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Temperamenti affettivi e regolazione emotiva nei soggetti con disturbi della condotta alimentare

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Academic year: 2021

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1 INTRODUZIONE ... 7

1.1 Inquadramento attuale dei Disturbi della Condotta Alimentare ... 7

2 DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE ... 10

2.1 Anoressia Nervosa ... 10

2.1.1 Classificazione ed epidemiologia ... 10

2.1.2 Fattori di rischio ... 12

2.1.3 Diagnosi e quadro clinico ... 17

2.1.4 Complicanze mediche dell’Anoressia Nervosa ... 20

2.1.5 Trattamento ... 22

2.1.6 Decorso ed esiti ... 23

2.2 Bulimia Nervosa ... 23

2.2.1 Classificazione ed epidemiologia ... 23

2.2.2 Fattori di rischio ... 26

2.2.3 Diagnosi e quadro clinico ... 29

2.2.4 Complicanze mediche della Bulimia Nervosa ... 32

2.2.5 Trattamento ... 34

2.2.6 Decorso ed esiti ... 35

2.3 Binge Eating Disorder ... 35

2.3.1 Classificazione ed epidemiologia ... 35

2.3.2 Fattori di rischio ... 39

2.3.3 Diagnosi e quadro clinico ... 42

2.3.4 Complicanze mediche del BED ... 43

2.3.5 Trattamento ... 44

2.3.6 Decorso ed esiti ... 44

3 TEMPERAMENTO E REGOLAZIONE AFFETTIVA: DEFINIZIONE E RUOLO NEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE ... 45

3.1 Temperamento ... 45

3.2 Temperamento e disturbi della condotta alimentare ... 48

3.3 Regolazione affettiva ... 49

3.4 Regolazione affettiva e disturbi del comportamento alimentare ... 51

4 METODI ... 53

4.1 Campione... 53

4.2 Strumenti di valutazione ... 53

4.3 Analisi statistiche ... 58

5 RISULTATI ... 59

5.1 Caratteristiche cliniche e demografiche ... 59

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5.2.1 Correlazioni RIPoST- variabili demografiche/ STAI/ BDI ... 60

5.2.2 Correlazioni RIPoST- EDI/ EAT ... 60

5.2.3 Correlazioni Brief TEMPS-M - variabili demografiche/ STAI/ BDI ... 61

5.2.4 Correlazioni Brief TEMPS-M – EDI/ EAT ... 61

5.3 Regressione logistica Univariata / Multivariata - gruppo con Anoressia Nervosa .... 61

5.4 Regressione logistica Univariata / Multivariata - gruppo con Bulimia Nervosa ... 62

6 DISCUSSIONE ... 63

7 TABELLE ... 65

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RIASSUNTO

Introduzione

I temperamenti affettivi e la disregolazione emotiva sono fattori che influenzano la traiettoria di molti disturbi psichiatrici soprattutto dell’umore. Tuttavia i dati relativi all’associazione con i disturbi della condotta alimentare sono scarsi.

Scopo dello studio

Scopo dello studio è stato di valutare la relazione tra temperamenti affettivi, regolazione emotiva e disturbi della condotta alimentare in un campione di soggetti con diagnosi di Anoressia Nervosa (AN) e Bulimia Nervosa (BN) in accordo con i criteri del DSM-5.

Materiale e Metodo

Sono stati reclutati 35 soggetti che afferivano consecutivamente presso gli ambulatori della U.O. Psichiatria 2 Universitaria-AUOP: i soggetti erano tutti di sesso femminile, 23 con diagnosi AN e 12 di BN e sono stati valutati con Eating Attitude Test (EAT), Eating Disorder Inventory (EDI), BRIEF TEMPS-M per i temperamenti affettivi e il Reactivity Intensity Polarity Stability Questionnaire - RIPoST per la valutazione della regolazione emotiva, STAI per i sintomi d’ansia e Back Depression Inventory (BDI) per i sintomi depressivi. Sono stati condotte delle analisi di comparazione tra i due gruppi (AN vs BN) e di correlazione tra variabili.

Risultati

Le pazienti affette da bulimia mostravano una maggiore intensità e l’iperreattività emotiva misurate con la RIPoST rispetto alle pazienti affette da Anoressia Nervosa (p= 0.04, p=0.003) e una sintomatologia depressiva più

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che la diagnosi di Anoressia Nervosa si correla con il punteggio della scala EAT, con l’ipererattività, instabilità e intensità emotiva e che tra queste variabili nell’analisi multivariata in particolar modo l’ipereattività emotiva sembra predirre la diagnosi di anoressia nervosa (p=0,04). La diagnosi di Bulimia Nervosa si correlava invece con una maggiore ‘intensità emotiva’ (p=0,008) e con un temperamento affettivo irritabile (p=0.04).

Conclusioni

I risultati del nostro studio indicano che la disregolazione emotiva sembra essere un elemento chiave anche dei disturbi della condotta alimentare, in particolar modo l’instabilità e la reattività emotiva sia nel disturbo di tipo anoressico che bulimico, anche se in maniera maggiore nel disturbo bulimico. In modo particolare in quest’ultimo sembra giocare anche un ruolo importante il temperamento affettivo di tipo irritabile. Sembra di fondamentale importanza valutare regolazione emotiva e temperamenti affettivi nei disturbi della condotta alimentare.

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1 INTRODUZIONE

1.1 Inquadramento attuale dei Disturbi della Condotta

Alimentare

I Disturbi della Condotta Alimentare (DCA), rinominati nel DSM-5

“Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione”, hanno un andamento protratto, persistente e potenzialmente fatale e rappresentano una delle principali cause di disabilità nei soggetti giovani di genere femminile. Essi sono caratterizzati disturbo persistente dell’alimentazione o dei comportamenti relativi all’alimentazione, che hanno come risultato un’alterazione dell’assunzione o dell’assorbimento del cibo e che compromettono significativamente la salute psichica e il funzionamento psicosociale (Biondi, 2014).

I disturbi appartenenti a questo gruppo diagnostico hanno presentazioni cliniche instabili e mutevoli, dalle forme di Anoressia Restrittiva ‘pura’, all’Anoressia con crisi bulimiche, alla Bulimia, al Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge-Eating Disorder, BED), a forme attenuate o atipiche per presentazione che sono state classificate dai principali sistemi categoriali come ‘non altrimenti specificate’ (DCA-NAS del DSM-IV e FDE-NAS del DSM-5).

Il decorso lifetime dei DCA è caratterizzato da una marcata instabilità diagnostica: è frequente osservare nella anamnesi delle pazienti periodi di anoressia restricter che si alternano a fasi caratterizzate da crisi bulimiche e da condotte di eliminazione compensatorie. In altri periodi i sintomi si attenuano per frequenza, intensità e durata, così da determinare quadri a espressione sintomatologica ‘sottosoglia’ che non sono in grado di soddisfare i criteri diagnostici full-blown.

La disabilità funzionale è frequente, con ricadute multiple, sintomi cronici e periodi limitati di benessere soggettivo, nonostante l’impiego di trattamenti psicofarmacologici, di psicoterapie o della loro associazione.

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Le fasi di remissione parziale o di sindromi sottosoglia possono essere associate a marcato disagio soggettivo, ridotti livelli di funzionamento sociale e a una sintomatologia residua spesso resistente alle terapie.

L’incremento e l’incidenza e della prevalenza di queste forme nella popolazione generale, in parte deriva dalle maggiori conoscenze sui DCA e dalla diffusione di materiale informativo che ha prodotto una più ampia consapevolezza delle manifestazioni di spettro sottosoglia dei DCA anche in soggetti che in passato non avrebbero chiesto l’intervento specialistico.

I quadri determinati da una mancata soddisfazione dei criteri diagnostici categoriali, e dunque a non piena espressione sintomatologica, costituiscono un’evenienza che frequentemente occorre nella pratica clinica e che è di difficile inquadramento con il ricorso alle sole categorie diagnostiche del DSM.

Diversi modelli di spettro hanno cercato di affrontare la disparità tra clinica e le entità nosografiche previste dai sistemi categoriali di classificazione, anche nell’ambito dei DCA. Tra questi, il modello dello ‘spectrum project’ (Cassano e Coll.,1998,2009; Dell’Osso e Coll., 2009,2015) ha fornito un sistema di descrizione dell’intera area psicopatologica dei DCA. Scopo primario dello ‘spectrum assessment’ è stato l’integrazione, in un continuum psicopatologico, di sintomi appartenenti ai modelli categoriali con elementi derivanti dalla descrizione dimensionale dei singoli disturbi, al fine di caratterizzare i fenotipi al di là dei rigidi criteri diagnostici.

L’approccio integrato tra descrizione dimensionale delle caratteristiche psicopatologiche del singolo disturbo e classificazione categoriale, proposto dallo Spectrum Project, è in parte, stato recepito dal DSM-5.

La diagnosi in senso categoriale è ancora dipendente da ‘decisioni dicotomiche’, ma l’inserimento nel DSM-5 di un numero sempre maggiore di ‘specifiers’, ‘subtypes’ e di ‘severity ratings’ consente, in un’ottica

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dimensionale, di cogliere con maggiore raffinatezza i gradienti lungo i quali si articolano le differenti manifestazioni di uno stesso disturbo.

In questo senso la creazione di strumenti costruiti e validati con l’obiettivo di una migliore definizione del fenotipo diagnostico, come nello Spectrun Project, ha risposto all’esigenza pratica e clinica, di avere a disposizione scale di valutazione non esclusivamente focalizzate sul nucleo psicopatologico ‘ristretto’ di ciascun disturbo.

Nonostante le novità emerse nel DSM-5, l’integrazione tra modello categoriale e modello dimensionale è stato solo parzialmente accolto e applicato nella definizione delle nuove categorie diagnostiche dei DCA. I disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione sono stati complessivamente riorganizzati per cercare di coglierne la mutiformità, ma questo tentativo ha di fatto solo moltiplicato le categorie diagnostiche (Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Binge Eating Disorder; Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo; Ortoressia e Anoressia Inversa; Disturbo della Ruminazione; Pica; Altri disturbi specifici della nutrizione e dell’alimentazione (Night Eating Syndrome-NES). Inoltre è stata mantenuta la categoria dei ‘Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione non altrimenti specificati (NAS), in cui confluiscono i quadri sintomatologici ‘atipici’ o ‘incompleti’ (di spettro) che non rientrano nelle categorie già citate.

Altri tentativi di rendere i criteri diagnostici meno categoriali hanno compreso la ridefinizione del criterio A dell’Anoressia (peso corporeo) con l’eliminazione nel DSM-5 di un valore numerico in percentuale che possa soddisfare tale criterio, e con il generico riferimento a un basso peso, definito come ‘un peso minore del minimo peso atteso’, in considerazione dell’età, sesso, evoluzione dello sviluppo e salute fisica.

Anche il criterio B dell’Anoressia è stato ampliato per includere non solo il timore apertamente espresso di aumento di peso, ma anche un

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comportamento che interferisce con l’aumento di peso. Il criterio D è stato eliminato ed è stato introdotto il grado di gravità del disturbo, con l’identificazione di 4 gradi (da lieve a estrema) in funzione del BMI.

Per la Bulimia Nervosa, i criteri del DSM-5 sono rimasti pressochè invariati, ad eccezione del criterio C, che prevede, rispetto al DSM-IV una riduzione di frequenza minima richiesta di abbuffate e condotte compensatorie, da 2 volte ad 1 volta a settimana. Sono stati eliminati i sottotipi con/senza condotte di eliminazione presenti nel DSM-IV ed è stato introdotto il livello di gravità, in base al numero di episodi compensatori a settimana: (da lieve a estrema). Anche per quanto riguarda il Binge Eating Disorder (BED) c’è stato un cambiamento nel criterio D che vede rispetto al DSM-IV un diminuire del numero di abbuffate settimanali (da 2 a 1) che si riscontrano nei tre mesi precedenti e non per almeno sei mesi come veniva specificato prima, ed è stato inoltre introdotto il livello di gravità in base al numero di abbuffate a settimana (da lieve a estrema).

2 DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE

2.1 Anoressia Nervosa

2.1.1 Classificazione ed epidemiologia

L’Anoressia Nervosa è caratterizzata da una progressiva perdita di peso dovuta a una notevole riduzione dell’apporto alimentare, da un’ostinata ricerca dell’esilità e della magrezza e da una patologica paura di ingrassare; allo scopo di ridurre il peso, molte pazienti effettuano esercizio fisico estremo, mentre altre mettono in atto comportamenti di eliminazione, come il vomito o l’abuso di lassativi, che sono causa di gravi complicanze mediche. L’eccessiva importanza attribuita al peso e alla forma corporea, fa si che la perdita di peso sia vissuta come la conquista di una ferrea autodisciplina, e

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l’aumento del peso come un’inaccettabile perdita della capacità di controllo (Andreoli, Cassano, & Rossi, 2007; Cassano & Tundo, 2006).

Anche nel DSM-5 come nel DSM-IV sono stati conservati i due sottotipi caratterizzanti l’Anoressia Nervosa che sono il Restricted e il Binging/Purging. Il primo è caratterizzato da una marcata restrizione calorica da parte del soggetto accompagnata da un’intensa attività fisica senza presentare regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (vomito, lassativi). Il secondo sottotipo è caratterizzato invece da regolari abbuffate o condotte di eliminazione, accompagnato da marcate valenze dismorfofobiche e si differenzia dalla Bulimia perché il soggetto è più del 15% sottopeso, ecco come l’entità della perdita di peso diventa il fattore nosograficamente discriminante (Herpertz-Dahlmann, Holtkamp, & Konrad, 2012).

Nel sesso femminile si può stimare che l’incidenza annua dell’AN sia di almeno 8 casi per 1000.000, e l’incidenza più alta si è riscontrata nella fascia d’età che va dai 15 ai 19 anni (Hoek, 2006).

Ottenere informazioni precise per rispondere alla domanda se l'anoressia nervosa sia un problema crescente nei bambini e negli adolescenti richiede dati di interviste basati sulla popolazione che accertino la prevalenza di anoressia nervosa, con distribuzione per età di insorgenza per diverse coorti temporali. Questi dati semplicemente non sono disponibili. Gli studi sui tassi variabili di anoressia nervosa pubblicati nella letteratura recente sono limitati a popolazioni specifiche, hanno dimensioni campionarie ridotte o sono basati su questionari piuttosto che su interviste personali. L'età di esordio viene presentata come statistica media, piuttosto che il numero di casi con un'età specifica di esordio. Sembra comunque ragionevole formulare l’opinione che l’AN sia un problema crescente nei bambini e negli adolescenti (Lapp, 2015). È molto probabile che si verificherà un aumento dei tassi di morbilità e mortalità per i pazienti con anoressia nervosa prima e all'inizio dell'adolescenza. Questo può essere prevenuto con un'adeguata durata dei

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ricoveri ospedalieri e diagnosi precoce con terapia familiare specifica per l'anoressia nervosa (Halmi, 2009).

2.1.2 Fattori di rischio

I disturbi alimentari hanno molteplici fattori di rischio biologici e psicosociali, inclusi fattori genetici e ambientali (Jacobi, Hayward, de Zwaan, Kraemer, & Agras, 2004).

La schiacciante preponderanza dei DCA e in particolare dell’AN nel sesso femminile rispetto a quello maschile, ci ha fatto porre l’attenzione su come il problema sia da ricercarsi nelle differenze di genere che esistono nei fattori biologici e ambientali coinvolti nella genesi dei DCA.

In realtà non esiste ancora una teoria eziopatogenetica soddisfacente per i disturbi del comportamento alimentare, anche se è opinione condivisa dalla maggior parte degli studiosi riconoscere, alla loro origine molteplici fattori di rischio che schematicamente si possiamo dividere in due gruppi.

La cultura (intesa come l’insieme delle regole e dei valori che governano le strutture, i processi e gli ideali di una società) è tra i maggiori determinanti del peso corporeo, in quanto gli attribuisce un preciso significato individuale e sociale.

Infatti nelle società non industrializzate, l’essere grassi è considerato espressione di ricchezza e benessere, al contrario nelle società occidentali industrializzate in cui c’è abbondanza di cibo, la magrezza è iperapprezzata e ipervalutata mentre l’obesità è rifiutata e stigmatizzata (Martone et al., 2013). Altro ruolo importante nella genesi dei Disturbi Alimentari è giocato dal contesto culturale occidentale, ed in particolare dai mass media.

Essi, infatti sono considerati uno dei più forti trasmettitori di pressione sociale alla magrezza, la quale viene considerata sinonimo di bellezza e successo (Dakanalis et al., 2017).

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Poiché tutte le ragazze sono esposte ai mezzi di comunicazione di massa ma solo una piccola parte di loro sviluppa disturbi alimentari, è probabile l’esistenza di meccanismi più sottili che rendono alcuni soggetti maggiormente vulnerabili alla pressione mass mediatica. Tale processo potrebbe essere riconducibile all’ interiorizzazione degli standard di bellezza trasmessi dai mezzi di comunicazione di massa, i quali vengono utilizzati per verificare il proprio livello di adeguatezza fisica e sociale e quindi influenzare la rappresentazione mentale del corpo del soggetto e i suoi comportamenti alimentari (Dakanalis et al., 2017).

Potrebbe avvenire quindi un’introiezione di specifici (dis)valori mediatici al punto che questi diventano dei principi guida della propria esistenza.

Il ruolo di tali fattori culturali nell’eziopatogenesi dei DCA è supportato dal fatto che questi disturbi sono relativamente poco comuni nelle società non occidentalizzate (Hilbert et al., 2014).

La pressione socio culturale favorisce, dunque, la polarizzazione dell’attenzione sul proprio corpo e spinge ad intraprendere diete dimagranti. La dieta è sicuramente tra i fattori di rischio necessari ma non sufficienti per lo sviluppo di AN ed i meccanismi attraverso i quali la dieta può favorire lo sviluppo di questa patologia possono essere si biologici che psicologici. A livello biologico per esempio, la dieta può determinare un insufficiente apporto di triptofano, precursore della serotonina, e quindi influenzare la funzionalità di questo sistema neurotrasmettitoriale, che è implicato nella regolazione di varie funzioni del sistema nervoso centrale connesse con la psicopatologia dei DCA.

Anche se alcuni studi hanno evidenziato che l’insoddisfazione per il peso e la paura di ingrassare cominciano già verso gli 8 anni di età (nei paesi industrializzati, almeno la metà delle bambine di 9 anni vorrebbe essere più magra o dice di rinunciare al cibo per non ingrassare), tali disturbi insorgono nel corso della pubertà (Fabbro, 2012). Questa rappresenta infatti una fase

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della vita nel corso della quale si verificano profondi cambiamenti fisici sia nel ragazzo che nella ragazza.

Anche i fattori familiari sono importanti nello sviluppo dell’AN, possono essere suddivisi in fattori predisponenti e precipitanti.

I predisponenti sono l’ereditarietà, la presenza di disturbi dell’umore o di abuso di sostanze e l’obesità; tra i fattori precipitanti sono inclusi gli eventi di vita stressanti (quali la morte di un genitore) il divorzio, la presenza di conflitti irrisolti, l’abuso fisico e sessuale (Santoanastaso, Monteleone, Mauri, Borri, & Simoncini, 2006).

Si è visto inoltre come gli stressanti eventi della vita associati alla comparsa dell’AN adolescente includono significativi conflitti familiari e interruzioni, cambiamento della scuola o della casa e una maggiore pressione accademica (Horesh et al., 1995). Rispetto all’ AN ad a esordio precoce, l’AN ad insorgenza tardiva può essere preceduta da un numero maggiore di aventi stressanti della vita, di cui i conflitti familiari o la perdita e le malattie mediche sono i più notevoli.

I fattori personologici possono rivestire un’importante ruolo nella genesi del disturbo dell’AN, infatti le pazienti restricted presentano uno stile di personalità di tipo ossessivo, socialmente inibito ed emotivamente ristretto, mentre le pazienti binging-purging hanno uno stile di personalità estroverso e impulsivo simile a quello delle pazienti bulimiche. Questi tratti di personalità persistono anche dopo la guarigione clinica, ed ecco perché sono considerati espressione di una personalità pre-morbosa, responsabile di una certa vulnerabilità allo sviluppo dell’AN. Appare certo che il perfezionismo (inteso come la tendenza a richiedere a se stessi e agli altri prestazioni di gran lunga superiori a quelle che una data situazione obiettivamente richiede) e la presenza di disturbo ossessivo-compulsivo rappresentino i fattori di rischio per lo sviluppo dell’AN (Santoanastaso et al., 2006).

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La ridotta autostima sembra costituire un fattore predisponente sia alla AN che alla BN, essa viene fortemente ridotta quando è accompagnata dall’idea che gli altri abbiano una bassa opinione della paziente, ecco così che la suddetta continua a dimagrire per dimostrare a se stessa e agli altri di essere capace di ‘fare qualcosa’.

Per ultimi ma non per importanza ci sono i fattori biologici che comprendono la genetica e il ruolo dei neurotrasmettitori.

Che ci sia una certa vulnerabilità biologica nei DCA è dettata dal fatto che questi disturbi presentano un’aggregazione familiare, che implica l’esistenza di qualche meccanismo di trasmissibilità della malattia tra i membri di una stessa famiglia (Nagel & Jones, 1992).

Non è ancora chiarò però quali siano i geni coinvolti nel determinismo di una tale vulnerabilità.

Studi preliminari suggeriscono l’associazione tra l’AN di tipo restrittivo e un locus del cromosoma1, oppure l’associazione della stessa con un polimorfismo del gene che codifica per la proteina agouti-correlata (che stimola l’assunzione del cibo). Infine la prevalenza schiacciante dei DCA nel sesso femminile rispetto a quello maschile ha suggerito il possibile coinvolgimento di geni implicati nel metabolismo degli estrogeni, infatti è stato trovato un polimorfismo del gene del recettore per gli estrogeni di tipo2 associato ad un aumentato rischio di AN.

Se gli studi genetici sono ancora in stadio inziale, maggiori conoscenze sono disponibili riguardo al ruolo eziopatogenetico dei neurotrasmettitori, neurormoni e ormoni periferici più o meno direttamente coinvolti nella regolazione del comportamento alimentare (Hinney, Scherag, & Hebebrand, 2010).

Le pazienti anoressiche presentano infatti un aumento dei livelli liquorali di neuropeptide Y(NPY) che è certamente il più potente stimolatore dell’appetito e promuove soprattutto l’ingestione di carboidrati, questi livelli

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sembrano normalizzarsi dopo il recupero del peso. Questo peptide ha effetto inibitorio sull’asse riproduttivo e quindi la sua persistente elevazione suggerisce un possibile coinvolgimento del mantenimento della disfunzione gonadica.

Tra i peptidi periferici che hanno un ruolo nella genesi dei DCA vanno ricordati la colecistochinina (CCK), la leptina e la gherlina.

La CCK, prodotta sia perifericamente dall’intestino sia nel SNC è considerata uno stimolatore fisiologico della sazietà e un inibitore del consumo di lipidi. Nelle pazienti anoressiche è più elevata nella fase post-prandiale e sarebbe relazionata con il rifiuto del cibo. La leptina, ormone secreto soprattutto dal tessuto adiposo bianco, ha il ruolo di informare il SNC sui depositi di grasso dell’organismo ai fini della regolazione del peso corporeo. Data la drastica riduzione della massa grassa nell’AN si comprende come i livelli ematici di leptina siano considerevolmente ridotti nelle pazienti anoressiche sottopeso e come progressivamente aumentino man mano che procede il recupero del peso corporeo.

La ghrelina è un polipeptide secreto dalle cellule della mucosa gastrica che, oltre a stimolare la secrezione di ormoni della crescita è dotato di capacità stimolatorie sull’appetito. La secrezione di ghrelina aumenta con il digiuno, stimolando l’assunzione del cibo, e si riduce dopo il consumo dei pasti, ponendo fine all’assunzione di cibo. Dati preliminari evidenziano che nelle pazienti con AN i livelli plasmatici di ghrelina sono nettamente aumentati. (Santoanastaso et al., 2006).

Anche le tecniche di neuroimaging strutturale e funzionale ci sono venute in aiuto per dimostrare alterazioni significative anche a livello del SNC.

I lavori che hanno utilizzato la CT hanno rilevato che i soggetti con AN dimostravano un aumento dei volumi ventricolari accompagnati da un’atrofia cerebrale (Laessle, Krieg, Fichter, & Pirke, 1989), mentre i lavori con la RMN hanno rilevato una riduzione sia della sostanza grigia sia della sostanza

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bianca, accompagnata da un aumento del liquido cefalorachidiano, gli stessi autori hanno rilevato una persistenza della perdita di sostanza grigia ed una normalizzazione della sostanza bianca e del volume del liquido cefalorachidiano dopo la risoluzione dell’AN.

È alla RMN che si notano però le differenze sostanziali, infatti alcuni lavori hanno messo in evidenza una effettiva riduzione del talamo e del mesencefalo, una riduzione del complesso amigdala-ippocampo e una riduzione della regione anteriore del cingolo destro (Giordano et al., 2001).

2.1.3 Diagnosi e quadro clinico

La modalità d’esordio più frequente è graduale e insidiosa: un’adolescente, talora realmente sovrappeso, decide di intraprendere una dieta per prendere qualche chilo, si allontana progressivamente dai coetanei, spesso si polarizza sulle attività di studio o di lavoro con determinazione ossessiva, trascurando ogni altro interesse.

L’inizio di tutto è determinato dalla restrizione alimentare che raramente si presenta come un episodio acuto( in relazione a eventi significativi di perdita, di separazione o a insuccessi) di solito la diminuzione dell’apporto alimentare è graduale e riguarda inizialmente cibi ricchi di lipidi e carboidrati(pane, pasta, patate ,dolci) che vengono sostituiti da pasti a base di frutta e verdura, oppure da alimenti a basso contenuto di grassi e zuccheri ,oppure da alimenti ad a elevato contenuto di fibre. Ogni alimento viene accuratamente pesato, ne viene calcolato l’esatto contenuto calorico e il pasto si riduce a poca verdura scondita e a piccole quantità di frutta che la paziente consuma con estrema e calcolata lentezza.

Frequentemente le pazienti sovrintendono alla preparazione del cibo, nel timore che per cucinare vengano utilizzate dosi eccessive di condimenti o che non siano rispettate le quantità prescritte dalla dieta, arrivando a rifiutare

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Lo schema alimentare seguito è rigido e stereotipato, ma possono comparire abbuffate condotte con modalità impulsiva, oppure programmate (sottotipo binging/purging). Frequente è anche l’acquisto sistematico della versione light dei prodotti in commercio, il consumo eccessivo di caffeina e teina (a scopo anoressizzante) e di chewing-gum e bevande gassate (per favorire la distensione meccanica dello stomaco e il senso di sazietà). Ai rimproveri di conoscenti e familiari sulla rigidità dello stile alimentare, spesso sono fornite motivazioni di ordine voluttuario, salutistico o etico (Attia, Haiman, Walsh, & Flater, 1998). L’eventuale interferenza di genitori e amici può scatenare intense reazioni di rabbia che possono sfociare in aggressività verbale e fisica entero-diretta a seguito dell’interruzione di rituali relativi alle abitudini alimentari (Paul, Schroeter, Dahme, & Nutzinger, 2002).

Le pazienti a dieta rigida non ascoltano i segnali di fame e di sazietà provenienti dal corpo e li sostituiscono con segnali di stop determinati cognitivamente (Barbarich et al., 2004). Alla restrizione alimentare molte pazienti accostano l’attività fisica ripetitiva e stereotipata, effettuata con il solo scopo di bruciare calorie e alleviare l’ansia correlata alla polarizzazione ideativa sul rischio di aumentare di peso. Sono frequenti l’iper-allenamento, l’incapacità di fermarsi e la scelta di svolgere qualsiasi attività secondo lo schema energeticamente più dispendioso (ad es. restare in piedi piuttosto che sedersi, evitare gli ascensori). Diversi studi hanno dimostrato che ad una maggiore attività fisica corrisponde un aumentato livello d’insoddisfazione per l’immagine corporea (Fassino et al., 2002).

Con il progredire della malattia, l’alimentazione, le condotte di controllo del peso corporeo, le abitudini di vita si fanno sempre più rigide e stereotipate; nonostante il grave deperimento fisico, rimangono immutabili il terrore di ingrassare, la convinzione di essere sovrappeso, e il rifiuto del trattamento farmacologico considerato ‘pericoloso’ per il possibile incremento ponderale.

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La necessità di continuare a dimagrire impone un attento monitoraggio del peso: il pesarsi più volte al giorno, dopo ogni ingestione di cibo, e il misurarsi con il metro, diventano rituali ripetitivi e obbligati, vissuti con ansia e angoscia. La polarizzazione ideativa sull’immagine corporea è uno degli aspetti nucleari sia della AN che della BN, vi è una percezione dismorfofobica dell’immagine corporea nella sua totalità, infatti le pazienti ipervalutano la dimensione della larghezza rispetto all’altezza, che tuttavia è limitata solo alla percezione di sé.

Altra caratteristica peculiare della malattia soprattutto nella forma binging/purging sono le condotte di eliminazione (Cassano & Tundo, 2006). La ricerca della magrezza è perseguita ossessivamente, oltre che con una riduzione dell’apporto calorico e con un maggiore dispendio energetico, anche con mezzi tesi ad annullare gli effetti del cibo sul peso corporeo, quali il vomito autoindotto o l’abuso di lassativi e diuretici (Safer & Arnow, 2012). Studi epidemiologici condotti su popolazioni speciali, come gli studenti universitari o donne in età lavorativa appartenenti a classi sociali medio/alte, mostrano un’ampia diffusione delle condotte di eliminazione per il controllo del peso (Ramacciotti et al., 2002).

Il ricorso alle condotte di eliminazione può verificarsi solo in occasioni particolari associate al consumo di grandi quantità di cibo, o se si devono affrontare impegni sociali particolarmente importanti, allo scopo di presentarsi in condizioni fisicamente impeccabili. L’assunzione di diuretici e lassativi per controllare il peso sarebbe diffusa in percentuali variabili (7-10%), secondo studi condotti su soggetti in età compresa tra i 15 e 27 anni. In questa fascia d’età circa il 20% dei soggetti ha soddisfatto, per periodi limitati nel tempo i criteri per la diagnosi di un DCA a piena espressione sintomatologica (Cassano & Tundo, 2006).

Le pazienti con tendenza all’abuso di lassativi, diuretici e anoressizzanti mostrano inoltre un maggior numero di tentativi di suicidio e di gesti

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autolesivi in anamnesi, una maggior frequenza di sintomi depressivi e una maggiore resistenza al trattamento (Portzky, van Heeringen, & Vervaet, 2014).

2.1.4 Complicanze mediche dell’Anoressia Nervosa

L’Anoressia Nervosa (AN) assieme alla Bulimia Nervosa (BN) sono le uniche due patologie facenti parte dei Disturbi dell’Alimentazione che possono avere ripercussioni sulla funzionalità dei vari organi e apparati, tali da mettere a rischio la vita delle pazienti.

Le alterazioni possono essere così schematizzate:

- Complicanze cardiovascolari: esse si verificano nel 90% delle anoressiche. La bradicardia secondaria all’ipertono vagale e l’ipotensione arteriosa dovuta alla ridotta contrattilità miocardica e all’ipovolemia, sono in genere le prime alterazioni in corso di denutrizione.

- Complicanze idroelettrolitiche: nelle pazienti che fanno uso di lassativi/diuretici e vomitano posso riscontrare ipomagnesemia, iponatriemia e ipopotassiemia con rischio di aritmie con collasso cardiocircolatorio. Ritroviamo spesso alterazioni elettrocardiografiche come l’allungamento del QT.

- Complicanze renali: circa il 70% delle pazienti possono avere transitorie alterazioni della funzionalità renale, tra cui la riduzione della capacità del rene di concentrare le urine, alterazioni delle concentrazioni degli ioni, un aumento dell’urea plasmatica. I danni piu gravi tali da portare anche ad una possibile insufficienza renale, si verificano nei soggetti gravemente disidratati o che abusano di lassativi e diuretici. Un’alterazione più rara è l’edema periferico, solitamente transitorio e di lieve entità, si presenta assieme ad una diminuzione delle proteine nel sangue.

- complicanze ossee/muscolari: la comorbilità medica più comune nelle donne con AN è la perdita ossea, con oltre l'85% delle donne con valori di

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densità minerale ossea di più di una deviazione standard inferiore alla media comparabile per età. La ridotta massa ossea in AN è dovuta a molteplici adattamenti ormonali alla nutrizione, tra cui amenorrea ipotalamica e resistenza dell'ormone della crescita. È importante sottolineare che questa bassa massa ossea è anche associata ad un aumento del rischio di frattura sette volte maggiore. Pertanto, le strategie per prevenire efficacemente la perdita ossea e aumentare la massa ossea sono fondamentali (Fazeli & Klibanski, 2014).

- alterazioni endocrine: l’amenorrea è presente in queste pazienti ed è dovuta ad uno stato di ipogonadismo ipogonadotropo caratterizzato da basse concentrazioni di LH e FSH ed estrogeni. Tutto questo suggerisce la regressione della funzionalità dell’asse riproduttivo (Jagielska, Wolanczyk, & Osuch, 2010).

Poiché la somministrazione di GnRH ristabilisce la normale funzionalità gonadica si capisce come la disfunzione sia legata a un’alterata produzione di GnRH ipotalamico. Infatti la perdita della massa grassa determina la caduta degli estrogeni circolanti con interruzione del feedback che questi esercitano sulla secrezione di GnRH.

Nelle anoressiche è riconosciuta anche un’iperattività dell’asse surrenalico con elevati livelli di cortisolo secondaria all’iperproduzione di ACTH ma senza l’instaurarsi di un Cushing per mancanza di substrati.

- alterazioni ematologiche: si riscontra leucopenia e linfocitosi secondarie a ipoplasia del midollo osseo, posso avere così anemia normocromica e normocitica.

- alterazioni cute e annessi: possiamo riscontrare cute secca e disidratata, capelli fragili e cadenti, aumento della peluria e presenza di colorito giallastro alle estremità (ipercaroteinemia).

- alterazioni apparato gastroenterico: è di comune riscontro l’erosione dello smalto dentario secondaria al contatto cronico con gli acidi contenuti

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nel vomito. Si può avere inoltre un’ipertrofia delle ghiandole salivari e delle parotidi.

Lesioni dell’esofago e dello stomaco sono quasi sempre presenti, in particolare quest’ultimo diventa atrofico e atonico.

Stipsi e presenza di ‘colon catartico’ sono associate alla drastica riduzione del cibo e sono peggiorate dall’abuso di lassativi.

Frequente anche una compromissione della funzionalità epatica con elevazione delle transaminasi epatomegalia e steatosi (Rosen, Bakshi, Watters, Rosen, & Mehler, 2017).

2.1.5 Trattamento

Ci sono fondamentalmente tre tipi di trattamento attuabili che sono l’ospedalizzazione, la psicoterapia e la terapia farmacologica. L’ospedalizzazione è dettata da problemi fisici, ma non esiste un limite di peso che ne costituisce l’indicazione, di solito è consigliata quando il BMI è inferiore a 14, e deve essere continuata fino a che non si raggiunga un mantenimento del peso raggiunto.

La psicoterapia è un’altra opzione attuabile ed essa è indicata quando il recupero ponderale è già iniziato, il suo scopo è affrontare la sopravvalutazione del peso e della forma del corpo, le abitudini alimentari e il funzionamento psicosociale, di solito viene effettuata con la terapia cognitivo comportamentale (CBT).

Infine il trattamento farmacologico risulta essere un’altra opzione valida e può essere attuato da solo o in combinazione con le altre due precedenti. I farmaci che si sono dimostrati più efficaci sono gli Inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) in alcune fasi del trattamento e nella prevenzione delle ricadute. Essi si sarebbero dimostrati efficaci nelle pazienti che hanno comorbidità psichiatriche con disturbi dello spettro depressivo e di quello ossessivo-compulsivo (Vaswani & Kalra, 2004).

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Anche i farmaci antipsicotici sono stati utilizzati nell’AN con lo scopo di beneficiare degli effetti sedativi e di aumento del peso che conseguono la loro assunzione, il loro uso viene inoltre giustificato dall’ipotesi che nell’AN vi sia un accentuato tono dopaminergico (Santoanastaso et al., 2006).

2.1.6 Decorso ed esiti

Il decorso dell’anoressia nervosa è variabile: si può verificare una remissione più o meno completa, in seguito ad un episodio singolo, soprattutto nelle pazienti più giovani, più frequentemente, tuttavia l’andamento è irregolare con remissioni e riesacerbazioni. Fattori prognostici sfavorevoli sono una lunga durata della malattia prima del trattamento, un’età di esordio più elevata, l’appartenenza al sottotipo con condotte di eliminazione e scarso sostegno familiare. Il basso BMI e i bassi livelli di albumina sierica (segno di malnutrizione) sembrano essere i principali predittori della mortalità. La possibilità di guarigione varia dallo 0% al 30% con ritorno al peso normale nel 64% dei casi. L’amenorrea si risolve nel 33%-66% dei casi. La mortalità varia dal 5 al 20% e le cause più comuni sono ricollegabili alla denutrizione, squilibri elettrolitici e al suicidio (Sullivan, 1995).

2.2 Bulimia Nervosa

2.2.1 Classificazione ed epidemiologia

La bulimia che letteralmente significa “fame da bue”, è un disturbo citato raramente nelle pubblicazioni mediche anteriori agli anni 60. Considerata inizialmente come una variante dell’anoressia, o una forma particolare di obesità, solo recentemente ha acquistato un’autonomia nosografica (Santoanastaso et al., 2006).

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E’ stata introdotta come entità diagnostica nella terza edizione del Diagnostic and Statistic Manual DSM-III (Association, 1978), ma già nella revisione del DSM III il termine diagnostico “Bulimia” fu rimpiazzato da “Bulimia Nervosa”.

Sicuramente una delle ragioni di questo cambiamento concerneva la confusione riguardo all’uso del termine “Bulimia” usato in maniera indifferente fino a quel momento nella letteratura riguardante i disturbi alimentari per indicare e il sintomo bulimia, sinonimo dell’abbuffata bulimica, e la sindrome clinica più severa caratterizzata da una costellazione di sintomi che includono episodi clinici di abbuffata e condotte di eliminazione.

Certamente il sintomo bulimia ha una prevalenza molto maggiore della sindrome clinica BN e si presenta nella popolazione sottopeso, normopeso e sovrappeso (Crowther, Kichler, Sherwood, & Kuhnert, 2002).

Con l’avvento della quarta edizione del DSM, laddove vi sia più del 15% di sottopeso è diagnosticata l’anoressia nervosa sottotipo binging/purging, se al contrario la paziente è normo o sovrappeso, la diagnosi è di BN. Un criterio discriminante è dato dallo scadimento delle condizioni fisiche: entrambi i disturbi condividono la presenza di crisi bulimiche (binge eating), le restrizioni dell’apporto calorico e le manovre di eliminazione, come pure la paura patologica dell’aumento di peso e una non corretta valutazione del proprio aspetto fisico, tuttavia nella BN il disturbo dell’immagine corporea, per quanto presente non appare marcato come nell’anoressia.

La convinzione più o meno giustificata di essere sovrappeso e l’incapacità di controllare l’apporto alimentare (con la tendenza alle abbuffate, appunto, che esitano nel fatto che la paziente subisca una serie continua di fallimenti nella dieta), fanno si che le pazienti utilizzino mezzi estremi per controllare il peso (Santoanastaso et al., 2006).

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La BN fu il primo disturbo dell’alimentazione ad essere caratterizzato da episodi ricorrenti di binge eating (abbuffata) cioè episodi in cui il soggetto mangiava quantità particolarmente importanti di cibo nel corso delle quali sperimentava un senso di perdita di controllo, in persone con BMI<30 (Biondi, 2014).

Tipicamente, il malato si impegna in comportamenti estremi mirati al controllo del peso corporeo per controbilanciare l’episodio di binge eating. Questi comportamenti possono essere rappresentati dal vomito autoindotto o/e dall’abuso di diuretici o lassativi (forma purging della BN).

Tuttavia sembra che il comportamento che affonda più profondamente le sue radici nella storia (quello in cui si hanno testimonianze più antiche) sia proprio il Binge eating, che è stato riconosciuto per la prima volta circa 2000 anni fa (Stunkard, 1997).

Il DSM4 ha introdotto due sottotipi della malattia, il purging (più grave) che includeva quei soggetti che almeno due volte a settimana in un intervallo di tre mesi praticano vomito, abuso di lassativi o diuretici, e il non purging che includeva coloro che regolarmente utilizzano altri comportamenti compensatori inappropriati come il digiuno o l’esercizio fisico inappropriato. Nonostante sia nota l’ampia sovrapposizione della psicopatologia dei disturbi alimentari e delle loro caratteristiche, c’è un consenso ragionevole riguardo la validità e l’utilità della distinzione tra BN-Purging e BED. C’è meno consenso riguardo la classe della BN-NP, con visioni contrastanti riguardo la sua validità e utilità e riguardo il suo legame con la BN-P e il BED (Jordan et al., 2014).

I valori di prevalenza puntoria sono compresi tra lo 0,5 e l’1,8% e la prevalenza è maggiore nei paesi industrializzati e in alcune popolazioni considerate a rischio come le studentesse, le atlete e le danzatrici.

Il rapporto femmine:maschi è 30:1. Nei maschi l’incidenza annua si colloca intorno allo 0,08 per 100.000. nel sesso femminile invece si può stimare che

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l’incidenza più alta è stata riscontrata nella fascia di età che va dai 20 ai 24 anni. Insorge quindi principalmente nell’età adolescenziale e nella prima età adulta (Cassano & Tundo, 2006). Usando i criteri revisionati del DSM5, la prevalenza di BN negli studi basati sulla popolazione aumenta rispettivamente allo 0,7%-1,6% nei ragazzi e al 2,6-8,7% nelle ragazze (Stice, Marti, & Rohde, 2013).

2.2.2 Fattori di rischio

L’eziopatogenesi è verosimilmente come per l’AN multifattoriale ed è determinata dall’interazione tra fattori genetici, biologici, psicologici e socio-culturali. La dieta costituisce un momento di vulnerabilità per lo sviluppo della BN, a livello biologico essa per esempio può determinare un insufficiente apporto di triptofano, a livello psicologico il successo del progetto dietetico può rinforzare i propositi di dimagrimento e portare ad un’eccessiva perdita di peso.

Anche qui come nell’AN il ruolo della cultura, dei mass media sono fondamentali per il costituirsi della malattia. La natura delle influenze ambientali della BN è stata affermata tramite ricerche fatto su larga scala, che hanno concluso che i fattori di rischio per la BN riguardano principalmente due domini critici: fattori di rischio generali per i disordini psichiatrici e fattori di rischio specificamente connessi alla dieta. I cinque fattori di rischio generali per i disordini psichiatrici erano: importanti problemi con i genitori , rischio di obesità, disordini psichiatrici nei genitori , abuso sessuale o fisico e un disordine psichiatrico in fase premorbosa (Stunkard, 1997).

Molti studi hanno documentato una storia di trauma in pazienti con un disordine alimentare, e l’abuso sessuale nell’infanzia è sempre stato il trauma meglio documentato in questi pazienti (Hilbert et al., 2014).

I tre fattori di rischio specificamente connessi alla dieta erano: commenti critici da parte della famiglia riguardo la forma fisica, il peso o il

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comportamento nei riguardi del cibo, obesità infantile e una storia di obesità nei genitori (Stunkard, 1997). Il narcisismo, inteso come la necessità di attenzione e ammirazione da parte degli altri, viene ritenuto essere un fattore di rischio per la BN (Cassano & Tundo, 2006). Esso è caratterizzato da ricerca di attenzione, tendenze al controllo del pensiero altrui e la rigida magnificazione della perfezione delle proprie virtù. In particolare una componente del Narcisismo, la Narcisistic Abused Personality, correlata a un bisogno di approvazione e conferma da parte degli altri e dalla visione che i bisogni degli altri siano più importanti dei propri, ha manifestato negli studi una significativa correlazione positiva con la BN. Questi risultati erano attesi dato che il cosiddetto vulnerable narcissism e la BN condividono diverse caratteristiche collegate alle emozioni negative (depressione, ansia, sentimenti di inadeguatezza e vergogna). Inoltre, entrambi sono correlati a esperienze traumatiche avute nell’infanzia (Maples, Collins, Miller, Fischer, & Seibert, 2011).

Una ridotta autostima sembra costituire un fattore predisponente per la BN. In particolare, l’autostima e le emozioni negative (come la depressione) sono stati proposti concettualmente come mediatori nella relazione tra l’insoddisfazione per la propria forma fisica (body dissatisfaction) e un pattern alimentare alterato. La body dissatisfacion è una condizione necessaria ma non sufficiente per la comparsa di un disordine alimentare. Il fattore determinante è se l’individuo sceglie il peso e la forma fisica come risposta a problemi di identità e di controllo. Controllare il peso e la forma fisica dell’ordine del raggiungimento degli standard internalizzati dell’apparenza, è la prima maniera di aumentare il proprio valore personale per le persone con i disordini alimentari.

Anche l’abbuffata può essere considerata un metodo per far fronte alla regolazione emozionale. Molti ricercatori hanno proposto che ‘abbuffata sia scatenata da emozioni negative (depressione e ansia), che possono essere

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incrementate da un’autostima negativa o da altri fattori stressogeni (conflitti e perdite). Il sollievo dalle emozioni negative sembra essere comunque a breve termine. Il meccanismo con il quale questo sollievo si raggiunge sembra essere più che altro una delocalizzazione dell’attenzione dalle emozioni negative e le loro origini, piuttosto che un conforto dall’atto di mangiare di per sé. Solo la depressione tuttavia sembra avere un effetto diretto sull’abbuffata. È stato dimostrato comunque che l’autostima abbia un significativo effetto negativo su comportamenti alimentari scorretti e abbuffate, ma solo nel sesso femminile (Brechan & Kvalem, 2015).

La prova più suggestiva di una vulnerabilità biologica alla BN è fornita dall’evidenza che questo, come altri disturbi alimentari, presenti un’aggregazione familiare. Non è ancora chiaro tuttavia quali geni siano coinvolti nel determinismo di una tale vulnerabilità.

Lo studio dei polimorfismi dei geni he codificano per i fattori coinvolti nella regolazione dell’alimentazione e del peso corporeo o che influenzano alcuni tratti di personalità o le dimensioni psicologiche alterate dei DCA, quali l’umore, l’ansia, l’impulsività e l’ossessività, hanno messo in evidenza che un aumentato rischio di BN è associato alla presenza della variante S (short) del polimorfismo del gene che codifica per il trasportatore della serotonina ( tale variante è responsabile di una ridotta funzionalità nella ricaptazione della serotonina) (Santoanastaso et al., 2006). È noto infatti come la serotonina ha un ruolo accertato nella regolazione del comportamento alimentare. Pazienti con BN in fase attiva mostrano livelli diminuiti di CSF 5-HIAA (almeno quando gli episodi di binge si presentano a frequenza molto alta), ridotto legame alle piastrine degli inibitori dell’uptake di serotonina, riduzione della disponibilità del trasportatore centrale e risposte neuroendocrine ridotte ai precursori del 5-HT e agli agonisti/agonisti parziali della serotonina, come la metaclorofenilpiperazina. La prova più convincente di un disturbo a carico di

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questo sistema tuttavia è fornita dalla risposta terapeutica che soprattutto le pazienti BN esibiscono nei confronti degli antidepressivi serotoninergici. Per quanto riguarda i peptidi periferici coinvolti nella regolazione del comportamento alimentare anche qui come nell’AN sembrano essere importanti la CCK, la ghrelina e la leptina.

In particolare, nelle pazienti con BN sarebbero stati ritrovati bassi livelli liquorali e ridotto incremento post-prandiale di CCK che attraverso una riduzione del senso di sazietà, potrebbe essere responsabile dell’ingestione di grosse quantità di cibo e quindi di abbuffate. Inoltre le pazienti con BN possono presentare livelli plasmatici di leptina sia normali che ridotti. Bassi livelli sembrerebbero correlati con la cronicità e la severità della malattia, l’iposecrezione potrebbe essere correlata al mantenimento del comportamento di abbuffata attraverso una riduzione del senso di sazietà. La ghrelina inoltre in queste pazienti sembrerebbe ridursi dopo il pasto, in maniera più netta del normale rispetto ai soggetti sani, questa evenienza sarebbe correlata al deficit di sensazione postprandiale di sazietà e potrebbe contribuire alla genesi delle abbuffate. Importanti evidenze suggeriscono come il circuito frontostriatale supporti la capacità di controllo di sé sia nelle pazienti sane che malate. La maggior parte degli studi ad oggi condotti con il neuroimaging funzionale riguardo la BN ha chiarificato come ci sia una diminuzione del funzionamento proprio di questo circuito, e il processo di autocontrollo cui esso è sottostante, quindi queste pazienti avrebbero una deficitaria regolazione del comportamento alimentare (Berner & Marsh, 2014).

2.2.3 Diagnosi e quadro clinico

L’inizio della malattia è solamente ascrivibile a una dieta dimagrante attuata per rimediare a un modesto sovrappeso, dieta che la paziente impara

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parte delle pazienti, quindi, l’esordio della BN è preceduto da una fase di anoressia di durata variabile da poche settimane a molti mesi. In alcuni casi all’inizio della dieta ipocalorica fa seguito quasi immediatamente la comparsa di abbuffate che in genere, nelle fasi più precoci del disturbo, vengono compensate da ulteriori restrizioni al regime dimagrante in atto o dall’incrementi della quantità di esercizio fisico. Rapidamente, tuttavia, lo schema alimentare diventa un’alternanza continua da semidigiuni o digiuni completi e di episodi di abbuffata. Soprattutto nelle fasi inziali, la paziente mantiene un’assoluta segretezza sul proprio comportamento e talora possono anni prima che un familiare si renda conto del problema.

Tre sono i criteri fondamentali della BN: (Criterio A) episodi ricorrenti di binge eating, (CriterioB) ricorrenti comportamenti compensatori inappropriati per prevenire l’acquisizione di peso, e (Criterio D) l’autovalutazione indebitamente influenzata dalla forma fisica e dal peso. Per qualificare il disturbo come BN, gli episodi di binge eating devono ripetersi almeno una volta alla settimana per 3 mesi (Criterio C).

Per quanto riguarda l’abbuffata nei pazienti con BN, l’alimento scelto per iniziare l’abbuffata è generalmente uno di quelli che il paziente si vieta o che comunque considera “pericoloso”: di solito vengono preferiti alimenti che non richiedono particolare preparazione e che possono essere ingeriti rapidamente.

La quantità di cibo ingerita è elevata (dalle 5000 alle 30.000 Kcal) così come la quantità di bevande, specialmente gassate, per favorire l’emesi. L’ingestione è vorace, caotica e compulsiva senza attenzione per il gusto ed il sapore e si alternano spesso cibi salati a cibi dolci.

La sensazione di perdita di controllo, presente nelle fasi iniziali del disturbo, spesso con il tempo scompare: la crisi viene pianificata in anticipo e la paziente attinge alle scorte che si è procurata o che aveva precedentemente occultato (Santoanastaso et al., 2006).

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Un atro criterio essenziale della BN è l’uso ricorrente di inappropriati comportamenti compensatori per prevenire l’aumento di peso, al cui insieme si riferisce l’espressione “purging” (Criterio B). Molti individui affetti da BN usano svariati metodi per compensare le proprie abbuffate. Il più comune è il vomito autoindotto mediante stimolazione del faringe o molto più raramente, con farmaci emetici. Gli individui che si abituano a indurre il vomito sono spesso anche capaci di vomitare autonomamente, col solo controllo mentale (Biondi, 2014).

Altri comportamenti compensatori includono l’abuso di lassativi e diuretici. Dal 20% al 40% delle pazienti abusa di lassativi, sia subito dopo la crisi sia cronicamente: questi, inducendo uno stato di disidratazione, danno al paziente l’illusione di dimagrire.

Frequente è anche l’esercizio fisico estenuante e praticato compulsivamente, può essere considerato eccessivo quando interferisce significativamente con attività importanti, quando viene praticato ad orari inappropriati o in luoghi inappropriati o quando l’individuo continua a praticarlo nonostante danno oggettivi alla sua persona o altre complicanze mediche.

Nelle fasi inziali le condotte di eliminazione sono messi in atto solo in concomitanza con le abbuffate, a cui le pazienti tentano peraltro di resistere. Con il tempo molte scoprono che, inducendosi il vomito possono concedersi tutti i cibi proibiti di cui si sono private senza prendere peso, pertanto decidono di abbandonare qualunque tentativo di resistere all’impulso di abbuffarsi.

Talvolta il pensiero dell’abbuffata si fa dominante e interferisce seriamente con le attività quotidiane, compromettendo il rendimento lavorativo e i rapporti interpersonali.

In alcuni casi il mancato controllo sull’alimentazione e i conseguenti sentimenti di svalutazione e colpa, determinano l’insorgenza di atti autolesionistici quali graffiarsi, tagliarsi, mordersi, bruciarsi o di

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atteggiamenti clastici. Più raramente si verificano tentativi di suicidio, in genere attuati con modalità impulsive, senza alcuna programmazione.

A prescindere dal sottotipo, tutte le pazienti con BN condividono le preoccupazioni eccessive riguardanti il peso, l’aspetto, le proporzioni del corpo (Criterio D); a volte, il grado di polarizzazione sull’aspetto fisico o sulle dimensioni corporee raggiunge una gravità tale da soddisfare i criteri del disturbo da dismorfismo corporeo. La maggior parte delle pazienti pur vomitando più volte al giorno, mantiene un peso normale rispetto all’età e all’altezza, ma sono tuttavia presenti soggetti con peso inferiore alla norma e soggetti in cui viene raggiunto un lieve grado di obesità.

Ogni minima variazione del peso, percepita anche da una maggiore aderenza degli indumenti, è fonte di grave preoccupazione che induce le pazienti a modificare ulteriormente il comportamento alimentare. Come già in pazienti con AN, anche nelle pazienti con BN l’errata valutazione delle dimensioni corporee esercita un’indebita influenza sui livelli di autostima, accentuata dalla consapevolezza di non riuscire a mantenere un controllo anche minimo sulle proprie pulsioni alimentari. Per molte pazienti arriva un momento in cui ogni occasione che potrebbe facilitare l’accesso al cibo (cene, feste, cerimonie) viene evitato con conseguente peggioramento dell’adattamento sociale (Santoanastaso et al., 2006).

2.2.4 Complicanze mediche della Bulimia Nervosa

Anche nella BN come nell’AN ci possono essere ripercussioni sulla funzionalità dei vari organi e apparati che possono mettere a rischio la vita delle pazienti.

Le alterazioni possono essere così schematizzate:

- alterazione della cute e degli annessi: sulla superficie dorsale delle mani è possibile osservare in corrispondenza delle articolazioni metacarpo falangee, callosità con iperpigmentazione (segno di Russel), secondarie allo

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sfregamento di dette zone contro il palato, nel corso dei tentativi di vomito. Gli sforzi effettuati durante il vomito possono determinare la comparsa di petecchie, soprattutto nella regione peripalpebrale, o di emorragie congiuntivali. Sovente i rigurgiti acidi possono determinare lesioni infiammatorie in regione periorale.

- alterazioni dell’apparato gastroenterico: la più frequente complicanza orale nelle pazienti che vomitano, è rappresentata dall’erosione dello smalto dentale, tale meccanismo è responsabile anche di carie dentali e di gengivite irritativa.

È di comune riscontro anche un’ipertrofia delle ghiandole salivari (scialoadenosi), bilaterale, che interessa le parotidi ed è correlata alla cronicità e alla frequenza del vomito e delle abbuffate.

Possono essere presenti anche esofagiti indotte dal vomito o dalla presenza di reflusso gastro-esofageo, secondario a ipotonia dello sfintere cardiale. Nella BN, la motilità esofagea può essere alterata e causare disfagia; la capacità gastrica è aumentata in relazione alla cronicità delle abbuffate.

- alterazioni elettrolitiche: le più frequenti. Esse sono il risultato di digiuno e malnutrizione, con vomito, abuso di diuretici e lassativi con conseguente perdita di liquidi e ipovolemia. Le più comuni sono l’ipopotassiemia, l’iponatriemia e l’ipocloremia associata ad alcalosi metabolica. L’ipopotassiemia in particolare può portare ad alterazioni dell’ECG (allungamento QT) con aritmie severe e morte improvvisa anche se in percentuale minore che nelle pazienti con AN.

- alterazioni renali e metaboliche: includono la diminuzione del filtrato glomerulare con aumento dell’azotemia, rischio di nefropatia ipokaliemica secondaria ad abuso di diuretici con conseguente AKI e infine un aumento del rischio di nefrolitiasi per disidratazione cronica.

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- alterazioni endocrine: oligomenorrea e amenorrea sono di frequente risconto, ma in misura minore che nelle pazienti con AN. Sono accompagnate da alterazioni a carico delle gonadotropine e degli estrogeni, ma la risposta delle gonadotropine alla somministrazione esogena di GnRH è normale, e i ritmi circadiani del LH e FSH presentano alterazioni dell’ampiezza e non dei picchi secretori. La BN è associata inoltre alla Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS), caratterizzata da alterazioni del pattern mestruale secondario all’aumento del testosterone mediato dall’insulino-resistenza. L’anomalia più frequente nelle pazienti affette da BN è la marcata soppressione di cortisolo dopo somministrazione di desametasone che però non ha nessuna correlazione con gli aspetti clinici della malattia e sembra regredire dopo la guarigione.

2.2.5 Trattamento

Nella maggior parte dei casi a differenza dell’AN i pazienti con BN vengono trattati ambulatorialmente e non necessitano di ospedalizzazione, solo nei casi con gravi comorbidità psichiatriche e comportamenti autolesivi è indicato il ricovero.

Al giorno d’oggi una buona psicoterapia strutturata basata sulla Terapia Cognitivo Comportamentale(CBT) è generalmente considerata il gold standard per il trattamento della BN. La riduzione della frequenza di abbuffate che segue la CBT ha dei tassi che variano generalmente dal 50% all’80%, tassi di completa astinenza che seguono la terapia sono tra il 30% e il 50% (Vancampfort et al., 2014).

La seconda più importante strategia di trattamento è la farmacoterapia. L’uso di inibitori specifici degli Inibitori del reuptake della serotonina (SSRI) è diventato il trattamento standard in particolare l’uso di fluoxetina. Come per ciò che riguarda la CBT l’effetto sulla frequenza delle abbuffate è

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significativo, tipicamente variabile tra il 40 e il 60% di remissione con un 10-35% dei pazienti che raggiungono l’astinenza.

2.2.6 Decorso ed esiti

La compromissione funzionale è variabile; in alcuni casi viene mantenuto un buon compenso, in altri si verifica un marcato disadattamento sul piano sociale, delle relazioni interpersonali e familiari e del funzionamento lavorativo. Non si hanno attualmente dati attendibili nel decorso a lungo termine. Nel 30%dei casi anche dopo la scomparsa delle crisi bulimiche permangono la polarizzazione ideativa sul cibo, sul peso e sull’aspetto fisico. La cronicizzazione sembra verificarsi nel 20% dei pazienti. Nel 75% dei casi, ad un anno dall’inizio del trattamento viene riportata una competa remissione della sintomatologia bulimica. Il tasso di mortalità associato all BN non è definito, ma sembra attestarsi attorno al 3%. Eventuali disturbi presenti in comorbidità con la BN non sembrano condizionare la prognosi (ma ne condizionano il grado di tendenza al suicidio), al contrario, solitamente al miglioramento della patologia bulimica corrisponde un parallelo miglioramento della patologia associata. Il suicidio è una delle più in importanti cause di morte tra gli individui affetti da BN e molti studi hanno riportato una frequenza lifetime di tentativi di suicidio nei pazienti con BN comprese tra il 15% e il 40%, in particolare sarebbe associata ad abuso di sostanze psicotrope e alcool, a disordini affettivi e a disturbo di personalità borderline. (Anderson et al., 2017).

2.3 Binge Eating Disorder

2.3.1 Classificazione ed epidemiologia

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di inappropriati meccanismi di compenso, che conduce a variabili livelli di obesità (Santoanastaso et al., 2006)..

Il BED, è una sindrome proposta nell’Appendice dell’American Psychiatric Association Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, il DSMIV(Andreoli et al., 2007) e differisce dalla BN nel fatto che i pazienti non si impegnano regolarmente in condotte estreme tese al controllo del peso corporeo.

Proprio per il fatto che le abbuffate nel caso dei soggetti BED non vengono concluse da un comportamento di compenso, tra i criteri diagnostici del DSM-IV si parla di “giorni” di abbuffata per il BED (con una durata minima di sei mesi), mentre di “episodi” nel caso della BN (con una durata minima di tre mesi).

Tuttavia ,nonostante il nucleo del comportamento patologico del BED sia costituito dalla presenza di abbuffate, rispetto alla BN risulta più corretti parlare di giorni piuttosto che di episodio di abbuffata: l’alimentazione discontrollata è infatti caratterizzata da giorni binge, nei quali il soggetto ingerisce ingenti quantità di cibo durante le 24 ore, alternati a giorni di alimentazione normale oppure ristretta ( si farà poi riferimento a come questo possa costituire anche un fattore di rischio per l’episodio binge).

Se compariamo i disturbi alimentari (BED e BN, e in particolar modo il sottotipo non purging) il BED è caratterizzato da livelli minori di restrizioni dietetiche, più frequente riscontro di obesità sia durante il disturbo che premorbosa, una maggiore insoddisfazione riguardante il proprio corpo, una minore salute fisica complessiva, e una minore sintomatologia tipica dei disturbi alimentari, un’età più adulta di esordio e una migliore prognosi. L’episiodio di binge eating si caratterizza per il “consumo in un discreto periodo di tempo, di una quantità di cibo che sia indubitabilmente maggiore di quanto la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo di tempo

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comparabile e in circostanze simili accompagnato a un senso di mancanza di controllo.”

L’espressione “un discreto periodo di tempo” si riferisce invece a un periodo limitato, solitamente inferiore alle due ore (Santoanastaso et al., 2006).

Un singolo episodio di binge eating necessita di non essere limitato a un solo contesto anche se il ricorso a spuntini di piccole dimensioni durante tutta la giornata non può essere considerato come binge eating (in questo caso si parla di grazing).

Per essere definito come un episodio di binge eating, il consumo eccessivo e ricorrente di cibo si deve accompagnare a un senso di mancanza di controllo. Alcuni individui riferiscono che dopo un po' di tempo i loro episodi di Binge Eating non corrispondono più ad una sensazione acuta di perdita di controllo quanto piuttosto ad un pattern generalizzato di alimentazione incontrollata. Anche se gli individui riferiscono che hanno abbandonato i tentativi di controllare il loro consumo di cibi, la perdita di controllo può comunque essere considerata come presente. L’episodio di binge eating sembra caratterizzarsi più per un’anormalità concernente il quantitativo di cibo introdotto che per un craving per qualche specifico alimento. L’abbuffata continua finché l’individuo non è pieno fino a sentirsi a disagio o persino a sentire dolore.

Il binge eating si caratterizza per un marcato disagio che segue l’abbuffata. Gli individui con BED e BN tipicamente si vergognano dei loro problemi alimentari e tentano di nascondere i propri sintomi.

L’episodio di binge eating solitamente viene messo in atto in segreto o comunque in modo meno evidente possibile. Il più comune antecedente per un episodio di binge eating è un’esperienza emotiva negativa (Biondi, 2014). L’età al momento della diagnosi varia dai 30 ai 40 anni (epoca più tardiva rispetto alle pazienti con BN) con inizio di disordini alimentari riferito

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attorno ai 20anni. Tra i soggetti in sovrappeso la presenza del BED sembra associarsi ad una più precoce insorgenza dell’obesità.

Il BED sembra essere relativamente raro nella popolazione generale con una prevalenza variabile, a seconda degli studi, tra lo 0,7 e il 4,6%; risulta invece di comune riscontro tra gli obesi, con tassi di prevalenza crescenti parallelamente al grado di sovrappeso. Esso sembra comunque riguardare uno spettro di popolazione più ampio rispetto all’Anoressia Nervosa e alla BN (Agh et al., 2015) .

Paragonati agli individui senza un disordine alimentare, è più probabile che gli individui con BED o BN riportino una storia di obesità severa nell’età adolescenziale. Tra gli individui con BED; circa il 63% riporta che i problemi di peso hanno preceduto il loro comportamento di restrizione alimentare o abbuffata (Puhl & Suh, 2015).

La durata media della patologia sembra essere maggiore nel BED rispetto agli altri disturbi alimentari: a seguito di un periodo di osservazione di cinque anni, il 10% dei pazienti presentava ancora tutti i criteri e la diagnosi del BED; inoltre individui affetti sembrano presentare in maniera minore una caratteristica comune alla BN o all’ AN, cioè il passaggio da una sindrome all’altra nel tempo (Fairburn, Cooper, & Shafran, 2003).

La peculiare condotta alimentare che caratterizza il BED determina l’incremento del peso corporeo, associato frequentemente ad ampie oscillazioni ponderali, che possono anche superare i 10kg. In base a fattori quali l’età e la frequenza delle abbuffate, l’eventuale presenza di occasionali condotte di eliminazione, attività fisica, le caratteristiche genetiche del soggetto e il suo stato metabolico, si possono avere condizioni di normopeso o di lieve sovrappeso sino a quadri di obesità conclamata. Quando presente l’incremento poderale tende ad essere progressivo, in quanto sembra che l’atteggiamento alimentare compulsivo si aggravi con l’aumentare del peso.

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2.3.2 Fattori di rischio

Abbiamo poche informazioni riguardo la storia naturale del BED.

L’obesità può essere considerata un fattore di rischio per lo sviluppo di alcuni disturbi mentali, e tra tutti i BED è sicuramente associabile al sovrappeso e all’obesità nei soggetti he arrivano all’osservazione psichiatrica (Biondi, 2014).

Nonostante l’obesità non figuri come criterio del DSM V per il BED, la ricerca ha dimostrato che c’è una forte associazione tra Bed e obesità, e inoltre è stato identificato che oltre il 65% degli individui affetti da BED sono obesi(Vancampfort et al., 2014).

Tuttavia è necessario distinguere il BED dall’obesità. La maggior parte degli individui obesi infatti non incorre in episodi ricorrenti di binge eating. Inoltre paragonati con gli obesi non BED di pari peso in studi di laboratorio riguardanti il comportamento alimentare, coloro che offrono del disordine consumano un maggior numero di calorie e presentino un maggiore impairment funzionale, una peggiore qualità della vita, riferiscono inoltre un maggior disagio soggettivo, e un maggior numero di comorbidità psichiatriche (Biondi, 2014).

La ricerca che ha comparato il benessere fisico e psicologico di persone obese affette o non affette da BED, ha identificato delle significative differenze. Per esempio, individui obesi affetti da BED dimostrano una più consistente psicopatologia compatibile con quella di altri disturbi alimentari, cioè una maggiore tendenza alla preoccupazione riguardate il peso e la forma fisica, una maggiore insoddisfazione riguardo il proprio corpo e una tendenza aumentata al fenomeno dell’emotional eating rispetto a persone obese non affette da BED. Inoltre, le persone con BED hanno un rischio maggiore di sviluppare una serie di altri disturbi psichiatrici (Vancampfort et al., 2014). È noto come i processi neurobiologici che riguardano la regolazione del comportamento, incluso il controllo riguardi il proprio comportamento

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