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Mespere Life Science Solution CO Monitoring: validazione di un nuovo metodo non invasivo per la misurazione di parametri emodinamici.

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Scuola di specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva a del Dolore

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

“Mespere Life Science Solution CO Monitoring: validazione di un nuovo metodo non invasivo per la misurazione di parametri emodinamici”

Candidato: Relatore:

Diego Lollini Prof. Francesco Forfori Dott. Paolo Roncucci

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2 INDICE

1.INTRODUZIONE

2.TECNICHE DI MISURAZIONE DEL CARDIAC OUTPUT 2.1 Metodi invasivi per il calcolo della CO

2.1.1 Termodiluizione (catetere arterioso polmonare o PAC) 2.2 Metodi seminvasivi e mininvasivi per il calcolo della CO 2.2.1 PiCCO

2.2.2 LiDCO

2.2.3 FloTrac/Vigileo 2.2.4 MostCare

2.3 Metodi non invasivi per il calcolo della CO 2.3.1 Impedenziometria toracica

2.3.2 Valutazione ecocardiografica della CO 2.3.3 Metodo VTI

2.3.4 Mespere CO monitoring 3. MATERIALI E METODI 3.1 Metodo e studio

3.2 Caratteristiche dei pazienti 3.3 Analisi statistica

3.4 Risultati

4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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3 RIASSUNTO

I pazienti critici richiedono spesso un monitoraggio emodinamico stretto, che permetta di amministrare fluidi con parsimonia, aggiustare le dosi di farmaci inotropi e vasoattivi quando necessario. Inoltre, risulta indispensabile per raggiungere un'efficace rianimazione rilevare e monitorare la funzione cardiaca. La spinta a misurare il cardiac output (CO) deriva dal fatto che condizioni di bassa portata sono gravate da un alto tasso di mortalità. Le cause che possono portare a questo sono molteplici: inadeguato volume di riempimento, eccessivo post-carico, ridotta contrattilità, funzione diastolica alterata, problemi valvolari, aritmie. Avere monitor che aiutino a indirizzare l’intensivista a capire le cause di shock risulta pertanto essenziale per riuscire a calcolare la delivery dell'ossigeno (DO) e ottimizzare questo valore. Ben sapendo che l'utilizzo di metodi invasivi come il catetere di Swan-Ganz sono considerati il gold standard, numerose problematiche inficiano il suo utilizzo e i metodi non invasivi hanno acquistato rilevanza perché associati a minori complicanze. Sono inoltre caratterizzati da una buona attendibilità visto l'incremento di accuratezza e precisione con lo svilupparsi di nuovi software.

Con questo studio ci siamo approcciati alla valutazione di un nuovo metodo non invasivo per la misurazione del CO e della saturazione venosa centrale. L'obiettivo principale di questo lavoro è stato mettere a confronto il valore di cardiac output (CO) e stroke volume (SV) calcolati, da una parte attraverso l'ossimetria della vena giugulare interna destra mediante il dispositivo Mespere e il suo modello algoritmico (basato sul principio di Fick), e dall'altra la stima ecocardiografica del CO attraverso il metodo VTI (Time Velocity Index). Quest'ultimo metodo correla bene con i risultati di CO ottenuti con la termodiluizione. I dati ecocardiografici sono raccolti al tratto di efflusso del

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ventricolo sinistro (LVOT: Left Ventricular Outflow tract). Questo metodo è basato sul prodotto tra un integrale dell'onda pulsata del flusso al tratto di efflusso aortico (misurato in una proiezione apicale in cinque camere) e l'area della valvola aortica misurata in asse lungo parasternale. Lo scopo è stato quello di dimostrare l'equivalenza o la non inferiorità nella misurazione del CO con il dispositivo Mespere rispetto al metodo VTI con ecografia transtoracica; il processo ha richiesto continua revisione dei dati e ottimizzazione degli algoritmi.

Sono stati sottoposti a monitoraggio con Mespere 22 pazienti ricoverati presso la U.O. di Anestesia e Rianimazione degli Spedali Riuniti di Livorno, dopo raccolta del consenso informato ed ecocardiografia transtoracica.

Di questi pazienti è stato studiato lo Stroke Volume e il Cardiac Output.

I parametri analizzati ottenuti con le due tecniche sono quindi stati posti a confronto. L’analisi statistica, che ha utilizzato il metodo Bland-Altman eseguita sui risultati ottenuti circa la misurazione del CO e dello SV ha dimostrato che le due metodiche forniscono risultati non del tutto congruenti.

La metodica Mespere si dimostra completamente non invasiva in quanto richiede solamente l’applicazione di un sensore adesivo sul collo, non necessita di calibrazione, è facile da utilizzare, non è operatore dipendente. Quindi fornisce informazioni utili per la comprensione dello stato emodinamico del paziente in terapia intensiva consentendo un’analisi rapida e continua.

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5 1.INTRODUZIONE

Lo scopo di questa tesi è validare un nuovo dispositivo non invasivo per la misurazione della portata cardiaca o cardiac output (CO). Essa viene definita come un flusso, cioè un volume di sangue nel tempo. Rappresenta quindi il volume ematico che viene pompato dal cuore sinistro verso il sistema circolatorio sistemico e dal cuore destro verso il circolo polmonare, nel tempo. Tale valore si esprime in litri al minuto (L/min). In termini fisiologici potremmo esprimere la CO come il volume eiettato per ogni singola sistole cardiaca (Storke Volume: SV) moltiplicato per la frequenza cardiaca per minuto (HR: heart rate).

CO = SV x HR

I pazienti critici richiedono spesso un monitoraggio emodinamico stretto, che permetta di somministrare fluidi con parsimonia, aggiustare le dosi di farmaci inotropi e vasoattivi quando necessario. Inoltre, risulta indispensabile per raggiungere un'efficace rianimazione rilevare e monitorare la funzione cardiaca. La spinta a misurare il CO deriva dal fatto che condizioni di bassa portata sono gravate da un alto tasso di mortalità. Le cause che possono portare a questo sono molteplici: inadeguato volume di riempimento, eccessivo post-carico, ridotta contrattilità, funzione diastolica alterata, problemi valvolari, aritmie. Avere monitor che aiutino a indirizzare il clinico a capire le cause di shock risulta pertanto essenziale, per riuscire a valutare la delivery dell'ossigeno (DO) e ottimizzare questo valore (DO = Contenuto arterioso di O2 × CO).

Ben sapendo che l'utilizzo di metodi invasivi come il catetere di Swan-Ganz sono considerati il gold standard, numerose problematiche inficiano il suo utilizzo e i metodi

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non invasivi hanno acquistato rilevanza grazie alla minore incidenza di complicanze. Sono inoltre caratterizzati da una buona attendibilità in ragione dell'incremento di accuratezza e precisione dei nuovi software e soprattutto per la possibilità di valutare la risposta ai trattamenti “step by step”.

Tutti i metodi per la stima della CO si basano sull’intuizione del fisiologo tedesco Adolf Fick, il quale aveva nient’altro che applicato la legge della conservazione di massa. Egli affermava che la quantità di O2 contenuto nei capillari polmonari originati dall’arteria

polmonare più la quantità di O2 per minuto che entra nei capillari polmonari dagli

alveoli deve essere uguale alla quantità di O2 per minuto trasportata al cuore sinistro

dalle vene polmonari. Di conseguenza la quantità di O2 disciolto nel sangue è uguale

alla differenza artero-venosa dello stesso. 𝐶𝑂 = 𝑜𝑠𝑠𝑖𝑔𝑒𝑛𝑜 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑟𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑖 𝑝𝑜𝑙𝑚𝑜𝑛𝑖 ( 𝑚𝑙 min.) 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 𝐴 − 𝑉 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑜𝑠𝑠𝑖𝑔𝑒𝑛𝑜(𝑚𝑙 𝑙 )

Assunto che il flusso di sangue polmonare deve essere nel complesso equivalente al flusso sistemico per la legge di continuità (il cuore destro e sinistro sono infatti due sistemi posti in serie), valutando il consumo sistemico di ossigeno è possibile risalire alla portata cardiaca. In particolare, è sufficiente sottrarre al contenuto sistemico arterioso di O2 quello del sangue venoso misto misurato in arteria polmonare.

Altri metodi diretti di applicazione del principio di Fick consistevano nel sostituire l’ossigeno con altre sostanze disciolte come coloranti o boli di soluzione fredda (almeno 10°C di differenza dalla temperatura ematica centrale). In tutti questi casi si

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osservava mediante cateterismi vascolari la diluizione del colorante o del bolo freddo all’interno dell’organismo. In particolare, si rilasciavano queste sostanze al capo arterioso polmonare e se ne misurava la concentrazione nel tempo nel sangue di ritorno al capo venoso; in questo modo si potevano costruire delle curve concentrazione/tempo e mediante il calcolo integrale secondo l’equazione di Stewart-Hamilton si risaliva alla CO.

2.TECNICHE DI MISURAZIONE DEL CARDIAC OUTPUT

2.1 Metodi invasivi per il calcolo della CO:

2.1.1 Termodiluizione (catetere arterioso polmonare o PAC): esistono due tecniche per

mettere in pratica la termodiluizione, una intermittente e l’altra in continuo. Per la realizzazione di tale metodica basata sul principio di Fick è innanzitutto necessario il posizionamento in arteria polmonare di un catetere (PAC), sia per la tecnica intermittente sia in continuo. A circa 4 cm dalla punta del catetere si trova un sensore che rileva la temperatura; sono inoltre presenti un lume prossimale che sbocca in atrio destro (se collegato ad un trasduttore ci può fornire la CVP) e un lume distale che si apre in arteria polmonare e che è collegato ad un trasduttore di pressione (Pressione polmonare e wedge pressure) Normalmente si utilizza un introduttore in vena giugulare interna destra o sinistra entro il quale il catetere può scorrere e raggiungere così le sezioni destre del cuore. Il posizionamento non è scevro da rischi intraprocedurali e complicanze tardive legate all’invasività dello stesso: aritmie, rottura dell’arteria polmonare, pneumotorace, lesioni ischemiche e infezioni.

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Per la tecnica intermittente, una volta verificato il corretto posizionamento del PAC, si procede all’inserimento dei dati antropometrici del paziente oltre ai dati emodinamici (CVP, PAM, PAP media, Wedge pressure). A questo punto si inietta dal lume prossimale una quantità definita di soluzione fredda o a temperatura ambiente, l’importante è che sia inferiore di almeno 10°C rispetto alla temperatura corporea centrale. Il sensore al capo distale è quindi in grado di fornire un grafico temperatura-tempo dalla cui area sotto la curva, tramite l’equazione di Stewart-Hamilton, deriva la CO.

Invece per la tecnica in continuo si utilizzano cateteri Swan-Ganz differenti, dotati di un filamento termico prossimale che riscalda il sangue a contatto ad una temperatura non superiore ai 41°C e lo fa per un periodo non superiore ai 4 secondi al minuto (Metodica semicontinua), in seguito un sensore termico al capo distale registra le variazioni di temperatura con cui poi si costruisce un grafico, dalla cui area sotto la curva, integrata in modo opportuno, deriva la CO.

I risultati ottenuti con le due tecniche hanno una buona correlazione tra loro, tuttavia il metodo in continuo presenta qualche vantaggio rispetto all’intermittente. Infatti, è gravato da minori complicanze infettive (assenza di boli), permette un monitoraggio semicontinuo e non dipende dalle abilità dell’operatore.

2.2 Metodi seminvasivi e mininvasivi per il calcolo della CO:

Queste tecniche si definiscono seminvasive poiché prevedono l’inserzione di cateteri arteriosi periferici e il posizionamento di CVC. Il tutto si basa infatti sull’analisi del contorno dell’onda del polso arterioso. Mediante i dati antropometrici e specifici algoritmi basati sull’analisi dell’area al di sotto della curva del polso arterioso, si ottiene la stima della CO.

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2.2.1 PiCCO

Una tecnica da considerarsi a ponte tra le invasive e le seminvasive è quella del PiCCO Pulse Contour Cardiac Output). Infatti, essa prevede una calibrazione iniziale in cui si misura la CO con il metodo della termodiluizione transpolmonare, ottenendo un fattore di calibrazione che successivamente viene applicato all’analisi del contorno dell’onda di pulsatilità arteriosa propriamente detta. Questo permette successivamente un monitoraggio in continuo e seminvasivo della CO. La calibrazione iniziale necessita di un CVC e un’arteria periferica di buon calibro. Il metodo PiCCO fornisce inoltre una serie di dati relativi a volumi ematici come ITBV (intra thoracic blood volume), GEDV (global end diastolic volume) EVLW (extra vascular lung water) ecc.

2.2.2 LiDCO

Altra tecnica seminvasiva è da considerarsi il LiDCO (Lithium Dilution Cardiac Output). Come il PiCCO anche questa tecnica si basa sul pulse contouring, ma necessita alla pari di una calibrazione iniziale in cui la CO viene misurata. A tale scopo ci si avvale della diluizione del Litio. Questo ione viene somministrato a basse dosi in una vena periferica e campionato da un sensore al catetere arterioso periferico. Va da sé che questa tecnica ha una minore invasività rispetto a PiCCO, anche se LiDCO può generare tossicità da litio e quindi non può essere utilizzato in pazienti in terapia con derivati del litio o farmaci che interferiscono con esso, ad esempio alcuni miorilassanti.

Prenderemo adesso brevemente in esame altre tecniche seminvasive di analisi di pulse contouring, ma che non prevedono una calibrazione iniziale.

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2.2.3 Flo Trac/Vigleo

Questa tecnica si basa sull’analisi integrale del contorno di pulsatilità arteriosa periferica combinato ai dati antropometrici del paziente. L’onda pressoria si ottiene con l’incannulamento di un’arteria periferica collegata al sensore Flo Trac. Presenta quindi invasività minima e prevede solo un iniziale settaggio con dati del paziente da parte dell’operatore che esegue la misurazione. Il principio su cui si fonda è il fatto che l’area al di sotto della curva del polso arterioso è direttamente proporzionale al volume sistolico e inversamente alla distensibilità aortica.

2.2.4 Mostcare

La sostanziale differenza rispetto al Vigileo è che questa tecnica si avvale di un algoritmo che non necessita dell’integrazione dei dati antropometrici del paziente. È necessario soltanto incannulare un’arteria periferica e tramite analisi di pulse contour si ottiene in continuo la stima della CO. La recente implementazione dell’algoritmo definito PRAM permette la stima di due ulteriori parametri emodinamici, il CCE (cardiac cycle efficency) e il dP/dt. Quest’ultimo è in relazione con la contrattilità cardiaca ed è rappresentato dalla pendenza della curva arteriosa in sistole. Il CCE non è altro che la performance metabolica cardiovascolare. Questi due indici necessitano di ulteriori validazioni rispetto al loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana.

Esistono inoltre tecniche vantano minore invasività. Esse prevedono l’utilizzo di ecodoppler transesofageo e sono Hemosonic e CardioQ.

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2.3 Metodi non invasivi per il calcolo della CO:

2.3.1 Impedenziomentria toracica: si può inoltre ricordare il metodo dell’impedenziometria toracica, completamente non invasivo ma gravato da una non semplice attuazione quotidiana. L’impedenza elettrica (I) e definita teoricamente come il rapporto tra la differenza di potenziale (∆𝑉) che funge da motore per lo scorrimento di corrente elettrica all’interno di un circuito e l’intensità (i) con cui lo stesso flusso elettrico scorre. L’intensità di corrente viene misurata in Ampere (A) e la differenza di potenziale in Volt (V), quindi l’impedenza risulta in V/A ovvero in Ohm (Ω).

𝐼 = ∆𝑉 𝑖

Va da sé che l’impedenza elettrica rimane una misura fissa se i valori dell’equazione rimangono costanti e questo viene determinato in primis dalle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali in cui scorre il flusso elettronico, come la sezione, la temperatura, il volume ecc.

Ne consegue che l’impedenza elettrica del torace cambia in rapporto al volume in esso contenuto: a sua volta, il volume è determinato dai dati antropometrici, non variabili a breve termine in ogni individuo (massa adiposa, massa magra, massa ossea), dal volume tidalico e dal volume ematico. Quest’ultimo cambia ad ogni sistole in funzione dello stroke volume. Per ottenere il nostro grafico dell’impedenza toracica nel tempo è sufficiente applicare elettrodi alla base del torace e al di sopra degli apici polmonari. Applicando poi una differenza di potenziale ai capi degli elettrodi si genera una corrente che scorre attraverso il torace stesso. La macchina di registrazione riesce a campionare l’impedenza istante per istante. Calcolando la derivata del grafico

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dell’impedenza toracica nel tempo, si ottiene un’onda sovrapponibile a quella del flusso aortico. Si è così sviluppato un software che sfrutta questo fenomeno per derivare stroke volume e CO in modo del tutto non invasivo. Rimangono da risolvere i problemi di taratura e la pulizia da disturbi di fondo del segnale, che sono spesso rilevanti durante la registrazione del tracciato. Si devono quindi selezionare, durante periodi lunghi di registrazione, quei cicli cardiaci che presentino meno disturbo di fondo. Tutto questo ovviamente espone ad una interpretazione spesso troppo soggettiva dei risultati ottenuti con questa tecnica. La difficoltà di fissaggio degli elettrodi al torace in alcuni pazienti, la complessa calibrazione e il rischio di interpretazione soggettiva, non fanno quindi dell’impedenziometria toracica un metodo di immediato impiego nella pratica clinica quotidiana.

2.3.2 Valutazione Ecocardiografica della CO:

Tale metodo si avvale dell’ecografia transtoracica mediante la quale il cuore viene esplorato in senso antero-posteriore dall’esterno. La tecnica è del tutto non invasiva e prevede l’utilizzo di una sonda semiconvessa da 3,5 MHz da appoggiare al torace con l’interposizione di un gel.

In molte terapie intensive l'uso dell'ecografia, in particolare cardiaca, ha preso il posto dei monitoraggi più invasivi; ciò è legato alla sua massiva diffusione nei reparti, ai costi contenuti e al fatto che permette di riconoscere più facilmente le cause di shock, e soprattutto di confrontare e monitorare nel tempo gli interventi terapeutici apportati dall'intensivista. L'ecocardiografia utilizza ultrasuoni che non sono nocivi, risulta però operatore dipendente e spesso la curva di apprendimento non è facile e immediata.

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Senza entrare nel merito del meccanismo di funzionamento degli ultrasuoni, il flusso ematico attraverso un vaso può essere calcolato dal prodotto della velocità e dell'area della sezione del vaso nel punto in cui la velocità è misurata.

2.3.3 Metodo VTI:

Utilizzando il doppler pulsato (PW) e la misura del raggio del tratto di efflusso aortico (CSA) si può ricavare lo stroke volume (SV).

LVOT VTI è un metodo facile da apprendere utilizzabile anche dagli operatori alle prime armi e riproducibile: esso si avvale del pulsed wave doppler (PW) che offre una misura diretta della rappresentazione del flusso istantaneo dei globuli rossi quando questi si muovono alla stessa velocità tramite un punto. La prima misurazione da effettuare è il campionamento in proiezione parasternale asse lungo del diametro aortico (CSA: cross-section aortica) al tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOT); successivamente si va a ricercare in proiezione apicale 5 camere il cono di efflusso del ventricolo sinistro valutando con metodo doppler pulsato (PW) il flusso ematico attraverso l’aorta, che viene rappresentato come echi in allontanamento. Al grafico ottenuto si applica una specifica funzione della macchina ecocardiografica che consiste nel ricavare l’integrale nel tempo del flusso attraverso la valvola aortica (VTI). Questo ci permette grazie alla relazione inserita di seguito di ottenere una stima piuttosto veritiera della CO calcolando lo Storke Volume (SV) e conoscendo la frequenza cardiaca (HR: Heart Rate) del paziente in quel dato momento.

SV=CSA x VTI CSA= 𝜋𝑟2

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Ove non sia possibile, a causa di una cattiva finestra acustica campionare le sezioni sinistre del cuore, in alternativa il metodo VTI prevede di valutare in proiezione sottocostale il diametro della valvola polmonare e il suo flusso nel tempo.

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Nelle immagini a fianco si dimostra come cambiando la scala temporale della visuale in PW del flusso aortico, si possa visualizzare contemporaneamente un numero sufficiente di cicli cardiaci tale da poter valutare e quantificare le variazioni dello stroke volume durante i cicli respiratori o per altri motivi. Questo valore viene definito come stroke volume variation (SVV) e può essere un indice di corretto o non corretto riempimento volemico.

A fianco visuale di doppler PW del flusso aortico in uscita dal ventricolo sinistro. Da questo grafico è possibile calcolare la quantità di flusso nel tempo con il calcolo integrale (VTI).

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Il limite della tecnica è che errori di qualche millilitro nel misurare il diametro dell'LVOT possono dare grosse differenze di calcolo. Inoltre, non è utilizzabile in caso di grosse insufficienze aortiche o ostruzioni sottoartiche.

Con questa metodica in più, misurando il picco aortico e la variazione del VTI durante gli atti respiratori, si può stimare anche la risposta al carico fluidico e la SVV diminuendo la swipe velocity per monitorare nell'immagine più cicli respiratori. Una variazione maggiore del 12% nella SVV è indice di possibile responsività a carichi volemici.

2.3.4 Mespere CO monitoring:

Il dispositivo che abbiamo testato in questo studio è basato sull’analisi dell’onda di flusso ematico giugulare, che ci fornisce informazioni riguardo la saturazione venosa giugulare SjVO2 (ossimetria giugulare) e la distensibilità giugulare. Questo è ottenuto

tramite l’applicazione di una sonda saturimetrica NIRS (near infrared spectroscopy) sul collo in corrispondenza della vena giugulare. L’apparecchio si avvale inoltre di un saturimetro periferico per calcolare la differenza A-V di O2.

La vena giugulare è uno dei vasi centrali del nostro corpo, dotato di una parete molto sottile e di conseguenza un “reservoir” elastico e distensibile che funziona da condotto in diretta continuità con l’atrio destro per il sangue refluo dal cranio. Quando un paziente viene sovraccaricato di liquidi, la pressione all’interno delle sezioni destre del cuore aumenta e viene retrotrasmessa al sangue che occupa il lume delle vene giugulari, causando una distensione della parete delle stesse. La distensione delle vene

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giugulari (JVD: Jugular Vein Distention) può essere usata come metodo veloce nel valutare lo stato volemico e la funzione cardiaca.

La valutazione della JVD è di particolare importanza per i pazienti con:

• Scompenso destro congestizio acuto (soprattutto per monitorare la risposta alla terapia diuretica)

• Dialisi, dialisi peritoneale e tutte le altre forme di CRRT • Ipertensione polmonare

• Ostruzione della vena cava superiore

• Stenosi tricuspidale o altre patologie valvolari destre

• Malattie pericardiche (ad esempio costrizione pericardica da versamento)

Come detto in precedenza il numero di metodiche impiegate nel tentativo di monitorare lo stato volemico e il CO di un paziente critico è stato notevole nel corso degli anni, passando per il cateterismo di Swan-Ganz, il monitoraggio della pressione venosa centrale tramite cateteri venosi centrali (CVC), sistemi di analisi del contorno dell’onda di polso arterioso e molti altri. Clinicamente parlando, gli ultrasuoni sono i più comunemente usati in UTI per verificare la dilatazione o la costrizione vasale tramite la misurazione diretta del lume vascolare. Molte pubblicazioni hanno dimostrato che la misurazione ultrasonografica della JVD in ambiente intensivo ha notevolmente migliorato la prognosi dei pazienti in termini di sopravvivenza o di minori complicanze durante il ricovero.

Ognuna delle tecniche sopramenzionate ha dei pro e dei contro. Molte di esse prevedono una certa invasività oppure una certa espertizzazione o particolari abilità, molte altre non permettono un monitoraggio in continuo e soprattutto nessuna di esse può essere considerata il “gold standard” per la valutazione corretta del precarico.

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Appare ovvio che uno strumento non invasivo quale quello che viene proposto durante il nostro studio e che in più non richiede particolari abilità tecniche o tempi di espertizzazione, avrebbe un rivoluzionario impatto sulla quotidianità lavorativa dei medici in area critica e, di conseguenza, sulla prognosi dei pazienti intensivi.

L’apparecchio in questione fornisce un monitoraggio in continuo e non invasivo del volume ematico contenuto nelle vene giugulari e dell’ossimetria giugulare. Basta poggiare sul collo, al di sopra della vena giugulare interna un sensore che emana luce ad una specifica lunghezza d’onda e la ricapta ottenendo informazioni e generando un nuovo parametro di riferimento, il BVI (blood volume index). Il BVI mostra il rapporto in forma percentuale tra sangue e tessuti al di sotto del sensore. Per esempio, se il valore letto è “10%” esso indica che il 10% del volume tissutale è riempito di sangue.

Attraverso il monitoraggio in continuo di un paziente, il clinico può osservare i cambi di BVI che correlano con la distensione giugulare che a sua volta correla con l’aumento della volemia, o con la costrizione giugulare, che a sua volta correla con una diminuzione della volemia.

Il device in questione tiene inoltre in considerazione, oltre alla SjVO2 e il BVI altri

parametri come la SpO2 (saturazione periferica arteriosa di O2) e la FC (frequenza

cardiaca). Integrando tutte queste informazioni in un software basato su un nuovo algoritmo “Mespere CO monitoring” riesce a fornire informazioni in continuo e non invasive riguardo alla CO, allo SV e SVV e lo stato volemico del paziente.

Già nel corso degli ultimi anni Bremer et al. Hanno comparato la tecnica del principio di Fick con la termodiluizione ed hanno dimostrato una buona correlazione. Comunque, per misurare il contenuto di O2 del sangue venoso misto sarebbe necessario un

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alternativa del principio di Fick per calcolare la CO. Essi hanno sostituito la saturazione venosa mista con la saturazione venosa centrale dal momento che è più semplice da ottenere ed hanno dimostrato una buona correlazione tra questo metodo e la CO ottenuta attraverso il catetere di Swan-Ganz. Similmente, Il Mespere CO monitoring utilizza un software che calcola la CO usando il principio di Fick modificato, sostituendo la saturazione venosa mista con la saturazione venosa centrale.

Per il fatto che è molto difficile monitorare e misurare le concentrazioni ematiche di gas, si stima che il consumo di O2 a riposo è di 125ml di O2 per unità di superficie

corporea. Nel software vengono immesse manualmente l’altezza e il peso del paziente per calcolare la BSA (body surface area) usando la seguente formula:

𝐵𝑆𝐴 = √ℎ𝑒𝑖𝑔ℎ𝑡 (𝑐𝑚) × 𝑤𝑒𝑖𝑔ℎ𝑡 (𝑘𝑔) 3600

È inoltre noto che ogni grammo di emoglobina trasporta 1,34 ml di O2 e che la

concentrazione di emoglobina è di circa 15 grammi per litro, usando queste assunzioni generali, il contenuto di O2 ematico può essere calcolato:

𝑂𝑥𝑦𝑔𝑒𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑛𝑡 𝑜𝑓 𝑏𝑙𝑜𝑜𝑑 = 15 (𝑔 𝑜𝑓 𝐻𝑏

𝑑𝑙 ) × 1.34 (

𝑚𝑙 𝑜𝑓 𝑂2

𝑔 𝑜𝑓 𝐻𝑏) × 𝑆𝑝𝑂2 (%)

Il software ottiene la SpO2 dal pulsiossimetro e misura con il sensore giugulare la

saturazione venosa di O2 (SjVO2). È infatti noto che la SjVO2 misurata con la sonda

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maniera invasiva (Pearson’s correlation coefficency 0.96; accuracy ±2.7%; precision±2.6%).

Tramite l’utilizzo di tutti i parametri sopracitati e basandosi sul principio di Fick Il software Mespere calcola in continuo la CO del paziente:

𝐶𝑂 = ( ( 125 𝑚𝑙 𝑜𝑓 𝑂2/ min × 𝐵𝑆𝐴 (𝑆𝑝𝑂2 − 𝑆𝑗𝑉𝑂2) × 1.34 𝑚𝑙 𝑜𝑓𝑂𝑔 𝑜𝑓 𝐻𝑏2 × 150 𝑔 𝑜𝑓 𝐻𝑏 ) × 1000 ) 10

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21 3. MATERIALI E METODI

3.1 Metodo e studio

Il nostro lavoro si è svolto al letto di pazienti ricoverati in UTI agli Spedali Riuniti di Livorno. Abbiamo da un lato applicato il monitoraggio di Mespere e dall’altro valutato ecograficamente la portata cardiaca con metodo VTI. Le misurazioni venivano effettuate da due medici che non potevano comunicarsi i risultati, uno annotava i valori ottenuti con Mespere, e l’altro calcolava e annotava gli stessi valori con metodo VTI all’altro lato del letto, nello stesso momento. I dati sono stati raccolti e inseriti su due moduli di raccolta raffigurati nelle due pagine seguenti.

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22 MESPERE DATA COLLECTION FORM

Name__________________ Surname_______________

Age____________________ Weight_________________ Height_______________ Ventilated yes no

Identification code_________________________________ RIGHT INTERNAL JUGULAR

CO SVV BVI SvcO2 Oximetry SpO2 HR

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23 EcHOCARDIOGRAPHY COLLECTION DATA FORM

Name__________________ Surname_______________

Age____________________ Weight_________________ Height_______________ Ventilated yes no Identification code_________________________________ VTI CSA CO SV E/A SVV Monitor data SpO2 HR PAS PAD PAM

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Interfaccia hardware di Mespere Life science VenArt CO monitoring:

L’apparecchio in questione consiste in due sensori da applicare perifericamente, uno al dito (saturimetria periferica) e l’altro al collo in corrispondenza della vena giugulare.

Sensore pluriuso SjVO2: a tale sensore si

deve poi applicare una patch adesiva che si cambia per ogni paziente. Sono presenti 2 sensori, uno per il lato sinistro e uno per il lato destro del collo. Una volta individuata ecograficamente la vena giugulare, vi si applica al di sopra il sensore. Questo permette il campionamento del segnale.

Sensore SpO2: il sensore in questione deve

essere applicato perifericamente. I siti migliori per il campionamento della saturazione arteriosa periferica di ossigeno sono le dita della mano. Questo anche in ragione della forma dello strumento. Si rende difficile la misurazione nei casi di vasocostrizione periferica.

Adesivo monouso per il sensore SjVO2:

questo adesivo si applica con un sistema ad incastro molto semplice da utilizzare. Le quattro fenestrature presenti sulla superficie hanno lo scopo di lasciare passare la luce dello spettro NIRS da un lato, dall’altro ne permettono la ricezione dal lato del sensore che capta il segnale di ritorno.

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I due sensori in maniera integrata sono collegati tramite porta USB ad un tablet su cui è installato il software di elaborazione dati. L’interfaccia utente è quella mostrata sopra. Consiste in uno schermo in cui sono riassunte, istante per istante, tutte le misure emodinamiche rilevate e, in basso nello schermo, quelle ricavate e il loro trend nel tempo.

Lo studio che abbiamo condotto è di tipo osservazionale. I dati sono stati raccolti nell’unità di terapia intensiva degli Spedali Riuniti di Livorno. Le misurazioni effettuate hanno impiegato circa 15 minuti per paziente, soprattutto per il calcolo della CO con metodo VTI. Infatti, tale metodo risulta più indaginoso rispetto all’applicazione dei sensori Mespere; si devono in effetti campionare le misurazioni dopo aver ottenuto una finestra ultrasonografica ottimale. Ad esempio, per avere una buona misurazione

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del flusso aortico in proiezione apicale 5 camere, la sonda ecografica deve essere il più possibile orientata parallelamente al flusso stesso. Ciò fa riflettere sul fatto che un operatore inesperto o una pessima finestra acustica possono in qualche modo sovra- o sottostimare il calcolo della CO con il metodo VTI; e questo è il limite più grande di tale metodica.

3.2 Caratteristiche dei pazienti

I 22 partecipanti allo studio sono stati un gruppo eterogeneo di pazienti dell’UTI di Livorno ricoverati da gennaio a ottobre 2020. La diagnosi di ammissione in UTI era:

• 7 in monitoraggio postoperatorio • 8 sepsi

• 4 politrauma

• 2 emorragia cerebrale

L’età media è di 67±10 anni. 10 pazienti erano sottoposti a trattamento con noradrenalina con dosaggio medio 0,2±0,05 mcg/kg/min per mantenere PAM (pressione arteriosa media) > 70 mmHg

Criteri di inclusione:

1. Maschi o femmine con età > 18 anni 2. Pazienti intubati o non intubati Criteri di esclusione:

1. Maschi o femmine di età < 18 anni

(27)

27

3. Pazienti con stenosi valvolari severe o con gravi jet da rigurgito 4. Pazienti con fibrillazione atriale

5. Pazienti con trombosi della vena giugulare

I partecipanti dovevano firmare personalmente un consenso informato prima di poter includere i dati raccolti all’interno del nostro studio. È stata presentata una versione sia scritta che verbale del consenso e i pazienti sono stati informati dettagliatamente sulla esatta natura dello studio; cosa avrebbe comportato per loro essere sottoposti alle nostre misurazioni; le implicazioni e i vincoli del protocollo; gli effetti indesiderati conosciuti che avrebbero potuto verificarsi e rischi possibili nel prendere parte allo studio. I pazienti sono stati altresì liberi di sottrarsi allo studio in ogni momento e senza l’obbligo di dover fornire motivazioni. Dopo aver fornito le dovute spiegazioni si passava alla firma del consenso da parte del paziente e da parte del medico che aveva fornito le informazioni. Il medico doveva essere ben erudito riguardo allo studio e doveva essere approvato dal referente supervisore. Ove non è stato possibile ottenere il consenso informato a causa delle condizioni cliniche del paziente, i medici partecipanti allo studio si sono riservati di acquisirlo in un secondo momento.

Il database dei dati raccolti è stato custodito in maniera da non violare la privacy dei pazienti e una volta inseriti all’interno della tabella per l’analisi statistica ad ogni partecipante è stato assegnato un codice numerico ad ulteriore tutela dell’identità.

3.3 Analisi statistica

Per la comparazione della metodica è stata usata la statistica descrittiva con mediana e percentili per le analisi non parametriche. Inoltre, test Bland-Altman e test di

(28)

28

correlazione sono stati effettuati per i parametri analizzati e comparati. Si è applicato inoltre il metodo Passing-Bablok regression.

Il metodo di J.M. Bland e D.G. Altman serve per verificare se due tecniche di misurazione possono essere comparate tra loro. La cosa fondamentale è che le due misure devono essere della stessa natura. Il diagramma di dispersione ottenuto ha sulle ordinate la differenza delle due misure e sulle ascisse la misura di riferimento (media aritmetica delle due misure).

Nel grafico ottenuto si tracciano 3 linee orizzontali, una rappresenta la media delle differenze e le altre due la media delle differenze ± 1.96 x deviazione standard (SD). La media delle differenze ci permette di valutare se una delle due metodiche di misurazione sovrastima o sottostima rispetto all’altra, mentre le altre due linee rappresentano l’intervallo di confidenza. In sostanza, i punti che si trovano all’interno dell’intervallo di confidenza indicano la congruenza dei risultati, mentre i punti al di fuori indicano che i metodi non correlano tra loro.

La regressione Passing-Bablok è una tecnica statistica ideale per l’analisi di regressione non parametrica adatto per studi di comparazione tra metodi. Esso non ha una dimostrazione teorica, ma si basa su verifiche sperimentali basate su simulazioni.

3.4 Risultati

Sono stati reclutati 22 pazienti ricoverati presso la terapia intensiva di Livorno e con seguente diagnosi:

a) 7 in monitoraggio postoperatorio b) 8 sepsi

(29)

29 c) 4 politrauma

d) 2 emorragia cerebrale

L’età media è di 67±10 anni. 10 pazienti erano sottoposti a trattamento con noradrenalina con dosaggio medio 0,2±0,05 mcg/kg/min per mantenere PAM (pressione arteriosa media) > 70 mmHg

L’analisi di Bland-Altman per la comparazione fra le due metodiche ha evidenziato che le differenze fra i due metodi non sono costanti, ma dipendono dal valore di non uniformità della varianza (heteroscedasticity). Inoltre, solo 5 misurazioni su 22 presentano una differenza accettabile di 0,2 fra le metodiche (linee verdi nella figura)

-6

-4

-2

0

2

4

6

3

4

5

6

7

8

Mean of CO_ECHO and CO_Mespere

C

O

_

EC

H

O

-

C

O

_

M

e

s

p

e

re

Mean

-0,4

-1.96 SD

-4,4

+1.96 SD

3,6

(30)

30

L’analisi con Passing-Bablok regression ha evidenziato un’assenza di correlazione fra le due misure con una tendenza alla concordanza per valori bassi di Cardiac Output e discrepanze significative per valori più alti.

4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Il metodo Mespere per la misura non invasiva della portata cardiaca basata sul metodo di Fick appare interessante nel principio. La validazione della misurazione continua della saturazione venosa centrale è importante per la gestione del consumo periferico di ossigeno anche in pazienti che non hanno catetere venoso centrale.

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

0

5

10

15

20

25

Rank(x,y)

C

O

_

M

e

s

p

e

re

-

F

(x

)

(31)

31

La discrepanza fra CO con metodo VTI standard e Mespere, al momento ci indica che non è possibile utilizzare la metodica come alternativa soprattutto per la differenza e la sovrastima del Cardiac Output con il metodo Mespere. Sebbene questi risultati non siano confortanti, è in atto la genesi di un nuovo algoritmo da parte dell’azienda produttrice che permetta la calibrazione dello strumento dopo valutazione con metodo standard ecografico VTI. Passo successivo sarà valutare se questo algoritmo risulterà efficace nel monitorare le variazioni di portata al mutare dello stato emodinamico del paziente.

(32)

32 5. BIBLIOGRAFIA

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(34)

34 RINGRAZIAMENTI

Sarò breve, un enorme ringraziamento va ai miei colleghi e amici Lara Vegnuti e Baldassare Ferro, per il supporto e il tempo che mi hanno dedicato durante questi ultimi mesi di percorso formativo e per il loro contributo a questo lavoro, senza il quale non sarebbe stata possibile la stesura di questa tesi. Ringrazio inoltre il direttore dell’unità operativa in cui ho lavorato e completato il mio percorso di studi durante questo ultimo anno, il dott. Paolo Roncucci, primario della U.O. di Anestesia e Rianimazione degli Spedali Riuniti di Livorno.

Un grazie va anche alla mia famiglia che, anche se da lontano, non ha mai fatto mancare il proprio appoggio.

E infine, ma non per importanza, un grande grazie alla mia compagna di vita Elisa, che ogni giorno mi sopporta e supporta.

Riferimenti

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