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Il finanziamento di cooperative e i diritti sociali

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

TESI DI LAUREA

FINANZIAMENTO DI COOPERATIVE E DIRITTI SOCIALI

Il candidato

Il relatore

Lorenzo Palazzi

Chiar.mo Professor

Francesco Barachini

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INDICE SOMMARIO

CAPITOLO PRIMO

L’approvvigionamento delle risorse finanziarie

1. Introduzione ... 1

2. I conferimenti ... 4

3. L’aumento di capitale ... 6

4. I prestiti sociali ... 10

5. Il prestito obbligazionario ... 13

6. Gli strumenti finanziari ... 15

6.1. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.p.a. ... 16

6.1.1. I soci sovventori. ... 26

6.1.2. Gli azionisti di partecipazione cooperativa. ... 29

6.2. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.r.l.. ... 29

CAPITOLO SECONDO I diritti amministrativi e patrimoniali 1. I diritti amministrativi diversi dal voto nelle azioni di finanziamento ... .34

2. Il diritto di voto nelle azioni di finanziamento ed i relativi diritti con-nessi ... 39

2.1. Il diritto di intervento in assemblea ed altri diritti minori ... 45

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3. I diritti patrimoniali dei possessori di azioni di finanziamento ... 49

3.1. Il diritto agli utili ... 49

3.2. Il diritto di recesso, la decadenza, lo scioglimento della società e la li-quidazione della quota... 54

4. I diritti amministrativi dei possessori di strumenti finanziari partecipa-tivi. ... 60

5. Gli effetti sulla governante societaria. ... 69

5.1. I possessori di strumenti finanziari e l’elettorato attivo. ... 69

5.2. I possessori di strumenti finanziari e l’elettorato passivo. ... 74

CAPITOLO TERZO Le azioni ex art. 2526 c.c. nelle banche di credito cooperativo 1. Introduzione ... 76

2. La disciplina normativa delle BCC ... 78

3. Il gruppo bancario cooperativo ... 83

4. Le azioni di finanziamento all’interno della normativa delle BCC .... 86

4.1. I precedenti normativi ... 86

4.2. La configurazione attuale, dopo la riforma del 2016 ... 88

4.2.1. Soggetti sottoscrittori e condizioni per la sottoscrizione. ... 88

4.2.2. Il procedimento di emissione. ... 92

5. I diritti amministrativi e patrimoniali degli azionisti. ... 98

5.1. Gli effetti sulla governante societaria. ...100

5.2. I diritti patrimoniali, differenze con la disciplina generale. ...103

5.3. La particolarità del regime circolatorio. ...108

6. Gli strumenti finanziari diversi dalle azioni di finanziamento. ...111

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CAPITOLO PRIMO

L’approvvigionamento delle risorse finanziarie

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. I conferimenti. – 3. L’aumento di capitale. – 4. I prestiti sociali. – 5. Il prestito obbligazionario. – 6. Gli strumenti finan-ziari. – 6.1. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.p.a. – 6.1.1. I soci sov-ventori. – 6.1.2. Gli azionisti di partecipazione cooperativa. – 6.2. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.r.l.

1. Introduzione

Le società cooperative, per come configurate nel nostro panorama giuridico, specialmente prima della riforma del diritto societario del 2003, hanno nell’epoca post-industriale scontato un deficit di competi-tività nei confronti delle società lucrative, S.p.a. e S.r.l. in particolar modo.

Le ragioni della scarsa competitività delle società cooperative, spe-cialmente quelle di piccole o medie dimensioni sono da rinvenirsi in particolar modo in due problematiche differenti.

Una prima è inerente al modo stesso di essere della cooperativa, ed alle regole che la governano. Il fatto che la società cooperativa non abbia come scopo principale il lucro, e dunque strutturalmente non sia impron-tata al business, quanto più alla soddisfazione dei bisogni sociali, com-porta come ricaduta che la società, di fronte ad una pluralità di possibili scelte aziendali, spesso non selezionerà quella più efficiente in termini di costi benefici. Questo accadrà per lo più qualora la cooperativa non abbia una compagine sociale strettamente omogenea: soci con bisogni differenti, in connessione con la regola del voto capitario in seno all’as-semblea comporteranno scelte deficitarie in termini di efficienza1.

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1 Questo in particola modo è stato dimostrato da S. ZAMAGNI, Su talune condizioni

di persistenza dell’impresa cooperativa in un’economia di mercato, in Riv. Coop.,

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Il secondo elemento che ha comportato una particolare sofferenza delle società cooperative nel competere entro il mercato, è la costante sottocapitalizzazione a cui sono state esposte. Nelle cooperative, molto più che in altri tipi di società, si è osservato come il rapporto tra i capitali derivanti dall’indebitamento e quelli propri della società ha di gran lunga teso ad essere sbilanciato verso i primi.

Le ragioni per cui questo fenomeno si è verificato sono connaturate al tipo societario di cui si sta trattando: il legislatore, data la funzione “sociale” svolta, ha sempre posto particolari attenzioni, per non dire vin-coli, nei confronti delle partecipazioni sociali, volte ad evitare che vi fosse la preponderanza di alcuni soci su altri, e soprattutto che i soci non perseguissero tanto lo scopo mutualistico, bensì quello lucrativo2.

Una tale situazione finanziaria, la mancanza di mezzi propri da parte della società, ha ricadute molto gravose, comportando nella migliore delle ipotesi un innalzamento deciso dei tassi di interesse da corrispon-dere sui prestiti, e nella peggiore l’interruzione della linea di credito con le banche; ove gli istituti bancari decidano di non concedere credito è messa in dubbio la sopravvivenza della società spesso in modo irrime-diabile3.

Il legislatore conscio della situazione a cui erano esposte le coopera-tive, ha deciso più volte di intervenire, ritoccando e rivedendo i limiti imposti alle partecipazioni sociali.

Tra gli interventi normativi da ricordare, un primo e deciso innalza-mento delle quote sottoscrivibili da ciascun socio è stato previsto, ri-spetto alla originale previsione del codice del 1942, con la legge c.d. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

sociale non siano distribuite in modo simmetrico tra i soci, (e questo è un dato forte-mente realistico) in riferimento ad una pluralità di decisioni che possono essere prese, prevarrà quella che più si avvicini alle preferenze del socio mediano. Questo perché entro una cooperativa i soci tendono a decidere in base a ciò che maggiormente soddi-sfi le loro necessità, anche qualora comporti una scelta inefficiente in termini di costi e benefici. Solo ove le preferenze del socio mediano corrispondano alla scelta più ef-ficiente, la cooperativa tenderà a selezionarla.

2 Le limitazioni accennate saranno trattate nel Cap. I, par. I conferimenti.

3 G. RACUGNO, I nuovi strumenti finanziari delle società cooperative, in Aa. Vv.

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Visentini-bis, n. 72/1983, aprendo così la stagione che Buonocore ha chiamato della “ricapitalizzazione”4. La stessa legge si è poi

preoccu-pata di aumentare la percentuale di dividendo distribuibile per ciascun socio.

Sulla stessa linea direttrice sono mossi gli interventi successivi: dap-prima con la legge n. 59/1992, la quale oltre ad aumentare nuovamente le quote sottoscrivibili dai soci e la misura dei dividendi distribuibili, ha ripreso l’istituto dei soci sovventori dalle mutue assicuratrici e lo ha tra-sportato all’interno delle cooperative, ed ha creato la categoria delle azioni di partecipazione cooperativa sulla base delle azioni di risparmio.

Questo processo legislativo ha visto il proprio culmine con la riforma societaria del 2003, D.lgs. n. 6/2003, ove si è propeso per una decisa apertura delle cooperative verso il mercato del capitale. Il legislatore ha cercato tramite questa riforma di parificare, almeno sulla carta, in quanto a possibilità di recepire forme di finanziamento, sia sotto forma di capi-tale di rischio, che di debito, le cooperative alle S.p.a..

Le cooperative possono dunque oggi ammettere entro la propria com-pagine sociale soci finanziatori, il cui intento è sicuramente quello di realizzare un guadagno che remuneri il proprio investimento, emettere strumenti finanziari, finanche potendo ricorrere al prestito obbligazio-nario.

Si è cercata di creare una disciplina che se da un lato comporta una grande possibilità di scelte in tema di finanziamento, dall’altro vuole preservare le ragioni d’essere della cooperativa, lo scopo mutualistico su tutti, con la conseguenza di un punto di equilibrio forse precario, tra le due esigenze avvertite.

Appare dunque opportuno procedere ad una ricognizione delle varie forme di finanziamento che permettono alle cooperative di esercitare la propria attività di impresa.

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2. I conferimenti

Una prima forma di finanziamento delle società cooperative è ovvia-mente quella derivante dai conferimenti dei soci, i quali vanno a formare il capitale sociale della stessa, e che nel silenzio dell’atto costitutivo de-vono essere effettuati in denaro.

Tratto distintivo di questa forma societaria è la variabilità del capi-tale, ed il legislatore non impone alle cooperative un capitale sociale minimo per la costituzione.

Vari vincoli sono invece posti per quanto riguarda i singoli conferi-menti dei soci, spiegati dall’intento del legislatore di preservare i tratti distintivi della cooperativa.

Sono fissate limitazioni sia minime che massime al valore nominale delle azioni, laddove la società cooperativa adotti la forma della società per azioni, sia limiti massimi alla quota o alla singola partecipazione sociale che ciascun socio può detenere all’interno della società.

In primo luogo, all’art. 2525 c.c. comma primo, si prevede che il va-lore minimo di ciascuna quota o azione non possa essere inferiore a euro venticinque, ed allo stesso modo è previsto che il limite massimo di cia-scuna azione non possa essere fissato ad un tetto superiore ad euro cin-quecento. Se il limite minimo ha lo scopo di permettere che il capitale sociale abbia una consistenza, seppur minima, tale da permettere alla società di iniziare a svolgere la propria attività, la dottrina maggioritaria ha sostenuto che il limite massimo al valore nominale di ciascuna azione abbia la funzione di non impedire la sottoscrizione di azioni da parte di categorie di aspiranti cooperatori non abbienti, venendo altrimenti meno una delle principali funzioni della cooperazione e dello scopo mutuali-stico5.

Sempre all’art. 2525 c.c., comma secondo, viene posto il limite mas-simo alla quota che ciascun socio può detenere, si prevede infatti che: !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

5 G. DI CECCO, Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, a cura

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“nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a centomila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma”.

Questo, da sempre presente e più volte ritoccato, è evidentemente imposto con una duplice finalità: se da un lato si vuole evitare lo snatu-ramento della società, ove infatti un socio detenesse una partecipazione particolarmente rilevante, potrebbe ottenere una remunerazione me-diante gli utili di tipo “capitalistico”, il cui fine corrispondente è quello lucrativo; dall’altro si vuole evitare che si vengano a creare situazioni di squilibrio tra i soci6.

Nelle cooperative con più di cinquecento soci l’atto costitutivo può invece prevedere non tanto una quota massima fissa detenibile da cia-scun socio, bensì percentuale, con il tetto massimo che può essere stabi-lito nel due per cento dell’intero capitale sociale, ex art. 2535 comma 3. Tali limiti per altro non valgono qualora sia una persona giuridica a de-tenere quote o azioni della cooperativa oppure quando il conferimento, stante un’apposita previsione statutaria che preveda tale possibilità, sia costituito da beni in natura o crediti. In quest’ultimo caso, nel silenzio del codice civile, grazie al rinvio generale che l’art. 2519 c.c. fa alla disciplina della società per azioni, si applica il procedimento di stima lì previsto.

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6 Così testualmente la Relazione al codice: “per evitare che in esse si affermi il

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3. L’aumento di capitale

Una seconda modalità con cui le cooperative possono implementare le proprie risorse è rinvenibile nell’aumento di capitale, sia questo di tipo reale che nominale. Circa il primo, parte della dottrina ha dubitato in passato che questo potesse essere effettuato in tale tipo di società, vedendone limiti di compatibilità con la disciplina delle cooperative, vuoi per i requisiti che i potenziali soci debbono possedere per poter divenire tali, vuoi in virtù del fatto che per divenire soci è necessario il placet degli amministratori7.

L’art. 2524 c.c., come riformato, al comma terzo prevede oggi che la società possa deliberare aumenti di capitale con modificazione dell’atto costitutivo rinviando alla specifica disciplina dettata in tema di S.p.a..

A tal proposito si sono posti due interrogativi, in primis quale fosse l’organo competente a deliberare tale aumento di capitale, se l’assem-blea in sede straordinaria o l’organo gestorio, ed infine se fosse possibile riconoscere ai soci cooperatori il diritto di opzione in linea con la disci-plina delle società per azioni.

La maggior parte degli operatori giuridici hanno ritenuto che compe-tente ad adottare questa delibera sia l’assemblea in sede straordinaria, specie in virtù del richiamo che l’art. 2524 comma 3 compie agli artt. 2438 e ss.. La competenza degli amministratori non sarebbe giustificata quando l’aumento di capitale è deliberato in funzione di un incremento delle risorse societarie, non riguardando questo lo scopo mutualistico ed il conseguente corollario della porta aperta.

Più dubbio rimane invece il dettato del terzo comma dell’art. 2524 nella parte in cui richiama, per la procedura in esame, una “modifica-zione dell’atto costitutivo”; non si vede perché, in virtù della variabilità del capitale, ed in assenza dunque nell’atto costitutivo dell’indicazione dell’ammontare dello stesso, tale delibera debba comportare questa mo-difica. Non è possibile altresì sostenere che la modificazione in esame !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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sia quella relativa all’indicazione, contenuta nell’atto costitutivo, della quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, riferendosi questa esclu-sivamente ai soci fondatori della cooperativa.

Per quanto riguarda il diritto di opzione, questo è oggi espressamente riconosciuto dall’ultimo comma dell’art. 2524 c.c., nella parte in cui pre-vede che l’assemblea possa limitarlo od escluderlo su proposta motivata degli amministratori.

La precedente dottrina aveva dubitato della applicabilità di tale diritto alle cooperative: secondo questi autori8 lo scopo mutualistico sarebbe

incompatibile con il diritto di opzione, che rappresenterebbe l’interesse, lucrativo appunto, di ciascun socio a vedere inalterato il proprio peso all’interno dell’assemblea. Ciò non toglie che un tale interesse possa esi-stere, e giustificarsi anche nelle società cooperative, i soci cooperatori, seppur mossi dallo scopo mutualistico e titolari (a meno che non siano persone giuridiche) indipendentemente dal numero di azioni possedute di un solo voto, possono legittimamente voler mantenere inalterata la propria posizione all’interno dell’assemblea: tanto più infatti si amplia la compagine sociale, tanto meno il singolo voto del socio cooperatore avrà valore.

Allo stesso modo la società può implementare i mezzi propri tramite un aumento nominale di capitale, imputando a capitale sociale utili non ancora distribuiti, riserve di capitale divisibili (art. 2545-quinquies c.c.), anche formate da l’eventuale sovrapprezzo che i nuovi soci cooperatori paghino al momento della sottoscrizione delle azioni, finanche potendo decidere di distribuire i ristorni mediante l’emissione di nuove azioni o aumentando proporzionalmente le quote sottoscritte da ciascun socio, ex art. 2545-sexies c.c..

Due i peculiari aspetti da sottolineare in questo caso: in primo luogo, la legge espressamente prevede che nelle suddette ipotesi di aumento di capitale, possano essere superati i limiti massimi alla quota sottoscritta !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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da ciascun socio o al numero di azioni detenute, nella misura massima del venti per cento rispetto al valore originario (art. 2545-quinquies comma 3, lettera b)). Da evidenziare come nel silenzio del legislatore riformista, sembrerebbe che l’ipotesi in cui la rivalutazione sia compiuta imputando a capitale sociale una quota di utili di esercizio, sia ancora regolata dall’art. 7 l. n. 59/19929, ove si prevede che i limiti suddetti

possano essere superati nella misura massima delle variazioni dell’in-dice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, così come calcolato dall’ISTAT.

In secondo luogo, per le società cooperative a mutualità prevalente è presente qualche peculiarità, derivante dalle particolari attenzioni che l’art. 2514 c.c. riserva ai soci cooperatori e alle riserve. Anticipando una distinzione che verrà poi ripresa infra10, è opportuno dire che ove siano presenti soci finanziatori, il capitale sociale può essere idealmente diviso in due sottotipi: il capitale di cooperazione, che fa riferimento ai confe-rimenti dei soci cooperatori, e il capitale di finanziamento, che viceversa fa riferimento a quelli dei soci finanziatori. Orbene, il divieto posto dall’art. 2514 comma 1, lettera c), di distribuire le riserve tra i soci coo-peratori, comporta per tali società l’impossibilità di computare le riserve a capitale di cooperazione. Non lo stesso si può dire per quello di finan-ziamento, che può essere implementato utilizzando riserve, apposita-mente create e divisibili, emettendo così nuove azioni di finanziamento. Allo stesso modo sembra corretto poter affermare che stante il divieto posto dalla lettera a) del medesimo articolo, non è possibile computare a capitale sociale di cooperazione una quota di utili superiore a quelli distribuibili.

L’aumento nominale può essere compiuto stante un’apposita clau-sola statutaria che autorizzi l’assemblea (art. 2545-quinquies lett. b)). Data la generica indicazione che gli artt. 2545-quinquies e 2545-sexies !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

9 G. DI CECCO, Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, op. cit.,

pag. 494.

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fanno all’assemblea, è stato ritenuto dalla dottrina11 che competente sia

l’assemblea in sede ordinaria. A tale organo compete infatti la decisione circa la destinazione degli utili e delle riserve disponibili in sede di ap-provazione di bilancio, e questa scelta si muove in continuità con la di-sciplina delle società per azioni, ove è l’assemblea ordinaria sempre competente ad adottare tali delibere.

Se è vero che agli artt. 2545-quinquies e 2545-sexies il codice espres-samente fanno riferimento ad un aumento proporzionale delle quote sot-toscritte o all’emissione di nuove azioni, lo stesso non può dirsi per l’art. 7 l. n. 59/1992, intitolato “rivalutazioni di quote o azioni”. Questo sem-bra rendere possibile che l’aumento nominale di capitale sociale possa avvenire anche mediante la rivalutazione del valore nominale delle azioni: se ciò è vero, in tal caso alla decisione dell’assemblea ordinaria in sede di approvazione di bilancio, deve seguire anche quella dell’as-semblea straordinaria che vada a modificare l’atto costitutivo nella parte in cui si indica il valore nominale delle azioni di cooperazione12.

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11 Tra gli altri, A. BASSI, Le società cooperative, op. cit., pag. 229, e E. CUSA, Il

socio finanziatore nelle cooperative, Milano, Giuffré, 2006, pagg. 240-246.

12 G. RAGAZZINI, Aspetti e problemi della nuova legge sulle cooperative, in

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4. I prestiti sociali

Le cooperative, ad eccezion fatta di quelle che svolgono attività fi-nanziaria, possono intercettare capitali mediante i c.d. prestiti sociali, forma a cui spesso si ricorre per ampliare le risorse proprie. I prestiti sociali consistono in un apporto di capitale rimborsabile da parte dei soci, rispetto al quale vi è solitamente la corresponsione di interessi da parte della società. I prestiti sociali, oltre che essere riservati ai soli soci, e non sottoscrivibili dunque dal pubblico, si differenziano dalle obbli-gazioni anche perché prevedono generalmente una scadenza a breve o medio termine.

Per poter procedere ad una simile raccolta, che non può avvenire me-diante l’emissione di strumenti finanziari, all’interno dello statuto della società deve essere inserita un’apposita previsione che indichi la possi-bilità che la cooperativa ricorra a tale prestito.

La disciplina, prevede che la raccolta del prestito sociale sia stretta-mente funzionale al perseguimento dell’oggetto o dello scopo sociale. Tale forma di raccolta può essere svolta oggi anche con i neo-soci, con-dizione minima è infatti l’iscrizione nel libro soci, innovandosi così la precedente disposizione che al contrario prevedeva come requisito che l’iscrizione fosse avvenuta da almeno tre mesi.

Fino alla legge di bilancio 2018 (l. n. 205/2017) le cooperative con più di cinquanta soci potevano raccogliere prestiti per un massimo del triplo del patrimonio netto (formato da capitale sociale, riserve e utili non ancora distribuiti) ex par. 3 Sez. V. delibera n. 584/2016 Banca d’Italia (previsto anche nella delibera n. 1058/2005 del C.I.C.R.).

Qualora poi il complesso dei prestiti sociali fosse stato assistito per almeno il 30% da una garanzia rilasciata da banche, intermediari finan-ziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 106 TUB, o imprese di assicu-razione, il limite poteva raggiungere il quintuplo del patrimonio netto.

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Lo stesso si poteva dire ove la cooperativa aderisse ad uno schema di garanzia il quale prevedesse un rimborso ai soci pari almeno al 30%13.

Per le cooperative con meno di cinquanta soci non era previsto al contrario nessun limite. L’intervento della legge n. 205/17 ha rimosso tale distinzione, ed inoltre ha previsto limiti più stringenti per i prestiti sociali.

Il limite massimo della raccolta rimane fissato al triplo del patrimo-nio netto, non potendo più le cooperative arrivare a raggiungere il quin-tuplo dello stesso. È previsto adesso che qualora la società abbia debiti nei confronti dei soci superiori ad € 300.000, e questi risultino superiori al patrimonio netto, il complesso dei prestiti deve essere garantito al-meno nella misura del 30% da una garanzia reale o personale. Sullo schema precedente, possono rilasciare le garanzie i soggetti vigilati, la società può aderire ad uno schema di garanzia che assicuri il rimborso di almeno il 30% dei prestiti sociali, o costituire patrimonio separato secondo il dettato dell’art. 2436 c.c.. È infine previsto che quando un simile ricorso all’indebitamento verso i soci assuma un significativo ri-lievo in valore assoluto o superi il limite del doppio del patrimonio netto come risultante dall’ultimo bilancio di esercizio, la cooperativa debba adottare modelli organizzativi e procedure per la gestione del rischio, delineati dal C.I.C.R..

Per stimolare tale forma di finanziamento, esiste un regime fiscale agevolativo sugli interessi che la cooperativa corrisponde ai soci, qua-lora ricorrano due condizioni. In primo luogo si devono rispettare i limiti

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13 Così il par. 3.1 Sez. V. delibera n. 584/2016 Banca d’Italia: “Gli schemi di garanzia

dei prestiti sociali devono essere promossi dalle associazioni di categoria ovvero di-rettamente dalle cooperative interessate, eventualmente nell'ambito di iniziative di tipo consortili.

In ogni caso, gli schemi sopra indicati prevedono il rimborso dei prestiti effettuati dai soci in una misura almeno pari al 30 per cento”.

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massimi individuali al deposito di ciascun socio, previsti all’art. 13 lett. a) d.p.r. n. 601/1973, così come modificati dall’art. 10 l. n. 59/1992, e come rivalutati sulla base dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT, che sono per il triennio 2016-2018 di € 73.054 per le coo-perative edilizie di abitazione, di produzione e lavoro, e per quelle agcole, e di € 36.527 per le altre cooperative. La seconda condizione ri-guarda il limite massimo della remunerazione di tali prestiti, che non può essere superiore a 2,5 punti rispetto al valore massimo degli inte-ressi corrisposti per i buoni fruttiferi postali. Da notare come quasi tutte le cooperative finiscano per rendere questi limiti vincolanti, impedendo ai soci di sottoscrivere quote maggiori ove aderiscano al prestito sociale.

L’ultima novità rilevante in materia inserita con la l. n. 205/2017 è quella che rende inapplicabile a questa forma di finanziamento, ove la cooperativa abbia adottato la forma di società a responsabilità limitata, l’art. 2467 c.c., il quale impone una postergazione del rimborso del fi-nanziamento dei soci verso la società, rispetto alla soddisfazione dei cre-ditori sociali nel caso in cui una S.r.l. fallisca.

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5. Il prestito obbligazionario

Fino al 1998 per le società cooperative era dubbia la possibilità di emettere obbligazioni. In assenza di ogni disciplina legislativa che per-mettesse espressamente a tali società il ricorso a tale forma di finanzia-mento, era stata la dottrina a prendere posizione, propendendo maggior-mente per la soluzione negativa14.

La legge n. 448/1998 ha posto fine al dibattito, prevedendo all’art. 58 che le cooperative siano legittimate ad emettere obbligazioni, e rimet-tendo ad una successiva delibera del CICR i limiti ed i criteri di emis-sione.

Il CICR è intervenuto dapprima nel 1999 disponendo che il limite quantitativo massimo all’emissione fosse pari al capitale versato e alle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tale limite si muoveva in una linea di continuità con la rispettiva previsione in tema di S.p.a., la quale prevedeva all’art. 2412 c.c. come limite massimo il capitale ver-sato ed esistente.

Se non che per le seconde il D.lgs. n. 6/2003 ha ampliato di non poco il limite all’emissione, fissandolo con il novellato art. 2412 nel doppio della cifra risultante dalla somma del capitale sociale, della riserva le-gale e di quelle disponibili.

Ci si è quindi chiesti se anche in tema di cooperative si dovesse ap-plicare la disciplina del tipo azionario o se invece si dovesse far riferi-mento alla delibera del 1999. Il regnante clima di incertezza ha portato il CICR ad intervenire una seconda volta, nel 2005, stabilendo che per le cooperative, il limite quantitativo all’emissione è quello previsto dall’art. 2412, anche se costituite in forma di società a responsabilità limitata (art. 3 comma 2 Delibera CICR 1058/2005).

Questo richiamo alle coop. S.r.l. è da considerarsi quanto mai ambiguo, dato che a queste è preclusa la possibilità di ricorrere al prestito !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

14 Su tutti, A. BASSI, Le società cooperative, op.cit., pag. 239, e V. BUONOCORE,

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obbligazionario. Questo sottotipo di cooperativa può emettere esclusi-vamente titoli di debito15, la cui sottoscrizione è riservata ad investitori

qualificati. Se da un lato è vero che le obbligazioni sono una fattispecie tipizzata, del più ampio genere “titolo di debito”, dall’altro è vero anche che seguono la relativa disciplina dettata in tema di S.p.a., che non pre-vede per l’appunto l’offerta in sottoscrizione agli investitori qualificati. Orbene, ammettere dunque che le cooperative a responsabilità limitata possano emettere sia obbligazioni che titoli di debito, che possono avere il medesimo contenuto delle prime, ma che in virtù del nomen iuris dif-ferente vedano limitata la platea soggettiva dei primi sottoscrittori risul-terebbe fuorviante. Si deve concludere dunque che il richiamo che la delibera del CICR compie sia frutto di una disattenzione e non della vo-lontà di permettere questa tipologia di emissione.

Si applicano per il resto, alla coop. S.p.a., le disposizioni che il codice prevede in tema di S.p.a., per cui anche per le cooperative è possibile emettere diverse tipologie di obbligazioni (tra le quali rientrano le po-stergate ex art. 2411 comma 1 e le partecipanti ex art. 2411 comma 2), ed è prevista la costituzione dell’assemblea degli obbligazionisti (art. 2415). La competenza ad emettere obbligazioni salvo diversa previsione statutaria o legislativa, è affidata dall’art. 2410 c.c. al consiglio di am-ministrazione.

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15 Il discorso verrà sviluppato nel paragrafo Gli strumenti finanziari nella

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6. Gli strumenti finanziari

Riprendendo qui il discorso già affrontato supra16, è opportuno dare

innanzitutto uno sguardo introduttivo alla legge delega n. 366 del 2001, con la quale il legislatore ha posto le premesse per la riforma introdotta successivamente con il D.lgs. n. 6/2003.

Il discorso che interessa può muoversi in un duplice senso, da una parte andando a vedere le novità introdotte in tema di strumenti finan-ziari così come disciplinate per le S.p.a., dall’altro andando a vedere come il legislatore abbia voluto innovare in tema di cooperative.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’art. 4 comma 6 lett. c) della citata legge, prevede per le S.p.a. la possibilità di ricorrere all’emissione di strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi, con il fine di-chiarato di agevolare il ricorso al mercato di capitale, segno evidente di un interesse del legislatore ad intervenire per rendere più competitive ed efficienti le società per azioni.

Abbassando lo sguardo in riferimento al tema che qui è trattato, è l’art. 5 che risulta rilevante in un duplice senso: si riafferma l’applica-zione, in quanto compatibili, delle norme dettate in tema di società per azioni alle cooperative, specificando “a cui partecipano soci finanziatori o che emettono obbligazioni”, e si prosegue affermando che “la disci-plina dovrà assicurare ai soci finanziatori adeguata tutela”. La lettera seguente (lett. b), comma 2, art. 5) impone al governo di “prevedere, al fine di incentivare il ricorso al mercato dei capitali (…), la possibilità, i limiti e le condizioni di emissione di strumenti finanziari, partecipativi e non partecipativi”.

Il legislatore delegante ha quindi deciso di muoversi in due direzioni, rafforzando la possibilità di ricorso al mercato del capitale da parte delle società per azioni, ed estendendo tale disciplina alle società cooperative, stante gli infruttuosi sforzi compiuti con la l. n. 59/1992 che aveva pre-veduto i soci sovventori e le azioni di partecipazione cooperativa. Dal !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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testo della legge appare evidente come si siano volute introdurre solu-zioni per permettere alle cooperative di poter competere all’interno del mercato con le altre tipologie di società di capitali; che il legislatore de-legato ha poi recepito disciplinando per le cooperative che siano costi-tuite in forma di S.p.a. l’emissione di strumenti finanziari, e quella di titoli di debito per le cooperative S.r.l.17.

6.1. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.p.a.

Una volta visti gli intenti del legislatore delegante, sembra necessario in prima battuta, guardando la riforma del 2003, ricostruire la nozione di strumento finanziario cooperativo. L’art. 2526 c.c. è il perno su cui si basa questa disciplina, ed al primo comma prevede che le cooperative possano emettere strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per gli stessi nelle società per azioni.

Dato tale rinvio l’operatore giuridico potrebbe essere portato a rite-nere che vi sia una coincidenza tra le due nozioni che si richiamano nelle relative sezioni codicistiche; ciononostante è possibile affermare con re-lativa certezza che la nozione di strumento finanziario dettata in tema di società per azioni non abbia il medesimo perimetro di quella dettata per le cooperative.

Nella S.p.a. tale nozione è utilizzata allo scopo principale di indivi-duare mezzi di finanziamento che siano al contempo diversi da azioni ed obbligazioni. Il primo dato di cui si deve dar conto è l’art. 2346, comma 6, c.c., che disciplina la possibilità di emissione di strumenti fi-nanziari forniti di diritti patrimoniali o anche amministrativi, a seguito dell’apporto da parte di soci o terzi anche di prestazione d’opera o ser-vizi. Un simile apporto non può essere, per definizione, oggetto di con-ferimento; ne deriva la profonda differenza con le azioni, con l’ulteriore conseguenza che questo non possa essere imputato a capitale sociale. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

17 La distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e non, è irrilevante ai fini della

possibilità di emettere strumenti finanziari, con i limiti di cui all’art. 2514, lett. b), c.c. per le prime.

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La differenza degli strumenti finanziari risulta chiara anche in riferi-mento alle obbligazioni, ove sono permessi solo apporti in denaro, escludendosi quelli in natura, e a maggior ragione quelli d’opera.

Gli strumenti finanziari sono poi disciplinati dall’art. 2349, comma 2 c.c., ove si prevede che sia possibile assegnarli ai prestatori di lavoro della società. In entrambi i casi è premura del legislatore sottolineare come sia esclusa la possibilità di attribuire ai sottoscrittori il diritto di voto in assemblea. Ciò che a tali strumenti, secondo quanto disciplinato dall’art. 2351, comma 4 c.c., è possibile attribuire, è il diritto di voto su specifici argomenti tassativamente indicati, e può essere riservata ai sot-toscrittori la nomina di un componente indipendente del C.d.A., del con-siglio di gestione o di un sindaco. La possibilità di attribuire diritti am-ministrativi è un ulteriore tratto distintivo che distingue tali fattispecie dalle obbligazioni, a cui è sconosciuta tale facoltà.

Gli strumenti finanziari che seguono la disciplina fin qui elencata sono i c.d. strumenti finanziari partecipativi, ad essere sottoscritto è in-fatti capitale di rischio.

Diversa è invece la conclusione rispetto a quelli di cui all’art. 2411 ultimo comma (c.d. non partecipativi), i quali seguono la disciplina delle obbligazioni, vedono condizionati i tempi e il rimborso all’andamento economico della società (dando così per implicito che vi sia un vero e proprio diritto al rimborso, non previsto per gli strumenti del primo tipo), e sono soggetti ai limiti all’emissione previsti dall’articolo succes-sivo in materia obbligazionaria.

Portate in rassegna, seppur brevemente, le norme in tema di S.p.a., è opportuno segnalare quali siano i tratti distintivi della materia per come disciplinata nelle cooperative. L’art. 2526 prevede la possibilità che gli strumenti finanziari cooperativi permettano a chi ne è titolare di eserci-tare il diritto di voto all’interno dell’assemblea generale, da qui, una prima e radicale differenza che sostanzia i due tipi.

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Una seconda differenza che intercorre tra le due nozioni è inserita all’art. 2526 comma 3, ove si prevede che i sottoscrittori degli strumenti finanziari forniti di diritto di voto possano esercitare il diritto di recesso secondo la disciplina dettata in tema di S.p.a. agli art. 2437 ss.. Questo rinvio appare rilevante, dal momento in cui tale forma di recesso nella S.p.a. è riservata ai soli azionisti, non facendone menzione la disciplina dettata in tema di strumenti finanziari.

Date queste due premesse è possibile affermare logicamente come la nozione applicabile alle cooperative sia più ampia della gemella per le società lucrative, tant’è che si ritiene che questa all’interno del sistema cooperativo abbracci diverse tipologie di mezzi per l’approvvigiona-mento finanziario, ed anzi, tutte le tipologie che siano diverse dalle azioni di cooperazione18: le c.d. azioni di finanziamento19, le

obbliga-zioni, ed altri strumenti finanziari ibridi, il cui contenuto è rimesso quasi interamente allo statuto sociale, lasciando così nella disponibilità dei soci la possibilità di modellarli secondo le esigenze, vuoi sotto il punto di vista dei diritti patrimoniali, vuoi di quelli amministrativi, se non con i limiti impliciti ricavabili dalla legge.

La conclusione di cui sopra fa allora da punto di partenza ad un’altra annosa questione, che ha visto la dottrina divisa a metà senza forse po-tersi rinvenire al suo interno una corrente maggioritaria; e cioè se all’in-terno degli strumenti finanziari così come delineati, ve ne possano es-sere tipologie per cui, l’apporto del sottoscrittore, sia qualificabile come conferimento, da imputarsi a capitale sociale, vedendosi così create vere e proprie azioni, che riconoscano lo status socii, che affiancano all’in-terno della cooperativa le azioni sottoscritte dai soci cooperatori.

È necessario per poter risolvere la questione far nuovamente riferi-mento agli articoli sopra citati. Se è vero che partendo da quelli è possi-bile ricostruire la nozione di strumento finanziario cooperativo, a !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

18 G. PRESTI, Gli strumenti finanziari di società cooperative, in Aa. Vv., Scritti in

onore di Vincenzo Buonocore, op. cit., pag. 3531.

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maggior ragione è possibile dimostrare che all’interno di queste società l’autonomia statutaria, accanto alle azioni cooperative, può crearne al-tre: le azioni di finanziamento (o lucrative20).

L’art. 2526, comma 3, c.c., prevedendo la possibilità che ai sottoscrit-tori di strumenti finanziari sia attribuito il diritto di voto nell’assemblea generale, fa implicito riferimento alla possibilità che la cooperativa emetta azioni, la cui titolarità è riservata a soci che non hanno interesse allo scambio mutualistico, bensì che intervengono come finanziatori della società.

Non si potrebbe concludere diversamente, non si vede come, chi non sia socio, possa intervenire su ogni questione entro l’assemblea, e questo dato è supportato dalla disciplina del tipo azionario, a cui gli artt. 2519 e 2526 c.c. fanno rinvio, che specificamente esclude per i possessori de-gli strumenti finanziari (per come lì delineati) una simile partecipazione alla vita societaria.

Non coglie il punto l’obiezione di chi ritiene che di soci non si possa parlare, in quanto, i limiti imposti al loro diritto di voto (il legislatore ha infatti premura di specificare che a tali soci non possono essere attribuiti più di un terzo dei voti spettanti ai soci presenti in assemblea), impor-rebbero tali sottoscrittori “ad assumere un ruolo di minoranza sia nell’assemblea che negli organi decisionali21, senza interferenze nella

governance ed effettivi poteri di condizionamento nella vita della coo-perativa”22.

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20 Così chiamate da R. COSTI, Gli strumenti finanziari nelle nuove cooperative:

pro-blemi di disciplina, in Aa. Vv., Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, op. cit., pag.

2212.

21 In quanto l’art. 2542, comma 4, c.c., impone che i sottoscrittori di strumenti

finan-ziari, ove gli attribuito il diritto di eleggere i membri del consiglio di amministrazione, non possano comunque nominare più di un terzo dei componenti dello stesso.

22 Così testualmente G. RACUGNO, I nuovi strumenti finanziari delle società

coope-rative, in Aa. Vv., Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, op. cit., pagg. 3581-3582.

Della stessa opinione A. BASSI, in La riforma del diritto societario. Commento ai

D.lgs. 5-6 del 17 gennaio 2003, a cura di V. Buonocore, Torino, Giappichelli, 2003,

secondo cui si è soci solo se si è portatori di un interesse mutualistico. In questo modo giocoforza non si riconosce lo status di socio al finanziatore, portatore di un interesse altro rispetto a quello mutualistico.

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Una tale limitazione è del tutto compatibile con l’attribuzione ai sot-toscrittori dello status socii, è semplicemente resa necessaria in virtù del tipus societario di cui si sta trattando; se da un lato il legislatore cerca di facilitare in ogni modo possibile la raccolta di capitale in un’ottica di rendere tali società più efficienti, dall’altro lo scopo mutualistico che le caratterizza rende obbligatoria la prevalenza dei soci cooperatori, ed un loro maggior peso nelle decisioni caratterizzanti la vita assembleare, senza però poter arrivare alla conclusione che da questa derivi l’esclu-sione della qualifica di socio.

Ulteriore elemento a favore di ciò che si sta cercando di dimostrare è dato dall’art. 2525, comma 4, c.c., il quale nel porre una deroga ai limiti massimi di azioni sottoscrivibili da ciascun socio ha premura di sottoli-neare come gli stessi non si applichino ai sottoscrittori di strumenti fi-nanziari dotati di diritti di amministrazione. Ove qui il legislatore non volesse far riferimento agli azionisti di finanziamento l’inciso non avrebbe evidentemente senso; i sottoscrittori degli strumenti finanziari diversi da questi non si caratterizzano per un rapporto societario, rima-nendo esterni alla società stessa: non vi sarebbe necessità di alcuna pre-mura da parte del legislatore nel dover specificare la deroga a tali li-miti23.

Ancora gli articoli 2526, comma 3, e 2545-decies, ultimo comma, c.c., rafforzano questa tesi.

L’art. 2526 comma 3, disciplinando una simile modalità di recesso, chiaramente fa riferimento ad un titolo azionario. Non si vedrebbe altri-menti come chi sia sottoscrittore di uno strumento finanziario diverso possa recedere ai sensi degli artt. 2437 e ss. c.c., i quali disciplinano il recesso degli azionisti nella S.p.a..

Allo stesso modo è possibile far riferimento all’art. 2545-decies, il quale prevede che ove la cooperativa deliberi la trasformazione in so-cietà lucrativa, gli strumenti finanziari con diritto di voto si convertano !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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in partecipazioni ordinarie. Nel momento in cui viene meno lo scopo mutualistico, viene meno la differenza tra le due tipologie di soci, ed entrambi verranno da quel momento equiparati; ma a chi è così discipli-nato non può che inevitabilmente essere riconosciuta la qualità di so-cio24.

Va inoltre sottolineato come sembra aver aderito a questa tesi anche il legislatore stesso, non tanto direttamente incidendo sulle norme pre-senti all’interno del codice civile, ma con le riforme portate avanti in tema di banche di credito cooperativo. In primis nel 2009 con la legge finanziaria (l. n. 191/2009), e successivamente modificando il Testo unico Bancario (d.lgs. 385/1993) nel 2014 e nel 2016, il legislatore ha previsto che le banche suddette, al ricorrere di determinate condizioni, possano emettere le “azioni di finanziamento di cui all’articolo 2526”. Questa indicazione è da leggersi nel senso che gli strumenti finanziari di cui all’art. 2526 non devono ridursi alle sole azioni di finanziamento, ma che tra questi sicuramente tali azioni rientrano.

Riassumendo quanto finora detto si è arrivati alle seguenti conclu-sioni: in primo luogo, la nozione di strumento finanziario come deli-neata nel Titolo VI, Libro V, del codice è più ampia della rispettiva per le società per azioni; questo perché oltre che comprendere gli strumenti finanziari che le società per azioni possono emettere, comprende sia le azioni di finanziamento che le obbligazioni.

In virtù poi dei rinvii, sia quello generale previsto dall’art. 2519 c.c., (salvo il limite della compatibilità lì previsto), sia quelli specifici richia-mati nei vari articoli, si arriva alla conclusione che parte degli strumenti finanziari cooperativi, laddove essi riconoscano il diritto di voto, siano

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24 Per dovere di completezza pare opportuno sottolineare come l’art. 2526, c.c., faccia

nel titolo esplicito riferimento ai soci finanziatori, anche se poi il codice non utilizza più tale espressione. Da notare inoltre come la legge delega che ha guidato il legislatore nella riforma del 2003, l. n. 366/2001, avesse operato la divisio tra soci cooperatori e soci finanziatori.

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azioni e dunque l’apporto25 del sottoscrittore sia un conferimento

impu-tabile a capitale sociale26.

Ciò non toglie che sia possibile che vengano emesse azioni di finan-ziamento sprovviste del diritto di voto, vuoi in conformità con quanto previsto in seno alla disciplina della S.p.a. con l’art. 2351 che prevede la creazione di azioni senza diritto di voto o con voto limitato, vuoi con quanto già dettato in tema di cooperative dall’art. 4 l. n. 59/1992 che disciplina le azioni di partecipazione cooperativa, tra l’altro espressa-mente non abrogate dalla riforma del 2003.

In questo caso, in assenza del diritto di voto il socio finanziatore deve obbligatoriamente vedersi riconosciuto un nucleo minimo di diritti am-ministrativi da poter esercitare27.

Sorge un’ulteriore questione che è opportuno esaminare in riferi-mento al capitale sociale delle cooperative, così come composto dagli apporti dei cooperatori e dei finanziatori.

Una parte della dottrina ha ritenuto che la presenza di soci finanzia-tori comporti una divisione del capitale sociale della cooperativa in due sottotipi: da una parte il capitale cooperativo, dall’altra quello di finan-ziamento.

Il capitale di finanziamento a sua volta può essere suddiviso a se-conda della tipologia di azioni che la cooperativa decida di emettere: azioni lucrative, azioni di sovvenzione ed azioni di partecipazione !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

25 Con la precisazione che, ovviamente, in questo caso l’apporto conferibile dovrà

ne-cessariamente consistere in denaro, beni in natura o crediti, non potendo conferirsi una prestazione di opera o servizi, come sottolineato da R. COSTI, Gli strumenti finanziari

nelle nuove cooperative: problemi di disciplina, in Aa. Vv., Scritti in onore di

Vin-cenzo Buonocore, op. cit., pag. 2220.

26 Non è dunque condivisibile l’opinione intermedia (Cfr. R. COSTI, Ivi) secondo cui

è l’autonomia statutaria a decidere se, dato uno strumento finanziario dotato di diritto di voto, l’apporto sia imputabile a capitale sociale (e quindi sia un’azione) o vada sem-plicemente ad aumentare il patrimonio netto (essendo uno strumento finanziario par-tecipativo).

Questo costituirebbe un unicum in riferimento alle cooperative che alla luce della di-sciplina elencata non trova giustificazione. La legge non permette all’autonomia pri-vata di derogarle in questo caso, ove si attribuisca un diritto di voto “pieno”, il titolo è di tipo azionario.

27 Vedi infra Capitolo II, par. I diritti amministrativi diversi dal voto nelle azioni di

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cooperativa. Le maggiori problematiche a riguardo derivano dalla disci-plina applicabile al capitale di finanziamento così formato.

Alcuni autori28 ritengono che ad esso si debbano applicare le regole

sul capitale dettate in tema di S.p.a., così che, solo per citare alcune re-gole applicabili, questo non solo sarebbe fisso, ma all’interno dello sta-tuto della società dovrebbe esserne anche indicato il valore ex art. 2328 c.c., con le conseguenze ulteriori che ne derivano in tema di perdite e di riduzione al di sotto del limite legale. Secondo detti autori, questo tro-verebbe ragion d’essere in quanto la variabilità del capitale nelle coope-rative è propedeutica alla realizzazione del principio della “porta aperta”; ove quindi vi sia l’emissione di azioni diverse da quelle di coo-perazione, i cui sottoscrittori non abbiano interesse ad intrattenere rap-porti con la società, non potrebbe essere giustificato un simile tratta-mento normativo29.

Attenendosi però ai dati normativi questa visione non sembra con-vincere: il capitale delle cooperative è intrinsecamente variabile, e que-sto è in varie norme ribadito dal legislatore, basti considerare gli artt. 2511 c.c. (il quale espressamente afferma che la cooperativa è una so-cietà con capitale variabile) e 2524 c.c.30. Si può poi aggiungere come

avere due discipline applicabili al capitale sociale, che vedono la propria nascita con funzioni diverse, porta problemi di non poco conto in quanto a compatibilità. La funzione preminente del capitale sociale nelle S.p.a. è quella di fornire una garanzia nei confronti dei creditori della società, e molte delle norme che discendono da questo presupposto sono volte a far sì che il capitale abbia sempre una consistenza tale per cui effettiva-mente svolga tale funzione. La medesima funzione nelle cooperative non è tanto affidata alle norme sul capitale sociale, quanto a norme di-verse, che impongono alla società una particolare attenzione circa la !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

28 Cfr. M. LAMANDINI, Sub artt. 2526-2541, in Commentario alla riforma delle

so-cietà, a cura di G. Presti, Milano, Egea, 2007, pag. 223.

29 G. MARASÀ, Problemi in tema di finanziamento delle cooperative e di

finanzia-mento della cooperazione nella l. n. 59 del 1992, in Riv. Not., 1993, pag. 1121.

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propria gestione, come l’art. 2545-quater che impone alla società un ac-cantonamento obbligatorio del 30% degli utili netti annuali in riserva legale, indipendentemente dall’ammontare che questa abbia raggiunto, e l’art. 2545-quinquies che prevede che la società non possa distribuire utili o riserve divisibili nei confronti dei soci cooperatori, o acquistare azioni o quote proprie qualora il rapporto tra il patrimonio netto il com-plessivo indebitamento sia inferiore ad un quarto. Non è possibile dun-que ritenere applicabile l’art. 2328 comma 2, n. 4 c.c. alle cooperative in virtù della clausola di compatibilità presente nell’art. 2519 c.c.. Anche per il capitale di finanziamento trovano dunque applicazione le regole sul capitale dettate in generale per le cooperative.

Circa la competenza degli organi sociali a deliberare l’emissione di strumenti finanziari cooperativi, si ritiene opportuno riprendere la diffe-renza tra le azioni di finanziamento e gli altri strumenti finanziari.

Le prime come si è dimostrato, vengono emesse nei confronti di un conferimento che va a confluire nel capitale sociale. La procedura da attuare in tal caso è quella dell’aumento di capitale come esplicata su-pra31 con le conseguenze in tema di competenza che ne derivano.

Più complesso il discorso in riguardante l’emissione di strumenti fi-nanziari diversi dalle azioni di finanziamento. Per quanto riguarda gli strumenti finanziari c.d. partecipativi, è necessario fare rinvio alla disci-plina, seppur scarna, del tipo azionario e alle elaborazioni dottrinarie che ne sono seguite. Lo statuto, ex art. 2346 c.c. comma sesto, deve preve-dere le modalità e le condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento, e laddove ammessa, la legge di circolazione. La previsione statutaria non solo deve prevedere il se dell’emissione, bensì anche il quomodo, dovendo decidere i contenuti dello strumento di cui si vuole l’emissione32.

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31 Nel Cap. I., paragrafo L’aumento di capitale.

32 Secondo A. VALZER, Gli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi,

Torino, Utet, 2012, pag. 149, una simile previsione è del tutto coerente con la natura “partecipativa” degli strumenti finanziari di cui si sta trattando. La richiesta di una clausola statutaria, si giustifica in virtù del fatto l’apertura ad una partecipazione di

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Una previsione statutaria di questo genere, se inserita durante socie-tate non può che essere di competenza dell’assemblea straordinaria. Più controversa è invece l’individuazione dell’organo competente a delibe-rare concretamente sull’emissione, essendo incerto se per ogni emis-sione sia necessaria una delibera dell’assemblea straordinaria, o sia suf-ficiente a quel punto una decisione dell’organo gestorio33. Appare

coe-rente ritenere che in prima battuta si debba osservare in che modo lo statuto abbia disciplinato il punto. Nel silenzio del medesimo, ove l’as-semblea abbia deliberato sulle modalità e le condizioni di emissione, è possibile ritenere che entrambi gli organi siano competenti ad adottare la decisione, in virtù di una delega implicita o esplicita verso l’organo gestorio, che dovrà nell’emissione comunque rispettare i vincoli statu-tari precedentemente previsti. Condizione necessaria affinché tale de-lega sia rinvenibile è che nello statuto sia stato previsto “il grado mas-simo di diluizione dei diritti spettanti alle azioni34”.35

Per quanto riguarda gli strumenti finanziari non partecipativi, questi, come affermato esplicitamente dall’art. 2411 c.c., seguono la disciplina del tipo obbligazionario. Dal rinvio se ne ricavano indicazioni anche in tema di competenza all’emissione, che il codice riserva all’organo am-ministrativo, salva diversa previsione statutaria.

Infine, è da compiere un’ultima considerazione in relazione al valore nominale attribuibile alle azioni di finanziamento, e cioè se esse siano comunque sottoposte alla disciplina dell’art. 2525 c.c. comma 1, oppure siano libere da vincoli in tal senso.

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terzi al rischio di impresa, attenga al momento programmatico ed organizzativo della società, che rientra tra le competenze dei soci, essendo questi coloro che beneficiano del risultato ultimo di detta attività.

33 M. CIAN, Strumenti finanziari partecipativi e diritti di voice, Milano, Giuffré, 2006,

pag. 9.

34 Per evitare che si venga a creare una delega in bianco nei confronti degli

ammini-stratori, si deve a monte prevedere fino a che punto i diritti degli azionisti e dei tito-lari degli strumenti finanziari emessi antecedentemente possano essere ridotti in con-seguenza della nuova emissione.

35 In questo senso si è espressa con la Massima n. 163 del 2017 la Commissione

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La risposta è rinvenibile nell’art. 2348 c.c. dettato in tema di S.p.a., che prevede che tutte le azioni debbano avere il medesimo valore. In virtù dell’art. 2519 allora, non essendoci nessuna incompatibilità con le altre norme sulle cooperative, deriva il fatto che le azioni lucrative siano sottoposte all’art. 2525 c.c. e debbano avere il medesimo valore di quelle cooperative36.

6.1.1. I soci sovventori

I soci sovventori sono previsti dalla legge n. 59/1992, la quale all’art. 4 ha introdotto questa tipologia di finanziamento per le cooperative, estendendo ad esse la disciplina dettata per le mutue assicuratrici ai primi due commi dell’art. 2548 c.c.. Stante il fallimento di questa inno-vazione legislativa, dato che più che raramente le cooperative hanno de-ciso di ricorrervi, la riforma del 2003 ha dede-ciso comunque di fare salve queste disposizioni.

È bene precisare come fin dalla loro introduzione siano sorti interro-gativi circa l’effettiva natura da attribuire a tali azioni, e di conseguenza quella da attribuire ai loro sottoscrittori, seppur chiaro sia stato nell’ap-parenza il legislatore, definendole “azioni”.

Una parte della dottrina, il cui autore più rappresentativo è sicura-mente Amedeo Bassi37, ha dubitato che di azionisti si potesse parlare,

ritenendo che i titolari delle azioni di sovvenzione fossero meri finan-ziatori esterni alla società. Non avendo interesse allo scambio mutuali-stico si è ritenuto che nonostante lo status socii che pure la legge effet-tivamente gli riconosce non si potessero in alcun modo equiparare ai soci cooperatori. Il diritto agli utili e alla liquidazione delle azioni, che la legge ad essi attribuisce sarebbero in questa visione un mero artificio, dovendo qualificarsi l’utile come un interesse che i sovventori ricevono sul loro finanziamento (seppur da prelevarsi dagli utili); e il diritto a !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

36 Così E. CUSA, Il socio finanziatore nelle cooperative, op. cit. pag. 176. 37 A. BASSI, Le società cooperative, op. cit., pagg. 174-178.

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vedersi liquidata la propria partecipazione in caso di scioglimento del rapporto come un diritto al rimborso.

Questa ricostruzione non pare esatta, specialmente alla luce del D.lgs. 6/2003. È corretto bensì ritenere come le azioni di sovvenzione, ed an-che le azioni di partecipazione cooperativa, siano species tipizzate del più ampio genus che fa riferimento alle azioni lucrative38. Da ciò ne

de-riva sicuramente una ricostruzione della disciplina più lineare, non do-vendo sostenere che sebbene il legislatore parli di azioni, di soci, di di-ritto agli utili, il tutto sia fittizio39.

Concentrandosi sulla disciplina prevista dall’art. 4, si deve notare come non tutte le cooperative possano ricorrere ai finanziamenti dei soci sovventori; sono escluse da tale possibilità le cooperative edilizie di abi-tazione ed i loro consorzi (art. 4 comma 1), le banche di credito coope-rativo, le banche popolari e le cooperative di assicurazione (art. 21 commi 3 e 8).

Sempre il primo comma prevede che per poter emettere azioni di sov-venzione la cooperativa debba prevedere all’interno del proprio statuto la costituzione di fondi da utilizzare alternativamente per lo sviluppo tecnologico, per la ristrutturazione o per il potenziamento aziendale, for-mati per l’appunto dai conferimenti dei sovventori. Se di conferimenti si tratta, è necessario ritenere come tali fondi si inseriscano all’interno del capitale sociale della cooperativa, essendo una componente dello stesso. Qualche autore si è spinto oltre, affermando che non siano veri e propri fondi autonomi, seppur parte del capitale sociale, ma che il capi-tale così raccolto comporti un vincolo di destinazione40.

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38 E. CUSA, Il socio finanziatore nelle cooperative, op. cit., pag. 30.

39 Così testualmente sempre BASSI, Le società cooperative, op. cit., pag. 177: “Le

azioni dei sovventori, non potendo avere nemmeno il contenuto delle azioni si società, sono in realtà documenti che servono a consentire una più rapida ed agevole cessione del contratto di sovvenzione, e a consentire, soprattutto, l’esercizio dei diritti ammini-strativi spettanti al socio sovventore”.

40 Così R. COSTI, La riforma delle società cooperative: profili patrimoniali e

finan-ziari, in Giur. Comm., 1992: “È necessario precisare che anche i conferimenti dei soci finanziatori non danno vita a fondi separati nell’ambito del patrimonio della società.

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Il secondo comma del suddetto articolo si concentra sul diritto di voto che i soci sovventori possono esercitare all’interno dell’assemblea dei soci, prevedendo come questi non debbano sottostare alla regola che prevede il voto capitario, potendo bensì votare secondo il sistema capi-talistico. Si imponeva comunque una limitazione, non potendo i soci sovventori superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. Da notare che tale limite è oggi superato dalla previsione dell’art. 2526 comma secondo c.c., la quale prevede un diverso metodo, più stringente, di cal-colare la limitazione al diritto di voto, per i soci finanziatori.

Allo stesso modo si deve ritenere che anche il comma terzo, che pre-vede la possibilità di nomina di tali azionisti ad amministratori, stante il limite che la maggior parte degli amministratori siano comunque soci cooperatori, sia oggi implicitamente abrogato in favore del disposto ge-nerale ex art. 2542 comma 4, in ragione di cui ai sottoscrittori degli stru-menti finanziari non può essere riservata la nomina di più di un terzo degli amministratori della cooperativa.

Lo statuto può prevedere condizioni di favore nei confronti dei sov-ventori per la divisione degli utili e per i criteri di liquidazione della partecipazione. Il diritto agli utili non può comunque essere maggiorato rispetto a quello spettante ai soci cooperatori di più di due punti percen-tuali (comma 6).

Le partecipazioni dei soci sovventori sono rappresentate da azioni li-beramente trasferibili, secondo quanto previsto al comma 4. Nonostante tale previsione il legislatore al comma 6 fa riferimento alla possibilità che le stesse siano rappresentate da quote, il che aveva diviso la dottrina tra chi lo riteneva possibile e chi al contrario riteneva che il regime di cui al comma 4 fosse inderogabile. La discussione ha perso di senso dopo la riforma del 2003, in quanto alle cooperative che adottino la !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

L’emissione di quote (o azioni) di sovvenzione è subordinata alla previsione statutaria di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento azien-dale, ma tale previsione non implica la creazione di fondi separati, risolvendosi il vin-colo in un mero dovere della società di utilizzare i relativi apporti per gli scopi statutari previsti per i medesimi”.

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forma della società a responsabilità limitata non è data la possibilità di prevedere soci sovventori, né azionisti di partecipazione cooperativa; con la conseguenza che se emesse da una coop. S.p.a. le partecipazioni dei sovventori non potranno che essere incorporate nei relativi titoli azionari.

6.1.2. Gli azionisti di partecipazione cooperativa

Come i soci sovventori, anche gli azionisti di partecipazione coope-rativa sono stati introdotti grazie alla legge n. 59/1992, che agli artt. 5 e 6 ha fornito la relativa disciplina, prendendo come base le azioni di ri-sparmio dettate in tema di S.p.a..

Questa tipologia di azioni può essere emessa a fronte di una previ-sione statutaria di procedure di programmazione pluriennale finalizzate allo sviluppo o all’ammodernamento aziendale. Anche in tal caso l’ap-porto dei sottoscrittori è imputato a capitale sociale e conferisce agli stessi lo status socii.

Il legislatore ha stabilito il limite massimo di emissione di tali azioni, fissandolo nella misura del valore delle riserve indivisibili o del patri-monio netto come accertato dall’ultimo bilancio approvato dalla società e certificato ai sensi dell’art. 15 l. n. 59/1992.

Le azioni di partecipazione cooperativa si caratterizzano per essere sprovviste del diritto di voto. Come si dimostrerà infra41, dall’attribu-zione della qualità di socio deriva comunque un nucleo minimo di diritti amministrativi che gli azionisti potranno esercitare. Queste debbono es-sere offerte in misura non inferiore alla metà in opzione ai soci (rien-trando tra questi anche i sovventori e gli altri soci finanziatori) e ai di-pendenti della cooperativa. Nel caso in cui i soci cooperatori abbiano già raggiunto il limite previsto dall’art. 2545 c.c., possono comunque sottoscrivere tali azioni superandolo.

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Il regime legislativo prevede ai commi 7 e 8 dell’art. 5 che per tali azioni sia prevista comunque una remunerazione maggiorata del 2% ri-spetto a quella prevista per i cooperatori, e che in caso di liquidazione questi rispetto agli altri soci godano di un diritto di prelazione per l’in-tero valore nominale delle azioni da loro sottoscritte.

L’art. 6 prevede che venga costituita l’assemblea speciale degli azio-nisti di partecipazione cooperativa; ora, a ben vedere, l’art. 2541 c.c. prevede che ogniqualvolta all’interno delle cooperative vengano emessi strumenti finanziari sprovvisti di diritto di voto (tra cui tali azioni rien-trano) si formi la relativa assemblea speciale, che tra l’altro è discipli-nata allo stesso modo di quella degli azionisti di partecipazione. Si può ragionevolmente concludere che l’art. 6 sia stato dunque abrogato im-plicitamente, lasciando spazio ad un’applicazione generalizzata dell’art. 2541, eccezion fatta per il comma 2, che chiama l’assemblea ad emettere un parere motivato sullo stato di attuazione dei programmi pluriennali42.

Il comma sesto dell’art. 5 precisa la disciplina applicabile alla circo-lazione: con lo scopo evidente di facilitarla ed in continuità con la disci-plina delle azioni di risparmio, prevede che ove interamente liberate, le azioni di partecipazione cooperativa possano essere al portatore.

6.2. Gli strumenti finanziari nella cooperativa S.r.l.

Alle cooperative che adottano la forma della società a responsabilità limitata è dedicato il quarto comma dell’art. 2526, il quale stabilisce che possano offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministra-zione solo ad investitori qualificati.

È indubbio che una tale formulazione risulti alquanto sibillina: l’ope-ratore giuridico si trova subito a dover operare una scelta interpretativa; interpretare il quarto comma nel senso che le cooperative S.r.l., ove vo-gliano emettere strumenti finanziari non forniti di diritti di amministra-zione, possano riservare la loro sottoscrizione solamente ad investitori !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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qualificati, potendo invece far sottoscrivere i restanti strumenti ad ogni tipo di investitore, o nel senso che tali cooperative possano emettere solo questa tipologia di strumenti finanziari.

Un secondo problema che si era posto in precedenza, e che poi è stato risolto con la legge n. 9/2014, riguardava il significato da attribuire al dettato “strumenti privi di diritti di amministrazione”. Chiaramente se l’interprete avesse voluto attenersi alla lettera del codice, avrebbe potuto interpretare nel senso che tali strumenti potessero ben essere di tipo “partecipativo”.

Una lettura sistematica, e così poi è stato stabilito dal legislatore con l’intervento sopra ricordato, suggeriva che l’inciso indicasse esclusiva-mente i titoli di debito. Questo primariaesclusiva-mente perché le S.r.l. possono esclusivamente emettere titoli di debito, in forza dell’art. 2483 c.c., che riserva la sottoscrizione ad investitori professionali o sottoposti alla vi-gilanza prudenziale, e l’assonanza che l’art. 2526 ultimo comma ha con questo articolo pare evidente.

A maggior ragione tale dato era suffragato dal fatto che la disciplina delle società a responsabilità limitata si applica in modo residuale alle cooperative S.r.l. così come disposto dall’art. 2519 c.c., sempre che la legislazione specifica non deroghi specificamente o non vi siano limiti di compatibilità. È opportuno dunque qualora residuino degli interroga-tivi fare riferimento alla disciplina “madre”, ed interpretare conforme-mente alla stessa.

Grazie a questo rinvio, si può quindi riprendere il primo interrogativo sopracitato concludendo come non sia permesso alle cooperative S.r.l. emettere strumenti finanziari partecipativi, c.d. di rischio, a fronte del divieto vigente per le società a responsabilità limitata43.

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43 G. PRESTI, Gli strumenti finanziari delle società cooperative, in Aa. Vv., Scritti in

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Si deve osservare come la disciplina dell’emissione dei titoli di de-bito come delineata dall’art. 2483 c.c., risulti applicabile seppur con qualche eccezione alle cooperative in forma di S.r.l..

È innanzitutto l’atto costitutivo della società a dover puntualmente prevedere la possibilità per la stessa di far ricorso ad una tale emissione, e lo stesso deve disciplinare chi, tra i soci e gli amministratori, sia com-petente ad adottare la seguente delibera. Sempre l’atto costitutivo deve determinare gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione.

Il terzo comma dell’art. 2483 c.c. dispone infine che la decisione di emissione debba prevedere le condizioni e le modalità del rimborso del prestito, e che gli amministratori della società debbano procedere alla sua iscrizione presso il registro delle imprese.

Una differenza da registrarsi tra le due discipline è quella presente tra l’ultima parte del sopracitato terzo comma e l’art. 2541 c.c. in tema di cooperative. Se il primo permette che con la delibera con cui si ricorra al finanziamento, la S.r.l. possa prevedere la possibilità di modificare le condizioni e le modalità del prestito, ottenuto il consenso della maggio-ranza dei possessori, permettendo così l’attribuzione “all’autonomia sta-tutaria (del)la competenza per istituire ed eventualmente regolare l’or-ganizzazione comune dei portatori di titoli di debito44”, il secondo

im-pone a tutte le cooperative, sia che queste siano costituite in forma di S.p.a., che in forma di S.r.l., che a fronte dell’emissione di strumenti finanziari privi di diritto di voto, si costituisca l’assemblea speciale di categoria, la quale sarà chiamata a pronunciarsi ex n. 1) comma primo, sulle approvazioni delle delibere assembleari che pregiudichino i diritti della categoria.

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44 G. PRESTI, Gli strumenti finanziari delle società cooperative, in Aa. Vv., Scritti in

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Resta infine da analizzare un ultimo quesito riguardante la natura de-gli investitori qualificati e il regime ad essi applicabile in caso di suc-cessiva circolazione dei titoli di debito emessi dalla coop. S.r.l..

Circa il primo quesito, è da ritenere che la nozione di investitore qua-lificato sia coincidente con quella di investitore professionale sottoposto a vigilanza prudenziale in virtù delle ragioni in precedenza elencate, tra i quali rientrano tra gli altri le banche, le società di intermediazione mo-biliare, le imprese assicuratrici, i fondi pensione e le fondazioni banca-rie.

Va poi aggiunto che l’art. 111-octies delle disposizioni attuative sta-bilisce che per le cooperative sono investitori istituzionali quelli previsti ex legge n. 49/1985, i fondi mutualistici ed i fondi pensioni costituiti da cooperative.

In caso di circolazione del titolo di debito, una volta che questi sia stato sottoscritto da un investitore qualificato, è ancora l’art. 2483 che al comma secondo fornisce la disciplina. Se questi vengono trasferiti a soggetti diversi da quelli puntualmente abilitati a sottoscrivere i titoli, il cedente è chiamato rimborsare il credito in caso di insolvenza della so-cietà.

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