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MANI DI MAGO MAGIA DEI PENNELLI (VIRTUALI) QUANDO LA TECNOLOGIA DIVENTA MAGIA

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Academic year: 2021

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PRIMA, DURANTE… E DOPO? INTRO E MOTIVAZIONE

Questo elaborato rappresenta una tesi di laurea per la Magistrale di Informatica Umanistica, un campo di studi che nasce dall'unione di discipline umanistiche e informatiche e che comprende ricerca, analisi e divulgazione della conoscenza attraverso i media informatici. La prima parte del titolo: ‹‹…MANI DI MAGO MAGIA DEI PENNELLI…›› è ispirata a una delle canzoni più famose del Carnevale di Viareggio: Musica Vola Via di Gualtiero Lami, così come i titoli dei paragrafi dei primi due capitoli sono tratti da altrettante sue canzoni, fonti di ispirazione per questo mio percorso.

Poiché si tratta di un’analisi di varie tesi diverse e contrapposte sull’utilizzo da parte di alcuni “Maghi della cartapesta”, di nuove tecnologie digitali e di grafica e modellazione 3D, e della sua influenza sulla realizzazione di quei capolavori che permettono una delle sfilate più famose al mondo, e soprattutto di una ricostruzione tridimensionale, con l’uso di scultura digitale, i pennelli non possono che essere anche VIRTUALI.

[…]Vivi con estro i sogni modelli

mani di mago magia dei pennelli

grande maestro i tuoi ritornelli nel carnevale scatenano i balli […] (Musica vola via di G. Lami – 1984)

Questa tesi intende sviscerare dall’interno il lavoro che viene svolto durante la costruzione di un “carro allegorico”, simbolo riconosciuto nel mondo del Carnevale di Viareggio, il quale, attraverso i secoli, ha subito diverse innovazioni rimanendo, comunque, legato alle sue tradizioni.

Per quanto riguarda la storia di Viareggio e del suo carnevale, si rimanda al precedente saggio Carnevale di Viareggio che grande attore … Un’anima da palcoscenico - Il Cinema nel Carnevale di Viareggio… - Il Carnevale di Viareggio nel Cinema presentato come tesi al Corso di laurea: “Cinema, Musica, Teatro” alla Facoltà di Lettere e Filosofia nel 2011, contenente due DVD video: 1) Il Cinema nel Carnevale di Viareggio, foto e filmati d’epoca dei carri e delle mascherate ispirate al tema del cinema; 2) Il Carnevale di Viareggio nel cinema, una lunga intervista ad Arnaldo Galli, e fra l’altro varie testimonianze della sua collaborazione con Federico Fellini per diversi dei suoi film.

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Essendo questo un progetto interdisciplinare, è stato composto ed essenzialmente distribuito in due parti: una per soddisfare la fase di ricerca storica, pur mantenendo, sempre e comunque, una continua interazione con i sistemi informatici e multimediali come strumento di comunicazione, e una seconda più pratica e tecnologica, prodotta con esperienza diretta. Nella prima parte, come stato dell’arte, verrà esposta la storia delle origini delle celebrazioni legate alla festa del “Carnevale” in quanto manifestazione storica e si analizzerà, soprattutto, l’evoluzione tecnologica dei metodi e dei materiali raggiunta dai costruttori dei “Giganti di Cartapesta” attraverso i secoli, mettendo a confronto i procedimenti tradizionali con le innovazioni portate dalle nuove tecnologie informatiche, osservando i vantaggi che queste hanno comportato “Prima…” e “Durante…” tutte le varie fasi di lavorazione.

Nella seconda parte oggetto essenziale sarà soprattutto l’esperienza personale.

Il percorso di studi “Grafica interattività, ambienti virtuali”, da me scelto all’interno della magistrale di Informatica Umanistica, si basa sull´espressione creativa con l´uso di tecnologie informatiche, che ha come materie basilari: Ambienti Virtuali, Grafica 3D per i beni culturali e Modellazione 3D; la mia scelta è pertanto ricaduta sulla rappresentazione tridimensionale di un carro allegorico e di tutti i suoi elementi e la ricostruzione della sua geometria e delle sue caratteristiche di superficie.

Il “Dopo”… Uno studio approfondito a partire dalla sua creazione fino allo stato finale, con una panoramica sull’utilizzo delle diverse tecniche e un’analisi dei vari metodi e sistemi di elaborazione del dato tridimensionale, dalla ricostruzione attraverso l’acquisizione di immagini, alla posteriore rielaborazione e una successiva rimodellazione a partire dalla nuvola di punti generata e rielaborata, con l’utilizzo della Computer Grafica e della Scultura digitale.

Per la sua complessità, molto stimolante per il tipo di lavoro da svolgere, la mia preferenza è caduta sul carro in concorso al Carnevale 2014 La Penisola Sommersa dei F.lli Uberto e Luigi Bonetti, anche perché utilizzano, in prima persona, avanzate tecnologie, fra le quali scansioni tridimensionali, programmi di scultura digitale e attrezzature robotiche industriali e sono pertanto i più idonei a rappresentare la parte innovativa di questa riflessione.

Le motivazioni che mi hanno spinto alla scelta di questo progetto si sono sviluppate partendo dal presupposto basilare che un carro del carnevale è un’opera d’arte “effimera”, in quanto alla fine della manifestazione carnascialesca, ogni anno, viene inevitabilmente distrutto per lasciare spazio alle nuove creazioni,soprattutto a causa delle sue gigantesche dimensioni, che non ne permettono una diversa collocazione.

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Andando alla ricerca della storia delle tecnologie di lavorazione, ho trovato solo qualche traccia derivata da racconti orali dei vecchi artisti e una limitata documentazione fotografica; è nata quindi l’esigenza di salvaguardare nel tempo la grande mole di lavoro che ogni anno viene svolta dagli artisti del nostro Carnevale.

Ancora oggi, infatti, seppur con le nuove tecnologie e, soprattutto, grazie alla diffusione attraverso i Social Network, la documentazione fotografica e audiovisiva della sfilata ufficiale e dei suoi ingredienti naturali sia considerevolmente aumentata, come risultato finale restano comunque solo delle immagini.

Mi sono pertanto posta l’obiettivo di tramandare, in maniera più consistente, la testimonianza dei capolavori realizzati all’interno dei vari hangar, soprattutto con l’ambizione di fissare i risultati ottenuti nella memoria collettiva in maniera più palpabile, permettendo agli eventuali interessati e alle future generazioni la possibilità di interagire con dei dati reali con cui confrontarsi, attraverso lo studio e la rappresentazione virtuale dei vari elementi che costituiscono la fonte primaria di una delle manifestazioni fra le più importanti d’Italia, lasciando ai posteri anche l’ipotetica possibilità di ricostruire in maniera pressoché perfetta un carro del passato a partire da un modello tridimensionale, e magari anche “giocare” a realizzarlo.

Questo progetto potrà essere concretizzabile con la creazione di un museo multimediale interattivo del Carnevale di Viareggio, che accolga i modelli tridimensionali, ricostruiti dai vari carri allegorici, al fine di costituire un prezioso strumento di consultazione e fruizione sia per l’utenza specialistica che per il pubblico interessato, permettendo altresì l’utilizzo dell’archivio digitale anche per finalità educative, attraverso lo sviluppo di percorsi didattici personalizzati e tematici, dove sarà possibile ripercorrere tangibilmente la storia tecnologica fin dalle sue origini.

Questa tesi si compone altresì di un video, anch’esso diviso in due parti, una prima contenente un documentario che attraverso la testimonianza di Mario Monicelli, Dario Fo e di alcune personalità nell’ambiente del Carnevale, ripercorre la nascita del Carnevale dalle origini, la storia tecnologica del Carnevale di Viareggio e alcune fasi di lavorazione del carro scelto per la ricostruzione 3D, segnando i vari step con riferimenti agli stessi paragrafi.

La seconda parte, così come in questa parte testuale, raffigura tutte le fasi di lavorazione, materiale e metodi, nonché i risultati del mio lavoro di ricostruzione e di modellazione del carro come modello tridimensionale.

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Sommario

PRIMA, DURANTE… E DOPO?

INTRO E MOTIVAZIONE

PRIMA PARTE - LA RICERCA E L’ANALISI DELLA TECNOLOGIA ... 7

1. IL CARNEVALE – ETIMOLOGIE E TRADIZIONI ... 8

1.1 - Anni di storia sulla sua pelle, di verità date in pasto alle folle ... 8

1.2 - Carnevale siamo noi, nell'olimpo degli dei ... 13

1.2.1 - È la tua origine povera, che ha dato vita alla satira ... 13

1.2.2 - Carri nel mio ricordo, cento sono i teatranti a bordo ... 15

1.2.3 - Una maschera sul viso, forse è un gioco di regia ... 15

1.2.4 - Va la musica va! ... 17

2. LA STORIA DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO CON UNO SGUARDO ALLE VARIE TECNOLOGIE ... 19

2.1 - Vecchio mercato di cent'anni fa ... 19

2.2 - Da cent'anni (ormai 140) i nostri nonni t'hanno dato un Re ... 20

2.3 - Buffo bastimento che si affaccia dal passato ... 20

2.4 - Nella platea del più grande spettacolo ... 22

2.5 - Scherzo dell'ironia col trucco liberi la gente ... 22

2.6 - Scendi nel corso ridi giullare, c’è tutto un mondo che vuole capire! ... 23

2.7 - Nasce il movimento, come un alito di vento... 25

2.8 - Sei l’invenzione del vecchio carrista ... 27

CITTADELLA DEL CARNEVALE USCITA CARRI ... 30

3. TRADIZIONE Vs INNOVAZIONE ... 31

3.1 - Il Regolamento ... 32

3.2 - Facciamoci qualche domanda… diamoci qualche risposta ... 33

IL “PRIMA” ... 33

3.3 - Il Bozzetto nella tradizione del carnevale ... 33

3.3.1 - Il Bozzetto in mostra ... 34

3.4 - Il Bozzetto oggi, innovazioni. ... 36

3.4.1 - le Tavole del bozzetto ... 37

3.4.2 - Editing del bozzetto ... 41

3.4.3 - I temi e la tecnologia ... 42

IL “DURANTE” ... 44

3.5 - Modellare nella tradizione del carnevale ... 44

3.6 - Modellare oggi, innovazione ... 53

3.6.1 - Lavorazione manuale ... 53

3.6.2 - Progettazione con supporto del digitale ... 55

3.6.2.1 - Modellazione CAD - Grandi forme, scheletri ... 55

3.6.2.2 - Modellazione 3D scultorea ... 58

3.6.2.3 - Scansione 3D ... 59

3.6.3 - Fasi di lavorazione, innovazione – Scolpire il polistirolo ... 60

3.7 - Eppur si muove! Il movimento nella tradizione ... 62

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4. UN ESEMPIO DI TECNOLOGIE APPLICATE – FASI DI LAVORAZIONE 3D DEL

CARRO LA PENISOLA SOMMERSA ... 66

4.1 - La scansione... 66

4.2 - Acquisizione dei dati con scanner a triangolazione ottica ... 67

4.3 - La nuvola di punti ... 68

4.4 - Processamento dati ... 68

4.5 - Modellazione 3D e integrazione del dato acquisito ... 69

4.6 - Fresatura con robot ... 71

4.7 - Ricapitolando ... 73

COSTRUTTORI: I GEMELLI DIVERSI ... 74

IL CARRO IN CORSO ... 75

NETTUNO ESPATRIA IN NICARAGUA ... 76

5. CONCLUSIONI PRIMA PARTE ... 77

SECONDA PARTE - IL 3D COME STRUMENTO DI DOCUMENTAZIONE DI CIO’ CHE E’ EFFIMERO ... 79

1. MOTIVAZIONI E OBIETTIVI ... 80

2. RICOSTRUZIONE MODELLO 3D DEL CARRO ALLEGORICO LA PENISOLA SOMMERSA ... 83

IL DOPO…... 83

2.1 - Metodi - Scelta della tecnica ... 83

2.1.1 - Vantaggi e svantaggi ... 84

2.1.2 - Procedura di acquisizione e processing ... 85

2.2 - Acquisizione del dato metrico- approccio metodologico ... 86

2.2.1 - Acquisizione – Esperienza diretta ... 87

2.2.2 - Materiale e Metodi - Ricostruzioni ... 90

2.2.3 - I RISULTATI - Ricostruzioni dense ottenute con Photosynth importate in MeshLab97 2.3 - Creazione e pulizia nuvola di punti ... 98

2.3.1 - I RISULTATI - mesh ottenute con l’operazione di cleaning ... 99

2.4 - Allineamento e scalatura Nuvole di punti ... 100

2.4.1 - Scalatura ... 101

2.4.2 - procedura di allineamento ... 101

2.4.3 - I RISULTATI mesh allineate ... 103

2.5 - Ricostruzione dei modelli tridimensionali ... 105

2.6 - Coloring ... 106

2.7 - Riflessioni personali ... 107

2.7.1 – RISULTATI – Modello 3D ricostruito con metodo di Poisson ricolorato ... 109

3. MODELLAZIONE 3D DEL CARRO LA PENISOLA SOMMERSA ... 110

3.1 - Perché la modellazione 3D? ... 110

3.1.1 - Metodi e software di Computer Grafica... 111

3.2 - Modellazione manuale usando l’acquisito ... 113

3.2.1 - I RISULTATI – conchiglie rimodellate manualmente usando l’acquisito ... 114

3.2.2 - Modellazione manuale - ricostruzione geometrica in ZBrush ... 116

3.2.3 - I RISULTATI - ricostruzione geometrica in ZBrush ... 116

3.3 – Modellazione partendo dall’acquisito – Struttura principale ... 116

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3.4 - Modellazione manuale da acquisito – I dettagli ... 122

3.4.1 - I RISULTATI – Modelli ricostruiti manualmente da acquisito ... 123

3.5 - Riassemblaggio del carro usando l’acquisito ... 129

3.5.1 – I RISULTATI – Modello 3D del carro La penisola sommersa ... 130

4. VISUALIZZARE IL RISULTATO ... 132

4.1 - Visualizzazioni Pagine Web ... 133

5. CONCLUSIONI SECONDA PARTE ... 134

5.1 - Metodologia ripetibile ... 134

5.2 - produzione di un modello 3d con parti indipendenti ... 135

5.3 - Conservazione della coerenza spaziale ... 135

5.4 - Movimentazione: si può fare? ... 135

5.5 - Documentare i carri, un’esigenza e una potenzialità ... 136

RINGRAZIAMENTI ... 140

BIBLIOGRAFIA ... 141

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PRIMA PARTE

LA RICERCA E L’ANALISI

DELLA TECNOLOGIA

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1. IL CARNEVALE – ETIMOLOGIE E TRADIZIONI 1.1 - Anni di storia sulla sua pelle, di verità date in pasto alle folle

L’etimologia della parola Carnevale è da sempre oggetto di numerose dispute: secondo alcuni deriverebbe da carrus navalis, il popolare barcone, da intendersi come “nave su ruote” portato in processione, forse in riferimento ai carri su cui venivano trasportate le divinità protettrici dei cicli stagionali della vegetazione e dei raccolti. Vengono citate antiche feste dionisiache che si celebravano ad Atene fra febbraio e marzo (Antesterie). Il periodo di capodanno che si festeggiava con l’arrivo della primavera. Il dio Dioniso, che si riteneva arrivasse dal mare, veniva quindi raffigurato sopra una barca, che con quattro ruote percorreva le strade di Atene, ed era festeggiato con abbondanti libagioni e vino novello. Anche la dea Iside veniva trasportata su un carro fatto a forma di imbarcazione Isidis Navigium (nave di Iside), accompagnato da individui mascherati.

Durante la processione gli officianti indirizzavano battute, sberleffi, ingiurie (in particolare riferiti alla sfera sessuale) agli spettatori. È a questi cortei falloforici che possiamo far risalire l’origine della satira.

L’idea che questi carri avrebbero dato origine al Carnevale è stata avanzata dal linguista Friedrich Christian Diez e ripresa dallo studioso di storia rinascimentale Jacob Burckardt. Secondo altre invece, e più attendibili fonti, la parola “carnevale” avrebbe origine dal latino

carnem levare (l’uso continuo dei due termini ha prodotto la contrazione con la

trasformazione della “r” in “l” “Carnelevale” con successiva sincope della sillaba “le” (documentata nel latino ecclesiastico tardo medievale; o da carnem laxare (apparso per la prima volta in un documento del 1050, contratto poi in “Carne-laxare” in un testo redatto a Venezia nel 1179, in riferimento alla consuetudine dei Cristiani di astenersi dal mangiare carne durante il periodo quaresimale. La sera prima del mercoledì delle ceneri veniva celebrata la festa, in origine legata “al banchetto d’addio alla carne”, per poi entrare in quaresima.

Clemente Merlo, un saggio del passato, annotava che “carnevale era una mortificazione, la

privazione del domani, non un inno ai sensi, ma un grido di dolore dell’animalità insoddisfatta che pensa che tutto quel godimento sta per finire”.1.

La parola non avrebbe, quindi, di per sé un significato lieto, in quanto sottolinea l’inizio del digiuno, della penitenza e dell’astinenza, tanto che sembra molto più adatta al giorno delle

1 Clemente Merlo, documentato intorno al 1000

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ceneri, ma, più che il valore letterale, sembra contare il senso dell’ammonimento, che si avvicina molto al carpe diem. Da carnem laxare, nasce l’antico termine toscano carnasciale. Il termine carnevale è rimasto quasi indenne nelle maggiori lingue moderne: carnival in inglese, carnaval in francese, spagnolo e portoghese, karneval in tedesco.

Non siamo a conoscenza della sua data di nascita, le sue origini hanno radici lontane nel tempo. Il termine Carnevale è accostato a feste (trasgressioni, libagioni sfrenate, mangiate pantagrueliche, travestimenti folli, rovesciamenti più impertinenti) ma appartiene al periodo più oscuro della religione cristiana, il Medioevo.

Cronologicamente collocato nel calendario liturgico, in dipendenza diretta di una prescrizione ecclesiastica, tra l'Epifania e le Ceneri, nel rito ambrosiano ha un periodo supplementare, chiamato carnevalone, per cui si prolunga fino al sabato precedente la prima domenica di quaresima. Nel calendario folkloristico, la data d'inizio varia secondo i luoghi: in Italia, più frequentemente è il 17 gennaio (S. Antonio Abate), ma in molte regioni anche il 2 febbraio, giorno della Candelora e, in Sicilia, l'Epifania; nel Tirolo, la Candelora o l'Epifania; in Francia, il Capodanno o l'Epifania.

Queste variazioni della data d'inizio sono importanti non tanto per la classificazione descrittiva dei diversi elementi folklorici componenti la festa, i quali si concentrano tutti, e dappertutto, di preferenza nei giorni di giovedì grasso, domenica, lunedì e martedì prima delle Ceneri, quanto per la loro interpretazione storica ed etnografica, perché ci indicano l'accordo sostanziale tra cicli cerimoniali di epoche e località diverse.

Nel caso specifico, ci fanno identificare il ciclo di Carnevale con uno dei periodi di festa e di licenza, che s'incontrano presso tutti i popoli del mondo, e di cui i Saturnali, che festeggiavano il Dio Saturno e celebravano la fine dell’anno, offrono l'esempio classico più noto. Nel calendario romano arcaico erano presenti solo dieci mesi, dal mese di dicembre si passava direttamente a marzo, primo mese del nuovo anno. Lo spostamento del Capodanno dal 1° marzo al 1° gennaio, è documentato dal 153 a.C., ufficializzato da Giulio Cesare con la riforma del 46 a.C.

I festeggiamenti erano governati da un Rex Saturnaliorum che comandava per una settimana banchetti, giochi, burle e orge. Finita la festa il Rex dei Saturnali veniva ucciso, bruciarlo aveva lo scopo di cacciare tutti i mali, gli spiriti maligni, purificando i peccati della collettività. Durante quel periodo venivano invertiti i ruoli e gli schiavi diventavano padroni e potevano comandare i loro signori.

Così come nel rito, che si svolgeva in chiesa nel giorno di Pasqua, il Risus Paschalis, dove la predica di Pasqua doveva contenere una storia atta a suscitare il riso, i vincoli morali venivano

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meno e le regole del buon costume ignorate e a ognuno veniva concesso di fingersi quello che voleva, arrivando fino ad accoppiarsi in una copula oscena.

Le origini della sfilata del carnevale vanno ricercate anche nei riti religiosi come la processione del Corpus Domini, un rito ormai in disuso che sopravvive in alcuni luoghi di campagna, dove ancora oggi fra devozione e curiosità gli spettatori rimangono soggiogati dallo spettacolo e, pure per chi non è credente, prende l’aria di un corso mascherato dove, però, c’è tutta la civiltà di un popolo che porta a spasso le sue speranze e le sue illusioni. Il rito diventa un ancestrale richiamo alle origini, uguale nell’essenza a quelli di due, quattro, seimila anni fa.

Dapprima è il tema della Battaglia fra Quaresima e Carnevale, quello in cui muove i primi passi la figura del Carnevale, e quello che monopolizza i testi di uno specifico ambito letterario dal Duecento al Quattrocento inoltrato.

Risale al 342-420 il Testamentum Porcelli2, che, secondo S. Girolamo, cantavano, al suo tempo, i fanciulli nelle scuole di Roma e in cui un “porcello” è immaginato mentre fa testamento, cogliendo l’occasione per enumerare, una a una, le sue molteplici benemerenze verso l’umanità. Nella versione originale è indicata, come data del sacrificio del “porcello”, il sedicesimo giorno di Lucerninas3, il “giorno o festa delle lucerne” di cui non si ha però notizia: qualcuno ipotizza che sia la festa pagana poi divenuta la Candelora al tempo di Giustiniano e fissata al due febbraio. In una versione più moderna di Amedeo La Greca, l’incipit viene recitato con: Io peccatore e lurido maiale devo morire perché è Carnevale. Un’altra parodia molto diffusa nel Medioevo è il Testamentum Domini Asini, componimento latino in strofe tristiche con ritornello, con il quale questa volta è un asino morente a dettare testamento, lasciando i suoi beni alla gente, a seconda del mestiere che svolge, prima di finire sul rogo: la voce ai cantanti, la lingua ai predicanti, la pelle ai calzolai, i crini ai sellai, ecc. L'uso del testamento dell'asino sopravvive nella tradizione popolare odierna: in Italia è vivo particolarmente in Sicilia e in Calabria; in Francia, nel Poitou. Numerose sono poi le testimonianze folkloristiche del testamento del tacchino o di altro volatile. L'esempio più notevole, in Italia, lo offre il Piemonte, dove il testamento del tacchino (pitu) assume una forma specificamente spettacolare.

I testamenti del gallo, della volpe e del gatto sono ben conosciuti nella penisola iberica, da dove sono poi passati in America.

2 Sul Testamentum Porcelli databile al IV sec. d.C., e sulle sue interessanti caratteristiche linguistiche e retoriche si veda PAOLO

POCCETTI, La variazione di registro come ragione di produzione e di circolazione di un testo: Il Testamentum Porcelli, in «Registros Lingüísticos en las lenguas clásicas», Ediciones Universidad de Salamanca, 2004, pp.235-268.

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Questi testamenti rientrano nella tipologia del ‘testamento parodico’4, che, secondo gli studi finora svolti in diversi ambiti disciplinari, sarebbe stata impiegata tanto nel corso dei festeggiamenti laici del Carnevale, quanto nelle celebrazioni religiose d’inizio anno conosciute fin dal Medioevo come ‘feste dei folli’ o ‘Asinarie’, in particolare, in occasione delle questue rituali che si svolgevano fuori della chiesa, per le strade della città. La versione più antica del Testamentum asini, resta ancora quella redatta nel codice Ambrosiano C. 218, risalente al XII secolo, individuata e pubblicata da Francesco Novati nel 1883. In un interessante studio sul Carnevale, Maurizio Bertolotti ha dimostrato che il Testamentum Asini sarebbe stato utilizzato anche nel Medioevo in chiave drammatica5. Si può affermare che, in seguito alla soppressione delle feste ecclesiastiche, il modello del testamento sia stato recepito, e riutilizzato nell’ambito del Carnevale, dalle ‘abbazie dei folli’ piemontesi, di notevole interesse per la storia del folklore e teatro popolare, inscindibilmente legato alle vicende delle feste tradizionali e delle rappresentazioni giullaresche.

Uno dei rituali del Carnevale è proprio il “processo al Carnevale”, dove Carnevale fa il suo ingresso trionfale in un villaggio, viene accolto festosamente dagli abitanti come un ospite e condotto a fare un giro di questua. Il rito culmina poi con la messa a morte di Carnevale, sul quale si addossano tutti i mali e i peccati del vecchio ciclo annuale e qua ritorniamo al rito dei Saturnali. È il processo, largamente diffuso nell'Europa occidentale e centrale (Gerichtspiel): vuole essere la parodia di un vero e proprio processo, e vi agiscono pertanto, oltre all'imputato, l'avvocato difensore, il pubblico ministero e talvolta la moglie dell'imputato che in genere viene identificata in quaresima che porta in braccio un bimbo per commuovere i giudici. Sentenziata la condanna, Carnevale fa testamento.6 Il significato di questo atto non è un lascito di qualche cosa, ma una denuncia pubblica delle malefatte compiute dalla comunità durante l'anno che si chiude, dopodiché viene accompagnato al rogo, che ha soprattutto la funzione di purificare, distruggere le influenze malefiche e dannose, e rinnovare per conseguenza l'energia della natura. Analogo significato propiziatorio e promovente può attribuirsi al falò e agli elementi di contorno, danze e canti.

I festeggiamenti carnevaleschi non hanno più, oggi, la voga di un tempo, anche se in parecchi luoghi le antiche tradizioni sono gelosamente conservate.

Alcuni Carnevali italiani ricordano il Testamentum Domini Asini, come quello di Nazzano, con il funerale del Carnevale e, come evento culminante, la lettura pubblica del testamento e la cremazione del fantoccio.

4 Sull’origine del testamento parodico come genere letterario si veda il saggio di PASQUALE ORSINI Il testamento parodico. Storia di una

tipologia letteraria nell’età tardo-antica, in «Rivista di cultura classica e medioevale», XLI(1999), pp. 307-318.

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È un carnevale prettamente riservato alla comunità che abita il luogo, in quanto la stessa è autrice di ciò che sarà letto, una vera e propria confessione pubblica dei peccati della collettività redatto in forma anonima, dove ogni suggeritore può essere a sua volta vittima, ogni esterno al paese può capire poco o nulla di ciò che viene detto.

Nel Carnevale di Nazzano la composizione e la lettura del testamento sono state ripristinate nei primi anni settanta prendendo spunto da qualche carnevale documentato nella letteratura popolare o nei testi della tradizione teatrale antica.

Un altro è il Carnevale del Pollino che si tiene ogni anno a Castrovillari (CS), uno dei grandi eventi consolidati in Calabria, dove fino alla fine degli anni ’50, il martedì grasso per le vie principali del paese si snodava il corteo funebre di Re Carnevale. Su un carretto era disteso il moribondo e a fianco stava la moglie (Quaresima) vestita di nero, che lanciava imprecazioni e grida di dolore. Precedeva il carro un uomo mascherato da prete che, con un pennello intinto in un barattolo d’acqua, dava la benedizione alla folla.

Il Carnevale, cui si addossavano tutti i mali, era processato e condannato a morte e prima di essere ucciso faceva testamento.

Col passare del tempo le sfilate dei carri allegorici, dei gruppi mascherati, dei balli e degli spettacoli hanno cambiato l’aspetto del Carnevale di Castrovillari come di molti altri.

Dal medioevo giungono a noi anche le tradizioni dei grandi giuochi: finte battaglie, che nelle città si trasformarono in grandi spettacoli, come la pugna a Siena, il gioco del Ponte a Pisa o in sassaiole come a Firenze con i colori delle parti.

Il Carnevale di Ivrea è una rappresentazione storica che ha mantenuto un forte legame con il Medioevo, con la battaglia delle arance che, mescolando riferimenti all'esercito napoleonico e alle rivolte popolari tra le quali il tuchinaggio, che ebbero luogo nel Canavese proprio in epoca medievale, ci riconduce alle finte battaglie dei giuochi tradizionali.

Sempre dal medioevo giunge l’usanza di gettar confetti agli sposi, usanza che era viva anche nel carnevale di Viareggio delle origini, dove alle maschere che si esibivano sui carri venivano gettati confetti e caramelle dagli spettatori affacciati ai terrazzi sul lungomare e dalle maschere stesse agli spettatori lungo il corso mascherato.

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Il Carnevale di Viareggio nasce ufficialmente nel 1873, ma già nel 700 Viareggio era luogo d’incontro della nobiltà lucchese che nei mesi invernali prima della Quaresima si dava alla pazza gioia, in contrapposizione alle norme di vita austera in vigore nella vicina Lucca con feste e veglioni in case private e nel regio Casino, ma di questo si veda in seguito.

1.2 - Carnevale siamo noi, nell'olimpo degli dei

Gli elementi costitutivi del carnevale, risultano essere: la satira, componente “corrosiva” e scherzosa con cui denunciare impunemente, poi il carro, le maschere e i canti, tutti e tre con valore propiziatorio, atti a provocare fecondità, prosperità e ricchezza. Ritorniamo così a ripensare alle varie feste dedicate agli Dei dove appunto festeggiando la fine del vecchio anno ci si augurava un nuovo anno ricco di frutti della natura, di serenità, di pace.

1.2.1 - È la tua origine povera, che ha dato vita alla satira

L’etimologia della parola “satira”, uno degli ingredienti primari del carnevale, è per unanime giudizio ricondotta al termine latino, satura, che indicava un piatto, una portata nella quale c’era un po’ di tutto, un vassoio riempito di offerte agli Dei.

Le origini della satira nella letteratura europea si confondono evidentemente con quelle della letteratura comica, il cui inizio è attribuito tradizionalmente a Omero con il poema Margite. Etimologicamente è il dramma satiresco a dare origine al genere, ma è la commedia greca di Aristofane quella che fa della satira politica un ingrediente fondamentale. La vera codifica come genere avviene però nella letteratura latina tra il III e il II secolo a.C. ad opera di Ennio. Nel Rinascimento la diffusione della cultura ellenica produsse una commistione etimologica con il dramma satiresco, che traeva la sua origine dal mito dei satiri, figure mitologiche e semi-divine dell'antica Grecia: ne conseguì una coloritura del termine più aggressiva di quanto esso significasse nell'antica Roma.

Certamente è difficile non notare, quanto il termine “satira” richiami il termine “satiri”, non solo per gli argomenti frequentemente licenziosi, quanto per il suo procedere buffo, a salti, dove l’esagerazione, la caricatura, prima ancora del giudizio morale sono capaci di provocare quella corrente psichica che sfocia nella risata, e la parola “satiro”, deriva dal sanscrito sh-i che significa appunto saltare. È una figura mitica maschile, che abita boschi e montagne. Tutte le divinità della storia e della letteratura hanno avuto stanza sulle montagne, le prime a essere abitate dall’uomo.

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Quando l’uomo cominciò, però, a praticare l’agricoltura, di colle in colle scese fino al piano e trovò nella processione un ideale ritorno ai luoghi di origine. I primi altari furono mucchi di terra innalzati sopra i sepolcri, in forma di monte.

La pratica dell’agricoltura portò a diradare i boschi, ma alcune leggi7

ne sancirono la sacralità e il diritto di asilo e anche oggi, che la speculazione edilizia e l’assenza del rispetto per la natura e l’ambiente li stanno distruggendo, la fantasia popolare e la favola continuano a ritenerli ricetto di fauni e di satiri, di streghe e di folletti, gli stessi spiritelli dissacratori che hanno popolato anche il Carnevale di Viareggio alle sue origini.

La satira carnevalesca ha la funzione di contestazione politica, come abbiamo visto per il testamento. Il ridere ha in sé il superamento della paura, non impone né divieti né restrizioni. La satira politica nel Carnevale di Viareggio appare nel 1921 con il carro I Pescicani che mette alla berlina tutti coloro che si sono arricchiti illegalmente con la guerra, e dopo la pausa forzata durante il regime fascista, rinasce definitivamente a patire dagli anni ‘60.

[…]La vena satirico-politica del nostro Carnevale ha diverse radici: l’indubbia attitudine dissacratoria verso tutto e tutti è tipica dei Toscani. Una congenita necessità di volgere al ridicolo qualunque cosa quanto più essa si carica di importanza, affianca una connaturata vocazione anarchico-libertaria per cui il potere, di qualunque origine sia, diviene oggetto di contestazione. Di queste contestazioni ne hanno fatto tutti le spese, senza sconti per nessuno. La satira politica si consolida al Carnevale di Viareggio in uno dei periodi più duri e spietati della storia italiana, gli “anni di piombo”. Le costruzioni entrano di prepotenza nelle oscure trame di quegli anni con indubbio coraggio… A partire dalla metà degli anni ttanta l’atteggiamento che potremmo definire ufficiale dei politici italiani, è stato quello di assistere alla sfilata e ridere delle proprie caricature quanto più erano dissacratorie[…]

[…] a satira tanto pi e icace uanto pi stretto il suo dialogo con l’attualità.

no dei rischi corsi dal Carnevale che improvvisi mutamenti delle vicende politiche rendano inopinatamente “scaduti” i carri al momento dell’uscita in corso, visto che le costru ioni vengono progettate diversi mesi prima cos come accaduto che, mutamenti avvenuti durante il periodo carnevalesco, portassero i carristi a correzioni in tempo reale (cambi di facce di ministri per rimpasti di governo, ecc). I costruttori tuttavia hanno sempre avuto dimestiche a con i mutamenti in corso d’opera an i il pi delle volte li hanno volti a loro favore per aggirare la censura[8…]

7 Leggi delle XII Tavole 450 A.C. prima redazione scritta di leggi nella storia di Roma

.

8 Estratto da “Carnevale di Viareggio: satira politica e satira sociale. Alcune note” di Antonella Serafini -

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1.2.2 - Carri nel mio ricordo, cento sono i teatranti a bordo

Nel mondo antico, orientale e greco, il carro appare usato principalmente come strumento di guerra, ma la sua evoluzione e diffusione ha proceduto di pari passo con l’intensificarsi delle attività umane che hanno richiesto trasporti.

Tutti gli Dei sono rappresentati sopra dei carri a indicare sovranità, con implicazioni demoniache o carnevalesche. Giove, Marte e Nettuno sopra un carro tirato da cavalli, Cibele dagli elefanti, Cerere e Plutone dai draghi, Giunone dai Pavoni e Venere dai colombi, per non parlare di Bacco, trainato da tigri, a significare l’ebrezza crudele e lasciva.

Quale mezzo di trasporto di Santi, Papi, Imperatori e alti magistrati e usato nelle processioni. Carro significa vita, da cui alcune espressioni come: uscire di carreggiata, tirare la carretta. Ogni popolo ha avuto i suoi carri, l’avere un carro significava anche passare per la strada costringendo il pedone a scansarsi, simbolo di superiorità e fortuna.

Al 1500 risale l’apparizione dei primi carri allegorici, anche detti carri trionfali, perché celebravano gli imperatori o i generali, vincitori. Carri simbolici si vedevano sfilare in molte città, i carri del Po, del Tevere. I libri di storia sono pieni delle gloriose vicende del carroccio (battaglia di Legnano).

Nel carnevale, però, oltre che per questa simbologia di potenza e di trionfo, ricorre soprattutto come protagonista della vita dei campi, mediatore fra fatica e riposo e viene, infatti, in origine trainato da buoi e in seguito da trattori.

La presenza dei carri nel carnevale di Viareggio risale infatti ai primi anni dell’ottocento. all’inizio proprio come carri agricoli, poi come carrozze dei signori, addobbate con fiori, simbolo dell’arrivo della primavera, per giungere infine agli attuali carri allegorici, ma tutto ciò lo vedremo dettagliatamente in seguito.

1.2.3 - Una maschera sul viso, forse è un gioco di regia

Nel carnevale ritorna la maschera, che con la sua gioiosa assurdità è uno strumento che permette di alienarsi dalle convenzioni spazio-temporali, al fine di proiettarsi all'interno di un mondo ‘altro', colui che indossa la maschera perde momentaneamente la propria identità e simboleggia il ritorno alla fase primordiale e di indistinzione delle forme. Al tema della maschera si ricollega anche il concetto di mondo alla rovescia. Questa idea è una delle caratteristiche del Carnevale, dove si abbandona la propria realtà quotidiana, assumendone una, spesso totalmente opposta: il servo diventa padrone, l’uomo donna, l’adulto bambino.

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Fenomeni come la parodia, la caricatura, le smorfie, le smancerie, le scimmiottature, altro non sono che derivati della maschera, componente essenziale e indispensabile del rito carnevalesco.

Discussa è la sua origine e natura, incerta è l'etimologia della parola: una prima ipotesi la vorrebbe di origine preindoeuropea, da masca (fuliggine, fantasma nero). Una seconda ipotesi, non incompatibile con la prima, la deriverebbe dal latino tardo e medievale màsca, strega.

Si trova traccia dell'origine del termine nell'antico alto tedesco (leggi longobarde) e nel provenzale masc, stregone.

Dal significato originale si giunge successivamente a quello di fantasma, larva, aspetto camuffato per incutere paura. L'evoluzione linguistica portò probabilmente all'aggiunta di una ‘r' facendo assumere al termine la forma dapprima di mascra e successivamente di mascara. Alcuni studiosi hanno suggerito una derivazione dell'etimo dalla locuzione araba maschara o

mascharat, buffonata, burla, derivante dal verbo sachira, deridere, burlare, importata nel

linguaggio medievale dalle crociate.

Tuttavia tale vocabolo è già presente in alcuni testi anteriori alle crociate.

Il Dizionario etimologico italiano di Carlo Battisti e Giovanni Alessio lo riconosce come riconducibile al termine baska da cui il verbo francese rabacher (antico rabaschier), fare fracasso. Si è dunque probabilmente giunti a una sorta di processo di assimilazione all'interno del significante 'maschera' sia dell'aspetto primordiale di 'anima cattiva' o 'defunto', sia di un aspetto goliardico e festoso9.

La tradizione di travestirsi con pelli e maschere di animali e di imitarne le movenze è presente in tutte le culture umane.

La maschera, nel senso antico del termine, è stata utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, configurandosi come efficace mezzo di comunicazione tra gli uomini e le divinità. Nella civiltà egizia e nella Grecia arcaica è utilizzata con funzione funeraria o comunque legata alla sfera della morte.

Nell'antica Africa venivano usate maschere per nascondere il volto e rappresentare il dio. Ancora oggi le maschere africane, sono appese in casa per sconfiggere il male.

Nell’antica Roma illustre testimone dell’uso della maschera è Virgilio, che in un passo delle

Georgiche (Georgiche II, 380 sgg.) descrive le maschere indossate in onore di Bacco, in un

clima celebrativo gioioso e spensierato.

9Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Maschera

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Nel teatro greco le maschere avevano la doppia funzione di caratterizzare il personaggio e di fungere da cassa di risonanza sonora per amplificare la voce e rendere più udibili i dialoghi. Il teatro osco, una forma di teatro diffuso nel centro Italia prima della conquista romana usava caratteri fissi per i personaggi rappresentati da maschere.

Le maschere sono state usate in molte diverse tradizioni teatrali come il teatro Nō giapponese e il teatro classico greco e latino.

Passate nel teatro medievale delle fiere e dei mercati, perseguitate e scomunicate per l’oscenità violenta e sguaiata, col rinascimento e il decadere delle sacre rappresentazioni, avevano dato vita a uno spettacolo nuovo, libero da dottrine estetiche e aperto a tutte le istanze del momento, con la Commedia dell'arte, dove l’uso di maschere si estende fino a farle diventare costumi e ricoprire tutto il corpo. Sottoposte a critica corrosiva e serrata da parte di Goldoni e Montesquieu, secondo un ideale direi borghese, sono risalite sui trespoli per tornare alle fiere e i mercati da dove erano venute e qui ritrovate e riportate in trionfo dal Carnevale.

1.2.4 - Va la musica va!

Come per ogni festa, elemento principale del divertimento non può mancare la musica. I canti o più precisamente i trionfi accompagnavano nel tempo, balli indiavolati, gagliarde, ciaccone, sarabande, tarantelle e monferrine. Per i trionfi hanno fatto testo quello di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico:

Donne e giovinetti, amate! Viva Bacco e viva Amore! Ciascun suoni, balli e canti Arda di dolcezza il cuore. Non fatica, non dolere Chi vuol esser lieto sia, di doman non v’ certe a. Quanto è bella giovinezza Che si fugge tuttavia.

Da autori antichi sono pervenuti canti di vario argomento, dell’Amore, della Fama, del Tempo delle Stagioni, delle Scienze Matematiche, della Prudenza, di Paride ed Elena, secondo una moda già attestata dei Trionfi di Petrarca.

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I canti carnascialeschi assomigliano ai carri e ai trionfi, perché tutti questi generi seguono una forma metrica popolare, come la barzelletta o la ballata, intervallata da un ritornello e arricchita, talvolta dalla simulazione della caccia e della frottola.

Questi canti abitualmente venivano eseguiti durante le feste di Carnevale da un gruppo di maschere camminanti sulla strada o collocate sui carri. Le maschere rappresentavano principalmente i mestieri e lo scopo della rappresentazione era quello di descrivere sia i gesti e le abitudini della categoria sia di alludere e riferirsi grazie a doppi sensi alla grande tematica della pratica dell'amore.

Al Carnevale di Viareggio la musica, sotto forma di canzonetta scritta appositamente per il carro ed eseguita in diretta da una banda musicale, entra a far parte quale componente essenziale nel 1921 sul carro di Giuseppe Giorgi detto “Noce” e No e d’oro di Tonin di

Burio. Sempre nel 1921 si cantò la prima canzone ufficiale, Il carnevale a Viareggio meglio

nota come Su la Coppa di Champagne di Icilio Sadun. Questa canzone modificata nel testo, di Maffei, da Guidi, in testo politico, divenne anche l’inno del popolo viareggino contro la dittatura fascista.

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2. LA STORIA DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO CON UNO SGUARDO ALLE VARIE TECNOLOGIE

“Tutte le notizie del mondo finiscono a Viareggio” si legge sul sito ufficiale del Carnevale, sì, perché per fare i Giganti di Cartapesta occorrono tonnellate di fogli di carta di giornale, preferibilmente quotidiani, che poi impastati con la colla più semplice e naturale, acqua e farina, creano la materia prima dei carri del Carnevale di Viareggio: “La cartapesta”, o meglio “La carta a calco”, inventata dal costruttore viareggino Antonio D'Arliano nel 1925. Interessante più di ogni parola è il video di Salerni e Berchielli10: Maschere Di Giornale . È con questa innovazione che la storia del Carnevale di Viareggio diviene leggenda, grazie soprattutto ai “carristi” che, per le loro capacità creative, furono battezzati dalla stampa nazionale e internazionale Maghi della Cartapesta. Ma prima cosa è avvenuto? E dopo?

2.1 - Vecchio mercato di cent'anni fa

Carri floreali

Nel 1873 ebbero origine, dove avveniva il vecchio mercato, nel cuore della città, i corsi mascherati di Viareggio. Gli albori del Carnevale vedono sfilare nella storica via Regia, un corteo di carrozze agghindate con fiori e festoni, cariche di maschere.

L’idea di una sfilata per festeggiare il Carnevale nacque tra i giovani della Viareggio bene che frequentavano il caffè del Casinò. La sfilata delle carrozze, trainate da splendidi cavalli, fu organizzata dai signori lucchesi e fiorentini, quelli che negli anni sessanta venivano chiamati “vitelloni”. I figli dei “signori” che non avevano niente a che fare con quella Viareggio che lavorava nel porto, nelle fonderie, nelle cave di sabbia, nelle fornaci e nelle segherie di legnami. Questa parte di Viareggio non poteva pensare al Carnevale vivendo una fortissima crisi cantieristica, mentre i contadini facevano ancora i conti con lo straripamento del Massaciuccoli dell’ottobre del 1872. Era un gran lusso in quegli anni la proprietà di una carrozza e di cavalli, cose che certamente i viareggini non si potevano permettere.

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Via Regia durante un corso mascherato Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri

Ben presto si crearono però due Carnevali distinti, come è avvenuto anche in Brasile: il Carnevale dei “bianchi o signori” che si svolgeva all’interno dei casinò e dei locali e il Carnevale dei “neri o popolo” quello che si svolgeva all’aperto.

2.2 - Da cent'anni (ormai 140) i nostri nonni t'hanno dato un Re

Nel giorno del martedì grasso del 1874, data ufficiale del primo corso, quando la società del carnevale fece esplodere in piazza un fantoccio (Re Carnevale) di polvere pirica e altri fuochi artificiali, ai fiacre e i landau delle famiglie benestanti si unirono gli omnibus del servizio pubblico, le berline e poi i calessi, i barrocci e i carri agricoli, a riprova dell’avvenuta metamorfosi popolare.

[…]Uno dei primi carri che fece ingresso trionfale nella via Regia, fu un carro autentico da contadini, a due ruote, con la forca confitta sul giogo a cui erano sacrificati due bovi dalle muragne in ioccate di rossi pendenti una specie di carro di Tespi ( uello antico s’intende) che trasportava una botte capace di una decina di barili, mezzo piena di vino padronale11[...]

2.3 - Buffo bastimento che si affaccia dal passato

La crisi della cantieristica spinse i maestri d’ascia e calafati a occuparsi del Carnevale. Già dal 1874 i “signori” tornarono all’interno del Casinò e per le strade il Carnevale di Viareggio si trasformò da festa popolare in protesta popolare.

Dal corso delle carrozze del 1873, prima di arrivare al corso dei carri allegorici passò un decennio. Nel 1881 il Carnevale viareggino cominciò a crescere.

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La sfilata in via Regia fu molto bella e vistosa, come raccontava una citazione sul giornale

’Ancora, che parlava di splendide carrozze, di gente felice e di una pioggia di confetti e

fagioli dalle terrazze dell’hotel “Viareggio”.

All’anno 1883 risale il carro più antico di cui si sia conservata memoria: I Quattro Mori, fedele riproduzione, in scala minore ma non troppo, del monumento livornese a Ferdinando II con i quattro schiavi incatenati alla base, opera di Pietro Tacca; probabilmente era un omaggio al compartimento marittimo di Livorno che comprendeva lo scalo di Viareggio.

La cosa interessante è che quel carro, con una figura predominante al centro e altre più piccole ai lati, è stato il prototipo delle costruzioni allegoriche viareggine. Fu realizzato con gesso, scagliola e colla e fu trasportato in Via Regia su un pianale di marmo, noleggiato a Pietrasanta, trainato al corso da buoi coperti da una gualdrappa, come dimostra appunto il bozzetto di questo carro, conservato al Centro Documentario Storico Comunale.

I Quattro Mori – Regia Marina

Sappiamo che altri carri presero parte alla sfilata, anche se non ne conosciamo il soggetto, con sopra tantissime maschere pensate e create con intenti satirici verso i personaggi investiti di autorità civile. Sulle carrette furono inchiodati tavoli e panche; fra le maschere abbondavano: pane, biroldo, formaggi, vino e tanta allegria, ma anche carrozze con i classici fiori che arrivarono anche da Lucca e Pietrasanta con a bordo ragazzi e ragazze.

Sul finire del secolo comparvero in mezzo alla festa di popolo, che fu subito grande, i carri trionfali, veri e propri monumenti modellati anche da scultori di prestigio, come: Mario Norfini di Firenze, Giovanni Lombardi di Milano, e i versiliesi Raffaello Tolomei e Domenico Ghiselli; erano costruiti in legno, scagliola e juta da carpentieri e fabbri, gli stessi che avevano dato alla marineria viareggina i “Barcobestia”. I costruttori forgiavano uno scheletro di cannicci e fil di ferro che poi ricoprivano di iuta e di carta impastate nel gesso e nella scagliola, creando un composto che poi veniva modellato.

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I cosiddetti “carri del marmo”, portati in corso montati sui pianali della Versilia storica con ruote e telai robusti e tirati da una o più coppie di buoi, s'ispiravano alla scultura neoclassica di moda agli inizi del Novecento. Questa sorta di “monumenti” rifletteva solitamente un'ispirazione mitologica esagerata, spesso carica più di retorica che di ironia.

Nel 1899 fu la volta del primo carro della storia viareggina che si occupava di politica: l’alleanza italo-francese, e alludeva all’abitudine dei governanti italiani di tenere il piede in due staffe, alleandosi con Germania e Austria da una parte e strizzando l’occhio alla Francia.

2.4 - Nella platea del più grande spettacolo

Il corso carnevalesco del 1905 è storicamente importante perché è il primo che giunge a sfilare in quello che sarà il suo palcoscenico prestigioso e naturale: i viali a mare.

Abbandonata la via Regia, protagoniste del corso sui Viali a mare furono le automobili. Alla guida di una berlina, trainata da un asino, c’era una donna: “La signora al volante” dal significato “Donna al volante, pericolo costante”.

Fra le automobili e le carrozze c’erano anche tre i carri raffiguranti: un cocchio romano, una palma e il profilo delle Apuane.

Il Carnevale Viareggino spiccò il suo volo verso il successo internazionale partendo da qui.

2.5 - Scherzo dell'ironia col trucco liberi la gente

Nel 1909 Il carro I burattini meccanici di Giuseppe Giorgi, soprannominato “Noce”, barbiere e cantastorie molto popolare a Viareggio, che, già anziano, si ritagliò all’interno delle manifestazioni carnevalesche una propria felice dimensione performativa che proponeva invenzioni buffe e satiriche avvalendosi di forme espressive desunte dal teatro comico popolare. Si presentò al corso con una composizione di maschere statiche che, al segnale di un campanello, si animavano a scatti come tanti robot.

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Alfredo Morescalchi descrive così, nel suo libro Ricordi di un carnevalaro, questa performance:

[…] stava immobile su una specie di palco sopraelevato, in mezzo a quattro colonne; più giù, a ogni lato del palco, stavano quattro persone mascherate sedute e anch’esse immobili.

… gni tanto s uillava un campanello elettrico e tutti i cinque personaggi si mettevano in movimento[…]

Tutti agivano a scatti come si potevano vedere allora, in certi baracconi da fiera, quei burattini meccanici mossi elettronicamente. A un altro suonar del campanello i cinque personaggi, istantaneamente restavano immobili come avessero perso improvvisamente la carica.[…]

Questo di Noce è il primo esempio di costruzione animata che la documentazione ci tramanda, anche se la prima effettiva animazione l’avremo nel 1923, quando la magia del movimento darà nuova energia vitale ai carri allegorici.

2.6 - Scendi nel corso ridi giullare, c’è tutto un mondo che vuole capire!

Nel 1911 si tenne il corso più importante di quel periodo, vero anticipatore dei grandi corsi carnevaleschi degli anni Venti.

Si parla anche di un coinvolgimento di Lorenzo Viani nella realizzazione dei dipinti alla base del carro Il trionfo della vita di Domenico Ghiselli, secondo classificato, ma su questo è aperta una questione controversa, a tal proposito scrive Riccardo Mazzoni12:

[…]Siamo davvero sicuri.., come vuole una tradizione consolidata, che siano di Lorenzo Viani le pitture sulla base del carro, con la raffigurazione di perturbanti scene di dolore e di morte (sconfitte nel messaggio allegorico dal valore supremo della Vita), e non piuttosto com’ logico supporre dello stesso progettista che era un notevolissimo pittore-decoratore e dunque non aveva nessun motivo di far eseguire ad altri, seppure a un amico come Lorenzo Viani, ciò che sapeva far meglio, cioè dipingere?[…]

E’ stata la maggiore studiosa dell’opera di Viani, Ida Cardellini Signorini, a ipotizzare in forma dubitativa un coinvolgimento del grande artista, sulla scorta di un “tacito consenso” protrattosi per anni: […]Se pur non vi riconosca la mano di Viani può darsi che egli abbia dato un suo disegno[…], scrive nella sua fondamentale monografia vianesca del 1978.

Dubbi che vengono completamente abbandonati dai vari divulgatori, per cui Viani diventa indubitabilmente tanto l’ideatore quanto l’autore materiale del pannello.

Alcuni studiosi hanno addirittura sostenuto che il dipinto sarebbe stato ispirato a Viani dagli esiti di una furiosa tromba marina che si abbatté in quel periodo su Viareggio procurando un gran numero di feriti.

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Tale lettura è stata però contraddetta da Paolo Fornaciari, in quanto l’episodio della tromba marina risalirebbe al 15 marzo, mentre il corso del 1911 ebbe luogo il 26 febbraio. Fornaciari ha inoltre ritrovato un interessante articolo apparso sul settimanale Versilia del 18 gennaio 1911 (circa un mese prima del corso carnevalesco) in cui Viani parla dell’opera di un pittore belga da lui molto amato, un artista a cui lo legavano forti affinità elettive, Eugène Laermans, soffermandosi sulla descrizione del dipinto Tragedia umana osservando che il soggetto centrale del pannello riproduceva proprio una scena identica a quella descritta e ha quindi interpretato il dipinto come un omaggio di Viani a Laermans.

In realtà nulla prova che Viani abbia materialmente eseguito il dipinto; in quel momento storico Viani e Domenico Ghiselli facevano parte dello stesso ambiente culturale, ne condividevano gusti, aspirazioni, amicizie e ideali, per cui Ghiselli avrebbe potuto tranquillamente prendere spunto proprio dall’articolo di Viani o da una conversazione avvenuta tra loro.

Pannello alla base del carro Il trionfo della vita-1911 Di Domenico Ghiselli Lorenzo Viani

Oggi Viani è considerato uno dei più grandi pittori europei del suo tempo, mentre Ghiselli è praticamente sconosciuto anche agli addetti ai lavori, ma all’epoca era uno stimatissimo decoratore, apprezzato anche (a titolo di esempio) da Giovanni Pascoli, che lo aveva soprannominato “Giotto” a causa del suo talento precoce e gli aveva commissionato un disegno che avrebbe voluto porre in copertina nella prima edizione dei Canti di

Castelvecchio.

Lorenzo Viani o Domenico Ghiselli? La questione dell’autore dei dipinti sulla base del carro

Il Trionfo della Vita resta a oggi ancora aperta.

Terzo classificato al corso del 1911 è il carro Le nostre spiagge a Carnevale o Il Nettuno, Prog. P. (forse Paolo) Gemignani, che testimonia il rapporto d’amore di Viareggio con il mare e come anche la festa carnevalesca risentisse della cultura marinaresca dei suoi abitanti. Dedico una piccola nota a questo carro in quanto il tema del Nettuno sarà parte fondamentale nella seconda parte di questa mia tesi.

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Le nostre spiagge a Carnevale o Il Nettuno 2.7 - Nasce il movimento, come un alito di vento

Nel 1923 la prima animazione. Il primo a sbattere le palpebre fu il malinconico Pierrot di Umberto Giampieri. Un’armatura di legno molto pesante tenuta insieme da fil di ferro era la gabbia per il busto del mascherone e per le braccia costruite, allo stesso modo, tutto era poi foderato di stoffa e carta. La testa del Pierrot, del peso di sei quintali, aveva invece un’anima di ferro, su cui erano state stese juta e scagliola, lisciate poi, con cartavetra. Ma l’aspetto rivoluzionario di questa struttura fu il “movimento”, nuovo elemento espressivo che si faceva strada tra i maghi della cartapesta.

Sembra impossibile immaginare che, dopo la grande guerra, quelle modeste carrette si siano trasformate, nel giro di pochi anni, in giganti di Cartapesta dai colori unici e movimenti incredibili. Sicuramente Umberto Giampieri, insieme a Guido Baroni, nell’inverno fra il 1922 e 1923 entrarono nella storia del Carnevale con il miracolo del movimento: nelle orbite degli occhi, con un gesto copiato da quello delle bambole, i due maghi inserirono due globi capaci di ruotare in tutte le direzioni e la materia si animò d’incanto. Il Giampieri inventò anche una speciale forcella, fatta realizzare da un fabbro, che reggeva la testa e contemporaneamente la faceva muovere dal basso in alto e da sinistra a destra.

Il miracolo si vide sui viali a mare, quando il Pierrot scese in mezzo alla gente incredula che applaudiva, abbracciava e baciava i due costruttori, forse anche un po’ spaventata, come era accaduto agli albori dell’invenzione del cinématographe, con L'arrivo di un treno alla

stazione di La Ciotat, famosissimo cortometraggio dei fratelli Auguste e Louis Lumière girato

nel 1895: la leggenda dice che gli spettatori fuggirono via dal cinema temendo di essere investiti dal treno che andava loro incontro.

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Il Pierrot, a sua volta, con il suo enorme testone sembrava ammirare il pubblico e con gli occhi che si muovevano, delicatamente, pareva osservare lo spettacolo.

Pierrot di Umberto Giampieri – 1923 Il movimento divenne il propulsore della manifestazione, ma la motorizzazione elettronica o telematica venne rifiutata dai costruttori; il dinamismo dei mascheroni deriva dalla inventività di una meccanica povera, fatta di leve, pulegge, carrucole, ruote, guide a coulisse, molle, molloni, elastici, tiranti, giunti, martinetti, argani, snodi cardanici, forcelle, pistoni e ogni altro marchingegno rudimentale azionato da manovre a braccia. Nel ventre dei carri si perpetuava l'impegno inventivo marinaresco, dentro ogni carro riviveva l'antico cantiere marittimo degli alberai, sbozzellai, falegnami, fabbri che fornivano alle velature il trinchetto, la mezzana, la maestra, i pennoni, le mazze, i picchi, i bompressi, le scocche e i bracci.

Lo scrittore Silvio Micheli racconta: A quel tempo il carro nasceva odoroso di ragia e di

pece come un bastimento nello stesso cantiere a colpi d’ascia e di ma ette.

Nei capannoni, del resto, per molto tempo si è fatto largo uso della terminologia marinara; il carro veniva suddiviso in poppa e prua e gli spazi chiamati plancia, coperta, ponte, coffa. La portata dei carri era misurata a stazze e il loro movimento agli orecchi dei costruttori era beccheggio, rollio, scarroccio; i carri virano, ormeggiano, vanno in alaggio e la loro uscita dai capannoni è il varo, così come ciurma venne definita in seguito la gente che assicurava al carro i movimenti, le luci e i suoni. I carri al loro interno celano, come allora ancora oggi, una folla di operatori che agisce a tempo di musica, imprimendo un ritmo ai gesti, i guizzi, i sussulti dei mascheroni.

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2.8 - Sei l’invenzione del vecchio carrista

…Cerchi il senso della vita nei colori di un'idea

ma è nella creta la tua fantasia…

Dentro gli occhi un vecchio sogno

nelle mani la magia

c'è nell'ingegno futuro e poesia….

(Carnevale delle caramelle di G. Lami 1985)

Nel 1924 il secondo miracolo, o meglio la seconda magia: la scoperta della carta a calco per la realizzazione dei mascheroni.

Una lunga serie di esperimenti negativi precedette l'invenzione.

L’origine della cartapesta sembra sia da attribuire ai cinesi, che intorno all’anno zero trovarono il modo di utilizzarla addirittura negli elmi e nelle armature dei guerrieri. Dalla Cina, passando per il mondo arabo, durante la seconda metà del 700 si cominciano a trovare oggetti di arredamento in carta pressata, dall’Oriente arrivarono paraventi, paralumi, ombrelli, tavolini e vasellame vario.

Nell’800 mobili in cartapesta e anche giocattoli per bambini si possono trovare sia in Europa sia negli Stati Uniti e in Russia.

Il problema da risolvere era come adattare questo sistema alle esigenze di un mastodontico carro carnevalesco.

All’epoca, raccontano i “vecchi”, e in particolare la memoria storica del “capannone” dei Fratelli Bonetti, Luciano Lucignani, scomparso da poco al momento di questa mia stesura, le prime modellature si realizzavano con la rena bagnata, come i castelli di sabbia, solo in seguito in creta, e la cartapesta veniva applicata sopra, con un risultato però non bello: la carta si spappolava, le superfici restavano rugose, e le forme non stavano in piedi.

Da qua l’idea geniale di Antonio D’Arliano detto Tono. Tono aveva accettato con entusiasmo la proposta di collaborazione rivoltagli da Alfredo Pardini, carrista già affermato, del quale era nota la bravura nella realizzazione dei movimenti; si era raccomandato, però, che fosse rispettato esattamente il bozzetto così come lui lo aveva disegnato, in scala pezzo per pezzo, per il suo primo carro I tre cavalieri del Carnevale, secondo il bozzetto approvato dall’allora Comitato Carnevale.

Alfredo non fu però d’accordo di non poter apportare alcuna variante e abbandonò la collaborazione unendosi al fratello Michele per la costruzione di altri due carri che si classificarono secondo e terzo, mentre Tono continuò da solo e vinse il primo premio, dando vita in quell’anno all’eterna rivalità fra lui e i fratelli Pardini.

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I costruttori fecero varie prove con la carta macerata ma senza successo, tentando di creare delle sagome con diversi tipi di carta, ma al momento di togliere il calco dalla forma o si strappava oppure rimaneva appiccicata in più parti e alla fine il mascherone si afflosciava. Quando ormai sembrava tutto finito, finalmente, dopo innumerevoli tentativi, fu il D’Arliano che capì che non si doveva applicare la carta sulla creta ma creare un calco in gesso sulla creta, dove doveva essere poi incollata la carta che sarebbe così venuta via senza strapparsi o afflosciarsi. La prima mossa azzeccata fu quindi il rivestimento di gesso sulle forme di creta, lo strato di gesso, rappreso, si staccò con facilità e formò uno stampo al negativo.

La seconda mossa fu la scelta della carta di giornale, da incollare, a strati, all'interno degli stampi di gesso.

… Dolce sapore aria di esta

sei tu la maschera di cartapesta

che prende il cuore prende la testa

sei l'invenzione del vecchio carrista…

(Musica vola via di G. Lami - 1984)

Il miracolo si compì, il gesso si asciugò e fu staccato dalla creta, lo stampo intero del faccione fu appoggiato a terra e sul negativo cominciarono a “pigiare” i pezzi di carta impastati con colla fatta di acqua e farina.

Bisognava però che la carta asciugasse velocemente, e l’intuizione questa volta venne a Michele Pardini che utilizzò dei bracieri ispirati agli scaldini13.

Il Pardini stese un robusto fil di ferro alle due estremità della forma e vi appese gli scaldini con la brace, coprendo il tutto con una balla.

Dopo poco più di due ore la carta era completamente asciutta e pronta a staccarsi. La carta si tolse quasi da sola dalla forma e rimase su senza afflosciarsi creando forme di carta sonante, leggera ma solida.

Dopo aver levigato la forma ottenuta, si procedette alla decorazione con colori acrilici o a tempera, poi ricoperti da un’ulteriore vernice lucida di protezione.

Il risultato fu che quel faccione pesava pochi grammi invece di un quintale. Era nata la carta a calco.

Il primo carro di cartapesta fu quindi I tre cavalieri del Carnevale realizzato da D’Arliano nel 1925. È possibile vederlo in movimento nel video “Carnevale di Viareggio 1925”14 .

13 recipienti di terracotta che venivano riempiti di carbone e, la brace che si creava poteva durare tutto il giorno, usati per scaldarsi. 14 copia messa a disposizione dal Comune di Viareggio restaurata dalla Cineteca di Bologna

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I tre cavalieri del Carnevale” - Antonio D’Arliano 1925 Il cavallo di Troia O.N.D. 1935

Nel 1935 il carro Il cavallo di Troia, su commissione dall'OND, sezioni di Lucca, Pisa, Livorno, Arezzo, Firenze, sostituì la carta a calco col legno compensato, realizzando forme cubiste sotto la suggestione dell'arte futurista allora in voga. L'ultimo posto in classifica del carro, nonostante la sua originalità e modernità, sconsigliò, in futuro, i costruttori a usare materiali diversi dalla carta a calco.

Per disposizione del Comitato la carta a calco sui carri divenne materiale d'obbligo.

La cartapesta ha, da allora, consentito costruzioni colossali, ma leggere. Mascheroni capaci di librarsi nell'aria sfidando la legge di gravità. L’impatto scenografico, la cura nella modellatura e nella colorazione, la musica, il brio dei figuranti a bordo, uniti alla spettacolarità dei movimenti, che sfidano le leggi della fisica, rendono i carri spettacolari, unici al mondo. I Maestri costruttori viareggini, oggi oltre 25 ditte artigiane, con più di mille persone al lavoro, in molti casi figli d'arte che hanno ereditato dai padri o dai nonni le abilità e i segreti di un mestiere unico al mondo, riescono, in un luogo magico, teatro di questa tecnica artigianale, la Cittadella del Carnevale, a plasmare masse e volumi molto grandi. Grazie alla leggerezza delle forme vuote, il carro, che può raggiungere i venti metri di altezza, diventa una struttura semovente spettacolare, un vero e proprio teatro viaggiante creato per stupire il pubblico con effetti coreografici straordinari.

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CITTADELLA DEL CARNEVALE USCITA CARRI

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3. TRADIZIONE Vs INNOVAZIONE

Tempi Moderni 1953 Beppe Domenici e Arnaldo Galli dal bozzetto al carro

La Penisola sommersa F.lli Bonetti 2013 dal bozzetto al carro

Il Carnevale di Viareggio è una manifestazione culturale e folkloristica storica della città, inserita nella tradizione popolare. Ma, in quanto tale, deve continuare a perpetrare tutte le antiche consuetudini? Deve essere annoverato fra le manifestazioni che afferiscono a rievocazioni storiche e proiettarsi nel passato per rivivere e far rivivere atmosfere del tempo che fu, oppure diventare una manifestazione che con propria metamorfosi interagisce con le nuove tecniche e tiene il passo con i tempi? Il Carnevale di Viareggio si trasforma, adattandosi alle aspettative del pubblico.

Non è una rievocazione storica, non una festa effimera. Il Carnevale di Viareggio è Viareggio, la sua storia, la sua cultura, un’importante porzione del proprio patrimonio culturale.

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