• Non ci sono risultati.

La politica australiana di contrasto all'immigrazione irregolare.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La politica australiana di contrasto all'immigrazione irregolare."

Copied!
114
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

LA POLITICA AUSTRALIANA DI CONTRASTO ALL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE

Il Candidato Il Relatore

Caterina Sulpizio Prof. Simone Marinai

(2)

INDICE

Introduzione………...4

CAPITOLO 1

L’evoluzione della politica migratoria in Australia 1. L’Australia e l’immigrazione: cenni storici………...7

2. La White Australia Policy……….9

2.1. L’Immigration Restriction Act………11

2.2. Il Pacific Island Labourers Act………...13

2.3. Il Naturalization Act………...15

3. La situazione post-bellica………...16

4. La regolamentazione dei flussi migratori………..20

4.1. Il Migration Program………..21

4.2. L’Humanitarian Program……….…..23

4.2.1. I meccanismi di protezione onshore………..…25

4.2.2. I meccanismi di protezione offshore……….…28

(3)

CAPITOLO 2

Analisi e sviluppi della politica di detenzione obbligatoria

1. La politica di detenzione obbligatoria avviata negli anni ‘70…….31

2. L’evoluzione della politica detentiva nei Governi successivi……..36

3. La Pacific Solution………..41

3.1. Le origini ed il c.d. Tampa Affair……….………41

3.2. Le Operazioni Relex……….……42

3.3. Le strutture di elaborazione offshore……….……...45

3.4. I motivi alla base della scelta dell’Isola di Nauru e della Papua Nuova Guinea…….………...………..47

3.5. Gli sviluppi della Pacific Solution sotto le amministrazioni successive……….49

4. L’ Operation Sovereign Border………52

5. Le soluzioni australiane al vaglio del diritto internazionale……….53

5.1. Quadro generale dei trattati internazionali di cui l’Australia è parte ……….……….53

5.2. Gli obblighi giuridici internazionali messi in discussione dalla Pacific Solution ……….………...56

5.3. Il principio di non-refoulement……….…………57

5.3.1. Applicabilità generale ………..…...57

5.3.2. Gli obblighi di non-refoulement nel diritto internazionale dei diritti umani ed altri trattati internazionali……….………..…………..64

5.3.3. Specificità del caso australiano………....66

5.4. L’obbligo di non imporre sanzioni per l’ingresso illegale ……69

(4)

CAPITOLO 3

Condizioni e trattamento nei centri di detenzione offshore

1. Le strutture di detenzione australiane………...75

1.1. Le strutture onshore……….…….75

1.2. Le strutture offshore……….……83

2. Nauru Regional Processing Centre………...85

3. Manus Regional Processing Centres……….92

4. L’impatto della detenzione sulla salute dei richiedenti asilo………96

5. Le soluzioni prospettate dal Governo Turnbull………102

Conclusioni………..105

BIBLIOGRAFIA………..111

(5)

Introduzione

Lo scopo del presente elaborato è quello di portare alla luce il poliedrico passato, il difficile presente e l’enigmatico futuro della politica di contrasto all’immigrazione irregolare in Australia.

In particolare, verrà analizzato il fenomeno immigratorio che caratterizza la storia australiana, in particolare le problematiche legate all’immigrazione irregolare negli ultimi decenni, le quali hanno portato a risposte politiche talvolta controverse.

L’Australia ha avuto un’esperienza storica piuttosto particolare, legata indissolubilmente al fenomeno migratorio sin dalle sue origini di colonia penale britannica.

Il lavoro di tesi è organizzato in tre capitoli. Il primo capitolo è dedicato al processo storico, che dal passato coloniale ha generato una omogeneità nella composizione della popolazione australiana, a maggioranza bianca di origine anglosassone. Questa peculiare composizione si è voluta far perdurare anche in seguito al raggiungimento dell’indipendenza dalla madrepatria, avvenuta nel 1901, attraverso l’instaurazione della White Australia Policy, ovvero una politica molto restrittiva verso l’immigrazione non britannica. Ciò fu possibile fino agli anni ’70, poiché i cambiamenti che avvennero nel contesto internazionale, aprirono una fase di transizione al termine della quale venne adottata una politica multiculturale di apertura verso tutti i popoli. L’Australia si impegnava così ad ammettere sul proprio territorio cittadini provenienti da varie parti del mondo (una buona parte anche dall’Italia, nel periodo immediatamente successivo al secondo dopoguerra), tollerando ed incoraggiando l’espressione delle molteplici culture, accolte come una ricchezza aggiunta al patrimonio nazionale.

Da quando questa politica è stata adottata, sullo scenario internazionale l’Australia è stata ritenuta la culla della multiculturalità, caratteristica che

(6)

ha sempre contraddistinto questo Paese. Tuttavia, in tempi recenti questo progresso ha subìto una battuta d’arresto, poiché l’empatia sociale è stata gradualmente sostituita dalla volontà di preservare il popolo australiano dalla “invasione” di altri popoli.

Nel secondo capitolo vengono esaminati gli sviluppi più attuali delle manovre politiche di contrasto all’immigrazione irregolare. Dagli anni ’70 il problema degli arrivi non autorizzati via mare è diventato di grandi dimensioni, generando infondati allarmismi nella società. Così negli anni '90 del secolo scorso, il Partito Laburista ha introdotto la pratica della detenzione obbligatoria come misura provvisoria per i non cittadini che arrivavano in barca senza visto, la quale ha reso ancor più rigida la politica migratoria australiana. La forma più controversa di detenzione è stata promossa dal governo Howard, dando luogo ad una politica di trasformazione offshore, conosciuta come “Pacific Solution”. Essa prevedeva che coloro che arrivavano via mare e tentavano l’ingresso illegale in Australia, venivano deportati in centri offshore (situati al di fuori del suolo australiano), mentre le loro richieste di asilo venivano esaminate dal governo. Tale politica è rimasta in vigore per molti anni, continuando ad essere ritenuta ancora oggi uno dei pilastri della politica nazionale in materia di immigrazione. Negli anni seguenti è succeduto il partito laburista, il quale ha dato una direzione completamente diversa alla politica estera, soprattutto per quanto riguarda i rifugiati, abbandonando la Pacific Solution e chiudendo i campi di elaborazione. Tuttavia, le misure di facilitazione dell'immigrazione dei successivi governi hanno portato una significativa crescita del flusso dei migranti che arrivavano in barca, e di conseguenza un aumento del numero di persone morte in mare. Un cambio di rotta si è avuto nel 2013, in seguito alla vittoria elettorale del leader del partito liberal nazionale, Tony Abbott, che con il su slogan “Stop the boats”, ha voluto inviare un messaggio forte e chiaro di evitare il tentativo di avvicinarsi alle rive australiane, in quanto sarebbe stato prontamente impedito. Egli ha inoltre cercato di riportare il flusso migratorio sotto

(7)

regolamentazione attraverso l’Operation Sovereign Border, una misura che autorizzava la Marina Militare australiana a pattugliare le rive dello Stato e ad intercettare i richiedenti asilo che arrivano via mare. Secondo le disposizioni, le barche militari dovevano intimare alle imbarcazioni di profughi di tornare indietro, e qualora non vi provvedessero, dovevano rimorchiarle e trainarle fino al punto di partenza. Se e nella misura in cui alcuni riuscivano a raggiungere il territorio australiano, venivano portati nei centri di accoglienza, ristabiliti già nel 2012 dal governo Gillard. L’ultimo capitolo si occupa di descrivere i centri di detenzione, presenti sia sul territorio australiano sia offshore, soffermandosi proprio sulla situazione delle isole di Nauru e Manus Island. È proprio dalla lettura di un articolo sulle condizioni di vita nel centro di detenzione di Nauru, che mi sono avvicinata all’argomento di questa tesi, mossa dalla volontà di conoscere e capire come fosse effettivamente gestita la questione immigratoria. Dalla trattazione emerge come la situazione a livello umanitario su entrambe le isole sia estremamente delicata ed allarmante, ma nonostante ciò le autorità governative sono ferme sulla convinzione dell’efficienza di questa politica. Anche l’attuale Primo Ministro liberal-nazionale Malcolm Turnbull ha prospettato la continuazione nella direzione di fermare le imbarcazioni, perché convinto che solo in tale maniera si possa effettivamente fornire un aiuto concreto ai rifugiati. L’elaborato si conclude con una discussione critica sulla possibilità o meno di applicare il “modello” australiano in Europa e nello specifico in Italia. Questo perché, da alcuni, questo modello è considerato efficace nell’impedire una migrazione senza regole e clandestina, mentre altri sostengono invece come tale “modello” sia peculiare ed efficace solo nel quadro geopolitico australiano.

(8)

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DELLA POLITICA MIGRATORIA IN AUSTRALIA

1. L’Australia e l’immigrazione: cenni storici

La migrazione europea verso la “Terra Australis” ha avuto inizio nel XVIII secolo a seguito della sua scoperta, durante una spedizione, reclamata dal capitano inglese James Cook nel 1770.1

Al momento della scoperta, questa immensa regione era abitata dagli aborigeni, popolazioni di origine asiatica che raggruppati in clan vivevano di caccia e di raccolta, fino a che i colonizzatori europei si appropriarono delle loro terre e finirono con il decimare progressivamente la popolazione nativa.

I britannici considerarono sin da subito questa terra come una postazione ideale per una nuova colonia penale, trovando così soluzione al problema del sovraffollamento delle prigioni in Inghilterra.

Fu così che, nel 1788, arrivò il primo trasporto di condannati a Botany Bay2, al quale ne seguirono molti altri, facendo scaturire ben presto la necessità di costituire un secondo insediamento nell’odierna Tasmania. Nonostante le pessime condizioni in cui si trovavano i carcerati e le guardie (dovute principalmente all’ambiente ed al clima così diverso dalla loro terra natale), la colonia continuò a crescere.

1 James Cook (Marton, 27 ottobre 1728 – Hawaii, 14 febbraio 1779) fu un esploratore,

navigatore e cartografo britannico. Cook fu il primo a cartografare l'isola di Terranova, prima di imbarcarsi per tre viaggi nell'Oceano Pacifico, nel corso dei quali realizzò il primo contatto europeo con le coste dell'Australia e le Hawaii, oltre alla prima circumnavigazione ufficiale della Nuova Zelanda. Combinando l'arte marinaresca con un grande talento cartografico, nelle sue spedizioni raggiunse zone inesplorate e pericolose, e fu il primo a tracciare le mappe di diversi territori non ancora cartografati.

(9)

Nel 1820 infatti, per creare un’avanzata economia di mercato e risollevare il livello morale della colonia, le autorità britanniche iniziarono a prendere in considerazione ed incoraggiare la migrazione volontaria di coloni liberi. Inizialmente, l'accesso e la concessione terriera erano rivolti a coloro che erano in possesso di risorse economiche adeguate per sviluppare la terra ed impiegare il lavoro dei detenuti, ma successivamente si avviò una nuova politica che prevedeva la vendita di terreno per finanziare programmi di immigrazione assistita dalle isole britanniche. I primi migranti arrivarono nel 1832 ed erano in maggioranza donne, nel tentativo di appianare lo squilibrio di genere che era emerso nella popolazione.

Fin dall'inizio, la Gran Bretagna sembrava essere stata intenta a fare dell'Australia il suo avamposto culturale e politico. La maggior parte degli immigrati infatti, sono stati deliberatamente fatti provenire dalle isole britanniche, nel tentativo apparente di mantenere la popolazione il più compatta possibile, dal punto di vista sia della razza che della cultura. Vi era infatti una forte attenzione alla politica che cercava di limitare la possibilità per i non-europei di stabilirsi permanentemente in Australia. Fu così che nel 1840 le autorità britanniche istituirono la ‘Commissione della Terra Coloniale e dell’Emigrazione’3, la quale, finanziata dai fondi raccolti dai vari sistemi di supporto di migrazione assistita, assunse la regolamentazione e l'implementazione dell’immigrazione in Australia. Seppur tali schemi di migrazione assistita non rappresentavano tutta l'immigrazione, furono un meccanismo cruciale nella creazione di un sistema che ha permesso una ‘immigrazione selettiva’, negli anni successivi. L'incentivo per un significativo aumento del numero di arrivi nel nuovo continente fu la scoperta dell’oro nello Stato del New South

3Colonial Land and Emigration Commission. Tenth General Report of the Colonial Land and Emigration Commissioners’, The National Archives, 1850,

(10)

Wales, situato nella parte sud-orientale dell’Australia, verso la metà degli anni ’50 dell’800.

2. La White Australia Policy

Le origini della White Australia policy, possono essere ricondotte proprio al 1850, quando, durante l'apice della corsa all'oro, più di 600.000 persone arrivarono in Australia4. La maggior parte erano europei, ma ben presto arrivarono anche centinaia di migranti cinesi.

La popolazione australiana conobbe così un vero e proprio boom demografico che portò anche a risvolti negativi, come una crescente disoccupazione, causata anche dalla competizione economica degli asiatici, abituati ad un basso tenore di vita e disposti a lavorare per salari molto bassi.

Il risentimento dei minatori bianchi nei confronti dei cercatori d’oro asiatici portò alla violenza sul fiume Buckland a Victoria, e nel New South Wales, sancendo restrizioni all’immigrazione cinese da parte dei governi di queste due colonie.

Con queste misure severe, l'attuazione della politica dell’“Australia bianca”, è stata calorosamente applaudita nella maggior parte della comunità.

Si creò così un vero e proprio antagonismo verso i numerosi migranti non britannici e non europei, ed il miglior modo per restringere tale concorrenza fu la cooperazione di tutte le colonie, volta a sancire una politica immigratoria comune incentrata su misure restrittive di ingresso. Dopo una serie di conferenze e riunioni, fu redatto l’Australian Commonwealth Act, contenente anche la Costituzione del Commonwealth

4 Jupp J. ‘The Australian people: an encyclopaedia of the nation, its people and their origins’, 2nd edn, Cambridge University Press, 2001.

(11)

d’Australia, il quale fu approvato dalla popolazione delle colonie con un referendum, tenuto all’alba del 1900.

Il Commonwealth of Australia, composto dalle sei colonie inglesi New South Wales, Victoria, South Australia, Tasmania, Queensland e Western Australia, fu proclamato il 1° gennaio 1901.

Il nuovo Parlamento federale si è riunito per la prima volta a Melbourne il 9 maggio 1901, mettendo in atto una legislazione che avrebbe stabilito il quadro di riferimento dell'immigrazione in Australia per i decenni successivi, comprendente una serie di misure significative, quali l’“Immigration Restriction Act” ed il “Pacific island labourers act” nel 1901, ed il “Naturalization Act” nel 19035. Queste leggi hanno fornito il

quadro legislativo per quello che divenne noto come la White Australia Policy.

Le basi concettuali e filosofiche relative al modo in cui la politica in materia di immigrazione si è evoluta nei decenni che susseguono alla Federazione, fino alla seconda metà del 20° secolo, sono state in parte sviluppate in risposta all'antagonismo creatosi verso l’arrivo di un numero ingente di migranti non britannici e non europei.

(12)

2.1. L’Immigration Restriction Act

L’Immigration Restriction Act6 fa parte di un pacchetto legislativo approvato dal nuovo Parlamento federale nel 1901, finalizzato ad escludere tutti i migranti non europei.

È considerato la pietra miliare della politica dell’Australia bianca, poiché a seguito di tale atto, i non europei poterono entrare in Australia solo temporaneamente, previo un permesso predeterminato.

La determinazione a mantenere l’Australia omogenea, escludendo i non europei dallo stabilirvisi in modo permanente, rifletteva un forte desiderio di costruire una popolazione che era e rimanesse di origine britannica. Tale legge sulla restrizione dell'immigrazione aveva il potenziale per interpretare i temi principali della Federazione, tra cui gli atteggiamenti razzisti verso gli asiatici e gli abitanti delle isole del Pacifico, e le successive politiche adottate dal governo federale per limitare che questi gruppi migrassero e cercassero lavoro in Australia.

Il meccanismo di limitazione dell’immigrazione non poteva essere apertamente basato sulla razza, così venne introdotto questo test sulla base dell’alfabetizzazione, che rimetteva comunque la decisione all’arbitrio dei singoli ufficiali australiani.

La presente legge aveva dichiarato che chiunque volesse emigrare nel nuovo continente, doveva superare una prova di dettato di 50 parole (restriction test).

Originariamente il test di dettatura poteva essere richiesto in qualsiasi momento, entro il primo anno di arrivo della persona in Australia, ma dopo

6 “Immigration Restriction Act 1901”, Federal Register of Legislation,

(13)

il 1932 tale periodo fu esteso ai primi cinque anni di residenza. I funzionari erano anche in grado di farlo sostenere alla singola persona un numero illimitato di volte.

In un primo momento, il test doveva essere fatto in una lingua europea; tuttavia, nel 1905, la legge fu modificata per consentire al governo di utilizzare qualsiasi lingua, scelta a discrezione dell’ufficiale che sottoponeva il test.

Non erano rari i casi in cui ad un richiedente 'indesiderato', nonostante avesse superato il test, venisse anche chiesto di scrivere in ulteriori e diverse lingue, fino a quando non avesse sbagliato e di conseguenza venisse ritenuto inidoneo. Come dichiarò l’allora premier australiano Alfred Deakin alla Camera dei Rappresentanti nel 1905, “il fine di applicare la prova di lingua non è quello di consentire alle persone di entrare nel Commonwealth, ma di tenerli fuori”.

Questo si rivelò molto efficace nella maggior parte casi, anche se i tentativi di deportare Egon Kisch, un comunista ebreo della Cecoslovacchia, sulla base del fallimento della prova dettato, si dimostrò difficile. Kisch infatti parlava inglese, così come diverse altre lingue europee, e superò ogni test con fluidità. Proprio a seguito di tale sua dimestichezza, fu messo in difficoltà chiedendogli di scrivere la ‘preghiera del Signore’ in scozzese gaelico, lingua a dir poco desueta e sconosciuta. Come previsto fallì la prova, ma si rivolse all’Alta Corte australiana, la quale si pronunciò sull’inammissibilità di un test improntato su tale lingua, e dichiarò il cittadino cecoslovacco ammissibile in Australia.7

La legge sulla restrizione dell'immigrazione rappresentò dunque l'adozione formale da parte del Commonwealth of Australia di politiche

(14)

razziste, e nonostante sia stata modificata più volte, è rimasta in vigore fino al 1958.

2.2. Il Pacific Island Labourers Act

Il Pacific Island Labourers Act del 1901 è un atto del Parlamento australiano finalizzato a proibire l’entrata in Australia agli abitanti delle isole del Pacifico (chiamati "Kanakas").

Insieme con l’Immigration Restriction Act ha formato una parte importante della politica bianca australiana.

A partire dal 1860 infatti, decine di migliaia di abitanti delle isole occidentali del Pacifico (dalla Melanesia, soprattutto dalle Isole Salomone e Nuove Ebridi, con un piccolo numero dalla Polinesia e isole della Micronesia, come Tonga, Samoa, Kiribati, Tuvalu) sono stati deportati in Australia come lavoratori a bassa retribuzione, impegnati nelle piantagioni di zucchero nella regione del Queensland. Il termine "blackbirding" si riferisce proprio al reclutamento delle persone attraverso l'inganno, con il quale gli isolani erano fatti allontanare dalle loro case anche con la forza, sequestrandoli o ingannandoli, e messi su delle navi in viaggio per il continente.

Ciò si sostanziava in una vera e propria tratta di schiavi, portati a soddisfare il crescente bisogno di manodopera a basso costo nel settore dello zucchero, dal momento che il lavoro bianco era scarso e costoso.

Nel 1901 sono stati 10.000 i Pacific Islanders a lasciare il lavoro nei campi di canna da zucchero del Queensland. Dopo il marzo 1904, ai Kanakas era proibito l'ingresso nel Commonwealth e il loro rimpatrio forzato è stato organizzato dal dicembre 1906 in poi, sotto l’ala del Pacific Island Labourers Act, nel tentativo di ‘purificare razzialmente' la nuova nazione

(15)

australiana e ‘proteggere’ i lavoratori australiani bianchi dalla minaccia di manodopera a basso costo. Solo coloro che si sono sposati con un cittadino australiano erano esenti da rimpatrio obbligatorio.

Solo ad una minoranza di isolani è stato permesso di rimanere in Australia e pochi di nascosto da parte delle autorità e rimase illegalmente.

Oggi i discendenti di coloro che sono rimasti, sono ufficialmente indicati come ‘South Sea islanders’, ed un censimento del 1992 ha riportato che circa 10.000 di loro vivevano ancora nel Queensland. Tuttavia, nel censimento nazionale del 2001 vi sono state solo 3.442 risposte da persone che indicano la loro discendenza dagli isolani.

Nel 1994, il governo del Commonwealth ha formalmente riconosciuto gli ‘Australian South Sea islanders’ come una comunità distinta, un gruppo di minoranza unico che è gravemente svantaggiato dalla discriminazione razziale.

(16)

2.3. Il Naturalization Act

Il processo di naturalizzazione che il Naturalization Act del 1903 ha introdotto, era semplice e pensato per incoraggiare gli stranieri europei ad acquisire la cittadinanza australiana.

Il richiedente doveva essere residente da due anni nel Commonwealth oppure essere precedentemente naturalizzato in Gran Bretagna. Egli era tenuto a presentare la dichiarazione dei dati personali, l'intenzione di stabilirsi in modo permanente, ed una referenza da parte di una persona in possesso di una delle diverse posizioni di rispetto della comunità.

Il governo poteva rifiutare o accettare la domanda, senza dare alcuna motivazione. Se accettata, il richiedente era tenuto a prestare un giuramento di fedeltà al re (se non fosse stato preventivamente naturalizzato in Gran Bretagna), dopo il quale il certificato di naturalizzazione sarebbe stato emesso.

La legge è stata modificata nel 1917 per espandere i poteri del governo ed insistere sulla lealtà e buon carattere dei candidati. Se prima un certificato di naturalizzazione poteva essere revocato solo qualora fosse stato ottenuto con la frode, il governo poteva adesso revocarlo ‘per qualsiasi ragione’. Il ricorrente era inoltre tenuto a produrre non una bensì tre referenze, e a pubblicizzare la sua intenzione di diventare naturalizzato su un giornale, in modo che chiunque potesse presentare obiezioni confidenziali. Inoltre, egli doveva dimostrare di saper leggere e scrivere in inglese. Queste condizioni sono rimaste in gran parte intatte sotto il Nationality Act del 1920, anche se il periodo di residenza fu aumentato a cinque anni, nell'Impero britannico, e almeno un anno immediatamente precedente alla richiesta, in Australia.

(17)

3. La situazione post-bellica

La prima grande ondata migratoria post-bellica nel continente australiano ha riguardato soprattutto le persone che abbandonavano i paesi d’origine perché distrutti dalla guerra oppure occupati dall’Unione Sovietica. Tra il 1947 ed il 1953 il governo australiano ha dato assistenza a circa 170.000 mila persone, aiutandole ad emigrare nel loro continente.

Nel periodo immediatamente successivo della seconda guerra mondiale, fu istituito dal governo australiano un comitato interministeriale sulla migrazione che prefigurava l'accettazione in Australia di un gran numero di rifugiati e sfollati da molteplici paesi europei e non.

Nel 1945 Ben Chifley, il primo ministro australiano, istituì il ‘Dipartimento Federale per l'Immigrazione’ con l’intento di condurre un programma di immigrazione su larga scala.

Chifley, infatti, aveva constatato che l'Australia aveva urgente bisogno di una popolazione più ampia ai fini della difesa e dello sviluppo, e ne raccomandò un aumento annuale dell'1% attraverso una maggiore immigrazione.

Il primo ministro per l'immigrazione Arthur Calwell promosse così un'immigrazione di massa con lo slogan “populate or perish” (popolare o perire).

Il programma di immigrazione del dopoguerra del governo Chifley dette la preferenza ai migranti dalla Gran Bretagna, e inizialmente fu fissato l’ambizioso obiettivo di arrivare a nove britannici su dieci immigrati. Tuttavia, fu subito chiaro che anche con il passaggio assistito, l'obiettivo del governo sarebbe stato impossibile da raggiungere dato che la capacità di trasporto dalla Gran Bretagna era molto diminuita rispetto ai livelli pre-bellici. Di conseguenza Calwell, per mantenere i numeri complessivi in

(18)

materia di immigrazione, dovette fare affidamento sui rifugiati dall'Europa orientale, con gli Stati Uniti che fornivano la spedizione del necessario. Nel 1949 il nuovo ministro dell'immigrazione Harold Holt, decise di consentire a 800 rifugiati non europei di rimanere nel territorio australiano, e alle spose di guerra giapponesi di essere ammesse. Questo fu senza dubbio il primo passo ufficiale verso una politica di immigrazione non discriminatoria.

Al loro arrivo in Australia, molti migranti non di madre lingua inglese furono inviati in centri di accoglienza e formazione dove imparavano la lingua e, nel frattempo, cercavano un lavoro. Lo scopo dei centri di accoglienza e di formazione fu quello di effettuare un esame medico generale per i migranti, il rilascio dell’abbigliamento necessario, e il pagamento delle prestazioni di servizi sociale. Furono fatti anche dei colloqui per determinare il loro potenziale di occupazione, il livello di istruzione in lingua inglese e le conoscenze degli usi e costumi australiani. Il Dipartimento per l'Immigrazione fu responsabile per i campi ed i registri tenuti in amministrazione.

I centri di accoglienza e di formazione dei migranti erano conosciuti anche come ‘Commonwealth Immigration Camps’, ovvero ostelli per migranti, centri di permanenza, alloggio migranti o lavoratori migranti.

Il primo centro di accoglienza dei migranti in Australia fu aperto a Bonegilla (Victoria) nel dicembre 1947. Quando il campo fu chiuso nel 1971, fu attestato che circa 300.000 immigrati erano transitati da lì. La seconda ondata migratoria arrivò tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e fu composta principalmente da persone in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori. Queste aspettative vennero sostanzialmente realizzate. I primi migranti, infatti, trovarono lavoro nelle fattorie, ed una parte di loro si ritrovò inglobata nel pieno fiorire di programmi nel settore manifatturiero assistiti dal governo, come il sistema della Snowy

(19)

Mountains Hydro Electric. Questo progetto per la produzione di energia idroelettrica e per l'irrigazione dell’Australia sud-orientale, fu costruito grazie all’impiego di circa centomila persone provenienti da oltre 30 paesi, denotando così la nascita di un’Australia multiculturale.

Nel 1951 venne varato il “Piano di Colombo”, grazie al quale i paesi più sviluppati del Commonwealth si impegnavano ad aiutare le nazioni meno fortunate.

Il Piano Colombo (The Colombo Plan for Cooperative Economic and Social Development in Asia and the Pacific) è un’organizzazione intergovernativa regionale per l'assistenza allo sviluppo economico e sociale. È basato sul concetto di associazione per il comune aiuto e l'autonomia nei processi di sviluppo con obiettivi le aree esistenti, sviluppo delle risorse umane e la cooperazione. Mentre si riconosceva la necessità della componente forza-lavoro per promuovere la crescita, il Piano Colombo enfatizzava anche la necessità di aumentare il livello di abilità nell'assistenza e utilizzare il capitale fisico in modo più efficiente. Nei primi anni, l'assistenza del Piano Colombo per la crescita dei paesi in via di sviluppo comprendeva sia il trasferimento di forza-lavoro sia quello tecnologico, oltre ad una forte componente di sviluppo di abilità.

Uno dei motivi per cui il governo australiano accettò di partecipare al progetto fu la necessità di ristabilire rapporti pacifici con i paesi asiatici che erano stati vittime della White Australia Policy.

Il principale passo successivo fu nel 1957, quando ai non-europei con quindici anni di residenza in Australia, fu permesso di ottenere la cittadinanza australiana.

Dopo una revisione della politica immigratoria nel marzo 1966, il Ministro dell'Immigrazione Opperman annunciò che sarebbero state accettate le richieste di migrazione di tutte quelle persone ben qualificate, sulla base della loro idoneità come coloni, della loro capacità di integrarsi facilmente

(20)

e del loro possesso di qualifiche utili in Australia. Allo stesso tempo, il governo decise che i residenti temporanei non-europei non erano più tenuti a lasciare l'Australia. Il governo allentò anche le restrizioni in materia di immigrazione non-europea; infatti l'annuncio del marzo 1966 fu lo spartiacque nell’abolizione della politica bianca australiana, e la migrazione non-europea cominciò ad aumentare.

Cominciarono così ad arrivare migranti dall’Asia, dal Medio Oriente e dall’America latina proprio come dall’Europa. Ma a differenza dei migranti volontari, i rifugiati avevano abbandonato i loro paesi d’origine per via della guerra o delle persecuzioni e l’Australia, seriamente intenzionata ad aiutare gli abitanti di paesi meno fortunati, firmò un accordo delle Nazioni Unite per l’accoglienza dei rifugiati, entrando così a far parte dell’International Refugee Organization (IRO).

Nel 1972, il governo Whitlam adottò una politica di immigrazione completamente non-discriminatoria, mettendo fine alla politica bianca australiana e rimuovendo gradualmente la razza come principale fattore discriminatorio.

Il successivo governo Fraser portò efficacemente avanti tale progetto, incaricando una revisione globale dell’immigrazione in Australia. Di vasta portata furono le nuove politiche e programmi adottati all’interno di un quadro di riferimento per lo sviluppo della popolazione australiana, in particolare rendendo l’infrastruttura amministrativa, sociale ed economica più rispondente ai diritti, obblighi ed esigenze di una popolazione divenuta culturalmente diversa; promuovendo l'armonia sociale nella società e ottimizzando la diversità culturale. Tra questi programmi triennali per sostituire gli obiettivi in materia di immigrazione annuali del passato, ci fu un rinnovato impegno per applicare la politica di immigrazione senza alcuna discriminazione razziale, un approccio più coerente e strutturato per la selezione dei migranti, e l'accento posto sulla capacità di attrarre persone che rappresenterebbero un ‘quid plus’ per l'Australia.

(21)

In quegli anni l’Australia ha registrato la più grande assunzione di immigrati asiatici dall’arrivo dei cercatori d'oro cinesi durante la corsa all'oro. Nel 1983 il livello di immigrazione britannica è stato registrato inferiore al livello di immigrazione asiatica per la prima volta nella storia australiana; in particolare ci fu un arrivo in massa di rifugiati vietnamiti, scappati dalla violenta guerra che si scatenò nella loro terra d’origine.

4. La regolamentazione dei flussi migratori

L'Australia ha una lunga storia nell’accoglienza dei migranti ed un importante spartiacque fu segnato al momento della creazione della Federazione nel 1901, quando gli Stati che prima amministravano ciascuno il proprio programma di immigrazione, si trovarono nel corso degli anni a dover sottostare alle decisioni del governo del Commonwealth, il quale si assunse sempre più responsabilità circa tale politica.

Il primo portfolio federale sull’immigrazione fu creato nel 1945, il Dipartimento dell’Immigrazione e Protezione delle frontiere (DIBP, Dipartment of Immigration and Border Protection)

Il programma di immigrazione australiano odierno è suddiviso in due distinte categorie:

a) Il Programma di Migrazione per migranti qualificati e famiglie; b) Il Programma Umanitario per rifugiati ed altri soggetti in situazioni

(22)

4.1. Il Migration Program

Ogni anno il Governo australiano segue un programma di migrazione permanente altamente gestito, assegnando quote annuali sia per i migranti qualificati che per i ricongiungimenti familiari.

Per il biennio 2016-17 la composizione del programma di migrazione è di 190.0008 posti, un livello molto alto e rimasto invariato negli ultimi cinque anni. Circa due terzi del programma di migrazione permanente è riservato ai migranti qualificati, ed il rimanente terzo assegnato ai migranti per il ricongiungimento familiare, con una quota a parte riservata per il programma umanitario.

Questa composizione riflette l'impegno della coalizione di governo a mantenere il focus del programma di migrazione sui migranti qualificati, limitando la migrazione di famiglia.

Nel corso dei decenni, i numeri del programma di pianificazione della migrazione hanno oscillato in base alle priorità e considerazioni economiche e politiche del governo del momento.

Tutte le domande di migrazione verso l'Australia sono valutate rispetto ai requisiti previsti dalla legge e dai regolamenti sulla migrazione.

Ci sono criteri specifici per le diverse categorie di visti, applicati indistintamente a tutti i candidati, che sono stabiliti dal governo su base annua, tenendo conto anche degli interessi ed esigenze del popolo australiano.

I criteri per il programma di migrazione sono molto selettivi: quei candidati che soddisfano i requisiti dell'Australia e hanno buone prospettive di insediamento di successo vengono scelti. Ci sono le

8 PHILLIPS J, SIMON-DAVIES J. ‘Migration to Australia: a quick guide to the

(23)

modalità d'iscrizione per ogni categoria di migrazione e la selezione si basa su una valutazione caso per caso delle richieste.

I migranti potrebbero essere selezionati sulla base di fattori come rapporti con un residente permanente australiano o un cittadino, competenze, età, qualifiche, capitale e senso degli affari. Tutti i candidati devono anche soddisfare i requisiti di salute e di carattere specificati dalla normativa di migrazione, che sono sanciti per escludere la presenza di persone non gradite nella comunità australiana, come criminali o affiliati di organizzazioni criminali.

Alla fine degli anni ’80, il governo federale decise di introdurre la pratica di suddividere il programma immigratorio in tre categorie principali:

- Abilità: la maggior parte dei migranti deve soddisfare un test a punti, avere particolari capacità di lavoro, essere raccomandata da particolari datori di lavoro, avere altri collegamenti con l'Australia o avere competenze per business o investimenti e portare capitale sufficiente in l'Australia per stabilire un lavoro o un investimento a vantaggio di questo paese.

- Famiglia: selezionati sulla base del rapporto di parentela con uno sponsor in Australia, solitamente genitori, partner, fidanzati, figli a carico.

- Ammissibilità speciale: copre la categoria degli ex residenti che non avevano acquisito la cittadinanza australiana e stanno cercando di tornare in Australia come residenti permanenti.

(24)

Da allora, i dati sul numero di visti concessi per categoria nell'ambito del programma di migrazione in Australia ogni anno è stato raccolto e pubblicato dal governo, e seppur disponibile solo a partire da quegli anni, questi dati forniscono la migliore misura del numero effettivo di migranti permanenti che intendono stabilirsi in Australia.

4.2. L’ Humanitarian Program

I programmi umanitari in Australia hanno avuto inizio nel 1947, con l’insediamento di migliaia di persone sfollate a causa della seconda guerra mondiale. Da allora, l'Australia ha accolto più di 825.000 persone provenienti dai diversi paesi del mondo e nel 1954 provvide a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sullo status di Rifugiati. Tuttavia, fu solo alla fine del 1970 con l'arrivo dei 'boat people' indocinesi in cerca di asilo, che il governo sviluppò una specifica politica su tale categoria.

Il programma umanitario previsto in Australia su misura per le esigenze dei rifugiati e dei richiedenti asilo, fu avviato sotto il governo Fraser nel 1977; un programma specificamente progettato per affrontare anche le questioni umanitarie attinenti, comprendendo la creazione di meccanismi per determinare una richiesta di protezione via terra.

Prima di allora, l'approccio del governo fu quello di rispondere di volta in volta agli eventi e crisi internazionali che si presentavano.

Dagli anni ’90, un completo sistema umanitario era in atto all'interno del portafoglio per l’immigrazione, e nel gennaio 1993 il governo Keating decise di separare il programma umanitario dal più generale programma di migrazione.

Come avveniva per quest’ultimo, anche per quello umanitario il governo australiano regolava il numero dei posti disponibili per rifugiati e titolari

(25)

di protezione umanitaria su base annua, in risposta alle necessità umanitarie ed in base alla politica del governo.

Il numero di visti che potevano essere concessi nel biennio 2015-16 si aggirava intorno ai 13.750, suddivisi in un minimo di 11.000 posti per le persone che arrivano via mare (tra cui fino a 1200 posti per donne a rischio), e i posti rimanenti per le persone arrivate in Australia legalmente. Il programma si propone di:

- fornire il reinsediamento permanente per i più bisognosi, che sono in situazioni disperate all'estero, anche in campi profughi e in situazioni di protezione umanitaria;

- riunire i rifugiati e le persone che si trovano in situazioni simili ai rifugiati all'estero, con i loro familiari in Australia;

- re-insediare strategicamente per contribuire a stabilizzare le popolazioni di rifugiati, ridurre il prospetto di movimento irregolare dai paesi di origine di primo asilo e di protezione internazionale;

- adempiere agli obblighi di protezione dell'Australia.

Nel 1996 il governo Howard introdusse la pratica per identificare separatamente la protezione concessa in Australia via terra (onshore), da quelle accettate via mare (offshore). Questo ha introdotto una ramificazione all’interno del programma:

1) la componente asilo e protezione onshore, adempie gli obblighi internazionali australiani, offrendo protezione alle persone già presenti in Australia, che si trovano ad essere rifugiati in base alla Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati.

(26)

2) la componente in mare aperto, esprime l'impegno dell'Australia a dare protezione alle persone che arrivano via mare, per lo più richiedenti asilo e rifugiati.

4.2.1. I meccanismi di protezione onshore

Tale tipologia di protezione mira a fornire alcune soluzioni per le persone che desiderano richiedere asilo in un momento successivo al loro arrivo in Australia.

L'Australia ha tre tipi di visti disponibili per le persone già in terra australiana che vogliono fare domanda:

A) Il Visto di Protezione (Protection Visa - sottoclasse 866).

È un visto permanente che può essere concesso a coloro che sono in possesso dello status di rifugiato, come definito dal Migration Act del 1958, e soddisfano i criteri di protezione complementari presenti nella stessa legge. Possono beneficiarne anche i familiari di una persona che presenta tali requisiti.

La Convenzione stabilisce che il “ rifugiato è colui che per il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, cittadinanza, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trovi al di fuori del suo Stato di appartenenza e non voglia o non sia in grado di tornarvi; oppure chi non avendo la cittadinanza (apolide) e trovandosi al di fuori del paese in cui aveva la residenza abituale, a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.”

I criteri complementari di protezione affermano che ad una persona è dovuta protezione da parte dell’Australia, se ci sono sostanziali motivi di

(27)

ritenere che, se venisse riportato nel suo paese di origine, ci sarebbe un rischio reale che la persona subisca un danno significativo.

Tutti i richiedenti il visto di protezione devono effettuare un esame medico, al fine d’identificare e trattare eventuali problemi di salute pubblica. Se risulta una malattia e si accetta d’intraprendere un trattamento richiesto, ciò non impedirà la concessione del visto.

La maggior parte delle domande di visto di protezione sono decise entro 90 giorni. Se colui che decide chiede di fornire più informazioni per sostenere la richiesta, è importante fornire tali informazioni entro il termine da lui stabilito, in modo da evitare ritardi nell’elaborazione della richiesta. Durante questi 90 giorni è anche possibile ricevere assistenza attraverso l’Assistance Scheme Asylum Seeker (ASAS)9 che comprende

l'eventuale sostegno finanziario o il pagamento degli altri costi relativi alla domanda. Se il visto di protezione è stato rifiutato, o è stato concesso un visto di protezione e poi è stato annullato, di solito non si può richiedere un secondo visto durante la permanenza in Australia.

B) Il Visto di Protezione Temporanea (Temporary Protection Visa). Tale visto è valido per un massimo di tre anni, e ne possono beneficiare coloro che sono arrivati in Australia illegalmente, a seguito della presentazione di una domanda valida, che soddisfano i requisiti richiesti, come controlli sanitari e di sicurezza.

È un visto introdotto dal governo Howard il 20 ottobre 1999, che veniva rilasciato alle persone che erano state riconosciute come rifugiati in fuga

9 ASAS è un programma finanziato dal Dipartimento Immigrazione e Cittadinanza

(DIAC), per fornire assistenza ai richiedenti un visto di protezione, che soddisfano criteri di ammissibilità specifici. Nell'ambito del programma è fornita assistenza finanziaria per alleviare le difficili esperienze dei richiedenti asilo che si trovano nella comunità australiana.

(28)

dalle persecuzioni nel proprio paese di origine. Il visto temporaneo di protezione veniva rilasciato alle persone che avevano presentato una valida domanda per lo status di rifugiato dopo esser arrivati in Australia illegalmente. Dopo la concessione del TPV, i rifugiati erano tenuti a richiederlo nuovamente dopo tre anni, nel caso le condizioni nella loro patria fossero cambiate.

I destinatari del TPV non beneficiano dei diritti familiari di ricongiungimento, ma hanno il diritto di lavorare e di avere accesso a posti di lavoro. Sono ammissibili anche per Special Benefit, Rent Assistance, Family Tax Benefit, Child Care Benefit, Medicare, Early Health Assessment. Il governo Rudd si impegnò per l'abolizione della categoria TPV come parte del suo programma 2008-09. I regolamenti prevedono la concessione di visti di protezione permanente (PPV) a tutti i rifugiati che hanno fatto una domanda di protezione temporanea in Australia.

C) Il Visto Safe Haven Enterprise Visa (SHEV)

È un visto di protezione temporanea che consente al titolare di rimanere in Australia per cinque anni, incoraggiando così le persone a lavorare e studiare in Australia.

Può beneficiare di un SHEV chiunque sia arrivato via mare o via terra in modo non autorizzato e versi in condizioni di necessaria protezione dello stato australiano; chiunque intenda lavorare o studiare in Australia ed accedere ad un minimo di vantaggi sociali; chiunque intenda ricongiungersi ad un membro della famiglia che ha chiesto protezione.

(29)

4.2.2. I meccanismi di protezione offshore

La componente offshore del programma prevede due categorie: o Rifugiati

o Programma umanitario speciale.

A) La categoria dei Rifugiati

Essa assiste le persone che sono oggetto di persecuzioni nel loro paese d'origine e per i quali il reinsediamento in Australia è la migliore soluzione. Il paese lavora a stretto contatto con l'UNHCR, che si occupa della permanenza sul territorio australiano di tali soggetti.

La categoria per i rifugiati è costituita da quattro sottoclassi di visto:

- Visto per i Rifugiati (Refugee Visa - sottoclasse 200): per le persone che sono fuggite dalle persecuzioni nel loro paese d’origine e vivono al di fuori di esso.

- Visto umanitario speciale nel paese d’origine (In-country Special Humanitarian Visa - sottoclasse 201): solo un piccolo numero di visti sono concessi ai sensi della presente sottoclasse, per le persone che vivono nel loro paese d'origine e che sono oggetto di persecuzione.

- Visto di salvataggio d’emergenza (Emergency Rescue Visa - sottoclasse 203): solo un piccolo numero di visti sono assegnati in questa sottoclasse per le persone al di fuori del loro paese d'origine, che hanno urgente

(30)

bisogno di protezione, perché vi è una minaccia imminente alla loro vita. Tutti i candidati per questa sottoclasse sono indicati dall'UNHCR.

- Visto per donne a rischio (Woman at Risk Visa - sottoclasse 204): per le donne e loro familiari che sono soggette a persecuzione nel loro paese d'origine o registrate come in stato 'di preoccupazione' dall’UNHCR, vivono fuori dal loro paese di origine, senza la protezione di un parente maschio, e sono in pericolo di vita, molestia o grave abuso a causa del loro genere.

Questa è una sottoclasse visto speciale all'interno della categoria per i rifugiati, che è stato istituito nel 1989 in riconoscimento della priorità data dall'UNHCR per la protezione delle donne rifugiate che si trovano in situazioni particolarmente vulnerabili.

Le donne vulnerabili a rischio e le persone a loro carico, sono una priorità per il reinsediamento nei programmi umanitari dell’Australia, uno dei pochi paesi che si occupa di questa categoria particolare.

B) Programma speciale umanitario (SHP)

È riservato alle persone che si trovano al di fuori del loro paese d'origine, che sono oggetto di discriminazione sostanziale per gravi violazioni dei diritti umani nel loro paese d'origine, e anche alle famiglie di coloro a cui è stata concessa la protezione in Australia.

Le domande di visti SHP devono essere accompagnati da una proposta da un cittadino idoneo australiano o residente permanente, un idoneo cittadino neozelandese, o un'organizzazione che opera in Australia. Se l'applicazione SHP è successo, i proponenti aiutano la paga richiedente per il loro viaggio in Australia e assistere con la loro sistemazione e l'orientamento iniziale, in Australia.

(31)

Le persone che sono arrivate come un arrivo marittimo illegale a partire dal 13 Agosto 2012 non sono più ammesse a proporre la loro famiglia nell'ambito del programma umanitario. Posso richiedere l’applicazione del visto sotto il flusso famiglia del programma di migrazione.

4.3. La risposta dell'Australia alla crisi umanitaria in Siria

Il 9 settembre 2015, in risposta alla crisi umanitaria siriana e irachena, il governo australiano ha annunciato che un totale di 12.000 posti aggiuntivi al programma umanitario sarebbero stati resi disponibili per coloro che sono stati sfollati a causa dei conflitti in Siria ed in Iraq10. La priorità per questi posti sarà data ai rifugiati che sono più vulnerabili, come le donne, i bambini e le famiglie, che hanno una prospettiva molto bassa di tornare in sicurezza nelle loro case.

Questi 12.000 posti programma umanitari sono in aggiunta alla base dei 13.750 posti previsti dal programma umanitario australiano per il biennio 2016-2017.

L'assistenza umanitaria, sotto forma di cibo, acqua, assistenza sanitaria, istruzione, forniture di emergenza e protezione, sarà estesa a tali persone, ad un costo di AUS 69 milioni.

Il Department of Immigration e Border Protection è responsabile di assicurare l’insediamento a tutti i candidati che soddisfano i criteri per un visto umanitario o per i rifugiati, tra cui i controlli di sicurezza, salute e carattere. Tali controlli saranno effettuati prima che agli individui sia concesso il visto per entrare in Australia.

10 The Syrian and Iraqui humanitarian crisis, 9 settembre 2015,

(32)

CAPITOLO 2

ANALISI E SVILUPPI DELLA POLITICA DI DETENZIONE OBBLIGATORIA

1. La politica di detenzione obbligatoria avviata negli anni ’70.

La politica di detenzione in Australia nacque come risposta all'arrivo di un’ondata di imbarcazioni provenienti dal Vietnam, che trasportavano persone richiedenti asilo in fuga dalla guerra che travolse il paese negli anni’70. Oltre la metà della popolazione vietnamita fu costretta ad emigrare in quegli anni e, mentre la maggioranza della popolazione fuggì nei paesi asiatici più vicini, alcuni intrapresero il viaggio in barca per arrivare in Australia.

La ‘prima ondata’ di boat people11 si verificò tra il 1976 ed il 1981, che contando poco più di 2000 persone, fu inizialmente accolta positivamente dal popolo australiano, poiché vi era la coscienza che coloro che arrivavano erano veri e propri rifugiati, che presentavano tutti i requisiti previsti dalla Convenzione sui Rifugiati del 195112. Alla maggior parte, infatti, fu riconosciuto tale status in tempi molto brevi.

Tuttavia i continui ed intensificati arrivi diventarono una questione di crescente preoccupazione per gli australiani, con l’opinione pubblica che

11

Boat people è l’espressione costruita a partire dalle parole inglesi «barca» e «gente», e

sta ad indicare i profughi che fuggono dai loro paesi di origine per motivi politici o economici a bordo di imbarcazioni, anche di fortuna. Il termine è entrato nell'uso comune nel 1976, dopo l'invasione del Vietnam del Sud da parte del regime comunista del Vietnam del Nord, all'epoca della nazionalizzazione delle imprese e della collettivizzazione delle terre. Parecchie decine di migliaia di persone, perseguitate in quanto considerate non sufficientemente aderenti al nuovo sistema, decisero quindi di fuggire in tal modo via mare.

(33)

ben presto si concentrò su questioni come l'aumento della disoccupazione e l'impatto dei migranti sulla società.

La ‘seconda ondata’ di migranti provenienti soprattutto dalla Cambogia, arrivarono tra il 1989 ed il 1994, in diciotto imbarcazioni che trasportavano un totale di 735 persone.

Questi flussi consistenti portarono all'emanazione del Migration Legislation Amendment Act13 nel 1989, con il quale si introdussero modifiche al sistema di elaborazione degli arrivi in barca, dando agli ufficiali il permesso di arrestare e detenere chiunque fosse sospettato di essere entrato illegalmente nel territorio australiano. Anche se la detenzione era ancora discrezionale e non obbligatoria, le modifiche apportate in quell’anno introdussero in modo efficace una politica di ‘detenzione amministrativa’ per tutte le persone che entravano in Australia in violazione della legge e senza un visto valido.

Nel 1992 il Governo laburista, con il primo ministro Paul Keating ed il ministro dell’immigrazione Gerry Hand, adottarono una politica di detenzione obbligatoria attraverso l'emanazione del Migration Amendment Act14 del 1992.

Esso consisteva nell'obbligo giuridico di trattenere nelle strutture di detenzione per immigrati tutti i non cittadini illegali, vale a dire i cittadini di un altro paese senza un visto valido che si trovavano nella zona di migrazione australiana15. Erano esenti da tale detenzione coloro che

13 Migration Legislation Amendment Act, 1989, Federal Register of Legislation,

www.legislation.gov.au

14 Migration Amendment Act, 1992, Federal Register of Legislation, Australian

Government, www.legislation.gov.au

15 La zona di migrazione australiana è un dispositivo giuridico creato dal governo

australiano a fini di una politica dei visti e dell'immigrazione in Australia. Nella zona di migrazione australiana, che copre i territori controllati dal Governo australiano, un non-cittadino deve essere in possesso di un visto australiano. Senza un tale visto, o di un visto ponte, lo straniero viene trattato come un arrivo non autorizzato.

(34)

avevano ottenuto lo status legale temporaneo mediante la concessione di un visto ponte, mentre stipulavano accordi per partire o domandare un visto alternativo (le persone in detenzione potevano comunque optare in qualsiasi momento per lasciare volontariamente l'Australia e fare ritorno nel loro paese di origine).

Gli obiettivi principali di tale politica erano, sia quelli di garantire che le persone che arrivavano senza l'autorizzazione necessaria non entrassero nella comunità australiana fino a quando non avessero completato in modo soddisfacente i controlli di salute, reputazione e sicurezza, sia quelli di rimuovere dal paese coloro che non avessero il permesso di stare in Australia.

Essa era inizialmente prevista come misura eccezionale e temporanea, volta ad affrontare l’arrivo in Australia di un ingente flusso di barche indocinesi non autorizzate: infatti, prevedeva un limite di 273 giorni di detenzione.

Nel suo discorso, il ministro per l'immigrazione Gerry Hand, dichiarò: “Il governo è determinato a dare il chiaro segnale che la migrazione verso l'Australia non può essere raggiunta semplicemente arrivando in questo paese e restando in attesa di essere ammessi nella comunità ... questa legislazione è destinata esclusivamente ad essere una misura provvisoria. La presente proposta si riferisce principalmente ad un regime di detenzione per una specifica classe di persone. Come tale è progettata per soddisfare solo le esigenze pressanti della situazione attuale”16.

16 PHILLIPS J, SPINKS H, ‘Immigration detention in Australia’, Department of

(35)

Tuttavia, la detenzione obbligatoria è stata successivamente rivisitata con l'emanazione del Migration Reformation Act 17del 1992 (entrato in vigore il 1 ° settembre 1994).

Tale legge ha rimosso il limite di detenzione di 273 giorni previsto dalla normativa precedente, ed introdotto il c.d. ‘debito di detenzione’, cioè il pagamento delle spese di detenzione a carico degli stessi non cittadini illegali, sui quali venivano fatti gravare i costi della loro detenzione. La legge inoltre prevedeva che i non cittadini presenti in Australia senza un visto valido, dovessero essere considerati illegali e per tale motivo essere trattenuti obbligatoriamente in detenzione, da parte degli ufficiali di migrazione.

Per quanto riguarda coloro che erano entrati legalmente nel territorio australiano e vi erano rimasti anche dopo la scadenza del visto o dell’autorizzazione al soggiorno (gli ‘irregolari’), essi potevano richiedere un visto ponte che permetteva loro di rimanere nella comunità, mentre le loro richieste venivano valutate, evitando la detenzione. Tuttavia, i visti ponte non erano disponibili per le persone che erano arrivate in Australia illegalmente (come ad esempio gli arrivi in barca non autorizzati).

È doveroso affermare che questa politica era stata considerata controversa e molto criticata da un certo numero di organizzazioni, ritenendola contraria allo spirito del diritto internazionale dei rifugiati, disumana ed in gran parte inefficace nel frenare gli arrivi non autorizzati. Nonostante ciò, la High Court of Australia si pronunciò a favore della legittimità costituzionale della detenzione obbligatoria a tempo indeterminato degli stranieri. In particolare, il 6 agosto 2004, emise la sua decisione nel caso di Behrooz contro il Dipartimento di Immigrazione e Multiculturalità e

17 Migration Reformation Act, 1992, Federal Register of Legislation,

(36)

degli Indigeni18, e dichiarò che le dure condizioni in cui dovevano vivere non rendevano la detenzione illegale.

Lo stesso giorno, il giudice del rinvio emise la sua decisione sul caso Al-Kateb vs. Godwin19, in cui affermò che i richiedenti asilo non potevano essere rimossi in un altro Paese, nonostante il loro desiderio di lasciare l'Australia, e potevano continuare ad essere tenuti legalmente in un centro di detenzione per immigrati a tempo indeterminato.

Nel corso degli anni, i successivi governi hanno sostenuto la necessità di mantenere la politica di detenzione obbligatoria per sostenere l'integrità del programma di immigrazione australiano e per garantire l'effettivo controllo e la gestione delle frontiere australiane.

Così, mentre molti cambiamenti e riforme sono state introdotte da entrambi gli schieramenti politici a partire dagli anni ‘90, la politica di detenzione obbligatoria in Australia è rimasta sostanzialmente invariata.

18High Court of Australia, Behrooz v Secretary, Department of Immigration and Multicultural and Indigenous Affairs, HCA 36, 2004, www.austlii.edu.au

(37)

2. L’evoluzione della politica di detenzione nei Governi successivi Il governo immediatamente successivo fu quello guidato dal primo ministro John Howard, il quale oltre a proseguire la politica detentiva instaurata precedentemente, introdusse una significativa novità all’interno della politica migratoria australiana.: la c.d. Pacific Solution20.

Nonostante il cambiamento nella retorica politica, la detenzione obbligatoria è continuata sotto il successivo Governo Rudd.

Il 29 luglio 2008, il Ministro per l'Immigrazione e Cittadinanza, il senatore Chris Evans, annunciò che il Governo avrebbe proceduto ad una revisione di tale politica, seguendo sette punti cardine21:

1) La detenzione obbligatoria come componente essenziale per un serrato controllo di frontiera;

2) La detenzione obbligatoria per tre gruppi di persone, al fine di sostenere l'integrità del programma di immigrazione australiano:

- tutti gli arrivi non autorizzati, per la gestione dei rischi per la salute, identità e sicurezza per la comunità

- i non cittadini illegali che presentavano rischi inaccettabili per la comunità

- i non cittadini illegali che avevano ripetutamente rifiutato di rispettare le loro condizioni di visto

3) I bambini e, ove possibile, le loro famiglie, non sarebbero stati più detenuti nei centri di detenzione per immigrati (Immigration Detention Centres22);

20 Vedi Cap.2 par 3.

21 C. EVANS (Minister for Immigration and Citizenship), ‘New directions in detention: restoring integrity to Australia’s immigration system’, speech delivered to Centre for International and Public Law, 2008.

(38)

4) La detenzione a tempo indeterminato non era più accettabile, e la lunghezza e le condizioni della detenzione, tra cui l'adeguatezza sia della struttura che dei servizi offerti, sarebbero state soggette a revisione periodica;

5) La detenzione negli IDC doveva essere usata come ultima risorsa e per il più breve tempo possibile;

6) Le persone in stato di detenzione sarebbero state trattate in modo equo, ragionevole e nel rispetto della legge;

7) Le condizioni di detenzione avrebbero assicurato la dignità inerente alla persona umana.

Uno dei cambiamenti fondamentali per la politica di detenzione da parte del governo Rudd, è stata la rimozione del requisito di legge, per il quale i detenuti erano ritenuti responsabili per il costo della loro detenzione (‘debito di detenzione’), una politica che era stata introdotta nel 1992 con l'obiettivo di minimizzare il significativo il costo per il governo di tenere le persone in detenzione immigratoria.

Il governo aveva sostenuto che tale politica era stata di fatto inefficace, perché il recupero di tali debiti si era dimostrato essere estremamente difficile.

L'8 settembre 2009 il Parlamento aveva approvato il Migration Amendment Bill 200923 che prevedeva sia la modifica della legge sulla

23 Migration Amendment Act, 2009, Federal Register of Legislation,

(39)

migrazione per rimuovere questo requisito, sia l’estinzione di tutti i debiti di detenzione per immigrati dal momento della sua entrata in vigore. In risposta ad una nuova ondata di richiedenti asilo che arrivarono in barca nel 2009 e 2010, il governo Rudd aveva cominciato ad introdurre modifiche alle sue politiche. Il 9 aprile del 2010, infatti, a seguito di un cambiamento di circostanze in Afghanistan e Sri Lanka, aveva annunciato che avrebbe sospeso il trattamento delle nuove domande di asilo da parte di cittadini dello Sri Lanka per un periodo di tre mesi, e quelle dei cittadini afghani per un periodo di sei mesi. Le persone colpite dalla sospensione sarebbero rimaste in detenzione per immigrati a tempo indeterminato, conclusosi di fatto con la revoca di tali sospensioni nel luglio 2010 per i cittadini dello Sri Lanka e nel settembre per gli afghani.

Nel luglio 2010, a seguito di un cambio di leadership, il governo laburista sotto il nuovo Primo Ministro Julia Gillard, continuò a perseguire gli obiettivi della lunga politica di immigrazione che si era sviluppata fino a quel momento, integrandola con l’intenzione di ridurre il numero di persone in detenzione ed affrontare il problema del sovraffollamento, sia sulla terraferma che nei centri di elaborazione offshore. Il ministro per l'Immigrazione e la Cittadinanza appena nominato, Chris Bowen, annunciò24 che un’ulteriore struttura per la detenzione immigratoria era pronta per le famiglie ed i minori non accompagnati a Melbourne, e per i singoli uomini adulti, nel nord del Queensland e Western Australia. Nel corso dei mesi seguenti fu annunciata la costruzione di nuove strutture a Inverbrackie in South Australia, Wickham Point a Darwin e Pontville in Tasmania.

Con la pressione dovuta all’aumento della rete di detenzione continua, il governo Gillard annunciò diversi cambiamenti ed iniziative politiche

24 HENDERSON G, ‘Boats will keep coming until someone waves the red flag’, The

(40)

significative nel corso del 2011, che si conclusero con la restaurazione del procedimento offshore per i richiedenti asilo.25.

Nel giugno 2013, Kevin Rudd riguadagnò la leadership del partito laburista, potendo così tornare alla guida del paese. Nel suo secondo mandato come Primo Ministro, egli rinunciò alla sua opposizione al trattamento offshore dei richiedenti asilo in Papua Nuova Guinea e Nauru. A seguito di colloqui con il primo ministro della Papua Nuova Guinea, Peter O'Neill, nel luglio 2013, i due paesi firmarono un accordo, il Regional Resettlement Arrangment (RRA)26.

L’accordo di Reinsediamento Regionale tra l’Australia e Papua New Guinea, colloquialmente noto come ‘PNG Solution’, prevedeva che ogni richiedente asilo che arrivava in Australia con la barca senza un visto valido, non sarebbe stato fatto insediare nel paese, e qualora fosse identificabile come rifugiato legittimo, trasferito in Papua Nuova Guinea. La politica includeva una significativa espansione della struttura australiana di detenzione per immigrati a Manus Island, dove venivano inviati i rifugiati per elaborare le loro richieste, prima del reinsediamento in Papua Nuova Guinea. In caso di rifiuto della domanda, essi venivano rimpatriati o inviati in un paese terzo diverso da Australia, oppure potevano rimanere in detenzione a tempo indeterminato.

Durante le successive elezioni federali del 2013, il neoeletto governo Abbott supportò inizialmente questo accordo, anche se decise di temperare

25 Vedi Cap.2, par.2.3

26 ‘Regional resettlement arrangement between Australia and Papua New Guinea’,

2013, Department of Foreign Affairs and Trade, Australian Government, www.dfat.gov.au

(41)

le politiche per fermare i richiedenti asilo che arrivavano in barca, con il lancio dell’Operation Sovereign Border27.

Dal momento in cui la detenzione obbligatoria è stata introdotta nel 1992, molti hanno messo in dubbio l’effettiva utilità di tale trattamento, come il ‘Comitato misto permanente per i regolamenti di migrazione’, il quale ha espresso preoccupazione per gli effetti negativi che la lunga detenzione determinava nei destinatari, in particolare in termini di salute mentale, e notando che tale regime di detenzione si focalizzava sulla modalità di arrivo e non sullo stato del singolo.

Di non trascurabile rilevanza c’è anche la questione economica, dato che oltre al costo di mantenimento dei centri e dei contributi dati ai paesi cooperanti, tra il 2000 e il 2010 il Commonwealth ha pagato oltre AUS 12 milioni a titolo di risarcimento per il presunto pregiudizio o per la detenzione illegale di persone28.

Inoltre non vi è alcuna prova credibile che la minaccia di detenzione obbligatoria impedisca alle persone di cercare asilo, bensì al contrario potrebbe portare a tendenze migratorie non autorizzate ancora più rischiose.

27 Vedi Cap.2, par 3.

28Senate Legal and Constitutional Affairs Legislation Committee, Answers to

Questions on notice, Immigration and Citizenship Portfolio, Budget Estimates 2010–11, 27 May 2010, question no. 71

(42)

3. La Pacific Solution

3.1. Le origini ed il c.d. Tampa Affair

La “Pacific Solution” è il nome dato alla strategia politica messa in atto dal governo Howard, con il principale obiettivo di scoraggiare flussi migratori irregolari verso il continente australiano.

Il catalizzatore per l’introduzione di queste misure fu la risposta ad un fatto avvenuto nel mese di agosto 2001, quando 433 richiedenti asilo in rotta verso l'Australia furono salvati dalla loro nave che stava affondando nel sud dell’Oceano Pacifico da un mercantile norvegese, il MV Tampa. In una decisione a dir poco criticata a livello internazionale, il governo australiano negò alla nave il permesso di attraccare sul territorio australiano, portando così ad una situazione di stallo che si concluse con l’interdizione della nave da parte della Special Air Service (SAS), a seguito del tentativo del comandante di proseguire verso Christmas Island.

I richiedenti asilo furono successivamente trasferiti a ‘HMAS Manoora’ e inviati sull'isola del Pacifico di Nauru.

L’attuazione legislativa di tale strategia era iniziata nel settembre 2001 con l’approvazione da parte del Parlamento del Migration Amendment (Excision from Migration Zone) Bill 2001 e Migration Amendment (Excision from Migration Zone) (Consequential Provisions) Bill 200129, con i quali si ridefiniva la zona di migrazione, ovvero quell'area di territorio australiano dove chiunque vi arrivasse, anche illegalmente, poteva chiedere legittimamente asilo.

Gli emendamenti hanno modificato la legge sulla migrazione del 1958, escludendo dalla zona di migrazione le Ashmore Island, Cartier Island,

29 Migration Amendment (Excision from Migration Zone) Bill 2001 e Migration Amendment (Excision from Migration Zone) (Consequential Provisions) Bill 2001, Federal Register of Legislation, Australian Government, www.legislation.gov.au

Riferimenti

Documenti correlati

quindici membri, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, scelti in maggioranza tra rappresentanti degli enti e

Sulla scheda è riportata lo stadio della lesione Sulla scheda è riportata la sede della lesione Sulla scheda sono riportate le date delle medicazioni. Sulla scheda sono riportate

Findings: This study identifies environmental concern, attitudes towards recycling, social norms, university environmental policy and availability of recycling facilities at

La Commissione presenta la materia della politica d’immigrazione comune riassumendola in dieci punti fondamentali, raggruppati intorno ai tre cardini portanti

Il Trattato, infatti, attribuisce una competenza in tema di immigrazione mediante il Titolo VI (artt. K.1 – K.9 TUE), riguardante la “Cooperazione nei settori della Giustizia e

L’idea che sta alla base del convegno è finalizzata a trattare tematiche relative alla prospettiva politica e alle sfide della convivenza nella nostra realtà territoriale e

Costoro si possono inquadrare sostanzialmente in tre categorie molto diverse tra loro: i curiali, che – insieme agli uomini d’aff ari – rappresentano la parte eminente

In this paper, we evaluate the co-creation pathway implementation process of the CLEVER Cities project in three urban living labs, named CLEVER Action labs (CALs), within the