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Analisi di impurita solide nei mieli della Lucchesia mediante Filth test: evoluzione della qualita negli ultimi 15 anni

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Academic year: 2021

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1. Introduzione

Le api e il miele sono stati oggetto dell‟attenzione dell‟uomo fin dagli albori della civiltà. A differenza di quanto avviene per altri insetti, considerati delle calamità, per le api l‟uomo ha sempre avuto un occhio di riguardo; scienziati, scrittori, poeti, filosofi hanno spesso trovato nelle api un interessante argomento di studio e di riflessione. E‟ innegabile che il contatto con questi insetti e la loro conoscenza ne fanno rimanere del tutto affascinati; almeno così è stato per me. La mia passione per le api nasce qualche anno fa, ma ancora oggi di fronte alla loro laboriosità, al loro ordine, alle loro immense capacità produttive sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo (le proprietà salutistico-nutrizionali dei prodotti apistici sono conosciute dai tempi più remoti) non posso far altro che rimanere affascinata e stupita.

Dalla passione per le api e dal corso di laurea frequentato nasce questa tesi che ha preso in esame le impurità solide presenti in campioni di mieli provenienti dalla Lucchesia.

1.1 Scopo della tesi

Il filth test è una metodologia analitica che, oltre a fornirci informazioni circa la qualità igienica di un prodotto alimentare, fornisce anche importanti informazioni su quali sono le fasi responsabili dell‟inquinamento, permettendo così al produttore di intervenire e migliorare quelle fasi che vanno ad inficiare la qualità igienica del prodotto.

Scopo di questa tesi è stato quello di valutare se i miglioramenti logistico-strutturali e le novità normative introdotte negli ultimi 15 anni a carico delle aziende apistiche abbiano comportato aumenti nella qualità del prodotto. E‟ stato poi analizzato, sia pure in via preliminare il rapporto che intercorre tra la qualità del mieli prodotti da apicoltori locali e quelli reperibili presso la grande distribuzione. I risultati conseguiti sono poi stati riconsiderati sia alla luce dell‟introduzione di nuovi criteri normativi in materia igienico-sanitaria, sia in seguito all‟acquisizione di nuove consuetudini e sensibilità.

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1.2 L’ape

L‟ape da miele è il più industrioso degli insetti, il simbolo più espressivo dell‟attività, laboriosità, ordine; sorgente inesauribile di morali e pratici insegnamenti (Angeleri, 1971). La venerazione per questo insetto e per i suoi prodotti si può rintracciare lungo tutto il corso della storia umana (Nasi et al., 1979).

1.3 Cenni di sistematica

L‟ape appartiene alla classe degli Insetti, all‟ordine degli Imenotteri, sottordine Aculeati, superfamiglia Apoidea, famiglia Apidae, sottofamiglia Apinae, tribù Apini genere Apis (Benedetti e Pieralli, 1982).

Del genere Apis fanno parte quattro specie a livello mondiale: Apis dorsata F., Apis

florea F., Apis indica F. e Apis mellifera L.. L‟Apis dorsata è un ape tropicale, gigante

(16-18 mm), piuttosto aggressiva che costruisce all‟aperto favi anche con un diametro superiore al metro. L‟Apis florea è un‟ape nana (7-8 mm), vive con continui spostamenti. L‟Apis indica, orientale, è simile alla mellifera ed ha una forte tendenza alla sciamatura (Benedetti e Pieralli, 1982).

Dell‟ Apis mellifera ci sono numerose razze (o sottospecie) tra cui quelle economicamente più importanti sono: ligustica Spinola, sicula Grassi, carnica Poll. e

adansonii L..

L‟ Apis mellifera ligustica, detta ape italiana, è diffusa in tutta la penisola, è dotata di una ligula particolarmente sviluppata, poca tendenza alla sciamatura, piuttosto docile e con una ripresa primaverile precoce; di negativo ha la tendenza al saccheggio. L‟ Apis

mellifera sicula è un‟ape più scura della ligustica, diffusa soprattutto in Sicilia. L‟ Apis mellifera carnica è diffusa nei Balcani e in italia nelle Alpi orientali; è di carattere

mansueto, con forte tendenza alla sciamatura e dotata di rapido sviluppo primaverile, piuttosto resistente alla malattie della covata (Pinzauti e Frediani, 1998). Altra razza è l‟Apis mellifera adansonii o ape africana, è originaria dell‟Africa centro-occidentale, ottima produttrice di miele e di cera, ma estremamente aggressiva, sciamatrice e particolarmente incline al saccheggio. Negli anni 50 è stata importata in Brasile e qui si è diffusa occupando anche le arnie già popolate da api europee, che distrugge (Contessi, 2009).

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1.4 Premessa storica

L‟ape, a differenza di altri insetti che suscitano in molte persone paura e diffidenza, raccoglie curiosità ed ammirazione; l‟uomo ha da sempre tratto vantaggi dal suo rapporto con l‟ape trasmettendo così nel tempo ai suoi simili un sentimento di rispetto e di confidenza (Benedetti e Pieralli, 1982).

Il primo documento che testimonia l‟interesse dell‟uomo preistorico per il miele è un graffito scoperto in Spagna nel 1921 (Bailo, 1980) risalente a più di 10.000 anni fa che mostra un uomo che si appropria del miele con numerose api che gli ronzano intorno (Benedetti e Pieralli, 1982).

L‟uomo si è comportato per molto tempo come un predatore nei confronti dell‟ape, appropriandosi dei prodotti ed uccidendo la colonia (apicidio). Con gli Egizi l‟apicoltura inizia ad assumere un carattere di allevamento, iniziando a sviluppare le prime tecniche razionali che prendono il posto dell‟uccisione della colonia. Questa civiltà faceva un grande uso di miele e di altri prodotti apistici: come alimento, durante le feste religiose, per l‟imbalsamazione (propoli), nelle cerimonie funerarie e per scopi terapeutici (Adam, 1985).

Aristotele è stato il primo a studiare in maniera più approfondita e scientifica le api ricordiamo le sue tre opere principali in cui si parla di api: “La storia degli animali”, “Trattato della generazione” e “Le parti degli animali”. Egli scriveva “L‟ape è un insetto a 6 zampe e ha 4 ali formate da membrane senza liquidi e tegumenti. Le ali, una volta strappate, non ricrescono più”. Parla, inoltre, del meccanismo di raccolta del polline, constata che il pungiglione a seguito della puntura non ricresce e l‟ape muore (Marchenay, 1979). Il filosofo greco osservò, inoltre, la presenza di un‟ape più grande delle altre che denominò Re il quale aveva un pungiglione che però non utilizzava (Adam, 1985).

Bisognerà giungere sino al 1800 per avere nuovi significativi progressi in ambito apistico; con gli apicoltori Langstroth e Dadant l‟apicoltura si trasforma arrivando alla realizzazione di arnie razionali a favi mobili.

Langstroth brevettò nel 1852 l‟arnia con telaio mobile; la sua scoperta divenne da subito un grande successo. Essa venne poi modificata negli anni successivi da Dadant e da Blatt. Inoltre Langstroth aveva scoperto anche lo spazio ape: uno spazio di 9 mm tra un

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telaio e l‟altro e tra i telai e i bordi dell‟alveare in modo da non consentire alle api di costruire parti di cera al di fuori dei modelli (telai) predisposti dall‟apicoltore (Ramirez, 2002).

Altre importanti innovazioni sono state: il foglio cereo (inventato da Mehring nel 1857 e perfezionato poi da Wagner), l‟affumicatore (inventato da Moses Quinby nel 1870) e l‟estrattore centrifugo che permette di svuotare i telaini senza distruggerli (inventato da Hruscka nel 1865 e poi perfezionato da Langstroth e Root) (Ramirez, 2002).

Il miele è stato dunque, per millenni fino alla scoperta della canna da zucchero, l‟unico dolcificante di cui l‟uomo disponesse, il cibo raro di cui si diceva si nutrissero gli dei dell‟Olimpo, il dono lodato dalla Bibbia e dal Corano ed il farmaco prescritto da Ippocrate e da Galeno (Nasi A. et al., 1979).

Le api si trovano raffigurate anche in un gioiello rinvenuto a Creta risalente a circa il 1800-1700 a.C. il quale rappresenta due api su una goccia di acqua (fig. n.1)

Figura n.1 - Api nei gioielli di Malia

Le api hanno avuto un ruolo importante anche nella storia dell‟arte, sono degni di nota in particolare alcuni monumenti della Roma papale del 500 realizzati dall‟artista Gian Lorenzo Bernini e lo stemma papale di papa Urbano VIII, nel quale sono rappresentate 3 api, scelte dal papa come simbolo di laboriosità (Barbattini e Bergamini, 2009) (fig. n.2). Lo stemma papale si trova rappresentato nel baldacchino per l‟altare maggiore della basilica di S.Pietro in Vaticano, nella fontana del Tritone in Piazza Barberini, fontana delle api in via Vittorio Veneto, fontana della Barcaccia in Piazza di Spagna e nel monumento sepolcrale di papa Urbano nella basilica di S. Pietro, tutte opere che si trovano a Roma (Barbattini e Bergamini, 2009).

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Figura n.2- Targa di papa Urbano VIII

1.5 L’importanza delle api per l’ambiente

Albert Einstein sosteneva che “Se l‟ape scomparisse dalla faccia della terra all‟uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Con questa frase ci viene data l‟idea dell‟importanza di questo insetto, confermata anche dalla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa alla salute delle api che ritiene molto importante il ruolo svolto dall‟ape per l‟impollinazione e per la produzione del miele e degli altri prodotti apistici e ritiene pertanto opportuno salvaguardarne la salute.Le api assolvono in maniera straordinaria al compito dell‟impollinazione: tutti gli alberi da frutto, le leguminose, le cucurbitacee, le piante per l‟estrazione dell‟olio, le colture orticole, le fragole, le piante aromatiche, le piante floreali sono solo alcuni dei vegetali che dipendono o traggono benefici dalla loro azione impollinatrice (Benedetti e Pieralli, 1982).

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Nonostante ciò alcuni nutrono ancora diffidenza nei confronti delle api, in particolare queste vengono spesso accusate, durante la vendemmia, di danneggiare i grappoli d‟uva. In realtà le api sono dotate di un apparato boccale in grado di lambire e succhiare liquidi, ma non sono in grado di sottrarre sostanze all‟interno della pianta o della frutta quando ciò comporta la rottura dei tessuti vegetali. Anzi l‟ape svolge anche in questo caso un‟azione positiva, poiché a seguito della rottura degli acini (a causa di colpiture o all‟attività di altri insetti) toglie il liquido zuccherino di cui sono imbrattati gli acini evitando così l‟insediamneto di muffe e di qualsiasi altro agente patogeno (Pistoia, 2010).

L‟ape è l‟insetto pronubo più importante. Aristotele nella “Storia degli animali” per primo ha parlato dell‟impollinazione incrociata: “L‟ape vola da una violetta ad un‟altra violetta, senza mai alcuna mescolanza, prima di tornare all‟alveare” (Bailo, 1980). La sua importanza è dovuta alle seguenti caratteristiche:

1. Il corpo dell‟ape è interamente coperto di peluria, questo favorisce l‟adesione dei granuli di polline che vengono così trasportati più facilmente.

2. Le api nell‟arco della giornata visitano una grande quantità di fiori, sono delle lavoratrici instancabili; in primavera-estate fintanto che c‟è luce volano da un fiore all‟altro.

3. Quando le api hanno individuato una fonte di nettare interessante rimangono fedeli ad essa dall‟inizio alla fine della fioritura; visiteranno quindi fiori di quella specie fintanto che il nettare sarà disponibile.

4. La loro capacità di comunicazione fa si che tutte le api di un alveare vengano a conoscenza della fonte nettarifera trovata, in questo modo tutte le api si orientano sui fiori di quella specie.

Poiché le api frequentano in maniera assidua il territorio circostante l‟alveare effettuando sino a circa 1000 voli giornalieri con velocità anche superiori ai 20 Km orari (Rondinini et al., 2000), sono importanti come indicatori dell‟inquinamento ambientale. L‟alveare, infatti, può essere una preziosa fonte di informazioni sulla presenza di sostanze inquinanti presenti nell‟ambiente circostante (Porrini, 2009).

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1.6 La società delle api

L‟ape è il più industrioso degli insetti, il simbolo più espressivo dell‟attività, della laboriosità, dell‟ordine; vive associata, due motti potrebbero esplicare la sua vita “Cercando il mio ben, l‟altrui procuro” e “Tutte per una, una per tutte” (Angeleri, 1971).

Ciascun individuo all‟interno dell‟alveare è altamente specializzato, è idoneo a svolgere perfettamente alcune mansioni ma è completamente inetto nei confronti di altre autonome attività di vitale importanza; questo fa sì che le api abbiano perso la capacità di vita autonoma. La società stessa ha raggiunto un livello di organizzazione così perfetto da essere considerato come un vero e proprio super-organismo (Piana, 1970). Nell‟alveare sono presenti tre tipi di individui (caste): la regina, i maschi (o fuchi) e le api operaie.

1.6.1 Ape regina

E‟ l‟unico individuo preposto alla riproduzione, è la madre di tutte le api dell‟alveare; depone circa 2000 uova al giorno (arrivando sino a 2 milioni di uova nel corso della sua vita, che può durare sino a 4-5 anni anche se la sua capacità di deposizione cala dal secondo-terzo anno in poi) (fig. n. 5). Essa passa la sua vita all‟interno dell‟alveare, l‟unica uscita dovrebbe essere quella per il volo nunziale, che viene effettuato dalle giovani regine per accoppiarsi con diversi fuchi, ma non del suo stesso alveare (Pistoia, 2010).

All‟interno dell‟alveare depone senza mai essere distolta, con attorno a sé una cerchia di api nutrici che provvedono alla sua pulizia e al suo nutrimento (esclusivamente a base di pappa reale).

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Figura n. 5 - Ape regina Figura n. 6 - Fuco

1.6.2 Fuchi

I maschi (fig. n. 6) normalmente compaiono nell‟alveare subito alla fine dell‟inverno e generalmente una famiglia ne alleva tra 2000 e 6000 l‟anno; essi vivono mediamente intorno ai 50 giorni anche se dopo il periodo della sciamatura vengono cacciati od uccisi dalle operaie sino ad eliminarne la quasi totalità ad inizio autunno; anche se questo aspetto varia da zona a zona e in relazione al clima (Contessi, 2009).

I fuchi non hanno soltanto il compito dell‟accoppiamento, ma svolgono anche altre funzioni: sono responsabili della circolazione del cibo, sono utili nella produzione del calore, ma non hanno alcun ruolo nella produzione del miele (Contessi, 2009).

1.6.3 Api operaie

L‟ ape operaia (fig. n. 7) svolge all‟interno dell‟alveare tutte le mansioni, prima all‟interno e poi all‟esterno dell‟arnia. In particolare, nei primi tre giorni di vita si dedica alla pulizia delle celle, dal quarto giorno in poi entra a far parte delle nutrici (api che nutrono e sorvegliano la covata), dal decimo al sedicesimo giorno, grazie alle ghiandole ceripare attivate, si occupa della costruzione dei favi e dell‟opercolatura dei favi stessi. Successivamente si dedica per un paio di giorni al ricevimento del polline, a circa 20 giorni si occupa della difesa della comunità, infine dalla terza settimana sino alla morte diviene bottinatrice, svolgendo quindi attività esterna all‟alveare (Contessi, 2009).

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Figura n. 7 - Ape operaia

1.7 Prodotti dell’apicoltura

Il miele, di cui parleremo in maniera approfondita nel prossimo paragrafo, è

sicuramente il prodotto apistico più noto ma non è il solo, altrettanto importanti e di una certa utilità economica sono: la pappa reale, il propoli, il polline, la cera d‟api e il veleno.

1.7.1 Pappa reale

La pappa reale (fig. n. 8) è una sospensione colloidale gelatinosa di colore bianco giallognolo, di sapore leggermente aspro, secreta dalle ghiandole ipofaringee delle api operarie tra il 4° e il 15° giorno di vita (Bailo, 1981).

La pappa reale è il nutrimento delle larve di ape operaia nei primi tre-quattro giorni di vita ed il nutrimento esclusivo per l‟ape regina. Lo sviluppo delle larve che si trasformano in regine, rispetto allo sviluppo delle larve di api operaie, è dovuto soltanto all‟alimentazione esclusiva a base di gelatina reale (Bailo, 1980). Essa è uno straordinario alimento che migliora lo stato generale dell‟organismo umano facilitando il metabolismo; inoltre fornisce energia all‟organismo; è un alimento ottimale per persone convalescenti, bambini ed anziani.

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Figura n.8 - particolare di cella reale con pappa reale

1.7.2 Propoli

Si tratta di una sostanza di provenienza e composizione varia, raccolta dalle api sulle gemme e sulla corteccia di svariate piante, trasportata nell‟alveare e qui lavorata con l‟aggiunta di enzimi specifici (Contessi, 2009).

Essa viene utilizzata dalle api come mastice per chiudere fessure, per mummificare corpi di eventuali insetti uccisi nell‟alveare, inoltre viene utilizzata per chiudere l‟ingresso dell‟arnia qualora questo sia troppo grande (Bailo, 1981).

La propoli possiede numerose proprietà salutistiche per l‟organismo umano: batteriostatiche, battericide, antivirali, anestetizzanti, cicatrizzanti, immunostimolanti e vasoprottetive (Contessi, 2009).

1.7.3 Polline

Il polline (fig. n. 9 e 10), a differenza del miele che è un elaborato della api a partire dal nettare, è un prodotto vegetale che le api si limitano a raccogliere ed impastare con quantità minime di saliva e nettare, senza comunque modificarne le caratteristiche chimiche (Contessi, 2009).

All‟ interno dell‟alveare viene utilizzato, assieme al miele, per nutrire le larve di ape operaia a partire dal terzo giorno di vita.

Il polline contiene una buona quantità di proteine ed amminoacidi essenziali; rappresenta quindi un ottimo ricostituente per l‟uomo da utilizzare sia sul cambio di stagione che in tutti quei casi in cui l‟organismo ne necessiti (magrezza, deperimento, anemia) (Contessi, 2009).

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Figura n. 9 - Ape con masserella sulle zampe posteriori Figura n. 10 - Granelli di polline

1.7.4 La cera d’api

La cera è una sostanza di origine animale, prodotta interamente dalle api. Sono le api operaie con un‟età compresa tra 10 e 16 giorni a secernere dalle ghiandole sericere questa sostanza grassa. (Contessi, 2009).

L‟uomo apprese il suo uso sin dai tempi più antichi, utilizzandola per preparare medicamenti, per illuminare templi ed abitazioni, nella pittura e nella scultura, per preparare le tavolette di cera di cui gli antichi si servivano per la scrittura (Piana, 1970). Oggi il suo principale impiego è il suo riutilizzo per la fabbricazione di fogli cerei per l‟apicoltura ma non mancano gli utilizzi in cosmetica per unguenti e pomate anche se viene sempre più spesso sostituita da sostanze di origine industriale più economiche (Contessi, 2009).

1.7.5 Il veleno d’api

Il veleno d‟api è un liquido incolore e limpido, di sapore prima dolciastro poi amaro, irritante e caratterizzato da un particolare odore aromatico. Il veleno viene prodotto dalle api poco dopo la nascita, per raggiungere l‟apice intorno al 15° giorno di vita. Da tempo la medicina popolare attribuisce al veleno delle api proprietà medicinali e curative, numerosi autori hanno dimostrato l‟efficacia che questo prodotto ha nella cura delle diverse affezioni reumatiche, osteo-articolari e neurologiche periferiche (Contessi, 2009). A livello farmaceutico vengono preparate pomate e fiale per iniezioni adatte a curare reumatismi ed allergie, le iniezioni servono anche per effettuare il test allergologico (Pistoia, 2010).

Il veleno d‟api può essere utilizzato anche mediante la puntura diretta dell‟insetto, questa pratica viene detta “apipuntura” ed ovviamente deve essere fatta sotto stretto

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controllo medico. (Pistoia, 2010). Per l‟apipuntura sono consigliate da 2 a 4 sedute a giorni alterni per un periodo variabile a seconda della gravità della patologia e della reazione che ha il soggetto al trattamento (Contessi, 2009).

1.8 Il miele

Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell‟alveare (Direttiva 2001/110/CE).

Il miele quindi è prodotto esclusivamente a partire dal nettare dei fiori o dalla melata e non da altri prodotti zuccherini.

Il nettare è un liquido zuccherino derivato dalla linfa elaborata dei vegetali superiori e secreto da particolari organi ghiandolari; esso è costituito da acqua, zuccheri (saccarosio, glucosio e fruttosio) ed altri composti chimici tra cui sostanze aromatiche, sali minerali, acidi organici, amminoacidi ed enzimi (Sabatini, 2000).

La melata deriva anch‟essa dalla linfa delle piante ma attraverso un processo passivo: viene prodotta in seguito all‟intervento di insetti che succhiano la linfa degli alberi ne trattengono le sostanze azotate utili per la loro alimentazioni e rilasciano il liquido zuccherino in eccesso dal tratto posteriore dell‟ intestino (Sabatini, 2000).

Il processo di formazione del miele ha inizio quando l‟ape bottinatrice trasporta la materia prima nelle ingluvie, mescolandola con il secreto delle ghiandole salivari e continua appena rientra all‟interno dell‟alveare. Qui la sostanza raccolta viene regurgitata e passata da un‟ape all‟altra, andandosi sia a disidratare che ad arricchire di secrezioni ghiandolari e di enzimi. A seguito di questo procedimento il tenore in acqua scende attorno al 40-50% e la goccia viene depositata all‟interno di una cella dove segue il processo di evaporazione grazie anche all‟ausilio delle api ventilatrici poste sul predellino di volo. Raggiunta un‟umidità attorno al 18% le cellette vengono ricoperte da un opercolo di cera ed il miele è pronto per essere estratto (Pinzauti e Frediani, 1998). Durante il processo sopra descritto gli zuccheri contenuti nelle materie prime subiscono delle modificazioni; in particolare il saccarosio, zucchero disaccaride, viene scisso nei

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due zuccheri semplici che lo compongono (glucosio e fruttosio); quando il miele viene estratto questo processo non è ancora del tutto ultimato (Contessi, 2009).

1.8.1 Composizione del miele

La composizione del miele risulta piuttosto variabile in quanto dipende da numerosi fattori tra cui le specie vegetali bottinate, l‟andamento del clima, lo stato fisiologico dell‟alveare e le tecniche apistiche impiegate.

In media il miele contiene: acqua (17.6%), glucosio e fruttosio (71.9%), saccarosio (2.5%), altri zuccheri (0.1%) ed altre sostanze (7.9%). Tra le altre sostanze troviamo: acidi, lattoni, sali minerali, sostanze azotate, vitamine colloidi, sostanze aromatiche, idrossimetilifurfurale ed altre ancora (Contessi, 2009).

Acqua

Il contenuto in acqua è un parametro che influenza notevolmente la qualità del miele; infatti da questo dipende il peso specifico del miele, la cristallizzazione e la conservabilità. Mieli con un tenore d‟acqua alta possono facilmente fermentare; a questo proposito è utile conservare il miele in ambienti che non siano troppo umidi, data l‟igroscopicità del miele.

Il tenore in acqua non deve essere in genere più del 20% ad esclusione del miele di brughiera (calluna) e del miele destinato ad uso industriale dove si può arrivare ad un contenuto del 23% (D. lgs. 179/2004).

Zuccheri

Il 90% degli zuccheri presenti del miele è rappresentato dai due zuccheri semplici, glucosio e fruttosio, sono inoltre presenti altri zuccheri sia disaccaridi che trisaccaridi. Il tenore di fruttosio e glucosio (la somma dei due) non deve essere inferiore a 60g/100g per mieli di nettare e non meno di 45g/100g per mieli di melata o per miscele di miele di melata e di nettare; per quanto riguarda il contenuto il saccarosio in genere non deve essere superiore a 5g/100g ad esclusione di alcuni mieli tra cui quelli di robinia, di sulla e di erba medica in cui non deve comunque superare la soglia di 10g/100g (D.lgs. 179/2004).

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La percentuale di glucosio e fruttosio influenza l‟eventuale cristallizzazione del miele: mieli con elevate quantità di fruttosio (molto solubile in acqua) non cristallizzano, o lo fanno in tempi molto lunghi, ne è un esempio il miele di Robinia (Contessi, 2009).

Acidi

Nel miele sono presenti diversi acidi sia organici (gluconico, acetico, butirrico, citrico, formico, lattico, maleico, ossalico, piroglutammico e succinico) che inorganici (cloridrico e fosforico) (Contessi, 2009).

Sali minerali

Il contenuto in sali minerali può variare tra 0.03 e 1%; i mieli scuri generalmente contengono più sali minerali rispetto ai chiari ed infatti i mieli di melata ne risultano i più ricchi.

Tra i sali presenti troviamo: potassio, cloro, zolfo, calcio, sodio, fosforo, magnesio, silice, silicio, ferro, manganese, rame (Contessi, 2009).

Sostanze azotate

Il contenuto in sostanze azotate è piuttosto basso (in genere attorno allo 0.3%) ed è dovuto principalmente alla presenza di polline nel miele, il cui contenuto risulta molto variabile sulla base del luogo e della specie bottinata (Contessi, 2009).

Enzimi

Gli enzimi sono importanti per valutare la qualità del miele ed in particolare per verificare se sia stato sottoposto a trattamenti di riscaldamento: infatti un miele sottoposto ad un certo grado di temperatura non contiene più enzimi data la loro termolabilità (Pinzauti e Frediani, 1998).

Nel miele troviamo soprattutto l‟invertasi (o saccarasi), in grado di scindere il saccarosio nei due zuccheri semplici glucosio e fruttosio, la diastasi (o amilasi) che scinde l‟amido in glucosio, la catalasi e la fosfatasi.

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Il miele ha un basso contenuto in vitamine, che hanno origine dal polline in esso contenuto. Sono presenti vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina PP, vitamina K, acido pantotenico e vitamina P (Contessi, 2009).

Altre sostanze

Sono presenti sostanze aromatiche (alcoli, terpeni, aldeidi, chetoni ed esteri) importanti nella formazione dell‟aroma e del sapore del miele.

Sostanza piuttosto importante, soprattutto per la valutazione del miele, è l‟idrossimetilfurfurale (HMF). Questa sostanza, che si forma per degradazione del fruttosio, è presente in bassa quantità in mieli giovani e tende ad aumentare con il suo invecchiamento, per riscaldamenti aggressivi che portano ad innalzamenti repentini di questo valore (Contessi, 2009).

Sono presenti anche colloidi in percentuali tra 0.1-1%.

1.8.2 Caratteristiche fisiche del miele

Il colore, può variare da una tinta quasi incolore sino al marrone scuro, a seconda della specie botanica bottinata.

Cristallizzazione, molti mieli tendono a cristallizzare alle comuni temperature di stoccaggio, in quanto sono soluzioni sovrassature contengono cioè più zucchero di quanto ne possa rimanere stabilmente in soluzione (Sabatini, 2000). Indice di rifrazione, nel miele è in funzione del contenuto in acqua ed in

particolare è tanto maggiore quanto è più basso il tenore d‟acqua. Densità, per il miele ad una T di 20 °C è compresa tra 1.39 e 1.44.

Viscosità, questo aspetto dipende dal contenuto in acqua, dalla composizione chimica e dalla temperatura; per variare la viscosità si può agire solo su quest‟ ultimo parametro.

Conducibilità elettrica, dipende da diversi fattori, tra cui il contenuto in sali minerali.

Igroscopicità, il miele tende a cedere od assumere umidità dall‟ambiente; gli scambi sono più veloci in un miele liquido rispetto ad uno cristallizzato.

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Calore specifico e conducibilità termica, ha un calore specifico molto basso ed una pessima conducibilità termica; perciò può essere riscaldato rapidamente in un punto e restare freddo tutto intorno (Contessi, 2009).

1.8.3 Caratteristiche nutrizionali del miele

Il miele è un alimento molto energetico, circa 3030 calorie per kg. Il suo elevato contenuto in zuccheri ne fa un ottimo dolcificante, conosciuto sin dai tempi più remoti. Oltre al potere dolcificante, il miele, possiede altre sostanze che ne integrano il valore nutrizionale (sali minerali, enzimi, vitamine, acidi, sostanze azotate) (Contessi, 2009). Il miele risulta un alimento pre-digerito (le api hanno già provveduto a scindere il saccarosio, zucchero complesso, in glucosio e fruttosio) e quindi quando viene assunto nell‟alimentazione è in grado di fornire immediata energia evitando all‟organismo la scissione in zuccheri più semplici (Nasi et al., 1975). Il suo utilizzo può integrarsi bene anche nella dieta del diabetico: il miele di Robinia ad esempio, grazie al suo basso indice glicemico può essere un valido sostituto del fruttosio come dolcificante (Vasta, 2005).

1.8.4 Impieghi terapeutici del miele

Il miele è un alimento particolarmente indicato per sportivi, in quanto oltre a dare immediata energia, fortifica i muscoli e favorisce il recupero fisico. Meglio di tutti gli altri prodotti energetici permette gli sforzi prolungati (Darrigol, 1979).

Questo prodotto è particolarmente indicato nella dieta dei bambini in quanto favorisce anche la fissazione dei sali minerali, quali calcio e magnesio, fondamentali per la crescita, favorisce inoltre la cicatrizzazione di ferite e bruciature ed è un valido aiuto nelle infiammazioni delle vie respiratorie. Il miele viene poi utilizzato in cosmetica per la produzione di saponi, creme e maschere in quanto rigenera le cellule superficiali della pelle ed inoltre la nutre ed idrata (Darrigol, 1979).

Ciascuna tipologia di miele possiede caratteristiche specifiche: ad esempio al miele di eucalipto vengono attribuite proprietà antisettiche, al tiglio sedative e all‟erica diuretiche (Contessi, 2009).

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1.8.5 Impiego del miele in cucina

Il miele non è soltanto un dolcificante e, a seconda dei cibi ai quali viene aggiunto, può esaltare il sapore di certi ingredienti. Trova uso per insaporire verdure, preparare salse, bibite, liquori e per arricchire macedonie. Il suo uso più classico è quello come ingrediente di dolci, torte, creme, budini. E‟ più indicato per quei dolci che non richiedono cottura o nei quali viene aggiunto a cottura ultimata; questo perché il miele, se riscaldato al di sopra dei 45 °C perde alcuni dei suoi preziosi elementi. Sono inoltre degni di nota gli abbinamenti su formaggi sia freschi che stagionati.

1.8.6 Problematiche derivanti dall’ assunzione del miele

1.8.6.1 Botulismo infantile

Nonostante il miele sia consigliato nell‟alimentazione del bambino può essere causa di botulismo infantile.

Tale termine è stato coniato nel 1987 da E. van Emergen anche se era stato impiegato già nel 1976 in USA; sono stati individuati più di 1000 casi di botulismo in tutto il mondo, di questi il 90% in America (Formato G. et al.,2006).

Il miele di per sé ha proprietà “antimicrobiche” dovute a diversi fattori tra i quali: alta pressione osmotica, percentuale di acqua al di sotto del 18%, pH acido, attività dell‟enzima gluco-ossidasi, basso contenuto proteico e lipidico, basso potenziale di ossido riduzione, elevata viscosità, presenza di antiossidanti e di sostanze che inibiscono lo sviluppo batterico. Tutti questi aspetti lo rendono un substrato in cui la maggior parte dei batteri patogeni non riesce a sopravvivere e moltiplicarsi; le spore (che rappresentano forme di resistenza di alcuni batteri) possono, però, essere riscontrate all‟interno del miele e tra queste, molto raramente, possono esserci spore del genere

Clostridium responsabile del botulismo infantile (Formato et al., 2006).

Questa patologia colpisce bambini al di sotto di 12 mesi di età ed è causata non dall‟assorbimento di tossina preformata, quanto dall‟ingestione di spore, le cui fonti sono state individuate nei terreni, nella polvere ed in alcuni alimenti tra cui il miele. Nei bambini al di sotto di un anno le spore contenute nel miele sono in grado di germinare, a livello del colon, con la conseguente produzione di tossina, che provoca manifestazioni simili all‟intossicazione classica (Griglio et al.,2004).

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Oltre all‟ingestione ci sono altre cause concomitanti che favoriscono la germinazione delle spore: le caratteristiche della flora intestinale (soprattutto se modificata dall‟uso di antibiotici), anomalie della secrezione intestinale e alterazioni della risposta immunitaria. Tutte queste considerazioni hanno portato alla raccomandazione di evitare la somministrazione di miele a bambini al di sotto di un anno di età.

1.8.6.2 Reazioni allergiche

Altro aspetto da tenere presente nel consumo di miele sono eventuali reazioni allergiche che si manifestano con prurito generalizzato, disturbi gastro-intestinali, tosse, asma, orticaria.

Le reazioni allergiche al miele sono state attribuite sia alla presenza di polline che alla presenza degli enzimi derivati dalle secrezioni delle api, che esse utilizzano per la produzione di miele (Bauer et al., 1996).

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1.9 Il concetto di qualità

Secondo quanto riporta Persano Oddo (2000) il concetto di qualità alimentare è piuttosto ambiguo e dipende dal contesto culturale in cui ci troviamo. Spostandoci dal nostro ambiente e dal nostro punto di vista possiamo notare cambiamenti notevoli nel concetto di qualità; ad esempio dal punto di vista del venditore il miglior miele è quello che meglio soddisfa le aspettative del consumatore, ma il concetto di “buono” o “cattivo” può essere legato al contesto affettivo positivo o negativo a cui quella sensazione si collega.

Parlando di un alimento tale autore riporta, però, che ci sono essenzialmente due criteri per valutarne la qualità:

 L‟autenticità: cioè che l‟alimento non risulti adulterato

 La salubrità: cioè che l‟alimento non contenga sostanze che potrebbero essere dannose per la salute

Per quando riguarda la qualità del miele lo stesso autore distingue due modelli principali: il modello europeo oppure quello americano.

Modello europeo

Secondo tale modello la qualità del miele è strettamente legata alla sua genuinità ed integrità. In pratica, il miele dovrebbe subire pochi trattamenti dato che il miele appena estratto è considerato di miglior qualità. Viene fatta attenzione, inoltre, ad una serie di parametri quali la pulizia, la freschezza e la conservabilità, considerati parametri molto importanti per il raggiungimento della qualità.

L‟operatore apistico dovrà essere anche attento nella scelta della postazione dell‟apiario e del territorio e dovrà mantenere un buon livello igienico-sanitario nelle fasi di estrazione.

Modello americano

In America il concetto di qualità è strettamente legato agli aspetti igienico-sanitari. Per raggiungere questo obiettivo l‟operatore apistico trascura anche il venir meno di alcune qualità e proprietà del miele (a seguito di riscaldamento eccessivo alcune caratteristiche organolettiche vengono meno). In America sono pertanto molto utilizzati trattamenti

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quali l‟ultrafiltrazione e la pastorizzazione. Questi garantiscono buoni risultati igienico-sanitari ma sono passaggi che, secondo il nostro modello, vanno a deteriorare il prodotto.

Per perseguire il raggiungimento della qualità nel miele vengono svolte diverse tipologie analisi: chimico-fisiche, melissopalinologiche, sensoriali e Filth test descritte nei prossimi paragrafi.

1.9.1 Analisi chimico-fisiche sul miele

Le principali analisi chimico-fisiche da svolgere per valutare le caratteristiche di composizione del miele sono: determinazione degli zuccheri, determinazione del contenuto in acqua, determinazione del contenuto di sostanze insolubili in acqua, determinazione della conducibilità elettrica, determinazione di pH, acidità libera, acidità combinata e acidità totale, determinazione dell‟attività diastatica, determinazione dell‟idrossimetilfurfurale (HMF) (Decreto 23 luglio 2003).

Con un‟analisi fisico-chimica completa di un miele vengono messe in evidenza e dosate alcune sostanze, certi indici o certi parametri che possono dare una risposta precisa alle domande che ci poniamo riguardo alla qualità di un certo miele (Piana, 1995)

Determinazione degli zuccheri

Il principio si basa sull‟utilizzo del sistema cromatografico in fase liquida ad alta risoluzione (HPLC) e viene applicato su mieli filtrati. I picchi ottenuti mediante HPLC vengono messi a confronto con quelli di una soluzione di riferimento a concentrazione nota (Decreto 23 luglio 2003).

Questo tipo di analisi permette di fornire informazioni relative all‟origine botanica, la quantità di zuccheri semplici (glucosio e fruttosio), il loro rapporto, la presenza di altri zuccheri superiori; tutto questo fornisce una vera e propria “impronta digitale” del miele (Persano Oddo,2000).

La normativa stabilisce un tenore di fruttosio e glucosio (somma dei due) non inferiore a 45g/100g per miele di melata e non inferiore a 60g/100g per miele di nettare (D. Lgs 179/2004)

Determinazione del contenuto in acqua

La determinazione dell‟umidità del miele si basa sulla misura dell‟indice di rifrazione (come già detto in precedenza, questo indice diminuisce all‟aumentare

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del contenuto in acqua) e prevede l‟utilizzo del rifrattometro (Decreto 23 luglio 2003).

Il parametro umidità risulta fondamentale per la conservazione del miele; mieli con alto tenore in acqua hanno la tendenza ad andare incontro a processi fermentativi (Persano Oddo, 2000).

Il tenore in acqua non deve essere superiore al 20% per il miele, ad esclusione del miele di Calluna e del miele destinato ad uso industriale dove la percentuale massima di acqua non deve superare il 23% (D. Lgs. 179/2004).

Determinazione del contenuto di sostanze insolubili in acqua

Il metodo si basa sulla separazione per filtrazione di materiale di varia natura da una soluzione acquosa di miele e sulla determinazione delle sostanze insolubili separate. Nella frazione insolubile sono presenti diverse particelle di varia origine: frammenti di cera, di insetti, di polvere e granuli di polline (Decreto 23 luglio 2003).

Il tenore di sostanze insolubili non deve essere superiore a 0.1g/100g ad esclusione del miele torchiato dove sono accettati valori sino allo 0.5g/100g (D.Lgs. 179/2004).

Determinazione della conducibilità elettrica

La conducibilità elettrica è quella proprietà che hanno le soluzioni acquose di condurre corrente elettrica, il suo valore si ottiene misurando la resistenza elettrica (che è l‟inverso della conducibilità). Il valore di conducibilità elettrica è direttamente proporzionale al contenuto in sali minerali e viene misurato con l‟ausilio di un conduttimetro (Decreto 23 luglio 2003).

La conducibilità permette di differenziare i mieli: in particolare i mieli di melata e di castagno sono caratterizzati da valori più elevati rispetto ai mieli chiari (Persano Oddo, 2000).

I valori di conducibilità stabiliti dalla normativa sono: non più di 0.8mS/cm per i mieli in genere (ad eccezione dei mieli di erica, corbezzolo, eucalipto, tiglio,

Calluna, Leptospermum, Melaleuca spp.); per il miele di castagno e di melata e

per miscele di questi due mieli il valore non deve essere inferiore a 0.8mS/cm (D.Lgs 179/2004).

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Determinazione di pH, acidità libera, acidità combinata (lattoni) ed acidità

totale

Il pH esprime la forza che hanno gli acidi nel miele; questi derivano direttamente dal nettare o dalla melata oppure grazie alle trasformazioni enzimatiche effettuate dalle api (Persano Oddo, 2000).

La normativa stabilisce un‟acidità libera massima di 50 meq/Kg ad esclusione dei mieli ad uso industriale dove essa non deve superare gli 80 meq/Kg (D.lgs. 179/2004).

Il decreto 23 luglio 2003 specifica i metodi per la determinazione del pH, dell‟acidità libera e dell‟acidità combinata (lattoni); tale metodo si applica a tutti i tipi di miele.

Determinazione dell’attività diastatica

Le diastasi, α e β-transglucosidasi, sono enzimi naturalmente contenuti nel miele appena estratto e tendono a diminuire durante la conservazione o a seguito di trattamenti termici (Decreto 23 luglio 2003); ci sono poi dei mieli, come ad esempio quello di agrumi, i cui valori sono naturalmente bassi (in questo caso l‟attività diastatica diventa un parametro di caratterizzazione (Persano Oddo, 2000).

La normativa stabilisce per mieli non a uso industriale valori non meno di 8 (scala di Schade); per mieli che hanno basso valore naturale di enzimi l‟attività diastasica non deve essere meno di 3 e allo stesso tempo il valore di HMF non deve essere superiore a 15 mg/Kg (D.Lgs 179/2004).

Determinazione dell’Idrossimetilfurfurale (HMF)

L‟HMF è una sostanza che si forma a seguito della degradazione degli zuccheri, in particolare il fruttosio, in ambiente acido. Tale sostanza è assente, o presente in bassa concentrazione, nel miele appena estratto e tende ad aumentare durante la conservazione oppure a seguito di trattamenti termici (Decreto 23 luglio 2003) Il valore di HMF ad esclusione del miele per uso industriale non deve superare i 40 mg/Kg; per i mieli originari di zone con clima tropicale non deve superare gli 80 mg/Kg.

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1.9.2

L’analisi melissopalinologica

L‟analisi melissopalinologica è un esame del contenuto in polline di un miele e risulta molto utile nell‟identificazione dell‟origine botanica e geografica di questo. I granuli pollinici appartenenti a specie botaniche differenti vengono individuati al microscopio da parte di personale ben formato e dotato di esperienza (l‟operatore deve aver memorizzato le varie forme polliniche e deve essere in grado di individuarle al momento dell‟analisi oltre a conoscere i particolari che differenziano un polline dall‟altro) (Piana, 1995).

Esistono due tipologie di analisi melissopalinologiche: l‟analisi quantitativa e l‟analisi qualitativa. L‟analisi qualitativa permette di identificare i vari tipi di polline presenti nel miele e calcolare la percentuale di presenza. La quantitativa, necessaria per confermare i dati della qualitativa, consiste nel conteggio dei granuli pollinici contenuti in 10 g di miele.

A seconda della quantità di polline contenuto, i mieli posso essere suddivisi in 5 classi:

classe I mieli a polline iporappresentato (PK/10g inferiore a 20.000), classe II mieli a

polline normale (PK/10g tra 20.000 e 100.000 ), classe III mieli a polline iperrappresentato (PK/10g tra 100.000 e 500.000), classe IV mieli a polline fortemente iperrappresentato (PK/10g tra 500.000 e 1.000.000) ed infine classe V mieli di pressatura (PK/10g oltre 1.000.000); il PK/10g sta ad indicare il numero di elementi figurati presenti in 10g di miele (Persano Oddo, 2000).

La presenza di polline del miele è dovuta a 3 possibili tipi di inquinamento: primario, secondario e terziario. L‟inquinamento primario è quello effettuato dall‟ape quando raccoglie il nettare ed il quantitativo di polline che finisce nel nettare è molto variabile a seconda della specie botanica. Il secondario è l‟inquinamento che avviene all‟interno dell‟alveare, quando l‟ape cede il suo carico di nettare ad un‟altra ape. L‟inquinamento terziario è quello che avviene nelle fasi di smielatura e di lavorazione del miele. (Persano Oddo, 2000).

1.9.3 Analisi sensoriale del miele

L‟analisi sensoriale del miele nacque in Francia nel 1978 dove vennero svolti i primi corsi grazie anche all‟ausilio degli enologi (i quali si interessavano già da diversi anni di analisi sensoriale nel vino) (Gonnet e Vache, 1984).

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In Italia i primi corsi si svolsero nel 1979 a Finale ligure ma soltanto nel 1987 si è costituito un gruppo di lavoro per la formazione dei degustatori. Nel 1988 è stato istituito un albo specifico per la qualificazione dei degustatori e nel 1991 la gestione dell‟albo nazionale degli esperti in analisi sensoriale del miele è stata affidata all‟Istituto Nazionale di Apicoltura di Bologna (Piana, 1995).

Lo scopo di un‟analisi sensoriale è quello si apportare delle informazioni in più rispetto alla tradizionale analisi chimica. Due mieli che da un punto di vista chimico-fisico risultano di qualità molto simile possono rivelarsi, all‟analisi sensoriale, ben differenti (per tipologia di cristallizzazione, per livello di aromaticità, per grado di colorazione). L‟analisi sensoriale del miele persegue due obiettivi principali il miglioramento della qualià e la valorizzazione del prodotto:

1. Miglioramento della qualità: tale miglioramento viene percepito sia nel campo della ricerca che nel campo della produzione, lavorazione e commercializzazione. Nel primo caso l‟analisi sensoriale del miele contribuisce con gli altri esami di laboratorio ad individuare l‟origine botanica. Negli altri casi trova una grande applicazione per individuare l‟eventuale presenza di difetti e verificare la rispondenza del campione.

2. Valorizzazione del prodotto: a tale scopo l‟analisi sensoriale viene utilizzata nell‟ambito dei marchi di qualità e di origine collettiva e nei concorsi di qualità per i mieli (Piana, 1995)

Secondo quanto riportato da Gonnet e Vache (1984) nell‟analisi sensoriale del miele si va a valutare l’aspetto del miele ed in particolare:

La pulizia (il miele deve presentarsi privo di impurità)

La limpidità (un miele liquido e privo di impurità deve essere limpido)

La fluidità (un buon miele deve possedere una forte viscosità; questa proprietà decresce con l‟aumentare dell‟umidità)

Il colore

L‟omogeneità (in genere un miele fresco, raccolto ed estratto è generalmente omogeneo)

Cristallizzazione (per valutare questo parametro sono coinvolti sia la sfera visiva che quella tattile)

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Successivamente si vanno a valutare l’odore, il sapore, il gusto (aspetti fondamentali dell‟analisi sensoriale di un miele). Sulla base delle schede di caratterizzazione si può poi stabilire la rispondenza o meno di un miele alla specie botanica dichiarata e stabilire mediante un panel di assaggiatori quali sono i mieli di maggiore qualità.

Con l‟analisi sensoriale si possono, inoltre, individuare alcuni difetti del miele (anch‟essi fondamentali nella valutazione qualitativa di un miele):

Difetti di cristallizzazione Mieli fermentati

Mieli scaldati in maniera eccessiva che presentano così un colore modificato e un sapore di cotto

Mieli dal gusto sgradevole (ad esempio gusto metallico dovuto a contenitori non idonei, di fumo per un eccessivo uso dell‟affumicatore oppure di favi vecchi)

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2. Il Filth test

Il filth test è un analisi che permette di stabilire il grado di igiene dell‟alimento analizzato. Il suo scopo non è tanto quello di fornire un conteggio delle impurità, quanto piuttosto analizzare la sanità del prodotto e della sua lavorazione. Il filth test ha l‟obiettivo di identificare particelle estranee, sino a capire il materiale da cui provengono o gli animali da cui derivano (Domenichini, 1997).

L‟inquinamento che un alimento ha subito è in relazione al suo percorso dal campo sino al confezionamento. Il riconoscimento e l‟entità delle particelle estranee forniscono informazioni sul luogo e sull‟origine della contaminazione, la sanità delle materie prime, le attenzioni osservate nei vari passaggi produttivi e nella conservazione. Le informazioni ottenute ci indicano, quindi, dove e come operare per ottenere un miglioramento prima ancora di darci giudizi sulla sua idoneità igienica (Domenichini, 1997).

Il filth test può fornire informazioni che consentono di capire a quale fase della lavorazione è dovuto l‟inquinamento e se nell‟infestazione è coinvolto un qualche organismo, generalmente appartenente alla classe degli Artropodi. La presenza di questi organismi, non necessariamente legata a problemi per la salute umana, può accompagnarsi, secondo Domenichini (1984), ad uno o più dei seguenti eventi:

Gli infestanti possono moltiplicarsi a spese dell‟alimento in cui si trovano; questo avviene soprattutto per quanto riguarda i cereali, gli sfarinati e i legumi provocando una diminuzione del valore nutritivo e rendendoli sgradevoli, abbandonandovi peli, secreti ed escreti.

Gli infestanti possono essere portatori o semplici veicoli, in un alimento, di germi patogeni per l‟uomo o di parassiti di cui sono ospiti intermedi.

Gli infestanti possono produrre sostanze che potrebbero essere nocive per la salute dell‟uomo quali ad esempio allergeni per ingestione o per contatto.

Artropodi vivi o morti o loro parti potrebbero, se ingeriti, provocare dei traumi alle mucose, vomito, nausea ed altri disturbi enterici, specialmente nei bambini e nei soggetti debilitati.

Questa tecnica analitica viene applicata su molteplici matrici alimentari, utilizzando materiali e metodiche differenti a seconda dell‟alimento preso in considerazione. Si

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applica agli sfarinati, ai cereali, alla pasta, al latte, ai formaggi, alle passate di pomodoro (Domenichini, 1997). Nel nostro caso è stato utilizzato per analizzare il miele.

Il filth test nel miele prevede la solubilizzazione del miele in acqua calda deionizzata e la filtrazione sottovuoto del prodotto ottenuto utilizzando filtri in carta che verranno poi osservati al microscopio per la ricerca di impurità. Le particelle individuate, ritenute interessanti, saranno poi montate su vetrino con una soluzione di Berlese per essere identificate.

Nello svolgimento del filth test sul miele possono verificarsi due tipologie di problemi a carico del campione esaminato: un inquinamento di questo dovuto all‟ambiente in cui si opera e un inquinamento dovuto al personale che svolge le analisi. Per quanto riguarda il primo dovrebbe essere utilizzato un primo filtro in bianco (cioè filtrare sottovuoto acqua distillata su di un filtro di carta ed osservarlo poi al microscopio per escludere la presenza di infestazioni dovute alle attrezzature). Per quanto riguarda l‟inquinamento a carico dell‟operatore (filamenti di tessuto soprattutto ma anche peli o capelli) è d‟obbligo l‟uso di un camice, meglio ancora se dotato di polsini elastici che impediscano o quantomeno diminuiscano il passaggio di filamenti e di peli.

Altro aspetto da tenere presente è che il filth test è un tipo di analisi operatore-dipendente e che, quindi, la maggiore esperienza della persona che lo svolge può portare sicuramente a risultati più accurati.

2.1 Evoluzione della normativa in materia igienico-sanitaria

Nella normativa più recente l‟applicazione del D. lgs. 155/97 sull‟autocontrollo igienico-sanitario ha rappresentato una svolta storica nell‟ordinamento italiano in tema di produzione e controllo degli alimenti. La nuova normativa rappresenta le basi di un processo di innovazione che porta verso un nuovo modello: quello basato sulla cultura della prevenzione. Le imprese alimentari sono tenute all‟attivazione di un sistema di autocontrollo attuato secondo la metodica HACCP (analisi dei punti critici di controllo). A seguito di eventi come l‟emergenza diossina e la BSE si è evidenziata la necessità di un approccio integrato nelle catene alimentari, cioè l‟esigenza di estendere l‟applicazione di queste norme anche alla produzione primaria (Bergomi, 2006).

In questo contesto, nasce l‟attuale normativa alimentare denominata “pacchetto igiene”, entrata in vigore nel 2006 e viene abrogato il D.lgs 155/97 a norma del D. lgs.

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193/2007. Il “pacchetto igiene” è composto da diversi regolamenti: regolamento CE 852/2004, CE 853/2004, CE 854/2004 e CE 882/2004. Affiancato a questi regolamenti c‟è il regolamento CE 178/2002 il quale stabilisce in principi e requisiti generali della legislazione alimentare.

Con l‟entrata in vigore del pacchetto igiene sono stati stabiliti alcuni importanti principi anche per quando riguarda i produttori di miele.

Come riportano le linee guida per l‟apicoltura (2008) si sono verificati dei cambiamenti riguardanti il rapporto con le pubbliche amministrazioni in particolare per quanto riguarda l‟autorizzazione per i laboratori di smielatura: non è più necessario richiedere l‟autorizzazione all‟azienda provinciale per i servizi sanitari, è sufficiente essere iscritti all‟anagrafe come apicoltori e registrare i locali mediante una DIA (dichiarazione di inizio attività).

Gli operatori del settore alimentare devono assicurare che gli addetti alla manipolazione degli alimenti siano in buono stato di salute ed abbiano ricevuto un addestramento e/o una formazione in materia di igiene alimentare, in relazione al tipo di attività; devono inoltre essere rispettati i requisiti della legislazione in materia di programmi di formazione per le persone che operano in determinati settori alimentari (Reg. CE 852/2004). Precedentemente era obbligatorio, a norma della legge n. 283 del 1962, il libretto sanitario che oggi, invece, è abolito.

I controlli effettuati dalle autorità competenti non avvengono più soltanto sul prodotto finito, ma vengono svolte anche per verificare l‟applicazione delle disposizioni di legge da parte degli apicoltori, cioè “controllare che il produttore si autocontrolli” (Linee guida per l‟apicoltura, 2008).

L‟aspetto sicuramente più innovativo è il coinvolgimento in prima persona del produttore agricolo in quanto primo anello della catena produttiva; le aziende agricole rispondono quindi della qualità e della sicurezza degli alimenti (Linee guida, 2008). Il legislatore si è reso conto che l‟applicazione dell‟analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP) alla produzione primaria non è ancora praticabile a tutti i livelli (Manuale di corretta prassi operativa); per produzione primaria in apicoltura si intendono le attività di allevamento delle api, la raccolta del miele, il confezionamento

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e/o l‟imballaggio nel contesto dell‟azienda di apicoltura; mentre non vi rientrano tutte le attività che, invece, avvengono al di fuori dell‟azienda compreso il confezionamento. Il produttore primario è comunque tenuto a redigere un manuale di corretta prassi igienica; per fare ciò deve: conoscere le caratteristiche del prodotto e del processo produttivo, individuare i pericoli che potrebbe determinare la realizzazione di un prodotto non idoneo al consumo, e quindi, individuare le misure preventive o di controllo atte a ridurre o eliminare le contaminazioni (Manuale di corretta prassi operativa). Egli deve, inoltre, tenere e conservare tutte le registrazioni relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli, in modo commisurato alla natura dell‟impresa e tenerle a disposizione delle autorità competenti e delle aziende del settore che fanno uso dei suoi prodotti (Linee guida, 2008).

Il produttore ai sensi del Reg. CE 178/2002 ha l‟obbligo di garantire la rintracciabilità (possibilità di ricostruire o seguire il percorso di un alimento destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione). Per perseguire tale fine l‟impresa deve tenere una documentazione: elenco dei fornitori e elenco clienti, documento di comunicazione ad Asl, clienti e fornitori per la gestione delle non conformità, raccolta puntuale e archiviazione di tutte le fatture e documenti di vendita per ogni fornitura ricevuta o ceduta.

Con questa procedura è possibile poter procedere, se necessario, a ritiri mirati del prodotto o fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli, evitando così disagi più estesi e ingiustificati quando la sicurezza degli alimenti sia in pericolo (Manuale di corretta prassi operativa).

2.2 Analisi del rischio nella produzione del miele

Nei 2 diagrammi di flusso di seguito riportati vengono descritte le fasi di produzione del miele in campo e in mieleria col fine di poter identificare i pericoli connessi con le varie operazioni e le buone pratiche atte a prevenirli.

Per quanto riguarda le fasi di allevamento delle api possiamo identificare 3 diversi pericoli di contaminazione: pericolo chimico, fisico e microbiologico. Per pericolo chimico si intendono i contaminanti ambientali (metalli pesanti, Pcb e diossine), i residui di presidi sanitari e i residui di farmaci veterinari. Per pericolo fisico si intende

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soprattutto la contaminazione da polvere, fumo e terra. Il pericolo microbiologico per il miele, grazie alla sua capacità di inibire la moltiplicazione e la sopravvivenza delle forme vegetative dei batteri patogeni, si riduce alla presenza di germi sporigeni quali ad esempio Clostridium botulinum (responsabile di una forma di intossicazione detta “botulismo infantile” che può colpire i bambini al di sotto di un anno di età).

Nelle linee guida per l‟applicazione dell‟autocontrollo igienico-sanitario nella produzione primaria sono riportate diverse buone pratiche di allevamento da seguire per evitare o almeno ridurre le contaminazioni:

1. E‟ opportuno acquistare gli sciami da fornitori selezionati e conservare tutti i documenti di acquisto.

2. Le arnie devono essere posizionate rialzate da terra con adeguati supporti. 3. Utilizzare sostanze atossiche per la pittura e la manutenzione delle arnie.

4. Usare l‟affumicatore con parsimonia, utilizzando materiali non contaminanti il miele e non irritanti o tossici.

5. Utilizzare solo farmaci veterinari autorizzati per l‟apicoltura, conservando ricette, documenti di acquisto e riportando i dati nell‟apposito registro dei trattamenti vidimato dalla Usl.

6.Fornire alimenti che siano di provenienza selezionata, conservando ricette, documenti di acquisto e riportando i dati nel registro mangimi.

Anche per le fasi di lavorazione in mieleria, le linee guida per l‟applicazione dell‟autocontrollo nella produzione primaria, ci dicono che i pericoli possono essere di natura fisica, chimica o microbiologica. Tra i pericoli chimici possiamo trovare i residui di detergenti, molecole chimiche trasferite dai materiali che entrano in contatto con il miele (attrezzature, contenitori di stoccaggio, materiali di confezionamento). I pericoli fisici sono rappresentati dalla presenza di corpi estranei (come ad esempio frammenti di legno, polveri, terra, peli, cera, parti di insetto, frammenti di vetro, frammenti di metallo). Il pericolo microbiologico nelle fasi svolte in mieleria può ritenersi a un livello di rischio basso date le naturali caratteristiche fisico-chimiche del miele. Nel caso di lavorazione di miele caratterizzato da eccessiva umidità si può andare incontro a fenomeni di fermentazione.

Anche in questo caso ci sono le buone pratiche di lavorazione utili per evitare o quantomeno tenere sotto controllo i pericoli tra cui:

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1. Controllo dell‟umidità dei melari all‟arrivo in mieleria.

2. Nella fase di smielatura possono presentarsi contaminazioni con frammenti di cera e di corpi estranei quali api, insetti o frammenti di legno; risulta pertanto consigliabile una successiva filtrazione.

3. Nella fase di stoccaggio è obbligatorio utilizzare contenitori per alimenti dotati di coperchio, in maniera tale di proteggere il miele da contaminazioni.

4. E‟ consigliabile effettuare una filtrazione del miele prima di procedere al confezionamento.

5. Il miele deve essere confezionato in contenitori per alimenti. Nel caso di utilizzo di contenitori in vetro il prodotto potrebbe essere contaminato da frammenti e, pertanto, i vasetti devono essere conservati e manipolati correttamente (protetti da contaminazioni e tenuti capovolti) oltre ad un attento controllo visivo prima del loro utilizzo.

6. Gli ambienti utilizzati per la lavorazione dovrebbero essere lavati e puliti prima di ogni lavorazione, le pareti e i soffitti devono essere facili da pulire e predisposti in maniera tale da evitare l‟accumulo di sporcizia e la caduta di particelle.

7. Gli operatori addetti alla smielatura, oltre a non essere affetti da malattie contagiose trasmettibili attraverso gli alimenti, dovrebbero utilizzare indumenti e copricapo idonei a prevenire possibili contaminazioni del prodotto.

8. Gli operatori addetti alla fase di smielatura e confezionamento devono essere a conoscenza dei rischi igienico-sanitari connessi alla lavorazione del miele.

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Diagramma di flusso del ciclo produttivo del miele in campo

Acquisto degli sciami

Installazione apiario Gestione dell’apiario Periodo dell’anno autunno-inverno Preparazione all’ invernamento Trattamenti anti-varroa Controllo scorte alimentari primavera Ripresa primaverile Controllo sciamatura Nomadismo Valutazione fioriture Si No Posizionamento melari Trasporto alveari in postazione Verifica opercolatura miele insufficiente sufficiente Ritiro melari e trasporto in mieleria

Fine delle fioriture

Trattamenti anti-varroa Si

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Diagrammi di flusso della lavorazione in mieleria

Miele su telaino Arrivo in mieleria Disopercolatura Smielatura Raccolta nel decantatore Decantazione Filtrazione Miele pronto per il consumo Confezionamento Confezionamento in altri contenitori Confezionamento in vasetti Deposito e stoccaggio Vendita e/o spedizione

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3. Materiali e metodi

Le analisi sono state condotte su mieli prodotti da apicoltori della Lucchesia e della Versilia e su mieli reperibili presso la grande distribuzione. Della grande distribuzione sono stati analizzati 5 mieli, tutti di Millefiori. Per i produttori locali, invece, sono stati analizzati 19 campioni provenienti da 7 differenti aziende; nello specifico 6 campioni di miele di Robinia, 6 campioni di miele di Castagno e 7 campioni di Millefiori.

Ciascuna azienda locale ha messo a disposizione tre diverse tipologie di miele: Acacia, Castagno e Millefiori in vasetti da g 500. Ad ogni campione è stato attribuito un codice in maniera tale da mantenere anonimo il risultato.

Tutte le aziende hanno compilato 4 schede: una relativa all‟azienda, le altre relative a ciascun campione di miele.

Nella scheda aziendale sono stati riportati dati relativi al territorio di produzione (specie botaniche prevalenti, aspetti agronomici del territorio, numero di apicoltori presenti nella zona) e dati relativi all‟azienda (numero di alveari posseduti, produzione annua di miele, dimensioni dell‟azienda dotazione di attrezzature e mieleria).

Nella scheda dei mieli, invece, sono state inserite notizie relative alla data di produzione e smielatura, periodo di permanenza degli alveari sulla fioritura e cenni relativi alle tecnologie di lavorazione (filtrazione, disopercolatura, metodo di smielatura, utilizzo di fumo); sono, inoltre, state riportate le avversità in apiario e le tipologie di prodotti sanitari utilizzati, le modalità di applicazione ed i tempi.

I vari campioni di miele sono stati poi sottoposti a Filth test.

Sono stati poi presi in esame e rielaborati i dati ottenuti da Loi e Canovai (2002) durante il quadriennio di assistenza tecnica alle aziende svoltosi nel periodo 1996-1999 confrontando tra loro le varie tipologie di miele. Da tale indagine, che fu svolta su campioni provenienti dall‟ intera Toscana, sono stati considerati soltanto i 55 campioni di miele provenienti dalla Lucchesia e dalla Versilia. Nello specifico 10 campioni di miele di Robinia, 30 campioni di miele di Castagno e 15 campioni di miele di Millefiori.

Si è poi provveduto a confrontare i risultati ottenuti nel caso della presente tesi con quelli ottenuti da Loi e Canovai (2002).

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Tecnica di Filth test

La tecnica utilizzata è quella impiegata da Loi e Canovai (2002). Ciascun vasetto fornito dalle aziende è stato suddiviso in 3 parti: una prima parte di 150 g è stata versata in un becker, una seconda parte di 250 g è stata posta all‟interno di un vasetto per successive eventuali analisi e la parte restante (100 g) è stata lasciata nel vasetto originario.Al miele posto nel becker è stata aggiunta una pari quantità di acqua deionizzata preventivamente riscaldata (circa 40 °C), il tutto è stato poi posto su un fornello munito di agitatore magnetico fino ad arrivare alla completa solubilizzazione. Infine si è proceduto a filtrazione sottovuoto con imbuto Buchner collegato ad una pompa aspirante elettrica. La filtrazione è avvenuta mediante l‟utilizzo di filtri rapidi di carta di circa 10 cm di diametro; questi sono stati preventivamente quadrettati in modo tale da favorire la successiva lettura. Il filtro ottenuto da questo processo di filtrazione è andato a costituire il “primo filtro”.Anche il miele rimasto all‟interno del vasetto originario ha seguito il percorso appena descritto. In questo modo si è ottenuto un secondo filtro detto “fondo”. Sia durante il processo che porta al “primo” filtro che quello che porta al “fondo” si è avuta cura, una volta filtrato il contenuto, di risciacquare più volte le pareti dei recipienti che contenevano il miele e il tappo del vasetto in maniera tale da recuperare qualsiasi eventuale impurità. Tutte le fasi appena descritte sia a carico del primo filtro che del fondo sono state svolte sotto cappa.

Figura n. 11 - Schema riassuntivo del Filth test (modificato da Loi e Canovai, 2002) Campione di miele gr. 500 Campione conservato gr. 250

Risciacquo del vasetto con acqua calda e filtraggio sotto vuoto Vasetto del campione con

rimananti g. 100 Becker con gr. 150 di miele diluito in acqua

calda "Fondo" In frigorifero 1 2 3 “1° filtro

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I filtri così ottenuti sono stati esaminati al microscopio; le impurità individuate sono state montate su vetrino mediante una soluzione di Berlese modificata (idrato di cloralio 200 g, acqua distillata 50 g, glicerina 20 g, gomma arabica 30 g) (Canovai et al., 1999). Nella lettura dei filtri, secondo il criterio adottato da Loi e Canovai (2002) e Rocchi (comunicazioni personali), sono state prese in considerazione le seguenti tipologie di impurità solide: il numero di frammenti di origine animale, il numero di acari, il numero di frammenti di origine varia, la quantità di particelle combuste ed infine la cera. Non sono stati presi in considerazione i frammenti di origine vegetale in quanto tali impurità, che sono di piccole dimensioni, sono particelle correlate frequentemente al lavoro svolto dalle api e non vanno ad incidere sulla qualità del miele. La somma dei risultati ottenuti dalla lettura del primo filtro e del fondo ha fornito il numero totale di impurità presenti nel miele.

Sulla base dei risultati ottenuti per ciascuna tipologia di impurità i mieli sono stati suddivisi in quattro classi: classe A, classe B, classe C e classe D secondo lo schema seguente proposto da Loi e Canovai (2002). La suddivisione in classi è molto utile per ridurre l‟impatto che l‟eventuale rottura di frammenti di origine animale, verificatosi durante le fasi di esecuzione del filth test possa portare a una sovrastima nella valutazione del numero totale di frammenti presenti.

Frammenti di origine animale e di varia origine (organica o

inorganica)

Classe A: la somma rilevata su ambo i filtri risulta tra 0 e 3. Classe B: la somma rilevata su ambo i filtri risulta tra 4 e 10. Classe C: la somma rilevata su ambo i filtri risulta tra 11 e 20.

Classe D: la somma rilevata su ambo i filtri è uguale o maggiore di 21

Acari

Classe A: assenza di acari Classe B: presenza di 1 acaro

Figura

Figura n. 3 – Ape all’interno di un fiore         Figura n. 4 – Ape all’interno di un fiore di zucchina
Figura n. 5 - Ape regina              Figura n. 6 - Fuco
Figura n. 7 - Ape operaia
Figura  n.8  -  particolare  di  cella  reale  con pappa  reale
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