• Non ci sono risultati.

Guarda Il gioco individuale in RSA: tre esempi del potenziale riabilitativo delle attività ludiche

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Guarda Il gioco individuale in RSA: tre esempi del potenziale riabilitativo delle attività ludiche"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

Il gioco individuale in RSA:

tre esempi del potenziale riabilitativo delle attività ludiche

The Individual Game in RCFE

(Residential Care Facilities for the Elderly): three examples

of the rehabilitative potential of ludic activities

ABSTRACT

In nursing homes, ludic activities are often available to guests during the so called “dead” times between medical treatments. Most times, groups en-gaging in such pastimes do so in a purely recreational fashion, with no clear purpose. This approach lacks the pedagogic planning needed to trigger their full potential.

Each of them reported remarkable progress on their psychomotor capabil-ities, but also on their humor.

Even for those diagnosis letting only little expectations of recovery, the game demonstrated its effectiveness to support pharmacological and mo-tor therapies, in line with the work of other specialists. Its importance can-not be ignored anymore.

Nelle Residenze Sanitarie Assistite, le attività ludiche sono spesso presenti grazie all’animazione, durante tempi definiti “morti” tra una cura e l’altra. Spesso vengono condotte in gruppo, come attività di svago e senza alcun obiettivo preciso. Viene così a mancare quella progettazione pedagogica che permetterebbe di farne scaturire tutto il potenziale.

Tutti hanno riportato progressi notevoli a livello psicomotorio e soprattutto dell’umore.

Anche davanti a diagnosi che difficilmente davano possibilità di recupero di alcune capacità, il gioco ha mostrato il suo effettivo supporto alle terapie farmacologiche e motorie, allineandosi con il lavoro degli altri specialisti. L’importanza di tale attività non può più essere trascurata.

KEYWORDS

Education, Game, Elderly, Game Therapy, RCFE. Educazione, Gioco, Anziani, Ludoterapia, RSA.

Yuri Vargiu

Educatore Professionale Yuri.Vargiu@yahoo.com Fo rm a z io n e & I n se g n a m e n to X V I – 2 – 2 0 1 8 IS S N 1 9 7 3 -4 7 7 8 p ri n t – 2 2 7 9 -7 5 0 5 o n l in e S u p p le m e n to

(2)

1 Si tratta di Residenze Sanitarie Assistite, quindi servizi residenziali dedicati alla cura di particolari categorie di pazienti ad elevato bisogno socio-assistenziale.

2 Stato di coscienza creato attraverso l’immersione in una specifica attività.

Introduzione

Nelle Residenze Sanitarie Assistite, le attività ludiche sono spesso presenti grazie all’animazione, durante tempi definiti “morti” tra una cura e l’altra. Spesso ven-gono condotte in gruppo, come attività di svago e senza alcun obiettivo preciso. Viene così a mancare quella progettazione pedagogica che permetterebbe di far-ne scaturire tutto il potenziale.

In questo articolo mostriamo, attraverso tre esperienze con pazienti diversi, come il gioco possa essere utilizzato con scopi prettamente educativi e riabilita-tivi.

Nella presentazione dei casi che seguono, tutti relativi ad ospiti accolti all’in-terno di RSA1, si descrive dapprima il tipo di disagio e successivamente l’effetto

terapeutico e i miglioramenti emersi durante e dopo gli effetti del flow2dovuti al

gioco.

Per gioco, però, non si intende quello comunemente conosciuto, ma piutto-sto la rievocazione del Puer Ludens, cioè “il nucleo d’infanzia simbolica presente nella sensibilità del poeta, dell’attore, del pittore, del funambolo, del giocatore, del guerriero, dell’educatore e anche del bambino” (Antonacci 2012).

Si tratta in questo caso di attività ludiche individuali, nelle quali non è richie-sta la presenza di regole che implichino una collaborazione con altri utenti, ma piuttosto un raggiungimento dell’obiettivo che porti ad utilizzare e ad accresce-re le proprie capacità, sempaccresce-re sotto la supervisione dell’educatoaccresce-re in qualità di

game designer.

1. Primo caso

Il primo ospite è una donna di 88 anni che presenta una forma di Alzheimer e di demenza senile con episodi di violenza verbale e fisica che, quando non scarica-te, portano alla mancanza di appetito.

Si sono verificati episodi in cui ha lanciato oggetti contundenti verso un altro ospite. A seguito di lamentele da parte dei parenti dell’anziano “danneggiato”, al nostro soggetto è stato prescritto di mangiare in un luogo separato; questo prov-vedimento ha contribuito a peggiorare il suo stato mentale.

L’ospite presenta anche fenomeni di cleptomania: nasconde sotto la sua car-rozzina qualsiasi oggetto riesca a prendere, anche pericoloso, come coltelli e for-chette che utilizza durante il pasto, senza un apparente (e sottolineo apparente) schema logico. Una volta presi, li difende con tutta sé stessa, affermando che so-no di sua proprietà.

L’intervento nei suoi confronti è stato di tipo artistico, inizialmente con colo-razione di disegni preconfezionati dai quali si è passati al disegno spontaneo. Tali disegni sono stati successivamente utilizzati per la decorazione del salotto di co-munità o nella costruzione e decorazione di oggetti sportivi (questi ultimi manu-fatti utilizzati nel gioco collettivo).

L’obiettivo è stato quello di verificare il suo miglioramento d’umore attraver-so il gioco, in modo che grazie allo stato di flow riuscisse a sfogare quella rabbia

Y

u

ri

V

a

rg

iu

(3)

repressa che danneggia, in modo abbastanza critico, la sua salute sia fisica che psichica.

Il lavoro è stato svolto in otto mesi, a cadenza regolare circa una volta la set-timana.

Ho potuto osservare quanto sia fondamentale non bloccare mai l’iniziativa del soggetto: deve essere il game designer ad adattarsi alle “regole” che l’ospite sta seguendo in quel momento per l’esecuzione dell’attività, in modo da non in-terrompere lo stato di flow. Per esempio, colorare le lettere del cartello dei “cam-pioni della settimana” facendo dei piccoli cerchi, invece che riempire gli spazi.

Durante l’attività ho potuto osservare una diminuzione del comportamento nervoso, grazie ad una concentrazione massima verso l’operazione che la pa-ziente sta mettendo in atto e che le permette di “abbassare la guardia” e di sfo-garsi parlando dei suoi pensieri. È emerso anche una sorta di “linguaggio” rituale che sembra sostenerla nel completamento dell’attività.

Per concludere l’anziana è uscita dal gioco fiera delle sue produzioni artisti-che artisti-che abbellivano il salotto della struttura.

Queste attività hanno portato ad un generale miglioramento dell’umore, con una drastica riduzione dei suoi attacchi d’ira, arrivando ad avere un rap-porto amichevole con gli anziani a lei vicini; si può leggere come un trasferi-mento del legame acquisito con i suoi compagni di gioco ad un contesto più generale (questo succedeva quando il gioco individuale dinamicamente si tra-sformava in gioco di piccolo gruppo con l’aumentare dell’interesse degli altri utenti).

Sono stati evidenziati miglioramenti, notevoli e inaspettati, anche dal punto di vista delle capacità fisiche che erano state trascurate più per sua scelta che per handicap, difatti in passato aveva abbandonato volontariamente gli sposta-menti a piedi preferendo l’uso della carrozzina. Riporto l’episodio nel quale l’ospite, durante l’attività, si è alzata dalla carrozzina, portandosi dietro anche il catetere, per raggiungere un altro tavolo sul quale erano presenti altri colori. Questo dimostra un forte attaccamento per il gioco, che è in grado di essere una palestra nella quale possiamo superare i nostri limiti, per poi trasferire que-ste capacità nella vita comune. Da questo episodio l’equipe ha potuto riflettere sulle reali possibilità dell’ospite e pensare ad interventi di altra natura, come la fisioterapia.

2. Secondo caso

Il secondo ospite mostrava difficoltà nel collegamento neuronale tra la parola, intesa nel suo pensiero, e la conseguente fuoriuscita attraverso i canali orali. Inoltre presentava dei deficit fisici, entrambi dovuti al manifestarsi di un ictus.

Gli interventi sono stati effettuati ogni volta iniziando con una tabella di let-tere utilizzata come riscaldamento, essendo questa in grado di ripescare le capa-cità apprese nelle attività precedenti. Successivamente sono state formulate del-le domande semplici, cercando attraverso l’umore giocoso di superare i blocchi, anche emozionali, che impedivano la fuoriuscita delle parole e che complicava-no una situazione già abbastanza compromessa. Via via socomplicava-no stati utilizzati pas-saggi sempre più complessi ma adatti alla capacità dell’individuo e a ciò che sono i suoi interessi.

L’attività è durata circa otto mesi con cadenza in alcune fasi giornaliera, e la particolarità migliore di quest’esempio è che il gioco è nato per puro caso. Difatti per cercare di togliere l’anziano dallo stato depressivo verso il quale stava

andan-Il

g

io

c

o

i

n

d

iv

id

u

a

le

i

n

R

S

A

(4)

do, durante l’attività sullo stand3è stata costruita una tabella con disegnato

l’al-fabeto per permettergli di comunicare attraverso l’uso della mano “sana”, otte-nendone un desiderio di sfida da parte dello stesso. Successivamente a ciò e prendendone quindi spunto ho ricostruito la tabella, utilizzando e stampando lettere più chiare. La grande sorpresa è stata che l’anziano ha iniziato a pronun-ciare le lettere in ordine alfabetico leggendole dalla tabella stessa.

Da qui ho iniziato un lungo lavoro attraverso quello che chiamavamo “il gioco della tabella”. Questo ha portato a risultati sorprendenti, ricavati anche da una presa dei dati costante rielaborati statisticamente.

Abbiamo quindi iniziato un lavoro di tipo individuale, nel quale le capacità dell’ospite potevano essere recuperate con la possibilità di sbagliare, senza do-ver affrontare l’enorme sofferenza di vedere la compassione innocente delle al-tre persone quando non riusciva a parlare.

Inizialmente si è lavorato unicamente con l’alfabeto, prendendolo come una sfida verso sé stesso, per poi variare la tipologia di prove. Difatti ogni nuovo au-mento della difficoltà dei testi corrispondeva ad un nuovo livello. Il gioco veniva incominciato ogni volta da capo, cercando di aggiungere un pezzo a dove si era arrivati la volta precedente. Così con il tempo, si è passati dalla lettura in ordine dell’alfabeto ad una lettura casuale delle lettere presenti sulla tabella, fino alla pronuncia di brevi frasi ripetute e successivamente più lunghe.

Un ulteriore livello furono domande di tipo culturale, fondamentali per l’au-mento dell’autostima, in quanto il soggetto in questione era anche molto colto. Questo ha scatenato un impegno ancora maggiore perché di volta in volta, uscendo dalla stanza e testando le sue capacità ritrovate, era in grado finalmente di poter partecipare a discorsi con gli altri ospiti o parenti esprimendo aneddoti interessanti.

Ulteriormente si è passati a domande personali sulla vita che hanno favorito un ulteriore passaggio, cioè quello dei racconti di tipo spontaneo, che rappre-sentavano però una sorta di livello segreto e non esplicito, in quanto non era ri-chiesto espressamente.

Si è arrivati dunque a frasi in inglese e in francese, alla pronuncia dell’alfabeto al contrario e per concludere, alla lettura di testi scientifici abbastanza lunghi.

Ogni step non seguiva un ordine temporale, ma lasciava il giusto tempo al-l’ospite di passare di livello in livello.

È stato necessario nei primi mesi riadattare il gioco per permettere la perma-nenza nello stato di flow, in situazioni in cui le parole non riuscivano a fuoriusci-re, non rispettando quindi la sua intenzione e portandolo alla rabbia. Ciò è stato possibile cambiando domanda per recuperare la sua attenzione, facendogli ca-pire che non ci sarebbe stata nessuna conseguenza davanti ad un fallimento, ma che fosse lecito e normale sbagliare.

Successivamente le sue abilità sono andate sempre in crescendo, e con que-ste anche il suo umore, aumentando la sua resilienza davanti alla difficoltà, in modo tale da permettere l’allungamento della tolleranza e del tempo in cui avere pazienza prima di arrivare alla rabbia a causa della non riuscita pronuncia di una parola, elevando peraltro e soprattutto l’autoironia.

Difatti mentre prima dell’inizio del gioco, il suo stato lo portava ad un’arrab-biatura davanti allo scherzo, dopo di esso ha sviluppato un incredibile senso

Y

u

ri

V

a

rg

iu

3 Macchinario usato in fisioterapia per fare stare in piedi il paziente migliorandone così la circolazione.

(5)

dell’umorismo, tanto che in alcune occasioni si metteva a ridere invece che a par-lare, facendolo apposta a non esprimere nessuna parola e quindi sviluppando la consapevolezza di essere padrone di una capacità che non pensava di avere.

L’attività ha portato ad un forte senso di legame e ad una ritualità nei gesti quotidiani in grado di aumentare esponenzialmente il risultato. Si è venuto a creare un clima di amicizia e di rispetto oltre ad una fiducia quasi incondizionata in chi lo faceva giocare.

Nei periodi di pausa da queste attività è riuscito ad aprirsi a giochi di gruppo e ad altre discipline terapeutiche a cui prima non voleva partecipare, quale ad esempio il passarsi una palla o l’arteterapia.

Possiamo affermare che l’utente ha sviluppato capacità ottime in grado di portarlo vicino alla condizione di un ipotetico ospite “normale”4, dopo

probabil-mente aver notato quanto fosse possibile migliorare anche dopo la malattia, comprendendo che la visione di sé stesso gli appariva peggiore di quel che real-mente fosse. Difatti applicandosi era in grado di partecipare ad ogni tipo di gio-co, anche quello fisico.

Il gioco è andato man mano a diminuire la sua frequenza, pur non essendo mai stato imposto sin dall’inizio ma piuttosto richiesto dall’ospite, che faceva sì che accadesse.

Si è passati da una richiesta di gioco effettuata per la necessità di farsi com-prendere disperatamente da un contesto che lo deprimeva, all’ingresso in uno stato di flow che lo risollevava dandogli un po’ di respiro dalle difficoltà quotidia-ne, finendo poi per essere una necessità ludica di esercizio per “non perderci la mano”.

Da circa il terzo mese in poi non l’ho più visto lamentarsi né essere depresso per la sua condizione, tranne in alcuni rari momenti di solitudine che definirei fi-siologici. Da quel momento quando non parlava era per sua scelta, e nonostante la mia preoccupazione dovuta alla ripresa del gioco dopo un po’ di inattività, riu-sciva sempre a ritornare con molta facilità al livello raggiunto in precedenza, pro-vando di volta in volta un nuovo obiettivo che avevo predisposto.

Oltre a ciò è migliorato in giochi dove la coordinazione mente-corpo era ne-cessaria, come per esempio il tris, la dama e le carte.

Durante le sue attività di arteterapia egli non ha più avuto bisogno di essere spronato dai consigli del terapeuta, ma ha iniziato a sviluppare una capacità di iniziativa, con l’intento di mettersi alla prova in maniera spontanea.

Il grado di interruzione durante la pronuncia delle parole mentre si svolgeva il gioco si è abbassato, arrivando alla fine del percorso ad un 5%, mentre il livello di soddisfazione durante l’intera esperienza è stato alto per il 96% delle volte, ri-sultando nel complesso uno dei più evidenti casi di miglioramento dovuto al-l’umore giocoso dopo essere stato all’interno del flow.

3. Terzo caso

La terza paziente invece è semplicemente residenziale, con una salute tutto som-mato nella norma considerata la sua età (80).

Il

g

io

c

o

i

n

d

iv

id

u

a

le

i

n

R

S

A

4 Con questo termine intendiamo definire un ospite che riesca a partecipare attivamen-te e con giudizio a delle attività senza bisogno di aiuti.

(6)

L’intervento è stato effettuato attraverso la sollecitazione a creare disegni spontanei, oltre alla colorazione fantasiosa e un po’ fuori dagli schemi di disegni preconfezionati. Sono stati inoltre costruiti e decorati materiali utili per il gioco di gruppo e individuale. L’obiettivo attraverso la stimolazione artistica e giocosa era quello di arrivare ad un miglioramento d’umore con crescita costante nel tempo, in grado di migliorare l’autostima, a volte deficitaria, e di mantenere e al-lenare, oltre alla sua memoria, anche la coordinazione occhio-mano.

Sono stati quindi introdotti disegni preconfezionati come nel caso del primo ospite, cercando però questa volta di ridurre la chiusura artistica verso la colora-zione di questi, invogliandola invece a effettuare disegni spontanei, celebrandoli maggiormente.

Per favorire ciò essi sono stati quando richiesto dall’utente appesi nella sala, dove ha potuto ammirarli e sentire le critiche, in positivo e non, degli altri ospiti. Ha voluto quindi successivamente e in autonomia disegnare spontaneamen-te chiedendo che cosa servisse a noi educatori ed animatori per decorare la sala, a seconda della festa o semplicemente dell’attività che dovesse essere “pubbli-cizzata”. Oltre a ciò ha partecipato attivamente alla costruzione dei materiali del gioco di gruppo, come ad esempio la scatola del canestro o quella del tatto, di-lettandosi anche in esperienze di cucina. Il dato più sorprendente ricavato dal-l’ospite è un incremento esponenziale della sua vena artistica e creativa, difatti riempiva le sue giornate chiedendosi e chiedendomi in quale modo avrebbe po-tuto disegnare o creare qualsiasi cosa le venisse in mente. L’esempio lampante è stato quello di voler chiedere alla arte-terapeuta di copiare il quadro presente nella sala centrale, rimanendo a pensare per parecchio tempo a quale colore usa-re e da quali strategie artistiche attingeusa-re, pur non avendone una pusa-recedente esperienza in termine di studi. È fondamentale in questo caso rispondere alla sua richiesta di consigli cercando di farle capire che sono la sua stessa libertà e spon-taneità a rendere un’opera artistica bella e interessante. Per esempio alla doman-da “di che colore dovrei fare questi petali?”, la risposta poteva essere quella di metterle davanti tutti i colori e sorridendo farle capire che, per l’appunto, la bel-lezza stessa del disegno derivasse dalle sue scelte dettate dalla creatività.

È stato quindi possibile osservare un incremento esponenziale della richiesta dell’attività giocosa una volta avviata, in grado di aiutarla ad evitare di pensare troppo alla situazione contestuale in cui è immersa, ponendo invece il fuoco sull’attività artistica da svolgere, ricavandone un incremento della creatività, del

problem solving e dell’autostima. Quest’ultima incrementata grazie alla

sensa-zione di non poter sbagliare durante il gioco (che peraltro sta alla base dell’atti-vità giocosa stessa) e alla visione delle sue opere nella sala centrale, potendo lei stessa constatare di essere in grado di fare ancora delle ottime cose senza biso-gno di aiuto, attraverso la valutazione positiva degli altri ospiti.

Conclusioni

Per concludere si può comprendere da questi esempi come un’attività semplice come il gioco possa essere uno strumento fondamentale in grado, tra una cura e l’altra, di aiutare indirettamente un’ospite senza che esso lo percepisca come op-primente, ma semplicemente divertendosi. È utile ricordare che il gioco non è un’attività infantile ma un qualcosa che ci accompagna per tutta la vita. Questo vale ancora di più per gli ospiti di una RSA, che possono così gratuitamente e con un po’ di fantasia, trovare dei momenti di svago in grado di aiutarli a conservare le abilità rimaste, o addirittura potenziarle, sentendo un minor sforzo rispetto ai

Y

u

ri

V

a

rg

iu

(7)

trattamenti più specifici di altri specialisti. D’altronde a tutti piace di più correre per giocare che per allenarsi, quindi possiamo integrare e rielaborare questo aspetto nella costruzione delle attività nelle varie giornate. Non sempre gli ospiti, a causa del tanto lavoro di recupero a cui vengono sottoposti, riescono ad espri-mere i propri bisogni e a mettersi in gioco.

Davanti alla serietà dei test valutativi fatti dai diversi specialisti, essi rischiano di chiudersi in sé stessi limitando così le proprie possibilità. A volte il semplice gioco può essere un’arma in mano agli educatori (che dispongono sicuramente di più tempo) per comprendere meglio quelle capacità dell’ospite che si pensa-vano perse, e ritrovare nell’anziano quel bambino che va sempre conservato e ri-trovato in ognuno di noi.

Riferimenti bibliografici

Antonacci, F. (2012). Puer Ludens. Antimanuale per poeti, funamboli e guerrieri. Milano: Franco Angeli.

Bertolo, M. & Mariani, I. (2014). Game Design. Gioco e giocare tra teoria e progetto. Torino: Pearson Italia.

Caillois, R. (1958). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Milano: Bompiani. Csikszentmihalyi, M. (1990). Flow: The Psychology of Optimal Experience. New York:

Har-per Collins.

D’Urso, V. (2012). Giocare. In ogni epoca e ad ogni età. Bologna: Il Mulino. Huizinga, J. (1982). Homo ludens. Torino: Einaudi.

Il

g

io

c

o

i

n

d

iv

id

u

a

le

i

n

R

S

A

(8)

Riferimenti

Documenti correlati

In figura 4.5 sono presentati i risultati della simulazione effettuata sui PLL digitali ottenuti con il metodo di Runge-Kutta e con il metodo di Eulero.. Si può notare come, anche

• È la densità di corrente superficiale dovuta alla magnetizzazione che genera il campo dipolare che modifica il campo

, x m+1 } sono indipendenti in modo affine se e solo se nessuno di essi pu` o essere espresso come combinazione affine degli

A tal fine, i progetti potranno essere presentati da una associazione temporanea di imprese o di scopo (ATI/ATS), costituita o da costituire a finanziamento approvato; in

VISTO il decreto del Ministero per lo sviluppo economico 31 maggio 2017, n. 115, concernente Regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli

La Struttura si impegna ad effettuare la visita fisiatrica, con definizione e restituzione all’Inail del piano riabilitativo individuale, entro 5 giorni lavorativi dalla

Il valore d'uso e l'impatto sociale degli archivi  Una effettiva visibilità degli archivi come granaio di.. diritti e di conoscenza piegherebbe (forse) le politiche pubbliche

Il nuovo spazio cultuale si inserisce all’interno di un più composito programma iconografico del pittore e architetto gesuita che si irradia dall’imponente affresco dipinto sulla