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STRESS OSSIDATIVO MITOCONDRIALE DA CHEMIOTERAPICI: SET UP DI UNA METODICA SPERIMENTALE ORIGINALE SU MITOCONDRI ISOLATI E VALUTAZIONE FARMACOLOGICA DI POTENZIALI AGENTI PROTETTIVI

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DIPARTIMENTO DI

FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale

in Farmacia

Tesi di laurea

STRESS OSSIDATIVO MITOCONDRIALE DA CHEMIOTERAPICI: SET UP DI UNA METODICA SPERIMENTALE ORIGINALE SU MITOCONDRI ISOLATI E VALUTAZIONE FARMACOLOGICA DI

POTENZIALI AGENTI PROTETTIVI.

Relatori:

Prof. Vincenzo Calderone Prof.ssa Lara Testai Correlatore:

Dott.ssa Eugenia Piragine

Candidato:

Giovanni Petrarolo

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Sommario

INTRODUZIONE...1

1NEUROTOSSICITÀ DA CHEMIOTERAPICI ...

1

1.1IL TUMORE E I CHEMIOTERAPICI ... 1

1.2LA NEUROPATIA PERIFERICA INDOTTA DA CHEMIOTERAPICI ... 1

1.2.1 I composti del platino (Pt) ... 3

1.2.1.1 Cisplatino ... 4

1.2.1.2 Oxaliplatino ... 5

1.2.2 Alcaloidi della Vinca: Vincristina ... 8

1.2.3 Taxani: Paclitaxel ... 10

1.2.4 Inibitori del proteosoma: Bortezomib ... 12

2.MITOTOSSICITÀ DA CHEMIOTERAPICI ... 13 2.1MITOCONDRI E CIPN ... 13 2.2PACLITAXEL ... 15 2.3COMPOSTI DEL PT ... 16 2.3.1 Oxaliplatino ... 16 2.3.2 Cisplatino ... 18

2.4ALCALOIDI DELLA VINCA:VINCRISTINA ... 18

3.POSSIBILI STRATEGIE NELLA PREVENZIONE E NEL TRATTAMENTO DELLA NEUROPATIA ... 19

3.1CALCIO E MAGNESIO ... 20

3.2VITAMINA E ... 20

3.3GLUTAMMINA ... 21

3.4GLUTATIONE ... 22

3.5ACIDO ΑLFA-LIPOICO ... 22

3.6ACIDO GRASSO OMEGA-3 ... 23

3.7ACIDO ROSMARINICO ... 23 3.8FLAVONOIDI ... 23 3.8.1 Silibina. ... 24 3.8.2 Quercetina e curcumina ... 24 3.9ANTICONVULSIVANTI ... 26 3.10MELATONINA ... 26

3.11ACETIL L-CARNITINA E VITAMINA B6 ... 29

3.12 PEA...29

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE

...31

SCOPO DELLA TESI

... 34

(3)

MATERIALI E METODI

... 35 1.ANIMALI ... 35 2.BUFFER ... 36 2.1MSE ... 36 2.2MS ... 36 2.3SWELLING BUFFER ... 36 3.COMPOSTI USATI ... 37 4.APPARECCHIATURE ... 37

5.PROCEDURA DI ISOLAMENTO DEI MITOCONDRI CEREBRALI ... 38

6.DOSAGGIO PROTEICO ... 41

7.PROTOCOLLO SPERIMENTALE: DETERMINAZIONE FLUORIMETRICA DELLE SPECIE REATTIVE DELL OSSIGENO PRODOTTE DA OXALIPLATINO E PACLITAXEL ... 42

RISULTATI E DISCUSSIONE

... 45

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1

INTRODUZIONE

1 Neurotossicità Da Chemioterapici

1.1

Il tumore e i chemioterapici

Il cancro rappresenta una delle principali cause di morte a livello mondiale. L industria farmaceutica ha oramai fatto notevoli progressi nel trattamento di questa patologia. Ne sono una dimostrazione le varie classi di farmaci chemioterapici presenti sul mercato, che vantano un buon successo terapeutico: agenti alchilanti del DNA (derivati del platino come cisplatino e oxaliplatino), composti anti-tubulina (taxani come paclitaxel e alcaloidi della vinca come vincristina) e inibitori del proteosoma tra cui bortezomib (Canta et al. , 2015).

1.2

La neuropatia periferica indotta da chemioterapici

Come ogni farmaco però, anche i chemioterapici presentano degli effetti collaterali, dovuti principalmente al loro meccanismo d azione generalmente poco specifico. Questi farmaci, infatti, tendono ad agire non solo a livello delle cellule malate ma anche sulle cellule sane. La Neuropatia Periferica risulta essere uno degli effetti collaterali comune a tutti i chemioterapici e si manifesta principalmente a livello dei gangli delle radici dorsali (DRG), nei neuroni sensoriali, nelle cellule satelliti e nelle cellule di Schwann. Il DRG, privo di un'efficace barriera emato-encefalica, è particolarmente vulnerabile alla penetrazione di composti esogeni (anche a causa della presenza di vasi fenestrati) e al danno neurotossico, e questo spiega il motivo dei sintomi principalmente sensoriali associati alla Neuropatia Periferica Indotta da

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2

Chemioterapici (CIPN). Questi comprendono dolore, parestesia, allodinia, iperalgesia, debolezza e alterazione del riflesso.

La Neuropatia Periferica Indotta da Chemioterapico (CIPN), dunque, presenta sintomi che possono essere invalidanti e limitanti per il paziente, a tal punto da costringere il soggetto a sospendere la terapia con il chemioterapico.

L'incidenza della CIPN può essere variabile, ma generalmente varia dal 30 al 40% dei pazienti sottoposti a chemioterapia. Numerosi fattori influenzano l'incidenza della CIPN in pazienti sottoposti a chemioterapia, compresa l'età del paziente, l'intensità della dose, la dose cumulativa, la durata della terapia, la somministrazione concomitante di altri agenti chemioterapici neurotossici e condizioni preesistenti come il diabete e l'abuso di alcool (Wolf et al. , 2008). Anche se diversi studi supportano l'ipotesi che la patogenesi del CIPN sia correlata allo sviluppo di assonopatia e alla neuronopatia (con il coinvolgimento del corpo cellulare dei neuroni del DRG), la precisa fisiopatologia non è chiaramente compresa. Sono vari e diversi i meccanismi con cui i composti più utilizzati delle differenti classi di farmaci causano neuropatia periferica. I meccanismi più comuni comprendono danno al DNA nucleare (nDNA), trasporto assonale alterato, modifiche ai microtubuli, alterazione dell'integrità del reticolo endoplasmatico, malfunzionamento dei canali al sodio (Na+

), al calcio (Ca2+

) e al potassio (K+

), modifiche nel segnale al Ca2+

, modifiche della vascolarizzazione periferica, cambiamenti nell espressione del potenziale di transizione dei recettori così come nelle molecole implicate nel segnale glutammatergico, produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) e compromissione della funzionalità mitocondriale (Canta et al. , 2015).

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3

Figura 1-Principali farmaci chemioterapici utilizzati, sito d'azione e tipo di neurotossicità (Carozzi

et al. , 2015).

1.2.1 I composti del platino (Pt)

Molto usati nel trattamento dei tumori solidi (mammella, colon e polmone), i derivati del platino agiscono a livello del DNA dei neuroni del sistema nervoso periferico, andando a formare addotti Pt-DNA che conducono la cellula tumorale ad apoptosi e, quindi, a morte. I composti più efficaci di questa classe sono Cisplatino, Oxaliplatino e

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Carboplatino, e presentano una neuro-tossicità diversa tra di loro a causa della loro diversa farmacocinetica e struttura chimica.

1.2.1.1

Cisplatino

La capacità del cisplatino di formare legami crociati con il DNA nucleare (nDNA) formando addotti Pt-nDNA compromette l'integrità del nDNA e la trascrizione dell RNA con conseguente alterazione nella funzione cellulare. La rimozione dei cross-link indotti da cisplatino, eseguita principalmente dalla via Nucleotide Execion Repair (NER), sembra essere meno efficace nei neuroni. Essendoci una stretta correlazione tra il numero di cross-link indotti da cisplatino e la gravità della neuropatia periferica, la capacità di rimozione dei cross-link Pt-nDNA e l'integrità del sistema di riparazione nDNA sono di cruciale importanza nella determinazione della tossicità del cisplatino. La riduzione della formazione di addotti Pt-nDNA, accompagnata dal potenziamento della capacità di riparazione delle strutture, sono infatti due dei meccanismi di resistenza delle cellule tumorali nei confronti del farmaco. Studi dimostrano che il legame Pt-nDNA nelle cellule DRG in coltura potrebbe essere favorito da un aumento dell'assorbimento del farmaco nel DRG o da una diminuita capacità di metabolizzare e detossificare il cisplatino una volta all'interno delle cellule. La prima ipotesi è oggi supportata dall'evidenza che i neuroni sensoriali del DRG esprimono specifici trasportatori di membrana (Organic Cation Transporters, OCTs) in grado di aumentare il trasporto di composti del Pt nelle cellule. La seconda possibilità è correlata a una ridotta presenza di glutatione nel DRG. Il glutatione è una proteina in grado di

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legare e inattivare il cisplatino formando un complesso che viene rimosso dalla cellula tramite una pompa ATP-asi. Inoltre, è possibile che gli aumentati addotti Pt-NDNA nel DRG siano dovuti ad un up-regulation dei componenti nella via NER. E stato dimostrato che la formazione di cross-link intra-strand è circa due volte più alta nel DRG rispetto ai neuroni centrali del midollo spinale (Carozzi et al. , 2015)

Figura 2-meccanismi neurotossici del cisplatino a livello periferico.

1.2.1.2 Oxaliplatino

L'oxaliplatino è composto da un atomo di Pt centrale che forma un complesso con 1,2-diaminocicloesano (DACH) e un gruppo ossalato. I canali ionici al Na+ svolgono un ruolo centrale nello sviluppo del dolore

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indotto dall'oxaliplatino. Infatti, molti studi dimostrano che la somministrazione di bloccanti di canali del Na+

, come la lidocaina, allevia l'allodinia da freddo indotta da oxaliplatino nei ratti (Egashira et al. ,2010).

A sostegno di questa tesi, i risultati di altri esperimenti mostrano come il trattamento di DRG con oxaliplatino induca un aumento della corrente del Na+, corrente antagonizzata da un bloccante del canale al Na+

(come ad esempio la carbamazepina). Queste alterazioni indotte dall'oxaliplatino sono spiegate dalla sua struttura chimica e dalla sua degradazione intracellulare: infatti l'ossalato, uno dei suoi metaboliti, può alterare le proprietà funzionali dei canali al Na+

voltaggio-dipendenti, con conseguente prolungamento dello stato aperto dei canali e ipereccitabilità dei neuroni sensoriali DRG. Questi cambiamenti inducono scariche ectopiche che portano ai sintomi tipici della parestesia da oxaliplatino.

Attraverso studi in vitro sulle fibre del nervo sciatico, è stato poi dimostrato che l oxaliplatino può indurre anomalie funzionali a livello dei canali al K+

voltaggio-dipendenti diminuendo l'espressione dei canali TRK-1 e TRAAK (canali K2p espressi solo a livello nervoso) e

aumentando l'espressione dei canali pro-eccitatori K+ come i canali

attivati per l'iperpolarizzazione (HCN) (Descoeur et al. ,2011). In vivo, l ipersensibilità indotta da oxaliplatino è risultata inibita in topi knock-out per il gene che codifica per la proteina TRK1-TRAAK e in topi trattati con HCN. Inoltre, l'ipereccitabilità indotta da oxaliplatino è stata ridotta in seguito all'attivazione dei canali Kv7 (canali a cinetica lenta).

Inoltre, non solo il K+ e il Na+ ma anche il Ca2+ è coinvolto nella

neurotossicità da oxaliplatino, infatti l'esposizione prolungata al chemioterapico è in grado di produrre cambiamenti nella concentrazione di Ca2+

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Ampiamente dimostrata è anche la relazione tra la neurotossicità indotta dal farmaco e lo stress ossidativo (Nassini et al., 2011); i ROS generati dal trattamento con oxaliplatino modulano anche l'attività del canale al Na+, influenzando così la sensibilità dei nocicettori. L utilizzo

di sostanze antiossidanti, infatti, riduce molti dei sintomi neuropatici. Antiossidanti (acetil-L-carnitina, acido-lipoico e la vitamina C) inibiscono l'iperalgesia indotta da oxaliplatino nei ratti.

Un altro meccanismo di tossicità proposto per l oxaliplatino riguarda il coinvolgimento delle caspasi. Infatti, uno studio nel 2006 effettuato con un inibitore della caspasi (z-VAD-fmk); ha dimostrato un aumento delle cellule tunel-positive a livello del DRG del ratto, suggerendo quindi un'apoptosi mediata da caspasi (Ta et al., 2006). Sui neuroni sensoriali DRG di ratto in vitro, inoltre, l'esposizione prolungata ad oxaliplatino induce l'attivazione precoce delle proteine MAP-chinasi p38 e ERK1 / 2 che a loro volta mediano la morte cellulare mediata da apoptosi. Infine è importante ricordare il coinvolgimento dei trasportatori di membrana come il copper transporter (CTR) e l organic cation transporter (OCT) in grado di mediare l'assorbimento di oxaliplatino e di altri farmaci, la cui espressione può influenzare il passaggio della sostanza attraverso la membrana delle cellule DRG.

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Figura 3-meccanismi neurotossici dell'oxaliplatino a livello periferico.

1.2.2

Alcaloidi della Vinca: Vincristina

Uno dei più comuni farmaci antitumorali utilizzati, anche in oncologia pediatrica; il suo uso clinico, però, è accompagnato da gravi effetti collaterali, tra cui neuropatia periferica (PN) e dolore neuropatico cronico. La PN indotta da vincristina è caratterizzata da disturbi sia nelle funzioni sensoriali che motorie e l'incidenza e la gravità dei sintomi sono strettamente correlate alla durata del trattamento e alle dosi terapeutiche. Il meccanismo d'azione della vincristina è legato alla sua elevata affinità con la b-tubulina, che porta ad un arresto della divisione cellulare e conseguentemente alla morte della cellula stessa. Questa

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interazione con la b-tubulina causa gravi alterazioni dei microtubuli assonali con successivo rigonfiamento assonale nelle fibre mielinizzate e non mielinizzate e danno delle fibre nervose.

Recentemente, è stato studiato il ruolo dell'endomorfina-2 (EM2), peptide oppioide endogeno presente principalmente a livello del midollo spinale nel dolore neuropatico indotto da vincristina, dimostrando che una ridotta presenza di EM2 nel midollo spinale e DRG negli animali trattati con vincristina contribuisce allo sviluppo di allodinia e sensibilizzazione centrale con conseguente ipersensibilità delle fibre C nocicettive e attività anormale dei neuroni nel corno dorsale del midollo spinale. Il dolore cronico potrebbe essere dovuto alla perdita dell'effetto inibitorio della trasmissione del segnale del dolore. In questo studio è stato dimostrato che l'espressione dei recettori μ-oppioidi (MOR) rimane invariata nel midollo spinale dopo il trattamento con il farmaco, suggerendo che la riduzione del livello spinale di EM2 non induce un up-regulation dei MOR, escludendo così quindi una sua effettiva implicazione patogenica. E stato anche notato un aumento significativo di una serin proteinasi che inattiva le endomorfine, dopo il trattamento con vincristina, confermato poi tramite trattamento sistemico con diprotina A (un inibitore della serina proteasi) che blocca la down-regulation dell'EM2 spinale (Yang et al., 2014).

Un ruolo centrale nel dolore neuropatico indotto da vincristina è svolto anche dalla glia spinale (costituiti da astrociti, la cui attivazione contribuisce nel meccanismo della allodinia meccanica, e microglia) dai trasportatori della serotonina (è importante per la modulazione del dolore poiché un aumento della sua concentrazione determina un aumento della nocicezione) e dalla modificazione omeostatica del Ca2+

(la vincristina è in grado di modificare il movimento del calcio attraverso la membrana mitocondriale).

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1.2.3 Taxani: Paclitaxel

Il meccanismo d azione del paclitaxel si esplica sui microtubuli. Infatti, il paclitaxel è in grado di legarsi al lumen dei microtubuli andando così a stabilizzarli sopprimendo l instabilità dinamica e la depolimerizzazione. Una riduzione della instabilità dinamica porta ad un arresto nella mitosi nella fase G2/M con successiva morte cellulare per apoptosi. Questo composto quindi è estremamente utile contro le cellule tumorali proliferanti; i neuroni, invece, non essendo cellule in divisione, sono particolarmente vulnerabili al paclitaxel.

Il trattamento con paclitaxel conduce a una PN assonale prevalentemente sensoriale con conseguente parestesia e, occasionalmente dolore, mentre il sistema motorio è meno frequentemente interessato.

Anche per il paclitaxel esistono vari meccanismi che inducono neurotossicità periferica e si esplicano su più livelli:

Mitocondri: Nell'ultimo decennio, è stata sempre più avvalorata la teoria secondo cui i mitocondri svolgono un ruolo attivo nella degenerazione assonale e sono stati identificati come potenziali mediatori della tossicità del paclitaxel.

Ca2+: È noto che il Ca2+ sia importante nello sviluppo del dolore

neuropatico indotto da chemioterapici; è stato infatti osservato che la somministrazione di antagonisti dei canali al calcio riduce il dolore neuropatico indotto da paclitaxel. Siau e Bennet nel 2006 hanno osservato infatti che una diminuzione delle concentrazioni extra ed intracellulari di calcio ottenuta tramite

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trattamenti con differenti tipi di chelanti del Ca2+ induce una

attenuazione del dolore neuropatico indotto dal paclitaxel.

In particolare è stato dimostrato che il trattamento con il paclitaxel aumenta il livello della subunità a2d-1 del canale al calcio nel midollo spinale (Gauchan et al. , 2009).

Inoltre, Boehmerle ei suoi collaboratori hanno identificato una proteina neuronale legante Ca2+ (NCS-1) che interagisce con il

recettore dell inositolo 1,4,5-trifosfato (InsP3R), e che lega paclitaxel. Hanno in particolare osservato che il trattamento con il farmaco è in grado di aumentare il legame di NCS-1 con InsP3R. Il legame di NCS-1 con InsP3R modula le fluttuazioni di Ca2+

; il coinvolgimento dei canali di Ca2+

e l'interazione tra paclitaxel, NCS-1e InsP3R è il primo step nel meccanismo che porta alla neuropatia periferica indotta da paclitaxel (Boehmerle et al. ,2006).

Altri canali ionici: anche i canali al Na+ voltaggio-dipendenti

svolgono un ruolo critico nella funzione neuronale sia in condizioni fisiologiche che patologiche.

Recenti studi hanno dimostrato che a livello dei DRG degli animali trattati con paclitaxel avvengono modificazioni nell'espressione di alcuni geni che codificano per canali ionici neuronali; tra queste l'up-regulation dei canali Na+

Nav1.7 e la down-regulation dei canali Kir del canale K+

(Zhang, et al. , 2014). Inoltre vari sottogruppi della famiglia di canali ionici TRP sembrano connessi allo sviluppo del dolore e dell infiammazione. Ad esempio il TRPV4 sembra svolgere un ruolo fondamentale nella iperalgesia meccanica indotta da paclitaxel.

Infiammazione: Vari fenomeni di infiammazione sono coinvolti nello sviluppo del dolore neuropatico dovuto al trattamento cronico con paclitaxel.

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Ledeboer e collaboratori hanno dimostrato che la somministrazione di paclitaxel causa un aumento dell espressione di geni che codificano per le citochine pro-infiammatorie (come TNF-a e IL-1b) a livello del DRG lombare (Ledeboer, et al. , 2007).

Nel 2007 è stato poi osservato che la somministrazione di paclitaxel per via endovenosa nel ratto induce una neuropatia periferica di tipo sensoriale caratterizzata da infiltrazione dei macrofagi e lesioni alle cellule DRG (Peters, et al. , 2007).

Figura 4-meccanismi neurotossici del paclitaxel a livello periferico.

1.2.4 Inibitori del proteosoma

:

Bortezomib

Il bortezomib è un farmaco approvato nel trattamento del mieloma avanzato, molto usato in multiterapia con altri farmaci.

Anche l uso del bortezomib, nonostante la sua attestata efficacia, è limitato dalla comparsa della neuropatia periferica caratterizzata da parestesie, disestesie, perdita dei sensi.

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Questo farmaco inibisce la degradazione delle proteine, legandosi in modo specifico e reversibile alla subunità 26S proteosoma portando all'inibizione del ciclo cellulare e ad un aumento dell'apoptosi.

Il meccanismo di neurotossicità sembra essere legato all induzione della polimerizzazione della tubulina e ad una stabilizzazione dei microtubuli che porta a citotossicità e conseguentemente a neuropatia periferica.

2. Mitotossicità Da Chemioterapici

2.1 Mitocondri e CIPN

Il mitocondrio è un organello situato nel citoplasma ed è il sito del metabolismo ossidativo delle cellule eucariotiche. Infatti, contiene tutti gli enzimi che mediano questo processo, compresi la piruvato deidrogenasi, gli enzimi del ciclo dell'acido citrico, gli enzimi che catalizzano l'ossidazione degli acidi grassi e gli enzimi e le proteine redox coinvolte nel trasporto degli elettroni e nella fosforilazione ossidativa. Strutturalmente il mitocondrio è circondato da una membrana esterna liscia e da una membrana interna con molte invaginazioni (creste mitocondriali), il cui numero varia con l'attività respiratoria. Le proteine che partecipano al trasporto degli elettroni e alla fosforilazione ossidativa sono legate alla membrana mitocondriale interna e quindi la velocità di respirazione varia con l'area superficiale della membrana. La membrana interna è liberamente permeabile all'O2

e alla CO2 e contiene, oltre alle proteine della catena respiratoria,

numerose proteine trasportatrici che controllano il passaggio dei metaboliti come l'ATP, l'ADP, il piruvato, il Ca2+ e il fosfato. Il

compartimento interno dei mitocondri, invece, è costituito da una sostanza gelatinosa, detta matrice, nella quale le proteine sono presenti ad una concentrazione particolarmente elevata. I mitocondri

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contengono un DNA di tipo circolare (mDNA) che codifica per 13 proteine la cui funzione è essenziale per preservare il corretto funzionamento di alcune vie intercorrelate, come la via apoptotica (Joseph, Levine 2004), la regolazione intracellulare di Ca2+ (Shishkin et

al. , 2002) e la generazione di ROS (Chung, 2004).

Nell'ultimo decennio, un ruolo importante nella degenerazione mitocondriale è stato attribuito al complesso multi-molecolare mitocondriale, il Permeability Transition Pore (mPTP), un canale ad alta conduttanza situato nella membrana interna, permeabile a soluti fino a 1,5 kDa. L mPTP è un canale sensibile al Ca2 +

, al pH, al nucleotide adenina e al voltaggio di membrana. Infatti quando aumenta la concentrazione di Ca2+

o di PO4

all interno del mitocondrio, o in presenza di stress ossidativo, l mPTP si apre. L'apertura del poro causa: collasso del potenziale di membrana mitocondriale, riduzione dei livelli di ATP, aumento delle ROS, rilascio di Ca2+, rigonfiamento

mitocondriale con morte cellulare finale (Bernardi et al. , 2006).

Nel sistema nervoso periferico, è stato dimostrato che oltre il 90% dei mitocondri è localizzato negli assoni; poiché i mitocondri assonali sono fondamentali per la generazione di energia negli assoni, un difetto nel metabolismo energetico mitocondriale può causare degenerazione del trasporto assonale e insufficienza nervosa (Park et al. , 2008).

Recentemente molti modelli in vivo e in vitro di neuropatia periferica indotta da chemioterapici hanno posto l attenzione su quella che risulta essere l ipotesi della mitotossicità , secondo cui una modificazione morfologica o funzionale del mitocondrio è coinvolta nella neuropatia periferica indotta da chemioterapico.

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2.2

Paclitaxel

Numerosi esperimenti in vitro hanno evidenziato che il paclitaxel è in grado di alterare la struttura e la funzione mitocondriale; infatti, studi condotti su cellule tumorali non neuronali e su neuroni staminali cerebrali coltivati hanno dimostrato che il trattamento con paclitaxel causa depolarizzazione mitocondriale immediata e rilascio di Ca2 + dai

mitocondri, a causa dell'apertura del mPTP. I mitocondri, infatti, sono implicati nell'omeostasi del Ca2+

intracellulare e il paclitaxel aumenta l efflusso di Ca2+ con conseguente blocco della produzione di ATP (Kidd

et al. , 2002).

Inoltre, nel 2000, Andrè e colleghi hanno eseguito studi ex vivo utilizzando mitocondri isolati da cellule di neuroblastoma umano trattate con paclitaxel, dimostrando che paclitaxel è in grado di agire inducendo il rilascio della citocromo C (Cyt c), piccola emoproteina capace di diffondere tra le membrane interna ed esterna del mitocondrio, attivando la via di segnalazione della caspasi durante l'apoptosi. Il rilascio di Cyt c è bloccato dalla ciclosporina A, un inibitore di mPTP, che impedisce l'apertura del poro, avvalorando l ipotesi secondo cui il paclitaxel agisce direttamente sulla membrana dei mitocondri.

Studi successivi hanno dimostrato che il paclitaxel è in grado di legarsi ai mitocondri attraverso un'interazione diretta con la β-tubulina, che è specificatamente legata all'mPTP e che offre un sito di legame per l'interazione paclitaxel-mitocondrio; conseguentemente all apertura di questi pori si osserva vacuolizzazione e rigonfiamento del mitocondrio con compromissione funzionale dello stesso (Carré et al. , 2002). Questo meccanismo di mitotossicità è stato osservato non solo nel cervello a anche nel rene e nel cuore di ratto suggerendo che questo evento non sia soltanto centrale ma anche periferico.

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Figura 5-mitotossicità indotta da paclitaxel (Canta et al. , 2015).

Recentemente la disfunzione mitocondriale indotta da paclitaxel è stata collegata anche allo stress ossidativo. Infatti l inibizione del complesso III (un sito di produzione di specie ROS a livello mitocondriale) provoca effetti antinocicettivi nello sviluppo e nel mantenimento del dolore indotto da paclitaxel.

Uno dei siti in cui è stata notata la formazione di queste specie ROS, è proprio il DRG.

2.3 Composti del Pt

2.3.1 Oxaliplatino

Come già accennato l oxaliplatino è in grado di formare addotti Pt- DNA, anche se in maniera inferiore rispetto al cisplatino, altro composto della stessa famiglia. L oxaliplatino dunque sviluppa una neurotossicità ridotta rispetto al cisplatino; infatti, l aumento del numero degli addotti è direttamente proporzionale al livello di severità della neuropatia periferica.

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Gli effetti di oxaliplatino sui mitocondri non sono ancora del tutto chiari ma un rigonfiamento e una vacuolizzazione della struttura che si osservano sono certamente conseguenza di un danno mitocondriale. Sicuramente uno dei principali effetti si manifesta a livello della sintesi proteica proprio a causa della formazione di addotti Pt-mDNA. Zheng e collaboratori nel 2011 hanno testato le funzioni mitocondriali in vivo a seguito del trattamento con oxaliplatino. La respirazione mitocondriale e la produzione di ATP sono state valutate su nervo sciatico isolato, ed è stato dimostrato un deficit nella frequenza respiratoria sia nel complesso I che nel II della catena di trasporto degli elettroni mitocondriale, seguito da una diminuzione della produzione di ATP nei ratti trattati con oxaliplatino (Zheng et al. , 2011).

Figura 6-mitotossicità indotta da oxaliplatino (Canta et al. ,2015).

Al fine di confermare un danno a livello della catena respiratoria indotto da oxaliplatino, è stato condotto uno studio sui ratti utilizzando test comportamentali, attraverso cui è stato dimostrato che la

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18

somministrazione di inibitori della catena respiratoria complessa (tra cui rotenone) è in grado di aggravare il danno al sistema nervoso indotto da oxaliplatino, con ulteriore compromissione dell'attività mitocondriale (Xiao et al., 2012).

Inoltre successivamente al trattamento con oxaliplatino, si osserva un potenziamento del meccanismo apoptotico del mitocondrio come conseguenza di un aumento del rilascio della cyt C e dello stress ossidativo. L aumento della produzione di ROS a livello mitocondriale, infatti, gioca un ruolo importante nella patogenesi della neuropatia periferica indotta da oxaliplatino.

2.3.2

Cisplatino

Numerosi studi hanno dimostrato diversi effetti del cisplatino sui mitocondri, tra cui la formazione di addotti mDNA-Pt, la generazione di ROS e apoptosi, un errata sintesi proteica mitocondriale, ed una respirazione mitocondriale alterata. Tutti questi eventi causano l apertura degli mPTP, la depolarizzazione della membrana mitocondriale, l accumulo di calcio intracellulare, il fallimento energetico con conseguente neurotossicità soprattutto a livello dei DRG che risultano rigonfiati e vacuolizzati a seguito del trattamento con cisplatino (Kanat et al. , 2017).

2.4

Alcaloidi della Vinca: Vincristina

Molti studi hanno dimostrato che anche le alterazioni mitocondriali possono essere correlate allo sviluppo della neuropatia periferica indotta da vincristina. E stato infatti osservato che questo farmaco è in grado di influenzare il movimento del Ca2 + attraverso la membrana

mitocondriale, riducendo sia la quantità che il tasso di assorbimento di Ca2 +

e diminuendo l'efflusso di Ca2 +

con conseguente compromissione della eccitabilità neuronale (Tari et al. , 1986).

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3. Possibili strategie nella prevenzione e nel trattamento

della neuropatia

Le evidenze sperimentali suggeriscono il coinvolgimento dello stress ossidativo mitocondriale nello sviluppo del danno a livello dei nervi periferici. L identificazione di questi meccanismi potrebbe essere d aiuto nell individuazione di nuovi biomarkers per la CIPN e ci permetterebbe quindi di aumentare le opportunità terapeutiche. D atra parte, il danno ossidativo a livello dei neuroni periferici può causare danno a livello della guaina mielinica, delle proteine mitocondriali e di altri enzimi antiossidanti; perciò l identificazione dei livelli di malondialdeide (MDA), superossido dismutasi (SOD) e glutatione (GSH) e degli enzimi indicatori di funzionalità mitocondriale, come la citrato sintasi e l ATP sintasi, possono essere utili nel monitoraggio della neuropatia e nell ottica di controllare la risposta al trattamento di essa.

A tal proposito sono stati testati diversi agenti antiossidanti e nutraceutici e la loro efficacia è stata dimostrata, in alcuni casi anche su larga scala attraverso trial clinici. Un azione protettiva neuronale e un miglioramento della funzione mitocondriale sono stati osservati in modelli sperimentali preclinici in vitro; tuttavia gli esiti dei trial clinici alcune volte si sono rivelati inconclusivi; probabilmente a causa della loro stessa mancanza di selettività.

Un possibile approccio potrebbe essere rappresentato dall uso di un efficiente sistema di delivery dell agente antiossidante o dall uso di agenti target specifici, che trovano a livello mitocondriale il loro substrato.

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3.1 Calcio e Magnesio

E stato ipotizzato che la somministrazione di calcio e magnesio per via endovenosa potrebbe aiutare a prevenire la neuropatia periferica indotta da oxaliplatino, poiché l aumento di calcio extracellulare facilita la chiusura del canale del sodio riducendo così l ipereccitabilità oxaliplatino-indotta dei neuroni periferici (Armstrong, Cota 1999). Questa teoria è stata poi confermata da uno studio non randomizzato condotto su 161 pazienti affetti da tumore colorettale in stato avanzato. Di questi, 96 sono stati trattati per via endovenosa con 1 mg di gluconato di calcio e 1 mg di solfato di magnesio (CaMg) prima e dopo il trattamento con oxaliplatino, mentre i restanti 65 sono serviti da controllo. Solo il 4% del primo gruppo rispetto al 31% del controllo sono stati costretti a interrompere la terapia con oxaliplatino a causa di neurotossicità e alla fine del trattamento, soltanto il 27% del gruppo CaMg, ha mostrato segni di neurotossicità di qualsiasi grado contro il 75% del gruppo di controllo. L'efficacia antitumorale complessiva del trattamento, invece, non è stata influenzata. In effetti, i pazienti trattati con CaMg sono rimasti in terapia per un periodo di tempo più lungo, potendo quindi godere di un beneficio prolungato dalla terapia a base di oxaliplatino (Gamelin et al. , 2004).

3.2

Vitamina E

La vitamina E è una vitamina liposolubile classificata come antiossidante che sembra aver un ruolo relativamente importante nella riduzione dell incidenza e/o della gravità della neuropatia periferica indotta da chemioterapici. Uno studio pilota pubblicato da Pace et al. nel 2003 ha esaminato l'effetto neuroprotettivo della vitamina E in 47 pazienti trattati con cisplatino e vitamina E (alfa-tocoferolo, 300 mg / die) confrontando i risultati con pazienti trattati solo con cisplatino (controllo). L incidenza di neuropatia periferica si è rivelata

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significativamente ridotta nei pazienti che hanno ricevuto vitamina E (31%, 4 su 13 pazienti) rispetto al controllo (86%, 12 su 14 pazienti) (Pace et al. 2003).

La vitamina E ha mostrato effetti protettivi soprattutto nei confronti della ototossicità indotta da cisplatino.

L associazione di vitamina E con altri chemioterapici, come dimostrato da studi di fase III, non ha mostrato risultati soddisfacenti; si può quindi dedurre che la vitamina E sia più protettiva nei confronti della neurotossicità indotta da cisplatino e non da altri agenti neurotossici (Shloss et al. , 2013). Tuttavia, è probabile che la vitamina E possa interferire con l'efficacia della terapia citotossica; infatti l uso di antiossidanti supplementari durante la chemioterapia potrebbe interferire con la degradazione ossidativa del DNA cellulare e delle membrane cellulari necessarie per il funzionamento degli agenti citotossici (Wolf et al. , 2008).

3.3 Glutammina

Diversi studi hanno dimostrato l'efficacia della glutammina come composto neuroprotettivo, legata all'up-regulation del mRNA del fattore di crescita nervoso. Gli studi clinici effettuati con somministrazione di glutammina e paclitaxel hanno dimostrato che i pazienti trattati con glutammina avevano meno sintomi di neurotossicità rispetto a quelli trattati con placebo. Inoltre, la glutammina ha diminuito la gravità delle disestesie nelle dita delle mani e dei piedi. Uno studio effettuato con co-somministranza di glutammina e oxaliplatino ha riportato che la glutammina può ridurre l'incidenza e la gravità della CIPN indotta da oxaliplatino (Shloss et al. , 2013).

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3.4 Glutatione

In molti studi, il glutatione ha mostrato risultati positivi nel ridurre la CIPN (Pachman et al. , 2011). Infatti la somministrazione di glutatione per via endovenosa prima della terapia con cisplatino ha riportato risultati promettenti per la prevenzione della PN indotta da cisplatino, senza ridurre l'attività antitumorale dell'agente chemioterapico. Il meccanismo d azione alla base dell effetto protettivo del glutatione è quello di prevenire l'accumulo iniziale di addotti di platino nei DRG attraverso cui i derivati del Pt inducono neurotossicità. Altri studi hanno dimostrato l azione benefica del glutatione per la prevenzione delle neuropatie periferiche indotte da cisplatino (Cascinu et al. , 1995) e oxaliplatino (Cascinu et al. , 2002) poiché ne riduce la tossicità e consentendo di sottoporre i pazienti a più cicli di trattamento.

A tal proposito la somministrazione di N-acetil cisteina (NAC) a pazienti oncologici si è basata sul presupposto che NAC possa aumentare la produzione di glutatione, un effetto che può diminuire la citotossicità dei chemioterapici (Lin et al. , 2006).

3.5 Acido α-Lipoico

L'acido alfa-lipoico (aLA) è essenziale per il metabolismo energetico delle cellule; infatti, è un cofattore coinvolto nel ciclo di Krebs, che mostra effetti antiossidanti poichè aumenta l'attività della glutatione perossidasi riducendo lo stress ossidativo (Mantovani et al., 2003). Inoltre, regola l'omeostasi del calcio (Sen et al., 1996) e modula l'attività del fattore di trascrizione NF-kB (Packer, 1998). Uno studio clinico effettuato con co-somministrazione di acido α- lipoico e oxaliplatino ha mostrato una diminuzione della gravità della neuropatia periferica indotta da chemioterapico in 8 pazienti su 15 (Gedlicka et al. , 2002).

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3.6 Acido grasso Omega-3

Uno studio pubblicato da Ghoreishi et al.nel 2012 attribuisce all acido grasso omega-3 un ruolo protettivo nei confronti della CIPN indotta da paclitaxel; si parla di una riduzione dell incidenza di circa il 70% nella popolazione trattata con questo acido grasso (Ghoreishi et al. ,2012).

3.7

Acido Rosmarinico

L'acido rosmarinico (RA) è un composto fenolico naturale che si trova comunemente nel Rosmarino officinale. La presenza di RA in vari alimenti, erbe medicinali e spezie garantisce effetti benefici per la salute (Al-Sereiti et al. , 1999). L'RA possiede una serie di attività biologiche tra cui proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antiapoptotiche e neuroprotettive (Bayrasy et al. , 2013). Inoltre, studi recenti hanno dimostrato che l RA ha la capacità, nei topi diabetici, di aumentare la fosforilazione a livello della Thr-172 della AMPK con conseguente sua attivazione (Tu et al. , 2013). Questi risultati hanno spinto a considerare il potenziale effetto protettivo dell RA nei confronti della neuropatia periferica indotta da oxaliplatino.

3.8

Flavonoidi

I flavonoidi sono un gruppo di derivati del benzo-7-pirone presenti in natura che possiedono diverse proprietà biologiche, molte delle quali possono essere correlate, almeno in parte, alla loro capacità antiossidante. La proprietà antiradicalica dei flavonoidi è diretta principalmente verso la specie O-(Saija et al. , 1995). Inoltre, poiché

questi composti presentano una forte affinità per lo ione ferro (che è noto per catalizzare molti processi che portano alla comparsa di radicali liberi), la loro attività antiperossidante potrebbe anche essere ascritta ad una capacità concomitante di chelazione del ferro (Morel et al. , 1993).

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24 3.8.1 Silibina.

Figura 7- Struttura chimica della Silibina

La silibina (fig. 7), è un flavonolignani isolato dai semi del cardo mariano (Silybum marianum), molto utilizzato come principio attivo di alcuni prodotti fitoterapici. Gli importanti effetti antiossidanti della silibina sono dovuti all interazione con la superossido dismutasi e con il sistema enzimatico associato alla glutatione (Gazak et al. , 2004).

3.8.2 Quercetina e curcumina

Figura 8- struttura chimica della Quercetina

Flavonoide ubiquitario nelle piante, la quercetina (fig. 8) non si trova nella forma isolata bensì come aglicone di vari glicosidi, tra cui rutina:

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È ampiamente presente in frutta, vegetali, piante aromatiche, tè e vino rosso (Pandey, Rizvi, 2009).

La curcumina, invece, è un composto fenolico presente in natura isolato come un pigmento giallo dalla curcuma (Curcuma longa), comunemente usato come spezia, additivo e colorante alimentare (González-Salazar et al. , 2011).

L'uso di curcumina e quercetina è stato proposto per mitigare vari tipi di tossicità tra cui cardiotossicità (Swamy et al. , 2012) nefrotossicità (Nabavi et al. , 2012) e neurotossicità (Haleagrahara et al. , 2013; Yadav et al. , 2011). Il pretrattamento con curcumina e quercetina è stato utilizzato per ridurre la disfunzione mitocondriale nei roditori e le loro proprietà antiossidanti sono ritenute responsabili dei loro effetti protettivi sui mitocondri (Carrasco-Pozo et al. , 2012; Sood et al. , 2011). I mitocondri sono i principali bersagli di molti agenti antitumorali; dunque l azione protettiva di curcumina e quercetina dallo stress ossidativo mitocondriale è considerata responsabile degli effetti benefici sulla tossicità da chemioterapici, come dimostrato da Waseem e Parvez nel 2016. In un modello in vitro gli autori hanno riprodotto le condizioni di tossicità per esposizione dei mitocondri cerebrali all oxaliplatino. Curcumina e quercetina da sole o in combinazione attenuavano lo stress ossidativo mitocondriale, riducendo i livelli della lipoperossidasi e migliorando i livelli antiossidanti di glutatione e superossido dismutasi. (Karuppagounder et al. , 2013; Martínez-Morúa et al. , 2013; Waseem e Parvez 2016).

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3.9 Anticonvulsivanti

Il gabapentin, un anticonvulsivo strutturalmente simile al neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico (GABA), si è dimostrato efficace nel trattamento del dolore neuropatico associato a diabete, nevralgia erpetica e sindrome da dolore post-amputazione (Mellegers et al., 2001). Gabapentin e il derivato più recente pregabalin sono stati comunemente usati nella pratica clinica per trattare sintomi della CIPN. Un altro anticonvulsivante risultato efficace nel trattamento di un certo numero di sindromi neuropatiche è la lamotrigina (Wolf et al., 2008).

3.10 Melatonina

La melatonina è un ormone pineale proposto come agente neuro-protettivo sulla base della sua capacità anti-radicalica (Hardeland et al., 2011; Sánchez et al., 2015). Waseem et al. Nel 2016 hanno condotto vari esperimenti sulla melatonina in combinazione con l oxaliplatino per confermare la sua neuro-protezione. Hanno confermato l'effetto anti-apoptotico della melatonina in presenza di oxaliplatino osservando l attivazione della caspasi 3. Gli animali sottoposti al trattamento con oxaliplatino hanno effettivamente mostrato l'attivazione della caspasi 3 rispetto agli animali di controllo. Mentre gli animali pretrattati con melatonina hanno mostrato l'inattivazione o il ripristino della caspasi 3 rispetto agli animali trattati con oxaliplatino (Waseem et al. , 2016).

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La traslocazione del citocromo c (cyt c) mitocondriale al citosol induce la formazione degli apoptosomi, portando alla morte apoptotica. Come risulta dai risultati sperimentali, la concentrazione citosolica della cyt c era maggiore a differenza della concentrazione mitocondriale che era invece inferiore negli animali trattati con oxaliplatino rispetto agli animali di controllo; mentre il pretrattamento con melatonina ha invertito questi livelli (Waseem et al. , 2016). Altri parametri valutati in questo studio sono stati i livelli dei complessi I (NADH deidrogenasi), complesso II (succinato deidrogenasi), complesso III (citocromo C reduttasi) e complesso V (F1-F0 sintetasi) della catena di trasporto degli elettroni isolati dal cervello di ratto. Dallo studio emerge che i valori di questi complessi in presenza di oxaliplatino, diminuiscono rispetto a quelli dei controlli; inoltre nei campioni pretrattati con melatonina i valori dei complessi tendono a ritornare pressoché normali (Fig. 11; 12; 13; 14). Similmente a questi, si comporta anche il glutatione (GSH); i livelli di GSH ottenuto dall isolamento dei mitocondri cerebrali di ratto risultano ridotti in presenza di oxaliplatino e reintegrati in caso di pretrattamento con melatonina.

Figura 11-Livelli del complesso I nel controllo, pretrattamento con melatonina e trattamento con oxaliplatino.

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Figura 12-Livelli del complesso II nel controllo, pretrattamento con melatonina e trattamento con oxaliplatino.

Figura 13-Livelli del complesso III nel controllo, pretrattamento con melatonina e trattamento con oxaliplatino.

Figura 14-Livelli del complesso V nel controllo, pretrattamento con melatonina e trattamento con oxaliplatino.

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3.11 Acetil L-carnitina e vitamina B6

Dati sperimentali suggeriscono anche che l'acetil-L-carnitina può essere utile per la prevenzione e / o la riduzione della neuropatia periferica indotta da paclitaxel (Flatters et al., 2006).

Nel 1992 Wiernik et al. hanno scoperto che la vitamina B6 riduce significativamente la CIPN causata da cisplatino (Wiernik et al. , 1992).

3.12 PEA

La N-Palmitoiletanolamina (PEA) è una ammide endogena appartenente alla famiglia delle etanolammidi degli acidi grassi (FAE), una classe di mediatori lipidici. La PEA esercita effetti anti-nocicettivi in diversi modelli animali (Calignano et al. ,1998; LoVerme et al. , 2006), previene la neurotossicità e la neurodegenerazione (Lambert et al. 2001; D Agostino et al. ,2012) e inibisce l'infiammazione periferica e la degranulazione dei mastociti (Mazzari et al. , 1996).

Gli effetti antinfiammatori della PEA sono stati associati all'attivazione del recettore stimolato dal proliferatore del perossisoma (PPAR-α) (LoVerme et al. ,2005), un recettore nucleare fondamentale nel controllo delle risposte infiammatorie ed espresso in varie cellule del sistema immunitario (La Rana et al. , 2002; LoVerme et al. ,2005). Il PPAR-α è espresso nei neuroni sensoriali periferici, in tutto il sistema nervoso centrale e nelle cellule immunitarie (Braissant et al., 1996). La sua attivazione porta a una downregolazione del fattore nucleare kB che controlla il dolore e l'infiammazione (D'Agostino et al., 2009). LoVerme e colleghi nel 2006 hanno dimostrato il ruolo chiave del PPAR-α nel meccanismo antidolorifico indotto dalla PEA.

Recentemente Di Cesare Mannelli et al. hanno dimostrato il ruolo protettivo della PEA sulla percezione del dolore e preventivo verso le alterazioni del sistema nervoso centrale e periferico indotti dal trattamento dei roditori con oxaliplatino; suggerendo che PEA,

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attraverso l attivazione di PPARalpha, possa svolgere un duplice beneficio, agendo sia sui fattori eziologici che sulla plasticità neuronale (Di Cesare Mannelli et al., 2015).

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INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE

La Anidrasi Carbonica (CA) è un metallo-enzima appartenente alla classe delle Liasi, richiede zinco per esercitare la sua azione, che consiste nel catalizzare la reazione reversibile tra anidride carbonica e acqua, per dare acido carbonico, il quale in soluzione acquosa si dissocia velocemente liberando ioni bicarbonato (HCO₃⁻).

Le CAs hanno una distribuzione ubiquitaria, presente sia nei procarioti che negli eucarioti. Al momento sono state identificate cinque distinte famiglie genetiche di diversa evoluzione:

- α-CAs: presenti nei vertebrati, nei batteri, nelle alghe e nel citoplasma delle piante verdi,

- β-CAs: presenti principalmente nei batteri, nelle alghe e nei cloroplasti sia delle mono- che delle di-cotiledoni,

- γ-CAs: presenti soprattutto negli archeobatteri e in altri tipi di batteri, - δ- e ζ-CAs presenti in qualche diatomea marina.

Relativamente alla famiglia α-CA, presente nei vertebrati più sviluppati, compresi gli esseri umani, sono stati scoperti quattordici differenti isoenzimi numerati da I a XIV.

Gli isoenzimi delle CAs si distinguono sulla base alla diversa distribuzione tissutale e subcellulare o in base alla modulazione dell attività catalitica, in particolare sono state descritte le isoforme: -citosoliche (isoenzimi I, II, III, VII, XIII),

-mitocondriali (isoenzimi VA, VB),

-legate alla membrana (isoenzimi IV, IX, XII, XIV, XV), -secrete nella saliva (isoenzima VI).

In assenza di catalizzatore la reazione è lenta in condizioni fisiologiche, e viene accelerata in presenza dell enzima.

Le CAs sono quindi coinvolte in processi fisiologici connessi alla respirazione e al trasporto di CO2/bicarbonato attraverso i tessuti di

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metabolizzazione e i polmoni. Esse, inoltre, regolano il pH e l omeostasi della CO2, la secrezione di elettroliti in una varietà di tessuti e organi,

le reazioni di biosintesi (come la gluconeogenesi, la lipogenesi e l urogenesi), il riassorbimento osseo e la calcificazione.

Alcune recenti evidenze suggeriscono che le CAs sono anche coinvolte in alcuni processi patologici, tra cui la tumorigenecità, l obesità e l epilessia [2,3].

Gli inibitori della CA sono stati proposti per il trattamento di diverse condizioni patologiche, incluso il glaucoma, l epilessia e i disturbi neuropsichiatrici.

Gli inibitori della CA sono stati proposti per il trattamento di diverse condizioni patologiche, incluso il glaucoma, l epilessia e i disturbi neuropsichiatrici.

Recentemente inibitori della CA sono stati testate con successo nella gestione delle neuropatie indotte da trattamento chemioterapico, un effetto avverso molto frequente e invalidante nei pazienti oncologici. (2, 3 articolo Angeli et al. , 2018)

Terapeuticamente è difficile intervenire in modo efficace, e al momento le tecniche farmacologiche prevedono l'impiego di agenti antiossidanti, come già detto in precedenza o nei casi più gravi si ricorre agli analgesici. La comunità scientifica concorda sull ipotesi che alla base di queste manifestazioni ci sia uno stress ossidativo, che potrebbe produrre l attivazione dei canali TRPA1, coinvolti nello stimolo doloroso. In tale contesto la CA, in particolare l isoforma IX è stata implicata nei processi biologici critici nella progressione del tumore; pertanto l inibizione di tale enzima è risultato essere un rilevante target terapeutico (Grandane et al. , 2015). Nel 2015, per la prima volta, Carta e colleghi hanno riportato l efficacia di inibitori dell isoforma II/VII della CA nel trattamento del dolore neuropatico indotto da oxaliplatino nei topi (Carta et al. , 2015). Più di recente, Angeli et al. hanno

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pubblicato un lavoro in cui una serie di selenoidi sulfonammide-derivati avevano un affinità nanomolare per diverse isoforme, citosoliche e transmembrana, della CA ed erano dotate di un azione analgesica sul dolore neuropatico indotto da trattamento con oxaliplatino (Angeli et al. , 2018).

Relativamente alle isoforme mitocondriali, CA VA e VB, esse svolgono un ruolo significativo nel metabolismo del piruvato, favorendo la conversione, catalizzata dal piruvato carbossilasi, del piruvato e bicarbonato in ossalacetato. Questo pathway è in equilibrio con quello degli acidi grassi, pertanto in relazione alla quantità di glucosio il metabolismo potrà essere spostato verso un pathway o l altro. Dunque inibendo l enzima CA V, il metabolismo mitocondriale potrà essere spostato verso il pathway degli acidi grassi, e in questo meccanismo si fonda il razionale dell uso di inibitori della CA per il trattamento dell obesità (Arechederra et al. , 2013).

Più recentemente è stata rivolta grande attenzione al ruolo dell isoforma mitocondriale della CA, visto che il danno ossidativo mitocondriale svolge un ruolo critico nella genesi del dolore neuropatico provocato dal trattamento con chemioterapici, tuttavia al momento non sono disponibili evidenze dirette.

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SCOPO DELLA TESI

Nonostante il grande impiego dei farmaci chemioterapici, non pochi sono i loro effetti collaterali nei pazienti. Lo stress ossidativo gioca un ruolo fondamentale nella tossicità mitocondriale indotta da chemioterapici a livello dei gangli delle radici dorsali (DRG). La produzione di ROS è una delle principali cause della neuropatia periferica indotta da chemioterapici, responsabile di vari disturbi di tipo sensoriale e motorio nel paziente e che spesso lo costringe a dover sospendere la terapia.

Lo scopo di questa tesi è stato quello di andare a verificare l azione protettiva di alcuni composti naturali già noti per la loro attività antiossidante (naringenina, quercetina, silibina) e di nuovi composti di sintesi che presentano un meccanismo di azione inibitorio nei confronti della anidrasi carbonica.

Le tesi è stata organizzata in due parti. Nella prima parte è stato messo a punto un metodo sperimentale per la quantificazione dello stress ossidativo indotto da due chemioterapici presi in esame, oxaliplatino e paclitaxel, a livello dei mitocondri cerebrali isolati di ratto. Nella seconda parte è stato valutato il potere antiossidante di composti naturali e di nuovi composti di sintesi selezionati in base alla loro potenza come inibitori della anidrasi carbonica, isoforma VA e VB, presenti a livello mitocondriale.

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MATERIALI E METODI

1. Animali

La sperimentazione è stata condotta su ratti albini del ceppo Wistar, di sesso maschile con un peso compreso tra 300 e 400g.

Gli animali sono stati allevati in gabbie di dimensioni appropriate al peso e al numero di individui, adeguatamente rifornite di cibo e acqua, esposti a cicli di luce-buio di 12 ore in conformità con la normativa comunitaria (2010/63/UE) e italiana (D.L. del 4/03/2014 n 26).

Il giorno dell esperimento gli animali sono stati anestetizzati con una iniezione intraperitoneale di tiopentale sodico (100 mg/Kg).

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2. Buffer

2.1

MSE

Mannitolo (Sigma-Aldrich) 225 mM 20,49 g in 500 ml; Saccarosio (Sigma-Aldrich) 75 mM 12,84 g in 500 ml; HEPES (Sigma-Aldrich) 5 mM 0,596 g in 500 ml; EGTA (Sigma-Aldrich) 1 mM 0,19 g in 500 ml; BSA (Sigma-Aldrich) 1 mg/ml 0,500 g in 500 ml.

2.2

MS

Mannitolo (Sigma-Aldrich) 225 mM 10,25 g in 250 ml; Saccarosio (Sigma-Aldrich) 75 mM 6,42 g in 250 ml; HEPES (Sigma-Aldrich) 5 mM 0,298 g in 250 ml.

2.3

Swelling buffer

KCl (Sigma-Aldrich) 120 mM; K2HPO4 (Sigma-Aldrich) 5 mM; HEPES (Sigma-Aldrich) 10 mM; Succinato (Sigma-Aldrich) 10 mM; MgCl2 (Sigma-Aldrich) 2 mM.

Tutti i tamponi al momento del loro utilizzo devono avere un pH pari a 7.4. Il pH viene calcolato e aggiustato a 4 C (ovvero alla temperatura di isolamento mitocondriale.

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3. Composti usati

Composto Stock solution Concentrazioni usate

BSA 10 mg/ml

Digitonina (Sigma-Aldrich) 10% p/v

Rotenone (Sigma-Aldrich) 10-2M in DMSO 100μM

Oxaliplatino 10-2M in DMSO 10 μM

Paclitaxel 10-2M in DMSO 20 μM

DMSO (Sigma-Aldrich) 0,2% e 0,1%

DHE (Sigma-Aldrich) 10-2M in DMSO 10 μM

H2O2 100 nM e 1 μM;

Silibina 10-2M in DMSO 100 μM

Quercetina 10-2M in DMSO 50 μM

Naringenina 10-1M in DMSO 100 μM

Inibitori anidrasi carbonica 10-2M in DMSO 0.03 nM; 0.3 nM; 3 nM

e 30 nM

4. Apparecchiature

Centrifuga speed master R14, Euroclone; Spettrofluorimetro Enspire , Perkin Elmer; Piastre multiwell nere per fluorescenza.

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5. Procedura di isolamento dei mitocondri cerebrali

Dopo aver effettuato l anestesia e la procedura di dissanguamento ascellare, si procede spellicciando la zona cranica dell animale, si effettua un taglio longitudinale con le forbici sulla scatola cranica e dopo aver esposto il cervello si prosegue con l asportazione dello stesso. Tutta la procedura di isolamento successiva all espianto del tessuto, viene effettuata a freddo: tutti gli strumenti usati e i buffer vengono riposti in contenitori in polistirolo riempiti di ghiaccio; mantenere l organo e l ambiente in cui è riposto freddo, è utile per evitare possibili danni al tessuto. Il cervello del ratto viene subito riposto in un beker contenente buffer MSE. Il tessuto viene qui lavato grossolanamente e riposto poi su una piastra di petri contenente MSE in cui viene sminuzzato con delle forbici. Dopo preventivo avvinamento, il tessuto è trasferito in un potter da 10 cm3dove vengono aggiunti 10

ml di MSE con una gilson e quindi si procede con l omogenizzazione manuale utilizzando l apposito pistone. Durante questa procedura, oltre ad effettuarla sempre in ghiaccio, è fondamentale non creare bolle d aria, che potrebbero danneggiare il tessuto. Ottenuto l omogenato, questo viene poi trasferito in un tubo da centrifuga, precedentemente avvinato con MSE, e vengono aggiunti altri 10 ml di buffer MSE. Questo tubo viene poi messo in centrifuga refrigerata (4 C) e si procede per 3 minuti a 1090 g. Al termine della prima centrifuga si trasferisce il surnatante (S1) in un nuovo tubo, quindi si risospende il pellet con 10 ml di MSE, si trasferisce questa sospensione nuovamente nel potter e si omogenizza. Successivamente si trasferisce tutto in un nuovo tubo da centrifuga, si aggiungono 10 ml di MSE e si effettua di nuovo una centrifugazione per 3 minuti a 4 C a 1090 g. Al termine della centrifugazione, il pellet viene scartato, mentre il surnatante (S2) viene trasferito in un tubo da centrifuga pulito.

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S1 ed S2, ottenuti dalle prime due centrifughe, vengono nuovamente centrifugati a 11950 g. per 10 minuti a 4 C. Al completamento di questa centrifuga, vengono scartati i surnatanti ottenuti e viene aggiunto a ciascun pellet 5 ml di MS; questi sono trasferiti poi nel potter, vengono omogenati e trasferiti in un nuovo tubo da centrifuga in cui vengono aggiunti 10 ml di MS e 20 μl di digitonina 10% p/v. La digitonina è un permeabilizzante di membrana utilizzato per evitare la formazione dei sinaptosomi.

A questo punto, viene effettuata una successiva centrifugazione a 11950 g. per 10 minuti a 4 C, al termine della quale si elimina il surnatante e si risospende il pellet utilizzando 400 μl di MS. Si procede ad una ultima potterizzazione al temine della quale l omogenato viene trasferito in una eppendorf posta in ghiaccio per tutta la durata dell esperimento, fino ad un massimo di 2h.

La concentrazione di proteine mitocondriali viene determinata utilizzando la reazione di Bradford.

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Figura 16-Procedura di isolamento dei mitocondri cerebrali di ratto.

dosaggio proteico di Bradford scarto il surnatante e risospendo il pellet in 400 μl buffer MS centrifugo (11970 giri , 10 min, 4°C) scarto il surnatante e risospendo il pellet in 20 ml + 20 μl di digitonina buffer MS centrifugo S1 e S2 (11970 giri , 10 min, 4°C) centrifuga dell'omogenato (1090 giri, 3 min, 4°C) si ottiene S2 risospensione del pellet in 20 ml buffer MSE centrifuga dell'omogenato (1090 giri, 3 min, 4°C) si ottiene S1 ottenimento di 20 ml di omogenato buffer MSE asportazione del tessuto

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6. Dosaggio proteico

La concentrazione delle proteine mitocondriali è stata determinata tramite il dosaggio proteico di Bradford.

Questo metodo si basa sul potere legante del reattivo di Bradford (Comassie brillant blue) con il gruppo sulfidrilico delle proteine che colora la soluzione di blu, conferendole un picco di assorbimento a 595 nm. Usando uno spettrofotometro (Enspire, Perkin Elmer) vengono misurate le diverse assorbanze delle varie diluizioni mitocondriali. Le diluizioni usate per la determinazione della concentrazione mitocondriale sono la 1/500, 1/1000, 1/2000, 1/4000, partendo dal pellet risospeso al termine dell isolamento.

Lo stesso tipo di analisi è stata poi applicata alle soluzioni di albumina siero bovino (BSA) a concentrazioni note, utilizzate come standard per ottenere la curva di calibrazione. In questo caso si parte da una stock solution di BSA 10 mg/ml per arrivare a tre diverse soluzioni: 2 μg/ml, 10 μg/ml, 20 μg/ml; per lo standard, oltre a queste diluizioni, si utilizza anche un bianco.

Infine, per calcolare la concentrazione di proteine mitocondriali, i valori di assorbanza ottenuti sono stati interpolati con la curva di calibrazione ottenuta con la BSA.

Il calcolo della resa mitocondriale tramite questo passaggio è fondamentale per il protocollo sperimentale, poiché ci permette di calcolare il volume effettivo del nostro pellet da utilizzare (GraphPad prism 6).

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7. Protocollo

sperimentale:

determinazione

fluorimetrica delle specie reattive dell ossigeno

prodotte da oxaliplatino e paclitaxel

La concentrazione delle specie reattive dell ossigeno (ROS) prodotte in seguito all esposizione agli agenti chemioterapici, oxaliplatino e paclitaxel, è stata eseguita grazie all utilizzo del diidroetidio (DHE), una sonda a fluorescenza. Il DHE entra nelle celullule e, in presenza di ROS, viene ossidato ad etidio, che entra nel nucleo delle cellule e si intercala al DNA. Nei mitocondri questo si verifica a livello del DNA mitocondriale, emettendo una fluorescenza visibile allo spettrofluorimetro.

Si procede andando a creare una soluzione contenente mitocondri in concentrazione 0,5 mg/ml diluiti in swelling buffer e rotenone 100μM. Successivamente la sospensione mitocondriale viene disposta nei pozzetti di una piastra multiwell per fluorescenza (step 1, fig. 17), considerando che il volume finale sarà di 200 μl.

190 μl nei pozzetti del controllo;

180 μl in quelli del veicolo, trattamento e H2O2;

170 μl nei pozzetti in cui oltre al veicolo e al trattamento è presente anche il composto protettore.

Quindi vengono aggiunti 10 μl del composto selezionato nei pozzetti corrispondenti e la piastra viene messa in incubazione per 5 minuti (step 2, fig. 17).

Dopo questa incubazione vengono aggiunti 10 μl di una delle seguenti sostanze (step 3, fig. 17):

veicolo dell agente chemioterapico (ovvero DMSO 0.1% se si usa l oxaliplatino oppure 0.2% se si usa paclitaxel);

trattamento con l agente chemioterapico (oxaliplatino 10 μM o paclitaxel 20 μM);

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trattamento con H2O2 100 nM o 1 μM.

Per l oxaliplatino e il paclitaxel si usa una stock solution 10-2

M in DMSO e vengono preparati di fresco il giorno dell esperimento per evitare eventuale degradazione che andrebbe a compromettere i risultati dell analisi.

L H2O2 è utilizzata come riferimento, infatti induce con certezza stress

ossidativo a livello mitocondriale e quindi formazione di ROS.

L utilizzo del veicolo invece è utile per andare a valutare una possibile formazione di ROS causata dal DMSO in cui oxaliplatino e paclitaxel sono sciolti.

Si procede nuovamente con una incubazione di 5 minuti e al termine di questa, si va ad aggiungere in ogni pozzetto 10 μl di DHE 10 μM (step 4, fig. 17). La stock solution del DHE è 10-2

M e viene solubilizzato in DMSO. Nel momento in cui si inizia a maneggiare la sonda è fondamentale lavorare in completo buio poiché il DHE è molto sensibile alla luce e potrebbe danneggiarsi compromettendo l intero esperimento.

Infine si procede con la lettura allo spettrofotometro (Enspire, Perkin Elmer); il protocollo prevede 10 letture ogni 10 minuti (lunghezza d onda di eccitazione 500 nm e 580 nm di emissione), tra una lettura e l altra lo spettrofotometro effettua uno shaking della multiwell ogni due minuti e mezzo. Lo shaking è fondamentale poiché mantiene la soluzione con i mitocondri in agitazione evitando la precipitazione degli stessi.

Al termine delle letture si procede all analisi dei dati.

Dai valori di fluorescenza misurati si calcola la percentuale di variazione rispetto al baseline, quindi vengono ulteriormente analizzati rimuovendo il contributo del solvente per ogni tipologia di trattamento. Dunque si riporta in grafico la variazione percentuale di fluorescenza relativa al contributo del composto in esame in presenza dell agente

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chemioterapico e dell perossido d idrogeno verso il tempo (minuti). Una seconda valutazione è stata eseguita calcolando l AUC di ogni time-course per ogni tipologia di trattamento.

La valutazione della significatività statistica è stata fatta usando il t test di student e il two-way ANOVA (GraphPad prism 6).

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RISULTATI E DISCUSSIONE

La ricerca di nuovi agenti farmacologici in grado di limitare o ridurre in modo significativo i sintomi tipici delle neuropatie indotte da chemioterapici, e in special modo il dolore, rappresenta un obiettivo di primaria importanza, visto che la manifestazione clinica di questo disturbo è al momento una delle principali cause di abbandono della chemioterapia e allo stesso tempo è un sintomo estremamente invalidante nel paziente oncologico. I principali sintomi che la neuropatia presenta, sono di tipo sensoriale, come il formicolio a livello delle mani e dei piedi, la parestesia, l allodinia, l iperalgesia, la debolezza e l alterazione del riflesso. Alla base di questi eventi si ritiene che l evento responsabile sia almeno in parte l attivazione dei canali TRPA1 in seguito allo stress ossidativo (i canali sono strettamente legati alla ricezione dolorifica e quindi responsabili dello stimolo doloroso) (Finnerup et al. , 2015; Torrace et al. , 2006).

A fronte di queste evidenze, più recentemente si è fatta avanti una ipotesi secondo la quale lo stress ossidativo, prodotto in seguito all esposizione a chemioterapici, sia soprattutto di origine mitocondriale e possa provocare a sua volta un danno della funzionalità mitocondriale. Quindi sulla base di questa ipotesi la ricerca si è concentrata sullo studio di approcci terapeutici innovativi in grado di limitare la mito-tossicità.

Sebbene clinicamente la neuropatia indotta da chemioterapici colpisca i gangli spinali, nella sperimentazione preclinica frequentemente vengono impiegati e considerati affidabili i mitocondri prelevati dal cervello (Waseem e Parvez, 2016).

A tal proposito, dal punto di vista metodologico, generalmente vengono valutati marcatori specifici di stress ossidativo, quali per esempio

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glutatione mitocondriale (GSH), superossido dismutasi (SOD) e lipo-ossigenasi (Waseem e Parvez, 2016; Waseem et al. , 2016).

Dunque sulla base di queste premesse, il primo obiettivo di questa tesi di Laurea è stato quello di realizzare un modello sperimentale originale in cui fosse possibile quantificare la produzione di specie reattive dell ossigeno (ROS) mitocondriale; a tale scopo è stata impiegata una sonda fluorescente caratterizzata dal probe diidroetidio (DHE), in grado di entrare all interno dei mitocondri e, in seguito alla ossidazione per esposizione alle ROS, legarsi al DNA ed emettere fluorescenza. In assenza di stress ossidativo questa conversione non avviene o avviene minimamente. Nelle nostre condizioni sperimentali, l esposizione dei mitocondri cerebrali ad H2O2, composto di riferimento in grado di

indurre un elevato livello di stress ossidativo, produce un incremento nella fluorescenza in seguito ad esposizione a DHE alla concentrazione di 100 nM, come riportato in letteratura (Treberg et al. , 2015), e alla concentrazione 1 μM tale effetto sembra già massimale. Questo lo si nota sia osservando l incremento della fluorescenza emessa, rispetto al proprio veicolo, nel tempo di esposizione (120 min), sia misurando l area sotto questa curva riferita all intero periodo di misurazione (fig. 18 e 19).

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Figura 19- AUC H2O2 .

I mitocondri cerebrali esposti agli agenti chemioterapici paclitaxel e oxaliplatino alle concentrazioni riportate in letteratura, 20 microM e 10 microM; rispettivamente, (Waseem e Parvez, 2016; Waseem et al., 2016) producono un incremento della fluorescenza del tutto confrontabile a quello del trattamento con perossido d idrogeno, per quanto riguarda il time course dove si osserva un incremento nella fluorescenza massima (in 120 min) nell ordine del 40% misurato per entrambi i chemioterapici. Anche l area sotto la curva (indicativa della quantità totale di ROS prodotte nei 120 minuti di saggio) risulta essere confrontabile (fig. 20 e 21).

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Figura 21- AUC Oxaliplatino, Paclitaxel e H2O2 .

Nell ambito della valutazione dell affidabilità del modello sperimentale sono stati testati due flavonoidi (silibina e quercetina) di origine naturale, per i quali sono già presenti in letteratura evidenze di protezione dalla disfunzione mitocondriale indotta da oxaliplatino e paclitaxel (Waseem e Parvez, 2016; Di Cesare Mannelli et al., 2012). Entrambi gli agenti naturali impiegati alle concentrazioni riportate in letteratura hanno dimostrato, nel danno indotto sperimentalmente da paclitaxel, di contenere in modo marcato e significativo la produzione di ROS mitocondriale, come è evidente sia dalla curva time course che dal grafico di AUC (fig. 22 e 23).

Riferimenti

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