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Tecniche di modellazione per l'analisi agli elementi finiti di un collegamento rivettato soggetto a trazione e flessione secondaria

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE

Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale

Tecniche di modellazione per l’analisi agli

elementi finiti di un collegamento rivettato

soggetto a trazione e flessione secondaria

Relatori:

Prof.ssa Luisa Boni

Prof. Daniele Fanteria

Candidato:

Giuseppe Cantavenera

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(3)
(4)

Sommario

Con la presente tesi si intende individuare un modello per l’analisi agli elementi finiti di un collegamento rivettato, soggetto a trazione e flessione secondaria, che sia il pi`u preciso e com-putazionalmente economico possibile. Nello specifico verranno descritti tre studi su tre mo-dellazioni diverse e, una volta illustrati ed esplicitati i risultati, verranno messi a confronto considerandone anche i tempi di analisi. Ne emerger`a un modello non migliore degli altri in assoluto, ma si otterranno risultati migliori o peggiori in base ai valori confrontati. Verran-no infine analizzate e commentate le idee di modellazione scartate per lasciare degli ulteriori spunti per eventuali sviluppi futuri.

(5)

Indice

1 Introduzione 7

1.1 Obiettivo della tesi . . . 7

1.2 Sviluppo del lavoro di tesi . . . 7

2 Caratteristiche del componente 9 2.1 Geometria . . . 9

2.2 Carichi e Vincoli . . . 10

2.3 Materiali . . . 11

2.4 Analisi teorica preliminare dei fenomeni agenti sotto carico statico . . . 11

2.4.1 Effetto d’intaglio . . . 11

2.4.2 Pressione di contatto . . . 13

2.4.3 Considerazioni sull’interazione tra file di rivetti . . . 14

2.4.4 Considerazioni sul collegamento asimmetrico . . . 15

3 Modellazione 16 3.1 Introduzione . . . 16

3.2 Scelta del software . . . 16

3.3 Elementi guscio . . . 17

3.3.1 Nozioni di base . . . 17

3.3.2 Descrizione del modello . . . 17

3.3.3 Seeding e meshing . . . 18

3.3.4 Interazioni . . . 19

(6)

3.3.6 Step-1 . . . 26

3.3.7 Field output request . . . 27

3.4 Elementi continuum shell . . . 28

3.4.1 Nozioni di base . . . 28

3.4.2 Descrizione del modello . . . 29

3.4.3 Seeding e meshing . . . 30

3.4.4 Interazioni . . . 32

3.4.5 Carichi e vincoli . . . 39

3.5 Elementi solidi . . . 40

3.5.1 Nozioni di base . . . 40

3.5.2 Descrizione del modello . . . 41

3.5.3 Seeding e meshing . . . 41

3.5.4 Interazione, carichi e vincoli . . . 41

4 Studio dei risultati 42 4.1 Valutazione preliminare . . . 42

4.2 Estrapolazione . . . 47

4.3 Rielaborazione e interpretazione . . . 49

4.4 Comparazione delle analisi . . . 63

4.4.1 Fattore di concentrazione degli sforzi massimo ktmax . . . 63

4.4.2 Pressione di contatto massima pcmax . . . 64

4.4.3 Tempo impiegato per le analisi . . . 65

4.5 Riepilogo conclusivo . . . 66

5 Scelte di modellazione 67 5.1 Introduzione . . . 67

5.2 Trasmissione tensioni tra piano medio delle piastre e rivetto discreto . . . 67

5.3 Impedito spostamento relativo U3tra le piastre . . . 69

6 Conclusioni e sviluppi futuri 74

(7)

Elenco delle figure

2.1 Vista isometrica del componente . . . 10

2.2 Piastra soggetta a trazione . . . 12

2.3 Piastra soggetta a flessione . . . 12

2.4 Concentrazione degli sforzi di un foro ellittico su una piastra infinita . . . 13

2.5 Vista e sezione del contatto cilindro-foro . . . 14

3.1 Schema monodimensionale . . . 17

3.2 Partizionamento della piastra-2, il partizionamento `e uguale per tutte le piastre 18 3.3 Dettaglio sulla dimensione dei seeds e mesh risultante . . . 18

3.4 Propriet`a del tipo di contatto . . . 19

3.5 Propriet`a del contatto tra le piastre . . . 20

3.6 La superficie M pu`o penetrare quella S . . . 20

3.7 Propriet`a della sezione di connessione del rivetto grande . . . 22

3.8 Dettaglio carichi applicati sul cilindro, visualizzazione wireframe . . . 23

3.9 Generazione del rivetto . . . 24

3.10 Collegamento rivetto piastra con MPC-beam . . . 25

3.11 Collegamento rivetto piastra con MPC-beam: visualizzazione in wireframe . . 25

3.12 Propriet`a del carrello . . . 26

3.13 Propriet`a dello step-1 . . . 27

3.14 I valori in uscita richiesti sono spuntati in nero . . . 28

3.15 Schema bidimensionale . . . 29

3.16 Creazione delle sezioni da assegnare alla piastra − 1 e ai rivetti . . . 30

(8)

3.18 Dettaglio sulla dimensione dei seeds e mesh risultante della piastra − 2 e del

rivetto . . . 31

3.19 Orientazione degli elementi continuum shell . . . 32

3.20 Propriet`a dell’interazione . . . 33

3.21 Propriet`a del contatto . . . 34

3.22 Finestre di modifica del controllo del contatto: stabilization . . . 36

3.23 Finestre di modifica del controllo del contatto: augmented Lagrange . . . 37

3.24 Propriet`a del vincolo . . . 40

3.25 Propriet`a delle sezioni . . . 41

4.1 Comparazione spostamenti U3, i bordi degli elementi sono stati nascosti per una migliore visualizzazione . . . 43

4.2 Tensioni σ22presso h0 nella piastra 1, superficie dorsale . . . 44

4.3 Tensioni σ22presso h3 nella piastra 2, superficie ventrale . . . 45

4.4 Tensioni σ22presso h2 nella piastra 3, superficie dorsale . . . 46

4.5 Path in h0sul dorso della piastra − 1 lungo x1 locale . . . 47

4.6 Path sul dorso della piastra − 1 lungo x2della piastra . . . 47

4.7 XY data . . . 48

4.8 Tensioni medie in corrispondenza di (i.c.d.) hn . . . 50

4.9 I nodi interessati sono quelli appartenenti alla linea rossa . . . 51

4.10 Tensione flessionale in corrispondenza di (i.c.d.) hn . . . 52

4.11 I nodi interessati sono descritti da punti rossi . . . 53

4.12 Tensioni medie e flessionali in corrispondenza di (i.c.d.) hnlungo x1 . . . 54

4.13 Tensioni totali effettive in corrispondenza di (i.c.d.) hnlungo x1 . . . 56

4.14 I nodi interessati sono quelli appartenenti alla linea rossa . . . 57

4.15 Tensioni rispettivamente medie e flessionali nella direzione longitudinale x2. . 58

4.16 I nodi interessati sono descritti da punti rossi . . . 59

4.17 Tensioni medie e flessionali a monte e a valle di hn . . . 60

4.18 Tensioni effettive totali a monte e a valle di hn . . . 62

(9)

4.20 Tensioni rispettivamente medie e flessionali nella direzione longitudinale x2:

comparazione dei risultati ottenuti per le due analisi . . . 64

4.21 Comparazioni delle tensioni ottenute su h0e h3per la piastra − 2 lungo l’asse x2 . . . 65

5.1 MPC-beam esteso a met`a perimetro del foro . . . 68

5.2 Spostamento U3, modello con MPC-beam esteso a met`a perimetro del foro . . 69

5.3 Tensioni σ22 sul foro h3 della piastra − 2, vista ventrale, modello con MPC-beam esteso a met`a perimetro del foro . . . 69

5.4 Configurazione del tentativo 1 . . . 70

5.5 Spostamenti U3, tentativo 1 . . . 71

5.6 Configurazione del tentativo 2 . . . 71

5.7 Spostamenti U3, tentativo 2 . . . 72

5.8 Tensioni σ22sul foro h3 della piastra − 3, vista ventrale, tentativo 2 . . . 73

(10)

Elenco delle tabelle

2.1 Propriet`a elastiche . . . 11

4.1 Valori ktmaxper le due analisi . . . 63

4.2 Caratteristiche del computer usato per il calcolo delle analisi . . . 65

(11)

Capitolo 1

Introduzione

1.1

Obiettivo della tesi

L’obiettivo di questa tesi `e quello di implementare un’analisi numerica che sia in grado di simu-lare i fenomeni a cui `e soggetto un collegamento rivettato asimmetrico sottoposto a trazione statica, in particolare per quello che riguarda gli elementi da collegare, le piastre. Queste ri-sentiranno dell’effetto dell’intaglio e della flessione secondaria. Senza l’utilizzo di un software che permetta un’analisi al calcolatore, riuscire a trovare una soluzione ad un problema cos`ı complesso `e impossibile. Si potrebbe in alternativa ricorrere alle prove sperimentali, oppu-re accontentarsi di risultati molto conservativi, che in componenti di tipo aeronautico sono inaccettabili a causa dell’aumento di peso che ne deriva. Verranno perci`o confrontati tre studi di tre tecniche di modellazione differenti. Grazie alla scrittura di script parametrici, la tesi si propone di studiare ed ottenere dei modelli che siano sempre validi al variare dei parametri geometrici e fisici.

1.2

Sviluppo del lavoro di tesi

Capitolo 2 Contiene la descrizione del collegamento e una breve trattazione sugli ele-menti teorici necessari alla comprensione e allo sviluppo dei capitoli successivi.

(12)

Capitolo 3 Illustra il processo di modellazione agli elementi finiti del componente utiliz-zando tre tipi di elementi differenti. Vengono espressi i vantaggi e gli svantaggi, le possibilit`a e i limiti degli uni rispetto agli altri e ne segue una descrizione dettagliata di ogni modellazione con approfondimento delle scelte pi`u caratterizzanti.

Capitolo 4 Riporta lo studio dei risultati, esplicitati attraverso grafici e tabelle. In par-ticolare viene descritta nel dettaglio la procedura seguita per ottenerli. Infine viene effettuato un confronto tra le diverse analisi numeriche.

Capitolo 5 Contiene alcuni concept ottenuti durante la fase di ideazione dei vari mo-delli che verranno scartati per ragioni differenti. Si `e deciso di dedicargli un capitolo per evi-denziare le problematiche rilevate durante lo sviluppo del lavoro e per lasciare degli spunti nell’evenienza di altri lavori sul tema.

Capitolo 6 Conclude il lavoro di tesi, riportando una breve relazione sul lavoro svolto ed eventuali sviluppi futuri.

(13)

Capitolo 2

Caratteristiche del componente

2.1

Geometria

Il componente `e formato da tre piastre sottili chiamate piastra − 1, piastra − 2, piastra − 3 e quattro rivetti chiamati R0, R1, R2, R3:

• piastra − 2 e 3 sono identiche geometricamente e presentano quattro fori passanti; • pistra − 1 `e di spessore e lunghezza pi`u piccola rispetto alle altre due e presenta 3 fori

passanti;

• R0, .., R2sono identici geometricamente e hanno la dimensione necessaria per collegare

tre piastre;

• R3ha il gambo di dimensione ridotta rispetto agli altri e collega solo le piastra − 2 e 3.

Con h0, .., h3 si definiscono le sedi dei rivetti formati dai fori allineati nel componente

assem-blato. I rivetti al fine di non inserire complicazioni non necessarie durante i calcoli hanno una forma non reale e semplificata. Per maggiore comprensione e dettaglio, il componente `e rap-presentato, assemblato e dimensionato nell’appendice A.

Il sistema di riferimento globale `e di tipo cartesiano: l’asse x2 `e diretto lungo la direzione

(14)

Figura 2.1: Vista isometrica del componente

2.2

Carichi e Vincoli

La piastra intermedia al suo apice esposto viene tirata con una forza per unit`a di superfi-cie p ( N

mm2)costante, le altre due piastre sul lato opposto sono tenute bloccate. Gli sforzi si

trasmettono tramite i quattro rivetti (figura 2.1). Si considerano le seguenti ipotesi: • la retta d’azione del carico resta sempre parallela all’asse x2;

(15)

2.3

Materiali

Il collegamento `e formato con materiali tipici dell’industria aeronautica: le leghe di alluminio e di titanio. Nello specifico i rivetti sono in lega di titanio Ti-6Al-4V mentre le piastre sono fatte con l’Al-7075-T3511-EXTRUDED. Il valore delle propriet`a elastiche sono riportate nella tabella 4.3.

Materiale Al-7075-T3511-EXTRUDED Ti-6Al-4V Modulo elastico (Gpa) 71.5 110 Rapporto di Poisson 0.33 0.33

Tabella 2.1: Propriet`a elastiche

Si considerano infine le seguenti ipotesi:

• il componente `e soggetto solo a deformazioni elastiche; • i materiali di cui sono composti le parti sono tutti isotropi; • non ci sono gradienti di temperatura.

2.4

Analisi teorica preliminare dei fenomeni agenti sotto

carico statico

Si descrivono i fenomeni principali a cui `e soggetto il componente. Le definizioni iniziali hanno validit`a nel campo di stringenti ipotesi: se fossero sufficienti solo queste formule per descrivere tutti i fenomeni il lavoro studiato potrebbe anche terminare qui. Purtroppo, come si vedr`a nelle considerazioni, i problemi che presenta il componente sono complessi e spazzano via le ipotesi preliminari.

2.4.1

Effetto d’intaglio

(16)

delle zone all’interno del solido maggiormente sollecitate. Queste localizzazioni di pi`u alto stress sono conosciute come concentrazione degli sforzi e si misurano tramite il fattore di concentrazione degli sforzi kt, che pu`o essere definito come il rapporto tra la tensione massima

e la tensione nominale:

kt=

σpeak

σnom

con σpeakche pu`o riferirsi alla tensione massima di trazione oppure massima di flessione (figura

2.2 e figura 2.3)[2].

Figura 2.2: Piastra soggetta a trazione

(17)

Inglis teorizz`o che per una piastra infinita con foro ellittico, sollecitata a sforzo normale (figura 2.4) esiste una relazione di ktin funzione della geometria:

kt= 1 + 22

r a ρ con:

• a la lunghezza del semiasse ortogonale al carico; • ρ = b2

a il raggio minimo di curvatura;

• b la lunghezza dell’altro semiasse.

Figura 2.4: Concentrazione degli sforzi di un foro ellittico su una piastra infinita

Il massimo stress accorre alla fine dell’asse principale (x = a, y = 0). Nel caso di un foro circolare `e facile dimostrare che dalle formule si ottiene kt= 3[1].

2.4.2

Pressione di contatto

La trasmissione del carico avviene per mezzo dei rivetti che sono sollecitati a tensione tangen-ziale, questa si traduce sui fori delle piastre come pressione di contatto. Sia il contatto tra il

(18)

foro e il gambo del rivetto ipotizzato liscio e distribuito uniformemente. `E possibile, definendo il diametro d e t la lunghezza delle superfici in contatto, e assumendo che questo avvenga su una superficie semicilindrica, definire la pressione di contatto come:

pc=

P td

il massimo valore della distribuzione di pressioni agenti sul foro. Questa si manifesta nel punto B [1], si osservi la figura 2.5.

Figura 2.5: Vista e sezione del contatto cilindro-foro

2.4.3

Considerazioni sull’interazione tra file di rivetti

Il fatto che la piastra tra due rivetti non pu`o reputarsi infinita, fa si che il valore di kt per la

trazione sia di un valore inferiore a tre [2], rispetto a quanto teorizzato in precedenza.

Si considerano le piastre aventi propriet`a elastiche: questo implica che la porzione di piastra tra rivetto e rivetto si deforma e si ha una distribuzione delle forze nei rivetti, che `e massima in quelli in prossimit`a del carico e si riduce avvicinandosi all’incastro [1]. Questo comporta come risposta anche una differenza di pressione esercitata sui fori. Per come `e composto il collegamento si prevede che la tensione:

• nella piastra − 1 sia massima sul foro h2nel punto pi`u vicino al carico applicato;

(19)

• nella piastra − 3 sia massima sul foro h3nel punto pi`u vicino al carico applicato.

Questa ultima previsione potrebbe essere smentita con l’aggiunta delle successive considera-zioni: ci si aspetta comunque delle pressioni di contatto elevate nei pressi dei punti indicati anche se potrebbero non essere nessuna delle sedi di quella assoluta.

2.4.4

Considerazioni sul collegamento asimmetrico

I rivetti nel collegamento sono caricati asimmetricamente. Questo comporta una non omogeneit`a di pressione di contatto lungo il foro. La pressione di contatto potrebbe risultare di un valore diverso rispetto a quanto predetto teoricamente.

Come risultante dell’eccentricit`a il carico a trazione causa la flessione delle piastre. La massi-ma flessione accorre nei pressi della fila di rivetti. Questo causa un’ulteriore concentrazione di tensione nei fori. Questo fenomeno `e detto flessione secondaria. Il fattore di carico ktsar`a

(20)

Capitolo 3

Modellazione

3.1

Introduzione

Si analizza il componente utilizzando tre tipi di modellazioni differenti:

• Analisi con elementi solidi (solid), dove il componente viene semplificato eliminando le imperfezioni e le disomogeneit`a che caratterizzano gli oggetti reali: la ricerca della soluzione richiede molto tempo e un’elevata potenza di calcolo;

• Analisi con elementi guscio (shell), dove il componente `e discretizzato e reso estre-mamente semplice: questo ha come vantaggio tempi di calcolo brevi e bassa potenza di calcolo, e come svantaggio - se non si conosce a priori la soluzione e se non vengono inseriti i giusti parametri - ottenere delle soluzioni non plausibili;

• Analisi con elementi continuum shell `e un modello a met`a strada tra i due prima esposti.

3.2

Scelta del software

Per la modellazione, la processazione dell’analisi agli elementi finiti e il post-processing si usa il software Abaqus 6.14. Ad Abaqus possono essere impartiti comandi manualmente utilizzando l’interfaccia utente ma `e anche possibile utilizzare degli script in linguaggio Python. Il gran vantaggio degli script risiede nella possibilit`a di creare modelli parametrici.

(21)

3.3

Elementi guscio

3.3.1

Nozioni di base

Gli elementi guscio sono utilizzati per modellare delle parti che hanno una dimensione (lo spessore) significativamente piccola rispetto alle altre. Gli shell convenzionali utilizzano que-sta condizione per discretizzare un corpo definendo la geometria su una superficie di riferi-mento. Lo spessore allora `e dato attraverso la definizione delle propriet`a della sezione. Questi elementi hanno come grado di libert`a gli spostamenti e le rotazioni. Possono essere utilizzati nelle analisi 3D o assialsimmetriche. In Abaqus/Standard utilizzano interpolazione lineare o quadratica e permettono l’utilizzo di carichi (disaccoppiati) meccanici e/o termici. Sono utiliz-zati in procedure statiche o dinamiche. Alcuni elementi includono l’effetto della deformazione a taglio trasversale e il cambiamento di spessore, mentre altri non possono. Alcuni elementi permettono grandi rotazioni e deformazioni membranali finite, mentre altri larghe rotazioni ma piccole deformazioni. La tensione nella direzione dello spessore `e zero e la deformazione `e solo frutto dell’effetto di Poisson [3].

3.3.2

Descrizione del modello

La piastra viene modellata come tutta appartenente al proprio piano medio. Si osservi ora lo schema monodimensionale di figura 3.1. EA1, EJ1, EA2, EJ2 sono i moduli a compressione

e flessione delle travi che rappresentano le piastre in sezione. Si ricorda che la piastra − 1 `e di diversa dimensione rispetto alle altre due che invece sono uguali.

(22)

I rivetti sono modellati come un sistema di molle ognuno con una opportuna rigidezza lungo x2e x3, funzione della sezione e del materiale del rivetto. In A e B ci sono dei vincoli di incastro

mentre in C c’`e un carrello ed una forza di trazione P .

3.3.3

Seeding e meshing

Le piastre sono le uniche parti geometriche presenti nel modello: per ottenere una mesh strut-turata il software richiede un plausibile partizionamento di queste. La trama che si `e utilizzata per partizionare `e visibile in figura 3.2. Oltre a favorire una buona ”meshatura” e un partizio-namento intelligente, permette di differenziare adeguatamente le dimensioni dei seeds (figura 3.3):

• molto rada nelle zone periferiche del componente;

• molto fitta nelle zone di interazione tra le piastre e i rivetti; • intermedia nelle zone di contatto tra le sole piastre.

Il tipo di elemento utilizzato `e l’S4. `E un elemento shell completamente integrato, di uso generale e per deformazioni membranali finite. La risposta a membrana dell’elemento viene trattata con una formulazione assunta della deformazione, che fornisce soluzioni accurate per problemi di flessione nel piano. L’S4 ha quattro punti di integrazione per elemento e questo lo rende pi`u costoso a livello computazionale rispetto ad elementi ”ridotti” come l’S4R che ne hanno soltanto uno [3].

Figura 3.2: Partizionamento della piastra-2, il partizionamento `e uguale per tutte le piastre

(23)

3.3.4

Interazioni

Contatto tra le piastre

Il contatto `e per cos`ı dire ”fittizio” perch´e questo non deve avvenire tra i piani medi, ma tra le superfici di bordo delle piastre definite attraverso le propriet`a della sezione. Si crea la pro-priet`a del contattocaratterizzata dal comportamento tangenziale e normale come si vede in figura refcontatto.

Figura 3.4: Propriet`a del tipo di contatto

Una volta configurato il contatto si possono definire gli accoppiamenti come riportato in fi-gura 3.5. `E di particolare interesse soffermarsi sulle opzioni master e slave surface, sliding formulatione discretization method.

(24)

Figura 3.5: Propriet`a del contatto tra le piastre

Di default la coppia di contatto in Abaqus/Standard usa l’algoritmo di puro contatto master e slave (M-S): i nodi della superficie S non possono penetrare i segmenti che compongono l’altra superficie (M), come mostrato in figura 3.6.

Figura 3.6: La superficie M pu`o penetrare quella S

A causa della rigorosa formulazione M-S `e necessario fare attenzione a selezionare corretta-mente le superfici al fine di ottenere la migliore simulazione di contatto possibile. Alcune semplici regole che si utilizzano sono [3]:

(25)

• se la densit`a delle mesh sono simili la superficie S deve essere quella con il materiale sottostante pi`u tenero.

In questo caso specifico di modellazione, dove le piastre hanno tutte lo stesso materiale e la stessa mesh, l’assegnazione delle superfici M-S non comporta alcuna differenza.

In sliding formulation, si sceglie di utilizzare la finite sliding: non conoscendo a priori la soluzione si opta per questa perch´e `e pi`u generica, mentre se si fosse selezionato small sli-dingsi sarebbe ammesso un limitato spostamento tra le superfici.

In discretization method, la scelta migliore sarebbe la node-to-surface perch´e i nodi dello slave interessati dall’interazione con i rivetti andrebbero esclusi. Purtroppo questa soluzione, per come `e pensata da Abaqus, esclude tutte le considerazioni sullo spessore trasversale delle piastre [3]: si ottengono dei risultati non plausibili. Si utilizza allora surface-to-surface, che porta all’interno dell’analisi dei nodi ambigui ma che vengono comunque risolti dal software al costo di appesantire leggermente l’analisi.

Modellazione del rivetto e interazione con le piastre

Si vuole creare un rivetto pi`u semplice possibile coerentemente con la natura stessa del mo-dello: viene idealizzato come un insieme di punti a cui associare le dovute propriet`a e fatto interagire con le piastre tramite opportuni vincoli nella maniera pi`u plausibile possibile. Ogni rivetto si appoggia su tre nodi, che hanno hanno la stessa componente x3 e si trovano nei

centri dei fori delle piastre, di modo che vengono creati quattro set di punti detti punti di at-taccoche dovranno essere selezionati durante la generazione del collegamento come si vedr`a successivamente.

Si creano le sezioni di connessione che racchiudono le propriet`a della geometria e del ma-teriale. Il tipo di connettore scelto `e il bushing che lascia disponibili tutte le componenti di spostamento e rotazione relativo tra i nodi [3]. Successivamente verranno specificate, come mostrato in figura 3.7, le componenti di deformazione elastica che caratterizzano la sezione.

(26)

Figura 3.7: Propriet`a della sezione di connessione del rivetto grande

D11, D22, D33sono le componenti della matrice di rigidezza e sono definite come:

Fi =

X

j

Dijuj

• Fi `e la i-esima componente della forza applicata;

• uj `e la j-esima componente dello spostamento.

Avendo imposto che non ci sia accoppiamento tra le componenti di forza (e momento) e ipotiz-zando che il rivetto non sia soggetto a flessione, le uniche componenti che formano la matrice sono quelle scritte sopra. Si potrebbero calcolare utilizzando le formule classiche della mecca-nica dei solidi, invece si `e preferito utilizzare un metodo alternativo che sfrutta il software in uso, il quale verr`a esposto in seguito.

(27)

Si vuole a titolo di esempio trovare la componente D22. Si modella un cilindro assegnando

dimensioni e materiale del gambo del rivetto. Se il cilindro viene caricato sulle due basi con la stessa forza concentrata ma in direzione opposta lungo x2, vedi figura 3.8, dai risultati

dell’a-nalisi si ottengono velocemente quanto valgono gli spostamenti sul corpo. Nota allora la forza F2 e lo spostamento medio in direzione u2 si ottiene il valore di D22. Lo stesso procedimento

`e utilizzato per ottenere D33, mentre D11 = D22per l’isotropia.

Figura 3.8: Dettaglio carichi applicati sul cilindro, visualizzazione wireframe

Si generano adesso tramite l’apposito comando i rivetti del tipo point-based: si selezionano l’insieme dei punti di attacco, la sezione di connessione, un sistema di riferimento locale, pre-cedentemente creato uguale a quello globale ma traslato di x2 sul centro del foro, e infine si

(28)

Figura 3.9: Generazione del rivetto

Lo stesso procedimento si ripete per quattro volte, per il rivetto che collega solo due piastre (si veda appendice A) si avranno dimensioni diverse quindi si deve creare una seconda sezione di connessione con le dovute componenti della matrice di rigidezza.

Per legare gli spostamenti delle piastre ai rivetti si usano gli MPC-beam. Ognuno dei pun-ti appartenenpun-ti al rivetto si lega al rispetpun-tivo bordo del foro della piastra. Si osservi figura 3.10 e figura 3.11.

(29)

Figura 3.10: Collegamento rivetto piastra con MPC-beam

(30)

3.3.5

Carichi e vincoli

Si carica con un carico per unit`a di lunghezza p = P w2 (

N

mm)la sezione di estremit`a della

piastra mediana. Sempre in questo estremo si inserisce un vincolo carrello con le propriet`a di spostamento riportate in figura 3.12. Si vincolano infine le altre due piastre, agli estremi opposti, con il vincolo di incastro.

Figura 3.12: Propriet`a del carrello

3.3.6

Step-1

Lo step iniziale, dove sono definite tutte le condizioni applicate all’inizio della simulazione, `e seguito da uno o pi`u step che definiscono il tipo di analisi da eseguire. Per esempio una analisi statica oppure di un transiente di trasferimento di calore. `E possibile cambiare la procedura di analisi da uno step all’altro in maniera significativa e in qualsiasi modo. Non ci sono limiti agli step che si possono definire ma esistono delle restrizioni sulle sequenze, che non saranno approfondite in questo contesto.

In questo caso specifico di analisi si ricorrer`a alla creazione di un solo step di tipo statico linea-re. Tutte le impostazioni sono lasciate di default tranne quelle nella finestra incrementation, figura 3.13 [3]:

(31)

Figura 3.13: Propriet`a dello step-1

• il massimo numero di incrementi `e il valore che limita gli incrementi all’interno di uno step: se tale valore `e superato l’analisi si interrompe e le informazioni diagnostiche sono riportate nel modulo job trascritto nel file message;

• la dimensione iniziale dell’incremento `e il valore con il quale Abaqus fa partire lo step; • la dimensione minima dell’incremento `e il valore pi`u piccolo di incremento di unit`a di

analisi che si pu`o raggiungere per ottenere la convergenza della soluzione. Se viene superato l’analisi si ferma , viene reportato sul modulo job e trascritto nel file message; • la dimensione massima dell’incremento `e il valore oltre il quale Abaqus non aumenta le

dimensioni dell’incremento.

Nota: questa impostazione non viene variata per i modelli successivi di analisi, quindi per sem-plicit`a non verr`a ridescritta nei paragrafi successivi.

3.3.7

Field output request

La richiesta dei valori in uscita, cio`e i risultati dell’analisi, viene effettuata tramite un apposito comando (figura 3.14). Si `e interessati sopratutto a conoscere le tensioni, le deformazioni e gli spostamenti ma possono essere aggiunti anche altri parametri nell’eventualit`a di procedere con delle ulteriori verifiche.

(32)

sem-Figura 3.14: I valori in uscita richiesti sono spuntati in nero

3.4

Elementi continuum shell

3.4.1

Nozioni di base

Gli elementi continuum shell discretizzano un intero corpo tridimensionale. Lo spessore `e de-terminato dalla geometria nodale dall’elemento. Ha come gradi di libert`a solo gli spostamenti. Da un punto di vista di modellazione sembrano degli elementi tridimensionali ma la loro cine-matica e il loro comportamento constitutivo `e simile agli elementi shell. Questi discretizzano un intero corpo 3D, differentemente dagli shell che discretizzano una superficie di riferimento. A partire dai soli gradi di libert`a gli spostamenti usano l’interpolazione lineare e permettono un caricamento meccanico e/o termico per procedure statiche o dinamiche. Sono come degli shell generici che consentono la deformazione membranale finita e ampie rotazioni, quindi sono adatti per l’analisi geometrica non lineare. Includono l’effetto del taglio trasversale e del cambio di spessore. A differenza degli shell, i continuum shell possono essere impilati per ottenere una pi`u rifinita risposta dello spessore. Questi impilamenti sono indicati per tagli

(33)

trasversali intensi e per la predizione della forza.

Occorre prestare attenzione a verificare se la deformazione complessiva di questi elementi `e coerente con l’assunzione di tensione piana a strati: cio`e se la risposta `e dominata dalla fles-sione e se non si osservano significative variazione di spessore (meno del 10%). In alternativa si dovranno utilizzare gli elementi 3D.

La tensione nella direzione dello spessore potrebbe non essere nulla e potrebbe causare ul-teriori deformazioni in aggiunta a quelle dovute all’effetto di Poisson.

Un continuum shell pu`o essere connesso direttamente ad un solido senza alcuna transizione cinematica. Per connettere uno shell con un continuum shell invece `e necessaria una adeguata transizione cinematica per riuscire a trasferire anche le rotazioni e i momenti [3].

3.4.2

Descrizione del modello

Lo schema bidimensionale di figura 3.15 ricalca quasi interamente quello monodimensionale descritto precedentemente: la differenza `e che adesso la sezione della piastra `e esplicita e il sistema di molle `e sostituito con un modello geometrico dei rivetti.

Figura 3.15: Schema bidimensionale

I rivetti hanno una forma volutamente semplificata e non realistica: forma della testa, smussi, deformazioni plastiche dovute al montaggio ecc.. stati schematizzati o omessi. Non essendoci

(34)

precarico ed essendo tutti i contatti senza attrito sar`a necessario bloccare la rotazione dell’asse verticale locale con un vincolo esterno.

Si noti che il modello geometrico continuum shell non si differenzia in alcun modo dal modello solido. La differenza si presenta quando si assegnano le sezioni: quelle delle piastre saranno infatti sezioni shell e non solide come quelle assegnate ai rivetti, si osservi figura 3.16.

Figura 3.16: Creazione delle sezioni da assegnare alla piastra − 1 e ai rivetti

3.4.3

Seeding e meshing

Le parti del componente sono partizionate in modo da avere una mesh strutturata ed ade-guatamente infittita come gi`a spiegato in precedenza. Adesso anche i rivetti sono delle parti geometriche e devono essere meshati. Si osservino le figure3.17 e 3.18 per ulteriori dettagli.

(35)

Figura 3.17: Partizionamento della piastra − 2 e del rivetto

Figura 3.18: Dettaglio sulla dimensione dei seeds e mesh risultante della piastra − 2 e del rivetto

(36)

orientare correttamente gli elementi: va assegnata la direzione dello spessore tramite il coman-do assign stack direction. Si osservi la figura 3.19: gli elementi delle piastre si direzionano dal basso, superfici inferiori color viola (non visibile in figura), verso l’alto, superfici di color marrone.

L’elemento solido utilizzato per i rivetti invece `e il C3D8.

Figura 3.19: Orientazione degli elementi continuum shell

3.4.4

Interazioni

Le interazioni in questo modello sono catalogabili in tre categorie di contatto tra superfici: • piastra e piastra;

• piastra e testa del rivetto;

• superficie del foro della piastra e gambo del rivetto.

Per tutti i contatti creati variano le superfici prese in considerazione ma non le propriet`a del contattoe il controllo del contatto, figura 3.20: questi hanno giocato un ruolo decisivo sulla convergenza dell’analisi e il loro ruolo viene approfondito nel seguito.

(37)

Figura 3.20: Propriet`a dell’interazione

Propriet`a del contatto

Si differenzia da quella gi`a ottenuta nel modello precedente solo per il metodo di applicazione del vincolo: in particolare per il tipo di comportamento normale, figura 3.21.

(38)

Figura 3.21: Propriet`a del contatto

Il metodo di applicazione del vincolo selezionato `e il moltiplicatore di Lagrange: `e un al-goritmo che serve a far convergere la soluzione risolvendo il problema dell’ottimizzazione dei vincoli. Vengono elencate alcune tra le sue caratteristiche principali [3]:

• `e applicabile solo se l’opzione Pressure-Overclosure `e su Hard Contact (figura 3.21); • se un nodo slave penetra la superficie master oltre una specifica tolleranza di

penetrazio-ne la pressiopenetrazio-ne di contatto viepenetrazio-ne aumentata e viepenetrazio-ne eseguita un’altra serie di iterazioni, fino a quando non `e raggiunta la convergenza;

(39)

• l’uso di questo metodo pu`o portare in alcuni casi all’aumento delle iterazioni da svolgere anche se rende la soluzione della condizione di contatto pi`u semplice e senza problemi di sovravincolazione, mantenendo la compenetrazione ridotta.

Controllo del contatto

La semplificazione della geometria, l’infittimento della mesh, l’imposizione di vincoli opportu-ni e in generale una pre-modellazione accurata non sempre bastano per ottenere la convergen-za dell’analisi, sopratutto in presenconvergen-za di grandi modelli con geometrie complesse e in presenconvergen-za di numerose interfacce di contatto. Il controllo del contatto fornisce una soluzione economica e permette di stabilire in maniera efficace le condizioni di contatto desiderate. `E uno stru-mento molto potente che si deve utilizzare con le dovute conoscenze ed esperienze ottenute sul campo, per questo viene utilizzato in questo modello con le impostazione prestabilite dal software: il programma stesso mette in guardia con un warning nella finestra dell’edit, figura 3.22 e figura 3.23.

Si passa ora a descrivere alcuni parametri e il loro funzionamento [3] (si faccia riferimento alla figura successiva).

(40)
(41)

Figura 3.23: Finestre di modifica del controllo del contatto: augmented Lagrange

La stabilizzazione automatica `e una funzionalit`a pensata per essere utilizzata nel caso in cui il posizionamento esatto di pi`u corpi durante la modellazione risulti difficile malgrado il contatto sia stabilito. Quando viene utilizzata Abaqus attiva lo smorzamento viscoso per i movimenti relativi della coppia di contatto su tutti i nodi slave.

(42)

elementi sottostanti e al tempo dello step;

• viene applicato a tutte le coppie di contatto in modo uguale nella direzione tangenziale e normale;

• `e attivo solo quando la distanza tra le superfici di contatto `e minore di una dimensione della superficie caratteristica;

• `e zero per un contatto modellato con elementi di contatto (contatti tubo e tubo, ecc…). Sebbene il coefficiente di smorzamento calcolato automaticamente ne fornisca in genere abba-stanza da eliminare i modi di corpo rigido senza avere un effetto rilevante sulla soluzione, non vi `e alcuna garanzia che il valore sia ottimale o addirittura adatto. Questo `e particolarmente vero per i modelli a guscio sottile in cui lo smorzamento potrebbe essere troppo alto. Potrebbe essere allora necessario aumentarlo se il comportamento di convergenza fosse problematico o diminuirlo se dovesse distorcere la soluzione. Il primo caso `e ovvio me il secondo richiede un controllo post-analisi. Il metodo pi`u semplice per fare un controllo `e di considerare il rappor-to tra l’energia dissipata dallo smorzamenrappor-to viscoso e una pi`u generale energia misurata sul modello come per esempio l’energia di deformazione elastica. Se il rapporto `e troppo alto si dovr`a diminuire, per farlo baster`a cambiare il parametro factor nell’editor. Si noti infine che lo smorzamento automatico della stabilizzazione viene applicato solo per la durata della fase in cui viene specificato: nelle fasi successive viene rimosso anche se il contatto non `e stato stabilito o se i movimenti del corpo rigido compaiono pi`u tardi a causa della completa separa-zione delle coppie di contatto.

Gli altri parametri della prima finestra stabilization sono anch’essi mantenuti di default: il loro approfondimento esula da tale contesto.

Nella seconda finestra dell’editor si presentano dei parametri per modificare i vincoli di con-tatto normale: vengono cio`e create delle eccezioni per semplificare la risoluzione rendendo le imposizioni sui nodi pi`u permissive. Un nodo pu`o dunque violare due condizioni:

(43)

• Abaqus pu`o considerare che non vi sia alcun contatto su quel nodo, anche se questo ha penetrato la superficie master di una piccola distanza.

• Abaqus pu`o considerare che esiste un contatto su un nodo anche se la pressione normale trasmessa tra le superfici `e negativa (cio`e viene trasmessa una tensione di trazione). `E allora possibile specificare, per il contatto con il moltiplicatore di Lagrange, la penetrazione (direttamente o come frazione di una dimensione caratteristica della superficie di contatto) a cui `e permesso violare la condizione di impenetrabilit`a, ed `e possibile ridimensionare la penalit`a di rigidezza predefinita.

3.4.5

Carichi e vincoli

Sono gli stessi utilizzati nell’analisi precedente ma con alcune differenze: • sull’ultima sezione della piastra mediana si applica il carico p = P

w2t2 (

N mm2);

• ogni rivetto `e vincolato a non ruotare sul proprio asse x3: una volta selezionato l’asse

(44)

Figura 3.24: Propriet`a del vincolo

3.5

Elementi solidi

3.5.1

Nozioni di base

Gli elementi solidi sono gli elementi di volume standard di Abaqus e non includono: • elementi strutturali come travi, gusci, membrane e tralicci;

• elementi di connessione come molle, connettori e smorzatori.

Possono essere composti da un singolo materiale omogeneo o includere diversi strati differenti per l’analisi dei compositi. Sono molto pi`u accurati se non distorti.

(45)

grandi deformazioni. Sono utilizzabili per le analisi delle sollecitazioni, del trasferimento di calore, piezoelettriche, magnetostatiche, ecc… [3]

3.5.2

Descrizione del modello

Come gi`a anticipato la geometria del modello solido `e uguale a quella del modello continuum shell. La differenza `e data dal fatto che in questo modello a tutte le parti saranno assegnate delle sezioni solide, figura 3.25.

Figura 3.25: Propriet`a delle sezioni

3.5.3

Seeding e meshing

L’unica considerazione che rende diversa questa sezione rispetto al modello precedente `e l’uso per tutte le parti dell’elemento C3D8. `E un elemento brick completamente integrato. Sebbene la struttura sia semplice, non dovrebbe essere utilizzato nelle seguenti situazioni [3]:

• a causa della piena integrazione, l’elemento si comporta male in presenza di materiale isocoro, vale a dire per alti valori del coefficiente di Poisson o comportamento plastico; • l’elemento tende ad essere troppo rigido a flessione (ad esempio per travi sottili o lamiere

sottili in fase di flessione).

3.5.4

Interazione, carichi e vincoli

(46)

Capitolo 4

Studio dei risultati

4.1

Valutazione preliminare

Con ”valutazione preliminare” si intende lo studio approssimato dei risultati utilizzando le rappresentazioni grafiche dell’analisi in Abaqus. Le figure successive sono raggruppamenti di tre immagini dove sono raffigurati gli stessi risultati ma ottenuti con una diversa analisi: partendo dall’alto si trovano l’analisi con elementi shell (Sh), continuum shell (CS) e infine solidi (So).

Spostamenti

Selezionando la componente di spostamento ortogonale alla piastra U3 `e possibile osservare

l’effetto della flessione secondaria. Si hanno dei risultati simili su tutte e tre le analisi, sulla Co gli spostamenti sono meno accentuati (figura 4.1).

(47)

Figura 4.1: Comparazione spostamenti U3, i bordi degli elementi sono stati nascosti per una

migliore visualizzazione

Tensioni

Come prevedibile i punti di maggiore tensione e compressione si trovano nei pressi dei fori: • in direzione del carico dovuti al contatto col rivetto (pressione di contatto);

• ortogonale al carico dovuto all’effetto d’intaglio.

Questi fenomeni non si presentano nei risultati delle analisi con elementi shell. Le altre due analisi invece hanno soluzioni paragonabili, come si vede nelle figure 4.2, 4.3 e 4.4. Date que-ste ultime incongruenze si ritiene inopportuno sviluppare valutazioni pi`u approfondite dei risultati dell’analisi con elementi shell.

(48)
(49)
(50)
(51)

4.2

Estrapolazione

Si vogliono creare dei grafici che esplicitino delle tensioni in direzione di un asse opportuno. Le tensioni estrapolate sono la componente σ22 lungo il dorso e il ventre di ogni piastra, gli

assi sono quelli prima citati, cio`e quelli dove avvengono gli stress pi`u rilevanti: • l’asse x2della piastra passante per i centri dei fori e quindi di simmetria;

• l’asse x1locale passante per il centro dell’n-esimo foro hne ortogonale a x2.

Si generano allora dei paths con l’apposito comando in Abaqus dove si selezionano tutti i nodi contenuti sull’asse voluto, come visibile ad esempio in figura 4.5 e figura 4.6. Ad ogni nodo del path corrisponde una tensione.

Figura 4.5: Path in h0 sul dorso della piastra − 1 lungo x1locale

(52)

Si utilizza il comando XY data (figura 4.7) e si generano per ogni path delle tabelle di due colonne contenenti una la vera distanza lungo il path e l’altra il valore della tensione. La tabella viene esportata tramite un tool Abaqus su Excel per essere rielaborata (come spiegato nel prossimo paragrafo).

Figura 4.7: XY data

Se i pedici t e b indicano rispettivamente top e bottom, in riferimento alle due superfici esterne della piastra, i dati che si estraggono con il procedimento appena descritto sono i seguenti:

[(σt22, x2), (σb22, x2), (σt22, x1)i, (σb22, x1)i]k (4.1) con: k ∈ [piastra − 1, piastra − 3] x1 ∈ [0, 21] x2 ∈ [0, lk] i ∈      [h0, h2] se k = piastra-1 [h0, h3] se k = piastra-2, piastra-3

(53)

lk`e lunghezza della k-esima piastra. Lo stesso metodo `e usato sia per ricavare i dati dall’analisi

agli elementi continuum shell sia per quella agli elementi solidi:

{[(σt22, x2), (σb22, x2), (σt22, x1)i, (σb22, x1)i]k}CS (4.2)

{[(σt22, x2), (σb22, x2), (σt22, x1)i, (σb22, x1)i]k}So (4.3)

4.3

Rielaborazione e interpretazione

Si definiscono:

• la tensione media in direzione 2 attraverso la sezione σm22=

σt22+ σb22

2 (4.4)

• la tensione flessionale in direzione 2 attraverso la sezione σf 22 =

σt22− σb22

2 (4.5)

Queste, insieme alla tensioni effettive ottenute dalle analisi, si utilizzano per costruire i grafici che nel seguito si andranno a commentare. I grafici con i riquadri bianchi sono ottenuti per le analisi con gli elementi shell, mentre quelli con cornice grigia riguardano le analisi con gli elementi solidi.

Nei grafici a linea si trovano in ordinata le tensioni, mentre in ascissa sono elencati, in ordine di distanza dall’origine, i nodi selezionati nella fase preliminare: la distanza tra di essi non `e costante ma varia in base all’infittimento della mesh. Le curve di diverso colore appartengono a piastre differenti con in comune lo stesso asse dell’ascissa.

(54)
(55)

Nel primo gruppo di grafici (figura 4.8) si trovano le tensioni medie rilevate lungo i nodi ap-partenenti all’asse locale x1dell’n-esimo foro, come schematizzato in figura 4.9. Le curve sono

spezzate in corrispondenza del foro. Le stesse caratteristiche si trovano sui grafici dove sono rappresentate le tensioni flessionali, figura 4.10.

(56)
(57)

Come si evince dai risultati, il massimo per ogni grafico si trova in una delle tre curve ma sempre sul nodo che delimita il bordo del foro e le tensioni sono simmetriche rispetto al piano ortogonale al piano medio.

Sugli istogrammi di figura 4.12 sono riportate le tensioni sul bordo del foro sia per i valori medi che flessionali. In figura 4.11 viene schematizzato per chiarezza quali sono i nodi inte-ressati. Si noti che lo sforzo massimo `e percepito sul foro h3 della piastra − 2, per entrambe

le analisi.

(58)
(59)

Per ulteriori dettagli sugli istogrammi di figura 4.13 sono anche riportate le tensioni effettive dei punti considerati. `E facile dimostrare che, scrivendo:

σm22+ σf 22 = σt22 (4.6)

σm22− σf 22 = σb22 (4.7)

(60)
(61)

Nei grafici di figura 4.15 sono rappresentate rispettivamente le tensioni medie e flessionali lungo i nodi appartenenti all’asse x2 globale del componente, come schematizzato in figura

4.14.

(62)
(63)

Anche queste curve sono spezzate in corrispondenza dei fori ma le tensioni adesso risultano molto diverse tra il nodo precedente al foro (a monte) rispetto a quello successivo (a valle).

Le tensioni a monte e a valle dei fori sono raccolte nel dettaglio negli istogrammi in figura 4.17. In figura 4.16 viene schematizzato per chiarezza quali sono i nodi interessati.

(64)
(65)

Come previsto, gli sforzi medi di compressione sono massimi sui nodi appartenenti ai fori. Si vede inoltre come il valore negativo si sposti tra monte e valle a seconda della piastra in con-siderazione. Per completezza e verifica, in figura 4.18 vengono raffigurate anche le tensioni effettive totali sul dorso e sul ventre, a monte e a valle dei fori.

Da quanto esposto in questo paragrafo si conclude che:

• gli sforzi di tensione massima sui fori si trovano sulle linee dei nodi ortogonali al carico e sono dovuti all’effetto dell’intaglio;

• gli sforzi di compressione massimi si trovano sulla linea dei nodi parallela al carico e sono dovuti alla pressione esercitata dai rivetti sulle piastre (pressione di contatto); • il componente `e soggetto a flessione secondaria essendo la tensione flessionale non nulla

e il componente non in grado di impedirla, come `e visibile dai risultati degli spostamenti U3.

(66)
(67)

4.4

Comparazione delle analisi

Viene effettuata un’analisi critica comparativa delle due analisi. Si pongono perci`o a paragone i risultati ottenuti dalle due analisi. Come visto i risultati sono molto simili tra loro ma alcuni importanti dettagli potrebbero influenzare l’attendibilit`a della soluzione.

4.4.1

Fattore di concentrazione degli sforzi massimo k

tmax

Entrambe le analisi riportano il risultato previsto della tensione massima in presenza del foro h3 sulla piastra − 2, in particolare sul ventre di essa, come gi`a visto in figura 4.3. In figura

4.19 `e possibile comparare i valori ottenuti nelle due analisi in prossimit`a del collegamento nel foro h3.

Figura 4.19: Comparazione delle tensioni ottenute su h3

Il ktmax`e dato dalla somma di ktmmaxdovuto alla tensione media e ktf maxdovuto alla tensione

flessionale [2]

ktmax = ktmmax+ ktf max =

σm22max

σm22nom

+σf 22max σf 22nom

(4.8) I valori che si ottengono per le due analisi sono riassunti nella tabella 4.1. Il valore pi`u conser-vativo si ottiene per l’analisi So.

Analisi CS So ktmax 2.66 3.96

(68)

4.4.2

Pressione di contatto massima p

cmax

Non `e semplice indicare in questo caso dove avviene la maggiore sollecitazione, come prece-dentemente spiegato capitolo 2. In figura 4.20 si possono vedere le differenze di tensioni lungo l’asse x2, ottenute per le due analisi.

Figura 4.20: Tensioni rispettivamente medie e flessionali nella direzione longitudinale x2:

comparazione dei risultati ottenuti per le due analisi

Caso So

La tensione di compressione massima si trova nei pressi di h3 nella piastra − 2 ed `e

appe-na superiore alla tensione rilevata in h0. Questo ”sorpasso” `e causato dalla flessione a cui `e

maggiormente soggetto il foro h3:

(69)

Caso CS

In questo caso la flessione non `e abbastanza elevata da far si che la pressione di contatto massima sia spostata in h3 (sulla piastra − 2) e quindi si trova su h0:

pcmax = 153, 4M P a

Nella figura 4.21 sono messe a confronto le tensioni rilevate nelle due analisi sul foro h0 e

h3. Non `e possibile decidere, sulla base di quanto ottenuto, quale sia in questo caso il modello

che d`a la vera soluzione al problema della pressione di contatto massima.

Figura 4.21: Comparazioni delle tensioni ottenute su h0e h3per la piastra − 2 lungo l’asse x2

4.4.3

Tempo impiegato per le analisi

Il calcolatore sulla quale hanno girato le analisi ha le caratteristiche di tabella 4.2: Processore Intel(R) Core(TM) i5-2320 CPU @ 3.00 GHz 3.00 GHz

RAM 8,00 GB

Scheda video NVIDIA GeForce GTX 1060 6 GB

Tabella 4.2: Caratteristiche del computer usato per il calcolo delle analisi

(70)

`e indicato anche il tempo impiegato dall’analisi Sh, si noti come il tempo sia drasticamente inferiore.

Analisi Sh CS So

Tempo Analisi (h) 0.35 48.09 47.08

Tabella 4.3: Tempo di calcolo impiegato per risolvere le analisi

4.5

Riepilogo conclusivo

Per quanto visto in questo capitolo e alla luce di quello che si `e visto studiando i risultati, si pu`o concludere dicendo che:

• il modello Sh simula bene gli spostamenti dovuti alla flessione secondaria, con un’a-nalisi che richiede basso costo computazionale. Per quanto riguarda le tensioni, non si trova alcun riscontro n´e con la teoria n´e paragonandole con gli altri modelli;

• il modello CS simula bene gli spostamenti dovuti alla flessione secondaria. Sebbene le tensioni abbiano delle distribuzioni plausibili, il ktmaxnon `e conservativo (rispetto al

modello So). I costi computazionali sono i pi`u elevati;

• il modello So risulta pi`u rigido a causa degli elementi brick e quindi gli spostamenti U3 risultano essere meno accentuati. Le tensioni hanno delle distribuzioni plausibili e il

ktmax`e il pi`u conservativo. I costi computazionali sono meno elevati rispetto al modello

(71)

Capitolo 5

Scelte di modellazione

5.1

Introduzione

Avere un modello semplice significa avere analisi pi`u economiche e meno probabilit`a di fare errori durante la modellazione. Questo comporta per`o l’eliminazione di un insieme di soluzio-ni nella quale potrebbe esserci quella voluta: `e possibile allora semplificare solo se si conosce la soluzione a priori, tramite l’esperienza o con la comparazione dei risultati con prove speri-mentali, ottenute per esempio al banco di prova.

In questo capitolo saranno esposti i tentativi pi`u rilevanti di scelte di modellazione, che evol-vendosi hanno condotto alla forma finale poi analizzata e studiata. Non esiste un’unica alterna-tiva per ottenere la manifestazione dello stesso fenomeno/comportamento/risultato. L’obiet-tivo di queste pagine `e quello di fornire delle idee: la modifica del giusto parametro potrebbe portare, utilizzando un tentativo qui scartato, ad un modello migliore e magari pi`u snello.

5.2

Trasmissione tensioni tra piano medio delle piastre e

rivetto discreto

Questo problema interessa l’analisi con elementi shell i cui risultati sono inficiati da una ade-guata riproduzione, ed il merito `e strettamente legato a questa interazione che non riesce a

(72)

riprodurre adeguatamente la pressione di contatto e l’effetto di intaglio.

L’area coinvolta effettivamente nel contatto tra rivetto e superficie del foro `e relativa solo ad una porzione di arco, variabile tra i vari rivetti a seconda della deformazione del giunto sotto carico. Non essendo disponibile in Abaqus il contatto coinvolgente curve monodimensionali, le uniche possibilit`a sono: estendere l’MPC tra rivetto e foro a tutta la superficie o scegliere pi`u o meno arbitrariamente l’ampiezza dell’arco di contatto. Entrambe le soluzioni sono state testate e, seppure entrambe insoddisfacenti, il collegamento su tutto il perimetro si `e rivelato meno inverosimile. I risultati del modello con MPC esteso a solo mezza circonferenza sono tali che:

• l’effetto della flessione secondaria `e ben riprodotto (figura 5.2); • le tensioni non hanno nessun riscontro (figura 5.3).

(73)

Figura 5.2: Spostamento U3, modello con MPC-beam esteso a met`a perimetro del foro

Figura 5.3: Tensioni σ22sul foro h3 della piastra − 2, vista ventrale, modello con MPC-beam

esteso a met`a perimetro del foro

5.3

Impedito spostamento relativo U

3

tra le piastre

Questo problema interessa le analisi dove il rivetto `e formato da elementi solidi. Il rivetto deve impedire lo spostamento relativo ortogonale, cio`e le piastre devono restare in contatto reciproco almeno finch´e non ci sia il cedimento del vincolo: questo spostamento `e causato dal fenomeno della flessione secondaria. In presenza di vibrazioni e/o gravit`a il rivetto deve essere anche in grado di restare nella propria sede, ma nel caso qui studiato questi effetti sono trascurati.

(74)

Rivetto senza testa: tentativo 1

Si osservi la figura 5.4: il rivetto `e un cilindro di lunghezza maggiore rispetto alla sua sede, sporgente della stessa quantit`a da entrambe le parti. Sulle due basi si creano dei sistemi di riferimento cartesiani con gli assi nella direzione di quello globale ma con origine il centro della base. Preso il bordo pi`u esterno del foro ”si vincola lo spostamento nella direzione x3”

con sistema di riferimento quello locale creato precedentemente. Lo stesso procedimento si applica sull’altro capo della sede e per tutti i restanti rivetti.

Figura 5.4: Configurazione del tentativo 1

Uno studio preliminare dall’analisi mostra che (figura 5.5):

• gli spostamenti dovuti alla flessione secondaria sono scarsamente riprodotti; • il rivetto R3 `e soggetto a degli spostamenti del tutto improbabili.

Queste osservazioni sembrano piuttosto sufficienti per non soffermarsi con ulteriori conside-razioni e procedere con un secondo tentativo.

(75)

Figura 5.5: Spostamenti U3, tentativo 1

Rivetto senza testa: tentativo 2

Si osservi la figura 5.6: il rivetto ha la stessa geometria della precedente configurazione. Anche qui si creano dei sistemi di riferimento locali per ogni rivetto. Si utilizzano degli MPC-pin per connettere un punto della base del cilindro con un punto del bordo pi`u esterno del foro utilizzando come sistema di riferimento quello locale. Per ogni base si collegano quattro MPC-pin sulle diagonali del rivetto.

Figura 5.6: Configurazione del tentativo 2

L’MPC-pin `e pensato per lasciare libere le rotazioni impedendo gli spostamenti relativi tra i due nodi collegati. Il nodo che impone lo spostamento `e per regola il master, quindi per coe-renza di modello, tutti i nodi master sono quelli appartenenti ai rivetti. Lo stesso collegamento `e eseguito per ogni base e per ogni rivetto.

(76)

Uno studio preliminare dell’analisi mostra che:

• gli spostamenti dovuti alla flessione secondaria sono ben riprodotti (figura 5.7);

• le tensioni nelle piastre esterne del collegamento risentono dei nodi vincolati con gli MPC-pin come se fossero dei tiranti o dei puntoni. Quindi si trovano delle tensioni/-compressioni concentrate. In figura 5.8 viene riportato un dettaglio dove il fenomeno `e ben marcato;

• nella piastra intermedia, che non risente direttamente di questi vincoli, gli sforzi sono perfettamente simulati, come si pu`o vedere nel dettaglio di figura 5.9.

Malgrado i risultati siano interessanti ci si chiede quanto sia vantaggioso proseguire in questa direzione: si potrebbe pensare ad esempio ad un sistema ingegnoso per non far percepire gli stress concentrati anche nelle due piastre, magari anteponendo una sorta di ”rondella”. Que-sto porterebbe ad una complicazione del modello, che gli farebbe perdere di vista l’obiettivo di semplicit`a prefissato.

A questo punto risulta superiore la forma che prevede la modellazione del rivetto con due teste: questa `e la versione definitiva scelta, come si `e gi`a visto.

(77)

Figura 5.8: Tensioni σ22sul foro h3 della piastra − 3, vista ventrale, tentativo 2

(78)

Capitolo 6

Conclusioni e sviluppi futuri

Una volta giunti alle conclusioni di questo lavoro `e opportuno trarre alcune considerazioni, riportando gli elementi salienti.

I rivetti sono stati considerati nelle analisi in una forma semplificata, questo perch´e i risultati non hanno interessato tali parti ma esclusivamente le piastre, quindi la loro semplificazione geometrica ha reso notevolmente pi`u semplice l’analisi e la modellazione. Sono state escluse sempre per le stesse ragioni di semplicit`a altre considerazioni che avrebbero per`o interessato le interazioni del rivetto con le piastre, cio`e:

• l’attrito tangenziale tra le teste e le piastre;

• il contatto irregolare gambo-foro dovuto alle tecniche di montaggio.

Nel paragrafo 4.5 `e gi`a stato riportato che tipo di risultati si ottengono per ogni tipo di mo-dello: di come siano migliori o peggiori a seconda di quali valori si confrontano. C’`e per`o da sottolineare che:

• il modello Sh d`a dei valori di tensione completamente errati. Il problema si crede sia del tutto dovuto a come il rivetto sia discretizzato e sopratutto per come questo viene messo in interazione con il piano medio delle piastre;

(79)

• Non si hanno informazioni sufficienti per rispondere al dilemma di dove la pressione di contatto sia pi`u critica e sopratutto quali dei due modelli, CS e So, dica il vero e quale il falso (o se entrambi riportino un risultato errato!), come visto nel paragrafo 4.4.2. Si `e cercato di spiegare pi`u dettagliatamente possibile le scelte fatte per creare i modelli di ogni analisi. Queste insieme agli spunti dati dai tentativi fallimentari visti nel quinto capitolo, siano un punto di partenza per modelli migliori e pi`u sofisticati. Sarebbe utile per lo studio dei risultati e la comparazioni tra analisi, avere in futuro pi`u dati possibile. Si auspica per i prossimi lavori di tesi, che alle simulazioni sia affiancata una campagna di test su provini.

(80)

Appendice A

(81)
(82)
(83)

Bibliografia

[1] Antonio De Paulis and Enrico Manfredi. Costruzione di macchine, 2012.

[2] Jaap Schijve. Fatigue of structures and materials. Springer Science & Business Media, 2001. [3] Dassault Syst`emes. Abaqus 6.14 documentation. Providence, RI: Dassault Syst`emes, 2014.

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Ringraziamenti

Ho spesso pensato che avrei voluto incidere da qualche parte, alla fine degli studi, il verdet-to emesso in seguiverdet-to al mio test d’ingresso in ingegneria. Adesso non mi ricordo nemmeno esattamente cosa c’era scritto, ma pi`u o meno suonava cos`ı: ” lascia perdere non `e il tuo”. Vi risparmio la manfrina wholesome, del ”se ci credi gliela fai” e calabroni vari. Quello che ho fatto `e stato mettere un piede davanti l’altro, avere tanta pazienza e godersi il godibile per non implodere.

Ringrazio la prof.ssa Boni che mi ha seguito passo dopo passo durante il mio lavoro di te-si. Le sono grato per la disponibilit`a e la cortesia mostrata nei miei confronti.

Ringrazio i dottorandi per avermi iniziato alla programmazione del linguaggio in Python so-pratutto il Dott. Garulli, che per colpa della nostra amicizia si `e ritrovato a sopportarmi pi`u di tutti. Ringrazio anche il prof. Fanteria per i suoi consigli.

Grazie di cuore alla mia famiglia (in cui rientrano anche alcuni tra i miei cugini di seconda e terza) in particolare i miei che hanno sostenuto moralmente ed economicamente questo per-corso, fortunatamente non hanno mai capito a fondo (credo) in quale guaio mi ero infilato quando mi sono iscritto a ing. ae. sapendo solo la tabellina del cinque. Spero di ”ripagarli” da qui in avanti.

Grazie a Nora a cui devo un sacco di cose (tra cui soldi), sei la migliore fidanzata che ho avuto negli ultimi otto anni e spero anche nei prossimi! Ringrazio anche la sua famiglia per avermi a loro volta supportato.

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Chi `e ricco di amici `e scarso di guai: grazie ai miei amici, a tutti, in particolare a chi c’`e adesso e a quelli in ”afelio”, che ritrover`o presto o tardi sulla strada. Adesso cambier`o di nuovo citt`a e dovremmo salutarci. Il mio augurio `e sempre lo stesso: ritrovarsi e come mai andati essere.

Riferimenti

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