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Abitare nel Suburbio: le ville extraurbane dell' Insula Occidentalis

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Academic year: 2021

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«Storia della tecnica edilizia e restauro dei monumenti»

Collana fondata da Giovanni Carbonara e diretta da Daniela Esposito

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Comitato Scientifico Internazionale / International Scientific Committee

Stella Casiello Ethel Goodstein-Murphree

Philippe Bernardi

Fernando Vegas Lòpez-Manzanares

Tutti i volumi pubblicati nella Collana

sono sottoposti a procedura di referaggio esterno esercitato in forma anonima All volumes published in the Series

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POMPEI. INSULA OCCIDENTALIS

Conoscenza Scavo Restauro e Valorizzazione

POMPEII. INSULA OCCIDENTALIS

Knowledge Excavation Conservation and Enhancement

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

Roma - Bristol

a cura di

GIOVANNA GRECO MASSIMO OSANNA RENATA PICONE

with english Abstract

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POMPEI. INSULA OCCIDENTALIS Conoscenza Scavo Restauro e Valorizzazione

POMPEII. INSULA OCCIDENTALIS

Knowledge Excavation Conservation and Enhancement

© Copyright 2020 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

Via Marianna Dionigi, 57 - 00193 Roma 70 Enterprise Drive, Suite 2

http://www.lerma.it Bristol, 06010 - USA

lerma@lerma.it Progetto grafico «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Impaginazione Rossella Corcione Copertina Maurizio Pinto Coordinamento redazionale

Stefania Pollone, Mariarosaria Villani

In copertina:

L’area archeologica di Pompei con l’Insula Occidentalis. Foto da drone, 2019. Archivio Parco Archeologico di Pompei.

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell’editore

Il presente volume si pubblica con il contributo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e del Centro interdipartimentale di Studi per la Magna Grecia dello stesso Ateneo

POMPEI. INSULA OCCIDENTALIS. Conoscenza Scavo Restauro e Valorizzazione (a cura di) Giovanna Greco Massimo Osanna Renata Picone - Roma : «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2020. - 736 p. : ill. ; 32 cm. - (Storia della tecnica edilizia e del restauro dei monumenti ; 11)

ISBN CARTACEO 978-88-913-1606-6 ISBN DIGITALE 978-88-913-1610-3 CDD 722.7

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INDICE

Prefazione

Gaetano Manfredi . . . » XI

Ministro dell’Università e della Ricerca

Il Grande Progetto Pompei per l’Insula OccIdentalIs

Massimo Osanna . . . » XIII

La Federico II per Pompei

Giovanna Greco . . . » XV Il progetto federiciano per l’area archeologica di Pompei

Renata Picone. . . » XIX

PARTE I. L’approccio metodologico

Ultra limes. L’Insula Occidentalis e lo sviluppo urbano di Pompei

Giovanni Menna. . . » 1 Abitare nel Suburbio: le ville extraurbane dell’Insula Occidentalis

Giovanni Menna, Manuela Antoniciello . . . » 19 L’Insula Occidentalis tra scavo, conoscenza e ricerca

Massimo Osanna, Luana Toniolo . . . » 39 Il rilievo per il restauro e la valorizzazione. Il caso dell’Insula Occidentalis

Aldo Aveta, Raffaele Amore, Gian Paolo Vitelli. . . » 47 Il progetto del nuovo e le evidenze archeologiche

Pasquale Miano . . . » 71 Percorsi come narrazione

Paolo Giardiello, Viviana Saitto . . . » 83 Materiali per il miglioramento dell’accessibilità: stabilizzazione dei percorsi pedonali

Domenico Caputo, Barbara Liguori, Gian Piero Lignola. . . » 97 Il piano strategico UNESCO e l’Insula Occidentalis

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PARTE II. Per una fruizione ampliata dell’area suburbana di Pompei. Analisi dello stato di fatto e soluzioni progettuali

Nuove opportunità per l’Insula Occidentalis di Pompei. Un masterplan tra restauro e istanze di accessibilità

Renata Picone . . . » 123 1 Dall’ingresso di Porta Marina alle Terme Suburbane: strategie progettuali

Pasquale Miano . . . » 143 Progettare l’infraspazio. L’area tra Piazza Esedra e Porta Marina Superiore a

Pompei: da confine archeologico a connessione urbana

Bruna Di Palma . . . » 157 Trame di relazioni nei paesaggi archeologici. L’area di ingresso alle Terme

Suburbane di Pompei

Francesca Coppolino . . . » 171 Le nuove coperture delle Terme Suburbane: metodologie e tecnologie per

leggere e proteggere il sito archeologico stratificato

Angela Spinelli . . . » 185 Tavole . . . » 195 2 Le Terme Suburbane. Problematiche di restauro e accessibilità

Renata Picone. . . » 201 Le Terme Suburbane. Locus Publicus Pompeianorum tra passato e presente

Serena Borea, Mariarosaria Villani . . . » 211 Tra le Terme Suburbane e la Casina Fiorelli. Un nuovo percorso extraurbano

Luigi Veronese. . . » 225 La nuova accessibilità delle Terme Suburbane: dispositivi per la fruizione

Paolo Giardiello, Viviana Saitto. . . » 239 Tavole . . . » 253 3 L’ambito di Porta Ercolano nel paesaggio di Pompei. Dalla conservazione al

miglioramento della fruizione

Valentina Russo . . . » 259 «Un posto mirabile, degno di sereni pensieri».

Strategie per il miglioramento della fruizione delle mura pompeiane

Valentina Russo, Stefania Pollone, Lia Romano. . . » 271 Porta Ercolano. Un accesso alla Pompei antica

Lia Romano . . . » 287 La necropoli di Porta Ercolano e il complesso tomba di Mamia-mausoleo

degli Istacidi: un’identità pompeiana tra passato e contemporaneità

Stefania Pollone . . . » 301 Tavole . . . » 321 4 Paesaggi di scavo: percorsi a valle del cumulo borbonico

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Intorno alla Villa di Diomede.

La riscoperta tra archeologia, iconografia, architettura e letteratura

Andrea Pane, Maria Pia Testa . . . » 341 Accessibilità e connessioni per la Villa di Diomede: il nodo strategico del

fronte occidentale

Consuelo Isabel Astrella, Giovanna Russo Krauss, Damiana Treccozzi. . . » 377 Tavole . . . » 393 5 La Villa di Diomede e il nodo della Villa di Cicerone: accessibilità e

prospettive progettuali per i percorsi e per la “via verso il mare”

Bianca Gioia Marino . . . » 399 La Villa di Diomede. Restauri e ritrovamenti tra le muraglie di una casa

pseudourbana

Bianca Gioia Marino . . . » 415 Percorsi suburbani per la fruizione ampliata delle Ville di Diomede e

di Cicerone: la via dei Sepolcri e la “via verso il mare”

Claudia Aveta, Iole Nocerino . . . » 431 La Villa di Diomede: soluzioni, dispositivi e strategie progettuali

per l’accessibilità

Claudia Aveta, Sabrina Coppola . . . » 445 Tavole . . . » 459 6 Villa dei Misteri: conoscenza, interpretazione e fruizione consapevole

Aldo Aveta, Raffaele Amore, Gian Paolo Vitelli . . . » 465 Tavole . . . » 485

PARTE III. Le indagini archeologiche tra conoscenza e programmazione A Pompei, entrando da Porta Ercolano con Giovanni Battista

e Francesco Piranesi

Giovanna Greco . . . » 493 L’immagine dell’Insula Occidentalis nelle descrizioni e nelle guide del

XVIII e XIX secolo

Luigi Cicala. . . » 513 Le problematiche archeologiche della ricerca nell’Insula Occidentalis:

metodologie e linee operative

Luigi Cicala . . . . » 535 Le indagini archeologiche tra conoscenza e programmazione:

la Casa del Leone

Luigi Cicala, Luana Toniolo, Teresa Tescione. . . » 547 La Regio VI dell’Insula Occidentalis tra 1759 e 1808.

Nuove acquisizioni archivistiche

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Restauri e ‘riparazioni’ nell’Insula Occidentalis.

Michele Ruggiero e la conservazione della Pompei archeologica

Ersilia Fiore . . . . » 595

PARTE IV. La messa in sicurezza Sugli aspetti strutturali nella fruizione delle aree archeologiche Andrea Prota, Gian Piero Lignola, Giancarlo Ramaglia . . . » 607

PARTE V. Gli aspetti geologici e geofisici Il contributo delle “Scienze della Terra” Vincenzo Morra . . . . » 623

Analisi geologico-tecniche per la progettazione dello scavo nell’Insula Occidentalis Pantaleone De Vita. . . » 625

L’interpretazione integrata di dati geofisici per la conoscenza dell’Insula Occidentalis  Maurizio Fedi, Giovanni Florio, Valeria Paoletti, Mauro La Manna, Anna G. Cicchella, Ivano Pierri . . . » 637

Stratigrafia dei depositi vulcanici affioranti nel Suburbio occidentale Claudio Scarpati, Annamaria Perrotta, Domenico Sparice . . . » 645

PARTE VI. Il contributo della Paleobotanica Gli alberi e il patrimonio verde nell’Insula Occidentalis: censimento e strategie di valorizzazione Gaetano Di Pasquale, Alessia D’Auria, Francesco Cona. . . » 653

La ricerca archeobotanica a Pompei: nuovi approcci e collaborazioni Chiara Comegna . . . » 661

Lista delle abbreviazioni . . . » 667

Bibliografia generale a cura di Stefania Pollone . . . » 669

Indice dei nomi . . . » 697

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ABITARE NEL SUBURBIO: LE VILLE EXTRAURBANE

DELL’INSULA OCCIDENTALIS

Giovanni Menna, Manuela Antoniciello

ABSTRACT

Suspended in a distant time two thousand years ago, the territory at the foot of the Sterminator Vesevo is the only reality in the world where one may read through a sample of ancient dwelling like pages of a single book. Although it is certainly not exhaustive of the many expressions in which the paradigm of the house has been declined over the centuries, the Roman house is undoubtedly representative of an important heritage. The Roman house is not interpreted as a fixed and repeatable model, but as a formal structure which may be transformed according to the different orographic conditions in which it is located. In this context, this essay investigates the mutations of the Roman house from a space circumscribed by the walls of the domestic home (locus conclusus), to a spatial machine capable of its own being and of constructing the landscape (locus amoenus).

Premessa

«Purtuttavia non dubito che tu da quel tuo cubicolo dal quale ti sei fatto aprire una fine-stra panoramica sul porto di Stabia, abbia trascorso la mattinata [...] gustando quello spettacolo incantevole» 1. L’amico cui Cicerone si rivolge in questa epistola è il ricco notabile romano

Mar-cus Marius che, nella quiete del suo buen ritiro vesuviano 2, aveva deciso di tagliare una grande

apertura nella parete di un cubiculum della sua casa, non lontana dal Pompeianum dell’arpinate. Non è nota l’esatta ubicazione della villa 3, ma conosciamo bene il motivo di quello squarcio nel

muro: M. Marius in quel modo avrebbe offerto alle sue amate letture e alle sue meditazioni uno

* Sebbene il presente contributo sia frutto del comune lavoro di ricerca, i primi due paragrafi sono stati scritti da Manuela

Antoniciello, i successivi da Giovanni Menna.

1 La citazione, tratta dalla Lettera XI a Marcus Marius A.U. 698, è riportata in J. D’Arms, Romans on the Bay of Naples:

a Social and Cultural Study of the Villas and Their Owners from 150 B. C. to A. D. 400, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) 1970, p. 55; A. De Simone, Stabiae, la collina di Varano, in «Rivista di Studi Pompeiani», II, 1988, pp. 230-233; R.G. Böhm, Cicero über die Marius-Villa bei Stabiae (Cicero, ad Fam. VII, 1, 1), in La regione sotterrata dal Vesuvio: studi e prospettive, Atti del Convegno Internazionale (Napoli, 11-15 novembre 1979), Università degli Studi di Napoli, Napoli 1982, pp. 241-253.

2 Cfr. Pompei, Oplontis, Ercolano, Stabiae, a cura di M.P. Guidobaldi, F. Pesando, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 9. 3 Alcune tesi sostengono che la villa si trovasse a Stabia (R.G. Böhm, Cicero über die Marius-Villa bei Stabiae, cit., pp.

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Anguisso-20

spettacolare panorama – praeclaris prospecto – verso Seiano, inclusa la linea dell’orizzonte sulla baia di Napoli. È in quell’atto di sfondamento che evoca simbolicamente lo “strappo” violento che incrina uno status quo consolidato che si esprime la nuova filosofia dell’abitare che, al tempo di Cicerone, del resto, è ormai definitivamente acquisita nella concezione e nei modi d’uso del-lo spazio domestico. In quella radicale revisione di modelli tipodel-logici tradizionali che continua a sollecitare studi e ricerche da parte non solo di archeologi e storici, ma anche di teorici della composizione architettonica 4, le esperienze condotte a Pompei hanno avuto un ruolo che –

stan-do a quelle che sono le evidenze affiorate dalla dissepoltura – è stato centrale, e forse persino decisivo, dato il carattere paradigmatico che alcune di queste assumono una volta messe in una prospettiva storica di lungo periodo.

Oggetto di questo contributo è quello di illustrare sinteticamente le tappe salienti attraverso le quali si è venuto ad affermare anche a Pompei il nuovo modus vivendi reso possibile dall’ar-chitettura della casa, sottolineando l’eccezionalità dei caratteri spaziali e architettonici e la varie-tà delle soluzioni compositive. Si tratta di un fenomeno che si mostra chiaramente nell’architet-tura delle grandi dimore inserite nel cuore della città storica – anche in virtù delle ristrutnell’architet-turazioni connesse agli ampliamenti e accorpamenti innescati dalla concentrazione della proprietà fondia-ria – e che, tuttavia, è il prodotto delle esperienze condotte, in parallelo, fuori della città, nelle ville pseudourbane 5, o sui suoi estremi margini, nelle dimore dell’Insula Occidentalis costruite

sopra mura urbiche ormai obsolete. L’obiettivo di queste note, invece, è quello di ribadire che un’azione consapevole e scientificamente fondata sul piano storico-archeologico finalizzata alla tutela e alla messa in valore delle grandi dimore pseudo-urbane e dell’Insula Occidentalis non può limitarsi a offrire una lettura la più completa possibile della loro articolazione spaziale, ma deve anche cercare di far comprendere, per quanto possibile, come l’architettura della casa in tutte le sue componenti – apparati decorativi inclusi – sia stata intenzionalmente pensata in una relazione affatto particolare con il suo contesto, sia esso quello naturale, sia quello urbano, a meno che non si voglia rinunciare del tutto alla piena comprensione di quella esperienza per tanti aspetti così straordinaria quale è stata la domus pompeiana.

Origini e prime declinazioni di un nuovo paradigma

La nascita e l’affermazione proprio a Pompei della nuova architettura domestica – quale sia stato il peso esercitato dalla particolarità delle condizioni contingenti in altrettanto particolari congiunture storiche – testimonia ancora una volta il ruolo di eccezionale incubatore di esperien-ze sperimentali che tanto sul piano architettonico quanto su quello urbanistico la città vesuviana ha sempre svolto. Il formarsi di una cultura architettonica così rilevante per quantità e qualità del-le sue espressioni è tuttavia questione che non può non essere messa in relazione a un quadro più esteso, sia perché ville e dimore moderne prendono forma in un quadro territoriale assai ampio che comprende l’intera linea di costa fino a punta Campanella sia perché è stato una complessa combinazione di fattori politico-militari, economici e sociali che, in un arco temporale di quasi due secoli, ha fatto della villa d’otium l’espressione più completa nonché esteticamente qualifi-cata dell’abitare il mondo e del rapporto tra l’uomo e la natura, in una congiuntura nella quale l’incontro con la cultura greca produceva fenomeni originali che andavano al di là della mera ri-cezione o passiva copia. La progressiva formalizzazione della villa è, inoltre, parte significativa di un processo che in virtù di condizioni irripetibili vede ancora una volta la Campania come una

la, Intimità a Pompei: Riservatezza, condivisione e prestigio negli ambienti ad alcova di Pompei, De Gruyter, New York-Berlin 2010, p. 49).

4 Tra gli ultimi contributi provenienti dal versante della storia della teoria architettonica, la riflessione più interessante, a un

tempo analitica a critica, è quella di Nicola Flora (cfr. Id., Pompei. Modelli interpretativi dell’abitare: dalla domus urbana alla villa extraurbana, LetteraVentidue, Siracusa 2015, con prefaz. di F. Mangone e contributi, tra gli altri, di P. Giardiello e S. Santuccio).

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21 sorta di stazione sperimentale per l’elaborazione di logiche compositive, tecniche, usi, che nel loro complesso hanno originato uno dei più rivoluzionari punti di svolta in assoluto per la storia dell’architettura occidentale del resto, Ackerman ha sottolineato come è proprio nelle ville pom-peiane che si rintracciano le radici di un tipo – quello della villa – che in ogni tempo e ancora in età contemporanea ha costituito per la cultura architettonica il campo con i margini più ampi di sperimentazione 6.

In questa “evoluzione” – termine che presuppone peraltro una consequenzialità teleologi-camente orientata verso un tipo definitivo che in realtà non è mai esistito – le testimonianze ma-teriali come quelle letterarie sono i nodi di un filo che si dipanano per almeno quattro secoli e si intrecciano con molte importanti pagine della storia romana, e il cui racconto può sinteticamente suddividersi in quattro atti. Il punto di avvio va individuato agli inizi del II secolo a.C. che, an-che per effetto dei nuovi assetti geopolitici determinati dalle conquiste dell’esercito romano, si apre con una prospera fase di espansione economica che porta a grandi investimenti terrieri con espropri di ager pubblicus per tre milioni di jugera e una forte attenzione alla Campania per le colture di grano e spelta e, più in generale, per la fertilità delle sue terre. Al primo insediamento a Liternum di trecento veterani nel 194 a.C. (anno nel quale Puteoli diviene colonia civium

Ro-manorum) seguiranno quelli di Volturnum, Puteoli, Salernum, Buxentum. La “romanizzazione” della regione è un processo rapido se si considera che nel 180 a.C. Cuma, la più antica città greca della Campania, è autorizzata, con un atto di grande significato simbolico, ad adoperare il lati-no nei documenti ufficiali. D’altronde, Liternum viene peraltro prescelta da ulati-no dei protagonisti assoluti della scena politica romana come luogo per ritirarsi a vita privata: la Villa di Scipione l’Africano è la prima documentata dalle fonti. Quest’ultima non è da considerarsi come una

vil-la d’otium: si tratta in realtà di una piccola fattoria, chiusa all’esterno e forse fortificata, buia e soprattutto austera, e per questo lodata da Seneca, il quale non esita ad adoperare termini come «squallido» o «rozzo» per metterne in luce «la sua straordinaria moderazione» 7.

È nella seconda fase, negli ultimi decenni del II secolo a.C. che, accanto a fructus, termini come amoenitas o delectatio iniziano a essere associati alla dimora di campagna, sebbene la ra-gione principale delle villae continui senza dubbio a essere lo sfruttamento della terra. Il crescen-te pocrescen-tere politico di Roma nel Medicrescen-terraneo, il boom economico di molcrescen-te città campane – sulla costa e all’interno – e la presenza di una imprenditoria vivace e capace, determinano in molte aree della regione altri importanti investimenti da parte di personalità di alto rango della Capita-le. Assai più della fertilità delle terre è però la straordinaria bellezza naturale dei luoghi unita alla dolcezza del clima a esercitare un potere seduttivo su esponenti dell’aristocrazia romana che nei decenni successivi sarà irresistibile. Inizia in questa fase la costruzione delle prime villae

mari-timae dei nobiles romani, edificate inizialmente sulla costa tra Miseno e Napoli e i cui prototipi sono rintracciabili in ville come quella di Caius Marius a Misenum, che passò a Cornelia, poi a Lucullo (che la ampliò) e quindi a Tiberio. Si può parlare di “fase di sviluppo”, locuzione che vale soprattutto per Pompei, dove il II secolo a.C. è quello che segna il decollo economico, grazie anche alle ricchezze degli intraprendenti mercatores locali, da tempo attivi sulle rotte commer-ciali del Mediterraneo, e per questa ragione in contatto anche con la raffinata civiltà ellenistica. La comparsa di modelli sempre più sofisticati che revisionano la domus urbana nascono proprio dall’originale declinazione di temi ed elementi orientali che vengono intelligentemente posti a reagire con la solida tradizione locale a garanzia della continuità di un’identità che non viene af-fatto rinnegata, ma arricchita, come dimostra l’introduzione del peristylium, che non sostituisce l’atrium, né viene d’emblée calato nella casa come mera replica dei peristylia a pastas, ma tra-sforma il cortile o l’orto in un luogo significativo.

6 Cfr. J.S. Ackerman, La villa. Forma e ideologia, Einaudi, Bologna 2013.

7 La descrizione si ricava da Seneca, Epist. 83, 5. Cfr. anche W. Eck, Domus: L. Annaeus Seneca, in LTUR, II, 31; E. Papi,

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Qualcosa di interessante, sebbene assai meno appariscente rispetto alla compiutezza forma-le di alcune domus urbane che per estensione hanno pochi paragoni nei domini romani, accade tuttavia non solo nel cuore della città, ma lungo i suoi lembi. In alcuni punti a ridosso della cinta muraria a sud e a ovest si iniziano ad addossare case alle mura, dando avvio come si è visto al processo di occupazione dell’Insula Occidentalis 8 nel quale rientra, ad esempio, la costruzione

del primo nucleo della casa che sarà poi di proprietà di M. Umbricius Scaurus, come attestato dalla decorazione di I Stile nel piccolo vano a sud delle fauces. Se in questa abitazione si dovrà attendere qualche decennio per giungere a un impianto che si distacca dalla domus ad atrio, al di fuori dalle mura urbiche, sempre sul versante occidentale, prende avvio la straordinaria vicenda della Villa dei Misteri, realizzata su un suolo in forte declivio a circa 400 m fuori Porta Erco-lano, sulla via Superior verso il Vesuvio, e il cui contributo nell’ambito della villa extraurbana vesuviana di alto rango sarà estremamente rilevante. La costruzione viene innalzata su una basis

villae costituita da un criptoportico a tre bracci voltato a botte, scandito da arcate cieche e usato anche come deposito, e sostenente su tre lati il giardino pensile. La casa non viene concepita su più livelli mettendo a frutto i salti di quota: si preferisce impiantarla su una possente sostruzione per dispiegare in modo ancora convenzionale i vari ambienti in quota, sulla sequenza che tiene in asse un peristylium e un atrium tuscanico (con tablinum affiancato da due andrones e decorazio-ni anteriori al II Stile) in accordo con quella inversione della sequenza atrio-peristilio che più tar-di Vitruvio (VI, 5, 3) canonizzerà per le ville non urbane 9. Sono due i dati salienti che emergono

in questa primissima fase della villa: l’orientamento verso il mare all’evidente scopo di assegnare un valore “panoramico” ad alcuni ambienti, e una già chiara intenzionalità progettuale che, sia pure ancora lontana dalle soluzioni architettoniche dei decenni successivi, punta scopertamente a ridimensionare il carattere rustico che fino a quel momento avevano esibito le case dell’entro-terra non solo vesuviano, a vantaggio dell’otium.

Affermazione di un modello

Questi temi saranno sviluppati nella terza fase della villa d’otium, che si apre con il nuovo secolo quando ampliamenti di strutture esistenti e costruzioni ex novo porteranno in Campania tanto la domus suburbana che la villa maritima a un livello di compiutezza formale con esiti altissimi dal punto di vista della qualità architettonica. Quando Cicerone sbarca per la prima volta a Puteoli tornando dalla Sicilia nel 74 a.C. e scopre la costa come un luogo ideale per soggiornare, la costruzione di ville sul mare da parte degli oligarchi locali (imprenditori di suc-cesso e magistrati municipali) e soprattutto romani è da tempo una pratica largamente diffusa. Le ingenti risorse impegnate per la costruzione di case panoramiche di grandi dimensioni è un dato di fatto, come dimostra la polemica censoria contro la luxuria domestica che è talmente frequente da poter essere considerata quasi un radicato luogo comune ma appare ormai una battaglia persa poiché l’incontro tra esponenti della upper class romana e la Campania, in par-ticolare nelle baie di Pozzuoli e Napoli è un dato di fatto definitivo. Il susseguirsi delle piccole e grandi insenature lungo la linea della costa con le isole sullo sfondo costituirà a lungo lo sce-nario prediletto dalle raffinate élites del mondo politico romano per le ville di piacere che si af-fermano ormai come un obbligato status symbol da esibire. In un contesto nel quale per Stazio Puteoli è «litora mundi hospita» 10 e per Polibio Cuma, Neapolis e Puteoli sono «le più famose

8 Si veda Pompei (Regiones VI-VII). Insula Occidentalis, a cura di M. Aoyagi, U. Pappalardo, Valtrend Editore, Napoli 2006. 9 La prima raffigurazione della pianta della villa dei Misteri si trova in A. Maiuri, La Villa dei Misteri, Istituto

Poligra-fico e Zecca dello Stato, Roma 1931; in questo volume, vi è anche una ricostruzione delle fasi di sviluppo della villa in «pianta della villa preromana» e una «pianta della villa d’età augustea», anche se è ritenuta più attendibile la pianta della villa riportata in T.A. Dickmann, Domus frequentata. Anspruchsvolles Wohnen im pompejanischen Stadthaus, (Studien zur antiken Stadt 4), Verlag Dr. Friedrich Pfeil, München 1999.

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27 e belle città d’Italia» 11, l’intero litorale per usare le parole del D’Arms, diverrà

semplicemen-te «the first Rome resort» e «a censemplicemen-ter of fashion and of cultivasemplicemen-ted ease» 12, con una vita sociale

straordinariamente vivace fatta di feste, spettacoli e ricevimenti almeno pari a quella che le oli-garchie producono nella stessa capitale e Cicerone non poté fare a meno di sottolineare come tra il caos del porto di Pozzuoli e la vita chic di Baia ritrovava «illa Pusilla Roma». Del resto in questo «Crater delicatus» 13 ci sono davvero tutti. Figlio e nipote di Antonio avevano ville a

Mi-senum, dove anche l’homo novus Mario possedeva una delle sue residenze (l’altra vicino Baiae, dove era pure quella di Licinio Crasso). E così anche Crasso, Silla, la citata Cornelia, la zia di Nerone Domitia Lepida, Cassio, e lo stesso Cicerone che tra le sue tante villulae ne aveva due nell’entroterra campano (Sinuessa e Cales) e ben tre sul mare: a Cuma, a Puteoli (l’Accademia) e per l’appunto a Pompei (Pompeianum) 14.

Se il fenomeno delle villae maritimae configura la costa come un vero e proprio distretto del lusso, a Pompei e nei suoi dintorni «l’interesse dei privati durante i primi decenni della dedu-zione coloniale sembra invece spostarsi dalla città alla campagna – nella quale sorsero o furono ampiamente ristrutturate grandi e sontuose ville (Villa dei Misteri, di Diomede, di Cicerone, di Fannius Synistor) – e alle propaggini occidentali e meridionali del pianoro, dove, aumentando gli spazi a disposizione delle abitazioni costruite sul finire del II sec. a.C. (Casa di M. Umhricius Scaurus), si allestirono grandi residenze panoramiche a cavallo della cinta muraria» 15.

Il punto di svolta decisivo tanto per la storia di Pompei che per la sua architettura domestica è da individuarsi senza dubbio nel decennio compreso tra la distruzione di Stabiae (89 a.C.) e la deduzione della città a colonia dopo la vittoria di Silla dell’80 a.C. L’arrivo dei coloni comporta una decisiva accelerazione della romanizzazione sul piano soprattutto della mentalità con riflessi di non poco conto, in particolare, sulla concezione della domus, che diviene l’oggetto di un ri-baltamento delle logiche compositive che ne erano alla base che rispecchia esattamente proprio ciò che una sofisticata cultura architettonica viziata dalle delizie delle ville sul mare aveva potuto mettere a punto, ormai da quasi un secolo, e con abbondanza di mezzi. I caratteri di assialità e introversione, e sviluppo in orizzontale che avevano orientato la progettazione della casa fino al secolo precedente vengono apertamente messi in discussione.

L’Insula Occidentalis è il teatro preminente di queste esperienze che, di lì a poco, irradieran-no i propri esiti oltre i limiti urbani (e all’interirradieran-no della città stessa), con residenze che, sfruttando l’obsolescenza funzionale della cinta muraria, vengono addossate alle mura e poi oltre di esse, protese verso l’esterno della città. Nasce così un tipo ibrido e inedito, le Hanghäuser per usare la definizione di Noack e Lehmann-Hartleben 16 nelle quali l’impianto tradizionale ad atrio

tusca-nico procedendo verso l’interno trasmuta in una più complessa macchina spaziale che si articola con ambienti che si incastrano nelle mura e tra di loro su più livelli, e il cui focus non è più nel peristilio, ma nelle terrazze e nei giardini sul mare ricavate nell’area tra le due cortine murarie. Che la necessità di costruire sulle/dentro/oltre le mura abbia prodotto una tipologia alternativa all’idealtipo della domus urbana sannitica del resto non sfuggì a Mazois, divenendo l’oggetto di riproduzioni che, dopo la pubblicazione di Les Ruines de Pompei (1824) hanno avuto un ruolo estremamente rilevante nel diffondere in Europa l’imago urbis.

11 Polibio 3.91.3-4.

12 J. D’Arms, Romans on the Bay of Naples, cit., p. 52; p. 6.

13 Cicerone, Epistulae ad Atticum II 8, 2, in M.T. Cicerone, Epistule ad Attico, a cura di C. Di Spigno, Torino, UTET 1998. 14 Cfr. Cicerone, Epistulae ad Atticum XVI, 6, 2, in M.T. Cicerone, Epistule ad Attico, cit.

15 Pompei, Oplontis, Ercolano, Stabiae, cit., p. 23.

16 Cfr. F. Noack, K. Lehmann-Hartleben, Baugeschichtliche Untersuchungen am Stadtrand von Pompeji, de Gruyter,

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Tradizione e innovazione

Questa natura duale delle case sulle mura dell’Insula Occidentalis che pare quasi cristal-lizzare nell’articolazione spaziale e distributiva della casa il duplice processo di emancipazione dalla monoassialità e dalla monodimensionalità, si esprime anche nella relazione inevitabilmente contraddittoria che queste case stabiliscono con la città. Se esse, infatti, si presentano come case a schiera con l’ingresso fiancheggiato da botteghe e un fronte sulla strada assolutamente tradi-zionale che le fa appartenere a una città della quale contribuiscono a definirne l’immagine, sul lato opposto esprimono ognuna in modo autonomo una relazione con l’ambiente naturale posto al di là della città stessa, contrapponendo in tal modo alla continuità del fronte su via Consolare una vista della città mare polimorfa e discontinua. Su questo fenomeno ha inciso non solo l’ir-ruzione di una mentalità nuova – quella dei coloni – ma anche lo spirito di emulazione dei ricchi commercianti pompeiani, in una città nella quale la mobilità sociale anche in età imperiale po-teva permettere a un liberto di giungere al vertice assoluto della vita economica e politica, come ribadito anche dalle ultime importanti scoperte 17. È il caso di Umbricius Scaurus, per esempio,

che ha accumulato ingenti ricchezze commercializzando il garum (che figura nell’emblema a mosaico dell’atrio come il logo dell’azienda di famiglia) il quale attraverso una radicale ristrut-turazione (a partire dal nuovo atrio) e un grande ampliamento (raddoppio superficie) di fatto rea-lizza una villa marittima nel cuore della città imitando in tutta evidenza le stupende ville sul gol-fo. L’estensione del settore residenziale è orientata verso il mare ed è organizzata su almeno tre livelli, e nuova grande terrazza addossata alle mura a una quota inferiore. Va sottolineato come la chiusura dei passaggi fra i triclini ai lati del tablinum e l’atrium, denota la volontà di smorzarne la centralità a vantaggio del peristilio, proprio come nelle grandi case pompeiane del II secolo a.C.: altra convincente prova della coesistenza di “casa aperta” more baiano e domus sannitica.

Analoghe considerazioni valgono per altre residenze dell’Insula come la Casa del Bracciale d’Oro, che definisce il suo assetto in età tardo repubblicana 18 ma si arricchisce in età

giulio-clau-dia di altri interventi che marcano ancora di più l’apertura verso l’esterno, come la qualificazione architettonica del giardino impreziosita da una fontana con zampilli inquadrata da una pergola a colonne. È un processo che durerà a lungo. Nel cuore del I sec. d.C. nella vicina Casa di M. Fabius Rufus si avvia una radicale ristrutturazione dell’impianto tardo-repubblicano che aveva a sua volta mutato l’originario assetto di età preromana, quando si ipotizza nell’area di sedime una battuta di case affiancate 19. Anche questa grande residenza è a tre livelli ed è orientata verso

il mare con terrazze panoramiche, una porticus e soluzioni di avanguardia sul piano strutturale e decorativo (murature in opus reticulatum, atrio ridipinto in IV stile, pavimenti in opus sectile). Difficile individuare nel peristilio o nell’atrio tuscanico (con impluvium mamormoreo ma senza tablino e alae) i nuclei dell’articolata concatenazione di ambienti, perchè esistono molti centri: la cenatio aperta sul giardino con fontana; l’oecus Cyzicenus che pure vi si affaccia e, al pia-no sottostante, la grande sala absidata con una doppia serie di finestroni e un prezioso apparato decorativo, esibito anche nel corridoio finestrato e in altri ambienti di soggiorno o riposo. Tra questi vi è un cubiculum con un sorprendente restauro filologico di dipinti di età precedente, che dimostra quanto la costante e spesso spregiudicata tensione sperimentale non comporti per

nul-17 Si fa qui riferimento alla recente scoperta (2017) della tomba monumentale in marmo di Gneus Alleius Nigidius

Ma-ius con la più lunga delle epigrafi mai ritrovata a Pompei, tradotta e studiata da Massimo Osanna che ha presentato gli esiti delle sue analisi nella comunicazione La Tomba di Gneus Alleius Nigidius Maius al convegno “Studium Erga Populum Studium Erga Sapientiam. Un nuovo monumento funerario fuori Porta Stabiana: munus et honos a Pompei e nel mondo romano”, celebrato in memoria di Enzo Lippolis a Napoli e Pompei il 12 e 13 luglio 2018.

18 «Qui la cortina muraria è conservata al di sotto degli ambienti che vi appoggiarono, inglobandola. Gli ambienti del

primo piano sottostante furono quindi realizzati sfruttando le due cortine muraria, quella interna e quella esterna, e decorati in II stile finale» (Pompei Insula Occidentalis, cit., p. 23).

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29 la l’abbandono di un responsabile e consapevole atteggiamento nei confronti delle tracce della propria storia.

Alla revisione di tipologie tradizionali delle case dell’Insula Occidentalis si accompagna quella condotta in parallelo, in modo più organico e più radicale, nelle ville pseudourbane, dove sono inesistenti i condizionamenti imposti da un contesto urbano o preesistenze. Tra queste Villa dei Misteri che, negli anni successivi alla deduzione a colonia, è oggetto di una completa ristrut-turazione architettonica e decorativa (II Stile) ed è ampliata con nuovi settori. La più complessa articolazione che ne scaturisce è incardinata sulla trasformazione della pars urbana – nella quale viene chiusa la comunicazione fra l’atrio tuscanico e alcuni ambienti che vi si aprivano – che vie-ne “fasciata” su tre lati da un ampio porticus continuo dorico di tufo. È l’elemento senza dubbio più innovativo e importante, che si ritroverà anche in altre ville romane, non solo pompeiane. Il portico, fino a quel momento parte rilevante nella qualificazione di un solo spazio della casa (il

peristylium), viene estroflesso e acquisisce un protagonismo assoluto assumendo plurimi ruoli:

elemento di caratterizzazione dell’immagine architettonica complessiva della villa su almeno tre lati; luogo per passeggiate e altre attività conviviali tra la terrazza e la casa; filtro di media-zione tra lo spazio esterno e la casa; schermo eliotermico a protemedia-zione degli ambienti aperti sul mare; dispositivo estetico fondamentale che permette di rifilare e incorniciare il panorama in una sequenza di “quadri” visivi che completano il ciclo di decorazioni parietali; elemento primario

nella distribuzione interna, poiché il collegamento tra tutti gli ambienti più importanti avviene attraverso di esso, secondo un percorso circolare e tangenziale e non più attraverso uno spazio accentrato collocato nel cuore della dimora e, a tal proposito, va ricordato che un passaggio pa-rallelo al tablinum e altri due rettilinei sui bracci corti a nord e sud collegano il portico diretta-mente anche con l’atrium. Non è questa la sede per illustrare in dettaglio l’articolazione architet-tonica della villa e si rinvia per questo alla vasta letteratura esistente 20. Né la vicenda si ferma qui,

a conferma del fatto che i mutamenti degli orientamenti culturali esigono sovente una rimodula-zione dello spazio della casa come della città per rispondere a nuovi usi e consumi dello spazio. Nel secolo successivo, infatti, altre trasformazioni interverranno a variare ancora l’assetto della villa, la più importante delle quali è il frazionamento del portico in quattro distinti ambulacri, con l’inserimento di due cubicoli d’angolo diurni e la spettacolare esedra a emiciclo al centro che assorbe anche un tablinum che già in precedenza non aveva alcun rapporto con l’atrium. Se a nord un’altra aula absidata a croce greca inscritta in un quadrato viene connessa all’atrio attra-verso un’altra sala (forse era il sacrarium), sul lato opposto, nella parte della casa in rapporto con l’atrio tetrastilo a sud, la realizzazione del celebre ciclo di affreschi nel costituire un altro luogo significativo della residenza completava il programma di una casa a più centri e molteplici assi. Assemblando in modo radicalmente nuovo gli elementi tipologici-base delle raffinate domus del II secolo, la villa è così un esemplare saggio di adattamento dell’ellenismo alla specificità della storia culturale e urbana pompeiana, e fissa il nuovo paradigma della “villa”, ovvero uno dei temi più importanti dell’intero ciclo dell’architettura occidentale.

Altre residenze pseudourbane sono realizzate secondo queste logiche. La Villa di Diomede è tra i primi edifici scoperti (1771-75) e tappa obbligata dei Grand Tour 21 e, sviluppando oltre 3800

20 Molti dei titoli su Villa dei Misteri sono in bibliografia. Si riportano qui solo alcuni dei testi che hanno contribuito in

maniera più esaustiva a delinearne i caratteri principali: A. Maiuri, La Villa dei Misteri, Istituto Poligrafico e Zecca dello Sta-to, Roma 1931; T.A. Dickmann, Domus frequentata, cit.; The Villa of the Misteries in Pompeii. Ancient Ritual modern Muse, E.K. Gazda (ed.), Ann. Arbor, 2000; M.P. Guidobaldi, F. Pesando, Gli ozi di Ercole. Residenze di lusso a Pompei ed Ercola-no, L’Erma di Bretschneider, Roma 2006; D. Esposito, P. Rispoli, La Villa dei Misteri a Pompei, in Città Vesuviane antichità e fortuna, Il suburbio e l’agro di Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabiae, a cura di P.G. Guzzo, G. Tagliamonte, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2013.

21 Attribuita a M. Arrius Diomedes, la cui tomba è di fronte all’ingresso, la casa ha esercitato da sempre un fascino

par-ticolare su artisti e architetti, ma anche su letterati, come Théophile Gautier, che vi ambienta Arria Marcella (1852). France-sco La Vega, direttore degli scavi dal 1764 al 1807, ha prodotto documenti di elevata precisione e, consapevole dell’inevitabile peggioramento dei decori in situ, ne fece produrre copie, ma non riuscì a portare a termine il suo progetto di una pubblicazione

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Fig. 5. Abbé J.-C. R. de Saint-Non, Plan du Rez du chausée et du premier Etage de la Maison de

Campagne à Pompeii (da Id., Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de

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Fig. 6. Villa di Diomede, sezioni (da A. Maiuri, R. Pane, La casa di Loreio Tiburtino e la Villa di Diomede in

Pom-pei, Libreria dello Stato, Roma 1947, tav. X).

mq su tre livelli è uno dei più grandi cantieri di Pompei, di dimensioni paragonabili alle grandi opere pubbliche della città. La villa presenta un criptoportico quadrilatero con volte dipinte, un piano terra con zona termale, un giardino con vasca e pergola a base muraria e un peristilio a 17 colonne. Non è un caso che sia stata costruita subito dopo la deduzione della colonia: orientata verso il mare in un sito in forte pendenza, essa fa proprie le suggestioni scenografiche delle ville d’élites romane sul golfo ed è infatti articolata per mettere a frutto l’eccezionalità dei valori pa-esaggistici consentendo, per fare un solo esempio, di godere dal triclinio, come un lusso esclu-sivo, dello spettacolo offerto dalla vista del sontuoso giardino e di un panorama di rara bellezza.

«Tusculanum et Pompeianum valde me delectant» 22: tra le sue tante ocellos Italiae, le

pro-prietà possedute da Cicerone, la più amata era quella di Pompei, identificata oggi in una villa pseudourbana definita appunto Villa di Cicerone, la cui conformazione è ancora da ricostruire con precisione ma anch’essa assai estesa e articolata, con un piano terra strutturato attorno a un gran-de peristilio e un criptoportico al piano inferiore 23. Sebbene sia stata attribuita da molti studiosi a

Marcus Crassus Frugi 24, la villa in ogni caso porta i segni di una cultura sofisticata che declina il

lusso con un linguaggio ricercato, come quello esibito da decori che «influenzarono in modo de-terminante le architetture e le decorazioni neoclassiche in tutta Europa» 25. Sul lato opposto della

completa della villa (cfr. T.H.M. Fontaine, Die Villa di Diomede in Pompeji. Baugeschichtliche, typologische un stilistische Untersuchungen, Université de Trier, 1991).

22 Cicerone, Epistulae ad Atticum I, 20, 1, in M.T. Cicerone, Epistule ad Attico, cit.

23 Cfr. V. Kockel, Die Grabbauten vor dem Herkulaner Tor in Pompeji, Philip von Zabern Verlag, Mainz am Rhein 1983. 24 L’attribuzione a Cicerone è stata per la prima volta avanzata da Romanelli nella prima ediz. di Viaggio da Pompei a

Pesto e di ritorno ad Ercolano (Napoli 1811, pp. 30-32), seguito da Overbeck e Schmidt. Molti altri, tra i quali Bonucci, Fiorelli, Spano e Maiuri, sono stati propensi ad assegnarla a M. Crassus Frugi. Su tale punto cfr. R. Ciardiello, La ricostruzione delle decorazioni dalla Villa di Cicerone a Pompei, in «Amoenitas», II, 2012, pp. 135-149.

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strada, invece, sono i resti della Casa delle Colonne a Mosaico 26: al nucleo quadrato originario fu

aggiunto – stando al Kockel – un grande portico su una piattaforma, uno o due piani superiori con vista sul mare e quindi un giardino (forse un bosco sacro 27) impreziosito da un ninfeo rivestito con

conchiglie e dalle quattro raffinate colonne rivestite a mosaico al centro del viridarium.

Modus hodiernus

È indubbio che, a partire dalla fine dell’età repubblicana, ci sia stato un punto di svolta nella progettazione della casa a Pompei: una inesausta tensione sperimentale rispetto alla tradizione locale; la ricerca della soluzione originale e personale, nonché situazioni di contesto che obbli-gavano di volta in volta ad adattare l’impianto ai vincoli presenti (cortine murarie, salti di quota, tracciati stradali) hanno prodotto una varietà tale di soluzioni che appare quanto meno proble-matico enucleare gli elementi-base di un supposto idealtypus architettonico. Ciò nonostante ri-teniamo sia possibile individuare le coordinate all’interno delle quali ha preso forma un modo

26 Cfr. F. Niccolini, Le case ed i monumenti di Pompei disegnati e descritti, Napoli 1860, II, pp. 16; 63; G. Fiorelli,

Descrizione di Pompei, Tipografia Italiana, 1875, p. 415; A. e M. De Vos, Pompei, Ercolano e Stabia, Laterza, Napoli-Bari 1982, p. 236; V. Kockel, Die Villa delle Colonne a Mosaico in Pompeji (mit graphische Dokumentation von Berthold F. Weber), in «Mitteilungen des Deutschen Archaeologischen Instituts», 90, 1983, pp. 51-89, 14 figg. n.t., 3 gr. piante rip. e tavv. 30-39 f.t.; W.M.F. Jashemski, The Gardens of Pompeii, Volume II: Appendices, Caratzas, New York 1993, pp. 277; V. Kockel, B.F. Weber, Pompei. Villa delle Colonne a Mosaico, in Scavi delle scuole straniere in Italia, 1975-2000, «Bollettino di archeologia», numero unico, fasc. II, 2008, p. 151-152; V. Kockel, Tre ville nel suburbio di Pompei: Villa di Cicerone - Villa di Diomede - Villa delle Colonne a Mosaico, in Città Vesuviane antichità e fortuna, Il suburbio e l’agro di Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabiae, a cura di P.G. Guzzo, G. Tagliamonte, L. Luccetti, P. Seu, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2013.

27 Cfr. T. Warscher, Codex Topographicus Pompeianus. Appendix 3, Roma 1936.

Fig. 7. Villa di Diomede, ingresso da via dei Sepolcri (da A. Maiuri, R. Pane, La casa di Loreio Tiburtino, cit., tav. XIII).

Fig. 8. Villa di Diomede, ingresso in un’incisione (da F. Mazois, Les Ruines de Pompei: Second Partie, Paris 1824, tav. LI, p. 98).

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Fig. 9. Villa di Diomede, vista del paesaggio dal triclinio (da A. Maiuri, R. Pane, La casa di Loreio Tiburtino, cit., p. 11).

Fig. 10. Villa di Diomede, veduta da sud-ovest (dal mare) in un’incisione (da F. Mazois, Les Ruines de Pompei, cit., tav. LIII, p. 99).

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Fig. 11. Abbé J.-C. R. de Saint-Non, Coup du 1er Etage et de la Cour

Supérieure de la Maison de Campagne à Pompeii. Dévelopment de la

Chambre des Bains, 1782 (da Id., Voyage pittoresque, cit. vol. I, tav. 79).

di intendere la casa e che si traducevano in istanze precise che i proprietari esigevano di vedere soddisfatte dai propri progettisti.

I. La casa deve essere in primis il luogo deputato all’esercizio dell’otium che, soprattutto in associazione con la solitudo, è nella tradizione classica da Cicerone a Seneca a Svetonio condi-zione alta dell’essere. L’otium, come è noto, non ha nulla a che vedere con il deprecato languor, la vuota e pigra indolenza. Al contrario, costituisce una condizione ideale tanto per la riflessione introspettiva che per l’apertura mentale origina quella tensione speculativa, e quindi quella “pro-duttività” intellettuale, che arricchisce e completa la formazione dell’individuo sul piano cultu-rale, spirituale e morale. L’otium esige isolamento dalle miserie della vita urbana e si alimenta

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Fig. 12. Abbé J.-C. R. de Saint-Non, Vue d’une Maisoin de Campagne située près de l’ancienne Ville de Pompeii, 1782 (da Id., Voyage pittoresque, cit., tav. 80).

dal contatto con la natura con la quale l’uomo ricerca una relazione dialettica, di cui la dimora costituisce il medium principale. La scelta del sito su cui impiantare la villa è, per questa ragione, assolutamente centrale, così come deve esserlo l’orientamento verso determinati brani di paesag-gio, un parametro che deve essere integrato insieme a quelli del sole e dei venti nella definizione preliminare dell’assetto della residenza. È stato del resto dimostrato «che le ville marittime, ele-vate o costruite sulle rive del mare, venivano espressamente disegnate per beneficiare della mas-sima visuale della natura circostante» 28, esaltata dalla bellezza del paesaggio.

II. La casa deve procurare piacere. È il locus amoenus di Servio, il «luogo che dà soltanto godimento» 29. È una complessa macchina sensoriale finalizzata a produrre – attraverso la

suc-cessione di spazi variamente modulati nelle loro dimensioni, l’uso sapiente della luce e dei co-lori, gli squarci sull’esterno, l’uso di materiali e finiture di precise caratteristiche cromatiche e tattili e persino i profumi e i sapori di essenze e frutti dei peristili e dei giardini mentre il suono dell’acqua di fontana si intreccia a quello degli uccelli – una successione di stadi emotivi e psi-cologici che mirano tutti a soddisfare quella che Ackerman a ragione definisce una «necessità che non è materiale, ma psicologica e ideologica [...] sede di una fantasia che è impervia alla realtà» 30. Il godimento offerto da viste panoramiche è naturalmente un’esigenza primaria. Si è

di-sposti ad accettare soluzioni progettuali non pienamente soddisfacenti pur di permettere a quanti

28 J. D’Arms, Romans on the Bay of Naples, cit., p. 126. 29 Servius, ad Aen. V, 734.

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più ambienti di godere di determinate visuali, e non di rado sono scelte relative alle finiture (o alla decorazione) che consentono di tenere assieme intimità, assetto distributivo e godimento del paesaggio. Nella Villa di Diomede, per fare un solo esempio, alcuni spazi sono trattati cromati-camente come collettori di luce per ambienti retrostanti così che un deficit di luce di un

cubicu-lum diurno più riservato e appartato che non poteva essere affacciato direttamente sull’esterno era parzialmente colmato da un ambiente più piccolo che lo precedeva, «un lussuoso vestibolo, al contempo pozzo di luce e apertura panoramica rispetto al cubiculum: con le sue pareti mono-crome gialle, infatti, amplificava l’effetto dei raggi di sole che, penetrando dall’ampia finestra aperta sul paesaggio, raggiungevano la camera sul retro, a fondo bianco» 31. C’è poi il piacere

estetico, quello cioè filtrato dalla cultura dei proprietari e dei suoi ospiti ed “educato alla bellez-za” dell’architettura e delle arti e che si esprime in un apparato decorativo, non solo parietale, spesso assai pregevole che non manca di mettere in rappresentazione temi, miti e riti della cul-tura del tempo. La villa di delizie pompeiana agisce dunque sui sensi e sul complesso di funzio-ni e processi che permettono all’uomo di avere esperienza di sé e del mondo. E, ancora, agisce sull’immaginazione e, del resto, i cicli di affreschi riproducono al contempo frammenti di realtà e mondi fantastici, amplificando le impressioni del reale ma anche producendo quel piacere che è nello straniamento, nell’evasione, nella dimensione anche onirica. Non è senza significato che la costruzione delle ville d’otium pompeiane coincida con l’apparire del II stile: il dipinto non si-mula più un rivestimento del muro, non è una sua articolazione superficiale e non pare volere più appartenervi, ma aspira apertamente a evocare ciò che c’è oltre il suo stesso supporto materiale, offrendo una vista virtuale di ciò che può esserci al di là della costruzione, nella realtà del mondo o negli spazi smisurati dell’immaginazione.

31 A. Anguissola, Intimità a Pompei, cit., p. 255.

Fig. 13. C.-E. Jeanneret-Gris/Le Corbusier, piante della Casa delle Nozze d’Argento e della Casa del Poeta Tragico (da Id., Voyage

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37 III. La casa deve aprirsi. Non basta più portare l’esterno dentro la casa, come nelle case del II secolo nelle quali l’incontro con l’ellenismo e la trasformazione di orti, cortili o viridari in raf-finati peristili aveva prodotto una interiorizzazione della natura. Carattere distintivo della domus sannitica non è la supposta assialità sequenziale, peraltro costantemente contraddetta e in molti casi del tutto assente, bensì la sua introversione. Con le case sulle mura e le prime ville la lunga storia della casa pompeiana ripiegata su sé stessa si chiude per sempre. La dimora come locus

con-clusus, dove persino la sua parte “sociale” dedicata ai clientes che prolungava lo spazio urbano dentro la casa era circoscritta in uno spazio anche monumentalizzato ma il cui unico contatto visi-vo con l’esterno era il riquadro azzurro del cielo rifilato dall’atrium, è ormai fuori dalla mentalità del colono romano come del ricco oligarca pompeiano. L’architettura della casa, con tutti i suoi elementi tettonici e spaziali, viene pertanto ripensata poiché l’obiettivo è quello di articolare muri e spazi non più per creare un microcosmo dentro cui far precipitare l’intero cosmo, ma per creare spazi e percorsi in relazione diretta con l’esterno. La notazione di Maiuri, che a proposito di Vil-la dei Misteri parVil-la opportunamente di «estrincazione delle strutture» 32, può essere estesa a tutta

la produzione post-sillana. La deliberata richiesta di portici, finestre, giardini e terrazze costituirà una costante nella progettazione pompeiana persino con il ritorno di interesse per l’atrio dell’età augustea, fino ad assumere la forma di una vera e propria «ossessione architettonica per lo spazio, la luce e il panorama» 33. Come è stato scritto «gli spazi aperti, nelle descrizioni pliniane, sono còlti

dalle finestre come quadri incorniciati, cui si allude sia in virtù della loro intrinseca bellezza, sia, soprattutto, quali componenti a tutti gli effetti dell’arredo di una stanza. Le caratteristiche del pa-esaggio circostante e delle viste panoramiche non sono infatti tematizzate per un interesse natura-listico o ecfrastico, quanto piuttosto per il ruolo che panorama, temperatura e luminosità rivestono nella percezione degli inquilini e nella loro frequentazione di un ambiente» 34. Non è necessario

disporre di ampie superfici e di siti panoramici: la disponibilità di un’ampia gamma di modelli offerti dalle case sulle mura o dalle ville pseudorbane renderà possibile nell’ultima fase di vita di Pompei il travaso di quelle logiche anche dentro le case di città, dove a dispetto dei vincoli imposti dalla limitatezza e conformazione dei suoli a disposizione e delle preesistenze quei modelli sono declinati con grande libertà fino alla loro feconda deformazione, giungendo a soluzioni giudicate talvolta troppo severamente ma che in realtà esibiscono una straordinaria ricchezza espressiva, sul piano della relazione all’interno della casa tra spazi costruiti e spazi aperti sia dei percorsi che li mettono dinamicamente in relazione. È il caso della Casa di Loreio Tiburtino, per la quale si è par-lato di pastiche e di “miniaturizzazione”, ma nella quale il dato di partenza (la domus sannitica ad atrio) è la leva per giungere a soluzioni architettoniche invece di grande interesse, assolutamente inedite, e impensabili senza il modello delle ville d’otium.

IV. La casa deve distinguere e rappresentare colui che la possiede, la sua affermazione per-sonale ma anche la sua individualità, attraverso l’unicità della sua ubicazione e delle soluzioni architettoniche che, con più libertà, potevano essere sperimentate nelle case sulle mura e nelle ville pseudourbane. A fine età repubblicana la domus che fino ad allora si era contraddistinta come un complesso sistema di ambienti a differenti livelli di permeabilità sociale inizia a essere sempre più un luogo individuale. Il carattere anche “pubblico” dell’atrium si attenua a vantaggio di un’idea di casa che riflette soprattutto la dimensione privata, dando ampio mandato all’archi-tetto di intervenire senza necessariamente rifarsi a modelli consolidati per trasformarle in oggetti di piacere sofisticati ed esclusivi. «Loca secreta circa mare […] amoena et voluptaria» 35: oggetti

lussuosi da curare e conservare, ma anche da esibire a una ristretta cerchia di amici e visitatori. Una messa in scena di ciò che si è o di ciò che si vuol apparire. Non è senza significato che se Cicerone distingue la villa filosofica da quella amorale o da quella stravagante, talune

classifi-32 A. Maiuri, Pompei ed Ercolano: fra case e abitanti, Giunti, Firenze 1998, p. 105. 33 J. D’Arms, Romans on the Bay of Naples, cit., p. 130.

34 A. Anguissola, Intimità a Pompei, cit., pp. 49-50.

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cazioni delle dimore giungano a prendere a prestito quelle dei generi teatrali, come fa Plinio il Giovane a proposito delle ville more baiano, distinguendo quelle «tragiche» su «cothurnis» da quelle «comiche» su «socculis» 36.

V. La casa deve costruire il paesaggio, e anche la città. Se l’edificazione di un’abitazione mira a creare un luogo che possa rappresentare l’individualità del suo proprietario, allo stesso modo essa tende a rendere “particolare” anche il brano di natura in cui è costruita. L’architettura testimonia la capacità degli uomini di controllare la natura, di poter costruire ovunque tutto ciò che si vuole, neutralizzando ostacoli e asperità con terrapieni e sostruzioni, gallerie e terrazze, per dominarla, piegandola a un desiderio di armonia. Il rapporto tra artificio e natura è infatti paritetico. Se la costruzione trae beneficio dalla natura circostante – per esempio in termini di “panorama” – e costituisce come si è visto un importante valore aggiunto, allo stesso modo il luogo viene reso ancora più amoenus dall’architettura, perché la casa modifica i suoi caratteri originari, li caratterizza e ne esalta la bellezza, come quel «portico che porta amenità alle sco-gliere di Sorrento» 37. A Pompei però la casa costruisce anche la nuova città. Lo storico

Strabo-ne riferendosi alla sequenza pressoché ininterrotta di grandi villae maritimae che si snodava da Cuma a Capo Ateneo (Punta Campanella), parla di «una singola città» 38, una sorta di città lineare

sul mare della quale i waterfronts di Pompei e Ercolano sono ormai parte. L’insieme delle case pseudourbane, unitamente ai fronti sul mare dell’Insula Occidentalis e del versante meridionale di Pompei, rimandano l’immagine di costruzioni che sembrano volere appartenere più a quella “singola città” sulla costa che a quella dalla quale nascono. Così come la domus superbamente ripiegata su sé stessa si era aperta alla natura e alle vastità dello spazio, così la città trasforma il limite fisico della plurisecolare chiusura della città (le mura) in una leva per sganciarsi per sem-pre dalla rigorosa scacchiera ippodamea, provando a disegnare una città altra che, a suo modo, scioglie la millenaria contrapposizione tra il corpo compatto della Città e la varietà irriducibile alla geometria della Natura nel segno dell’eterogeneità e della disseminazione. E come sempre accade nei grandi momenti di cambiamento della storia dell’architettura, il modus hodiernus di

abitare la casa finisce, così, per invocare apertamente la necessità anche di un nuovo modo di

pensare la città.

36 Caio Plinio Cecilio, Lib. 9, Epistula 7. 37 Stazio, De Silvae, 2.2. 45-59.

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