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Analisi a elementi finiti per la valutazione della sicurezza di una sala di Palazzo Magio Grasselli a Cremona

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Facoltà di ingegneria civile, ambientale e territoriale

Corso di Laurea in Ingegneria Civile

ANALISI A ELEMENTI FINITI PER LA

VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA DI UNA

SALA DI PALAZZO MAGIO GRASSELLI A

CREMONA

Relatore: Professore ALBERTO TALIERCIO

Correlatore: Architetto PAOLA CONDOLEO

Tesi di laurea di:

GIORGIO MONTAGNANI

Matr. 904923

Anno accademico 2019/2020

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Ringraziamenti

In primis rivolgo un ringraziamento speciale al mio relatore professor Alberto Taliercio, per la sua immensa pazienza, per i suoi indispensabili consigli, per le conoscenze trasmesse durante tutto il percorso di analisi e di stesura dell’elaborato.

Ringrazio l’architetto Paola Condoleo per aver condiviso il suo importante lavoro di rilievo dello stato di fatto, necessario a comprendere la geometria del caso studiato.

Ringrazio il professor Alberto Grimoldi e l’architetto Angelo Landi per le utili informazioni fornite e per avermi guidato durante il sopralluogo a palazzo Magio Grasselli di Cremona. Ringrazio tutti i professori del Politecnico di Milano che hanno contribuito alla mia formazione professionale, insegnandomi, oltre alle loro numerose conoscenze, l’importanza della dedizione e dell’impegno.

Un pensiero speciale va alla mia famiglia, ai miei compagni di corso e alla mia fidanzata, che hanno saputo starmi vicino durante il percorso universitario.

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Abstract

To analyse one of the most important room of Magio Grasselli’s Palace, an aristocratic ancient building in Cremona, was the object of this master thesis. The room is fully frescoed and surmounted by a big and very uncommon vault.

The main aim was to analyse the structure and to investigate the main causes of the crack pattern of the room. Taking into account the vault specificity, it was worth to study also how the vault would behave if no reinforcement (tie rods and buttresses) existed.

The analysis was made through 3d finite elements using Abaqus CAE software. Several models were developed using different methods to describe the masonry behaviour. Other two models were developed: one taking into account thermal effects due to the use of existing flues, another in which the reinforcements were removed.

The results underlined that the damage of the vault is mainly due to static loads, while the crack in the perimetral walls are produced by the heat flow in the flues. The results also show that the structure can sustain the static loads by its own. The reinforces, however, improve the stress state and increasing its strength. The analysis highlighted the origin of the main structural problems, which must be kept in mind in case of future interventions on the room.

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Indice dei contenuti

RINGRAZIAMENTI ... I ABSTRACT ... III INDICE DEI CONTENUTI ... V INDICE DELLE FIGURE ... VII INDICE DELLE TABELLE ... X

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE ... 1

1.1OGGETTO ... 1

1.2OBIETTIVO ... 1

1.3SVOLGIMENTO DELLA TESI... 2

CAPITOLO 2 STATO DELL’ARTE ... 3

2.1TIPOLOGIE RICORRENTI DI VOLTE IN MURATURA ... 3

2.2TECNICHE COSTRUTTIVE ... 5

2.2.1 Le centine ... 6

2.2.2 Disposizione dei mattoni... 6

2.2.3 Il disarmo ... 7 2.2.4 Lavori complementari ... 8 2.3ELEMENTI DI RINFORZO ... 8 2.3.1 Frenelli ... 9 2.3.2 Costoloni ... 9 2.3.3 Catene intra/extradossali ... 10 2.4I DISSESTI STRUTTURALI ... 11 2.4.1 Le cause ... 11

2.4.2 Sintomi del dissesto e quadri fessurativi ... 12

2.4.3 Quadri fessurativi delle volte a padiglione ... 12

2.5METODOLOGIE DI CALCOLO ... 14

CAPITOLO 3 PALAZZO MAGIO GRASSELLI IN CREMONA... 17

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3.2LA STORIA ... 19

3.3LA GEOMETRIA ... 20

3.3.1 Rilievi fotogrammetrici ... 20

3.3.2 Rilievi termografici ... 21

3.4IL QUADRO FESSURATIVO ... 21

CAPITOLO 4 MODELLO NUMERICO DEL SALONE ... 27

4.1MODELLAZIONE FEM ... 27

4.1.1 La volta ... 27

4.1.2 Le pareti ... 30

4.1.3 I frenelli ... 32

4.1.4 Le catene ... 33

4.2MODELLAZIONE DEI VINCOLI ... 35

4.3SCELTA DELLA MESH ... 37

4.4UNITÀ DI MISURA ... 39

4.5MODELLAZIONE DEI CARICHI APPLICATI ... 40

4.5.1 Peso proprio della struttura ... 40

4.5.2 Peso del lampadario ... 41

4.5.3 Peso della copertura ... 44

4.6DEFINIZIONE DEI PARAMETRI MECCANICI ... 52

4.6.1 Le catene metalliche ... 52

4.6.2 La muratura ... 52

CAPITOLO 5 RISULTATI NUMERICI ... 59

5.1RISULTATI MODELLO ELASTICO LINEARE ISOTROPO ... 59

5.2RISULTATI DEL MODELLO ELASTICO ORTOTROPO ... 64

5.3MODELLO CDP ... 68

5.4MODELLO CDP CON CARICO TERMICO ... 72

5.5MODELLO CDP CON ASSENZA DI RINFORZI ... 76

CAPITOLO 6 CONCLUSIONI ... 79

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 81

APPENDICE A DEFINIZIONE PARAMETRI MATERIALE ANISOTROPO EQUIVALENTE ALLE MURATURE ... 83

APPENDICE B CALCOLI DEI CARICHI DOVUTI ALLA COPERTURA SOVRASTANTE LE SALE ADIACENTI ... 89

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Indice delle figure

Figura 2.1 Apparecchiature per volte in muratura: 7 Figura 2.2 Esempio di un frenello per il rinforzo di una volta in muratura 9 Figura 2.3 Esempio costoloni decorati: Cattedrale di Santa Maria Assunta Bobbio 10 Figura 2.4 Esempio tirantatura di un arco in mutatura 10 Figura 2.5 Fasi sviluppo quadro fessurativo di una volta a padiglione: 13

Figura 2.6 Volta a padiglione: 13

Figura 3.1 Particolare ammorsamento archi e campi in foglio 18 Figura 3.2 Tessitura della muratura della volta in esame 18 Figura 3.3 Vista aerea di palazzo Magio Grasselli 19 Figura 3.4 Particolare collegamento all’imposta tra volta e muri perimetrali 20 Figura 3.5 Pianta sottotetto: Indicazione posizione sezioni 22 Figura 3.6 Sezione A-A: Quadro fessurativo parete sinistra (est) 22 Figura 3.7 Sezione B-B: Quadro fessurativo parete verso il corridoio (sud) 23 Figura 3.8 Sezione C-C: Quadro fessurativo parete destra (ovest) 24 Figura 3.9 Sezione D-D: Quadro fessurativo parete lato strada (nord): 25 Figura 3.10 Schema riassuntivo quadro fessurativo salone 26 Figura 4.1 Modello originale della cupola realizzato in Rhino 28 Figura 4.2 Parte superiore della volta 29 Figura 4.3 Parte inferiore della volta 29 Figura 4.4 “Tie Interaction” tra base e parte superiore della volta 30 Figura 4.5 Modello originale del salone 31 Figura 4.6 Modello semplificato del salone 31 Figura 4.7 Taglio per tener conto del mancato ammorsamento delle pareti 32 Figura 4.8 Pianta sottotetto salone: Posizione frenelli 33 Figura 4.9 Pianta sottotetto salone: Posizione catene 34 Figura 4.10 Fotografia delle catene 35 Figura 4.11 Schema vincoli laterali sala 36 Figura 4.12 Assegnazione vincoli nel modello di calcolo 36 Figura 4.13 Schema vincoli laterali sala 37

Figura 4.14 Elementi solidi 37

Figura 4.15 Convenzione numerazione nodi 38

Figura 4.16 Elemento Truss 38

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Figura 4.18 Finestra per assegnazione del peso proprio in Abaqus 40 Figura 4.19 Lampadario al centro del salone 41 Figura 4.20 Struttura che ripartisce il carico del lampadario 42 Figura 4.21 Geometria della struttura di supporto del lampadario 42

Figura 4.22 Schema di calcolo 43

Figura 4.23 Assegnazione carico lampadario in Abaqus 44 Figura 4.24 Schema delle travi di copertura 44 Figura 4.25 Tipologia di copertura 45 Figura 4.26 Foto copertura con vista verso parete est 46 Figura 4.27 Foto della copertura con vista verso la parete ovest 47 Figura 4.28 Schema del telaio resistente di copertura 48 Figura 4.29 Tetto con le travi principali disposte parallelamente alla linea di colmo 49

Figura 4.30 Tetto a capanna 49

Figura 4.31 Schema di calcolo della spinta della copertura 50 Figura 4.32 Riepilogo dei carichi distribuiti sulle pareti perimetrali. 50 Figura 4.33 Carichi dovuti alla copertura applicati in Abaqus. 51 Figura 4.34 Legame costitutivo della muratura a trazione e compressione. 54 Figura 4.35 Dominio plastico secondo il criterio di Drucker-Pragert modificato. 56 Figura 5.1 Modello elastico isotropo: Sforzi massimi di trazione nella struttura 60 Figura 5.2 Modello elastico isotropo: Azioni assiali nelle catene 60 Figura 5.3 Modello elastico isotropo: Momenti flettenti nelle catene 60 Figura 5.4 Modello elastico isotropo: Massimi sforzi di trazione (intradosso) 61 Figura 5.5 Modello elastico isotropo: Massimi sforzi di trazione (estradosso) 62 Figura 5.6 Modello elastico isotropo: Massimi sforzi di trazione nelle pareti laterali 63 Figura 5.7 Modello elastico isotropo: Massimi sforzi di compressione 63 Figura 5.8 Tessitura della muratura risultante dalle termografie 64 Figura 5.9 Schema semplificato dell’orditura dei mattoni 64 Figura 5.10 “Material orientation” in Abaqus: Parte superiore della volta 65 Figura 5.11 “Material orientation” in Abaqus: Parte inferiore della volta 65 Figura 5.12 Modello elastico ortotropo: Massimi sforzi di trazione (intradosso) 66 Figura 5.13 Modello elastico ortotropo: Massimi sforzi di trazione (estradosso) 67 Figura 5.14 Modello elastico ortotropo: Massimi sforzi di trazione nelle pareti 67 Figura 5.15 Modello elastico ortotropo: Azioni assiali nelle catene 68 Figura 5.16 Modello CDP: curve di livello a compressione nel materiale. 69 Figura 5.17 Modello CDP: Curve di livello del danno a trazione (intradosso). 70 Figura 5.18 Modello CDP: Curve di livello del danno a trazione (estradosso). 70 Figura 5.19 Modello CDP: Azioni assiali nelle catene 71 Figura 5.20 Modello CDP: Massimi sforzi di trazione (intradosso) 71

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Figura 5.21 Modello CDP: Massimi sforzi di trazione (estradosso) 72 Figura 5.22 Geometria della sala: in evidenza la posizione dei camini. 73 Figura 5.23 Modello CDP Termico: Temperatura salone iniziale, espressa in °C. 74 Figura 5.24 Modello CDP Termico: Temperatura assegnata alle canne fumarie 74 Figura 5.25 Modello CDP Termico: Curve di livello del danno della parete sinistra 75 Figura 5.26 Modello CDP Termico: Curve di livello del danno della parete destra 75 Figura 5.27 Modello CDP in assenza di rinforzi: Geometria 76 Figura 5.28 Modello CDP dell’intradosso: Curve di livello del danno 77 Figura 5.29 Modello CDP dell’estradosso: Curve di livello del danno 77 Figura 5.30 Modello CDP dell’intradosso: Massimi sforzi di trazione 78 Figura 5.31 Modello CDP dell’estradosso: Massimi sforzi di trazione 78 Figura A.1 Modello a strati della muratura 83 Figura A.2 Caratteristiche geometriche muratura 86 Figura B.1 Schema sale e travi principali copertura 89 Figura B.2 Schema copertura sala (4.03) 90 Figura B.3 Schema copertura sala (4.01) 91 Figura B.4 Schema copertura sala (4.06) 92 Figura B.5 Foto copertura del salone (4.03) 92 Figura B.6 Schema copertura sala (4.07) 93 Figura B.7 Schema copertura sala (4.08) 94 Figura B.8 Riepilogo dei carichi esercitati dalla copertura 95

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Indice delle tabelle

Tabella 4.1. Parametri del modello elastico isotropo 53 Tabella 4.2. Parametri del modello elastico ortrotopo. 53 Tabella 4.3. Parametri modello CDP: Parametri generali. 58 Tabella 4.4. Parametri modello CDP: Comportamento a compressione. 58 Tabella 4.5. Parametri modello CDP: Comportamento a trazione. 58 Tabella A.1. Parametri modello elastico ortrotopo. 87

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 Oggetto

L’oggetto di studio del presente elaborato di laurea è una sala di palazzo Magio Grasselli, un antico palazzo signorile sito in Cremona in corso XX Settembre n. 37. Il manufatto risulta essere una delle stanze di maggior pregio, interamente decorato e sormontato da una grossa volta di tipologia molto particolare. Questa infatti si sviluppa a partire da uno scheletro di quattro archi intersecati tra loro, disposti due in direzione longitudinale e due in direzione trasversale e aventi spessore doppio rispetto al resto della volta.

1.2 Obiettivo

Il seguente elaborato si propone come obiettivo quello di eseguire un’analisi strutturale per determinare il comportamento tenso-deformativo della sala considerata, approfondendo maggiormente il comportamento della volta ed investigando il suo quadro fessurativo. Lo scopo della tesi è quello di mettere in evidenza le principali problematiche della struttura, la cui comprensione risulta fondamentale per poter prevedere un eventuale futuro intervento di rinforzo del salone.

Vista la particolare tipologia della volta, si è scelto inoltre di studiare come questa struttura si comporterebbe nel caso di assenza dei rinforzi presenti, ossia degli otto frenelli costruiti in corrispondenza delle imposte di ogni arcata e delle due catene estradossali poste in direzione longitudinale e immerse nella parte centrale della volta.

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1 INTRODUZIONE

1.3 Svolgimento della tesi

Al fine di inquadrare a pieno il caso di studio, si presenta in primis una panoramica generale delle volte, coperture utilizzate fin dall’antichità soprattutto per edifici di pregio. Se ne descrivono le principali tipologie e le diverse geometrie ricorrenti per questo tipo di manufatti, le tecniche costruttive e le tipologie di rinforzo maggiormente impiegate in passato per dare una maggiore solidità a queste strutture.

Nel proseguo si entra nello specifico caso in esame, ossia del salone Magio Grasselli. Si presenta quanto emerso dall’analisi storico-critica del palazzo, si passa poi alla descrizione nello specifico della geometria, dei materiali e del quadro fessurativo, noti grazie alle indagini condotte sotto la coordinazione della Professoressa Paola Condoleo e del Professore Alberto Grimoldi.

Introdotto il caso di studio, si descrive il modello utilizzato. Si è scelto di effettuare un’analisi a elementi finiti 3D utilizzando il software di calcolo Abaqus. A tal fine sono stati realizzati diversi modelli, in cui si sono utilizzati metodi via via più evoluti per schematizzare il comportamento della muratura. In particolare coi modelli elastici si sono indagate le aree più sollecitate, mentre con quello basato sul “Concrete damaged plasticity” si sono analizzate le possibili cause delle lesioni.

Al fine di valutare le pronunciate fessure sulle pareti, non imputabili ai carichi statici, è stato sviluppato anche un modello in cui si sono introdotti gli effetti termici dovuti all’utilizzo dei camini presenti.

Si è infine proseguito analizzando il contributo dei frenelli e delle catene presenti, andando così a definire quanto questi rinforzi incidano sula stabilità della struttura.

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CAPITOLO 2

STATO DELL’ARTE

Sin dall’antichità, in molte aree del globo, si possono ritrovare numerosi esempi di edifici la cui copertura è stata realizzata mediante l’uso di volte. I più antichi, risalenti al III millennio a.C., sono stati scoperti in Egitto e in Mesopotamia. Questa tipologia di costruzioni si è in seguito diffusa ad altri popoli, ottenendo un grande successo soprattutto nell’architettura romana, tanto da divenirne uno degli elementi caratterizzanti. In seguito alla caduta dell’Impero le tecniche romane non andarono perdute, ma vennero assimilate e sviluppate soprattutto dai bizantini, mentre nel resto d’Europa nell’Alto Medioevo si seppe realizzare solo cupole di piccole e medie dimensioni.

Col passare del tempo, dal Basso Medioevo fino ai giorni nostri, si avvertì sempre di più l’esigenza di realizzare cupole di dimensioni via via maggiori al fine di realizzare edifici più alti, ampi e maestosi. Questo bisogno portò ad un affinamento delle tecniche costruttive impiegate.

2.1 Tipologie ricorrenti di volte in muratura

Nel corso della storia sono state sviluppate moltissime tipologie di volte, soprattutto a causa delle differenti caratteristiche delle superfici da coprire. Le principali descritte in letteratura (Tomasoni, 2008) sono le seguenti:

- Volta a botte

E’ uno tra i sistemi più semplici e diffusi di copertura non piana e consiste nell’unione di più archi nel senso dello spessore.

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2 STATODELL’ARTE

- Cupola

Copertura di forma semisferica che scarica il peso su una muratura circolare. L’intradosso può presentarsi liscio o cassettonato, come nel celebre caso del Pantheon.

- Volta a padiglione

Si ottiene dall'intersezione di due volte a botte conservando le loro parti in comune.

- Volta a specchio

Viene ottenuta sezionando una volta a padiglione con un piano orizzontale al di sopra del piano d'imposta.

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2 STATODELL’ARTE

- Volta a crociera

Si ottiene dall'intersezione di due volte a botte conservando le parti non in comune.

- Volta a vela

Copertura simile ad una cupola alla quale sono state eliminate quattro porzioni tramite dei piani verticali seguendo un perimetro quadrato o rettangolare.

2.2 Tecniche costruttive

Come è ben evidenziato in numerosi manuali di architettura (Cantalupi, 1867) sono quattro le fasi essenziali per la realizzazione delle volte:

- la costruzione dell’armatura e delle centine; - l’esecuzione della volta sull’armatura;

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2 STATODELL’ARTE

- il disarmo;

- i lavori complementari da eseguirsi dopo il disarmo.

2.2.1 Le centine

Per la costruzione di una volta è necessario realizzare una struttura lignea provvisoria, chiamata centina o armatura. La centina deve innanzitutto essere in grado di sostenere la struttura prima che la volta sia completata e che la malta abbia fatto presa e, inoltre, deve creare una superficie curva avente la forma dell’intradosso, con la funzione di guida per la posa dei conci.

In passato un problema nella costruzione delle centine era legato al recupero del legname necessario alla loro realizzazione. Per questo, in alcuni casi, l’uso delle centine poteva essere limitato ad alcune zone delle volte, come accadde per esempio per le volte nervate del periodo medievale, oppure riservato alla zona compresa fra le reni. In questo caso, per la zona in prossimità dell’imposta, la stabilità della struttura in fase costruttiva era affidata alla capacità dei conci di resistere allo scorrimento grazie alla forza di attrito che si veniva a creare tra i giunti che, essendo poco inclinati, erano in grado di reggersi senza l’ausilio di centine. Un altro espediente per ridurre l’impiego del legname consisteva nel realizzare, specialmente per volte e cupole impostate a grande altezza, armature a sbalzo ancorate nel piedritto o armature aeree appoggiate direttamente all’imposta. Le sporgenze preparate per questa esigenza venivano poi utilizzate per una funzione decorativa.

In alcuni casi il problema legato al rinvenimento del materiale e alla realizzazione della carpenteria fu aggirato ideando strutture voltate autoportanti come nel celebre esempio della cupola di Santa Maria del Fiore, o delle piccole cupole autoportanti diffuse a Firenze nel XV secolo.

2.2.2 Disposizione dei mattoni

I numerosissimi esempi di volte realizzate in passato sono principalmente in muratura, di pietra o di laterizio. Queste ultime risultano più vantaggiose in quanto più leggere, meno gravanti sui piedritti e più semplici da posare.

Un’importanza notevole è assunta dalla disposizione dei mattoni che, soprattutto nelle volte di piccola corda, può influenzare il comportamento della struttura stessa. Nel Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare (Rondelet, 1832) si descrivono le due differenti possibili disposizioni dei mattoni per formare una volta: “si possono mettere in coltello secondo la larghezza, o piani come per i mattonati, in ragione della forza e del collegamento che si vuole dare alle volte”.

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2 STATODELL’ARTE

Il metodo più semplice consiste nell’impiegare l’apparecchiatura a filari longitudinali, ossia disponendo i corsi di mattoni paralleli alle linee d’imposta. L’altra soluzione molto utilizzata consiste invece nel disporre i mattoni a 45°. Esistono numerosissimi esempi, anche ben studiati e analizzati in letteratura, in cui le volte sono state realizzate con queste due metodologie.

Figura 2.1 Apparecchiature per volte in muratura: a) a filari paralleli all'imposta, b) a filari inclinati di 45°

Una volta ultimata la disposizione dei mattoni, si procede alla colata (gettata) con malta che può essere a base di gesso e sabbia oppure di calce. L’aggiunta di questo materiale permette di riempire tutti i vuoti lasciati in questa fase e di rendere maggiormente collaboranti i mattoni costituenti la struttura.

La conclusione della posa dei mattoni di una volta è rappresentata dall’inserimento del concio di chiave: questa operazione, se ben eseguita, consente di ridurre al minimo l’abbassamento e la deformazione della volta in seguito al successivo disarmo.

2.2.3 Il disarmo

Dopo aver realizzato la volta si procede al suo disarmo. Questa è un’operazione particolarmente delicata in quanto è necessario evitare rapidi assestamenti della struttura, che potrebbe deformarsi o addirittura crollare.

Alcuni costruttori in passato procedevano lasciando trascorrere un mese o sei settimane dal compimento della volta prima di togliere l’armatura. Questa prassi costruttiva, consigliata

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2 STATODELL’ARTE

anche dal Rondelet, si è dimostrata però deleteria in quanto, togliendo la centina quando ormai la malta ha fatto presa, la volta si abbassa rapidamente e, in seguito all’assestamento, al suo interno spesso si generano delle lesioni, che, in alcuni casi, possono portare al collasso della struttura.

La tecnica maggiormente consigliata dai manuali di architettura consiste nell’allentare leggermente i sostegni su cui le armature si appoggiano prima dell’indurimento della malta, in modo da far assumere gradualmente il carico alla volta e di raggiungere la configurazione deformata con i giunti ancora duttili. Operando in questo modo i cedimenti non producono effetti dannosi.

E’ necessario però prestare attenzione a non disarmare troppo presto per non far nascere pressioni troppo elevate nei giunti, la cui malta, non ancora solidificata, potrebbe fuoriuscire e dare origine gravi danni nella volta.

2.2.4 Lavori complementari

Terminata la costruzione della volta e tolta la centina, è consuetudine riempire le reni con rottami murari e con malta di calce o in gesso, andando a realizzare un piano di calpestio. Oltre a rendere ispezionabile la struttura, la funzione del riempimento è quella di contribuire alla stabilizzazione della volta. Pur aumentando il carico verticale sulla struttura, infatti, consente di limitare lo sviluppo di sforzi flessionali causati dalla spinta prodotta lateralmente.

Il peso del riempimento tuttavia deve essere dosato poiché uno troppo pesante produrrebbe spinte troppo elevate e conseguentemente effetti negativi. In molti trattati fin dalla metà del XV secolo viene consigliato per questa ragione l’uso di riempimenti leggeri.

2.3 Elementi di rinforzo

In passato per rendere le volte più resistenti e stabili si utilizzavano prevalentemente queste tecniche:

- Realizzazione frenelli;

- Ispessimento locale attraverso costoloni; - Inserimento catene.

La realizzazione di questi elementi veniva spesso effettuata per consolidare il manufatto in seguito al suo danneggiamento, tuttavia ci sono numerosi casi in cui fin dalla fase di costruzione si prevedeva l’inserimento di questi rinforzi.

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2 STATODELL’ARTE

2.3.1 Frenelli

Questa tipologia di rinforzo ha il medesimo scopo del riempimento (rinfianco), ossia quello di contrastare le spinte laterali migliorando la stabilità della volta.

I frenelli sono dei muretti leggeri e di modesto spessore localizzati ortogonalmente alle generatrici delle falde, in modo da distribuire omogeneamente i carichi e, allo stesso tempo, irrigidire complessivamente il sistema della volta.

Il vantaggio quindi di questa soluzione rispetto al riempimento è quella di assicurare l’aumento della stabilità della volta senza però appesantirla troppo.

Figura 2.2 Esempio di un frenello per il rinforzo di una volta in muratura

2.3.2 Costoloni

I costoloni sono nervature con funzione strutturale tipici delle coperture a volta e a cupola. Questi costituiscono il telaio resistente della volta e la loro funzione è quella di convogliare le spinte e i carichi sovrastanti sui piedritti coi quali sono normalmente raccordati.

In architettura questo elemento spesso assume anche un significato estetico, ad esempio nell’architettura gotica inglese questo elemento finale ha anche un rilevante valore estetico in quanto sostiene gli elementi decorativi.

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2 STATODELL’ARTE

Figura 2.3 Esempio costoloni decorati: Cattedrale di Santa Maria Assunta Bobbio

“In accordo con la loro funzione portante, i costoloni sono realizzati in materiali resistenti (pietra, laterizio). La connessione con le strutture che essi sorreggono dipende dal materiale, dalle epoche e dalle tecniche costruttive utilizzate: possono essere semplicemente giustapposti o incastrati anche con elementi di rinforzo (staffe, perni e legature metalliche). La disposizione dei costoloni varia a seconda della configurazione delle strutture che sono chiamati a sostenere: nelle volte a botte hanno direzione parallela alle generatrici, nelle volte a crociera sottolineano le diagonali di intersezione mentre, nelle cupole, seguono gli archi meridiani.” (Ottoni, 2010)

2.3.3 Catene intra/extradossali

La catena, o tirante, è un elemento strutturale che lavora principalmente a trazione. Può essere realizzata con diversi materiali come ferro, acciaio o legno. Il suo inserimento nella struttura può essere effettuato sia in fase di costruzione, sia in seguito in modo da consolidare la struttura.

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2 STATODELL’ARTE

Le catene applicano sulle masse murarie un’azione di contenimento localizzata, per il tramite di elementi di ancoraggio, costituiti da piastre o barre, tradizionalmente denominati capichiave. Le catene possono avere un comportamento attivo o passivo: nel primo caso vengono assoggettate ad un precarico di trazione in modo da assorbire parte della spinta limitando gli spostamenti della muratura e, di conseguenza, l’insorgere di fessure, mentre nel secondo la catena non viene presollecitata e, per questa ragione, la struttura risulta più deformabile. In passato, nel caso di tiranti metallici, il tensionamento era generato scaldando la catena nel mezzo. In questo modo si produceva un allungamento e le due estremità venivano fissate senza generare alcuno sforzo. In seguito al raffreddamento, risultando impedito l’accorciamento, si creava uno stato di tensione interna. Oggigiorno vengono utilizzati metodi più sofisticati che permettono di fornire alla catena la forza di presollecitazione ottimale in modo molto più preciso.

2.4 I dissesti strutturali

I quadri fessurativi che si possono generare nelle coperture voltate sono connessi alle caratteristiche geometriche della struttura e quindi alla tipologia di volta, alla forma e allo spessore.

2.4.1 Le cause

Una delle cause più tipiche è legata al degrado dei materiali utilizzati, che nel tempo hanno avuto un peggioramento delle caratteristiche meccaniche. In particolare, nel caso delle volte in muratura le principali cause sono l’invecchiamento delle malte, le infiltrazioni di acqua e i cicli di gelo e disgelo.

Un altro fattore che influisce sullo sviluppo delle lesioni è rappresentato dai carichi che nella sua storia la struttura ha dovuto sopportare. Questi nel tempo possono essere variati e aumentati rispetto a quelli previsti originariamente.

E’ frequente inoltre imbattersi in coperture voltate che, nel corso degli anni, hanno subito manomissioni imputabili a sopravvenute necessità funzionali, per esempio l’apertura di un foro per il passaggio di una scala o la costruzione di muri per la suddivisione degli ambienti al piano di sopra. In questi casi si ha un’alterazione dello schema statico che porta a modifiche dello stato tensionale, alla comparsa di fessurazioni o addirittura, nei casi più gravi, all’attivazione di meccanismi di collasso.

Altre cause possono essere legate al cedimento del terreno di fondazione oppure alla perdita di efficacia dei presidi per il contenimento della spinta, come ad esempio la perdita di tensione nelle catene metalliche.

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2 STATODELL’ARTE

2.4.2 Sintomi del dissesto e quadri fessurativi

“Per poter determinare la stabilità della struttura è importante valutare l’entità delle lesioni e saper distinguere le fessure fisiologiche da quelle patologiche” (Tomasoni, 2015). Nel primo caso si tratta semplicemente di un assestamento o della presenza di una carenza o di un degrado dei materiali in punti localizzati e il quadro fessurativo generato non dovrebbe in genere destare preoccupazioni sulla stabilità della struttura. Le lesioni di tipo patologico invece indicano la presenza di problemi statici e sono legate alla stabilità dei muri laterali, alla distribuzione dei carichi, alla resistenza dei materiali e allo spessore degli archi o delle volte. Per poter valutare lo stato di salute di una volta è fondamentale saper distinguere tra queste due tipologie di fessure, concentrandosi sulle lesioni patologiche. Tuttavia nella maggior parte dei casi questo risulta molto difficile in quanto è assai complicato fornire delle regole generali data la grande varietà di tipologie di coperture voltate, dei materiali impiegati e delle possibili condizioni a contorno.

Si riportano ora le lesioni più frequenti che si manifestano nelle volte a padiglione. Ci si concentra su questa tipologia di volta in quanto la più simile al caso studiato presente in letteratura.

2.4.3 Quadri fessurativi delle volte a padiglione

In questa tipologia di volta le lesioni si concentrano nei punti più deboli, rappresentati quasi sempre dalle diagonali, annullando gli sforzi circonferenziali e dando origine ad una redistribuzione delle azioni interne. In un primo momento le lesioni sono localizzate nella fascia in prossimità dell’imposta e successivamente, a causa della redistribuzione degli sforzi, si estendono verso la cervice della volta. Dopo la fessurazione ogni fuso si comporta come una porzione di arco collaborante con gli altri fusi solo nella fascia sommitale.

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2 STATODELL’ARTE

Figura 2.5 Fasi sviluppo quadro fessurativo di una volta a padiglione:

(Fase I) Lesioni lungo i meridiani sulle diagonali e al centro del fuso, (Fase II) estensione delle lesioni meridiane verso la cervice e (Fase III) flessione degli spicchi con comparsa di lesioni lungo i paralleli

All’interno di questi si possono poi innescare fessure lungo i paralleli causate dall’azione di flessione che viene a formarsi al loro interno.

Se la spinta all’imposta risulta troppo elevata si può manifestare la plasticizzazione delle sezioni fessurate e la seguente rotazione dei piedritti potrebbe innescare un meccanismo di collasso.

Figura 2.6 Volta a padiglione:

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2 STATODELL’ARTE

2.5 Metodologie di calcolo

Attualmente per il calcolo delle volte vengono utilizzate le seguenti tipologie di calcolo:  Schematizzazione attraverso una serie di archi affiancati non interagenti

 Teoria membranale e flessionale  Metodo ad elementi finiti

Il primo metodo risulta essere il più semplice ed immediato da utilizzare, ma, essendo trascurati gli effetti tridimensionali dovuti all’interazione degli archi, i risultati ottenuti, salvo nel caso di volte semplici, non risultano accettabili, discostandosi molto dalla realtà.

A fianco del modello ad archi è stata sviluppata la teoria membranale, che risulta in grado di tener conto degli effetti tridimensionali. “La volta può essere idealizzata matematicamente come una superficie curva, il cui spessore è piccolo se confrontato con le dimensioni governanti della struttura. Nella teoria membranale si ipotizza che le superfici non abbiano alcuna rigidezza a flessione e che siano per questa ragione o tese o compresse. Questa ipotesi tuttavia entra in contrasto con il materiale muratura, che è in grado di resistere a trazioni molto basse” (Heyman, 1997). Una generalizzazione di questo metodo può essere effettuata introducendo la teoria flessionale, che permette di tener conto anche della presenza di carichi concentrati e di discontinuità. Questi producono delle perturbazioni rispetto al comportamento previsto dalla teoria membranale, i cui effetti si riducono mano a mano ci si allontana dalle zone interessate. La teoria flessionale permette di calcolare dei contributi a livello di deformata e azioni interne che sono in grado di descrivere questo comportamento.

Questo metodo fornisce una soluzione in forma chiusa solo in pochi casi in cui la geometria risulta molto semplice, come nel caso di gusci assialsimmetrici.

Il metodo degli elementi finiti è una tecnica per la risoluzione numerica di equazioni differenziali, sia essa alle derivate totali o parziali. Più precisamente si tratta di un metodo per approssimare una o più equazioni differenziali con un sistema di equazioni algebriche. “Nel campo delle analisi a elementi finiti, si sono delineati due principali approcci: uno in cui la muratura viene assimilata a un solido continuo (approccio continuo), l’altro in cui i giunti di malta e i blocchi vengono modellati in maniera distinta (approccio discreto). Nel primo caso la muratura, costituita da elementi unitari (mattoni, blocchi lapidei, ecc.) e da letti di malta, viene modellata come un materiale continuo ed eventuali discontinuità, rappresentate per esempio dalla presenza di fessure passanti, possono essere modellate attraverso l’inserimento di elementi di contatto, ai quali deve essere associata una resistenza a trazione nulla.

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2 STATODELL’ARTE

Nell’approccio discreto invece ogni elemento unitario (mattone o blocco lapideo) viene rappresentato come un elemento continuo, mentre la discontinuità è concentrata nei giunti di malta e all’interfaccia malta-blocco” (Tomasoni, 2015). L’approccio continuo risulta più pratico grazie alla maggiore semplicità della modellazione e alla rapidità computazionale, mentre l’approccio discreto è più preciso.

Per l’analisi del caso studio, che verrà presentato nel prossimo capitolo, si è scelto di utilizzare il metodo ad elementi finiti con l’approccio continuo, in quanto rappresenta la miglior modalità di calcolo considerando la complessità di modellazione, l’onere computazionale e la precisione dei risultati, soprattutto tenendo presente l’elevata complessità della geometria della volta in esame.

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CAPITOLO 3

PALAZZO MAGIO GRASSELLI IN

CREMONA

3.1 Inquadramento del caso studiato

La sala in esame è uno dei saloni del primo piano di Palazzo Magio Grasselli, sito in corso XX Settembre n.37 a Cremona.

La pianta della sala è caratterizzata dall’avere i lati in direzione longitudinale (nord-sud) di lunghezza maggiore rispetto a quelli trasversali (est-ovest).

Originariamente la copertura era costituita da un solaio ligneo, che intorno al 1785 è stato rimpiazzato dall’attuale volta in muratura.

Questa è costituita da un totale di 4 archi (2 trasversali e 2 longitudinali) intersecati tra loro, così da suddividerla in nove campi in foglio.

Come è possibile notare dalla documentazione (Brumana et al, 2017) e confrontando l’intradosso e l’estradosso della volta, quasi tutta la copertura è costituita da tavelle sottili in

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

laterizio (probabilmente realizzate nella fornace di famiglia) disposte in foglio, con uno spessore quindi di cm 6, mentre per quanto concerne gli archi di rinforzo, essi sono prevalentemente costituiti da mattoni con disposizione a coltello (con spessore di cm 12) che, allontanandosi dal centro della volta, lasciano spazio per il posizionamento di mattoni anch’essi in foglio.

L’intreccio dei mattoni fa sì che i campi in foglio risultino ammorsati con gli archi, sviluppando così un’unità strutturale compatta.

Figura 3.1 Particolare ammorsamento archi e campi in foglio

Avvicinandosi ai muri perimetrali del salone, la parte in foglio lascia spazio a mattoni di coltello che vanno a formare una falsa volta con la funzione di diminuire la luce complessiva della sala.

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

Oltre alla volta e ai muri perimetrali, nell’analisi strutturale si deve tener conto anche della presenza di altri elementi strutturali, quali:

- Il peso del tetto

- Il materiale di riempimento ai lati della volta - I frenelli

- Le catene metalliche

3.2 La storia

Tra il 2007 ed il 2010, il complesso è stato già oggetto di studi approfonditi sul piano storico e diagnostico, confluiti nel libro “Patrizi, notabili, costruzione della città. Fabbrica e tutela di palazzo Magio Grasselli in Cremona” (Landi, 2011).

Palazzo Magio Grasselli è situato a Cremona, provincia ubicata nella parte meridionale della Lombardia. A partire dalla seconda metà del 1500 la città ha subito dapprima il dominio spagnolo, in seguito quello austriaco con una breve parentesi francese. Durante queste dominazioni venne plasmata l’architettura di Cremona: da un lato si osserva nella stereotomia l’influenza del mondo francese e spagnolo, dall’altro sono presenti numerose volte in muratura, tipiche del panorama tedesco.

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

Sebbene palazzo Grasselli debba il suo nome odierno agli ultimi proprietari, la configurazione attuale (palazzo con pianta a “U”) spetta alla stirpe dei Magio, la cui presenza a Cremona è attestata fin dal XIII secolo. La costruzione del palazzo venne intrapresa attorno al 1645 per mano del marchese Camillo Magio, che ampliò la già presente domus magna risalente al XVI secolo, inglobando alcune abitazioni confinanti che avevano la funzione di ospitare i vari rami familiari. Ulteriori modifiche risalgono al 1658 quando, su impulso del marchese Camillo, coadiuvato dall’architetto Francesco Pescaroli, vennero realizzati l’ampio scalone, gli appartamenti ed i saloni decorati da Giuseppe Natali. Successivamente i lavori si interruppero per più di mezzo secolo, fino a quando, negli anni sessanta del XVIII secolo, con Camillo II Magio vennero portate a termine le nuove sale del piano nobile coperte da volte a padiglione. L’opera venne definitivamente conclusa nel 1785 da Giuseppe Magio, che fece decorare la volta, oggetto di studio, seguendo il progetto iniziale dell’architetto Francesco Pescaroli, che mirava a riproporre in un palazzo aristocratico alcuni elementi caratteristici degli edifici tardo medievali.

Figura 3.4 Particolare collegamento all’imposta tra volta e muri perimetrali

3.3 La geometria

Uno studio precedentemente condotto sotto la coordinazione della Professoressa Paola Condoleo e del Professore Alberto Grimoldi, ha indagato la geometria e i materiali del palazzo, realizzando anche ampi e dettagliati rilievi fotogrammetrici e termografici.

3.3.1 Rilievi fotogrammetrici

Data la complessa forma della volta, si è scelto di procedere alla sua ricostruzione 3D tramite la fotogrammetria, una tecnica che permette di costruire modelli a partire da fotografie. Questo metodo di procedere prevede tre fasi distinte:

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

 La fase sul campo (fieldwork), con progettazione ed esecuzione dei rilievi;

 Il processing, in cui tramite il software Photoscan Professional si esegue l’allineamento delle immagini e si ricostruisce la nuvola di punti

 Il post processing, in cui dalla nuvola di punti, attraverso il software Rhino, è stato generato un primo modello 3D.

3.3.2 Rilievi termografici

La termografia è una procedura non distruttiva di prova e di misurazione che permette la lettura delle radiazioni emesse nella banda dell'infrarosso da corpi sottoposti a sollecitazione termica. A causa della differente conducibilità dei materiali, i diversi componenti di un manufatto, quale una muratura, assumeranno differenti temperature sotto l'azione di sollecitazioni termiche. Grazie alla termografia si possono evidenziare ad esempio:

 Dispersioni termiche dovute a deficienze di coibentazione;  Ponti termici;

 Umidità nelle murature;

 Strutture di solai in calcestruzzo armato;

 Presenza di canalette di impianti elettrici e/o canalizzazione di impianti idrico-sanitario e termico in funzione;

 Ammorsature tra strutture murarie con tessiture e materiali diversi.

Nel palazzo sono state effettuate essenzialmente due campagne di rilevamento termografico: una durante l’anno 2010, con la quale si è cercato di restituire una descrizione generale del palazzo, e una successiva più recente durante l’anno 2015, nella quale si sono approfondite le aree di maggiore interesse (Grimoldi e Valisi, 2010; Grimoldi e Valisi, 2015).

Nel salone in esame si è così investigato:  La tessitura dei mattoni

 La presenza di camini all’interno delle pareti laterali, di cui si è tenuto conto nell’analisi in quanto costituiscono un elemento di debolezza

 Il quadro fessurativo della sala

 La presenza di infiltrazioni d’acqua localizzate in alcune aree

3.4 Il quadro fessurativo

In seguito ai rilievi e alle analisi effettuate è stato riassunto il quadro fessurativo del salone nelle figure 3.6, 3.7, 3.8, 3.9 fornite dal Laboratorio di Restauro della Scuola di Architettura

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni coordinato dai docenti Brumana Raffaella, Condoleo Paola e Grimoldi Alberto.

Figura 3.5 Pianta sottotetto: Indicazione posizione sezioni

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

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Figura 3.9 Sezione D-D: Quadro fessurativo parete lato strada (nord):

Le principali fratture sono state rilevate nella parete sinistra (a est) e in quella destra (a ovest), in particolare in corrispondenza delle tre canne fumarie.

La parete destra (a ovest) inoltre risulta particolarmente lesionata nell’angolo, in corrispondenza dell’intersezione con la parete lato corridoio (spigolo sud-ovest). Qui si osserva la presenza di una vistosa fessura verticale, tipica di quando non vi è ammorsamento tra le murature. In queste casistiche le pareti, a causa della mancanza di vincoli in grado di legarle, risultano libere di muoversi e di produrre degli spostamenti relativi in grado di danneggiare l’intonaco e generare fessure.

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3 PALAZZOMAGIOGRASSELLIINCREMONA

La parte di salone che si affaccia sulla strada (a nord) si presenta in migliori condizioni: si osservano modeste lesioni, risultando così il lato del salone meno danneggiato.

Nella parete lato corridoio (a sud) si rileva la presenza di importanti lesioni situate sopra la porta di accesso al salone. Qui è evidente il tipico schema ad arco che si manifesta quando inizia a cedere l’architrave sopra l’apertura.

Per quanto riguarda la volta, le zone più danneggiate risultano essere gli spigoli. Altre lesioni di modesta entità sono presenti nella parte inferiore della volta, mentre la parte superiore risulta essere in ottime condizioni.

La seguente immagine fornisce una visione tridimensionale del quadro fessurativo del salone.

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CAPITOLO 4

MODELLO NUMERICO DEL SALONE

In questa sezione verranno esposte le fasi attraverso cui è stato realizzato il modello geometrico a elementi finiti della struttura.

4.1 Modellazione FEM

Per la realizzazione del modello, si è proceduto prima disegnando la geometria delle diverse componenti della sala, poi assemblandole attraverso il software Abaqus CAE, in seguito utilizzato anche per realizzare la mesh e per effettuare l’analisi. Le murature (pareti, volta, frenelli) sono state definite come corpi 3D, mentre le catene come elementi monodimensionali.

4.1.1 La volta

In seguito ai rilievi effettuati è stato realizzato un primo modello della cupola mediante l’utilizzo del software Rhino, un programma di modellazione 3D.

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4

MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.1 Modello originale della cupola realizzato in Rhino Sono state così definite le diverse parti della volta, ossia:

- Gli archi in direzione longitudinale e trasversale - I campi sottili compresi tra gli archi

- La porzione perimetrale alla base di maggiore spessore

Questi elementi hanno rappresentato il punto di partenza della modellazione condotta per la realizzazione di questa tesi.

La geometria così implementata è stata esportata in formato .sat, acronimo di “Standard ACIS Text”. ACIS è una libreria di funzioni per la modellazione sviluppata da Spatial e risulta essere uno dei formati più supportati dai prodotti di disegno CAD. Si è scelto quindi questo formato in quanto il più compatibile tra Rhino e il software di calcolo utilizzato.

L’importazione in Abaqus, il programma di calcolo utilizzato, si è però rivelata abbastanza complessa a causa di alcuni difetti presenti nel modello originale. La conversione del file generato da Rhino nel formato ACIS, importato poi in Abaqus, genera incompatibilità tra la parte superiore della volta e quella alla base.

Da un punto di vista computazionale ciò rende impossibile una corretta analisi in quanto la mancanza di corrispondenza dei nodi delle due porzioni non permette di gestire correttamente come queste interagiscano tra loro. Pertanto in Abaqus non è stato possibile effettuare l’unione delle due parti (instance, nel linguaggio del programma).

Altra problematica riscontrata riguarda la base della volta, non riconosciuta da Abaqus come geometria valida. Per poter avere un modello funzionante si è innanzitutto dovuto sistemare

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4

MODELLO NUMERICO DEL SALONE

la geometria della parte inferiore della volta utilizzando i tool di correzione automatica presenti nel programma di calcolo.

Si è poi proceduto alla definizione di due differenti oggetti, il primo riguardante la parte superiore della volta, il secondo la parte inferiore.

Figura 4.2 Parte superiore della volta

Figura 4.3 Parte inferiore della volta

Il collegamento tra questi due oggetti separati è stato effettuato utilizzando il modulo “interaction”, definendo un legame “tie”.

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4

MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.4 “Tie Interaction” tra base e parte superiore della volta

Questa interazione vincola insieme due superfici distinte, rendendo uguali le rotazioni e le traslazioni delle zone in comune. Per ottenere questo risultato, i nodi della mesh sono legati solo dove le superfici sono vicine l'una all'altra. In questa interazione una superficie è definita come superficie slave, mentre l’altra come master. I nodi della superficie slave risultano vincolati e quindi presentano i medesimi spostamenti e rotazioni dei nodi della superficie master.

Abaqus definisce in automatico una tolleranza, ossia la distanza entro la quale i nodi della superficie slave risultano collegati a quelli della master; i nodi situati ad una distanza maggiore non sono vincolati.

4.1.2 Le pareti

Un primo modello 3D della sala, come per la volta, era già stato realizzato. A causa della presenza di troppi elementi secondari, inutili al fine del calcolo, e di difetti (mancanza di collegamento tra i nodi di diverse parti), si è scelto di rifarlo ex novo, introducendo alcune semplificazioni.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.5 Modello originale del salone

Il nuovo modello è stato realizzato utilizzando il software Rhino e nel farlo si sono eliminati gli elementi non strutturali, semplificandone la geometria.

Figura 4.6 Modello semplificato del salone

Inoltre, per tenere conto del mancato ammorsamento tra la parete lato corridoio e quella destra emerso nelle analisi del quadro fessurativo del salone, si è realizzato un taglio verticale in questo punto in modo da slegare le pareti tra loro.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.7 Taglio per tener conto del mancato ammorsamento delle pareti

Per collegare in Abaqus questa nuova parte con la volta, si è utilizzata la funzione “merge” presente nel modulo “Assembly”. Attraverso questo procedimento la sala è stata unita con la parte inferiore della volta in un’unica instance.

Questo metodo di unione risulta migliore rispetto all’interazione “tie” usata precedentemente in quanto consente di ottenere un’unica mesh delle diverse parti. Questo risulta molto vantaggioso a livello di calcolo. Nel caso precedente tuttavia non si è potuta seguire questa strada a causa della non perfetta corrispondenza dei nodi della superficie di contatto tra le parti superiore ed inferiore della volta.

4.1.3 I frenelli

Nel caso in esame sono presenti due frenelli per lato in corrispondenza degli archi estradossali, per un totale di 8. La loro modellazione è stata eseguita direttamente con Abaqus, partendo dalla pianta del sottotetto del salone.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.8 Pianta sottotetto salone: Posizione frenelli

Si è proceduto estrudendo i frenelli riportati realizzando dei parallelepipedi. Una volta traslati verticalmente nel modello si è proceduto alla loro intersezione con le due “instances” finora definite, ossia con la volta e le pareti.

I frenelli così ottenuti sono poi stati collegati con il resto del modello utilizzando il legame “tie”, in quanto non risulta possibile effettuare il merge con diverse instances.

4.1.4 Le catene

Nel caso considerato sono presenti due catene metalliche di sezione rettangolare 1x4,5 cm che collegano tra loro la parete lato corridoio e quella lato strada, come si evince dalla seguente figura, in cui sono state evidenziate per renderle più visibili

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.9 Pianta sottotetto salone: Posizione catene

Come mostrato in figura, le catene sono state messe in corrispondenza degli archi longitudinali, nei quali risultano immerse nel tratto centrale del salone. Per questa ragione si può ritenere con quasi assoluta certezza che la loro realizzazione sia avvenuta in contemporanea con quella della volta, in quanto un loro inserimento posteriore all’interno della struttura risulterebbe assai arduo a livello costruttivo.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.10 Fotografia delle catene

Questi elementi sono stati realizzati direttamente in Abaqus come 3D deformable wire planar (ossia come linee in uno spazio tridimensionale).

Per collegarle con le altre parti del modello si è definita l’interazione “embedded”.

“La tecnica degli elementi embedded viene utilizzata per specificare che un elemento o un gruppo di elementi è incorporato in elementi host" (guida Abaqus v.2013). Ad esempio, questa tecnica è utilizzata solitamente per modellare le armature di rinforzo nel cemento armato. Abaqus cerca le relazioni geometriche tra i nodi degli elementi incorporati e gli elementi host. Se un nodo di un elemento incorporato si trova all'interno di un elemento host, i gradi di libertà traslazionali nel nodo vengono eliminati e questo diventa un "nodo incorporato". I gradi di libertà traslazionali del nodo incorporato sono vincolati ai valori interpolati dei corrispondenti gradi di libertà dell'elemento host. Gli elementi incorporati possono avere gradi di libertà rotazionali, ma queste rotazioni non sono vincolate dall'incorporamento.

La scelta di questa tecnica è stata fatta in quanto permette di vincolare le catene alle pareti perimetrali della sala e consente di modellare l’interazione che si genera nella parte centrale dove queste sono immerse negli archi della volta.

4.2 Modellazione dei vincoli

Una volta terminato il modello geometrico della sala, si è proceduto all’inserimento dei vincoli, per simulare le interazioni con il resto dell’edificio.

Si è deciso di incastrare a terra le pareti perimetrali. Questa scelta è giustificata dal fatto che, pur trovandosi il salone al primo piano, non sono emersi dai rilievi e dai sopralluoghi lesioni e quadri fessurativi tali da mettere in guardia da possibili cedimenti a livello di fondazione oppure da possibili dissesti nella camera sottostante. Il rilievo della pavimentazione, eseguito nell’ambito del Laboratorio di Restauro della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni coordinato dai docenti Raffaella Brumana, Paola Condoleo e Alberto Grimoldi, indica che una pendenza lato corridoio, che appare attribuibile più alle diverse fasi costruttive che hanno modificato il piano nobile che a cedimenti strutturali.

Per simulare la presenza delle pareti disposte ortogonalmente a quelle del salone in esame, si è scelto di inserire, in corrispondenza di queste, dei carrelli in grado di bloccare gli spostamenti perpendicolari.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.11 Schema vincoli laterali sala

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

4.3 Scelta della mesh

Abaqus dispone di una vasta libreria di elementi che fornisce un efficace set di strumenti per risolvere differenti tipologie di problematiche. Gli elementi disponibili si distinguono in otto famiglie distinte, che si differenziano tra loro prevalentemente per la geometria.

Figura 4.13 Schema vincoli laterali sala

Avendo scelto di modellare gli elementi della sala (pareti, frenelli e volta) come solidi tridimensionali, per la mesh si sono dovuti impiegare “continuum elements” che possono essere delle seguenti tipologie:

- Brick (mattoni), elementi esaedrici come ad esempio cubi e parallelepipedi - Thetrahedron, elementi a quattro facce triangolari

Figura 4.14 Elementi solidi

Gli elementi bricks sono generalmente preferiti nella maggior parte dei casi perché sono più precisi a livello computazionale rispetto ai tetraedri dello stesso ordine. Tuttavia risultano

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

utilizzabili solo con geometrie molto regolari e nei casi complessi il software spesso non è in grado di generare una mesh adeguata.

Per questa ragione, nel caso in esame, si è scelto di utilizzare elementi tetraedrici, che in Abaqus sono definiti attraverso le coordinate locali g, h e r. Il loro dominio geometrico è dato dalla relazione g+h+r≤1. I nodi vengono numerati in Abaqus utilizzando la convenzione presente nella figura sottostante.

Figura 4.15 Convenzione numerazione nodi

Essendo la volta sottile nei campi compresi tra la base e gli archi resistenti, utilizzando un “seeding” dei nodi della mesh pari a 0,04 risulterebbe presente un solo elemento lungo lo spessore. Utilizzare quindi elementi lineari al primo ordine non permetterebbe di cogliere con buona precisione l’eventuale variazione degli sforzi nello spessore della volta e conseguentemente si avrebbero risultati poco accurati. Per questa ragione si è scelto di impiegare elementi del secondo ordine, ossia con nodi posti a metà di ogni lato dell’elemento oltre che nei vertici, seppur così facendo si aumenta la mole di calcolo che il programma dovrà effettuare.

Per quanto concerne la schematizzazione delle catene, queste usualmente vengono definite come “truss”, che sono elementi finiti monodimensionali costituiti da due nodi di estremità e che si comportano come molle lineari attraverso la relazione F=Ku, derivante dalla legge di Hooke.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Nel caso in esame si è invece deciso di procedere schematizzando le catene attraverso degli elementi “beam”, che consentono di riprodurre il comportamento flessionale, torsionale e assiale, combinando le caratteristiche di rigidezza degli elementi finiti “truss”, “torsional”, “bending”.

La scelta di utilizzare elementi più complessi è stata fatta in quanto le catene, essendo in parte immerse nella muratura ed in parte scoperte, sono soggette a spostamenti trasversali (ortogonali rispetto alla propria linea d’asse), a cui non sarebbero associate sollecitazioni utilizzando elementi truss.

L’utilizzo di elementi “beam” per la schematizzazione risulta invece migliore in quanto permette di superare questo problema.

Il possibile rischio dovuto all’utilizzo di questo approccio consiste nel sovrastimare il contributo flessionale delle catene, andando così ad alterare i risultati. Per questa ragione nei risultati si è controllato che il momento sollecitante le catene fosse molto piccolo rispetto all’azione assiale.

Per completare la schematizzazione delle catene, si è assegnata una sezione rettangolare 1x4,5 cm, la medesima misurata nel rilievo effettuato.

4.4 Unità di misura

Abaqus è un programma che non lavora esplicitamente con le unità di misura, ma spetta direttamente all’utente scegliere un sistema su cui basarsi. Il manuale consiglia di adottare uno dei seguenti:

Figura 4.17 Unità consigliate dal manuale di Abaqus

Nel caso esaminato è risultato più comodo adottarne uno alternativo, in quanto si aveva convenienza ad avere come unità di misura i metri per le lunghezze e i megapascal per gli sforzi.

Si è quindi adottato il seguente sistema personalizzato: - Lunghezza [m]

- Forza [MN] - Massa [kg*106]

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

- Tempo [s] - Sforzi [MPa] - Densità [kg*106/m3]

4.5 Modellazione dei carichi applicati

Per la schematizzazione dei carichi applicati si è considerato: - Il peso proprio della struttura

- Il peso del lampadario - Il peso del tetto

4.5.1 Peso proprio della struttura

La struttura è costituita in muratura in laterizio pieno e malta di calce. Come previsto da normativa (Circolare 7 2019 tab. C.8.5.I) si è assegnato alla muratura un peso specifico w = 18 kN/m3.

Per introdurre il carico nel modello di Abaqus, nella sezione material, si è assegnata alla muratura una densità pari a:

𝑑𝑒𝑛𝑠𝑖𝑡𝑦 =

, ≅ 1,80 ∗ 10 = 1,80 ∗ 10 ∗

Nel modulo “load” si è poi definito un carico di tipo “gravity” andando ad assegnare un’accelerazione pari a 9,81 m/s2 in direzione verticale.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Risulta così assegnato il peso proprio della muratura.

Per quanto riguarda invece i tiranti in acciaio, si è scelto di trascurarne il peso, in quanto molto piccolo e di poco conto ai fini del calcolo.

4.5.2 Peso del lampadario

Al centro del salone è presente un grosso lampadario, che risulta vincolato direttamente alla volta.

Figura 4.19 Lampadario al centro del salone

Attraverso il confronto con il peso di altri lampadari settecenteschi o comunque antichi, di dimensioni e materiali analoghi, si è stimato un peso di circa 250 kg.

Il lampadario non è appeso direttamente al centro della volta, bensì sorretto da una struttura costituita da una trave metallica e due lignee con lo scopo di ripartirne il peso, come mostrato nella figura seguente.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.20 Struttura che ripartisce il carico del lampadario

Si è pertanto proceduto a schematizzare il carico del lampadario suddividendolo nei 4 punti di appoggio in cui la struttura poggia sulla volta. La disposizione dei carichi è meglio raffigurata nella seguente figura.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Al fine della ripartizione dei carichi si è adottato lo schema semplificato della trave in semplice appoggio con carico concentrato.

Figura 4.22 Schema di calcolo

La trave metallica (in rosso) ripartisce il carico in P di 250 kg (ossia 2,5 kN) in A e B. F= 2,5 kN l = 1,34 m di cui a = 0,66 m b = 0,68 m 𝑅 =𝑏 𝑙 ∗ 𝐹 = 0,68 1,34∗ 2,5 = 1,27 𝑘𝑁 𝑅 = 𝐹 − 𝑅 = 2,5 − 1,27 = 1,23 𝑘𝑁

La trave lignea CD (in arancione) ripartisce il carico in A di 1,27 kN in C e D. F= 1,27 kN l = 2,84 m di cui a = 1,18 m b = 1,66 m 𝑅 =𝑏 𝑙∗ 𝐹 = 1,66 2,84∗ 1,27 = 0,74 𝑘𝑁 𝑅 = 𝐹 − 𝑅 = 1,27 − 0,74 = 0,53 𝑘𝑁 La trave lignea EF (in arancione) ripartisce il carico in B di 1,23 kN in E e F. F= 1,23 kN l = 2,37 m di cui a = 0,87 m b = 1,50 m 𝑅 =𝑏 𝑙∗ 𝐹 = 1,50 2,37∗ 1,23 = 0,78 𝑘𝑁 𝑅 = 𝐹 − 𝑅 = 1,23 − 0,78 = 0,45 𝑘𝑁

All’interno di Abaqus sono stati assegnati questi carichi come “Concentrated force”, riportando i risultati ottenuti in MN.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.23 Assegnazione carico lampadario in Abaqus

4.5.3 Peso della copertura

La copertura sovrastante il salone risulta ben conosciuta in quanto a partire dal 2007 sono stati eseguiti lavori di manutenzione e consolidamento, di cui sono disponibili la “Relazione tecnica con calcoli esecutivi delle strutture” redatta dall’ing. Alberto Dusi e l’allegata documentazione fotografica pre e post intervento.

Figura 4.24 Schema delle travi di copertura

La copertura del palazzo è a due falde, con colmi posizionati in asse rispetto alla direzione longitudinale di sviluppo dei corpi di fabbrica dell’edificio. La struttura primaria è costituita da travature di legno massiccio, mentre la struttura secondaria è realizzata in travetti lignei.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

La tipologia di copertura è illustrata nella figura seguente, come riportato nella “Relazione tecnica”, nella quale se ne è anche stimato il peso.

Figura 4.25 Tipologia di copertura

La copertura del palazzo sovrastante il salone in esame, come meglio analizzato in seguito, risulta essere di tipologia non spingente; pertanto esercita sulle pareti perimetrali del salone solamente un carico verticale. Si è trascurato il peso della neve, che comunque non graverebbe sulla volta, e che non pare giustificare le fessure verticali rilevate nelle pareti perimetrali della sala.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Oltre alla porzione di copertura sovrastante il salone in esame, si è tenuto conto anche di quelle al di sopra delle sale adiacenti, in quanto il loro peso grava parzialmente sulle pareti perimetrali del salone studiato.

Le diverse sale presentano differenti tipologie di struttura portante per il tetto: alcune hanno lo schema strutturale alla lombarda, dove “gli elementi portanti orizzontali (terzere o arcarecci) poggiano su murature trasversali sagomate a timpano” (Monni, 2010), mentre in altre si fa ricorso alle capriate. Attraverso l’utilizzo di metodi semplificati si sono effettuati i calcoli per determinare il carico gravante su ciascuna parete. Verranno riportati nell’appendice B, alla fine dell’elaborato, i calcoli dei carichi dovuti alla copertura sovrastante le sale adiacenti, mentre qui ci si vuole concentrare sulla struttura sovrastante il salone in esame, alla quale si è dedicata una maggiore attenzione.

Le travi principali sono disposte parallelamente all’asse del tetto e risultano incassate nelle pareti laterali. La distribuzione del carico dei travetti sui muri portanti lato strada e lato corridoio è assicurato dalla presenza di altre due travi lignee che sormontano queste pareti per l’intera lunghezza.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.27 Foto della copertura con vista verso la parete ovest

Le travi principali hanno elevata lunghezza (circa 9,79 m). Per ridurne la luce sono presenti dei puntoni lignei, che lavorando come bielle sgravano parte del carico trasferendolo dalla trave direttamente sulla muratura, che viene così assoggettata, oltre che a un’azione verticale, anche ad una spinta orizzontale.

Essendo posizionate con un interasse di circa 1,60 m, ogni trave risulta soggetta ad un carico lineare di 𝑞 ∗ 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎𝑠𝑠𝑒 = 1,6 ∗ 1,60 𝑚 = 2,56 . Le pareti lato strada e verso il corridoio sono quindi sollecitate da un’azione verticale di 2,56 kN/m. Le altre due pareti risultano soggette ad un carico di ∗ = , ∗ , = 7,83 .

Per valutare l’azione orizzontale esercitata dai puntoni, è stato introdotto un modello semplificato costituito dal seguente telaio.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.28 Schema del telaio resistente di copertura

Essendo il tetto inclinato, l’altezza dei telai varia da 1,96 m a 5,19 m. Attraverso il software di calcolo Midas Gen v. 2019 si sono ottenuti i seguenti risultati:

PUNTONE h [m] Spinta [kN] 1 4,34 5,4 2 5,19 4,5 3 4,38 5,3 4 3,57 6,6 5 2,77 8,5 6 1,96 12,0

Oltre all’azione dei puntoni è anche stata prevista una spinta del tetto sulla parete lato strada. Lo schema della copertura risulta di per sé non spingente, come evidenziato nell’articolo “Le coperture spingenti” redatto dall’ing. Braian Ietto nel 2017.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Figura 4.29 Tetto con le travi principali disposte parallelamente alla linea di colmo COPERTURA NON SPINGENTE

Tuttavia, a causa della degradazione e del cedimento della trave di colmo, si è scelto, a favore di sicurezza, di attribuire a questa una spinta pari al 20% di quella che avrebbe la copertura se fosse di tipologia a capanna.

Figura 4.30 Tetto a capanna COPERTURA SPINGENTE

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

Utilizzando il modello di arco a tre cerniere, è stata calcolata la spinta esercitata da questo alla base, pari a 12,67 kN/m. Si assegna quindi un carico lineare di 2,53 kN/m

Figura 4.31 Schema di calcolo della spinta della copertura

Nel seguente schema si riepilogano le forze distribuite linearmente esercitate dalla copertura sulle pareti perimetrali.

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MODELLO NUMERICO DEL SALONE

I carichi sono stati assegnati in Abaqus nel seguente modo:

- I carichi verticali come surface traction, dividendo i risultati ottenuti per lo spessore del muro;

- Le spinte orizzontali dei puntoni come carichi concentrati, collocati nella posizione esatta in cui i puntoni si innestano nella muratura;

- La spinta orizzontale dovuta al cedimento del colmo come surface traction, anche in questo caso dividendola per lo spessore del muro.

Figura 4.33 Carichi dovuti alla copertura applicati in Abaqus. In viola i carichi distribuiti, in giallo i carichi concentrati dei puntoni

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