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Academic year: 2021

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Indice

1. Introduzione ... 5

2. Che cos’è l’edilizia sostenibile ... 8

2.1 Una nuova sensibilità ... 8

2.2 La definizione di sostenibilità in edilizia ... 9

3. Panorama normativo in materia di sostenibilità energetica in edilizia... 11

3.1 Le origini ... 11

3.2 Le Direttive europee ... 16

3.3 La normativa italiana ... 20

4. Criteri e strategie per una progettazione sostenibile ... 36

4.1 L’orientamento ... 36

4.2 Il Sole e l’edificio ... 38

4.2.1 L’involucro edilizio ... 38

4.2.2 La radiazione solare ... 38

4.2.3 Il percorso solare ... 40

4.2.4 Sistemi solari attivi e passivi ... 41

5. Analisi del comportamento dell’involucro edilizio in regime transitorio ... 50

5.1 Software di simulazione dinamica: EnergyPlus per stimare i consumi energetici .... 51

5.2 La simulazione energetica di un edificio ... 53

5.3 Creazione del modello per il caso di studio ... 54

5.3.1 Caratteristiche architettoniche dell’edificio ... 54

5.3.2 Il sistema costruttivo dell’edificio: la prefabbricazione ... 55

5.3.3 Caratteristiche strutturali dell’involucro ... 56

5.3.4 Caratteristiche termiche dell’involucro ... 58

5.3.5 Considerazioni sul colore delle pareti esterne ... 63

5.3.6 Input dati climatici ... 65

5.3.7 Carichi interni ... 74

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5.3.9 Wall Termosyphon ... 81

5.3.10 Energia termica scambiata per ventilazione ... 81

6. Il Wall Thermosyphon ... 83

6.1 L’idea ... 83

6.2 Caratteristiche geometrico-dimensionali del dispositivo ... 85

6.3 Integrazione del dispositivo nella parete prefabbricata ... 89

6.3.1 Caratteristiche strutturali della parete modificata ... 89

6.3.2 Caratteristiche termiche della parete modificata ... 91

6.3.3 Inserimento dei dispositivi in parete ... 92

6.3 Il principio di funzionamento... 94

6.4 Definizione degli indici prestazionali ... 97

7. Procedura di calcolo adottata ... 104

7.1 Andamento della temperatura durante un giorno tipo ... 104

7.2 Indice di risparmio ... 107

6.3 Parametri energetici ... 113

8. Le diverse configurazioni dell’edificio prototipo nelle quali si intende studiare la variazione degli indici prestazionali ... 119

8.1 Scelta dell’orientamento ... 122

9. Studio della variazione degli indici prestazionali nelle diverse configurazioni dell’edificio prototipo ... 123

9.1 Caso A o Caso di Riferimento ... 123

9.1.1 Calcolo dell’indice di risparmio ... 123

9.1.2 Calcolo dei parametri energetici ... 125

9.2 Il ruolo dei carichi interni: confronto con il “Caso B”... 128

9.2.1 Calcolo dell’indice di risparmio ... 128

9.2.2 Calcolo dei parametri energetici ... 131

9.3 Influenza del contributo aggiuntivo di WT sulle pareti Est e Ovest: confronto con il ”Caso C” ... 134

9.3.1 Calcolo dell’indice di risparmio ... 134

9.4.2 Calcolo dei parametri energetici ... 137

(3)

9.4.1 Calcolo dell’indice di risparmio ... 150

9.4.2 Calcolo dei parametri energetici ... 154

9.5 Influenza delle condizioni climatiche: confronto con i casi E ed F ... 158

9.5.1 Calcolo dell’indice di risparmio – Milano ... 159

9.5.2 Calcolo dei parametri energetici - Milano... 161

9.5.3 Calcolo dell’indice di risparmio – Catania ... 162

9.5.4 Calcolo dei parametri energetici – Catania ... 164

9.5.5 Confronto tra Milano, Pisa e Catania : Osservazioni ... 165

10. Caso estivo ... 168

11. Uno sguardo a tutto tondo ... 170

11.1 Il rischio sismico ... 170

11.2 Il problema acustico ... 172

11.3 Sicurezza e prevenzione degli incendi ... 173

11.4 Condensa interstiziale ... 174

12. Conclusioni ... 175

Abaco nomenclature ... 182

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1.

Introduzione

L’edilizia è uno dei settori più rilevanti in termini di produzione di ricchezze e di occupazione ma, al contempo, è anche responsabile di significativi consumi di risorse naturali e impatti ambientali.

In particolare, esso incide in misura rilevante sul bilancio energetico e sullo scenario emissivo di gas serra in Europa. Si stima infatti che, nell’ Unione Europea (UE) l’edilizia sia responsabile del 40% del consumo delle risorse energetiche disponibili e tale percentuale è inevitabilmente destinata a crescere se non si provvede all’avvio di strategie ed azioni orientate alla riduzione dei consumi di combustibili fossili e alla promozione delle risorse rinnovabili.

In tale contesto, il risparmio di risorse primarie, l’impiego di fonti energetiche rinnovabili, l’uso di materiali eco-compatibili, il ricorso a nuove tecnologie costruttive e l’applicazione di sistemi efficienti di climatizzazione dello spazio confinato sono diventati, negli ultimi anni, gli obbiettivi principali da perseguire nella progettazione, nella costruzione ex novo e nella ristrutturazione degli edifici.

Uso del suolo e consumo di energia costituiscono gli impatti principali del settore dell’edilizia, imputabili ai processi di costruzione di nuovi edifici e delle relative infrastrutture, ai processi di estrazione delle materie prime, alla lavorazione e trasformazione dei materiali ed infine allo smaltimento dei rifiuti. Tuttavia un contributo rilevante al consumo di energia proviene dalla fase d’uso di un edificio ed, in particolare, dalla climatizzazione invernale ed estiva degli spazi confinati.

Ecco che, allora, obiettivo finale di tecnici e progettisti diventa la realizzazione di “case a

consumo zero”, anche conosciute come “case passive”. Si tratta di edifici a misura

d’ambiente, costruiti con il chiaro obiettivo di ridurre i costi energetici ed eliminare gli sprechi, fino al traguardo delle bollette a costo zero.

Le strategie per ridurre la richiesta di energia degli edifici sono molteplici: il controllo dell’orientamento e della ventilazione, l’impiego di materiali isolanti sempre più performanti, l’efficienza impiantistica.

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L'energia complessivamente trasferita dal sole ad un'abitazione può essere divisa in due categorie: la quota direttamente fornita all'edificio attraverso le porzioni trasparenti dell'involucro, che è decisamente preponderante se non esclusiva, e la quota ceduta attraverso le pareti opache. In quest'ultimo caso, il sole riscalda gli strati esterni della parete ed il calore riesce difficilmente ad essere trasferito all'interno dell'edificio per effetto della massa e della resistenza termica dei vari strati costituenti la parete, spesso tutt’altro che trascurabile.

D’altra parte, la normativa attuale, al fine di contenere al minimo le dispersioni, impone valori sempre più restrittivi per la trasmittanza termica delle strutture opache verticali. La soluzione proposta nel presente lavoro di tesi risolve questa apparente contraddizione, incrementando la quota di energia solare proveniente dagli elementi opachi senza comprometterne la capacità di isolamento.

L’idea è quella di inserire nelle pareti d’involucro di un edificio, un dispositivo a due fasi in grado di stabilire un ponte termico, tra le due facce, interna ed esterna, delle pareti stesse.

In verità tale dispositivo sfrutta i principi della fisica che regolano il cambiamento di fase dei materiali e le leggi della forza gravitazionale per consentire al flusso di calore di scorrere solo in un verso (evidentemente quello in ingresso nell’edificio) e di bloccarlo in quello opposto.

A ben vedere, dunque, il comportamento del dispositivo è assimilabile a quello, non di un ponte termico, ma di un diodo termico.

Considerati il punto di installazione ed il fatto che all’interno del circuito si instauri una circolazione convettiva per effetto della sola differenza di densità tra volumi di fluido a temperature diverse, al dispositivo si è dato nome di Wall Thermosyphon (WT), termosifone in parete.

Il progetto scaturisce dalla collaborazione del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DESTEC) dell’Università di Pisa con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università Federale di Santa Caterina (UFSC). Il circuito-termosifone applicato alla parete, infatti, è simile al termosifone progettato e sperimentato nel 2010 da Milanez&Mantelli, i quali hanno prestato la loro collaborazione alla messa a punto del nuovo dispositivo.

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Una parete similare è stata appena studiata da Sun et al. nel 2014 e testata da Zhang et al. nel 2015 per il clima cinese. L'elevata prestazione in termini di trasferimento di calore della suddetta parete-termosifone consente di ridurre il carico di riscaldamento fino al 15% durante un tipico inverno nella città di Jinan.

Muovendo da quest'idea, il presente lavoro di tesi si articola in due parti, occupandosi: • dapprima della progettazione di un innovativo circuito-termosifone che si integri

all'interno della struttura di una parete prefabbricata, intendendo, in questo modo, unire ai noti vantaggi dell'edilizia prefabbricata gli alti standard energetici che il mercato e la sensibilità costruttiva attuale richiedono;

• in una seconda fase, dello studio della prestazione energetica di un edificio prototipo sul quale sia installato il dispositivo. Il comportamento dell’edificio è stato analizzato al variare del numero e dalla disposizione dei dispositivi installati in parete nonché al mutare delle condizioni climatiche esterne, in modo da poter confrontare i risultati in termini di risparmio energetico e stabilire la configurazione più vantaggiosa. Il comportamento termico transitorio dell’edificio è stato studiato con il software di simulazione energetica degli edifici EnergyPlusTM.

In definitiva, lo scopo è stato quello di progettare il dispositivo e di testarne l’efficacia su un edificio campione nell’ottica che l’esito positivo o negativo di questo studio preliminare avrebbe deciso rispettivamente il successivo sviluppo o abbandono di quest’idea.

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2.

Che cos’è l’edilizia sostenibile

2.1 Una nuova sensibilità

La necessità di porre attenzione all’ambiente per un progettista è di primaria importanza; studi commissionati dall’Unione Europea hanno evidenziato come il settore delle costruzioni sia uno di quelli che generano più impatti sull’ambiente, sia come consumo di risorse che come fonte di inquinamento.

Recenti analisi hanno stato stimato che il settore edilizio in Europa:

• utilizza il 40% dell’energia prodotta;

• produce il 50% dell’inquinamento atmosferico; • utilizza il 50% delle risorse sottratte alla natura;

• è responsabile del 50% dei rifiuti prodotti annualmente.

Dal secondo dopoguerra ad oggi, infatti, le maggiori fonti energetiche utilizzate sono state i combustibili fossili, quali carbone, derivati del petrolio e gas naturali. Questi, oltreché essere, per loro natura, destinati ad esaurirsi, generano prodotti di combustione altamente nocivi per l’ambiente: causano l’innalzamento della temperatura terrestre con conseguente mutazione del regime climatico della Terra e provocano l’inquinamento dell’atmosfera con sostanze dannose alla salute come gas e polveri.

Nonostante ciò, il fatto che si avesse per la prima volta nella storia la disponibilità di risorse energetiche a rendimento fortemente superiore rispetto a quelle utilizzate fin dall’antichità, ne ha garantito un massiccio impiego. Le potenzialità di queste fonti energetiche, unite ad un iniziale basso costo di approvvigionamento, hanno fatto sì che i progettisti divenissero sempre meno attenti al contesto ambientale e facessero totale affidamento a questo tipo di risorse e impianti per garantire il benessere climatico all’interno degli edifici, con conseguente accantonamento di tutte quelle conoscenze e tecniche, ritenute ormai superate, che, fino all’avvento delle fonti non rinnovabili, avevano rappresentato l’unico modo di mitigare l’influenza delle condizioni climatiche avverse all’interno degli ambienti costruiti.

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2.2 La definizione di sostenibilità in edilizia

Il concetto di sostenibilità in edilizia è stato definito la prima volta all’interno del Rapporto Brundtland dal titolo “Our common future” (“Il futuro di noi tutti”), redatto nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, nota come Commissione Brundtland (dal nome della sua presidente norvegese Gro Harlem Brundtland), che aveva indagato la situazione ambientale del pianeta dal 1983 al 1987.

Lo sviluppo sostenibile è stato definito come “uno sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie”.

Sviluppo sostenibile significa allora modificare i modelli di produzione e di consumo, promuovere l’ecoefficienza, rinunciare alla sfruttamento di risorse non rinnovabili, eliminare gli inquinanti, valorizzare i rifiuti attraverso il riutilizzo, promuovere la biodiversità, fermare la desertificazione.

Edilizia sostenibile, bioedilizia, bioarchitettura, progettazione ecocompatibile, sono sinonimi che indicano una attività di progettazione, costruzione e gestione degli edifici che sia consapevole che una decisione presa “ora e in questo luogo” avrà una conseguenza “domani e altrove”.

La bioarchitettura per definizione ha una visione olistica della sostenibilità e attraverso una conoscenza interdisciplinare si occupa di migliorare la qualità della vita attuale evitando sia l’inquinamento ambientale che di compromettere, attraverso un consumo esagerato delle risorse, la qualità della vita delle generazioni future.

Tutte le fasi del processo edilizio sono caratterizzate da forti impatti sull’ambiente. Per questo i principi progettuali della bioarchitettura devono considerare una molteplicità di aspetti: l’integrazione urbanistica/paesaggistica, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, l’impatto ambientale dei prodotti per la costruzione attraverso l’analisi del loro ciclo di vita (LCA, Life Cicle Assessment), l’impatto della fase di edificazione come pure la valutazione previsionale degli impatti ambientali in fase di gestione, in fase di manutenzione/riparazione, modifica parziale o totale della destinazione d’uso di parti dell’edificio/di tutto l’edificio, in fase di demolizione parziale o totale dello stesso e, a fine vita, del riciclo dei materiali edili.

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Per definire la qualità di un progetto “sostenibile”, è necessario che sia tale ognuno dei seguenti aspetti:

• la produzione, l’utilizzo e lo smaltimento dei materiali da costruzione; • la realizzazione degli organismi edilizi;

• la gestione energetica di essi.

Progettare in maniera sostenibile significa utilizzare, per ogni fase del processo edilizio, fonti energetiche rinnovabili, nonché tutti gli accorgimenti e i sistemi che da una parte minimizzino le dispersioni degli edifici, riducendone il fabbisogno energetico, e dall’altra ottimizzino le potenzialità dei materiali di costruzione e dell’ambiente nel quale sorge l’edificio.

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3.

Panorama normativo in materia di sostenibilità energetica in

edilizia

La generale crescente attenzione mostrata da tutti gli attori coinvolti nella filiera dell’edilizia sui temi del risparmio energetico ha condotto in pochi anni all’introduzione di nuove specifiche norme, alla definizione di standard di riferimento e strategie a sostegno dei criteri progettuali e costruttivi dell’edilizia sostenibile, finalizzati alla riduzione del consumo di risorse ed alla riduzione degli impatti ambientali connessi al settore delle costruzioni.

3.1 Le origini

Il Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992 e per questo generalmente chiamato la Conferenza di Rio, è stato la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull'ambiente. Vi parteciparono 172 governi e 108 capi di Stato o di Governo, 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative e oltre 17.000 persone aderirono al NGO Forum.

Gli argomenti che furono trattati sono:

• l'esame sistematico dei modelli di produzione – in particolare per limitare la produzione di tossine, come il piombo nel gasolio o i rifiuti velenosi;

• le risorse di energia alternativa per rimpiazzare l'abuso di combustibile fossile ritenuto responsabile del cambiamento climatico globale;

• un quadro sui sistemi di pubblico trasporto con il fine di ridurre le emissioni dei veicoli, la congestione nelle grandi città e i problemi di salute causati dallo smog; • la crescente scarsità di acqua.

Si siglò anche un accordo anche nel "non installare attività produttive in terre abitate da indigeni tali da degradare l'ambiente in cui vivono o da risultare inappropriate culturalmente".

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È stato un evento senza precedenti anche in termini di impatto mediatico e sulle scelte politiche e di sviluppo che l'hanno seguito.

Un importante risultato della conferenza fu un accordo sulla Convenzione quadro delle

Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change da cui l'acronimo UNFCCC), nota anche come Accordi di

Rio: un trattato ambientale internazionale con l’obiettivo dichiarato di "raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico".

Il trattato, come stipulato originariamente, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni; era quindi, sotto questo profilo, legalmente non vincolante. Esso però includeva la possibilità che le parti firmatarie adottassero, in apposite conferenze denominate COP – Conferenze delle Parti, atti ulteriori (denominati "protocolli") che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni. Il principale di questi, adottato in occasione della Conferenza delle Parti COP3 nel 1997, è il protocollo di Kyōto, che è diventato molto più noto che la stessa UNFCCC.

Il trattato, firmato in origine da più di 160 Paesi, entra in vigore solo sette anni più tardi, il 16 febbraio 2005, grazie alla ratifica da parte della Russia, che era avvenuta nel precedente novembre 2004. Infatti, perché il trattato potesse entrare in vigore, era necessario che venisse ratificato da non meno di 55 Nazioni e che queste stesse Nazioni firmatarie complessivamente rappresentassero non meno del 55% delle emissioni serra globali di origine antropica: condizione raggiunta solo con la sottoscrizione russa.

La motivazione della nascita del Protocollo di Kyoto risiedeva nel contrasto al cambiamento climatico, probabilmente il più grande e preoccupante problema ambientale dell’era moderna, con le emissioni di CO2 in atmosfera che rappresentano il principale

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Di seguito una sequenza di fermoimmagine tratti da una animazione video curata dalla NASA, che mostra l’incremento delle temperature registrate sulla superficie terrestre tra il 1880 ed il 2012:

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Il Protocollo di Kyoto impegna i Paesi sottoscrittori (le Parti) ad una riduzione quantitativa delle proprie emissioni di gas ad effetto serra (i gas climalteranti, che riscaldano il clima terrestre) rispetto ai propri livelli di emissione del 1990 (baseline), in percentuale diversa da Stato a Stato ma comunque non inferiore al 5%, da conseguire entro il 2012. Per fare questo le Parti sono tenute a realizzare un sistema nazionale di monitoraggio delle

emissioni ed assorbimenti di gas ad effetto serra (l’”Inventario Nazionale delle emissioni e degli assorbimenti dei gas ad effetto serra”) da aggiornare annualmente, insieme alla definizione delle misure per la riduzione delle emissioni stesse.

I gas climalteranti (GHG – GreenHouse Gases) oggetto degli obiettivi di riduzione sono: - la CO2 (anidride carbonica), prodotta dall’impiego di combustibili fossili in tutte le

attività energetiche e industriali, oltreché nei trasporti;

- il CH4 (metano), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e

dalle coltivazioni di riso;

- l’N2O (protossido di azoto), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;

- gli HFC (idrofluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere; - i PFC (perfluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere; - l’SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegato nelle industrie chimiche e manifatturiere.

Ciascuno di questi gas ha un proprio e specifico GWP (Global Warming Potential), che sostanzialmente corrisponde alla “capacità serra” di quel composto in relazione a quella della CO2, convenzionalmente posta =1 lungo un intervallo temporale che normalmente è a 100 anni.

Gas 100-year GWP

Diossido di carbonio (CO2) 1

Metano (CH4) 21 Ossido di diazoto (N2O) 310 HFC – 23 11.700 HFC – 125 2.800 HFC – 134a 1.300 HFC – 143a 3.800 HFC – 152a 140 HFC – 227ea 2.900 CF4 6.500 C2F6 9.200 C4F10 7.000 SF6 23.900

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Se tutti gli altri gas hanno un “potere climalterante” molto più alto di quello della CO2,

attualmente l’anidride carbonica è comunque il principale e più rilevante gas ad effetto serra contribuendo per oltre il 55% all’effetto serra odierno.

Poiché molti tra i paesi membri, già nel 2009, avevano superato il proprio target di riduzione emissiva, l'estensione del protocollo è stata prolungata dal 2012 al 2020, con ulteriori obiettivi di taglio delle emissioni serra (accordo di Doha).

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3.2 Le Direttive europee

La riconosciuta rilevanza del ruolo del settore delle costruzioni nello scenario europeo per ciò che riguarda l’impatto ambientale ha fatto sì che le politiche comunitarie in materia di prestazioni energetiche individuassero nell’edilizia un settore strategico per la riduzione dei consumi energetici.

Di seguito si riporta un quadro delle direttive europee e delle normative eco-orientate che hanno giocato e giocano un ruolo significativo per la diffusione delle strategie di efficienza energetica del settore dell’edilizia.

Direttiva 2002/91/CE

La prima iniziativa europea nata con l’obiettivo di promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici nella Comunità è la Direttiva 2002/91/CE.

Essendo finalizzata alla diffusione di interventi di risparmio energetico nel settore civile, essa disponeva l’applicazionedi requisiti minimi in materia di rendimento energetico sia agli edifici di nuova costruzione che agli edifici esistenti di grande metratura sottoposti a importanti ristrutturazioni.

Per la prima volta si parla di certificazione energetica degli edifici. Tra le disposizioni contenute nella norma, infatti, vi è il quadro generale di una metodologia per il calcolo del rendimento energetico degli edifici, ossia la quantità di energia effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard dell'edificio, compresi, tra gli altri, il riscaldamento, il riscaldamento dell'acqua, il raffreddamento, la ventilazione e l'illuminazione. Tale quantità viene calcolata tenendo conto della coibentazione, delle caratteristiche tecniche e di installazione, della progettazione e della posizione in relazione agli aspetti climatici, dell'esposizione al sole e dell'influenza delle strutture adiacenti, dell'esistenza di sistemi di generazione propria di energia e degli altri fattori, compreso il clima degli ambienti interni, che influenzano il fabbisogno energetico. La norma richiede che tale rendimento sia espresso in modo trasparente e invita che indichi il valore delle emissioni di CO2.

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Il valore risultante dal calcolo del rendimento energetico doveva poi figurare nell’attestato di certificazione energetica dell’edificio.

D’altra parte, la promozione della sostenibilità ambientale negli interventi edilizi non può prescindere dall’implementazione del processo di certificazione energetica del sistema edificio.

La certificazione energetica è, innanzitutto, un’azione informativa rivolta a sensibilizzare l’utente sulla qualità energetica del proprio edificio. Un’azione corretta, nell’interesse primario del consumatore, ma anche dell’intera collettività, nel caso in cui si ottenga un effetto di riduzione dei consumi ed inquinamento attraverso azioni si riqualificazione, oppure tale da far si che il mercato immobiliare si orienti verso modelli edilizi meno dissipativi.

La norma ha rappresento lo strumento di riferimento in ambito europeo per l’attuazione di politiche di riduzione dei consumi energetici negli edifici.

La Direttiva, infatti, fissava una serie di linee guida sul risparmio energetico nell’edilizia, cui i diversi Paesi membri dovevano adeguarsi promulgando un’apposita legislazione o adattando quella esistente. Essa assumeva come elemento centrale il rispetto dell’ambiente e promuoveva iniziative finalizzate alla riduzione di emissioni di gas climalteranti nel rispetto dei vincoli imposti dal Protocollo di Kyoto.

La Direttiva Europea 2010/31/UE

Il 9 Luglio 2010 entra in vigore la Direttiva Europea 2010/31/UE che sostituisce la Direttiva 2002/91 UE abrogata a partire dal 1 Febbraio 2012.

La nuova direttiva ha origine dalle richieste di rafforzare le misure adottate per ridurre il consumo di energia nell’Unione al fine di rendere vincolante l’obiettivo di incrementare l’efficienza energetica del 20%, rispetto al 1990, entro il 2020. Inoltre, al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020, la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, fissa obiettivi nazionali vincolanti di riduzione delle emissioni di CO2 per i quali l’efficienza energetica nel settore

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La nuova direttiva riafferma un concetto che era già proprio della Direttiva 2002/91/CE: gli edifici influiscono pesantemente sul consumo energetico a lungo termine. Considerato il lungo ciclo di ristrutturazione degli edifici esistenti, gli edifici di nuova costruzione e gli edifici esistenti, indipendentemente dalla loro dimensione, che subiscono una ristrutturazione importante dovranno pertanto essere assoggettati a requisiti minimi di prestazione energetica stabiliti in funzione delle locali condizioni climatiche.

Nonostante i molti altri contenuti, la 2010/31 è nota come Direttiva per la progettazione di “edifici a energia quasi zero” ovvero costruzioni edilizie che non solo rispettano i requisiti minimi vigenti ma presentano una prestazione energetica ancora più elevata, con fabbisogno energetico quasi nullo o molto basso, peraltro coperto in misura significativa da energia proveniente da fonti rinnovabili, compresa quella prodotta in loco o nelle vicinanze. La Direttiva, infatti, impone agli Stati membri di elaborare piani nazionali destinati ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero e, a partire dal 31 dicembre 2020, di provvedere affinché tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero. Per gli edifici pubblici questa scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018, tenuto conto del ruolo guida che gli enti pubblici dovrebbero svolgere nel settore della prestazione energetica degli edifici.

Viene ribadita la necessità di un attestato di prestazione energetica: si richiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie per l’istituzione di un sistema di certificazione energetica degli edifici. L’attestato di prestazione energetica comprende la prestazione energetica dell’edificio ed i requisiti minimi di prestazione energetica, al fine di consentire ai proprietari o locatari dell’edificio o dell’unità immobiliare di valutare e raffrontare la prestazione energetica. L’attestato di prestazione energetica comprende raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare e può fornire una stima dei tempi di ritorno o del rapporto costi-benefici degli interventi. Tale attestato deve essere rilasciato per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario, e per gli edifici in cui una metratura utile totale di oltre 500 m2 è occupata da enti pubblici e abitualmente frequentata dal pubblico. La direttiva conteneva la previsione di abbassare, il 9 luglio 2015, la soglia di 500 m2 a 250 m2.

L’obbligo di rilasciare un attestato di prestazione energetica viene meno ove sia disponibile e valido un attestato rilasciato conformemente alla direttiva 2002/91/CE.

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In caso di costruzione, vendita o locazione, il certificato di prestazione energetica dovrà essere mostrato al potenziale acquirente o nuovo locatario e consegnato alla stipula del contratto. In caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, gli Stati potranno disporre che il venditore fornisca una valutazione della futura prestazione energetica dell’edificio stesso; in tal caso il certificato deve essere rilasciato entro la fine della costruzione.

La Direttiva disciplina, infine, le ispezioni degli impianti di riscaldamento degli edifici dotati di caldaie con potenza superiore a 20 kW e degli impianti di condizionamento d’aria con potenza superiore a 12 kW.

La Direttiva Europea 2012/27/UE

Il 25 ottobre 2012 esce una nuova direttiva sull’efficienza energetica, la 2012/27/UE, che modifica le precedenti 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le 2004/8/CE e 2006/32/CE. La direttiva 2012/27/UE scaturisce dalle conclusioni del Consiglio europeo del 4 febbraio 2011 che sottolineano la necessità di aumentare l'efficienza energetica nell'Unione al fine di garantire il conseguimento dell’obiettivo principale che mira a ridurre del 20% ,entro il 2020, il consumo dell’energia primaria. Studi previsionali, infatti, indicano un consumo di energia primaria nel 2020 pari a 1.842 Mtoe. Una riduzione del 20% corrisponde a un consumo di 1.474 Mtoe nel 2020, ovvero a una riduzione di 368 Mtoe rispetto alle proiezioni.

Nell'ambito di questo processo, e al fine di attuare tale obiettivo a livello nazionale, gli Stati membri sono tenuti a fissare obiettivi nazionali di concerto con la Commissione e a indicare nei rispettivi programmi nazionali di riforma come intendano conseguirli.

In quest’ottica, si rende necessario aumentare il tasso delle ristrutturazioni di immobili, in quanto il parco immobiliare esistente rappresenta il settore individuale con le maggiori potenzialità di risparmio energetico.

In questo contesto assumono un ruolo esemplare gli edifici di proprietà degli enti pubblici che rappresentano una quota considerevole del parco immobiliare e godono di notevole visibilità. È pertanto opportuno partire da questi e fissare un tasso annuo di ristrutturazione per gli edifici di proprietà del governo centrale nel territorio di uno Stato membro e da esso occupati in modo da migliorare la prestazione energetica.

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3.3 La normativa italiana

Il primo provvedimento emanato sul territorio nazionale concernente il contenimento del consumo energetico negli edifici è la legge 373 del 1976: una misura normativa che però giunge in ritardo rispetto all’espansione esponenziale e quasi incontrollata registrata dal settore delle costruzioni per circa un ventennio, a partire dal secondo dopoguerra. Il fatto che molti edifici siano stati costruiti prima dell’entrata in vigore di misure normative restrittive rispetto alla riduzione del consumo energetico, alla gestione razionale delle risorse e all’efficienza degli impianti è la ragione per cui oggi in Italia è possibile rilevare come una massiccia percentuale degli edifici residenziali abbia superato il limite di efficienza prestazionale in assenza di interventi, rendendo pertanto necessaria una ricognizione diffusa del deficit qualitativo del comparto abitativo.

La legge 373/76 venne poi sostituita, nel 1991, dalla cosiddetta “Legge 10”, recante il titolo di Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale

dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. La

legge nasce con l'intento di razionalizzare l'uso dell'energia per il riscaldamento; nonostante già negli anni precedenti alla sua entrata in vigore ci fossero linee di pensiero che convergevano verso questa direzione, è questa la legge che mette una pietra miliare su quella che sarà in futuro tutta la politica del risparmio energetico.

Dei numerosi contenuti del DPR 412/93, decreto attuativo della legge 10/91, si riporta la suddivisione del territorio italiano in zone climatiche, perché a queste fa riferimento la normativa attuale.

Le zone climatiche (A, B, C, D, E, F) sono create in funzione non della ubicazione geografica ma dei gradi-giorno di ciascun comune italiano.

Per «gradi-giorno» (GG) di una località, si intende la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell'ambiente, convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera.

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Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600; Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;

Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;

Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;

Zona E: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;

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Per ciascuna zona vengono stabiliti precisi limiti massimi di esercizio degli impianti tecnici, relativi al periodo annuale di esercizio dell'impianto termico ed alla durata giornaliera di attivazione:

Zona A: ore 6 giornaliere dal 1° dicembre al 15 marzo; Zona B: ore 8 giornaliere dal 1° dicembre al 31 marzo; Zona C: ore 10 giornaliere dal 15 novembre al 31 marzo; Zona D: ore 12 giornaliere dal 1° novembre al 15 aprile; Zona E: ore 14 giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile; Zona F: nessuna limitazione.

Nel 2005, considerato che la Legge 09/01/1991, n.10, ed il DPR 26/08/1993, n.412, attuano solo in parte la direttiva 2002/91/CE, è stato emanato il Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

Tale decreto inasprisce i contenuti dei precedenti, stabilendo nuovi criteri e modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili e conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra posti dal protocollo di Kyoto.

Questa è la legge con cui nasce l'idea della certificazione energetica di un edificio; si tratta di un documento, redatto secondo precise modalità, attestante la prestazione energetica, o efficienza energetica, dell’edificio, ossia la quantità annua di energia effettivamente consumata o che si prevede possa esser necessaria per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard dell’edificio. Il decreto dispone che l’attestato di certificazione energetica debba essere allegato ad ogni atto di compravendita, nel caso di compravendita di un intero immobile o di una singola unità immobiliare, oppure messo a disposizione del conduttore, nel caso di locazione. L’attestato di certificazione energetica poi, oltre a comprendere i dati relativi all’efficienza energetica propri dell’edificio, deve contenere valori di riferimento che consentano ai cittadini di valutare e confrontare la prestazione energetica dell’edificio. L’attestato è corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione.

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Negli edifici pubblici la cui metratura utile totale supera i 1000 metri quadrati, l’attestato di certificazione energetica è affisso nello stesso edificio a cui si riferisce in luogo facilmente visibile per il pubblico.

A partire dal 2 febbraio 2007, entra in vigore il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, al fine di meglio conformare le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 192 alla direttiva 2002/91/CE.

Per quanto riguarda gli ambiti d’applicazione, il quadro del d.lgs. 192/05 rimane sostanzialmente inalterato; quello che il d.lgs. 311/06 introduce è una nuova attenzione verso gli impianti termici che divengono oggetto della norma al pari degli edifici.

Il d.lgs. 311/06 fissa limiti via via sempre più restrittivi per l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale e abbassa i valori limite della trasmittanza dei componenti edilizi.

Il 4 giugno 2013, esce in Italia il decreto-legge n. 63/2013 (coordinato con la legge di conversione 3 agosto 2013, n. 90), in attuazione della Direttiva Europea 2010/31; si tratta di disposizioni urgenti che intervengono nel settore della riqualificazione ed efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano, pubblico e privato, allo scopo di chiudere alcune procedure di infrazione avviate dalla Unione Europea nei confronti dell’Italia in ordine al parziale recepimento della richiamata direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia. Il decreto-legge n. 63/2013 interviene drasticamente sul decreto legislativo del 19 agosto 2005, n. 192 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell'edilizia”, già oggetto di numerose modifiche ed integrazioni nel corso degli anni,

abrogando, rimodellando o integrando notevolmente molti dei suoi articoli nonché aggiungendone di nuovi.

Sulla scorta di queste premesse, quindi, si sintetizzano le principali novità apportate al d.lgs. 192/2005.

Innanzitutto, l’attestato di certificazione energetica (ACE), ossia “il documento redatto nel

rispetto delle norme contenute nel presente decreto, attestante la prestazione energetica ed eventualmente alcuni parametri energetici caratteristici dell'edificio” [cfr. art. 2, comma 1,

(24)

lett. b), d.lgs. 192/2005], è stato sostituito ovunque dall’attestato di prestazione energetica dell’edificio.

Con una disposizione di chiusura, infatti, il comma 3 dell’art. 18 stabilisce che, nel d.lgs. 192/2005, “ovunque ricorrano le parole: «attestato di certificazione energetica» sono

sostituite dalle seguenti: «attestato di prestazione energetica».

In attesa dell’individuazione di un efficace acronimo per l’attestato di prestazione energetica (che, absit injuria verbis, dovrebbe essere APE), la definizione dell’APE è la seguente: “documento, redatto nel rispetto delle norme contenute nel presente decreto e

rilasciato da esperti qualificati e indipendenti che attesta la prestazione energetica di un edificio attraverso l'utilizzo di specifici descrittori e fornisce raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza energetica” [così testualmente lettera l-bis), art. 2, comma 1,

nuovo d.lgs. 192/2005].

A sua volta, per prestazione energetica di un edificio si intende la “quantità annua di

energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare, con un uso standard dell'immobile, i vari bisogni energetici dell'edificio, la climatizzazione invernale e estiva, la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari, la ventilazione e, per il settore terziario, l'illuminazione. Tale quantità viene espressa da uno o più descrittori che tengono anche conto del livello di isolamento dell'edificio e delle caratteristiche tecniche e di installazione degli impianti tecnici. La prestazione energetica può essere espressa in energia primaria non rinnovabile, rinnovabile, o totale come somma delle precedenti” [così testualmente lettera c, art. 2,

comma 1, nuovo d.lgs. 192/2005].

Dunque, l’APE non si limita a certificare genericamente la prestazione energetica dell’edificio (come avveniva in passato con l’ACE), ma reca anche raccomandazioni per la futura vita energetica dell’edificio.

In particolare, la seconda parte dell’APE deve recare “le raccomandazioni per il

miglioramento dell'efficienza energetica dell'edificio con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti, separando la previsione di interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica”.

Per alcune tipologie particolari di edifici, poi, le modifiche apportate dal decreto-legge n. 63/2013 configurano un’applicazione limitata del d.lgs. 192/2005. Si intende far

(25)

riferimento agli edifici ricadenti nell'ambito della disciplina della parte seconda e dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio.

In sostanza, secondo il combinato disposto dei commi 3 e 3-bis, nuovo d.lgs. 192/2005, per i beni culturali oggetto di vincolo diretto o indiretto, per le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza, per i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale (inclusi i centri ed i nuclei storici), il d.lgs. 192/2005 troverà applicazione limitatamente alle disposizioni concernenti l’attestazione della prestazione energetica degli edifici e l’esercizio, la manutenzione e le ispezioni degli impianti tecnici. Tali edifici sono esclusi dall'applicazione del presente decreto, solo nel caso in cui, previo giudizio dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il rispetto delle prescrizioni implichi un'alterazione sostanziale del loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici.

In secondo luogo, è stata ampliata l’individuazione degli edifici non soggetti ad attestato, introducendo anche le seguenti tipologie di edifici:

- “edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del

processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili”;

- “edifici rurali non residenziali sprovvisti di impianti di climatizzazione”;

- “fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati ”;

- “edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della

destinazione d'uso di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 , il cui utilizzo standard non prevede l'installazione e l'impiego di sistemi tecnici, quali box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi”;

- “edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose”.

Per tutte queste categorie di edifici, sembra esclusa l’applicazione dell’intero d.lgs. 192/2005.

(26)

Quindi possiamo in sintesi affermare che, per quanto riguarda il calcolo delle prestazioni energetiche e l’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, da un lato, e la determinazione e verifica dei requisiti minimi di prestazione energetica, dall’altro, nell’immediato non cambia nulla: il Decreto rimanda a successivi provvedimenti attuativi.

Detti provvedimenti dovranno essere elaborati tenendo conto dei seguenti criteri generali: • il fabbisogno energetico annuale globale si calcola per singolo servizio energetico,

espresso in energia primaria, su base mensile. Con le stesse modalità si determina l’energia rinnovabile prodotta all’interno del confine del sistema, e si opera la compensazione tra i fabbisogni energetici e l’energia rinnovabile prodotta all’interno del confine del sistema, per vettore energetico e fino a copertura totale del corrispondente vettore energetico consumato

• i requisiti minimi devono rispettare le valutazioni tecniche ed economiche di convenienza, fondate sull’analisi costi benefici del ciclo di vita economico degli edifici; in caso di nuova costruzione e di ristrutturazione importante, i requisiti minimi sono determinati con l’utilizzo dell’ “edificio di riferimento”, in funzione della tipologia edilizia e delle fasce climatiche

Anche per la certificazione energetica, nessuna modifica immediata: la classe energetica dell’immobile continua ad essere determinata sulla base dell’indice di prestazione energetica globale dell’edificio, espresso in energia primaria non rinnovabile. Sono però introdotti:

- indici di prestazione energetica globale dell’edificio sia in termini di energia primaria totale (rinnovabile e non rinnovabile) che di energia primaria non rinnovabile;

- indici di prestazione termica utile per la climatizzazione invernale ed estiva dell’edificio, che esprimono la qualità energetica dell’involucro edilizio a contenere i consumi energetici per il riscaldamento ed il raffrescamento;

- un indice di emissioni di anidride carbonica.

Saranno previsti nuovi schemi per la compilazione della relazione tecnica di progetto, diversificati in funzione delle diverse tipologie di lavori: nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti, interventi di riqualificazione energetica.

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Vengono introdotti nuovi contenuti, come quello degli “Edifici ad energia quasi zero”. L’art. 4-bis, comma 1, stabilisce infatti che, a partire dal 31 dicembre 2018, gli edifici di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere edifici a energia quasi zero. Dal 1° gennaio 2021 la predetta disposizione è estesa a tutti gli edifici di nuova costruzione. Per quanto riguarda gli edifici a energia quasi zero, entro il 30 giugno 2014 è definito il Piano d’azione destinato ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero (art. 4-bis, comma 2).

Tale piano indica (art. 4-bis, comma 3):

- l’applicazione della definizione di edifici a energia quasi zero alle diverse tipologie di edifici e indicatori numerici del consumo di energia primaria, espresso in kWh/m2 anno;

- le politiche e le misure finanziarie o di altro tipo previste adottate per promuovere gli edifici a energia quasi zero;

- l'individuazione, sulla base dell'analisi costi-benefici sul costo di vita economico, di casi specifici per i quali non si applica quanto disposto al comma 1;

- gli obiettivi intermedi di miglioramento della prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione entro il 2015, in funzione dell’attuazione del comma 1.

Non subisce modifiche il testo dell’art. 17 del Decreto legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, ovvero la cosiddetta “clausola di cedevolezza” con la quale viene sancita l’autonomia normativa delle Regioni, nel rispetto dei principi e dei criteri definiti dal decreto.

In particolare, è previsto che le Regioni possono prevedere requisiti minimi di prestazione energetica più severi di quelli disposti dal presente decreto, nonché una loro flessibilità applicativa, anche con l’utilizzo di soluzioni alternative che comunque garantiscano un equivalente risultato sul bilancio energetico regionale.

Inoltre, Regioni e Province autonome sono chiamate a:

- istituire un sistema di riconoscimento degli organismi e dei soggetti cui affidare le attività di certificazione energetica degli edifici

(28)

Pur nel rispetto dei rispettivi ambiti di autonomia , il Decreto prevede che Regioni e Province

autonome collaborino con il Ministero dello sviluppo economico per la definizione congiunta:

- di metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici;

- di metodologie per la determinazione dei requisiti minimi di edifici e impianti; - di sistemi di classificazione energetica degli edifici, compresa la definizione di un

sistema informativo comune adottabile a livello nazionale;

- del citato Piano nazionale destinato ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero.

Per quanto riguarda il regime sanzionatorio, le cose cambiano da subito. Dopo l’entrata in vigore del Decreto legge, l’attestato di prestazione energetica, la relazione tecnica, l’asseverazione di conformità e l’attestato di qualificazione energetica, sono resi in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’articolo 47, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 28 dicembre 2000.

Le autorità competenti che ricevono i documenti di cui sopra (la Regione per l’attestato di prestazione energetica, i Comuni per gli altri documenti) eseguono i controlli con le modalità di cui all’articolo 71 del citato DPR 445/2000 e applicano le sanzioni amministrative di seguito indicate, salvo i casi per i quali ricorrano le ipotesi di reato di rilevanza penale.

Per il professionista qualificato che rilascia la relazione tecnica, compilata senza il rispetto degli schemi e delle modalità stabilite nel decreto, o un attestato di prestazione energetica degli edifici senza il rispetto dei criteri e delle metodologie specificate, è prevista una sanzione amministrativa non inferiore a 700 euro e non superiore a 4200 euro. L'ente locale e la Regione, che applicano le sanzioni secondo le rispettive competenze, danno comunicazione ai relativi ordini o collegi professionali per i provvedimenti disciplinari conseguenti.

Per il costruttore o il proprietario che non provvedono a dotare di un attestato di prestazione energetica gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, è prevista una sanzione amministrativa non inferiore a 3000 euro e non superiore a 18000 euro.

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Per il proprietario che non provvede a dotare di un attestato di prestazione energetica gli edifici o le unità immobiliari nel caso di vendita, la sanzione va da 3000 a 18000 euro. Nel caso di locazione, invece, la sanzione amministrativa va da 300 euro a 1800 euro.

Il 26 Giugno 2015 sono stati pubblicati tre nuovi decreti attuativi della Legge 90/2013. Tali decreti vanno a chiudere il recepimento della Direttiva 31/2010/UE e riguardano:

• D.M. 26 giugno 2015 : " Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici."

• D.M. 26 giugno 2015 : " Schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell'applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici."

• D.M. 26 giugno 2015 : " Adeguamento del Decreto del Ministero dello sviluppo economico, 26 giugno 2009 - Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici."

Il primo, decreto del 26 giugno 2015 del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, della salute e della difesa, recante “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici”, definisce i nuovi limiti di trasmittanza dei componenti edilizi di seguito riportati:

Zona climatica U (W/m 2K) 2015 (1) 2019/2021 (2) A e B 0,45 0,43 C 0,38 0,34 D 0,34 0,29 E 0,30 0,26 F 0,28 0,24

Trasmittanza termica U delle strutture opache verticali, verso l’esterno, gli ambienti non climatizzati o contro terra.

(30)

Zona climatica U (W/m 2K) 2015 (1) 2019/2021 (2) A e B 0,38 0,35 C 0,36 0,33 D 0,30 0,26 E 0,25 0,22 F 0,23 0,20

Trasmittanza termica U delle strutture opache orizzontali o inclinate di copertura, verso l’esterno e gli ambienti non climatizzati

Zona climatica U (W/m 2K) 2015 (1) 2019/2021 (2) A e B 0,46 0,44 C 0,40 0,38 D 0,32 0,29 E 0,30 0,26 F 0,28 0,24

Trasmittanza termica U delle strutture opache orizzontali di pavimento, verso l’esterno, gli ambienti non climatizzati o contro terra

Zona climatica U (W/m 2K) 2015 (1) 2019/2021 (2) A e B 3,20 3,00 C 2,40 2,20 D 2,00 1,80 E 1,80 1,40 F 1,50 1,10

Trasmittanza termica U delle strutture opache orizzontali di pavimento, verso l’esterno, gli ambienti non climatizzati o contro terra

Zona climatica U (W/m

2K)

2015 (1) 2019/2021 (2)

Tutte le zone 0,80 0,80

(1) Dal 1 luglio 2015 per tutti gli edifici

(2) Dal 1 gennaio 2019 per gli edifici pubblici e a uso pubblico e dal

1 gennaio 2021 per tutti gli altri edifici

Trasmittanza termica U delle strutture opache verticali e orizzontali di separazione tra edifici o unità immobiliari confinanti

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Il secondo, decreto del 26 giugno 2015 del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recante “Schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell’applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici”, definisce gli schemi e le modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto, in funzione delle diverse tipologie di lavori: nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti, interventi di riqualificazione energetica.

Allegato 1: Nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti di primo livello, edifici ad energia quasi zero

Un edificio esistente è sottoposto a ristrutturazione importante di primo livello quando l’intervento ricade nelle tipologie indicate al paragrafo 1.4.1, comma 3, lettera a) dell’Allegato 1 del decreto di cui all’articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 192/2005.

Allegato 2: Riqualificazione energetica e ristrutturazioni importanti di secondo livello. Costruzioni esistenti con riqualificazione dell’involucro edilizio e di impianti termici.

Un edificio esistente è sottoposto a riqualificazione energetica quando i lavori, in qualunque modo denominati, a titolo indicativo e non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo, ricadono nelle tipologie indicate al paragrafo 1.4.2 dell’Allegato 1 del decreto di cui all’articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 192/2005, ed insistono su elementi edilizi facenti parte dell'involucro edilizio che racchiude il volume condizionato e/o impianti aventi proprio consumo energetico.

Allegato 3: Riqualificazione energetica degli impianti tecnici

Un edificio esistente è sottoposto a riqualificazione energetica degli impianti tecnici quando i lavori in qualunque modo denominati, a titolo indicativo e non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo, insistono su impianti aventi proprio consumo energetico.

Il terzo ed ultimo, decreto del 26 giugno 2015 del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recante “Adeguamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico, 26 giugno 2009 - Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”, si pone la finalità di favorire

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l’applicazione omogenea e coordinata dell’attestazione della prestazione energetica degli edifici e delle unità immobiliari, su tutto il territorio nazionale. Il nuovo APE ora è unico per tutte le Regioni e la metodologia di calcolo uguale su tutto il territorio nazionale.

Le novità sono molte e complesse. Di seguito individuiamo quelle più evidenti.

Classe energetica dell'immobile

La nuova scala di classificazione della prestazione energetica degli immobili è formata da 10 classi: A4, A3, A2, A1, B, C, D, E, F, G (dal più efficiente al meno efficiente). La classe dell’edificio viene determinata tramite l’indice di prestazione energetica globale dell’edificio in termini di energia primaria non rinnovabile. Questo indice tiene conto del fabbisogno di energia primaria non rinnovabile non solo per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria, come era prima del 1 Ottobre 2015, ma anche di altri servizi come la climatizzazione estiva, la ventilazione, l’illuminazione artificiale e il trasporto di persone o cose (gli ultimi due fabbisogni non sono previsti negli edifici con destinazione residenziale).

Rispetto al passato si ritiene fondamentale:

• Specificare non solo la prestazione globale (EPgl) ma anche le prestazioni

dei singoli servizi energetici (EPh, EPw, EPv, EPc, EPl, EPt);

• dare maggiore importanza alle caratteristiche e alla qualità dell'involucro edilizio, cioè alle murature, agli infissi e ai solai che disperdono verso l'esterno, consapevoli che gli interventi sugli impianti sono più agevoli ma anche meno efficienti rispetto agli interventi sull'involucro.

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Le nuove linee guida specificano meglio la finalità dell'attestato, che si qualifica quale: 1. strumento per valutare la convenienza economica dell'acquisto e della locazione di

un immobile in relazione ai consumi energetici

2. strumento per consigliare degli interventi di riqualificazione energetica efficaci

Unica unità di misura (KWh/mq anno)

Tutti gli immobili, anche quelli non residenziali, vengono classificati secondo l'indice di prestazione energetica, che corrisponde all'energia totale consumata dall'edificio climatizzato per metro quadro di superficie ogni anno, espresso in KWh/mq anno, a differenza del passato dove gli immobili non residenziali avevano come unità di misura dell'indice di prestazione i KWh/mc anno.

Annunci immobiliari

Le novità riguardano anche le indicazioni da inserire all'interno degli annunci immobiliari perché si dovrà utilizzare una targhetta precompilata da inserire direttamente all'interno dell'annuncio. Di questo aggiornamento dovranno tenere conto le agenzie immobiliari, i mediatori e i privati che devono vendere o affittare un immobile. Il simbolo utilizzato e definito dalla legge è EPgl (Indice di prestazione energetica globale). Spesso negli annunci immobiliari viene scritto IPE (o I.P.E.) ma è un acronimo poco corretto.

Un nuovo indicatore relativo alla qualità dell'involucro

All'interno dell'APE, oltre alla classe energetica, è stato inserito un nuovo indicatore della prestazione energetica invernale ed estiva dell'involucro edilizio al netto degli impianti presenti, che serve a conoscere la qualità della muratura dell’edificio.

Il fine è quello di contenere i consumi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento, poiché nella grande maggioranza degli edifici esistenti le criticità si presentano soprattutto sulla base dell’involucro edilizio.

Tale informazione è fornita nella prima pagina del nuovo APE sotto forma di un indicatore grafico del livello di qualità.

Procedura e metodo di calcolo

Nelle nuove linee guida si specificano le procedure di calcolo e in particolare quali dati in ingresso reperire per redigere l'APE. Si definiscono 2 procedure:

(34)

• Procedura di calcolo da progetto: i dati vengono reperiti dal progetto energetico (relazione energetica chiamata "legge 10"). Si applica in caso di nuovi edifici o "ristrutturazioni importanti" (definizione presente nel D.Lgs 192/05 art.2) e per gli AQE (Attestato di Qualificazione Energetica).

• Procedura di calcolo da rilievo: i dati vengono reperiti dal sopralluogo, dall'analogia con edifici simili e da banche dati o abachi nazionali. Si applica per gli edifici esistenti comunque sottoposti ad interventi di "ristrutturazione importante"

Per quanto riguarda la metodologia di calcolo dei parametri e degli indici di prestazione energetica, sono state mantenute metodologie semplificate per gli edifici caratterizzati da ridotte dimensioni

Sopralluogo obbligatorio

Una importante novità riguarda l'obbligo, indicato espressamente dalla norma, di effettuare almeno un sopralluogo nell'immobile da certificare.

Il soggetto che redige gli APE (certificatore energetico) viene abilitato secondo le disposizioni del Regolamento 75/2013

Edificio di riferimento per determinare la classi energetiche

Una delle più grandi novità del nuovo APE entrato in vigore nel 2015 ricade nel metodo per determinare la classificazione. Le precedenti linee guida definivano la scala da A a G secondo i Gradi Giorno (GG) del comune dove si trovava l'immobile e secondo il rapporto S/V (superficie disperdente/volume riscaldato).

Dal 1 Ottobre 2015 invece la classificazione dipende da un "edificio di riferimento"

L'edificio di riferimento è un edificio identico a quello oggetto della progettazione per geometria, orientamento, ubicazione geografica, destinazione d’uso e tipologia d’impianto, avente però caratteristiche termiche ed energetiche predeterminate.

In pratica, l’edificio di riferimento serve per determinare il valore di energia primaria limite di legge che l’edificio di progetto deve rispettare e con il quale confrontarsi. Un grande vantaggio nell’utilizzo dell’edificio di riferimento è che i limiti vengono modellati sull’edifico oggetto dell’intervento.

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Edifici ad energia quasi zero (NZEB)

Il nuovo decreto introduce la definizione degli edifici ad energia quasi zero, concetto introdotto con la Direttiva Europea 2010/31/UE recepita in Italia con il decreto legge n.63/2013, che sta ad indicare tutti quegli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti con fabbisogno energetico quasi nullo, coperto in misura significativa da fonti rinnovabili, prodotte all’interno del confine energetico dell’edificio.

La norma inoltre stabilisce che entro il 31 dicembre 2018 gli edifici pubblici ed in generale dal 1 gennaio 2021 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere edifici ad energia quasi zero

Catasto energetico: SIAPE e controlli

Una vera novità del decreto è la realizzazione di un sistema informativo comune per tutto il territorio nazionale: il SIAPE, che comprende la gestione di un catasto nazionale degli attestati di prestazione energetica, degli impianti termici e dei relativi controlli e ispezioni pubblici.

Il SIAPE dovrà essere istituito dall’Enea entro la fine del 2015, ed essere incrementato entro marzo di ogni anno da parte delle Regioni e Province autonome con i dati relativi agli attestati dell’ultimo anno trascorso.

I controlli sulla regolarità degli APE

Regioni e Province autonome sono inoltre chiamate a definire piani e procedure di controllo che consentano di analizzare almeno il 2% all’anno degli APE depositati territorialmente. I controlli dovranno essere prioritariamente orientati alle classi energetiche più efficienti e saranno basati anche su sopralluoghi tecnici negli edifici che hanno ottenuto la certificazione.

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4.

Criteri e strategie per una progettazione sostenibile

Progettare in chiave bioclimatica significa considerare l’edificio come un tutto organico con il luogo nel quale esso sorge, con le condizioni climatiche, le caratteristiche vegetazionali e geologiche, con tutto ciò che, in una parola, ne costituisce il contesto. Ecco che allora diventano fondamentali le scelte progettuali relative al posizionamento del fabbricato nel lotto in considerazione della vegetazione preesistente e degli edifici vicini, all’orientamento, alla distribuzione degli spazi interni, ai materiali da usare, alla forma e posizione delle superfici vetrate e delle murature, al tipo di copertura; e, ancora, alla progettazione degli spazi esterni, le pavimentazioni, le zone a verde, le nuove alberature, eventuali specchi d’acqua, eccetera.

4.1 L’orientamento

L’orientamento indica il punto cardinale verso il quale è rivolta una facciata di riferimento. In merito all’orientamento dell’edificio nel lotto, nel corso della storia dell’architettura sono stati numerosi gli studi sull’orientamento ottimale.

Nei primi anni del novecento nasceva la teoria, ancor oggi presente in molti manuali per la progettazione, che proponeva la disposizione delle costruzioni lungo l’asse eliotermico come miglior soluzione per uniformare i valori termici e luminosi, disponendo gli edifici lungo l’asse nord-sud inclinato di 19°, e avendo quindi le facciate principali rivolte all’incirca verso est e ovest.

Le odierne problematiche energetiche e gli studi condotti con l’obiettivo di ottenere costruzioni in grado di sfruttare il sole per riscaldarsi nei mesi invernali e che dal sole riescono a proteggersi durante la stagione estiva, hanno confutato questa teoria, in quanto nell’orientamento eliotermico la radiazione solare, pur risultando equamente distribuita nelle due facciate principali, viene captata solo nei periodi in cui essa è meno utile per il comfort termico.

Nella stagione invernale, infatti, tale radiazione raggiunge soltanto di striscio i fronti est e ovest, regalando un modesto contributo al guadagno termico proprio quando ce n’è più

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bisogno, mentre d’estate, sia al mattino che nel pomeriggio, il sole colpisce in maniera molto più diretta le stesse facciate, entrando nel fabbricato attraverso le aperture e surriscaldando eccessivamente l’edificio nella maggior parte della giornata, causando eccessivo discomfort per gli occupanti.

L’esposizione a sud, invece, è quella che privilegia la massima irradiazione in inverno e la minima in estate.

Dal punto di vista bioclimatico appare oggi di maggiore interesse, in generale per quanto riguarda il clima temperato italiano, l’orientamento dell’asse principale degli edifici secondo la direzione est-ovest, ovvero con la disposizione delle facciate principali a sud e a nord, preoccupandosi di schermare adeguatamente le componenti trasparenti a sud di modo che la radiazione solare possa penetrare in inverno ed essere ostacolata in estate, come buona prassi per l’ottimizzazione dei guadagni termici solari.

Molto spesso però la scelta della posizione dell’edificio rispetto al lotto è condizionata dalle preesistenze o dai vincoli urbanistici; allora si può intervenire sulla distribuzione dei locali all’interno dell’edificio tenendo conto che:

• gli ambienti di servizio, i collegamenti verticali, i bagni e i ripostigli, saranno preferibilmente collocati nella zona fredda della casa, e cioè lungo il lato rivolto a nord;

• a dividere la zona fredda da quella calda, i connettivi che fungono da cuscinetto; • nella zona calda a sud si collocheranno gli ambienti più utilizzati durante il giorno; • a est andranno disposti gli ambienti maggiormente utilizzati di mattina, a ovest

quelli occupati durante il pomeriggio.

I suggerimenti suddetti sono riassunti nella tabella proposta nel seguito.

N NE E SE S SO O NO camere da letto x x x x x soggiorno x x x x pranzo x x x x x cucina x x x lavanderia x x x ambienti pluriuso x x x x bagni x x x ripostigli x x x terrazze x x x x x

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