• Non ci sono risultati.

Studio farmacologico in vivo sull'attività anti-ipertensiva di Erucina e dell'estratto di Eruca sativa Mill. in animali normotesi ed ipertesi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studio farmacologico in vivo sull'attività anti-ipertensiva di Erucina e dell'estratto di Eruca sativa Mill. in animali normotesi ed ipertesi"

Copied!
100
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

STUDIO FARMACOLOGICO IN VIVO SULL’ATTIVITA’ ANTI-IPERTENSIVA DI ERUCINA E

DELL’ESTRATTO DI ERUCA SATIVA MILL. IN ANIMALI NORMOTESI ED IPERTESI.

Relatori: Candidato:

Prof. Vincenzo Calderone Federica Battaglia

Dott.ssa Alma Martelli

(2)

i

Capitolo 1 ... 1

Introduzione ... 1

1.1. L’ipertensione ... 1

1.1.1. Regolazione fisiologica e farmacologica della pressione arteriosa ... 3

1.2. Il solfuro di idrogeno ... 5

1.2.1. Biosintesi dell’H2S ... 8

1.2.2. Catabolismo di H2S ... 13

1.2.3. Meccanismi di azione di H2S ... 15

1.3. H2S nel sistema cardiovascolare ... 24

1.4. Effetto vasoattivo di H2S ... 26

1.5. H2S e ipertensione ... 30

1.6. H2S nella scoperta di farmaci ... 33

1.6.1. H2S donors ... 33

1.7. Isotiocianati come H2S donors ... 41

1.7.1. “Rocket salad” e valore traslazionale-nutraceutico ... 47

Capitolo 2 ... 52

Scopo della ricerca ... 52

Capitolo 3 ... 54

Materiali e metodi ... 54

3.1 Animali ... 54

3.2 Strumentazione ... 55

3.3 Misurazione della pressione ... 56

3.4 Sostanze e soluzioni utilizzate durante il protocollo sperimentale ... 58

3.5. Analisi dei dati ... 59

Capitolo 4 ... 60

Risultati e discussione ... 60

4.1. Conclusioni ... 73

(3)

1

Capitolo 1

Introduzione

1.1. L’ipertensione

La pressione sanguigna, sistemica e organica, è strettamente regolata per mantenere la perfusione degli organi ai livelli richiesti. Una bassa pressione sanguigna può portare a una cattiva perfusione e ipossia, con conseguente danno d'organo, caratterizzato da disfunzione e necrosi, mentre l'ipertensione può portare a danni vascolari e infiammatori. L’ipertensione arteriosa è una patologia largamente diffusa, che colpisce circa il 30% della popolazione adulta. È la condizione più comunemente diagnosticata in occasione di visite ambulatoriali e rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di insufficienza cardiaca, infarto, ictus e malattia renale cronica. Nel 2010, è stata la causa primaria, o contributiva, di morte, per oltre 362.000 americani (Piper et al., 2014). In particolare con il termine ipertensione si indica un disturbo della circolazione sanguigna caratterizzato dall’aumento stabile della pressione arteriosa, cioè della forza esercitata dal sangue sulle pareti delle arterie. Le indagini nazionali continuano a rivelare che spesso l'ipertensione non viene rilevata e, laddove diagnosticata, viene spesso trattata in modo inadeguato. Tra i pazienti ipertesi, solo il 25% sembra essere ben controllato. Ciò è particolarmente vero per l'ipertensione sistolica isolata. La prevalenza dell'ipertensione sistolica isolata aumenta con l'età: del 20% intorno ai 40 anni, dell’80% tra i 60-69 anni e del 95% dopo gli 80 anni. Negli ultimi dieci anni la gestione dell'ipertensione è cambiata, con il riconoscimento che non esiste una soglia al di sotto della quale la pressione sanguigna elevata non causi alcuna minaccia alla salute. In particolare, nel novembre 2017, l'American College of Cardiology e l'American Heart Association, insieme a nove organizzazioni di supporto, hanno pubblicato la loro nuova linea guida per la prevenzione, la rilevazione, la valutazione e la gestione dell'ipertensione arteriosa negli adulti (Whelton et al., 2017; Reboussin et al., 2017). Questa linea guida, intesa a fornire un aggiornamento alla linea guida del Comitato nazionale congiunto del 2003 (JNC 7), ha abbassato la soglia per la diagnosi di ipertensione a ≥130/80 mmHg dalla precedente soglia di ≥140/90 mmHg; ha aggiunto una nuova categoria di "pressione arteriosa elevata" per valori di 120-129/80 mmHg (precedentemente considerati normali) e ha abbassato il target per i soggetti trattati da <140/90 a <130/80 mmHg (Whelton et al., 2017). La diagnosi di ipertensione è basata su rilievi, ripetuti e riproducibili, di una pressione arteriosa elevata (Tabella 1). Studi epidemiologici indicano che i rischi di danni al rene, al cuore e al cervello sono direttamente correlati al grado di ipertensione raggiunto.

(4)

2 Tabella 1: Classificazione dell’ipertensione sulla base dei valori pressori ematici.

In ogni caso, perfino una moderata ipertensione aumenta, nel giovane o nell’adulto di età media, il rischio di eventuali danni ad organi vitali.

Dal punto di vista eziologico una causa specifica dell’ipertensione può essere accertata in non più del 10-15% dei pazienti. Comunque è importante in ciascun caso prendere in considerazione l’eventualità di cause specifiche, poiché alcune di queste possono essere risolte attraverso un intervento chirurgico, come la stenosi dell’arteria renale, la coartazione dell’aorta, il feocromocitoma, il morbo di Cushing e l’iperaldosteronismo primario. Pazienti nei quali non può essere accertata alcuna causa specifica di ipertensione sono detti essere affetti da ipertensione essenziale primaria, mentre se la causa può essere trattata e risolta si parla di ipertensione secondaria. Il valore pressorio è la risultante della forza esercitata dalla pompa cardiaca per spingere il sangue verso la periferia, alla quale si oppone la resistenza esercitata a valle dai vasi, il cui calibro non è fisso ma varia in base alla necessità. Nella maggioranza dei casi, l’elevata pressione arteriosa risulta associata ad un aumento globale delle resistenze arteriolari al flusso ematico, mentre la gittata cardiaca è di solito nella norma. Meticolose ricerche sulla funzionalità del sistema nervoso autonomo, sui riflessi barorecettoriali, sul sistema renina-angiotensina-aldosterone e sul rene, non sono riuscite ad identificare un’alterazione primaria, come causa dell’aumentata resistenza vascolare periferica presente nell’ipertensione essenziale. Una pressione arteriosa elevata è di norma causata da un insieme di diverse alterazioni (genesi multifattoriale). Risultati di ricerche epidemiologiche orientano verso un’eredità genetica, stress psicologici, fattori ambientali e dietetici (aumentata ingestione di sale e probabilmente ridotta assunzione di calcio) come probabili fattori contributivi allo sviluppo dell’ipertensione (Benowitz, 2017).

Pressione sistolica/diastolica (mmHg)

Categoria

<120/80 Normale

120-135/80-89 Preipertensione

≥140/90 Ipertensione

140-159/90-99 Stadio 1

(5)

3 Figura 1: siti anatomici di controllo della pressione arteriosa.

1.1.1. Regolazione fisiologica e farmacologica della pressione arteriosa

Fisiologicamente, sia negli individui normotesi che in quelli ipertesi, la pressione arteriosa viene regolata attraverso il controllo della gittata cardiaca e delle resistenze vascolari periferiche, che si esplica a livello di: arteriole, venule post-capillari (vasi di capacitanza) e cuore. Un quarto sito anatomico di controllo, il rene, contribuisce al mantenimento della pressione arteriosa, regolando il volume del liquido all’interno dei vasi. I riflessi barorecettoriali, mediati dai nervi simpatici, agiscono, in combinazione con meccanismi umorali, incluso il sistema renina-angiotensina-aldosterone, per coordinare la funzione di questi 4 siti di controllo e mantenere normale la pressione arteriosa. Infine, il rilascio locale di sostanze vasoattive dall’endotelio vascolare può essere implicato nella regolazione delle resistenze vascolari. La pressione arteriosa del paziente iperteso non trattato, è controllata dagli stessi meccanismi che sono operativi nei soggetti normotesi, la differenza sta nel fatto che i barocettori ed i sistemi di controllo pressione-volume ematico, presenti a livello renale, appaiono regolati ad un più alto livello di pressione arteriosa.

(6)

4 Tutti i farmaci antipertensivi agiscono su uno o più dei 4 siti anatomici di controllo prima descritti e determinano i loro effetti interferendo con i normali meccanismi di regolazione della pressione arteriosa. Secondo il meccanismo d’azione possiamo classificare i farmaci nelle seguenti macro-categorie:

 Diuretici, che abbassano la pressione arteriosa mediante riduzione della volemia;

 Simpaticolitici, che abbassano la pressione arteriosa riducendo le resistenze vascolari periferiche, inibendo la funzionalità cardiaca ed aumentando l’accumulo venoso nei vasi di capacitanza.

 Vasodilatatori diretti, che riducono la pressione rilasciando la muscolatura liscia vasale,  Farmaci che bloccano la sintesi o l’azione dell’angiotensina ed in tal modo riducono le

resistenze periferiche vascolari e il volume ematico (Benowitz, 2017).

Vari studi clinici hanno dimostrato che l'intervento farmacologico nell'ipertensione riduce il rischio di esiti cardiovascolari, incluso l’infarto del miocardio, l’insufficienza cardiaca e l’ictus. Nonostante però si disponga di un ampio armamentario farmacologico, la normotensione spesso non viene raggiunta, indicando quindi che nuove vie, per la riduzione della pressione arteriosa, devono essere esplorate. Le molecole di segnalazione gassose (gastrasmettitori) come l'ossido di azoto (NO) e il monossido di carbonio (CO) hanno dimostrato di contribuire a mantenere la pressione sanguigna e il flusso (Gheibi et al., 2018). Più recentemente, anche il solfuro di idrogeno (H2S), ha dimostrato di

avere un ruolo nella regolazione della pressione sanguigna, infatti il trattamento con donatori di H2S si è rilevato efficace in diversi studi preclinici (Barresi et al., 2017), e può quindi rappresentare

(7)

5

1.2. Il solfuro di idrogeno

Da un punto di vista chimico, l'H2S è un gas incolore, infiammabile, solubile in acqua con il

caratteristico odore di uova marce. Per molto tempo è stato considerato esclusivamente un gas tossico pericoloso per l’ambiente e per l’uomo, spesso definito "gas di palude" o "gas di fogna". Il solfuro di idrogeno infatti, in qualità di agente riducente, è in grado di causare un brusco arresto della respirazione cellulare inibendo, in modo non competitivo, il complesso enzimatico mitocondriale citocromo c ossidasi (CcO o complesso IV) attraverso una reazione di ossidoriduzione che prevede il consumo di ossigeno molecolare (Nicholls e Kim, 1982; Cooper e Brown, 2008; Hellmich et al., 2015). Dosi crescenti di gas suscitano vari effetti avversi: l’esposizione a basse dosi comporta irritazione oculare e riduzione reversibile della sensibilità olfattiva, anche nei confronti dello stesso H2S, all'aumentare della dose si sviluppa danno polmonare che può culminare, in caso

di esposizione ad alte dosi, nel caratteristico "effetto knockdown" che comporta perdita di coscienza, arresto cardiopolmonare e asfissia, anche se tali effetti si manifestano quando si ha a che fare con un’esposizione dell’ordine di 1000 ppm. Tuttavia, vi sono anche tutta una serie di riconosciuti effetti benefici dovuti al solfuro di idrogeno, che risalgono ai tempi degli antichi greci e romani. Essi infatti erano soliti fare il bagno in sorgenti sulfuree naturali per cercare rapido sollievo dai sintomi tipici di numerose patologie tra cui reumatismi, malattie della pelle e disturbi delle prime vie respiratorie. Infatti, recenti evidenze scientifiche hanno appurato che le proprietà antibatteriche, antifungine, antiinfiammatorie e vasodilatatorie delle acque contenenti zolfo sono con molta probabilità da attribuire al solfuro di idrogeno che, quando presente in quantità dell’ordine di poche decine di micromoli, esplica le sue azioni benefiche (Reigstad et al., 2003; Li e Moore, 2008; Moss, 2010). Pertanto effetti tossici e benefici di H2S, attribuibili alle diverse

concentrazioni, costituiscono due facce della stessa medaglia e ciò giustifica ampiamente il ruolo fisiologico di una produzione endogena di idrogeno solforato a basse concentrazioni (Mulrow et al., 2000). Nonostante sia nota da molti anni la presenza di H2S a livello dei tessuti biologici, soltanto

studi più recenti hanno infatti permesso di individuare nel solfuro di idrogeno un “gas trasmettitore” endogeno coinvolto in molte funzioni fisiologiche e fisiopatologiche. I ruoli fisiologici accertati dell'H2S endogeno sono molteplici e quelli di recente scoperta sono in rapida espansione,

in particolare questo gas gioca un ruolo importante come modulatore endogeno della pressione sanguigna poiché induce rilasciamento della muscolatura liscia vascolare con un meccanismo legato principalmente alla attivazione di canali al potassio ATP-dipendenti (KATP) e voltaggio-dipendenti

(Kv7) (Martelli et al., 2013a). Inoltre H2S sembra anche essere coinvolto in molte funzioni dei sistemi

endocrino, respiratorio, gastrointestinale e nervoso centrale e sembra svolgere effetti antiinfiammatori a basse concentrazioni e pro-infiammatori a concentrazioni maggiori (Vandiver e

(8)

6 Figura 2: Ruoli fisiologici del solfuro di idrogeno.

Snyder, 2012). Per quanto riguarda gli effetti antinfiammatori, è stato chiaramente dimostrato che H2S influenza direttamente le funzioni cellulari infiammatorie: sopprime l'infiltrazione dei leucociti

attraverso la riduzione delle molecole di adesione, inibisce l'attività mieloperossidasica dei granulociti e induce l'iporesponsività dei macrofagi per gli stimoli pro-infiammatori come le endotossine batteriche o il TNFα. Inoltre, H2S inibisce l'adesione indotta dall’ IL-1 e lo stravaso di

granulociti nelle venule mesenteriche, riduce l'espressione di enzimi pro-infiammatori, come COX-2 e iNOS, e di diverse citochine infiammatorie, come IL-1, TNFα e IL-1COX-2 (Brancaleone et al., COX-2014). In accordo con gli effetti benefici sul sistema cardiovascolare, eventuali deficit nella produzione di H2S endogeno possono quindi contribuire alla patogenesi dell’ipertensione, favorire la formazione

di trombi e causare ulteriori complicazioni associate a diabete mellito (Brancaleone et al., 2008; Grambow et al., 2014).

Oltre all’H2S in realtà, i primi mediatori endogeni gassosi ad essere stati scoperti sono l’ossido nitrico

(NO) e il monossido di carbonio (CO), piccole molecole lipofile con emivita piuttosto breve che, come H2S, diffondono rapidamente attraverso le membrane biologiche andando ad agire su

specifici target intracellulari (Wang, 2002; Kasparek et al., 2007). Lo studio dei ruoli fisiopatologici e farmacologici di questi "gas trasmettitori" ha rappresentato, negli ultimi decenni un campo di ricerca stimolante. Questa attività di ricerca ha portato ad ottenere utili conoscenze

(9)

7 sull'importanza biologica di tali composti endogeni in molti sistemi, con pesanti implicazioni per la scoperta di nuovi farmaci (Moore et al., 2003; Olson e Donald, 2009). Un gas trasmettitore endogeno presenta le seguenti caratteristiche:

 capacità di diffondere attraverso le membrane biologiche;  produzione endogena regolata;

 capacità di modulare le funzioni biologiche ad una concentrazione fisiologica;  presenza di specifici bersagli biologici (Wang, 2002);

 breve tempo di dimezzamento e potenziale tossicità quando presenti in eccesso (Kasparek et al., 2007).

L'ossido nitrico è il primo esempio di gas trasmettitore che è stato studiato a fondo. La comprensione dei suoi molteplici ruoli nella modulazione fisiologica delle funzioni cardiovascolari (CV) è stata una pietra miliare "rivoluzionaria", che ha profondamente influenzato lo sviluppo della farmacologia CV negli ultimi decenni. Dopo NO, anche il monossido di carbonio ha suscitato interesse come modulatore gassoso biologico attivo.

Tutti i gas trasmettitori a concentrazioni superiori di quelle fisiologiche, sono potenzialmente dotati di conseguenze tossiche: alte concentrazioni di NO sono note per essere una fonte di specie reattive, che possono produrre danni principalmente al sistema CV e ai sistemi nervosi (Ponderoso et al., 1996; Calabrese et al., 2007); il CO previene il legame dell'emoglobina con l'ossigeno, portando a morte rapida (Prockop e Chichkova, 2007). Infine, concentrazioni relativamente elevate di H2S possono promuovere, come descritto precedentemente, effetti potenzialmente letali tramite

compromissione della respirazione mitocondriale, e possono essere coinvolte in altre condizioni patologiche, come infiammazione, sepsi e ictus (Lowicka e Beltowski, 2007). Tuttavia, tutti e tre i gas a concentrazioni appropriate svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione di una pletora di funzioni fisiologiche. In particolare, attualmente un’attenzione particolare è rivolta all'H2S, poiché

è il gastrasmettitore di più recente scoperta. I primi studi indicano che questo gas trasmettitore potrebbe configurarsi come un candidato davvero interessante nel campo dei modulatori gassosi endogeni, infatti, possiede quasi tutti gli effetti CV benefici mostrati da NO, senza mostrare però la produzione deleteria di specie reattive dell'ossigeno (ROS) tipica di NO, in quanto, essendo per sua natura chimica un anti-ossidante, agisce come “scavenger” di quest’ultimi. (Whiteman et al., 2004; Whiteman et al., 2005).

(10)

8 Figura 3: Dissociazione chimica di H2S in soluzione acquosa.

1.2.1. Biosintesi dell’H2S

Il solfuro di idrogeno è un acido debole biprotico, il cui comportamento in ambiente acquoso può essere schematizzato dalla seguente reazione:

A valori fisiologici di temperatura e pH, l’acido indissociato è presente per il 20%, mentre la specie anionica HS- rappresenta l’80%, la presenza di S2-è invece trascurabile poiché la dissociazione di HS

-richiede che il pH sia più elevato del fisiologico. Pertanto, in condizioni fisiologiche, coesistono quantità significative di H2S e HS- ed entrambe le specie contribuiscono direttamente all'azione

biologica dell'H2S (Dorman et al., 2002; Dombkowski et al., 2004).

A causa della sua elevata lipofilicità, l'H2S attraversa liberamente le membrane biologiche e penetra

in tutti i tipi di cellule; questa proprietà gli conferisce un alto potenziale biologico (Li e Moore, 2008). L'HS-, che è la specie prevalente, agisce come nucleofilo e si lega prontamente a centri metallici di

molecole biologiche, come il sito di legame per l’ossigeno dell'emoglobina. Questo comportamento chimico, insieme ad altri meccanismi catabolici (descritti successivamente), può portare ad un sostanziale abbassamento della concentrazione di solfuro nel corpo (Hughes et al., 2009).

L'H2S endogeno può essere prodotto nei tessuti dei mammiferi sia mediante vie enzimatiche che

non enzimatiche. La via non enzimatico, sebbene meno importante, procede attraverso una Figura 4: Diverse forme di solfuro di idrogeno in acqua (H2S e anione

(11)

9 Figura 5: Biosintesi non enzimatica di H2S nei tessuti dei mammiferi.

reazione di ossido-riduzione che prevede la riduzione dello zolfo elementare in H2S e l’ossidazione

del glucosio in lattato. La reazione che è avviene è la seguente:

Oltre al glucosio anche altri substrati sono efficaci per la produzione di H2S. Ad esempio, i

trasportatori di elettroni NADH e NADPH sono probabilmente coinvolti in questo processo. Infatti, NADH, NADPH e glutatione (GSH) risultano coinvolti nella produzione di H2S in lisati cellulari

eritrocitari umani. Probabilmente, GSH è il principale responsabile della maggior parte della produzione di H2S, secondo una reazione in cui il glutatione ridotto (GSH) viene trasformato in

glutatione ossidato (GSSG) e il glutatione ossidato risultante viene ridotto di NADPH e riutilizzato (Wang, 2002; Searcy e Lee, 1998).

La via enzimatica è sicuramente la più importante. Questa è assicurata dagli enzimi citosolici cistationina β-sintasi (CBS) e cistationina γ-liasi (CSE). La produzione di H2S è anche svolta dalla

cooperazione tra gli enzimi cisteina aminotransferasi (CAT) e 3-mercaptopiruvato sulfotransferasi (3-MST) (Stipanuk, 2004; Ishigami et al., 2009). Questi enzimi sono ampiamente espressi in diversi tessuti, ma ci sono differenze significative nella loro localizzazione (Kamoun, 2004). Una schematizzazione iniziale ha indicato che la CBS è prevalentemente espressa nel sistema nervoso centrale (SNC) (Robert et al., 2003), e scarsamente espressa nei tessuti cardiovascolari, dove può essere indotta solo in particolari situazioni. Al contrario, in passato si pensava che il CSE fosse il principale enzima deputato alla produzione di H2S nel sistema cardiovascolare (Ishii et al., 2004), e

infatti originariamente è stato dimostrato che l'mRNA di CSE è espresso a livello della muscolatura liscia vascolare (Zhao et al., 2001), in realtà, ulteriori studi, sul ruolo vascolare del CSE hanno dimostrato che questo enzima è localizzato prevalentemente nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni, mentre sembra essere scarsamente espresso nelle cellule della muscolatura liscia vascolare. Inoltre l'H2S bio-sintetizzato dall'endotelio vascolare, fluendo verso la muscolatura, può

agire come fattore vasorilasciante, pertanto alterazioni di CSE hanno mostrato nei topi una compromissione della funzione endoteliale, con conseguente ipertensione e aterosclerosi (Yang et al., 2008). Attualmente, è chiaro che il modello di distribuzione e localizzazione degli enzimi coinvolti nella biosintesi dell'H2S è più complesso. Oltre alla sua localizzazione nel sistema nervoso

centrale, la CBS si esprime anche nel fegato, nei reni, nell'intestino, nell'utero, nella placenta e nelle isole pancreatiche (Kimura, 2011). La CBS è espressa anche nello strato endoteliale dell'arteria polmonare bovina (Olson et al., 2010). CAT e 3-MST, originariamente considerati solo come enzimi

(12)

10 mitocondriali, sono stati identificati anche nel citosol. Questi enzimi sono localizzati nel fegato, nei reni, nel cuore, nei polmoni, nel timo, nei testicoli, nei tessuti vascolari e nel SNC (Kimura, 2011). Nei tessuti dei mammiferi, l'H2S è prodotto attraverso almeno quattro diverse vie biosintetiche.

Nella prima via biosintetica (Figura 6), la CBS, utilizzando come cofattore il piridossale 5' fosfato (vitamina B6), idrolizza la L-cisteina con formazione di quantità equimolari di L-serina e H2S (Porter

et al., 1974).

Nella seconda via (Figura 7), due molecole di L-cisteina reagiscono per formare L-cistina (L–cisteina dimero), che viene scomposta a tiocisteina, piruvato e NH3 attraverso una reazione mediata da CSE.

A sua volta, la tiocisteina subisce due diversi processi: uno non enzimatico, con conseguente formazione di L-cisteina e H2S, o una reazione CSE-dipendente con un tiolo R-SH (come cisteina o

glutatione), con conseguente produzione di H2S e CysS-R (Cavallini et al., 1962; Stipanuk e Beck

1982; Yamanishi e Tuboi, 1981).

Figura 6: Biosintesi di H2S da parte di CBS.

(13)

11 La terza via (Figura 8) prevede la partecipazione dell'enzima cisteina aminotransferasi, che catalizza una reazione tra L-cisteina e α-chetoglutarato, portando alla formazione di 3-mercaptopiruvato e L-glutammato. Il 3-mercaptopiruvato può essere quindi desolforato da 3-mercaptopiruvato sulfontrasferasi per ottenere piruvato e H2S (Kuo et al., 1983; Shibuya et al., 2009). In alternativa,

quando sono disponibili ioni solfito, SO32-, CAT può convertire il 3-mercaptopiruvato in piruvato e

tiosolfato (S2O32-), che a sua volta reagisce con il glutatione ridotto (GSH) per produrre H2S, SO32- e

glutatione ossidato (GSSG).

Nella quarta via enzimatica (Figura 9), la L-cisteina e lo ione solfito vengono convertiti in L-cisteato e H2S dalla cisteina liasi (Li et al., 2009).

Figura 8: Biosintesi di H2S da parte di CAT e 3-MST.

(14)

12 Diversi fattori endogeni ed esogeni possono influenzare l'attività di CBS e CSE. Nel cervello, l'attività della CBS è regolata dal Ca2+ e dalla calmodulina e pertanto la produzione di H

2S, dipendente dalla

CBS, è aumentata da fattori che determinano un aumento di Ca2+ (Dominy e Stipanuk, 2004)

intracellulare come agonisti glutammatergici che attivano i recettori NMDA (N-metil-D-aspartato) e AMPA (a-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolapropionato). Come ha dimostrato Kimura (Kimura, 2014), anche la produzione di H2S, da parte di CSE e della via 3-MST/CAT, può essere regolata dal

Ca2+. Allo stato stazionario, basse concentrazioni intracellulari di Ca2+, permettono alle vie

biosintetiche mediate da CSE e 3-MST/CAT di produrre H2S. Quando le cellule vengono stimolate e

il livello intracellulare di Ca2+ è aumentato, la generazione di solfuro di idrogeno da parte di CSE è

diminuita di circa il 50% e quella della via 3-MST/CAT è bloccata (Kimura, 2014). Infine si ritiene che NO inattivi la CBS. A questo riguardo, il paradossale miglioramento dell'attività di CBS promossa in vitro dal nitroprussiato di sodio, donatore di NO, è indipendente dalla sua capacità di rilascio di NO ed è stato spiegato da una modifica diretta di CBS (Eto e Kimura, 2002; Taoka e Banerjee, 2001). Considerando il sistema CV, la generazione di H2S mediata da CSE è incrementata dai donatori di

NO in modo cGMP-dipendente. Coerentemente, si è osservato che inibitori di NO-sintasi riducono la produzione di H2S (Zhao et al., 2003).

(15)

13

1.2.2. Catabolismo di H2S

Per quanto riguarda i percorsi responsabili della "distruzione" di H2S, è interessante notare che

l'H2S è una specie riducente che può essere facilmente metabolizzata da una varietà di agenti

ossidanti (Whiteman et al., 2004; Whiteman et al., 2005; Chang et al., 2008; Geng et al., 2004). Un'importante via del catabolismo dell'H2S, probabilmente la principale, avviene nei mitocondri.

Gli enzimi responsabili del meccanismo ossidativo sono i seguenti:  chinone ossidoreduttasi;

 S-diossigenasi;  S-transferasi.

Il prodotto finale ottenuto è il tiosolfato, questo viene poi ulteriormente convertito dall’enzima rodanasi in solfito (questa reazione richiede anche la presenza di cianuro, che viene convertito in tiocianato), che a sua volta viene ossidato a solfato dall’enzima solfito ossidasi (Goubern et al., 2007; Hildebrandt e Grieshaber, 2008).

Sebbene il solfato inorganico sia il principale prodotto stabile del catabolismo dell'H2S, non può

essere considerato un bio-marcatore affidabile per un’accurata stima della produzione di H2S nel

sangue dei mammiferi. Infatti, gli ioni solfato possono anche essere generati da altre fonti, come l'ossidazione diretta della cisteina da parte dell’enzima cisteina diossigenasi e l'ossidazione dei solfiti prodotti da altre fonti (Li et al., 2009).

Inoltre, a causa della natura chimica dell'H2S, l'ordine di grandezza micromolare delle sue

concentrazioni plasmatiche, che sono spesso riportate in letteratura, riflettono la somma della specie non dissociata (H2S) e dei suoi derivati dissociati (HS- e S2-) (Olson, 2009).

Una seconda via catabolica è rappresentata dalla metilazione di H2S da parte dell'enzima tiolo S-4

metiltransferasi (TSMT) con conseguente formazione di metantiolo e dimetilsolfuro; questa reazione avviene esclusivamente nel citoplasma e costituisce una via meno importante della "distruzione" di H2S (Furne et al., 2001).

Nella terza via catabolica, che avviene nel sangue, l’H2S lega l'emoglobina con conseguente

formazione di sulfemoglobina. Quest’ultima può essere vista come un possibile biomarcatore della concentrazione plasmatica di H2S (Kurzban et al., 1999).

(16)

14 Figura 10: Diversi percorsi coinvolti nel catabolismo dell'H2S nel sangue, nei mitocondri e nel citosol.

(17)

15

1.2.3. Meccanismi di azione di H2S

I meccanismi farmacologici alla base degli effetti dell'H2S sono molto diversi e potrebbero essere

suddivisi in tre gruppi principali (Beltowski, 2015; Szabo, 2007):

Interazione con tioli e S-sulfidrilazione di proteine

La S-sulfidrilazione è il processo in cui un tiolo (R-SH) viene convertito in polisolfuro (R-SSH). Pertanto la S-sulfidrilazione della proteina si riferisce ad un'ossidazione reversibile dei gruppi cisteina –SH. Questo cambiamento modula l'attività biologica delle proteine, aumentandola, a causa della diminuzione del pKa e dell'aumento della nucleofilicità dei polisolfuri rispetto ai tioli (Ono et al., 2014). Per esempio la gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH), enzima che gioca un importante ruolo in glicolisi e gluconeogenesi, in seguito a reazioni di S-sulfidrilazione inibisce l’apoptosi cellulare. Allo stesso modo, l'S-sulfidrilazione dei canali KATP contribuisce all'induzione

della vasodilatazione H2S-mediata (Filipovic, 2015).

Reazioni con specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto

In linea con il noto comportamento chimico dei solfuri inorganici e organici, che sono buoni agenti nucleofili e substrati facilmente ossidabili, un’altra spiegazione meccanicistica dell'attività biologica di H2S è stata attribuita all'interazione con i sistemi redox. Infatti, l'H2S reagisce con molte specie

reattive dell’ossigeno (ROS), come l'anione radicale superossido, il perossido di idrogeno, il perossinitrito e l'ipoclorito, portando alla riduzione dello stress ossidativo cellulare (Kabil e Banerjee, 2010). Infatti questi composti sono altamente reattivi e la loro neutralizzazione mediante H2S si traduce nella protezione di proteine e lipidi dal danno indotto da tali molecole aggressive

(Whiteman et al., 2004; Whiteman et al., 2005). Si deve sottolineare inoltre, che la soppressione della produzione di ROS, da parte dell’H2S, determina tutta una serie di altri meccanismi

citoprotettivi non specifici, quali: riduzione dell’espressione della proteina caspasi-3 (proteasi che contribuisce al processo apoptotico), prevenzione della deplezione di glutatione (GSH) e riduzione del potenziale di membrana mitocondriale nei cardiomioblasti di ratto (Chen et al., 2009). Come osservato nelle culture cellulari di neuroblastoma l’H2S protegge dallo stress ossidativo attraverso

due meccanismi:

 aumenta la produzione di GSH;

 migliora il trasporto di cistina/cisteina responsabile della distruzione di GSH nei mitocondri (Kimura et al., 2010).

Infine l’H2S può interagire anche con gli S-nitrosotioli per formare acido tionitroso (HSNO), i cui

(18)

16

Interazione con metalloproteine

Anche le metallo-proteine intracellulari e intra-mitocondriali interagiscono con l'idrogeno solforato (Haouzi e Klingerman, 2013). Infatti l’H2S reagisce con l’emoglobina a formare la sulfoemoglobina

che viene utilizzata come biomarcatore metabolico (Haouzi et al., 2011). Le interazioni di H2S con

le metallo-proteine sono quantitativamente significative e pertinenti, da includere in qualsiasi modello di predizione. Infatti è proprio la reattività dell'H2S con composti metallici, cioè ferro ferrico

(metaemoglobina) (Haouzi et al., 2011; Smith e Gosselin, 1966; Van de Louw e Haouzi, 2012) o cobalto ossidato (idrossicobalamina) (Smith, 1969; Truong et al., 2007; Van de Louw e Haouzi, 2012), che è stata offerta come giustificazione per lo sviluppo di antidoti contro l'avvelenamento da H2S. Inoltre, allo stesso modo, i composti di Zn sono stati usati per ridurre l'H2S nel colon (Suarez

et al., 1998).

Le metallo-proteine intra-citoplasmatiche e intra-mitocondriali sono abbondanti (Dupont et al., 2006) in quanto molto diverse (Karlin, 1993), una grande proporzione del pool di proteine è rappresentata da composti metallici tra cui Fe, Zn, Cu o Co a vari livelli di ossidazione (Waldron et al., 2009). Queste molecole costituiscono un ampio riferimento, nei mitocondri e nel citoplasma per le concentrazioni nM o pM di H2S prodotte in una cellula.

Oltre a questo "trapping effect", dalla presenza del metallo-solfuro possono emergere funzioni potenziate, ridotte o addirittura nuove di metallo-proteine. La lunga lista di metallo-proteine intracellulari potenzialmente coinvolte nella risposta sistemica all'ipossia include molecole che vanno dalla mioglobina, ad alcuni dei componenti più fondamentali della catena di elettroni, dalla superossido dismutasi (Searcy et al., 1995) all'anidrasi carbonica, e dall’ enzima di conversione dell'angiotensina (Laggner et al., 2007) a varie proteine dell'eme.

Incorporare tutti i fattori rilevanti che potenzialmente interagiscono con l'H2S in una cellula è una

vera sfida, ma al fine di chiarire tutti gli effetti fisiologici del solfuro di idrogeno endogeno, è importante lo sviluppo di modelli teorici che forniscano un'anticipazione realistica del destino di H2S. (Olson, 2011).

Insieme a questi meccanismi d'azione non specifici, l'H2S può anche esercitare i suoi effetti

attraverso specifici bersagli molecolari.

 Canali K

ATP

In particolare, in molti sistemi, le azioni dell'H2S sono mediate dall'attivazione dei canali del potassio

sensibili all'ATP (KATP) (Zhao et al., 2001). I canali KATP sono quasi ubiquitari e il loro ruolo è

(19)

17 come cellule pancreatiche, neuroni, cellule del muscolo miocardico, scheletrico e della muscolatura liscia. Infatti, i canali KATP sono considerati come un efficiente meccanismo biologico in grado di

collegare lo stato metabolico delle cellule con la loro eccitabilità, perché i livelli intracellulari di ATP e ADP sono i fattori chiave che determinano rispettivamente l'inibizione e l'attivazione del canale. In particolare, alti livelli di ATP sono i fattori inibitori prevalenti sull'attività del canale. Al contrario, in condizioni di ridotto metabolismo energetico, legato ad un aumento dell'ADP e ad una diminuzione del rapporto ATP/ADP, il canale viene attivato e assicura un flusso verso l'esterno di ioni di potassio, con conseguente iperpolarizzazione della membrana (Nichols, 2006).

I canali KATP presentano una struttura etero-ottamerica, composta dalla combinazione di due tipi di

subunità transmembrana: dalle proteine formanti il poro appartenenti alla famiglia dei canali del potassio “inward rectifier” (Kir) e dalle proteine regolatrici note come subunità SUR (recettori della sulfanilurea), quest’ultime fanno parte delle proteine ABC (ATP-binding cassette), in grado di agire come sensori del rapporto ATP/ADP. Più nello specifico i canali KATP sono formati da quattro

proteine Kir, appartenenti alla sottofamiglia delle proteine Kir6, e ciascuna di queste è associata ad una subunità SUR (Miki e Seino, 2005; Bryan et al., 2004). Diversi tessuti esprimono canali KATP

formati da diverse combinazioni di subunità Kir6-SUR. Nel tessuto cardiaco i canali KATP più

abbondanti risultano essere formati dall’associazione delle subunità Kir6.2 e le subunità SUR2A. Il canale KATP mostra un alto livello di complessità strutturale, poiché comprende 96 domini

transmembrana e 12 siti di legame nucleotidici.

Figura 11a: Schema del canale KATP. Nel complesso ABC della subunità SUR ci sono cinque gruppi di domini TMD0, TMD1, NBD1, TMD2 e NBD2. Il canale è costituito da domini transmembrana e domini citoplasmatici. Le quattro subunità Kir6 formano il poro. (Johnson and Chen, 2017; Li et al., 2017; Martin et al., 2017; Zhang and Chen, 2016).

(20)

18 Figura 11b: Struttura tridimensionale dei canali KATP.

Diverse classi di farmaci (o composti endogeni), che agiscono come attivatori KATP o bloccanti KATP,

esercitano i loro effetti attraverso interazioni molecolari con diversi siti di azione. In particolare per quanto riguarda l’interazione con H2S scoperte molto recenti, basate su esperimenti di mutazione

puntiforme diretta al sito, hanno fornito la prima probabile spiegazione: attraverso l'espressione eterologa delle subunità Kir6.1 e SUR1 nella linea cellulare HEK-293, è stato dimostrato che l'attivazione del canale KATP indotta da H2S richiede obbligatoriamente la coespressione di entrambe

le subunità, mentre l'H2S è inefficace quando solo la subunità Kir6.1 è espressa. Di conseguenza, il

sito di interazione tra H2S e il canale KATP si trova nella subunità SUR, e in particolare nell’estremità

N-terminale extracellulare (Jiang et al., 2010). In numerosi studi sperimentali è stata poi dimostrata la capacità di H2S di attivare i canali KATP attraverso l’utilizzo di attivatori noti di canale, utilizzati

come riferimento, ma soprattutto attraverso l’impiego di bloccanti selettivi di canali KATP che,

quando utilizzati in co-somministrazione con H2S, hanno indotto inibizione dell’azione evocata da

H2S stesso.

 Canali K

Ca

Oltre a quello sensibile all'ATP, un altro tipo di canale del potassio sembra essere un possibile bersaglio per l'azione dell'H2S in diversi sistemi: il canale del potassio attivato dal calcio (KCa). I canali

KCa vengono a loro volta suddivisi, in base alla conduttanza, in canali SK (piccola conduttanza), IK

(conduttanza intermedia) e BK (grande conduttanza). Di questi il BK risulta essere il più studiato, grazie all'influenza esercitata sul potenziale di membrana. Infatti i canali BK possiedono un doppio meccanismo di attivazione: sia regolato dalla concentrazione di calcio intracellulare sia dal

(21)

19 potenziale di membrana, entrambi intervengono in modo indipendente, ma sinergico (Hoorigan e Aldrich, 2002). I canali BK hanno un importante ruolo biologico poiché sono coinvolti in una pletora di funzioni fisiologiche, come il controllo del tono vascolare (Eichhorn e Dobrev, 2007), la secrezione di ormoni (Brunton et al., 2007; Wang et al., 1992), il rilascio di neurotrasmettitori e l'attività elettrica delle cellule (Calderone, 2002; Salkoff et al., 2006). Sono presenti sia in cellule eccitabili che non eccitabili, per quanto riguarda le cellule non-eccitabili sono stati studiati,ad esempio, in cellule endoteliali, dove sono coinvolti nella sintesi e nel rilascio di fattori endogeni vasoattivi, regolando il tono della muscolatura vascolare (Sun et al., 2001). È stato osservato il ruolo di tali canali anche in cellule eccitabili, come nelle cellule nervose (Gribkoff et al., 1997; Robitaille et al., 1993; Gola e Crest, 1993) o in quelle muscolari lisce (Volk et al., 1991; Perez e Toro, 1994; Kume et al., 1995; Vogalis, 2000; Tanaka et al., 2002), dove hanno un ruolo chiave nel modulare il tono vascolare, bronco-tracheale, uretrale, uterino e gastro-intestinale. A livello degli assoni terminali dei neuroni centrali sono sufficienti relativamente pochi canali per influenzare il potenziale di membrana, e quindi il rilascio di neurotrasmettitori (Gribkoff et al., 2001). A questo livello, solitamente, i canali BK si trovano in stretta prossimità con i canali voltaggio-dipendenti del Ca2+

(Grunnet e Kaufmann, 2004; Berkefeld et al., 2006; Fakler e Adelman, 2008; Wisgirda e Dryer, 1994; Gola e Crest, 1993; Marrion e Tavalin, 1998). Durante un potenziale di azione, la depolarizzazione giunta al terminale sinaptico, provoca l’attivazione dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, con ingresso nella cellula di ioni Ca2+, che permettono il processo di esocitosi e rilascio di

neurotrasmettitori nel vallo sinaptico. Questo ingresso di Ca2+ comporta l’attivazione dei canali BK,

e la conseguente fuoriuscita di ioni K+ causa una iperpolarizzazione, riduzione dell’ingresso di ioni

Ca2+ attraverso i canali voltaggio-dipendenti e conseguente diminuzione del rilascio di

neurotrasmettitori. Si assiste infatti ad un aumento di neurotrasmettitori nel vallo sinaptico in presenza di bloccanti dei canali BK (Peterson e Maruyama, 1984). Attraverso questo meccanismo di feedback negativo, i canali BK regolano l'eccitabilità della membrana e la segnalazione intracellulare di Ca2+. È per questo che i canali BK svolgono un ruolo importante nel controllo del

rilascio dei neurotrasmettitori (Wang, 2008; Salkoff et al., 2006; Raffaelli et al., 2004; Hu et al., 2001; Robitaille e Charlton, 1992). Alla luce di tali evidenze i bloccanti dei canali BK sono studiati per migliorare le capacità cognitive. Inoltre, in quanto modulatori dell’ingresso del calcio, i canali BK sono studiati come possibili elementi neuroprotettivi, poiché elevate concentrazioni di calcio intracellulari sono responsabili dell’attivazione della cascata di reazioni che portano alla morte neuronale (Gribkoff et al., 2001).

(22)

20 Figura 12: Meccanismo di feedback negativo.

I canali BK sono stati ampiamente studiati anche a livello vascolare dove causano iperpolarizzazione della membrana con chiusura dei canali del calcio voltaggio-sensibili e inibizione della vasocostrizione. Tale meccanismo può essere sfruttato per migliorare la capacità vasodilatatoria e per trattare malattie cardiovascolari (Saponara et al., 2006). Recenti risultati sperimentali, ottenuti con la tecnica del patch clamp su cellule di tumore pituitario GH3 di ratto, hanno dimostrato che l'H2S migliora le correnti esterne di BK, inducendo un aumento reversibile della probabilità di

apertura del canale in un modo dipendente dalla tensione, ma indipendente dal calcio (Sitdikova et al., 2010). Questi risultati suggeriscono fortemente che H2S è un attivatore di questo tipo di canale

del potassio (Telezhkin et al., 2009).

Dal punto di vista strutturale i canali BK sono formati da due tipi di proteine: la subunità α e la subunità β. Il poro del canale è formato dall’assemblaggio di quattro subunità α (Toro et al., 1998). Le quattro subunità formanti il poro sono codificate da un singolo gene Slo1 (Adelman et al., 1992; Atkinson et al., 1991; Butler et al., 1993). Ogni subunità α risulta formata da undici domini: sette domini transmembrana (S0, S6) costituenti il “core” del canale, e quattro domini (S7, S10) formanti la regione “coda” (Schreiber e Salkoff, 1997). La subunità Slo1 contiene tre domini strutturali principali, e ogni dominio svolge una specifica funzione: il dominio di rilevamento della tensione (VSD) rileva il potenziale di membrana, il dominio citosolico rileva gli ioni Ca2+ e infine il dominio

pore-gate (PGD) si apre e si chiude per controllare la permeazione di K+. Il gate di attivazione, risiede

nella PGD che può essere localizzata sul lato citosolico di S6 o sul filtro di selettività (Yellen, 2002; Wilkens e Aldrich, 2006; Piskorowski e Aldrich, 2006; Flynn e Zagotta, 2001). Il VSD e il PGD sono chiamati collettivamente domini di membrana e sono formati rispettivamente dai segmenti

(23)

21 Figura 13: struttura del canale BK. Rappresentazione della subunità Slo1 dei canali BK,

che evidenzia il segmento S0, il dominio di rilevamento della tensione (VSD, segmenti S1-S4), il dominio pore-gate (PGD, segmenti S5, P e S6) e il dominio citosolico (RCK1 e RCK2). I residui caricati positivamente in S4 e i siti di legame Ca2+ e Mg2+ sono indicati nella figura.

transmembrana S1-S4 e S5-S6 (Meera et al., 1997). Il dominio S4 contiene una serie di residui caricati positivamente e funge da sensore di tensione primario, che si sposta verso il lato extracellulare in risposta alla depolarizzazione della membrana (Adelman et al., 1992, Atkinson et al., 1991; Butler et al., 1993). Inoltre, univoco per i canali BK, è un ulteriore segmento S0, che è richiesto per la modulazione della subunità β (Wallner et al., 1996; Morrow et al., 2006) e può funzionare nella sensibilità alla modulazione della tensione (Koval et al., 2007). Il dominio citosolico comprende due domini RCK (RCK1 e RCK2) che contengono due siti di legame per il Ca2+(Yuan et al.,

2010). La selettività al potassio invece è dovuta ad una sequenza altamente conservata di aminoacidi glicina-tirosina-glicina (GlyTyrGly, GYG) presente tra la subunità S5 e la subunità S6 (Heginbotham et al. 1994).

La subunità β è formata da due segmenti transmembrana, con un loop extracellulare e le porzioni N-terminale e C-terminale intracitoplasmatiche. L’interazione tra la subunità α e la subunità β, permessa dalla porzione N-terminale e dal dominio transmembrana S0 della subunità α, causa l’aumento della sensibilità del canale al voltaggio e al calcio (Jang et al., 1999; Knaus et al., 1994; McCobb et al., 1995; Meera et al., 1996). Gli studi sull’attività di H2S sui canali BKCa a livello vascolare

hanno dato risultati contraddittori: la vasodilatazione H2S indotta su anelli di aorta di ratto è

risultata indipendente dall’attivazione dei BKCa dimostrandosi persistente anche dopo il blocco di

questi canali (Zhao et al., 2001; Li et al., 2010); mentre sull’arteria mesenterica di ratto la vasodilatazione viene impedita dalla presenza del bloccante (Jackson-Weaver et al., 2011).

(24)

22

 Canali K

v

I canali voltaggio-dipendenti del potassio (Kv) formano vie transmembrana selettive del potassio, che si aprono e si chiudono attivamente in risposta ai cambiamenti nel potenziale di membrana. In vivo, questi canali sono comunemente responsabili della ripolarizzazione della membrana, riportandola nelle sue condizioni di riposo, dopo un potenziale di azione (Hodgkin e Huxley, 1952). La cinetica e l'abbondanza di questi canali condizionano il potenziale d'azione e costituiscono un fattore determinante critico di eccitabilità cellulare. Un tipico canale Kv è composto da quattro subunità α individuali (MacKinnon, 1991), ciascuna costituita da 6 domini transmembrana (S1-S6) in cui i segmenti S5 e S6 si organizzano per formare un poro centrale responsabile del passaggio di ioni (Doyle et al., 1998; Long et al., 2005). Il controllo di questo percorso di permeazione del K+ viene

ottenuto dai quattro domini a rilevamento di tensione (VSD) formati dai segmenti S1-S4 che circondano il dominio del poro centrale. Il segmento S4, che contiene amminoacidi carichi positivamente (cariche gating), forma il principale elemento di rilevamento di tensione che passa da conformazioni di riposo a quelle attive in seguito a cambiamenti nel potenziale di membrana. Oltre ai suoi stati “di riposo” e “attivo”, il VSD entra anche in stato di “relax” in caso di depolarizzazioni prolungate (Villalba-Galea et al., 2008). I canali del potassio voltaggio-dipendenti presentano un’ampia variabilità: sono stati identificati infatti almeno 30 geni differenti che codificano per la subunità α formante il canale ionico (Jan e Jan, 1997). Sono state così individuate 9 famiglie (KV1-KV9), suddivise in ulteriori sottofamiglie, con caratteristiche strutturali simili. In particolare i canali del potassio voltaggio-dipendenti Kv7 svolgono un ruolo cruciale nella stabilizzazione del potenziale di membrana a valori di riposo negativi, contrastando così l'eccitabilità elettrica in diversi tipi di cellule (Robbins, 2001). Attualmente, sono noti cinque sottotipi di Kv7 (Kv7.1-Kv7.5), ciascuno con una distinta distribuzione tissutale (Soldovieri et al., 2011). La presenza di canali Kv7 è stata recentemente dimostrata nelle cellule di muscolatura liscia vascolare (Ohya et al., 2003), dove agiscono come un "freno”: infatti, i canali Kv7 si attivano intorno a -60 mV (Mackie et al., 2008), e la loro attivazione mantiene la membrana a riposo e lontana dalla soglia per l'attivazione dei canali al Ca2+ prevenendo così la vasocostrizione (Mani e Byron, 2011).

La struttura dei canali Kv7 è analoga alla struttura dei canali del potassio voltaggio dipendenti precedentemente descritta (Delmas e Brown, 2005). L’attivazione dei canali Kv7 da parte di H2S,

recente scoperta del gruppo di farmacologia del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, ha rappresentato una importante novità nel panorama dei meccanismi d’azione descritti per questo gastrasmettitore. Per indagare questo legame tra H2S e canali Kv7, diversi bloccanti dei canali del

potassio sono stati testati su anelli aortici di ratto. È stato osservato che TEA, bloccante non specifico dei canali Kv, ha antagonizzato gli effetti vasorilascianti di NaHS, al contrario, la 4-AP

(25)

(4-23 Figura 14: struttura dei canali Kv, i segmenti transmembrana S1-S6 e la "regione P" che delimita il poro sono etichettati nella figura. Il dominio transmembrana S4, che funge da rilevatore di tensione è indicato dai simboli +.

aminopiridina) non è riuscita ad antagonizzare gli effetti vasodilatatori di NaHS. La 4-AP agisce come un bloccante di molti sottotipi di canali del potassio voltaggio dipendeti (Kv), eccetto Kv7 (Mackie et al., 2008); pertanto, l'inefficacia osservata, di 4-AP, nell'antagonizzare il vasorilasciamento indotto da NaHS è compatibile con il coinvolgimento di questa classe specifica di canali di potassio. Bloccanti specifici dei canali Kv7, quali linopirdina e XE-991, invece, hanno marcatamente antagonizzato le risposte vasodilatatorie di NaHS, aumentando ulteriormente l’ipotesi del coinvolgimento di questi canali Kv7. Al contrario, gli effetti di NaHS non erano influenzati dalla margatossina, un bloccante selettivo dei canali Kv1.3, classe Kv abbondantemente espressa nelle cellule VSM (Martelli et al., 2013). La scoperta di questa interazione tra canali Kv7 e H2S ha anche

consentito di amplificare l’applicazione terapeutica di questo gastrasmettitore anche a patologie non necessariamente cardiovascolari, come ad esempio il trattamento del dolore neuropatico ove l’attivazione di canali Kv7 determina un consistente effetto anti-dolorifico (Di Cesare Mannelli et al., 2017).

(26)

24

1.3. H

2

S nel sistema cardiovascolare

La crescente conoscenza del significato biologico di H2S nel cuore e nei vasi sanguigni sta svelando

l'importanza di questo mediatore gassoso nel controllo dell'omeostasi cardiovascolare. Esperimenti preclinici riguardanti patologie cardiovascolari hanno dimostrato che la somministrazione di concentrazioni fisiologiche o farmacologiche di H2S protegge i vasi sanguigni, riduce l’infarto del

miocardio, regola la pressione sanguigna e limita l'infiammazione (Polhemus e Lefer, 2014). L’H2S è

un regolatore chiave nella protezione dell'endotelio vascolare e agisce ritardando l'insorgenza della disfunzione endoteliale associata a molte condizioni quali invecchiamento, diabete, ecc. (Wang et al., 2015). Coerentemente, a livello pre-clinico, è stata osservata una significativa compromissione della biosintesi dell'H2S nel contesto delle complicanze cardiovascolari correlate al diabete mellito

(Brancaleone et al., 2008). La patogenesi delle malattie cardiovascolari è anche associata alla modulazione dell'emostasi. Tuttavia, l'effetto di H2S sui processi emostatici non è ancora ben noto,

ma non sembra essere correlato alla generazione di cAMP, cGMP, NO o all’apertura dei canali del potassio (Zagli et al., 2007). Recenti esperimenti hanno dimostrato che l'H2S può modulare

proprietà e funzioni di diversi elementi dell'emostasi (Kimura, 2014; Zagli et al., 2007; Kram et al., 2013; Morel et al., 2012; Olas e Kontek, 2014) e le sue proprietà anti-piastriniche possono comprendere diversi meccanismi, quali S-sulfidrazione delle proteine piastriniche del sangue, diminuzione dei livelli di calcio nelle piastrine (Grambow et al., 2013) e diminuzione dell’anione superossido (O2-∙), che può comportarsi da secondo messaggero e può regolare le funzioni

piastriniche (Morel et al., 2012; Wachowicz et al., 2002). Ancora l’H2S agisce riducendo la

trascrizione di proteine chinasi mitogeno attivate e sopprime la proliferazione endotelina-indotta di cellule della muscolatura liscia di aorta di ratto, riducendo così efficacemente la progressione delle lesioni aterosclerotiche (Du et al., 2004). In particolare, in un modello preclinico di aterosclerosi indotta attraverso lesione da palloncino sulle arterie carotidi, i livelli di mRNA di CSE e la produzione di H2S sono stati ridotti durante lo sviluppo di iperplasia. Quando NaHS, un sale in

grado di rilasciare H2S, è stato somministrato prima di questa procedura, si è assistito ad una

riduzione significativa della lesione neointimale. Inoltre il solfuro di idrogeno può anche influenzare la reazione infiammatoria vascolare, che svolge un ruolo importante nella destabilizzazione e rottura della placca aterosclerotica (Meng et al., 2007).

Nel cuore, l'H2S endogeno agisce come un importante regolatore della funzione miocardica

fisiologica. In particolare, il gas sembra mimare effetti inotropi negativi e svolge ruoli protettivi nei confronti del danno da riperfusione o danno ipossico che si possono verificare a seguito di un episodio ischemico. Allo stato attuale, è ampiamente riconosciuto che il miocardio quando è sottoposto a piccoli episodi di ischemia, diventa meno sensibile ai successivi insulti ischemici più

(27)

25 gravi. Questo fenomeno è noto come "precondizionamento ischemico" (IPC) ed è principalmente dovuto all'attivazione dei canali KATP cardiaci, in particolare quelli espressi nella membrana interna

mitocondriale (O’Rourke et al., 2000). Bliksoen et al. nel 2008 hanno riferito che l'inibizione del CSE con propargilglicina (PAG) e la conseguente mancanza di produzione di H2S, ha causato l'aumento

della dimensione dell'infarto nei cuori isolati di ratto sottoposti a danno di ischemia e riperfusione (I/R) (Bliksoen et al., 2008). Inoltre, la lesione da I/R è stata attenuata dalla somministrazione esogena di L-cisteina attraverso un meccanismo che potrebbe comportare la produzione di H2S,

poiché l'effetto è stato ridotto inibendo il CSE (Elsey et al., 2010). Altri studi hanno riportato che anche la modulazione della CSE cardiaca è coinvolta nella lesione I/R miocardica: la sovraespressione dell'enzima seguita da un aumento della concentrazione di H2S, ha ridotto

significativamente l'area di lesione (Elrod et al., 2007). Come conferma, nei topi knock-out per la CSE, è stato dimostrato che la lesione da I/R a livello miocardico è stata amplificata (King et al., 2014). Pertanto la somministrazione esogena di H2S permette di ottenere un precondizionamento

farmacologico e quindi la riduzione di un eventuale danno da I/R. Questi effetti anti-ischemici sono aboliti dai bloccanti dei canali KATP. Insieme alle considerazioni di cui sopra su IPC, anche i

meccanismi biologici coinvolti nel postcondizionamento ischemico (IPostC), cioè il fenomeno in cui le rapide e intermittenti interruzioni del flusso sanguigno nella fase iniziale della riperfusione causano una ridotta lesione miocardica, sono stati più recentemente studiati al fine di identificare nuovi farmaci contro il danno da ischemia/riperfusione miocardica (Zhao e Vinten-Johansen, 2006). Anche in questo processo di IPostC sembra esserci un potenziale coinvolgimento di H2S, infatti è

stato dimostrato che IPostC provoca una significativa stimolazione della biosintesi di H2S nel primo

periodo di riperfusione. Coerentemente, la somministrazione di NaHS durante la riperfusione ha migliorato le prestazioni funzionali di cuori di ratto esposti al danno da I/R (Yong et al., 2008). Anche in questo caso, tale postcondizionamento farmacologico mediato da H2S è antagonizzato da

bloccanti dei canali KATP mitocondriali, confermando che l'attivazione di questi canali è

profondamente coinvolta negli effetti cardioprotettivi di H2S (Ji et al., 2008).

Il ruolo protettivo dell'H2S sulle patologie cardiache è stato ulteriormente confermato da un lavoro

sull'arresto cardiaco improvviso (CA) e sulla rianimazione cardiopolmonare (CPR) nei topi, in cui la somministrazione di Na2S, sale H2S donor, prima della CPR ha marcatamente migliorato il tasso di

sopravvivenza a 24 ore, prevenuto l’arresto cardiaco improvviso e lo stress ossidativo indotto da CPR e migliorato la disfunzione ventricolare sinistra. Al contrario, una somministrazione ritardata di Na2S, 10 minuti dopo CPR, non è riuscita a migliorare il risultato. Questi dati sono stati supportati

(28)

26 e riperfusione, e dall'osservazione che una sovraespressione specifica di cardiomiociti di CSE ha migliorato significativamente l'esito di CA/CPR (Minamishima et al., 2009).

1.4. Effetto vasoattivo di H

2

S

I meccanismi dell'azione del solfuro di idrogeno a livello dei vasi non sono completamente chiariti, in generale, l'H2S ha dimostrato di avere doppi effetti sul tono della parete vascolare. La perfusione

del sistema mesenterico con cisteina 1 mmol/l (precursore di H2S) ha provocato un aumento della

produzione di H2S endogeno e una dilatazione della circolazione mesenterica (Cheng et al., 2004),

cosi come l'idrosolfuro di sodio (NaHS), a concentrazioni superiori a 100μmol/l, evoca il rilasciamento dose-dipendete delle arterie di ratto isolate, precontratte con fenilefrina (Ali et al., 2006, Hosoki et al., 1997, Zhao et al., 2001). D'altra parte, alcune isolate osservazioni hanno rivelato un effetto opposto dell'H2S sulle cellule muscolari lisce della parete arteriosa. Infatti la

somministrazione delle stesse dosi, su segmenti arteriosi isolati precontrattati ha evocato vasocostrizione (Lim et al., 2008, Liu e Bian 2010). La risposta vasale all'H2S varia a seconda di diversi

fattori: tipo di vaso (arterie di conduttanza o arterie di resistenza), presenza di endotelio, sostanza utilizzata per la precontrazione e concentrazione di H2S applicata. In particolare concentrazioni più

elevate di H2S (NaHS 2,8 e 14 μmol/kg; 0,1-1 mmol/l) hanno determinato vasorilasciamento e

diminuzione della pressione arteriosa (Zhao et al., 2001, Zhao e Wang 2002), al contrario, in altri esperimenti, concentrazioni inferiori di H2S (Na2S 3 μmol/kg; 10-100 μmol/l) hanno provocato

vasocostrizione e conseguente aumento della pressione arteriosa (Kubo et al., 2007, Lim et al., 2008; Drobna et al., 2015).

I possibili meccanismi di vasocostrizione sono molteplici, quali per esempio la diminuzione dei livelli di adenosina monofosfato ciclico (cAMP) nelle cellule muscolari lisce. Li et al. hanno mostrato sull'arteria cerebrale del ratto, che l'H2S evoca una diminuzione dei livelli di cAMP, la diminuzione

delle concentrazioni di cAMP stimola l'attivazione della chinasi della catena leggera della miosina, un enzima che media l'interazione tra l'actina e la miosina (Lim et al., 2008). Li et al. hanno anche dimostrato che l'H2S non influenza direttamente i livelli di cAMP, ma riduce significativamente

l'attività dell'adenililciclasi, stimolata dalla forskolina nelle cellule muscolari lisce vascolari del cervello umano. Questo risultato ha dimostrato che la vasocostrizione indotta da H2S è dovuta

all'inibizione della via cAMP/adenililciclasi. È stato anche dimostrato che la somministrazione di basse concentrazioni di H2S (5-100 μmol/l) inibisce l'accumulo di cAMP indotto dalla forskolina nella

(29)

27 coinvolti nella vasocostrizione indotta da NaHS, in quanto la vasocostrizione evocata da H2S viene

marcatamente attenuata in presenza di un inibitore della cicloossigenasi (indometacina, 10 μmol/l). Infine è stato concluso, dagli stessi autori, che l’effetto contrattile di H2S è mediato da un afflusso

di Ca2+ extracellulare, in quanto questo stesso effetto viene inibito in una soluzione senza Ca2+, e

dopo l'incubazione con il Ca2+ bloccante nifedipina.

La maggior parte degli studi sperimentali dimostra tuttavia una prevalenza dell’effetto vasorilasciante da parte di H2S. Il vasorilasciamento indotto da H2S risulta essere principalmente

endotelio-indipendente, e solo in misura minore endotelio-dipendente (Kubo et al., 2007; Liu et al., 2011; Zhao et al., 2001; Kiss et al., 2008). I meccanismi indipendenti dall'endotelio mediante i quali l'H2S esercita i suoi effetti vasorilascianti includono:

 Attivazione dei canali del potassio (Martelli et al. 2013, Kubo et al., 2007; Liu et al., 2011; Zhao et al., 2001; Tykocki et al., 2017);

 diminuzione del pH intracellulare (Liu et al., 2011; Kiss et al., 2008; Lee et al., 2007);  inibizione metabolica (Cooper e Brown, 2008; Kiss et al., 2008).

I meccanismi dipendenti dall'endotelio includono il rilascio di NO e/o del fattore iperpolarizzante prodotto dall'endotelio (EDHF) (Tang et al., 2010).

È attualmente riconosciuto che il rilasciamento dei vasi da parte di H2S è sostenuto, anche se non

esclusivamente, dall’apertura dei canali KATP delle cellule muscolari lisce vascolari. Pertanto

bloccanti dei canali KATP, come la glibenclamide, riducono l'attività ipotensiva di H2S in vivo e il suo

effetto vasodilatatore in vitro. Il potenziale coinvolgimento di canali ionici, diversi dal KATP, negli

effetti vascolari di H2S è stato attualmente descritto da vari autori. Cheang et al. hanno dimostrato

che i canali KATP non erano coinvolti negli effetti di mediazione dell'H2S nelle arterie coronarie di

ratto. Questi autori hanno suggerito quindi, come possibili mediatori del vasorilasciamento evocato da NaHS i canali del potassio voltaggio-dipendenti (Cheang et al., 2010). In particolare Martelli et al. hanno identificato tra i canali Kv, il sottotipo Kv7 come principale bersaglio responsabile dell’azione di H2S. Questa conclusione è stata raggiunta perché l'inibizione con 4-aminopiridina,

che blocca molte classi di canali Kv diversi da Kv7, non influenza il vasorilasciamento H2S-indotto,

mentre la linopiridina, bloccante selettivo di Kv7, ha ridotto significativamente il rilasciamento indotto da H2S su vasi aortici (Martelli et al. 2013). Infine anche i canali del potassio

calcio-dipendenti di piccola, media e grande conduttanza (SKCa, IKCa e BKCa) si sono mostrati come possibili mediatori degli effetti vasodilatatori dell'H2S nei vasi di resistenza (Mustafa et al., 2011,

(30)

28 producono iperpolarizzazione e quindi rilassamento delle cellule muscolari lisce vascolari (Jackson-Weaver et al., 2013).

Altri meccanismi, indipendenti dall'attivazione dei canali del potassio, sono coinvolti negli effetti vaso-rilascianti dell'H2S. Tra questi, l'inibizione della fosfodiesterasi di tipo 5 vascolare, che porta a

riduzione della degradazione del cGMP e conseguente vasorilasciamento.

Anche i cambiamenti nell'equilibrio acido-base intracellulare influenzano la vasoattività delle cellule muscolari lisce vascolari. Generalmente, l'acidificazione ha un effetto vasorilasciante, mentre l'alcalinizzazione dell'ambiente intracellulare causa vasocostrizione. Il pH intracellulare (pHi) nelle cellule muscolare lisce vascolari (7.1-7.2) è mantenuto da sistemi tampone (HCO3-/CO2- e proteine)

e anche da scambiatori ionici (scambiatore sodio-idrogeno (NHE), scambiatore anionico (AE) e Ca2+

-ATPasi) (Lee et al., 2007; Liu et al., 2011). Secondo i dati pubblicati da Lee et al. l'H2S potrebbe

modificare l'equilibrio del pH nelle cellule attivando lo scambiatore Cl-/HCO3- e quindi indurre

l'acidificazione.

Tutti i meccanismi vasorilascianti di H2S sopra descritti rappresentano solo una piccola parte delle

possibili vie di segnalazione. Infatti, sebbene il vasorilasciamento indotto da H2S può essere

ottenuto con effetti diretti, sulle cellule di muscolatura liscia (Zhao et al., 2001), inibitori di NO-sintasi o rimozione endoteliale possono attenuare il rilasciamento del gas suggerendo quindi che l’NO endoteliale fornisca un parziale contributo all’effetto rilasciante di H2S (Zhao et al., 2003; Zhao

e Wang, 2002). Canali K+ attivati dal Ca2+, inclusi i canali BKCa, SKCa e IKCa sono presenti

nell'endotelio vascolare (Jackson-Weaver et al., 2011; Jackson-Weaver et al., 2013). H2S attiva

questi canali sull'endotelio delle arterie mesenteriche di ratto, determinando una iperpolarizzazione delle membrane delle cellule endoteliali, che riduce l'afflusso di calcio attraverso i canali voltaggio-dipendenti e porta ad una inibizione della vasocostrizione (Jackson-Weaver et al., 2013; Zuidema et al., 2010).

Diverse osservazioni sperimentali suggeriscono un cross-talk, tra H2S e NO a livello vascolare. Da un

lato, sono stati segnalati donatori di NO esogeni che promuovono il rilascio di H2S CSE-dipendente

in maniera cGMP-dipendente (Zhao et al., 2003), e aumentano i livelli di mRNA e di proteine del CSE nelle cellule muscolari lisce vascolari (Zhao et al., 2001). Viceversa, i livelli di H2S circolanti, così

come l'espressione e l'attività del CSE nel sistema CV, sono ridotte dopo un’inibizione cronica di NO-sintasi. D'altra parte, è stato suggerito che l'H2S può contrastare non solo l’eccesso di NO

prodotto in caso di infiammazione (Whiteman et al., 2006), ma anche quantità di NO generate in condizioni fisiologiche (Ali et al., 2006). Inoltre, l'H2S downregola il sistema vascolare

(31)

29 2007). Pertanto, l'attuale conoscenza delle mutue influenze NO-H2S non è ancora univoca e sono

necessarie ulteriori ricerche per comprendere l'esatta dinamica di tali interazioni in modelli sperimentali di stati cardiovascolari fisiologici e patologici.

(32)

30 Figura 15: (A) Produzione di H2S ridotta nell’aorta e nei tessuti cardiaci dei topi CSE -/- e nei topi CSE -/+. (B) Ridotto livello di H2S nel siero in topi CSE -/- e topi CSE -/+ (Yang et al., 2008).

1.5. H

2

S e ipertensione

In accordo con i suoi effetti vascolari è stato dimostrato che H2S è coinvolto nella regolazione della

pressione arteriosa e la sua carenza contribuisce alla patogenesi dell'ipertensione (Yang et al., 2008; van Goor et al., 2016; Yan et al., 2004).

Per indagare il ruolo dell'H2S come vasorilasciante fisiologico e determinante della pressione

sanguigna, Yang et al. 2008 hanno generato topi con una delezione mirata del gene codificante CSE. I topi mutanti omozigoti (CSE -/-) ed eterozigoti (CSE -/+) erano vitali, fertili e indistinguibili dai loro topi di controllo wild-type (CSE +/ +) in termini di pattern di crescita. L'mRNA e le proteine della CSE erano assenti nel cuore, nell'aorta, nell'arteria mesenterica, nel fegato e nei reni dei topi CSE omozigoti. I livelli di H2S endogeno nell'aorta e nel cuore di topi omozigoti mutanti di sesso maschile

(CSE -/-) erano entrambi diminuiti di circa l'80% e i livelli di H2S nell'aorta e nel cuore di topi maschi

mutanti eterozigoti (CSE -/+) erano entrambi diminuiti di circa il 50% (Figura 15A). Nel siero i livelli di H2S di topi CSE -/- e di topi CSE -/+ risultavano essere ridotti di circa il 50 e il 20%, rispettivamente

(Figura 15B).

I topi mutanti di CSE hanno sviluppato ipertensione in maniera età-dipendente: a partire dalla settima settimana di vita, sia i topi maschi, che quelli femmina CSE -/- hanno mostrato una pressione sanguigna più alta rispetto ai topi wild-type (WT) di età corrispondente. La pressione arteriosa nei topi mutanti ha raggiunto un picco superiore a 135 mmHg alla dodicesima settimane di età; circa 18 mmHg più alta rispetto ai topi di controllo. Anche i topi CSE -/+ eterozigoti hanno mostrato un'elevata pressione arteriosa a partire dalla settima settimana. L'aumento della pressione arteriosa è risultato simile nei topi omozigoti ed eterozigoti fino alla decima settimana; dopo la decima settimana, la pressione sanguigna dei topi CSE -/- è risultata di circa 10 mmHg

(33)

31 Figura 16: Aumento della pressione arteriosa età-dipendente dei

topi CSE -/- e topi CSE -/+ (Yang et al., 2008).

superiore a quella dei topi CSE -/+ (Figura 16). I livelli di pressione arteriosa sono stati valutati mediante il metodo “tail-cuff”, e successivamente confermati dal monitoraggio diretto della pressione arteriosa attraverso cateterizzazione dell'arteria carotidea. L'ipertensione età-dipendente nei topi mutanti era parallela all'ontogenesi del CSE: pertanto presentava un andamento crescente fino al raggiungimento del picco a 3 settimane dopo la nascita (Ishii et al., 2004).

Prendendo in considerazione il fatto che l'H2S può rilasciare i vasi anche a concentrazione

fisiologiche (Zhao et al., 2001; Zhao e Wang, 2002), Yan et al. 2004 hanno ipotizzato che quando l'H2S locale circolante e aortico diminuisce, a causa di una minore trascrizione e/o attività di CSE, il

vasorilasciamento risulta attenuato a favore di una vasocostrizione. Per testare l'ipotesi di cui sopra, sono stati osservati i risultati ottenuti a seguito di somministrazione esogena di H2S in ratti

spontaneamente ipertesi (SHR). A tal proposito quindi NaHS, un donatore di H2S, è stato

somministrato per via intraperitoneale ogni giorno. Dopo cinque settimane di somministrazione di NaHS, il livello plasmatico di H2S, il tasso di produzione di H2S e l'espressione di CSE nell'aorta di

ratti del gruppo SHR+NaHS sono aumentati in modo significativo rispetto a quelli del controllo SHR. Inoltre, anche la pressione sanguigna sistolica è diminuita molto (158,13 ± 12,52 vs 183,57 ± 11,8 mmHg), e anche il rimodellamento strutturale aortico è stato attenuato dal livello aumentato di H2S

nei ratti SHR. Pertanto questi risultati hanno suggerito che l'up-regulation del sistema H2S è

responsabile della riduzione della pressione arteriosa nei ratti del gruppo SHR + NaHS.

Per valutare ulteriormente i ruoli dell'H2S endogeno nella patogenesi dell'ipertensione Hui et al.,

Riferimenti

Documenti correlati

È possibile riconoscere nelle cinque figure banchettanti della parete destra della sepoltura gli stessi personaggi che avanzano danzando e recando doni rivolti verso

Inizialmente volevo svolgere una ricerca sul narcisismo e sull’identità perché mi interessava verificare quale fosse il rapporto degli adolescenti con la loro

Quello che mi interessava vedere era da una parte quanto fosse alto il grado di autostima nei ragazzi di seconda media e se essi fossero capaci di dire di

R: (lungo sospiro) Bella domanda… Secondo me sta aumentando il fenomeno, ma questa è una mia sensazione personale… Aumentato il fenomeno, non è che dico che il ragazzo ha

Ventilation with lower tidal volumes for acute lung injury and the acute respiratory distress syndrome. The Acute Respiratory Distress

Sevoflurane appears to depress neuromuscular transmission to the same degree as isoflurane, although in one myasthenic patient the sensitivity was much greater (&gt;85%

B: bocca a bocca → se il bambino non respira dopo l’apertura delle vie aeree insufflare aria nei suoi polmoni per far arrivare ossigeno al

Figure 1(b) shows the double-Gaussian model fit to the differential asymmetry for the simulated samples.. 1(a) shows that the double-Gaussian model matches all the simulated