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La Sindrome Genito-Urinaria della Menopausa: nuove prospettive terapeutiche con il laser vaginale

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Academic year: 2021

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Indice

1. Introduzione

1.1 Definizione

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1.2

Epidemiologia

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1.3 Sintomatologia

3

1.3.1 Sintomi a carico dei genitali 1.3.2 Sintomi urologici 1.3.3 Sintomi sessuali

1.4 Impatto sulla qualità della vita

5

1.5 Embriologia

6

1.6 Istologia

9

1.6.1 Vagina 1.6.2 Uretra

1.7 Flora Vaginale

14

1.8 Fisiopatologia della Menopausa

15

1.9 Modificazioni Anatomo-funzionali

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1.10 Eziologia

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1.11 Terapia

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1.11.1 Stile di vita 1.11.2 Lubrificanti e Sostanze Idratanti 1.11.3 Vitamine 1.11.4 Ossitocina 1.11.5 Steroidi Sintetici 1.11.6 Terapia Estrogenica 1.11.7 Deidroepiandrosterone (DHEA) intravaginale 1.11.8 Modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) 1.11.9 Radiofrequenza 1.11.10 Terapia Laser 1.11.11 Altre terapie per l’incontinenza urinaria da sforzo

2. Materiali e metodi

41

3. Risultati

46

4. Discussione

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5. Tabelle e Figure

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1.Introduzione

1.1 Definizione

Negli ultimi anni l’International Society for the Study of Women’s Sex Health (ISSWH) e la North American Menopause Society (NAMS) hanno introdotto il termine di Sindrome Genitourinaria della Menopausa (GSM) per indicare le alterazioni atrofiche a carico di vulva, vagina (atrofia vulvo-vaginale, VVA), del terzo inferiore dell’uretra e del trigono vescicale che si manifestano nel periodo post menopausale. Queste modificazioni croniche e progressive sono la conseguenza diretta principalmente del calo dei livelli sistemici di estrogeni caratteristico di questa fase della vita della donna1. La comune derivazione embriologica e la simile distribuzione tissutale dei recettori ormonali fanno sì che queste strutture siano ugualmente sensibili al calo della stimolazione ormonale che si verifica dopo la menopausa.

1.2 Epidemiologia

Con l’allungamento della durata della vita media reso possibile grazie ai progressi nel campo medico, scientifico, industriale, alimentare e tecnologico, la speranza di vita in Italia è di 87,28 anni in Italia. Di conseguenza essendo l’età della menopausa intorno ai 50 anni, le donne trascorrono più di un terzo della loro vita in fase post menopausale. Pertanto tutte le modificazioni che si associano alla riduzione della steroidogenesi gonadica dovrebbero essere oggetto di studio e di attenzione da parte della comunità medica. Si stima nel 2030 la percentuale delle donne in post menopausa si attesterà

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intorno al 17% della popolazione.2. La percentuale di donne che presenta sintomi di atrofia urogenitale risulta essere difficilmente determinabile. Molte donne non ricorrono ad uno specialista o perché accettano tale condizione come un inevitabile segno dell’invecchiamento o perché sono in imbarazzo a parlare di questo argomento. In alcuni casi anche il background culturale e religioso influisce sulla propensione della donna ad esporre questo problema al proprio medico. Nello studio REVIVE” del maggio 2015 il 54% delle intervistate dice di aver parlato con lo specialista di problemi inerenti la salute sessuale solo dopo che era stato loro chiesto e il 33% dice di essere troppo timido per discuterne3. Tuttavia la GSM sembra colpire almeno il 40-54% delle donne in postmenopausa e di queste solo il 25 % si rivolge al medico4. L’elevata incidenza dei sintomi vulvovaginali si evidenzia anche nello studio di Erekson 2015 in cui in un gruppo di 358 donne in menopausa si apprezza la presenza nel 50% dei casi di almeno un sintomo e nel 10% di più di 5 sintomi assieme; inoltre il 32,5% con sintomi non aveva consultato nessun ginecologo negli ultimi 2 anni5. Per quanto riguarda invece i sintomi urinari e in particolare l’incontinenza urinaria, si stima una prevalenza tra il 9 e il 74 % della popolazione femminile6-12. Tra le forme di incontinenza, l’incontinenza urinaria da stress (SUI) è la più frequente rappresentando il 50 % dei casi; segue la forma mista (MUI) con il 36 % ed infine l’incontinenza da urgenza (UUI) con l’11%13.

1.3 Sintomatologia

I sintomi e segni della GSM sono numerosi e variegati e per semplicità esplicativa vengono suddivisi in 3 categorie : a carico dei genitali, urologici e sessuali.

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I sintomi a carico dei genitali comprendono dolore e senso di peso a livello vaginale e pelvico, secchezza, irritazione, bruciore, indolenzimento, prurito vulvare, dolore sovrapubico. I segni genitali sono riduzione dell’elasticità e del turgore dei tessuti, leucorrea, ecchimosi, eritema, diradamento e ingrigimento dei peli pubici, assottigliamento e pallore dell’epitelio vaginale, placche leucoplastiche nella mucosa vaginale, presenza di petecchie, riduzione del numero delle pliche vaginali, aumento della friabilità vaginale, riduzione volumetrica delle grandi labbra e fusione delle piccole labbra. A tutto ciò si associano complicanze quali l’ atrofia delle ghiandole di Bartolino, retrazione intravaginale dell’uretra, alcalinizzazione del PH (5-7), riduzione delle secrezioni vaginali e cervicali, prolasso degli organi pelvici, prolasso della cupola vaginale (in caso di pregressa isterectomia), accorciamento e stenosi vaginale, stenosi dell’introito.

Tra i sintomi soggettivi più comunemente lamentati abbiamo la secchezza vaginale nel 75% dei casi, dispareunia nel 38% e prurito, dolore e perdite vaginali nel 15%14,15.

I sintomi e segni urologici sono rappresentati da aumento della frequenza minzionale, urgenza, gocciolamento terminale, nicturia, incontinenza da stress e incontinenza da urgenza, disuria, ematuria, infezioni ricorrenti delle vie urinarie. Le complicanze che possono verificarsi sono la riduzione della vascolarizzazione del trigono vescicale, atrofia uretrale, stenosi del meato uretrale, uretrocistocele, retrazione del meato uretrale all’interno della vagina con associata evacuazione vaginale, caruncole e polipi uretrali. Circa il 15-35 % delle donne sopra i 60 anni lamentano specialmente le alterazioni della frequenza della minzione, l’urgenza, l’incontinenza, la disuria e la nicturia. Inoltre il 20% delle donne in postmenopausa soffre di ricorrenti infezioni delle basse vie urinarie come conseguenza dell’atrofia a cui va incontro l’urotelio a seguito dell’ipoestrogenismo16.

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I sintomi e segni sessuali sono perdita della libido, mancanza di eccitazione, mancanza di lubrificazione, dispareunia, disorgasmia, vaginismo, dolore pelvico, sanguinamento o spotting durante il rapporto.

Da aggiungere però che nel 50 % delle pazienti con GSM da lieve a moderata non è presente alcun sintomo, cosa che ovviamente ci impedisce o ritarda la diagnosi e che fa si che questa condizione sia spesso diagnosticata in ritardo 17.

1.4 Impatto sulla qualità della vita

La GSM ha un notevale impatto sulla vita sessuale e di relazione, modificando anche l avita sociale e professionale della donna, con risvolti sulla sfera emotiva ed emozionale. Nello studio “Women’s Voices in the Menopause” del 2010 circa il 40% delle donne intervistate afferma che gli effetti della VVA si ripercuotono sulla loro vita sessuale e inoltre il 32% sostiene di sentire di essere invecchiata 18. Circa il 39% delle donne partecipanti allo studio VIVA del 2012 hanno riportato che questo problema ha complicato la loro relazione con il partner. Il 32% che ha avuto ripercussioni sulla sfera anche affettiva della relazione e il 22% confessa di sentirsi meno attraente 19. In uno studio inglese del 2007, il 42% delle donne con discomfort vaginale riporta di avere addotto delle scuse per evitare il rapporto sessuale e il 60% che questo problema abbia danneggiato la propria sicurezza in se stessa 20. Ancora il 62% delle donne del Nord America e Europa riferisce una perdita dell’intimità con il partner 21,22 .

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1.5 Embriologia

Le cellule germinali primordiali (protogoni), evidenziate nell’epiblasto ad un precoce stadio di sviluppo, migrano attraverso la stria primitiva e raggiungono l’endoderma del sacco vitellino in prossimità dell’allantoide. Da questa regione migrano lungo il mesentere dorsale fino alle creste genitali, una struttura destinata a diventare la gonade indifferente. Esse, dopo la migrazione nelle gonadi in sviluppo, proliferano e si differenziano per influenza di fattori solubili secreti localmente.

La componente somatica delle gonadi deriva dalle creste genitali che si formano dal mesoderma intermedio, in particolare da una proliferazione bilaterale dell’epitelio celomatico e dal sottostante mesenchima. Queste creste, che si sviluppano medialmente al mesonefro e proiettano nella cavità celomatica, sono coperte dall’epitelio celomatico e si estendono dalla regione toracica alla regione lombare. Con l’arrivo delle cellule germinali le cellule delle creste genitali si organizzano in cordoni gonadici, che inglobano le stesse cellule germinali e formano un’ampia rete tra epitelio celomatico e tubuli mesonefrici.

Le gonadi costituite da cordoni sessuali primordiali con cellule germinali primordiali e cellule mesodermiche vengono dette gonadi indifferenti.

I cordoni sessuali primitivi della gonade indifferente si spingono verso l’interno dell’organo e vanno incontro a regressione insieme alle connessioni mesonefriche. L’epitelio celomatico della cresta genitale inizia poi a proliferare e si organizza in una seconda generazione di cordoni (cordoni di Valentin-Pflüger) che occupano la zona corticale circondando una o più cellule germinali. Durante lo sviluppo delle gonadi indifferenti, si formano bilateralmente sia i dotti mesonefrici di Wolff che quelli

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paramesonefrici di Müller. I dotti mesonefrici di Wolff derivano dal mesonefro. I dotti paramesonefrici (dotti di Müller) sviluppano da docce che si formano nell’epitelio celomatico ed evolvono in invaginazioni longitudinali bilaterali della parete celomatica che si portano più profondamente nel mesenchima adiacente ai dotti mesonefrici correlati.

Nell’embrione di sesso femminile persistono e si sviluppano i primordi dei dotti paramesonefrici (dotti di Müller), mentre i dotti mesonefrici regrediscono.

Per il fatto che le creste genitali vengono ulteriormente spostate in senso laterale per l’aumento di volume del rene definitivo e delle surrenali, i dotti di Muller presentano nel loro decorso due curvature che li suddividono in 3 segmenti distinti. La porzione craniale ha decorso longitudinale e dà origine alle salpingi, Il punto dove questa si apre nella cavità peritoneale corrisponde alla zona dove si formerà il padiglione tubarico. Il segmento intermedio ha decorso trasversale e si congiunge con la porzione intermedia del dotto del lato opposto sulla line mediana. La parte craniale di tale porzione forma in seguito una espansione a cupola, dalla quale avranno poi origine il fondo, i tratti cornuali e il corpo uterino. La porzione caudale, ancora a decorso longitudinale, fusa con quella del lato opposto, dà origine al collo dell’utero (che in questa fase e fino alla pubertà ha dimensioni maggiori del corpo) e i 2/3 superiori della vagina. La vagina, nel terzo distale, inizialmente è rappresentata da un cordone solido (piastra vaginale). Solo nel corso successivo dello sviluppo si verifica una fissurazione del seno urogenitale e subito dopo l’epitelio di tale seno invade il primitivo abbozzo della vagina distale canalizzando e tappezzandolo di modo che il rivestimento epiteliale definitivo della vagina risulta costituito da epitelio squamoso stratificato (17a – 18a w).

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Nel punto dove le estremità dei due dotti di Müller fusi assieme raggiungono il seno urogenitale, si forma una sporgenza nel lume di questo, detta tubercolo di Müller; a tale livello più tardi sarà situata l’imene, sotto forma di una plica anulare che separa l’abbozzo della vagina dalla cavità del seno urogenitale.

Lo sviluppo dei genitali esterni inizia durante la 6-8 settimana. La porzione terminale dell’intestino primitivo costituisce una cavità, detta cloaca, in cui sboccano, oltre all’intestino, anche il canale allantoideo, i due dotti di Wolff ed i due ureteri che, con lo sviluppo retrogrado, salgono verso la pelvi renale ed il metanefro. In un primo tempo il dotto di Wolff e l’uretere hanno uno sbocco comune, poi i due condotti si separano e terminano nella porzione anteriore della cloaca. Per lo sviluppo di un setto divisorio, il setto cloacale, la cloaca viene successivamente ad essere divisa in due parti: una parte anteriore o seno urogenitale, ed una parte posteriore in cui sbocca l’intestino retto. Sul pavimento del seno urogenitale è situato, come si è detto, il tubercolo di Muller ed ai suoi lati si trovano gli sbocchi dei dotti di Wolff; gli sbocchi uretrali, invece, sono spostati cranialmente verso l’abbozzo della vescica, che deriva da una espansione della porzione anteriore del seno urogenitale in continuità col canale allantoideo.

La cavità cloacale è separata dall’esterno da una membrana costituita esteriormente da uno strato di ectoderma ed all’interno da uno strato di endoderma (membrana cloacale). Nel corso della 8a settimana la membrana cloacale si fissura creando anteriormente l’apertura urogenitale e posteriormente l’apertura anale; fra le due è situata l’estremità caudale del setto cloacale che darà origine al corpo perineale.

Verso la fine della 5a settimana sulla linea mediana della superficie ventrale dell’embrione, a livello del margine anteriore della membrana cloacale, si forma una sporgenza conica, detta tubercolo genitale. Il versante caudale di detta sporgenza

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presenta un solco, il solco o fessura urogenitale, il cui pavimento è costituito dalla porzione più anteriore della membrana cloacale o membrana urogenitale e le cui pareti, lievemente sopraelevate, formano le creste urogenitali o pieghe uretrali. Cellule endodermiche del seno urogenitale proliferano e crescono nel mesoderma del tubercolo genitale formando la placca uretrale. Proliferazioni di mesoderma, lateralmente a ciascuna piega urogenitale, formano ispessimenti definiti protuberanze genitali. Nel corso della 7a settimana il tubercolo genitale si allunga formando il fallo primitivo ed alla sua estremità si differenzia il glande. Lateralmente alla base del fallo si formano quindi due pliche ectodermiche arrotondate, le eminenze labioscrotali. Nella donna il fallo primitivo nel corso del 3° e 4° mese darà origine al clitoride; le creste urogenitali alle piccole labbra; le eminenze labioscrotali alle grandi labbra. L’uretra, che si apre alla base del fallo, deriva dal tratto di seno urogenitale compreso fra l’abbozzo della vescica ed il tubercolo di Muller.

1.6 Istologia

1.6.1 Vagina

La parete della vagina è costituita da tre tonache: mucosa, muscolare e avventizia. La tonaca mucosa superiormente fa seguito alla mucosa della cervice uterina e inferiormente continua con la cute del vestibolo della vagina. È formata dall’epitelio di rivestimento e dalla lamina propria.

L’epitelio di rivestimento è di tipo pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato, costituito da più strati: strato basale, intermedio e superficiale.

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Lo strato basale è formato da cellule cilindriche con grande nucleo vescicoloso e presenta numerose mitosi.

Lo strato intermedio è costituito da diversi piani di cellule fusiformi il cui citoplasma contiene glicogeno.

Lo strato superficiale è costituito da cellule appiattite il cui citoplasma può contenere granuli cheratoialini; i nuclei presentano gradi diversi di picnosi. L’epitelio vaginale è molto sensibile al tasso ematico degli ormoni sessuali e presenta, durante il ciclo mestruale, modificazioni in rapporto alla fase estrogenica o a quella progestinica, tanto che si può parlare di un ciclo vaginale. L’esame di strisci vaginali colorati con metodo di Papanicolau consente di stabilire la situazione endocrina del soggetto. Nei primi 14 giorni del ciclo mestruale (fase estrogenica), si osserva un aumento progressivo di cellule acidofile (indice acidofilo) con nuclei piccoli e picnotici (indice picnotico). Nella fase progestinica successiva all’ovulazione, gli indice acidofilo e picnotico si riducono; compaiono invece cellule basofile con nuclei grandi a cromatina dispersa. Queste cellule, che tendono ad ammassarsi e a desquamare, hanno un citoplasma caratterizzato da margini arricciati.

La lamina propria, su cui poggia l’epitelio, si solleva in papille. È formata da tessuto connettivo denso, ricco di fibre elastiche, che diminuiscono andando in profondità. Sono presenti vasi, soprattutto venosi e accumuli di linfociti, mentre mancano le ghiandole. La superficie vaginale è infatti lubrificata ad opera del muco cervicale e dalla trasudazione dei vasi più superficiali.

La tonaca muscolare ha uno spessore ridotto; è formata da fasci di fibrocellule muscolari lisce che hanno un decorso longitudinale nella porzione esterna, circolare

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nella interna e obliquo nella intermedia, separati da un sottile tessuto connettivo ricco di fibre elastiche.

La tonaca avventizia connette la vagina alle formazioni adiacenti. È sottile, ma resistente ed è formata da tessuto connettivo ricco di fasci elastici che tende a diventare fibroso nella porzione inferiore. In essa sono contenuti ricchi plessi venosi.

1.6.2 Uretra

La parete dell’uretra, dello spessore di circa 5-6 mm, è costituita dalle tonache mucosa e muscolare.

La tonaca mucosa è rivestita da epitelio di transizione analogo a quello vescicale nella porzione superiore e da epitelio pavimentoso composto nella porzione inferiore; nel punto di passaggio fra i due tipi di epitelio esiste frequentemente un piccolo territorio dove l’epitelio è cilindrico composto. La lamina propria, più sviluppata nell’estremità inferiore, è costituita superficialmente da tessuto connettivo, abbastanza denso e ricco di fibre elastiche, nel quale sono contenute piccole ghiandole uretrali di tipo acinoso composto a secrezione mucosa. In prossimità del meato uretrale esterno sono anche presenti piccoli noduli linfatici. Profondamente la lamina propria è formata da tessuto connettivo lasso e contiene un ricco plesso venoso che si spinge nella sottostante tonaca muscolare formando il corpo spongioso dell’uretra. In vicinanza del meato esterno decorrono i dotti parauretrali che rappresentano i condotti escretori delle ghiandole omonime, strutturalmente simili alle ghiandole uretrali ma situate nella tonaca muscolare o nel setto uretrovaginale.

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La tonaca muscolare è costituita da una componente liscia, profonda, e da una striata, superficiale. La muscolatura liscia è disposta in due strati: uno longitudinale interno, che in alto continua con la muscolatura longitudinale della vescica, e uno circolare, esterno, più spesso del precedente e denominato sfintere liscio (o interno) dell’uretra. Superiormente quest’ultimo è in diretta continuazione con lo sfintere vescicale. La muscolatura striata appartiene ai muscoli del diaframma urogenitale ed è rappresentata da fasci di fibre ad andamento circolare che formano lo sfintere striato (o esterno) dell’uretra. In alto questo si dispone ad anello esclusivamente intorno all’uretra, più in basso circonda anche la vagina e nell’ultimo tratto appare incompleto posteriormente, assumendo la forma di una semiluna.

Il tratto genitale e urinario femminile quindi hanno una comune origine embriologica ed esprimono comuni recettori per gli ormoni sessuali, cosa che ci rende ragione della comparsa di sintomi a carico di entrambe in menopausa.

È stata infatti dimostrata la presenza di recettori per gli estrogeni a livello delle porzioni inferiori del tratto urinario, a livello dell’epitelio squamoso dell’uretra prossimale e distale, della vagina e del trigono vescicale, ma anche a livello del muscolo pubococcigeo e della muscolatura del pavimento pelvico 23-25.

È stato inoltre dimostrata la presenza di recettori per gli estrogeni di tipo α e di tipo β a livello delle pareti vaginali e del ligamento uterosacrale di donne in premenopausa, al contrario nelle donne in postmenopausa si ritrova l’esclusiva presenza del solo tipo α 26 . Questi ultimi inoltre si ritrovano anche a livello dello sfintere uretrale e si pensa che abbiano un ruolo nel mantenimento di un adeguato tono muscolare 27. Gli estrogeni quindi sono direttamente coinvolti nella fisiologia del sistema genitourinario, in

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particolare aumentano la resistenza uretrale, innalzano la soglia sensoriale della vescica e aumentano la sensibilità dei recettori α adrenergici della muscolatura liscia uretrale, hanno anche un effetto diretto sui recettori muscarinici del muscolo detrusore e inibiscono l’ingresso di calcio extracellulare all’interno delle cellule muscolari, inoltre influenzano anche il centro di controllo della minzione 28-32 .

Gli estrogeni sono fondamentali per la sintesi del collagene ed in particolare è stato dimostrato il loro effetto sul metabolismo collagenico delle porzioni inferiori dell’apparato genitale 33. Si pensa per tanto che il calo dei livelli di estrogeni sia alla base delle modifiche all’attività di sintesi del collagene a livello vaginale e periuretrale e ciò rende ragione della comparsa dell’atrofia urogenitale, dell’incontinenza da stress e del prolasso urogenitale 34-37.

Gli estrogeni contribuiscono alla maturazione dell’epitelio vaginale attraverso la deposizione di glicogeno, quest’ultimo viene metabolizzato dai batteri commensali che producono acidi organici (soprattutto lattato) che, inducendo una riduzione del pH vaginale, hanno un ruolo fondamentale nella protezione del tratto genitale 38,39. Gli estrogeni sono anche dei potenti ormoni vasoattivi, con azione vasodilatante, che inducono un aumento del flusso ematico fondamentale per la trasudazione e quindi la lubrificazione della vagina assieme all’azione delle ghiandole endocervicali e di Bartolino

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. Tutto ciò assieme alla presenza di rughe nella mucosa, che aumentano la distensibilità e l’elasticità della vagina, sono importanti per la compliance meccanica vaginale durante il rapporto 41.

In realtà si ritrovano espressi anche recettori per il progesterone a livello di vescica, trigono vescicale e vagina e recettori per gli androgeni a livello vescicale e uretrale, ma a

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concentrazioni molto variabili, probabilmente dipendenti dall’assetto sistemico estrogenico e attualmente il loro ruolo non è ancora stato ben chiarito 42.

1.6 Flora vaginale

Per flora vaginale si intende l'insieme di microorganismi, in maggior parte batteri, che vivono in equilibrio tra loro colonizzando la cavità vaginale. I batteri della flora vaginale sono stati scoperti dal ginecologo tedesco Albert Döderlein nel 1892. Principalmente la flora sana è costituita da batteri del genere Lactobacillus (Lactobacillus Acidophilus in origine bacilli di Döderlein). Il quantitativo e il tipo di batteri presenti nella flora ha un diretto influsso sullo stato di salute della donna.

In accordo con lo studio di Ravel del 2011, sono stati individuati 5 principali gruppi di comunità microbiche nelle donne in età riproduttiva. I cinque gruppi, denominati CSTs (Community State Types) e numerati I, II, III, IV, V, sono rispettivamente composti da 104, 25, 135, 108, 21 taxa.

Le principali specie presenti, indipendentemente dal gruppo di appartenenza sono L. vaginalis, L. jensenii, L. gasseri, Lactobacillales_6, L. crispatus, Lactobacillales_2, L. iners, Lactobacillales_5, Cryptobacterium, Gemella, Gardnerella, Aerococcus, Prevotellaceae_1, Ruminococcaceae_7, Anaeroglobus, Sneathia, Megasphaera, Anaerotruncus, Eggerthella, Atopobium, Prevotellaceae_2, Parvimonas, Porphyromonas, Peptoniphilus, Mobiluncus, Dialister, Prevotella.

In particolare il gruppo I, è dominato dal L. crispatus mentre il gruppo II, III, V dal L. gasseri, L. iners e L. jensenii. Il gruppo IV viene invece ad essere caratterizzato dalla preponderante presenza di Prevotella, Dialister, Atopobium, Gardnerella, Megasphaera,

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Peptoniphilus, Sneathia, Eggerthella, Aerococcus, Finegoldia, and Mobiluncus. Ovviamente la diversità si riflette anche sul pH che è di 4.0 ± 0.3 nel gruppo I , 5.0 ± 0.7 nel gruppo II , 4.4 ± 0.6 nel gruppo III, 5.3 ± 0.6 nel gruppo IV, 4.7 ± 0.4 nel gruppo V 43. Una flora vaginale sana infatti aiuta a prevenire le infezioni da funghi come Candida Albicans, causa di candidosi vaginale, e altre possibili patologie. Ormai è appurato che l'arrivo esterno di batteri aggressivi o uno sbilancio nei batteri sani può portare ad infezioni, ma non solo anche alterazioni ormonali, stress fisici o psicologici, eccessiva igiene intima con prodotti non idonei o troppo aggressivi possono essere responsabili di alterazioni nella fisiologia della vagina.

Fisiologicamente gli estrogeni prodotti dall'organismo femminile portano ad un aumento della quantità di glicogeno a livello dell'epitelio vaginale. Il glicogeno viene utilizzato dai lattobacilli che lo degradano e producono acido lattico che acidifica la zona, garantendo il mantenimento di un PH tra 4 e 4,5 cosa che impedisce la proliferazione batterica. Gli idrogenioni dell'acido lattico si combinano con l'acqua portando alla formazione di acqua ossigenata che lede le specie batteriche prive dell'enzima catalasi. Allo stesso tempo la popolazione di lattobacilli antagonizza con quella degli altri batteri, impedendone la proliferazione. I batteri e l'acido lattico che producono, in combinazione con i fluidi secreti dalla mucosa vaginale sono di fatto una forma di difesa verso aggressori patogeni di vario tipo.

1.8 Fisiopatologia della Menopausa

Con il passare del tempo nella donna si assiste ad una progressiva riduzione del numero dei follicoli a livello ovarico e concomitantemente ad una riduzione del numero di

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recettori per l’ormone follicolo-stimolante FSH. Questo determina una ridotta risposta ovarica alla stimolazione da parte dell’ FSH, con conseguente calo dei livelli di estrogeni e di Inibina A, prodotti dall’ovaio, a cui l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio risponde con un incremento dei valori di FSH. In un primo periodo, chiamato perimenopausa, tale meccanismo di compenso è almeno in parte efficace e si ha alternanza di cicli ovulatori e anovulatori con irregolarità mestruali, con frequente comparsa di oligomenorrea. Col tempo però aumenta il numero di cicli anovulatori, oligomenorrea sempre più severa fino alla comparsa di una amenorrea secondaria che è l’epifenomeno di un ipogonadismo ipergonadotropo, caratterizzante la fase post menopausale.

Gli effetti sulla salute della donna sono molteplici e non si limitano solo all’apparato riproduttivo ma vanno ad interessare ogni singolo distretto corporeo.

Circa l’85 % delle donne in menopausa presenta sintomi vasomotori 44 , per modificazioni a livello del centro termoregolatorio dovute alle modifiche dei livelli ormonali, già durante la fase perimenopausale. Fino al 55 % delle donne presentano atrofia genitourinaria, con i sintomi relativi. Inoltre si riscontrano disturbi del sonno, insonnia, disturbi dell’umore, disturbi cognitivi, mnemonici, irritabilità, disturbi della sfera sessuale, assottigliamento e perdita dell’elasticità della cute e delle mucose, alopecia, riduzione dei peli pubici, comparsa di peli a livello labiale e faciale, osteopenia e osteoporosi, aumento del rischio cardiovascolare a causa della perdita dell’effetto protettivo degli estrogeni e delle modifiche dell’assetto lipidico.

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1.9 Modificazioni Anatomo-funzionali

La riduzione degli estrogeni circolanti determina delle sostanziali alterazioni istologiche a carico dei tessuti che spiegano i sintomi associati alla menopausa. In particolare descriveremo quelli a livello dell’apparato genitourinario che sono causa di tutta la vasta sintomatologia associata alla GSM.

A livello vaginale si ha ad un assottigliamento dell’epitelio con riduzione del rapporto tra cellule superficiali e para-basali, associato ad una riduzione della componente di collagene, elastina e acido ialuronico della componente connettivale che diventa più densa 45. Il tessuto muscolare liscio presenta un’alterata proliferazione e si assiste ad un decremento dell’apporto ematico, che determina perdita della fisiologica lubrificazione. A ciò si aggiunge una ridotta produzione di glicogeno con conseguente aumento del pH e modifiche della flora batterica vaginale 46.

Per quanto riguarda la flora microbica è stato visto che le donne che avevano sintomi lievi o assenti di VVA presentavano elevata presenza di specie di Lactobacillus e una bassa variabilità batterica, mentre coloro che avevano una VVA severa presentavano una scarsa colonizzazione da parte dei lattobacilli ma una varietà di specie microbiche più ampia, in particolare Prevotella, Porphyromonas, Peptoniphilus, and Bacillus 47. Donne con sintomi severi presentano per lo più una flora mibrobica del tipo CST IV A (Anaerococus, Pep-toniphilus, Prevotella, and Streptococcus.) o IV B (Atopobium and Megasphera) 48.

Macroscopicamente si nota accorciamento e restringimento della vagina, la mucosa appare pallida, con riduzione del numero di pliche oltre e presenza di petecchie emorragiche.

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A livello di vescica, trigono vescicale, uretra, cervice e vulva si assiste allo stesso modo a una riduzione del contenuto di collagene a livello del tessuto connettivo che si assottiglia e diventa meno elastico e a un calo dell’apporto ematico che predispone a un maggior rischio di lesioni, infezioni e sintomi genitourinari .

1.10 Eziologia

La causa prevalente di GSM è la carenza ormonale conseguente alla Menopausa fisiologica. Esistono anche condizioni di ipoestrogenismo meno frequenti responsabili dello sviluppo di una sintomatologia analoga in soggetti anche molto giovani come per esempio cause sistemiche di ipoestrogenismo (sindrome di Kallman, tumori intracranici, iperprolattinemia, anoressia, traumi, panipopituitarismo, patologie autoimmuni ovariche, post partum estrogen deficiency etc) ed anche cause farmacologiche di ipoestrogenismo ( analoghi agonisti del GnRh, SERM come il Tamoxifene, inibitori delle aromatasi, danazolo, medrossiprogesterone, pillole contraccettive a basso dosaggio estrogenico) e cause iatrogene (ovariectomia bilaterale, insufficienza ovarica secondaria a radiazioni pelviche, chemioterapia, radioterapia).

Ci sono inoltre fattori di rischio più o meno rilevanti nella patogenesi della GSM quali il fumo di sigaretta, abuso di alcool, ridotta frequenza o astinenza sessuale, insufficienza ovarica precoce, carenza di esercizio, assenza di parto vaginale.

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1.11 Terapia

Attualmente sono disponibili diversi trattamenti per la GSM. La loro efficacia clinica dipende da fattori estrinseci correlati al tipo di trattamento e con fattori intrinseci correlati alla specifica paziente.

Tra i fattori estrinseci si annoverano il meccanismo d’azione del farmaco, il suo costo, la semplicità di utilizzo, il dosaggio, gli effetti avversi. Tra i fattori intrinseci invece abbiamo la severità dei segni e sintomi, la compliance della paziente, eventuali sintomi menopausali concomitantementi, l’ anamnesi patologica remota ed eventuali comorbidità associate, la vita sociale e affettiva della donna.

1.11.1 Stile di vita

Alcune abitudini di vita possono migliorare questa condizione, come una attività sessuale regolare o in alternativa la masturbazione, che stimolano la vascolarizzazione della mucosa vaginale e la muscolatura del pavimento pelvico; la cessazione del fumo, l’uso di abiti in cotone e traspiranti.

1.11.2 Lubrificanti e sostanze idratanti

Queste sostanze sono presenti in commercio in diverse composizioni. Nel complesso hanno un effetto immediato ma a breve termine ,in genere meno di 24 ore , e devono essere applicati al bisogno. Possono essere consigliati in donne con sintomi lievi o anche in associazione con terapie estrogeniche non completamente efficaci ai dosaggi consigliati. Non determinano alcuna modificazioe morfologica del tessuto vaginale.

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1.11.3 Vitamine

È stato riportato che la somministrazione di composti vitaminici (vitamina E e D ) possa determinare un effetto positivo sulla sintomatologia della GSM 48. I risultati di questi studi non sono stati tuttavia confermati in studi con un disegno sperimentale adeguato.

1.11.4 Ossitocina

Uno studio svedese ha dimostrato che l’applicazione di gel contenente ossitocina determina una normalizzazione dell’epitelio, con riduzione del pH e una notevole riduzione dei sintomi; il tutto senza alcun tipo di effetto a livello endometriale 49. I risultati devono comunque essere confermati in studi controllati.

1.11.5 Steroidi sintetici

Il Tibolone migliora l’indice di maturazione vaginale e il trofismo vaginale, riducendo i segni e i sintomi della VVA. Inoltre il Tibolone tende a determinare un miglioramento della libido grazie alle sue proprietà androgeniche. La somministrazione di Tibolone determina solo minimi effetti sull’urgenza e la nicturia 50.

1.11.6 Terapia estrogenica

La terapia estrogenica essendo la terapia etiologica, è il trattamento di elezione della GSM con una comprovata rapidità ed efficacia. In particolare ricostituisce l’epitelio vaginale, aumenta l’apporto ematico e la produzione di secrezioni, riduce il pH e conseguentemente ristabilisce una sana flora batterica 51. Tutto questo è possibile ovviamente grazie al legame del farmaco con i recettori per gli estrogeni presenti a

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livello vaginale di cui abbiamo parlato. Per quanto riguarda l’efficacia nell’ambito dei sintomi urinari gli studi sono molto controversi. Per quanto riguarda l’incontinenza da stress, la terapia estrogenica può migliorare la sintomatologia in associazione a farmaci agonisti α adrenergici 52,53. Gli estrogeni soprattutto somministrati per via vaginale risultano invece più efficaci rispetto al placebo se di considera l’incontinenza da urgenza, la frequenza, la nicturia e urgenza 54.

Le controindicazioni all’uso di terapia estrogenica sia sistemica che locale ( a causa di un ipotetico e/o minimo assorbimento sistemico ) sono considerati i medesimi: storia personale di carcinoma della mammella, tumori estrogeno dipendenti, sanguinamento vaginale non indagato, storia di tromboembolismo personale o familiare, iperplasia o cancro dell’endometrio, ipertensione, iperlipidemia, patologie epatiche, ipersensibilità al preparato estrogenico, stroke, infarto, patologia coronarica, trombosi venosa profonda, gravidanza, fumo, emicrania con aura, colecistite e colangite acuta.

La terapia estrogenica può essere somministrata sia come preparato per via sistemica che topica. La terapia è la terapia di scelta quando il sintomo dominante o la sola indicazione sia la GSM.

La terapia ormonale sostitutiva sistemica (mediante compresse, patch, gel, impianti sottocutanei) invece è indicata soprattutto in quelle donne che oltre ai sintomi della GSM, riportano anche sintomi vasomotori o altre indicazioni quali l’osteopenia o l’osteoporosi 55.

In alcune donne la terapia sistemica alle basse dosi utilizzate per la terapia delle vampate di calore risulta poco efficace sui sintomi genitourinari e si consiglia di associare anche un prodotto ad applicazione topica vaginale in maniera intermittente o continuativa.

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Per quanto riguarda invece la terapia topica vaginale questa viene per lo più somministrata a donne che presentano esclusivi sintomi genitourinari. Presenta il vantaggio di avere una potente azione locale con nullo o scarso assorbimento sistemico tanto da non interferire con il metabolismo epatico e non richiedere l’ aggiunta di progestinico per prevenire l’iperstimolazione estrogenica dell’endometrio.

Gli estrogeni vaginali possono essere somministrati come anelli , gel, creme, ovuli o tavolette. Anche se mancano studi di confronto, le varie formulazioni sembrano essere tutte ugualmente efficaci 56 . la scelta della terapia è da porre in relazione con le preferenze della donna e il suo stile di vita; per esempio la crema presenta il vantaggio di poter essere gestita flessibilmente dalla donna al momento del bisogno, mentre gli anelli vengono messi in sede e cambiati ogni tre mesi e la donna risulta essere libera da ogni pensiero relativo all’utilizzo ma hanno lo svantaggio di poter essere espulsi specie in presenza di un concomitante prolasso genitale.

Gli effetti collaterali possibili sono l’aumento delle secrezioni vaginali, spotting e prurito genitale. Per tale ragione si può consigliare di seguire il trattamento per sei mesi, sospenderlo per un breve periodo e poi riprenderlo nuovamente.

1.11.7 Deidroepiandrosterone (DHEA) intravaginale

In un recente studio si è visto che l’applicazione di DHEA allo 0,5 % aumenta il numero delle cellule superficiali, riduce il numero di cellule parabasali, riduce il pH e attenua il dolore durante il rapporto. In aggiunta si ritrova un aumento delle secrezioni vaginali, dello spessore dell’epitelio 57. Si associa inoltre a un modesto ma statisticamente

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significativo aumento dei livelli sierici di testosterone ed estradiolo 58. La sua sicurezza di impiego su donne con carcinoma della mammella non è ancora stato studiato.

1.11.8 Modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM)

La FDA del 2013 ha approvato l’utilizzo di Ospemifene per il trattamento della VVA e della dispareunia. Questo SERM migliora il trofismo dei tessuti vaginali, l’indice di maturazione vaginale, riduca il pH, migliori la sintomatologia e dà ottimi risultati nell’ambito del benessere sessuale 59-61. Pare inoltre che non abbia inoltre nessuna relazione con lo sviluppo di cancro dell’endometrio e solo ˂1 % delle pazienti ha sviluppato iperplasia 62. In aggiunta alcuni studi hanno dimostrato un suo effetto anti estrogenico nei confronti del tumore della mammella. Attualmente tuttavia non è indicata la somministrazione in donne con neoplasia mammaria in corso di trattamento, anche se il suo uso è stato approvato a completamento della terpia medica ; inoltre sarebbe da evitare in coloro che hanno un aumentato rischio di tromboembolismo venoso in quanto pare che tale farmaco aumenti l’incidenza di effetti avversi in tal senso.

Lasoxifene è un altro dei farmaci di questa categoria che pare abbia effetti sul pH vaginale e sulla secchezza vaginale; in aggiunta ha anche conseguenze positive sulla mineralizzazione ossea, sulla malattia coronarica, sull’ictus 63-65.

Una nuova frontiera sembra sia l’associazione tra un SERM ( come il Bazedoxifene) e una bassa dose di estrogeni coniugati, la cui combinazione mantiene i benefici della stimolazione strogenica prevenendo la stimolazione di endometrio e mammella grazie alla presenza del SERM 66-68.

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1.11.9 Radiofrequenze

I dispositivi a radiofrequenza che sono impiegati in ambito industriale, scientifico e medico, lavorano con frequenza che vanno dai 3 kHz ai 24 GHz. In particolare in ambito medico quelli impiegati sfruttano la possibilità di creazione di un campo elettrico tramite l’oscillazione di corrente elettrica. Tale campo a sua volta determina un moto traslazionale di atomi e molecole dotati di carica e blocca la rotazione di molecole polari. Questo moto di particelle è il principale responsabile della capacità di generare calore e aumentare di conseguenza la temperatura locale. Le molecole d’acqua hanno un ampio momento di dipolo, che è orientato in maniera casuale in assenza dell’applicazione di un campo elettrico. In presenza di un campo elettrico, i momenti dei dipoli si orientano parzialmente lungo la direzione del campo. L’energia richiesta per effettuare la rotazione del dipolo rappresenta l’energia che verrà poi trasferita al tessuto. La resistenza o l’impedenza convertono la corrente elettrica in energia termica, generando calore sulla base dell’intensità di corrente e del tempo di esposizione. La conseguenza diretta è la dispersione dell’energia lungo i volumi tridimensionale del tessuto ad una determinata profondità 69.

La configurazione degli elettrodi nei dispositivi a radiofrequenze può essere monopolare, bipolare, tripolare o quadripolare.

Nell’interazione tra tessuto e radiofrequenze, il calore generato nel derma raggiunge una soglia termica al di sopra della quale ( circa 60 °C) il collagene inizia a denaturare e a denaturare completamente (70-75 °C) . E’ stato dimostrato che la parziale denaturazione del collagene è massima a 67 °C e essa correla con una neocollagenesi

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ottimale e effetti clinici apprezzabili a livello cutaneo. Temperature di 40-45 °C inducono la produzione di collagene da parte dei fibroblasti con associato ispessimento della cute 70. Al contrario temperature superiori a 45 °C determinano dolore e bruciature durante e dopo il trattamento. Diversamente dalla cute a livello vaginale non si osservano lesioni termiche per valori fino a 47 °C, mentre bruciature e vescicole appaiono intorno ai 55 °C 71.

Il suo ampio impiego è imputabile alla sua capacità di aumentare il volume del derma e e migliorare l’elasticità e le caratteristiche meccaniche della cute. Sia la neocollagenesi che l’elastogenesi sono alla base dell’acquisizione di una nuova elasticità tissutale ben evidente all’elastometria 72. Le fibre collagene sono formate da una tripla elica di catene proteiche tenute insieme da legami proteici extracatenali che consentono la creazione di una struttura complessa e organizzata. Quando le fibre collagene sono riscaldate a determinate temperature, si contraggono a causa della rottura dei legami a idrogeno intramolecolari. La contrazione determina il piegamento della struttura a tripla elica con la creazione di fibre collagene di spessore maggiore ma di lunghezza ridotta. Si pensa che proprio questo meccanismo sia alla base dell’immediato ispessimento del tessuto visibile dopo le procedure di ringiovanimento cutaneo. La parziale denaturazione del collagene invece si pensa che crei un segnale d’innesco per la neocollagenesi 73.

È stato dimostrato come la creazione di nuova elastina, caratteristica ottenibile esclusivamente con le radiofrequenze, sia alla base della sua efficacia nel trattare la lassità vaginale.

L’introduzione di dispositivi con radiofrequenze dinamiche, con i quali l’energia viene ad essere somministrata per nanosecondi sulla stessa superficie, ha consentito di ridurre il dolore che proviene dalla giunzione dermo-epidermica, consentendo però un adeguato

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riscaldamento del collagene dermico. Permette di diminuire la scarica dei nervi cutanei, evitando che la temperatura di superficie superi la sogli dei 45 °C, mentre il calore viene accumulato nel collagene e nelle altre strutture dermiche target. Gli attuali dispositivi impiegati per il trattamento vaginale in genere lavorano con temperature pari o inferiori ai 45 °C.

Tale tipo di trattamento è stato valutato in quanto ad efficacia nel trattamento della SUI in un ristretto gruppo di pazienti nei quali si è confrontato con un trattamento fittizio. Si è evidenziato un miglioramento della condizione patologica evidente tramite ICIQ-SF e UDI-6. In 7 delle dieci pazienti trattate si è ottenuto uno stress test negativo fino a 12 mesi 74.

Per utilizzare le radiofrequenze come terapia per la SUI bisogna utilizzare degli aghi all’interno della parete uretrale e della sottomucosa. Pertanto tra i principali svantaggi si ha la necessità di irrigare l’uretra tramite soluzione salina per ridurre la temperatura interna raggiunta oltre che dell’anestesia locale per provvedere all’inserzione dello strumento 75-78.

Esistono anche dei dispositivi a radiofrequenza dinamica quadripolare (DQRF) che si sono dimostrati efficaci nel trattare incontinenza, disuria, lassità vaginale, migliorando la vita sessuale delle donne. Da un punto di vista dell’effetto sul tessuto sembra che determinino un ispessimento dell’epitelio e un riarrangiamento delle fibre collagene ed elastiche senza alcun tipo di effetti avversi sui vasi, sui nervi e sull’epidermide 79,80.

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1.11.10 Terapia Laser

Definizione e principi fisici di funzionamento

Il termine Laser è l’acronimo di “Light amplification by stimulated emission of radiation”. Gli strumenti laser attualmente presenti in commercio lavorano con lunghezze d’onda che rientrano nell’ambito della luce ultravioletta (157-400 nm), visibile (400-800 nm) e infrarossa (800- >30.000 nm) dello spettro elettromagnetico. La luce laser è descritta come collimata (tutti i raggi sono paralleli tra di loro); monocromatica( tutte le radiazioni sono composte da un solo colore e quindi da una singola frequenza); e coerente (tutte le onde sono in fase nel tempo e nello spazio). I laser utilizzati in ambito medico vengono generati in una cavità laser e hanno tre componenti principali che sono il mezzo attivo, che può essere solido, liquido o gassoso, e determina la lunghezza d’onda specifica della luce utilizzata; la fonte di energia incidente, usata per stimolare gli atomi del mezzo attivo; il risonatore ottico con due specchi altamente brillanti messi alle due estremità della cavità, che dirigono la luce del mezzo attivo, producendo una forma di luce brillante, diretta, monocromatica e coerente.

Un fattore determinante in ambito medico è l’assorbimento dell’energia da parte del tessuto irradiato, che dipende da due principali parametri che sono la lunghezza d’onda e la densità di potenza, ma anche dalle caratteristiche del tessuto trattato e dai cromofori in esso presenti. Per massimizzare l’assorbimento e di conseguenza implementare l’efficacia del trattamento, bisogna utilizzare la lunghezza d’onda adeguata, scelta sulla base del principale cromoforo presente nel tessuto. In ambito

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ginecologico in particolare esso è rappresentato dall’acqua che permea abbondantemente le strutture di interesse.

Altro elemento discriminante è la durata dell’energia laser. Essa è utile per limitare il danno termico alla sola area target. Può essere controllata applicando un’energia che sia minore o uguale al tempo di rilassamento (τr) del cromoforo del tessuto target; esso rappresenta il tempo affinchè la temperatura di una distribuzione gaussiana della temperatura con un ampiezza uguale al diametro del target si riduca del 50 % rispetto alla temperatura raggiunta subito dopo l’esposizione alla luce laser 81.

Alcune tecnologie laser offrono inoltre la possibilità di utilizzare raggi laser frazionati, che creano un’alternanza tra micro aree trattate e micro aree integre di tessuto, riducendo così gli effetti avversi e accelerando il processo di guarigione 82,83.

La terapia laser micro-ablativa con CO2 sfrutta onde elettromagnetiche che hanno una

lunghezza d’onda di 10.600 nm, fortemente assorbite dalla componente acquosa del tessuto. Questo tipo di tecnologia negli anni è stata soprattutto utilizzata per il trattamento di patologie della cervice uterina, sfruttando il suo potere ablativo. Variando la quantità di energia applicata in funzione del tempo è possibile modificare la profondità della vaporizzazione, la base del cratere di carbonizzazione e l’effetto di coagulazione termica. Un impulso di durata inferiore ad 1 millisecondo penetra per circa 20-30 µm nel tessuto, determina un’area di danno termico residuo di 100-150 µm di spessore e si determina una coagulazione termica fino ad una profondità di 1 mm 84. Considerando la temperatura di ebollizione dell’acqua, per ottenere l’ablazione della cute è necessario utilizzare una densità di energia di 5 J / cm2 . La temperatura della cute così raggiunta è di 120-200 °C . Anche il diametro del raggio laser influenza l’effetto sul tessuto, in particolare la fluenza e la rapidità di vaporizzazione. Pertanto tra i

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principali svantaggi di tale tecnologia si ha la necessità di muovere rapidamente il raggio laser onde evitare disidratazione, bruciature e dispersione del calore. Inoltre usando raggi laser di diametro maggiore di 2 mm si ha un incremento del rischio di danno termico in profondità, come conseguenza della necessità di applicare basse energie per periodi di tempo maggiori prima di raggiungere una vaporizzazione evidente. Di conseguenza sono stati progettati dei laser a CO2 che permettono di controllare tali

parametri, in maniera da ridurre al massimo il danno arrecato al tessuto trattato. Allo stesso scopo è stata introdotta la tecnologia laser frazionata che offre la possibilità di creare delle microscopiche colonne di energia sfruttando delle matrici di microraggi laser. Si creano così delle lesioni microscopiche il cui diametro (tra 100 µm e 1,25 mm ) e profondità (tra 50 µm e 1,5 mm ) varia in base all’energia e dimensione del raggio e in funzione delle diverse tecnologie utilizzate, con effetti tissutali diversi 85 . Questi ultimi sono rappresentati dalla formazione di tessuto di granulazione già dopo 1-3 giorni di trattamento, seguito da una progressiva neocollagenesi e rimodellamento del derma fino a 30 giorni dopo il trattamento.

È stato dimostrato il suo ruolo nel migliorare la vascolarizzazione, cosa che consente un più elevate traffico di molecole, fondamentali per il ripristino di tutte le funzioni epiteliali, quali la proliferazione, la differenziazione, la glicogenosintesi e desquamazione. Determina un incremento della produzione nelle cellule epiteliali di scorte di glicogeno, quest’ultimo viene ad essere liberato sulla superficie dell’epitelio una volta che la cellula ha completato il suo processo di maturazione e è andata in contro alla desquamazione; viene ad essere trasformata in glucosio che rappresenta il principale nutrimento dei Lattobacilli residenti, che grazie alla produzione di acido

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lattico, contribuiscono a ristabilire il fisiologico pH acido presente a livello vaginale, prevenendo così la colonizzazione da parte di funghi o altri batteri patogeni.

È stata evidenziata anche la produzione di matrice extracellulare e collagene; microscopicamente infatti si rinviene a livello dei fibroblasti un aumento del numero di organelli, un ampiamento del reticolo endoplasmatico rugoso, principale sede di sintesi del procollagene, e la presenza di cisterne dilatate. In aggiunta l’apparato di Golgi appare ben sviluppato con membrane impilate e un gran numero di vescicole; esso è la sede di sintesi di polisaccaridi e del processo di glicosilazione delle proteine che compongono la matrice extracellulare, come glicoproteine, proteoglicani e proteine multiadesive 84,87. Incrementa lo spessore dell’epitelio, sostiene la formazione di nuove papille 88-90.

Con la tecnologia ablativa frazionata nelle zone ablate, le cellule sono vaporizzate, le proteine sono denaturate e si realizza una coagulazione irreversibile. Nelle aree adiacenti, che accumulano comunque calore attorno a 45 – 50 °C ,si realizza la contrazione del collagene e la neocollagenesi. Inoltre le cellule vitali reagiscono all’incremento termico con un Heat Shock Response (HSR), vale a dire un temporaneo cambiamento dell’assetto metabolico caratterizzato dalla produzione di una famiglia di proteine definite Heat Shock Protein (HSP) 91. Nello specifico in ambito cutaneo pare che la HSP 70 giochi un ruolo fondamentale nel coordinare l’espressione di fattori di crescita tra cui TGfβ che è un elemento chiave nella risposta infiammatoria, nel processo fibrogenetico e nella neo produzione di collagene e matrice extracellulare, ma anche di bFGF ( basic fibroblast growth factor ), EGF ( epidermal growth factor ) , PDGF ( platelet-derived growth factor ) e VEGF ( vascular endothelial growth factor)92. Pare

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invece che la HSP47 localizzata nel reticolo endoplasmatico rugoso abbia un ruolo di primo piano nella biosintesi del collagene nelle prime fasi post trattamento 93-96.

Queste osservazioni possono essere applicate anche all’ambito vaginale e rappresentano quei processi molecolari e istologici che sono responsabili dei cambiamenti che consentono un ripristino delle condizioni pre-menopausali .

Si è dimostrata efficace per il trattamento di sintomi come la disuria, la dispareunia, la secchezza e il prurito con risultati che durano per più di 12 settimane e che hanno migliorato abbondantemente la vita sessuale e non delle pazienti 97.

In particolare i suoi effetti positivi in caso di atrofia vaginale sono stati evidenziati in donne in fase post-menopausale sia sane che dopo tumore alla mammella98-104.

La terapia laser non ablativa a base di erbio (Er: YAG) è un’altra tecnologia laser che sfrutta le onde elettromagnetiche vicine all’infrarossi. Er:YAG è un laser a stato solido che utilizza come mezzo attivo un cristallo granato di ittrio e alluminio (YAG : Yttrium Alluminium Garnet) drogato con Erbio . Emette luce ad una lunghezza d’onda di 2.940 nm, vicino al picco d’assorbimento dell’acqua, e produce un coefficiente di assorbimento che è 16 volte maggiore di quello della terapia laser a base di CO2.

La sua profondità di penetrazione nel tessuto è di circa 1-3 µm ogni J/cm2 , contro 20-30 µm ceduti dal laser a CO2105. Questa sua caratteristica consente una più precisa azione

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Il laser Er:YAG è associato ad un minor discomfort post trattamento, minor eritema e edema; inoltre i tempi di guarigione complessivi sono nettamente più rapidi rispetto a quelli con il laser a CO2106. Al contrario il trattamento con CO2 si associa a minor rischio

di sanguinamento 107.

Anche in questo tipo di trattamento laser è possibile applicare la tecnologia frazionata. In questo caso la dimensione dei microspot varia tra 50 µm e 1,5 mm, con annessi effetti variabili sulla base della dimensione selezionata. In alcuni dispositivi in aggiunta c’è un impulso termico con azione coagulativa che può essere usato subito dopo la fase ablativa per provvedere ad una eventuale emostasi aggiuntiva.

Questo tipo di trattamento si basa anche esso sull’emissione di impulsi che riscaldano i tessuti vaginali tra i 45° e i 60° C. Il collagene sottoposto a tale temperatura si contrae e va incontro al fenomeno dello shrinkage, che a sua volta stimola il rimodellamento e la neocollagenesi, migliorando non solo la resistenza ma anche l’elasticità del tessuto trattato, specie a livello delle pareti vaginali e dell’introito stesso 108-113. Inoltre incrementa lo spessore dell’epitelio e il suo contenuto in glicogeno, modifica la lamina propria, aumenta la angiogenesi, la collagenesi, la creazione di nuove papille e il contenuto cellulare della matrice extracellulare 114.

In particolare nel caso di laser che lavorano con modalità di tipo long pulse sono in grado di determinare un cambiamento della temperatura negli strati più profondi, con una minima superficie di ablazione di circa 5 µm a livello di superficie; esso comunque risulta essere adeguato per interagire con il cromoforo. Utilizzando un large spot di dimensioni maggiori di 5 mm, il processo di riscaldamento può essere ottenuto comunque grazie alla permanenza dello stimolo long pulse e alle ripetute esposizioni. Esso consente al calore di penetrare nella lamina propria della mucosa vaginale fino ad

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una profondità di almeno 500 – 1000 µm, a seconda dello stato di idratazione del tessuto, sfruttando l’ “ effetto Joule”. In aggiunta, l’incremento locale della temperatura determina il rilascio di bradichinina e istamina che a loro volta sono in grado di rilasciare gli sfinteri pre-capillari delle arteriole, inducendo così vasodilatazione che rientra nell’ambito di quello che viene definito “ Phenomenon of Thermal Reperfusion” (FTR). Pare che sia in grado tale modalità di provocare la coagulazione del collagene in profondità a livello delle pareti vaginali, effetto inizialmente predetto in modelli teorici e dimostrato nei modelli animali 115-117.

Recentemente è stata introdotta una nuova tecnologia definita Vaginal Erbium Laser SMOOTH ( VEL-Smooth) che a differenza delle precedenti elimina completamente il danno sulla superficie del tessuto trattato e pertanto non è ablativa. L’energia laser viene trasmessa al tessuto della mucosa in una rapida sequenza di impulsi laser a bassa fluenza della durata di 300 microsecondi all’interno di un treno di impulsi della durata di 250 millisecondi 118. Questo consente di controllare l’aumento della temperatura del tessuto, che raggiunge i 65-70 °C in una profondità della mucosa definita per ottenere il rimodellamento del collagene desiderato e la neocollagenesi senza effetti collaterali. Il VEL-Smooth ha il vantaggio di non essere assolutamente ablativo, non determina necrosi del tessuto, abrasione, sanguinamento, cicatrici, leucorrea, vulvodinia o cisti vaginali. Inoltre si associa a minor dolore durante e dopo il trattamento e consente un più rapido ritorno alla normale attività sessuale.

Studi pilota hanno dimostrato che il VEL è eccellente nel trattamento della secchezza vaginale e della dispareunia.

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Viene inoltre ottimamente impiegato anche per quanto riguarda il prolasso genitale, la lassità vaginale e l’incontinenza urinaria da stress come dimostrato da numerosi studi. Per quanto riguarda in particolar modo il suo impiego nell’ambito del trattamento dell’atrofia vaginale la sua efficacia è stata evidenziata in uno studio condotto nel 2018, in donne in fase post menopausa, seguite per un periodo di tempo di 24 mesi, con una riduzione significativa della secchezza vaginale e della dispareunia, che si manteneva in oltre l’80 % di esse ancora per un periodo di tempo compreso tra i 12e i 18 mesi 119. È stato evidenziato non soltanto un miglioramento dei sintomi ma anche un aumento di 9 punti per quanto riguarda la VHIS ( Vaginal Health Index Score), attestando pertanto i suoi effetti biologici sul trofismo della mucosa. Presenta i medesimi effetti dell’applicazione di crema contenente estriolo con risultati più duraturi e ad oggi sembra che possa essere un’ottima scelta per trattare tutte le donne che per questioni patologiche e non, non possono o non vogliono usufruire del trattamento ormonale 120 . Il trattamento VEL-Smooth è particolarmente indicato nelle donne che non possono fare terapie estrogeniche come le donne con un’anamnesi positiva per carcinoma della mammella 121.

VEL-Smooth determina un significativo incremento dell’indice di maturazione ed una riduzione del pH. Entrambi si mantenevano tali per un periodo di circa 12 mesi, più duraturo del gruppo trattato con estriolo. In aggiunta si dimostravano effetti avversi minori tra i due gruppi presi in esame : 4% con il trattamento laser versus 12% con il trattamento ormonale 122 .

Per quanto riguarda la lassità vaginale sono stati condotti alcuni fondamentali studi nei quali si evidenzia un beneficio in termini di riduzione del diametro del canale vaginale,

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della gratificazione sessuale delle pazienti, dei risultati evidenziati alla perineometria, della soddisfazione sessuale dei partner delle pazienti trattate 123-127.

Relativamente al suo impiego nell’ambito del trattamento dell’incontinenza urinaria, si sfrutta la trazione da parte degli stati più profondi del tessuto che si realizza grazie allo shrinkage degli strati più superficiali; analogamente la neocollagenesi indotta migliora lo spessore, l’elasticità e la compattezza delle pareti vaginali. Il collagene infatti è un fondamentale componente del pavimento pelvico e costituisce oltre l’80 % del contenuto proteico della fascia endopelvica. È stato dimostrato che la SUI risulta più frequente nelle donne con una riduzione del contenuto di collagene ( tipicamente imputabile all’invecchiamento e alla ridotta produzione di questo ) presente nella parete vaginale anteriore e nella fascia pubocervicale 128,129. L’impego di tale metodica per il trattamento della SUI, determina comunque un effetto anche a livello vaginale, analogo a quello che si ottiene nella modalità impiegata per trattare l’atrofia vaginale; si rinviene infatti un aumento dello spessore epiteliale e della densità dei capillari sanguigni come evidenziato dallo studio Lapii del 2016 130.

Sono numerosi gli studi che dimostrano la sua efficacia, tra cui uno studio del 2015 di Ogrinc in cui vennero trattate 175 donne con SUI, di cui il 77% delle pazienti erano risultate asciutte dopo il trattamento, il 34 % delle pazienti con incontinenza mista (MUI) erano asciutte nel follow up ad 1 anno. A distanza di 2 anni, l’82,8 % delle donne che avevano avuto il beneficio rimanevano asciutte, contro il 17,2 % delle quali che sviluppavano una lieve incontinenza. Non si notavano differenze di efficacia nelle donne in fase pre e post menopausa 131.

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In un altro studio 35 donne sono state trattate con VEL-Smooth per SUI, valutando l’efficacia tramite studi urodinamici, pad testing (test del pannolino), modiche dei sintomi di interessamento delle base vie urinarie e questionari sulla funzione sessuale. Tra 28 donne che partivano con un peso del iniziale del pannolino maggiore di 1 gr, 11 (39,3 %) furono obiettivamente curate, 11 (39,3 %) ebbero un miglioramento. Tra le 18 donne che avevano un peso del pannolino tra 1- 10 gr, 9 (50%) furono curate, mentre 5 presentarono un miglioramento della condizione. Si riscontravano miglioramenti per i LUTS (Lower Urinary Tract Symptoms), QoL (Quality of Life) e funzione sessuale. Non si avevano invece successi nelle donne con pannolino di peso maggiore di 10 gr 132.

Ancora l’efficacia del trattamento con VEL-Smooth è dimostrata nello studio Fistonic et al. 133, in cui donne in post-menopausa con sintomi moderato-severi di SUI mostravano un miglioramento significativo allo score ICIQ-UI SF. Inoltre hanno dimostrato che ci sia un maggior benefico nelle donne con un BMI <25 rispetto alle donne in sovrappeso e che i risultati erano migliori nelle donne con età inferiore ai 39 anni rispetto a coloro con età maggiore di 60. È stato visto in un altro studio come una sessione di trattamento di 3 mesi con un trattamento al mese determina una riduzione fino a 6 punti nello score ICIQ-UI, con mantenimento dei risultati dopo 6 mesi 134. L’efficacia viene dimostrata anche in uno studio randomizzato vs trattamento placebo 135 e in un trial di comparazione tra VEL-Smooth e ginnastica del pavimento pelvico, in cui si evidenzia una riduzione del volume residuo post minzionale e del Q-tip angolo 136. Nello studio Pardo et al. dopo due trattamenti eseguiti a distanza di circa un mese di osservava un miglioramento in oltre il 78 % delle pazienti che non era correlato però con l’età ne con il numero di parti vaginali 137. Nel 38,1 % venne raggiunta una completa continenza dopo i due trattamenti effettuati 138.

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Un trial randomizzato del 2018 asserisce la differenze esistenti tra il trattamento VEL-Smooth e il placebo confrontando a 3 mesi i punteggi ottenuti tramite ICIQ-SF, PISQ e FSFI e la perineometria. Si evidenziano dei miglioramenti statisticamente significativi nel gruppo VEL-Smooth rispetto al placebo139.

Recentemente è stata introdotta anche una sonda intrauretrale e la sua efficacia appare evidente nello studio Gaspar et al. del 2018 in cui si evidenzia tramite lo score ICIQ-SF un miglioramento del 64 % a 3 mesi e del 40 % a 6 mesi dopo 2 trattamenti laser. Il test ad 1 ora del pannolino dimostra una riduzione della perdita di urina del 59 % a 3 mesi e del 42 % a 6 mesi. La disuria è scesa al 13 % a 3 mesi e al 31 % a 6 mesi; l’urgenza al 23 % a 3 mesi e al 47 % a 6 mesi e la frequenza al 22 % a 3 mesi e al 43% a 6 mesi 140.

1. 11.11 Altre terapie per la gestione dell’incontinenza

urinaria

Le strategie terapeutiche viste fino ad ora sono utilizzate per lo più per quanto riguarda l’atrofia vaginale, fatta eccezione per la terapia laser e le radiofrequenze. Esistono per la gestione dell’incontinenza urinaria da stress differenti possibilità di trattamento.

Per quanto concerne la SUI di distinguono terapie conservative e non conservative. Le terapie conservative comprendono la ginnastica dei muscoli del pavimento pelvico (PFMT, Pelvic Floor Muscle Training), che si è dimostrata efficace in differenti studi con una percentuale di successo che va dal 35 % all’80 % 141. È stato dimostrato che risulta essere molto più proficua la pratica effettuata sotto sorveglianza e assistenza di uno specialista 142. Secondo la International Consultation on Incontinence dovrebbe essere

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considerata sempre come una terapia di prima linea e pare che la sua efficacia sia indipendente dall’età della donna 143. Ci sono inoltre una serie di evidenze che sostengono il ruolo preventivo di questa pratica nelle donne in gravidanza sia prima del parte che successivamente allo stesso 144.

Ulteriori terapie conservative sono rappresentate dal biofeed-back e dall’elettrostimolazione i cui risultati non risultano però ancora del tutto chiari 145. È possibile inoltre utilizzare una terapia farmacologica a base di Duloxetina, ovvero un inibitore del re-uptake della noradrenalina e della serotonina. Questa sostanza agisce incrementando l’attività della muscolatura striata dell’uretra tramite un meccanismo centrale di funzionamento 146. È stata ampiamente dimostrata la sua efficacia nella gestione della SUI, evidenziata da una riduzione della frequenza degli episodi di perdita urinaria e da un miglioramento della qualità della vita 147. Uno dei principali effetti avversi risulta essere però la nausea, che si riscontra nel 25 % delle donne che ne fanno utilizzo.

La Duloxetina è stato inoltre dimostrato che agisce in sinergia con il PFMT e che rappresenta una strategia utile anche nelle donne che decidono di ricorrere alle terapie chirurgiche 148,149.

Per quanto riguarda invece le terapie non conservative prevedono una serie di interventi chirurgici differenti.

Tension-free vaginal tape:

La tecnica è basata sulla cosiddetta “Integral Theory” postulata nel 1990 da Petros e Ulmsten e che sosteneva che la SUI fosse il risultato di un danno a carico dei ligamenti pubouretrali, localizzati a livello della porzione intermedia dell’uretra, e non al contrario

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di un cambiamento a carico del collo vescicale 150. L’obiettivo di questa tecnica è quello di stabilizzare la porzione intermedia dell’uretra. La percentuale di successo oscilla tra l’85 e il 90 % e si mantiene per un lungo periodo di follow-up 151-153.

Sovrapubic arc sling:

Tale tecnica differisce dalla precedente per il fatto che si utlizza un trocar di dimensioni ridotte introdotto dall’alto tramite una piccola incisione sovrapubica. Il materiale utilizzato per la mesh è esattamente identico a quello usato nella metodica precedente e i risultati ottenuti con questa tecnica sono simili 154.

Plastica intravaginale:

In questa tecnica il materiale della mesh è prolene multifilamento intrecciato e la mesh viene ad essere posizionata utilizzato un lungo ago curvo nel quale l’apice è inclinato di 90°, con una punta conica atraumatica e un manico largo che consente una esecuzione delle varie manovre facile e sicura 155.

Transobturator tape:

Per prevenire il rischio di lesioni vescicali, Delorme propose nel 1991 un intervento nel quale una sling mesh di polipropilene monofilamento è posizionata, attraverso la membrana otturatoria, a livello del terzo medio dell’uretra. Questa tecnica ha una percentuale di successo del 93 % e una serie di trials randomizzati che comparavano tale procedura con la sling retropubica hanno confermato l’affidabilità della metodica nel tempo 156-158.

Queste nuove tecniche chirurgiche hanno reso obsolete altre tecniche quai le Sling con

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