale.

Teorema 2.10 Valgono le propriet`a seguenti:

1. R[a, b] `e uno spazio vettoriale. Vale a dire, se f, g appartengono a R[a, b] e λ, µ sono numeri reali, allora anche λf + µg appartiene a R[a, b].

2. (Linearit`a dell’integrale). Per ogni f1, f2∈ R[a, b], e per ogni numero reale λ, si ha

Z b a (f1+ f2)(x) dx = Z b a f1(x) dx + Z b a f2(x) dx (2.10) Z b a λf1(x) dx = λ Z b a f1(x) dx (2.11)

Queste due propriet`a si sintetizzano dicendo che l’operatore di integrazione

R[a, b] Rb a −→ R, f 7−→ Z b a f (x) dx (2.12) `e lineare.

(11)

3. (Monotonia dell’integrale). Se f1, f2∈ R[a, b] e f1(x) ≤ f2(x) per ogni x ∈ [a, b], allora Z b a f1(x) dx ≤ Z b a f2(x) dx (2.13)

4. Per ogni f ∈ R[a, b] e c ∈ (a, b), le restrizioni di f agli intervalli [a, c] e [c, b] sono integrabili e Z b a f (x) dx = Z c a f (x) dx + Z b c f (x) dx (2.14)

5. Se f ∈ R[a, b] e M ∈ R `e un numero tale che |f (x)| ≤ M per ogni x ∈ [a, b], allora Z b a f (x) dx ≤ M (b − a) (2.15)

6. Se f ∈ R[a, b], allora anche |f | ∈ R[a, b] e Z b a f (x) dx ≤ Z b a |f (x)| dx (2.16)

7. Se f, g ∈ R[a, b], allora anche il loro prodotto f g ∈ R[a, b].

2.5

Integrale orientato

Definizione 2.11 (Integrale orientato) Se a > b, si pone, per definizione, Z b a f (x) dx = − Z a b f (x) dx (2.17) Ad esempio, R0 1 x

2dx `e uguale, per definizione, a −R1

0 x 2dx: Z 0 1 x2dx = − Z 1 0 x2dx

Con questa definizione di integrale orientato, l’uguaglianza Z b a f (x) dx = Z c a f (x) dx + Z b c f (x) dx (2.18)

vale per ogni scelta di a, b, c (qualunque sia la posizione reciproca di a, b e c), ovviamente se gli integrali in questione esistono.

2.6

Teorema della media integrale

Teorema 2.12 (della media integrale) Sia f ∈ R[a, b]. Denotiamo

m = inf f M = sup f (2.19)

l’estremo inferiore e l’estremo superiore di f su [a, b]. Allora

m ≤ 1

b − a Z b

a

f (x) dx ≤ M (2.20)

Se inoltre f `e continua, esiste un punto c in [a, b] tale che 1

b − a Z b

a

(12)

Se f ≥ 0 e si interpreta l’integrale come l’area della regione di piano A compresa tra il grafico di f e l’asse delle x, le disuguaglianze (2.20) sono evidenti, perch´e M (b − a) `e l’area di un rettangolo che contiene interamente A, mentre m(b − a) `e l’area di un rettangolo tutto contenuto in A.

Dimostrazione. Da m ≤ f (x) ≤ M (per ogni x ∈ [a, b]) segue, per la propriet`a di monotonia dell’integrale, Z b a m dx ≤ Z b a f (x) dx ≤ Z b a M dx (2.22) ossia m(b − a) ≤ Z b a f (x) dx ≤ M (b − a) (2.23) (in quantoRb a m dx = m(b − a) e Rb

aM dx = M (b − a)). Di qui segue subito la tesi (2.20).

Per dimostrare (2.21), supponiamo f continua su [a, b]. Per le disuguaglianze (2.20), il numero 1 b − a Z b a f (x) dx (2.24) `

e compreso tra l’estremo inferiore m e l’estremo superiore M di f in [a, b]. Poich´e f `e continua sull’intervallo [a, b], assume tutti i valori compresi tra il suo estremo inferiore e il suo estremo superiore. Quindi esister`a un punto c tra a e b per il quale vale (2.21). Q.E.D.

2.7

Teorema fondamentale del calcolo integrale

Figure 2: “Cos`ı, se le aree ABC, ABDG sono descritte dalle ordinate BC, BD che avanzano con moto uniforme sulla base AB, le flussioni delle loro aree saranno tra loro in rapporto come le ordinate che descrivono BC e BD, e possono essere rappresentate per mezzo di quelle ordinate, perch´e quelle ordinate stanno tra loro come gli incrementi nascenti delle aree.”Isaac Newton, De Quadratura Curvarum, manoscritto del 1691-1692

2.7.1 La funzione integrale. Antiderivate. Premettiamo due definizioni.

Definizione 2.13 Sia [a, b]−→ R integrabile su [a, b]. Si chiama funzione integrale di f (con puntof base a) la funzione [a, b]−→ R definita nel modo seguente: per ogni x ∈ [a, b],F

F (x) = Z x

a

(13)

(Pi`u in generale, fissato un qualunque x0∈ [a, b], la funzione integrale di f con punto base x0 sar`a

F (x) =Rx

x0f (t) dt.)

Definizione 2.14 Una funzione [a, b]−→ R `e una antiderivata o una primitiva di [a, b]G −→ R, se Gg `

e derivabile e G0(x) = g(x), per ogni x ∈ [a, b]. (Si intende di considerare la derivata destra in a e la derivata sinistra in b).

Una interpretazione geometrica della funzione integrale di f con punto-base a, nel caso in cui la funzione f sia non negativa, `e data nella figura di sotto.

F (x) = Z x a f (t)dt x y Grafico di f a x b F (x) `e l’area sotto il grafico di f tra a e x.

2.7.2 Continuit`a della funzione integrale.

Si dice che una funzione F : [a, b] → R soddisfa una condizione di Lipschitz se esiste una costante K per la quale

|F (x) − F (x0)| ≤ K|x − x0| ∀x, x0∈ [a, b] . (Condizione di Lipschitz) Se una funzione soddisfa una condizione di Lipschitz, `e continua. Infatti, per ogni fissato x0in [a, b]

e per ogni x ∈ [a, b],

|F (x) − F (x0)| ≤ K|x − x0| (2.26)

e quindi la distanza |F (x) − F (x0)| si pu`o rendere piccola quanto si vuole, pur di prendere

sufficien-temente piccola la distanza tra x e x0.

Teorema 2.15 (Continuit`a della funzione integrale) Sia f ∈ R[a, b]. Allora la funzione inte-grale

F (x) = Z x

a

(14)

soddisfa una condizione di Lipschitz su [a, b] ed `e quindi continua su [a, b]. Pi`u precisamente, se la funzione integranda soddisfa |f (x)| ≤ C per ogni x ∈ [a, b], allora

|F (z) − F (w)| ≤ C|z − w| (2.28)

per ogni w, z ∈ [a, b].

Dimostrazione. Se w, z ∈ [a, b] e w ≤ z, allora F (z) = Z z a f = Z w a f + Z z w f = F (w) + Z z w f e dunque F (z) − F (w) = Z z w f (2.29)

Da −C ≤ f (x) ≤ C (per ogni x ∈ [a, b]), segue (per la propriet`a di monotonia, prendendo l’integrale su [w, z])

−C(z − w) ≤ Z z

w

f ≤ C(z − w) Ne segue (ricordando (2.29) che

|F (z) − F (w)| = Z z w f ≤ C|z − w| Q.E.D.

2.7.3 Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale (TFCI) per funzioni continue Teorema 2.16 (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale (f continua).) Sia [a, b]−→ Rf una funzione continua. Allora valgono i due fatti seguenti:

1. La funzione integrale di f

F (x) = Z x

a

f (t) dt (2.30)

`e una antiderivata di f , ossia `e derivabile e F0(x) = f (x) per ogni x in [a, b]:

d dx

Z x

a

f (t) dt = f (x) (2.31)

2. Se G `e una qualunque antiderivata di f su [a, b], ossia G0(x) = f (x) per ogni x in [a, b], allora

Z b

a

f (t) dt = G(b) − G(a) (2.32)

Dimostrazione. 1) Fissiamo un punto x in [a, b]. Allora F (x + h) − F (x) h = 1 h hZ x+h a f (t) dt − Z x a f (t) dti= 1 h Z x+h x f (t) dt = f (c) (2.33)

(15)

dove c `e un opportuno punto tra x e x + h. La (2.33) segue dall’uguaglianza (2.21) del precedente lemma della media integrale, applicato all’intervallo di estremi x e x + h. Quando h tende a zero, il punto c, compreso tra x e x + h, tende a x. Poich´e f `e continua, f (c) tende a f (x) e quindi

lim

h→0

F (x + h) − F (x)

h = f (x) (2.34)

Si `e cos`ı dimostrato che F0(x) = f (x).

x y

Grafico di f

a x x + h b

f (x)

Poich´e f `e continua, l’area F (x + h) − F (x) `

e uguale all’area un rettangolino verticale di base h e altezza f (x?), cio`e h · f (x?), per un opportuno x?vicino a x. Allora

F (x + h) − F (x) h = area base = h.f (x?) h = f (x ?),

che tende a f (x), per h → 0. Dunque, F0(x) = f (x)

2) Sia ora G(x) una qualunque funzione derivabile tale che G0(x) = f (x). Poich´e

G0(x) = f (x) = F0(x)

le due funzioni G(x) e F (x) = Z x

a

f (t) dt hanno la stessa derivata sull’intervallo [a, b]. Quindi dif-feriscono per una costante:

G(x) = Z x

a

f (t) dt + c (2.35)

Ponendo in questa uguaglianza prima x = b e poi x = a e sottraendo, si ottiene: G(b) − G(a) = h Z b a f (t) dt + ci−h Z a a f (t) dt + ci (2.36) = Z b a f (t) dt (2.37)

(16)

Cos`ı abbiamo dimostrato l’uguaglianza (2.32). Q.E.D.

2.7.4 Approfondimento: Il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale per funzioni integrabili su [a, b] e continue in un punto x0∈ [a, b]

Abbiamo dimostrato il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale nell’ipotesi che la funzione inte-granda f sia continua in ogni punto di [a, b].

Vale anche un enunciato pi`u forte, in cui non si richiede che f sia continua in ogni punto x ∈ [a, b]. Precisamente, vale questa formulazione del Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale (TFCI): Teorema 2.17 (TFCI. Caso f integrabile e continua in un punto) Sia [a, b] −→ R una fun-f zion integrabile su [a, b]. Definiamo F su [a, b] ponendo

F (x) = Z x

a

f (t) dt (2.38)

Se f `e continua in un punto x0∈ [a, b], allora F `e derivabile in x0 e F0(x0) = f (x0).

(Se x0 = a, oppure x0= b, con F0(x0) intendiamo, rispettivamente, la derivata di F da destra, o

da sinistra.) Dimostrazione.

Sia x0 ∈ (a, b). Dimostriamo dapprima che la funzione integrale F `e derivabile a destra in x0 e

F+0(x0) = f (x0). Poich´e f `e continua in x0, dato ε > 0 esiste un δ > 0 tale che se x0 ≤ x < x0+ δ,

allora

f (x0) − ε < f (x) < f (x0) + ε (2.39)

Sia 0 < h < δ. Applicando il Teorema della Media a f sull’intervallo [x0, x0+ h], otteniamo

(f (x0) − ε).h < Z x0+h x0 f < (f (x0) + ε).h (2.40) OraRx0+h x0 f = F (x0+ h) − F (x0). (Infatti, F (x0+ h) − F (x0) = Rx0+h a f − Rx0 a f = Rx0+h x0 f ). Dunque le disuguaglianze (2.40) si scrivono (f (x0) − ε).h < F (x0+ h) − F (x0) < (f (x0) + ε).h (2.41)

Se dividiamo per h > 0, otteniamo f (x0) − ε <

F (x0+ h) − F (x0)

h < f (x0) + ε (2.42)

Ma, poich´e ε `e arbitrario, concludiamo che lim

h→0+

F (x0+ h) − F (x0)

h = f (x0) (2.43)

Questo significa che la derivata destra di F in x0 esiste ed `e uguale a f (x0).

Nello stesso modo si dimostra che F `e derivabile da sinistra in x0, e F−0(x0) = f (x0). Quindi F

`

e derivabile in x0 e F0(x0) = f (x0). La stessa dimostrazione vale anche quando x0 = a (oppure

x0= b). In questo caso, F `e deivabile solo da destra (rispttivamente, solo da sinistra) e F+0(a) = f (a)

(rispettivamente, F+0(b) = f (b)).

(17)

2.8

Cambio di variabili negli integrali definiti.

Teorema 2.18 (Cambio di variabili negli integrali definiti) Sia [a, b]−→ R una funzione con-f tinua sull’intervallo [a, b] e sia [α, β]−→ [a, b] una funzione biunivoca con derivata continua ϕϕ 0(t) > 0.

(Dunque ϕ(α) = a e ϕ(β) = b.) Allora vale questa uguaglianza: Z b a f (x) dx = Z β α f (ϕ(t))ϕ0(t) dt (ϕ(α) = a, ϕ(β) = b) (2.44) Prima dimostrazione.

Consideriamo una partizione P = (x0, x1, ..., xn) di [a, b],

x0= a < x1< x2< · · · < xn = b

La funzione biunivoca ϕ induce la partizione Π di [α, β]: t0= α < t1< t2< · · · < tn = β

definita da xi = ϕ(ti), per i = 0, ..., n. (Qui usiamo il fatto che ϕ sia crescente; se invece fosse

decrescente, alla partizione t0 = α < t1 < t2 < · · · < tn = β dovremo associare la partizione

ϕ(β) = a < ϕ(tn−1) < ϕ(tn−2) < · · · < ϕ(α) = b).

Per il Teorema del Valore Medio (del calcolo differenziale, detto anche Teorema di Lagrange) si ha xi− xi−1= ϕ(ti) − ϕ(ti−1) = ϕ0(ηi)(ti− ti−1) (2.45)

per opportuni ηi∈ (ti−1, ti). Posto ci= ϕ(ηi), per i = 0, ..., n, abbiamo allora n X i=1 f (ci)(xi− xi−1) = n X i=1 f (ϕ(ηi))ϕ0(ηi)(ti− ti−1) (2.46)

A primo membro di (2.46) abbiamo la somma di Riemann di f relativa alla seguente partizione marcata ˙

P di [a, b]:

a = x0< x1< x2< · · · < xn = b, c1∈ [x0, x1], c2∈ [x1, x2], ..., cn∈ [xn−1, xn]

A secondo membro di (2.46) abbiamo la somma di Riemann della funzione composta f (ϕ(t)ϕ0(t) relativa alla partizione marcata ˙Π dell’intervallo [α, β] data da:

t0= α < t1< t2< · · · < tn= β, η1∈ (t0, t1), · · · , ηn ∈ (tn−1, tn)

Dunque, le somme di Riemann che figurano a primo membro di (2.46) convergono a Rb

af (x) dx,

mentre le somme di Riemann che figurano a secondo membro di (2.46) convergono aRαβf (ϕ(t))ϕ0(t)dt. Dunque i due integrali coincidono.

(18)

Consideriamo le due funzioni G, H definite sull’intervallo [α, β] nel modo seguente: G(y) = Z ϕ(y) a f (x) dx H(y) = Z y α f (ϕ(t))ϕ0(t)dt (2.47)

per ogni y ∈ [α, β]. Per il teorema fondamentale del calcolo integrale (insieme al teorema di derivazione di funzione composta, per la G(y)), queste due funzioni sono derivabili in [α, β] e hanno la stessa derivata:

G0(y) = f (ϕ(y))ϕ0(y) H0(y) = f (ϕ(y))ϕ0(y) (2.48) Dunque G e H differiscono per una costante. Ma nel punto y = α assumono lo stesso valore:

G(α) = F (α) = 0 Ne segue che G e H sono uguali:

per ogni y in [α, β] G(y) = H(y) In particolare G(β) = H(β), che `e la tesi.

Q.E.D.

3

Ricerca di una primitiva

3.1

Il metodo di sostituzione per il calcolo di una primitiva.

Per cercare una primitiva di una funzione assegnata, a volte puøessere utile un cambio di variabili. Descriviamo questa tecnica, che si chiama metodo di sostituzione. Presentiamo questo metodo nei due casi che si incontrano pi`u spesso.

Metodo di sostituzione: Primo caso.

Supponiamo di volere calcolare un integrale indefinito del tipo Z

f (h(u)) du (3.1)

Ricordiamo che il problema consiste nel trovare una funzione H(u) la cui derivata sia H0(u) = f (h(u)). Nel nostro caso la funzione integranda f (h(u)) `e una funzione composta, dove f e h sono funzioni assegnate. Supponiamo che la funzione x = h(u) sia invertibile e denotiamo con u = h−1(x) = k(x) la sua inversa. Per semplicit`a, scriveremo anche x = x(u), anzich´e x = h(u); analogamente, scriveremo u = u(x), al posto di u = h−1(x). Ma sia chiaro che questo significa che x = x(u) `e la specifica funzione h e che u = u(x) denota l’inversa di h. Supponiamo inoltre che h abbia una derivata continua h0(u) che non si annulli mai. Questa richiesta ci permette di dire che anche la funzione inversa k = h−1 `e derivabile. (Regola della derivata della funzione inversa.)

Il metodo di sostituzione si basa sulla seguente osservazione:

Sia G(x) qualunque primitiva della funzione f (x)u0(x), cio`e si abbia

G0(x) = f (x)u0(x) = f (x)k0(x) (3.2)

Allora la funzione composta G(h(u)) `e una primitiva di f (h(u)) (che `e la funzione integranda iniziale nell’integrale 3.1).

(19)

Infatti, per la regola di derivazione di una funzione composta, abbiamo: d

duG(h(u)) = G

0(h(u)) h0(u) = f (h(u)) k0(h(u)) h0(u) = f (h(u)) (3.3)

perch´e k0(h(u)) h0(u). (Infatti, per la regola di derivazione della funzione inversa k = h−1,

k0(h(u)) = 1 h0(u)

e quindi k0(h(u))h0(u) = 1.)

Riassumiamo schematicamente. Per trovare una primitiva di f (h(u)), si puøprocedere nel modo seguente:

1. Si pone h(u) = x;

2. Si trova la funzione inversa u = h−1(x) = u(x);

3. Si considera la funzione f (x)u0(x), dove u(x) = h−1(x) `e l’inversa di x = h(u);

4. Si cerca una primitiva G(x) di f (x)u0(x);

5. In G(x) si opera la sostituzione x = h(u), ottenendo cos`ı la funzione G(h(u)). La funzione finale G(h(u)) sar`a allora una primitiva di f (h(u)).

In altri termini, per calcolare l’integrale indefinito Z

f (h(u)) du (3.4)

basta calcolare l’integrale indefinito

Z

f (x) u0(x)dx (3.5)

e poi effettuare la sostituzione x = h(u). Il simbolo

f (h(u)) du (3.6)

che appare sotto il segno di integrale, suggerisce la trasformazione giusta da fare, quando si effettua una sostituzione di variabili: se al posto di h(u) si sostituisce h(u) = x e al posto di du si sostituisce

du = u0(x)dx

dove u(x) = h−1(x), allora si passa automaticamente da 3.4 a 3.5. Dunque, se per denotare gli integrali indefiniti si usa la notazione di Leibniz3.6, il metodo di sostituzione si ricorda pi`u facilmente e si effettua meccanicamente.

Ovviamente, non `e detto che il metodo di sostituzione sia sempre praticabile. Ad esempio, il metodo fallisce se non si sa trovare esplicitamente la funzione inversa u = h−1(x); oppure se non si sa trovare una primitiva G(x) di f (x)u0(x).

Metodo di sostituzione: Secondo caso.

Supponiamo di dovere calcolare un integrale indefinito del tipo: Z

(20)

che differisce dal precedente integrale 3.1 perch´e ora nella funzione integranda compare il termine h0(u). Si ponga h(u) = x e sia F (x) una primitiva di f (x). Allora si vede subito che F (h(u) `e una primitiva di f (h(u))h0(u). Infatti, per la regola di derivazione di una funzione composta, si ha:

d

duF (h(u)) = F

0(h(u))h0(u) = f (h(u))h0(u)

Anche in questo caso la notazione simbolica di Lebniz suggerisce la cosa giusta da fare. Si ponga h(u) = x e dx = x0(u)du = h0(u)du. Allora il metodo di sostituzione prende la forma

Z

f (h(u))h0(u) du = Z

f (x) dx = F (x) = F (h(u)) (3.8)

In questo caso il metodo di sostituzione risulta semplificato, perch´e non `e necessario trovare l’inversa della funzione h(u).

Esempio 3.1 Calcolare:

Z π4

0

sin 2x dx

Soluzione. Cambiamo la variabile, ponendo 2x = t, ossia x = 2t. In termini pi`u precisi, definiamo la funzione x = h(t) = t2, con t ∈ [0,π2]. Si ha h0(t) = 12. Allora, per la formula del cambio di variabile, abbiamo: Z π4 0 sin 2x dx = Z π2 0 (sin h(t)) h0(t) dt = 1 2 Z π2 0 (sin t)dt = 1 2[− cos t] π 2 0 = 1 2 Esempio 3.2 Calcolare: Z 1 eu+ e−udu

Poniamo eu= x. Allora la funzione inversa `e u = ln x e du = u0(x)dx = 1

xdx. Quindi per il metodo di sostituzione (primo metodo) si ha

Z 1 eu+ e−udu = Z 1 x + x−1 1 xdx = Z 1 1 + x2dx = arctan x

Ora torniamo alla variabile iniziale u con la sostituzione x = eu, e cos`ı troviamo la primitiva cercata:

arctan eu.

Esempio 3.3 Calcolare: R eu√1 + eudu

Usiamo il metodo di sostituzione, ponendo 1 + eu = x = x(u). Notiamo che con tale sostituzione

l’espressione eu√1 + eudu diventa

eu√1 + eudu =p

x(u) x0(u) du

Si noti che, per la presenza del termine x0(u) du = dx, siamo nel secondo caso del metodo di sosti-tuzione. Allora Z eu√1 + eudu = Z p x(u)x0(u)du = Z x dx = 2 3x 3 2 = 2 3x √ x Ora al posto di x si deve porre: x = 1 + eu. Quindi la primitiva cercata `e 2

3(1 + e

(21)

Se invece non ci fossimo accorti di quel fattore x0(u)du = eudu che ci ha fatto usare il secondo caso

del metodo di sostituzione, avremmo proceduto nel modo seguente (Metodo di sostituzione: Primo caso). La funzione inversa di x = 1 + eu`e u = ln(x − 1). Allora

du = u0(x)dx = 1 x − 1dx La regola di sostituzione, ponendo 1 + eu= x e du = 1

x−1dx, prende la forma: Z eu√1 + eudu = Z (x − 1)√x 1 x − 1dx = Z xdx e da qui si procede come sopra.

Esempio 3.4 Calcolare R tan x dx e R cot x dx

Per definizione di tangente, si ha Z

tan x dx =

Z sin x

cos xdx. Poniamo cos x = t. Non `e necessario invertire questa relazione, in quanto `e presente il termine (− sin x)dx = dt. (Siamo nel secondo caso del metodo di sostituzione). Quindi

Z tan x dx = Z sin x cos xdx = Z −1 tdt = − ln |t| = − ln | cos x| In modo analogo, con la sostituzione sin x = t, si trova:

Z cot x dx = Z cos x sin x dx = Z 1 tdt = ln |t| = ln | sin x|

3.2

Integrazione per parti

Ricordiamo che se f (x) e g(x) sono funzioni derivabili, la derivata del prodotto f (x)g(x) `e data dalla regola di Leibniz

h

f (x)g(x)i0= f0(x)g(x) + f (x)g0(x) (3.9)

Se integriamo entrambi i membri e ricordiamo che una primitiva della derivata di una funzione `e la funzione stessa, otteniamo

f (x)g(x) = Z f0(x)g(x)dx + Z f (x)g0(x)dx (3.10) ovvero Z f (x)g0(x)dx = f (x)g(x) − Z f0(x)g(x)dx (3.11)

La 3.11si chiama formula di integrazione per parti. Come al solito, l’uguaglianza 3.10va intesa nel senso seguente: la somma di una qualunque primitiva di f0(x)g(x) e di una qualunque primitiva di f (x)g0(x) `e uguale a f (x)(g(x), a meno di una costante additiva. Allo stesso modo va interpretata la

3.11.

Esempio 3.5 Per calcolare R ln x dx, possiamo usare la formula di integrazione per parti 3.11, dove f (x) = ln x e g0(x) = 1. Si ha f0(x) = 1 x e g(x) = 1. Dunque Z ln x dx = x ln x − Z x xx = x ln x − x

(22)

Esempio 3.6 Z

sin2x dx = Z

sin x sin x dx = − cos x sin x − Z (− cos x) cos x dx = − cos x sin x + Z cos2x dx = − cos x sin x + Z (1 − sin2x) dx = − cos x sin x + x − Z sin2x dx

Portando l’integrale a primo membro, si ottiene Z

sin2x dx = x − cos x sin x

2 (3.12)

In modo del tutto analogo si trova Z

cos2x dx = x + cos x sin x

2 (3.13)

4

Integrali impropri o generalizzati

Finora abbiamo considerato solo integraliRabf (x)dx dove l’intervallo [a, b] `e limitato e la funzione f (x) `

e limitata su [a, b]. Ora vediamo come il concetto di integrale si definisce quando la funzione f (x) `

e limitata ma l’intervallo di integrazione non `e limitato, oppure quando la funzione non `e limitata e l’intervallo di integrazione `e limitato. Un esempio del primo tipo `e l’integrale

Z +∞

1

1

x2dx (4.1)

(L’intervallo (1, +∞) non `e limitato). Un esempio del secondo tipo `e Z 1 0 1 √ xdx (4.2) (La funzione 1

x non `e limitata vicino a 0).

In entrambi i casi si parla di integrali generalizzati (o impropri).

4.1

Integrali su intervalli non limitati

Sia f una funzione reale definita su un intervallo non limitato [a, +∞):

[a, +∞)−→ Rf (4.3)

Diremo che f `e integrabile (o integrabile in senso generalizzato, o in senso improprio) sulla semiretta [a, +∞) se f `e integrabile su ogni intervallo [a, t] con t > a ed esiste finito il limite

lim Z t

(23)

In questo caso si pone, per definizione, Z +∞ a f (x) dx = lim t→+∞ Z t a f (x) dx (4.5)

Se l’integraleRa+∞f (x) dx esiste (finito) si dice che tale integrale `e convergente. Se il limite4.4`e +∞, si dice che l’integrale R+∞

a f (x) dx `e divergente.

In modo simile si definiscono le funzioni integrabili su intervalli non limitati del tipo (−∞, b].

4.1.1 Integrale di 1/xa

Teorema 4.1 (Integrabilit`a di 1/xa in un intorno di +∞)

Z +∞ 1 1 xa dx ( diverge a + ∞ se a ≤ 1

converge (al numero a−11 ) se a > 1 (4.6)

Dimostrazione. Se a = 1, abbiamo lim t→+∞ Z t 1 1 xdx = limt→+∞(ln t − ln 1) = +∞ (4.7) e quindi l’integrale Z +∞ 1 1 xdx (4.8)

vale +∞, ossia `e divergente. Se a 6= 1, si ha Z t 1 1 xa dx = 1 1 − a h x1−ai t 1= 1 1 − a(t 1−a− 1) (4.9) Ora lim t→+∞ 1 1 − a(t 1−a− 1) = ( +∞ se a < 1 1 a − 1 se a > 1 Riassumendo: Z +∞ 1 1 xa dx    diverge a + ∞ se a ≤ 1

converge (al numero 1

a − 1) se a > 1

(4.10)

Esempio 4.2 Vediamo se la funzione xex`e integrabile (in senso improprio) sulla semiretta (−∞, 0).

Per ogni t < 0, la funzione xex`e integrabile su [t, 0] (perch´e `e continua) e si ha:

Z 0 t xex= (x − 1)ex 0 t = −1 − (t − 1)et (4.11)

Ora si deve calcolare il limite per t che tende a −∞. Si ottiene: lim t→−∞ Z 0 t xex= lim t→−∞(−1 − (t − 1)e t) = −1 (4.12)

Dunque la funzione xex`e integrabile su (−∞, 0) e

Z 0 −∞ xexdx = lim t→−∞ Z 0 t xex= −1 (4.13)

(24)

4.1.2 Criterio del confronto

A volte si puøstabilire se una funzione `e integrabile in senso generalizzato, senza bisogno di trovarne esplicitamente un’antiderivata. Puøbastare un confronto con funzioni integrabili pi`u semplici. Teorema 4.3 (Criterio del confronto.) Supponiamo che f (x) e g(x) siano funzioni continue def-inite su una stessa semiretta I = (a, +∞) e soddisfacenti

0 ≤ f (x) ≤ g(x) (4.14) Allora: 0 ≤ Z +∞ a f (x) dx ≤ Z +∞ a g(x)dx (4.15) In particolare:

1. Se g `e integrabile su I, anche f `e integrabile su I; 2. Se f non `e integrabile su I (cio`e, seR+∞

a f (x) dx = +∞), anche g non `e integrabile su I (ossia,

anche R+∞

a g(x)dx = +∞)

Dimostrazione. Poich´e le funzioni integrande f e g sono non-negative, gli integrali in questione sicuramente esistono3, magari uguali a +∞. Per la propriet`a di monotonia dell’integrale, valgono le disuguaglianze 0 ≤ Z t a f (x) dx ≤ Z t a g(x)dx (4.16)

per ogni t > a. Passando al limite per t → +∞, si ha allora la tesi. Q.E.D. L’enunciato del teorema `e del tutto ragionevole quando si pensi alla seguente interpretazione geo-metrica. Poich´e 0 ≤ f (x) ≤ g(x), la regione di piano compresa tra l’asse delle x e il grafico di f (x) `

e tutta al di sotto del grafico di g(x). Quindi, se l’areaR+∞

a g(x)dx `e finita, a maggior ragione l’area

R+∞

a f (x) dx sar`a finita. Mentre se l’area

R+∞

a f (x) dx `e infinita, a maggior ragione l’area

R+∞

a g(x)dx

sar`a infinita.

Esempio 4.4 Stabilire se l’integrale Z +∞

0

e−x2dx `e convergente.

Soluzione. La funzione e−x2`e ovviamente integrabile su ogni intervallo [0, b], in quanto `e continua. Oc-corre studiare la sua integrabilit`a in un intorno di +∞. Non si sa trovare esplicitamente un’antiderivata di e−x2. Osserviamo perøche in un intorno di +∞ (vale a dire per tutti gli x sufficientemente grandi) si ha

0 ≤ 1 ex2 ≤

1

x2 (4.17)

(In realt`a la4.17vale per ogni x in (0, +∞), perch´e et

> t per ogni t ∈ R, e quindi 0 < 1

et <

1

t (4.18)

per ogni t > 0). Siccome sappiamo gi`a che in un intorno di +∞ la funzione 1

x2 `e integrabile, per il

criterio del confronto possiamo concludere che l’integrale Z +∞

0

e−x2dx `e convergente. Q.E.D.

3Ricordiamo che se una funzione reale h(t) `e crescente su un intervallo (a, +∞), allora sicuramente esiste (finito o +∞) il limite limt→+∞h(t), e tale limite `e uguale al sup di h su (a, +∞). Nel nostro caso, siccome le funzioni f e g sono non-negative, le funzioni integraliRt

f eRt

(25)

4.1.3 Criterio del confronto asintotico

Un altro criterio per stabilire se una funzione `e integrabile in senso generalizzato `e il criterio del confronto asintotico. Ricordiamo una definizione. Date due funzioni f (x), g(x), definite entrambe su (a, +∞), con g(x) sempre diverso da zero, si dice che f (x) `e asintoticamente equivalente a g(x) quando x tende a +∞, e si scrive f (x) ∼ g(x), per x → +∞ (4.19) se lim x→+∞ f (x) g(x) = 1 (4.20)

Vale allora il seguente

Teorema 4.5 (Criterio del confronto asintotico.) Siano f (x) e g(x) funzioni non-negative con-tinue definite su una stessa semiretta I = (a, +∞). Supponiamo f (x) ∼ g(x) per x → +∞. Allora f (x) `e integrabile su I se e solo se g(x) `e integrabile su I.

Dimostrazione. Per ipotesi, limx→+∞f (x)g(x) = 1. Quindi, per ogni fissato ε > 0, il rapporto f (x)g(x) sar`a

contenuto nell’intervallo [1 − ε, 1 + ε] per tutti gli x sufficientemente grandi. In altri termini, varranno definitivamente le due disuguaglianze

(1 − ε)g(x) ≤ f (x) ≤ (1 + ε)g(x) (4.21)

Ora la tesi segue subito dal teorema del confronto. Infatti, se g(x) `e integrabile sulla semiretta I, da f (x) ≤ (1 + ε)g(x)

segue che f (x) `e integrabile; mentre, se g(x) non `e integrabile su I, da (1 − ε)g(x) ≤ f (x)

segue che f (x) non `e integrabile. Esempio 4.6 Stabilire se l’integrale

Z +∞

1

x3+ 2x2− x + 1

x5+ x4+ 7 dx (4.22)

converge.

Infatti, la funzione integranda `e asintotica a 1 x2 :

x3+ 2x2− x + 1

x5+ x4+ 7

1

x2, per x → +∞ (4.23)

Ne segue, per il criterio del confronto asintotico, che l’integrale4.22`e convergente. Esempio 4.7 L’integrale Z +∞ 1 1 x− sin 1 x dx (4.24) ` e convergente. Infatti, per x → +∞, si ha 1 x− sin 1 x ∼ 1 3! 1 x3

(26)

4.2

Integrali di funzioni non limitate

Vediamo ora come estendere il concetto di integrale definito a funzioni che non sono limitate in un intorno di un punto. Sia f (x) una funzione definita su un intervallo (a, b] (a, b ∈ R e a < b). Supponiamo che f non sia limitata in un intorno del punto a. Se esiste finito il limite

lim

c→a+

Z b

c

f (x)dx (4.25)

esso viene chiamato integrale improprio, o generalizzato, di f sull’intervallo [a, b] e si denota ancora con il simbolo

Z b

a

f (x) dx

Come esempi guida, consideriamo le due funzioni f (x) = 1x e g(x) = √1

x, definite sull’intervallo

(0, 1]. Ovviamente, entrambe non sono limitate vicino a 0. Nel primo caso, una primitiva di f (x) su (0, 1] `e ln x e lim c→0+ Z 1 c f (x) dx = lim c→0+ ln(1) − ln(c) = +∞

Nel secondo caso,

lim c→0+ Z 1 c 1 √ xdx = limc→0+2 √ x1 c = limc→0+(2 − 2 √ c) = 2

Quindi, f (x) = 1x non `e integrabile in senso generalizzato su [0, 1], mentre g(x) = √1

x lo `e (e il suo

integrale vale 2).

4.2.1 Integrali di 1/xa. Criteri del confronto e del confronto asintotico

Con un conto del tutto analogo a quello svolto per studiare l’integrabilit`a di x1a sull’intervallo [1, +∞),

si ottiene il seguente

Teorema 4.8 (Integrabilit`a di 1/xa in un intorno di zero)

Z 1 0 1 xa dx    diverge a + ∞ se a ≥ 1

converge (al numero 1

1 − a) se a < 1

(4.26)

Anche per gli integrali impropri di funzioni non limitate, valgono il criterio del confronto e il criterio del confronto asintotico.

Teorema 4.9 (Criterio del confronto.) Supponiamo che f (x) e g(x) siano funzioni continue sull’intervallo I = (a, b], entrambe non limitate vicino al punto a e soddisfacenti

0 ≤ f (x) ≤ g(x) (4.27) Allora: 0 ≤ Z b a f (x) dx ≤ Z b a g(x)dx (4.28) In particolare:

1. Se g `e integrabile su I, anche f `e integrabile su I; 2. Se f non `e integrabile su I (cio`e Rb

af (x) dx = +∞), anche g non `e integrabile (cio`e, anche

Rb

(27)

Teorema 4.10 (Criterio del confronto asintotico.) Siano f (x) e g(x) funzioni non-negative con-tinue sull’intervallo I = (a, b], entrambe non limitate vicino al punto a. Supponiamo f (x) ∼ g(x) per x → a+. Allora f (x) `e integrabile su I se e solo se g(x) `e integrabile su I.

Le dimostrazioni di questi due teoremi sono del tutto simili a quelle gi`a viste nel caso di integrali su intervalli illimitati, e non le ripeteremo.

Figura

Figure 1: Approssimazione un’area S al di sotto di un grafico mediante la somma delle aree di rettangoli.
Figure 2: “Cos`ı, se le aree ABC, ABDG sono descritte dalle ordinate BC, BD che avanzano con moto uniforme sulla base AB, le flussioni delle loro aree saranno tra loro in rapporto come le ordinate che descrivono BC e BD, e possono essere rappresentate per

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