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Il Linfoma di Hodgkin classico nei bambini ed adolescenti: risultati del trattamento di prima linea dei pazienti arruolati nel protocollo EuroNet-PHL-C2 presso la U.O. di Oncoematologia Pediatrica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Presidente: Prof Riccardo Ruffoli

Il Linfoma di Hodgkin nei bambini e adolescenti: risultati del trattamento

di prima linea dei pazienti arruolati nel protocollo Euronet-PHL-C2 presso

la U.O. di Oncoematologia Pediatrica dell’Azienda

Ospedaliero-Universitaria Pisana.

Relatore:

Prof. Diego Peroni

Candidato:

Michele Ferrante

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Indice

RIASSUNTO 5-6

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE 7-17

1.1 Epidemiologia 7 1.2 Classificazione 7 1.3 Patogenesi 8 1.4 Presentazione clinica 8-9 1.5 Stadiazione 9-10 1.6 Fattori prognostici 10-11 1.7 Terapia 11-16

1.7.1 Stadi iniziali favorevoli 11-12 1.7.2 Stadi iniziali sfavorevoli 12 1.7.3 Stadi avanzati 12-14 1.7.4 Protocollo MH-2004 14-16

1.8 Complicanze ed effetti avversi 16-17 1.9 Criteri di risposta 17

CAPITOLO 2 PAZIENTI E METODI 18-46

2.1 Euronet-PHL-C2 18-19

2.1.1 Strategia generale di trattamento 18-19 2.1.2 Braccio standard della randomizzazione 19 2.1.3 Braccio sperimentale della randomizzazione 19

2.2 Background e razionale 20-22

2.2.1 Precedenti esperienze degli studi DAL/GPOH-HD ed EuroNet-PHL 20 2.2.2 Prevenzione dell’infertilità 20-21

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2.2.3 Riduzione della Radioterapia 21-22

2.3 Cambiamenti nell’EuroNet-PHL-C2 22-30

2.3.1 Nuova stratificazione 22-25 2.3.2 Cambiamenti nella valutazione della risposta tramite 18FDG-PET 25-29 2.3.3 Intensificazione della chemioterapia di consolidamento con DECOPDAC-21 29-30

2.4 Fondamenti della pianificazione del trattamento 31-36

2.4.1 Trattamento dei pazienti nel TL-1 31-32 2.4.2 Trattamento dei Pazienti nel TL-2 e TL-3 32-33

2.4.2.1 Pazienti nel TL-2 e TL-3 con adeguata risposta 33-34 2.4.2.2 Pazienti nel TL-2 e TL-3 con inadeguata risposta 34-35 2.4.3 Analisi rischi-benefici del DECOPDAC-21 35-36

2.5 Criteri di inclusione all’Euronet-PHL-C2 37

2.6 Criteri di esclusione dall’Euronet-PHL-C2 37

2.7 Strategia di valutazione della tossicità e follow-up 37-42 2.7.1 Indagini pre-trattamento 38

2.7.2 Esami di Laboratorio 38-39 2.7.3 Esami strumentali 39

2.7.4 Criteri di valutazione del coinvolgimento d’organo 39-42 2.8 Obiettivi dello studio 43

2.8.1 Primari 43

2.8.2 Secondari 43

2.8.3 Terziari 43

2.9 Parametri di efficacia dei risultati 43-44 2.9.1 primari 44

2.9.2 secondari 44

2.10 Obiettivi della tesi 44-45 2.11 Considerazioni statistiche 45-46

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4

CAPITOLO 3 RISULTATI 48-64

3.1 Caratteristiche dei pazienti 48-49 3.2 Decorso del trattamento 50-51

3.3 Tossicità della terapia di induzione 51-55 3.4 Tossicità della terapia di consolidamento 56-65

3.4.1 Braccio standard 56-61 3.4.2 Braccio sperimentale 61-65 3.5 Follow-up 65

CAPITOLO 4 DISCUSSIONE 66-69

CAPITOLO 5 CONCLUSIONE 70-71

BIBLIOGRAFIA 72-76

RINGRAZIAMENTI 77-78

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Riassunto

Il Linfoma di Hodgkin, la cui incidenza in Europa è in aumento, rappresenta circa lo 0,5% di tutti i tumori ed è una delle neoplasie più frequenti nella fascia di età compresa tra i 15 e i 35anni.

EuroNet-PHL-C2 è il secondo studio internazionale, multicentrico e randomizzato sul Linfoma di Hodgkin classico nei bambini ed adolescenti, coinvolgente diversi gruppi di studio appartenenti a 21 paesi europei ed extraeuropei. L’obiettivo di questo studio è verificare la fattibilità di riduzione della radioterapia (in termini di quantità ed estensione del campo) confrontando due schemi chemioterapici, uno standard e l’altro sperimentale. I pazienti vengono stratificati in 3 livelli di trattamento in base alla stadiazione iniziale e trattati a seconda della loro fascia di rischio: TL-1 (basso), TL-2 (intermedio), TL-3 (avanzato).

Lo schema generale di trattamento prevede che tutti i pazienti arruolati, indipendentemente dal TL, inizino il trattamento con 2 cicli di OEPA. A ciò segue la prima valutazione (Early Response Assessment /ERA). In caso di AR (adeguate response), i pazienti non ricevono radioterapia ma solo chemioterapia di consolidamento, che viene somministrata secondo il seguente schema:

• Nel TL-1 ricevono 1 ciclo di COPDAC-28.

• Nel TL-2 ricevono 2 cicli di COPDAC-28 (braccio di standard della randomizzazione) o 2 cicli di DECOPDAC-21 (braccio sperimentale della randomizzazione).

• Nel TL-3 ricevono 4 cicli di COPDAC-28 (braccio standard della randomizzazione) o 4 cicli di DECOPDAC-21 (braccio sperimentale della randomizzazione).

In caso di IR (inadeguate response) all’ERA, i pazienti ricevono chemio/radioterapia di consolidamento secondo il seguente schema:

• Nel TL-1 ricevono una radioterapia con dose di 20Gy, somministrata su tutti i siti inizialmente coinvolti (IN-RT).

I pazienti assegnati al TL-2 e TL-3, al termine della chemioterapia di consolidamento, effettuano una seconda rivalutazione (Late Response Assessment/LRA):

• Nel braccio standard, i pazienti eseguono comunque 20Gy di IN-RT, l’esito del LRA determina se riceveranno o meno una ulteriore dose boost di 10Gy, a seconda che abbiano raggiunto una AR o una IR rispettivamente.

• Nel braccio sperimentale, i pazienti possono evitare la RT se l’esito del LRA è una AR, mentre se è una IR ricevono 30Gy di radioterapia, ma con campi di irradiazione ridotti rispetto a quelli dei pazienti nel braccio standard.

Obiettivo della nostra tesi è descrivere i casi arruolati e trattati presso la nostra U.O di

Oncoematologia Pediatrica. Da Luglio 2016 ad Agosto 2019 sono stati arruolati 12 pazienti, 6 (50%) femmine e 6 (50%) maschi, con età mediana di 16 anni (range 9-20). In seguito alla

randomizzazione, 6 pazienti sono stati assegnati al braccio di controllo COPDAC-28 e 6 pazienti al braccio sperimentale DECOPDAC-21. Tutti i pazienti assegnati al braccio standard sono TL-3.

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Tutti i pazienti assegnati al braccio sperimentale sono TL-2. Tutti i pazienti hanno effettuato la stadiazione come da protocollo e sono risultati; 0 pz in TL-1, 6 pz in TL-2 e 6 pz in TL-3 Al termine dei 2 cicli OEPA, la rivalutazione ERA prevista ha documentato:

• 3/12 (25%) pz hanno ottenuto una AR • 9/12 (75%) pz hanno ottenuto una IR

Al momento della chiusura della fase di raccolta dati, 2 pazienti stanno ancora eseguendo la

chemioterapia di consolidamento, per cui i dati relativi al LRA non sono disponibili. Per i restanti 7 pazienti i dati relativi al LRA sono disponibili:

• 4 pz (57,1%) hanno avuto una IR • 3 pz (42,9%) hanno avuto una AR

Successivamente al LRA, 7 pazienti su 9 (77,7%) hanno eseguito radioterapia:

• 4 pz (44,4%), assegnati al braccio di controllo COPDAC-28, hanno ricevuto 20Gy IN-RT sui siti coinvolti inizialmente dalla malattia. Tra questi ultimi 1 pz, avendo avuto una IR al LRA, ha ricevuto 10 Gy di dose Boost solo sui siti risultati positivi alla 18FDG-PET eseguita durante il LRA.

• 3 pz (33,3%), assegnati al braccio sperimentale DECOPDAC-21, hanno avuto una IR al LRA e hanno quindi ricevuto una dose di 30Gy di radioterapia solo sui siti risultati positivi alla 18FDG-PET eseguita durante il LRA

8 pazienti su 12 hanno terminato l’iter terapeutico previsto e sono entrati nella fase di osservazione con un follow-up mediano di 12 mesi (range 6 settimane-24mesi); si mantengono tutti in remissione completa ed abbiamo documentato 1 solo caso di tiroidite autoimmune, insorta a circa 1 anno di distanza dalla fine del trattamento. 4 pazienti sono ancora in corso di trattamento.

In conclusione, nella nostra esperienza di singolo centro, il protocollo sperimentale EuroNet-PHL-C2 è risultato essere globalmente ben tollerato; ha permesso a tutti pazienti arruolati di raggiungere una risposta completa senza che si siano verificati casi di resistenza alla terapia e, ad oggi, non abbiamo documentato recidive. Secondariamente, ma non per importanza, il protocollo ha permesso ad alcuni pazienti di evitare completamente la radioterapia, mentre per altri di ridurre la dose o l’estensione dei campi.

Solo Il follow-up futuro e prolungato ci permetterà di osservare se i valori di OS e EFS dei pazienti arruolati sarà coerente o superiore a quelli raggiunti negli studi precedenti, valutando da una parte il tasso di eventuali recidive, dall’altra la ridotta tossicità tardiva da radioterapia in termini di riduzione del rischio di sviluppo di neoplasie secondarie.

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1. Introduzione: Il Linfoma di Hodgkin

1.1 Epidemiologia

Il Linfoma di Hodgkin un tumore relativamente raro. Circa 4 persone ogni 100.000 abitanti

sviluppano questa neoplasia, che rappresenta circa lo 0,5% di tutti i casi di tumore diagnosticati ed è uno dei tumori più frequenti nella fascia di età tra i 15 e i 35 anni. La sua incidenza è in aumento, tanto che in Europa si è rilevato un incremento del 22% nel decennio dal 2003 al 2014, ma la mortalità è in diminuzione.

Nei paesi in via di sviluppo la maggioranza dei casi è più concentrata nell’infanzia, mentre nei paesi sviluppati essa si concentra in età adolescenziale e dei giovani adulti: questa differenza è stata messa in relazione alla diversa età in cui gli individui vengono in contatto con il virus di Epstein-Barr (EBV), che sembra giocare un ruolo nella patogenesi di questa malattia. Si ipotizza, infatti, che fattori di rischio per l’insorgenza del linfoma di Hodgkin possano essere eventi infettivi, con predilezione per l’infezione da EBV, e fattori genetici predisponenti, come dimostrato da un tasso aumentato di aggregazione familiare e geografica. Meno rilievo, diversamente dai linfomi non Hodgkin, assumono i fattori di rischio occupazionali o ambientali.

1.2 Classificazione

Nella classificazione WHO del 2008 il linfoma di Hodgkin viene diviso in 2 grandi gruppi: Linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare, che rappresenta il 5% dei casi; Linfoma di

Hodgkin classico, che rappresenta il restante 95% e comprende 4 sottotipi morfologici: • LH a sclerosi-nodulare, che rappresenta il 75-80% dei casi.

• LH a cellularità mista, che rappresenta il 20-25% dei casi. • LH ricco in linfociti, che rappresenta il 5% dei casi.

• LH a deplezione linfocitaria, che rappresenta meno dell’1% dei casi.

Il LH si caratterizza per la presenza delle cellule neoplastiche (cellula di Reed-Sternberg e cellula di Hodgkin per la variante classica; cellula LP o Lymphocyte Predominant per la variante a

predominanza linfocitaria) all’interno di un ampio microambiente polimorfo reattivo (composto da eosinofili, linfociti, plasmacellule, fibroblasti e fibre collagene), di cui le cellule neoplastiche rappresentano spesso solo una minima parte (circa 1%) (1). Oltre a ciò, l’immunofenotipo delle cellule neoplastiche nelle 2 varianti di linfoma di Hodgkin è differente:

• PAX5+; CD15+; CD20+/-; CD22 +/-; CD30+; EBV DNA +/- per il linfoma di Hodgkin classico (la positività per EBV DNA varia in percentuale a seconda del sottotipo).

• PAX5 - ; CD15 - ; CD19+; CD20+; CD22+; CD30 - ; CD79a+; EBV DNA- per il linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare.

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1.3 Patogenesi

La caratterizzazione biologica della cellula neoplastica alla base del linfoma di Hodgkin ha rappresentato per decenni un campo di vasta ricerca e solo negli anni ’90, grazie all’utilizzo di tecniche di biologia molecolare su singola cellula, si è riusciti in parte a far luce sui meccanismi patogenetici alla base di questo linfoma. (2); (3)

Morfologicamente parlando, La cellula di Reed-Sternberg è un elemento di grandi dimensioni (circa 45um), normalmente binucleata o con nucleo bilobato e citoplasma abbondante. I nuclei sono rotondeggianti e presentano tipicamente un singolo nucleolo prominente ed eosinofilo delle dimensioni di un piccolo linfocita (5-7um). Esistono anche alcune altre varianti della cellula RS. L’interpretazione sull’origine della cellula RS si è rivelata molto complessa da formulare, sia a causa della sua rarità nel contesto tumorale, sia per il suo peculiare pattern immunofenotipico che la differenzia da tutti gli altri elementi emopoietici. Studi di biologia molecolare hanno però

dimostrato come in quasi tutti i casi di LH classico siano presenti delle mutazioni somatiche a carico dei geni delle regioni variabili delle immunoglobuline e che in un quarto dei casi tali

mutazioni siano di tipo non funzionale (crippling mutations); (4); (5); (6). È stato quindi ipotizzato che l’elemento d’origine sia una cellula B del centro germinativo in fase pre-apoptotica diventata successivamente indipendente dai meccanismi di morte cellulare.

In questo complesso background di mutazioni geniche si inserisce anche il contributo dei fattori ambientali e, in particolare, di EBV: il virus è stato identificato in circa il 35-40% dei casi di LH classico nei paesi occidentali (7) e in fino al 90% dei casi di LH pediatrici nei paesi in via di sviluppo (8), soprattutto nelle forme a cellularità mista e a deplezione linfocitaria. È stato dimostrato infatti come proteine virali quali LMP1 e LMP2A possano fungere da oncogeni attivando vie di segnale normalmente legate al B-cell receptor (BCR) e allo stesso tempo possano proteggere e recuperare cellule B destinate a fenomeni di apoptosi (9).

Le cause del peculiare aspetto morfologico delle cellule RS non sono note, tuttavia nei linfonodi di soggetti affetti da mononucleosi infettiva molti linfociti si presentano in un modo che comincia a ricordare quello con cui si presentano le cellule RS, per cui si è ipotizzato che siano le proteine virali a conferire tale aspetto alle suddette cellule.

1.4 Presentazione Clinica

Il LH si presenta più frequentemente con linfoadenomegalie superficiali associate o meno a sintomatologia sistemica.

La diagnosi, cui si giunge normalmente attraverso biopsia linfonodale o, meno frequentemente, con biopsia di strutture extranodali interessate dal linfoma, può essere talora ritardata dall’assenza o dall’aspecificità dei sintomi d’esordio.

Le sedi linfonodali maggiormente interessate sono quelle laterocervicali e sovraclaveari (70-80%), meno frequentemente quelle ascellari (10%) e inguinali (10-20%). I linfonodi sono normalmente di

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consistenza dura-parenchimatosa, non dolenti e inizialmente mobili rispetto ai piani profondi, successivamente tendono alla confluenza e all’adesione in profondità.

L’interessamento mediastinico è molto frequente (45% dei pazienti con stadio I/II

sovradiaframmatico) e spesso può presentarsi come voluminosa massa (bulky), ben evidenziabile con radiografia del torace.

Tali frequenze dovranno peraltro essere aggiornate alla luce dell’estensivo impiego delle più recenti tecniche di imaging, in particolare PET con FluoroDesossiGlucosio (18FDG-PET), in grado in circa il 20% dei casi di determinare un up-staging di malattia identificando lesioni silenti, spesso

extranodali, non individuate con le usuali metodiche radiologiche.

I sintomi caratteristici (definiti “sistemici”) del LH, presenti in circa il 25-30% dei pazienti, sono: • Febbre: usualmente serotina, può essere continua, remittente o ciclica (febbre di

Pel-Ebstain).

• Sudorazioni notturne: usualmente particolarmente abbondanti e non necessariamente correlate alla temperatura corporea.

• Perdita di peso: si considera significativa una perdita di peso di almeno il 10% del peso corporeo abituale nei 6 mesi precedenti all’esordio, in assenza di altre cause evidenti. Altri sintomi possono essere:

• Il prurito: sine-materia, diffuso e talora particolarmente intenso. Spesso i pazienti presentano lesioni diffuse da grattamento.

• Rara è la comparsa di dolore in sede di linfoadenomegalia dopo l’assunzione di alcolici. In generale si ipotizza che tali sintomi siano legati alla liberazione da parte del tumore di sostanze attive a livello ipotalamico e di molecole vasoattive (istamina, prostaglandine…).

1.5 Stadiazione

Il processo di stadiazione è fondamentale per inquadrare correttamente la diffusione del linfoma e ha delle profonde implicazioni sia in chiave prognostica sia per la strategia terapeutica da adottare. Il sistema di stadiazione per il LH è stato proposto per la prima volta nel 1971 alla Conferenza di Ann Arbor ed è stato poi parzialmente modificato nel Meeting di Costwolds del 1988 (10).Tale sistema si basa sulla valutazione dell’interessamento linfonodale sovra- e sottodiaframmatico e sulla possibile estensione ad altri organi extranodali (elemento indicato con la lettera “E” nello stadio), valorizzando in questo modo la storia naturale e il comportamento biologico del LH. Importanza è stata data, inoltre, alla presenza o assenza dei sintomi sistemici (elemento indicato con la lettera “A” in assenza e “B” in presenza) precedentemente descritti.

Recentemente è stato proposto un aggiornamento delle raccomandazioni per la valutazione e stadiazione iniziale sia per il LH che per i linfomi non Hodgkin (Classificazione di Lugano), che incorpora le nuove tecniche di imaging ed in particolare la FDG-PET, ridefinendo e uniformando i

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criteri di stadiazione e risposta al trattamento da applicare nella pratica clinica, nei trial clinici e nello studio dei nuovi farmaci: (11)

• Stadio I: Unica regione linfonodale (I) o singola sede extralinfatica (IE).

• Stadio II: due o più stazioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma (II) o estensione locale extralinfatica a una o più regioni dallo stesso lato del diaframma (IIE).

• Stadio III: regioni linfonodali in entrambi i lati del diaframma (III), accompagnate o meno da una estensione locale extralinfatica (IIIE).

• Stadio IV: diffuso coinvolgimento di 1 o più sedi extralinfatiche.

Nel caso del Linfoma di Hodgkin, ad ogni stadio viene aggiunta la lettera “A” in assenza dei seguenti sintomi; viene aggiunta la lettera “B” in presenza dei seguenti sintomi:

• Perdita di peso >10% del peso abituale negli ultimi 6 mesi. • Febbre ricorrente >38°C.

• Sudorazioni notturne inspiegabili.

La presenza di lesione Bulky, precedentemente indicata con la lettera “X”, viene definita come una singola massa delle dimensioni >10cm nel suo diametro maggiore o massa mediastinica >1/3 del diametro trasverso del torace misurato con TC del torace.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda il LH, gli esami necessari e/o utili per la stadiazione sono: • Anamnesi, esame obiettivo ed esame clinico completo con valutazione delle stazioni

linfonodali superficiali. • Esami di laboratorio routinari

• indagini cardiologiche: ECG ed ecocardiogramma per valutare la funzionalità cardiaca. • TC collo-torace-addome-pelvi con MDC.

• PET-total Body: Il linfoma di Hodgkin presenta un’elevata avidità per il FDG (97-100% dei casi) e per tale motivo la 18FDG-PET si è rapidamente affiancata negli ultimi anni alle classiche metodiche radiologiche di stadiazione (12); (13). In particolare, essa ha dimostrato una maggior sensibilità nell’identificare le lesioni extranodali, come ad esempio quelle ossee, con una bassa percentuale di falsi positivi (14); (15).

• Biopsia osteomidollare:mentre un tempo tale indagine aveva particolare valore nei casi di malattia avanzata e nei casi sintomatici, l’avvento negli ultimi anni della 18FDG-PET, che possiede nel LH elevatissime percentuali di sensibilità e specificità anche nell’identificare l’interessamento midollare, ha di fatto eliminato la necessità di ricorrere alla biopsia midollare nella stadiazione del LH. (11)

1.6 Fattori prognostici

Un’accurata valutazione prognostica è fondamentale per identificare la strategia terapeutica più appropriata sulla base del rischio clinico (16).

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11 • Stadio clinico.

• Presenza di sintomi B. • Presenza di malattia bulky.

Attraverso il sistema di stadiazione di Ann Arbor è possibile suddividere i pazienti in: • Stadi iniziali: stadi I-II A o B senza malattia bulky.

• Stadi avanzati: stadi III-IV A o B; I-II B con malattia bulky.

Un’ulteriore sottoclassificazione degli stadi iniziali in stadi iniziali favorevoli e sfavorevoli è stata definita tenendo in considerazione una serie di fattori di rischio proposti da vari gruppi cooperatori, tra cui quello tedesco (GHSG) ed europeo (EORTC).

Fig, 1.1: fattori di rischio e suddivisione in TG secondo i criteri del German Hodgkin Study Group (GHSG) e del European Organisation For Research and Treatment of Cancer (EORTC)

1.7 Terapia

In un’ottica più generale, gli schemi terapeutici si differenziano a seconda che il paziente sia negli stadi iniziali (favorevoli o non favorevoli) o avanzati di malattia, sull’età del paziente e sul fatto che i pazienti possano essere resistenti alla terapia di I linea o che siano ricaduti/recidivati.

1.7.1 Stadi iniziali favorevoli

Negli stadi iniziali favorevoli, attualmente l’approccio terapeutico più condiviso si basa su un trattamento chemioterapico con 2 cicli ABVD (Adriamicina, Bleomicina, Vincristina e

Dacarbazina) seguito da radioterapia involved-field (IF-RT). Elevate sono le percentuali di PFS (progression free survival) e OS (overall survival), rispettivamente 97% e 98% (17), tuttavia esiste

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una percentuale non trascurabile di pazienti (10-30%) resistenti al trattamento di prima linea o con recidiva precoce.

Per quanto riguarda l’ambito della radioterapia, elemento finora portante nell’approccio degli stadi iniziali, sono in corso studi incentrati sull’utilizzo di metodiche radioterapiche sempre più selettive come la involved-node radiotherapy (IN-RT) o la involved-site radiotherapy (IS-RT) (18); (19);

(20); (33).

Allo scopo di ridurre le complicanze a lungo termine della terapia è stata inoltre studiata la

possibilità di limitare l’intensità del trattamento radioterapico (nello studio tedesco HD10 ridotto da 30 Gy a 20 Gy) senza riduzione di efficacia terapeutica (17). Sulla scia di questi risultati, lo studio EORTC/LYSA/FIL H10 ha esplorato la possibilità di non effettuare la radioterapia nei pazienti con LH in stadio I/II (favorevoli e sfavorevoli) con PET precoce negativa dopo 2 cicli. Tuttavia, si è registrato un maggior tasso di relapse nei pazienti PET2 negativi che non venivano sottoposti a radioterapia, in particolare negli stadi iniziali favorevoli (21).

1.7.2 Stadi iniziali sfavorevoli

Lo standard è rappresentato dal trattamento chemioterapico con 4 cicli ABVD seguito da IF-RT alla dose di 30 Gy (22).

Studi condotti dal gruppo tedesco (studi HD11 e HD14) hanno esplorato la possibilità di introdurre regimi più intensivi come il BEACOPP standard (Bleomicina, Etoposide, Adriamicina,

Ciclofosfamide, Vincristina, Procarbazina, Prednisone, G-CSF) e BEACOPP intensificato, sempre in associazione alla radioterapia (23); (24). Il trattamento con 4 cicli BEACOPP standard e RT non ha mostrato vantaggi rispetto al trattamento convenzionale (23), mentre la strategia con 2 cicli ABVD seguiti da 2 cicli BEACOPP intensificato e radioterapia ha mostrato risultati migliori in termini di PFS, ma con una maggior incidenza di tossicità acute e senza modificazioni del OS (24). Non sono ancora disponibili i dati della tossicità a lungo termine di questo regime.

L’utilità della PET precoce dopo 2 cicli ABVD negli stadi iniziali sfavorevoli è stata studiata nell’ambito del protocollo H10 dei gruppi EORTC/LYSA/FIL. In particolare, nei pazienti PET2 positivi l’intensificazione di trattamento con 2 cicli BEACOPPesc +IN-RT ha mostrato un

significativo miglioramento in termini di PFS a 5 anni rispetto al trattamento convenzionale con 4 cicli ABVD+INRT (PFS 90,6% vs 77,4%, p= 0,002) (17)

1.7.3 Stadi avanzati

Lo schema ABVD e il BEACOPP intensificato rappresentano gli schemi terapeutici più diffusi nelle forme avanzate di linfoma di Hodgkin (25).

Vari studi hanno dimostrato come il trattamento con 6-8 cicli ABVD in associazione o meno a radioterapia porti a delle percentuali di sopravvivenza libera da fallimento (FFTF: Freedom From Treatment Failure/PFS) del 73-78% con OS del 82-90% (26).

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Lo schema BEACOPP intensificato è stato invece proposto e validato dal gruppo cooperatore tedesco (studio HD9). Il BEACOPP intensificato (6 cicli), confrontato con COPP (Ciclofosfamide, Vincristina, Procarbazina, Prednisone)/ABVD e BEACOPP standard, ha mostrato migliori

percentuali di risposta sia in termini di PFS (89%) che di OS (86% a 10 anni) pur essendo gravato da una maggior tossicità in termini di complicanze infettive, necessità di supporto trasfusionale, infertilità, sviluppo di sindromi mielodisplastiche e leucemie mieloidi acute secondarie (28); (29). Due studi italiani (studio dell’Intergruppo Italiano Linfomi -IIL- e studio HD 2000) e altri due studi internazionali (studio EORTC 20012 e studio H34 del LYSA) hanno confrontato questi 2 regimi chemioterapici confermando la superiorità del BEACOPP rispetto all’ABVD in termini di risposta al trattamento, senza però un reale vantaggio in termini di sopravvivenza globale (29); (30). Ciò è dovuto al recupero dei pazienti in cui è fallito il trattamento con ABVD con una terapia di seconda linea ad alte dosi con supporto del trapianto autologo di cellule staminali. A livello internazionale rimane tuttora aperto il dibattito sul migliore approccio terapeutico da adottare.

Al fine di armonizzare i notevoli risultati offerti dai trattamenti più intensivi con il rapporto rischio/beneficio, soprattutto a lungo termine, nuovi dati potrebbero giungere da diversi studi in corso in cui il percorso chemioterapico è modulato sulla base della risposta precoce alla PET al secondo ciclo (PET2), riservando i trattamenti più intensivi ai pazienti con scarsa o non adeguata riposta alla valutazione precoce (31); (32). L’utilizzo della radioterapia negli stadi avanzati rimane ancora materia di discussione, alla luce di dati contrastanti degli studi disponibili.

In tale prospettiva, di assoluto rilievo sono i dati presentati al Congresso del 2017 della Società Europea di Ematologia (EHA) riguardanti i risultati a lungo termine dello studio italiano HD0607, basato su una strategia di intensificazione con schema 4 cicli BEACOPP standard + 4 cicli

BEACOPP intensificato (+/-rituximab) nei pazienti con PET positiva dopo 2 cicli ABVD (34). La radioterapia al termine del trattamento veniva decisa sulla base dell’esito della PET finale. Questo approccio ha portato ad un netto miglioramento delle curve di PFS e OS rispetto a studi precedenti

(35), dove era emerso in maniera netta la scarsa prognosi dei pazienti PET2 positivi trattati con un

regime convenzionale basato su 6 cicli ABVD. Inoltre, questo studio ha evidenziato come la radioterapia possa essere omessa nei pazienti con bulky iniziale ma PET finale negativa e come l’aggiunta del rituximab non si traduca in un miglioramento dell’efficacia terapeutica.

Da parte del gruppo cooperatore tedesco è stato valutato un approccio PET2-guidato nei pazienti con LH avanzato trattati con schema BEACOPP intensificato (studio HD18) (36). I pazienti con PET2 positiva venivano randomizzati a ricevere ulteriori 4 cicli BEACOPP intensificato +/-

rituximab, mentre i pazienti PET negativi venivano randomizzati a ricevere ulteriori 4 cicli (braccio standard) o 2 cicli (braccio sperimentale) di BEACOPP intensificato.

Nei pazienti con PET2 positiva l’aggiunta del rituximab non ha modificato la risposta dei pazienti, mentre nei pazienti PET2 negativi la riduzione del numero di cicli si è tradotta in una minor tossicità legata al trattamento senza una perdita sostanziale di efficacia in termini di PFS e OS. Da sottolineare, tuttavia, come rimanga tuttora aperta la problematica del trattamento dei pazienti con PET2 precoce positiva.

Infine, nell’ambito degli stadi avanzati sono attualmente in corso studi volti a valutare

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linea. Si tratta di un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD30 coniugato con il chemioterapico Auristatin E, un agente anti-microtubulare talmente potente da non poter essere utilizzato da solo. Il legame con l’anticorpo fa sì che esso possa essere specifico per le cellule CD30, inoltre permette al chemioterapico di essere introdotto direttamente all’interno della cellula, dove esso blocca la polimerizzazione della Tubulina.

Al Meeting ASH 2017 sono stati presentati i dati dello studio randomizzato di fase 3 Echelon-1 (1334 pazienti), che prevede nei pazienti con LH in stadio avanzato all’esordio la randomizzazione tra il trattamento con 6 cicli ABVD e il braccio sperimentale con brentuximab-vedotin in

associazione ad AVD (ovvero ABVD senza la Bleomicina). I pazienti con PET2 positiva potevano uscire dallo studio ed esser trattati in maniera alternativa.

La PFS a 2 anni nel braccio sperimentale è stata del 82,1% vs 77,2% della terapia convenzionale con una riduzione del 23% del rischio di progressione, morte o necessità di un ulteriore trattamento chemioterapico. Da segnalare un maggior numero di eventi infettivi e di neurotossicità nel braccio sperimentale, senza però un incremento del numero di pazienti che interrompevano il trattamento

(37).

1.7.4 MH-2004

Si tratta di un protocollo terapeutico per il linfoma di Hodgkin in bambini ed adolescenti che fino a pochi anni fa era considerato il gold standard per il trattamento di questa patologia, almeno nel nostro paese. L’EuroNet-PHL-C2, ovvero il protocollo che rappresenta il principale oggetto di discussione di questa tesi, è infatti il primo studio a livello europeo sul trattamento del LH cui L’Italia aderisce come paese partecipante, e prima dell’adesione a questo progetto lo standard di cura per questa patologia nel nostro paese era proprio il MH-2004 e non l’EuroNet-PHL-C1. Attualmente, le analisi sui dati dello studio sul protocollo MH-2004 sono ancora in corso, ma ci si aspetta una loro pubblicazione nel breve periodo.

I pazienti con Linfoma di Hodgkin venivano suddivisi in 3 gruppi di trattamento (TG) sulla base dello stadio di malattia e della presenza di bulky:

• TG-1: comprendeva i pazienti con malattia in stadio IA, IIA sovradiaframmatico senza impegno mediastinico o con bulky di dimensioni minori di 1/3 del diametro toracico

(misurato a livello di D5), senza interessamento dei linfonodi dell’ilo polmonare e con meno di 4 sedi di malattia; comprendeva anche i pazienti in stadio IA, IIA sovradiaframmatico con meno di 4 sedi di malattia

• TG-2: comprendeva i pazienti non inclusi nel TG-1 o TG-3

• TG-3: comprendeva i pazienti con massa bulky con diametro maggiore di un 1/3 del diametro toracico (misurato a livello di D5), indipendentemente dallo stadio di malattia, e i pazienti in stadio IIIB e IVA o B

Lo schema terapeutico generale per i diversi TG era il seguente:

TG-1: i pazienti di questo gruppo eseguivano 3 cicli di ABVD + RT-LF (Local Field, ovvero sulle

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previste delle rivalutazioni della risposta prima dell’inizio del 2° ciclo e del 3° ciclo, oltre che 3-4 settimane dopo la fine del 3° ciclo. Questo veniva fatto perché i pazienti che raggiungevano una RC dopo i 3 cicli di ABVD evitavano completamente la RT, mentre quelli che non la raggiungevano effettuavano una RT-LF con dose di 25,2Gy, più un Boost in caso di residuo maggiore di 50cc di volume (con il boost, la dose totale poteva arrivare a 35Gy). Era anche previsto che:

• Se il paziente avesse avuto malattia in progressione dopo il 1° ciclo, avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio

• Se dopo il 2° ciclo di ABVD la risposta fosse stata inferiore al 50%, il paziente avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio.

• Se il paziente avesse sviluppato una recidiva durante il trattamento, sarebbe potuto uscire dallo studio e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio

TG-2: i pazienti in questo gruppo eseguivano 4 cicli ibridi COPP/ABV + RT-LF. I cicli di

chemioterapia venivano somministrati senza interruzioni ogni 28 giorni e, in caso di RP alla fine del 4° ciclo, i pazienti effettuavano altri 2 cicli di IEP (Ifosfamide, Etoposide, Prednisone) prima di iniziare il trattamento radioterapico. Le dosi di quest’ultimo variavano a seconda della risposta:

• 14,4Gy in caso di RC dopo i primi 4 cicli COPP/ABV

• 25,2Gy in caso di RP dopo i primi 4 cicli COPP/ABV e i 2 cicli di IEP

• Dose boost (fino a un massimo di 35Gy in totale) in caso di residuo con volume maggiore di 50cc dopo i primi 4 cicli COPP/ABV e i 2 cicli IEP

Come per il TG-1, era previsto che:

• se il paziente avesse avuto malattia in progressione dopo il 1° ciclo COPP/ABV, avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio il trattamento.

• Se dopo il 2° ciclo di COPP/ABV la risposta fosse stata inferiore al 50%, il paziente avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio

• Se il paziente avesse sviluppato una recidiva durante il trattamento, sarebbe potuto uscire dallo studio e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio

TG-3: i pazienti in questo gruppo eseguivano 4 cicli di COPP/ABV, poi una rivalutazione della

risposta. La prosecuzione del trattamento si diversificava sulla base di essa:

• Se la risposta fosse stata maggiore del 75%, i pazienti avrebbero eseguito altri 2 cicli di COPP/ABV e poi una ulteriore rivalutazione per determinare la dose di RT-LF che avrebbero ricevuto successivamente. In caso di RC avrebbero eseguito RT alla dose di

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16

14,4Gy, in caso di RP alla dose di 25,2Gy, e in caso di residuo maggiore di 50cc di volume, sarebbe stato somministrato un boost, fino ad arrivare a 35Gy di dose totale.

• Se la risposta fosse stata minore del 75%, i pazienti avrebbero eseguito 2 cicli di IEP e poi una ulteriore rivalutazione. In caso di RC, i pazienti avrebbero ricevuto una RT-LF alla dose di 14,4Gy, mentre in caso di RP i pazienti avrebbero eseguito 2 ulteriori cicli di

COPP/ABV, seguiti da una ulteriore rivalutazione. In seguito a quest’ultima, avrebbero effettuato RT-LF alla dose di 14,4Gy in caso di RC, alla dose di 25,2Gy in caso di RP, e in caso di presenza di un residuo maggiore di 50cc di volume sarebbe stato erogato un boost, fino ad arrivare a 35Gy di dose totale.

Anche in questo caso era previsto che:

• se il paziente avesse avuto malattia in progressione dopo il 1° ciclo COPP/ABV, avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio.

• Se dopo il 2° ciclo di COPP/ABV la risposta fosse stata inferiore al 50%, il paziente avrebbe potuto terminare il trattamento e seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio.

• Se il paziente avesse sviluppato una recidiva durante il trattamento, sarebbe potuto uscire dallo studio seguire il programma terapeutico di salvataggio previsto dal Coordinatore dello studio

1.8 Complicanze ed effetti avversi

Al di là degli effetti avversi in acuto della chemioterapia e della radioterapia, ciò che preoccupa maggiormente sono le gli effetti a lungo termine, soprattutto considerando che gli schemi

terapeutici odierni danno probabilità di guarigione anche superiori al 90% e considerando anche la fascia di età di maggiore incidenza di malattia. Tra i principali effetti avversi a lungo termine si annoverano:

• Le principali complicanze legate al trattamento radioterapico sono dovute alle modificazioni irreversibili indotte dalla terapia sui tessuti irradiati (38); I possibili effetti avversi sono rappresentati, a seconda della sede irradiata, da ipotiroidismo, xerostomia, sclerosi cutanea, fibrosi polmonare e mediastinica, fibrosi pericardica, miocardiopatia, infertilità nei casi di irradiazione sottodiaframmatica e aumentato rischio di tumore polmonare e tumore del seno. • L’infertilità, sia maschile che femminile, rappresenta un effetto avverso frequente nei

pazienti trattati per LH. Nei pazienti in età fertile è quindi necessario una attenta valutazione di tale aspetto, con eventuale preservazione del seme o degli ovociti/tessuto ovarico.

• Il trattamento con Bleomicina può associarsi a comparsa di fibrosi polmonare nell’1-6% dei casi, accentuata da eventuale trattamento radiante concomitante (38). Recenti studi hanno mostrato come il fattore di crescita granulocitario talora impiegato per mantenere,

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soprattutto in pazienti di età avanzata, livelli di granulociti adeguati possa aumentare il rischio di tale complicanza (39).

• Le complicanze cardiovascolari rappresentano la seconda causa di mortalità nei pazienti lungo-sopravviventi e sono rappresentati da eventi ischemici o quadri di cardiomiopatia dilatativa, soprattutto in pazienti sottoposti a chemioterapia in associazione a radioterapia mediastinica (40).

• Le seconde neoplasie sono infine un effetto particolarmente temibile del trattamento chemio e radioterapico e rappresentano la principale causa di aumento della mortalità nei pazienti trattati per linfoma di Hodgkin rispetto alla popolazione generale. Le sindromi

mielodisplastiche e le leucemie acute mieloidi sono generalmente secondarie al trattamento con alchilanti o ai regimi ad alte dosi e nella maggior parte dei casi presentano una prognosi particolarmente sfavorevole. L‘aumento d’incidenza dei tumori al seno e del polmone sono invece da correlare principalmente alla radioterapia (41); (42); (43).

1.9 Criteri di risposta

La risposta è definita sulla base di criteri validati a livello internazionale. Nei pazienti con malattia avida di FGD, la risposta deve essere valutata mediante 18FDG-PET secondo i criteri di Deuville, riportati di seguito; nei pazienti con malattia non avida di FDG, può essere utilizzata la TAC:

• Punteggio 1: no uptake superiore al background.

• Punteggio 2: uptake minore o uguale a quello del mediastino.

• Punteggio 3: uptake maggiore a quello del mediastino, ma minore o uguale a quello del fegato.

• Punteggio 4: uptake moderatamente superiore a quello del fegato. • Punteggio 5: uptake notevolmente superiore a quello del fegato. Sulla base di questi criteri, la risposta al trattamento si può definire:

• Remissione completa (RC): scomparsa di ogni sede di malattia e di tutti i sintomi ad essa legati. Ricadono in questa categoria anche i pazienti con PET positiva all’esordio (o che non hanno eseguito la PET, ma hanno malattia avida di FDG) che ottengono una PET negativa (Deauville 1-3) alla fine del trattamento, indipendentemente dalle masse linfonodali residue alla TAC.

• Remissione Parziale (RP): riduzione volumetrica delle adenopatie superiore al 50% in assenza di incremento di altre sedi di malattia o di comparsa di nuove lesioni; i noduli epatici e splenici devono ridursi di almeno il 50%; è ammessa la positività della PET (Deauville 4-5) solo sulle sedi iniziali di malattia, le cui dimensioni non devono essersi incrementate.

• Malattia stabile (MS): mancanza di criteri per RC, RP o progressione; positività della PET (Deauville 4-5) delle sedi iniziali di malattia senza comparsa di nuove lesioni.

• Progressione (PG): un aumento superiore al 50% delle dimensioni delle lesioni linfomatose presenti all’inizio del trattamento e/o comparsa di nuove localizzazioni; comparsa di nuove lesioni alla PET (Deauville 5).

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2. Pazienti e Metodi

2.1 Euronet-PHL-C2 Trial

Si tratta del secondo studio internazionale, multicentrico e randomizzato sul Linfoma di Hodgkin classico nei bambini ed adolescenti, coinvolgente diversi gruppi di studio appartenenti a 21 paesi europei ed extraeuropei. L’ufficio centrale dello studio, che funge da database centrale per i dati raccolti e si occupa della loro elaborazione, nonché della gestione di tutto il progetto, appartiene all’Università di Lipsia.

Nell’ottobre 2015 è iniziato il periodo di reclutamento dei pazienti, che si prolungherà fino a 6 anni dall’inizio dello studio (tranne in Germania dove, per motivi assicurativi, il reclutamento non può durare più di 5 anni); il periodo stimato di conclusione del reclutamento è Settembre 2021, e la stima sul numero di pazienti arruolati per allora è di minimo 2200 partecipanti. Ciascun paziente verrà seguito per 5 anni dalla data di reclutamento e, alla fine di tale periodo, terminerà la partecipazione allo studio; a tal punto, il paziente entrerà in un protocollo di follow-up osservazionale (il registro degli effetti a lungo termine è al di fuori dell’Euronet-PHL-C2). La popolazione di riferimento è quella dei pazienti con diagnosi di Linfoma di Hodgkin classico non trattato. Lo schema generale di trattamento, che è una delle parti che costituiscono l’oggetto di discussione di questa tesi, verrà di seguito introdotto e spiegato.

2.1.1 Strategia generale di trattamento

Tutti i pazienti arruolati iniziano il trattamento con 2 cicli di OEPA (Vincristina, Etoposide, Prednisone, Doxorubicina). A ciò segue il Early Response Assessment (ERA), che include una 18FDG-PET (PET con Fluorodesossiglucosio); tra l’inizio del trattamento e L’ERA i pazienti vengono assegnati ad un TL (Treatment Level), e la prosecuzione del protocollo varia a seconda di quest’ultimo:

• I pazienti appartenenti al TL-1 non vengono randomizzati. • I pazienti appartenenti a TL-2 e TL-3 vengono randomizzati.

I TL si differenziano per stadio di malattia e presenza/assenza di fattori di rischio. Nello studio precedente a questo, Euronet-PHL-C1, i pazienti sono stati suddivisi in 3 TG (Treatment Groups), TG-1, TG-2 e TG-3. Nello studio in questione, invece, i pazienti sono stati riassegnati, individuando dei TL (Treatment Levels): TL-1 (basso), TL-2 (intermedio), TL-3 (avanzato). I pazienti negli stadi iniziali con fattori di rischio (elevata VES e massa mediastinica, o bulk, con volume maggiore di 200 ml), che nello studio precedente sono stati inseriti nel TG-1, in questo caso sono riassegnati al TL-2.

Oltre a ciò, il protocollo è anche dipendente dalla risposta al trattamento, in quanto l’indicazione alla radioterapia è dipendente dalla risposta alla chemioterapia. In particolare, si definisce “adequate

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19

response” (AR) una PET negativa, ovvero con punteggio di Deauville minore o uguale a 3, all’ERA; si definisce, invece, “inadequate response” (IR) una PET positiva, ovvero con punteggio di Deauville maggiore di 3, all’ERA.

Dopo i 2 cicli di OEPA, i pazienti effettuano l’ERA. In caso di AR, i pazienti non ricevono

radioterapia ma solo chemioterapia di consolidamento, che viene somministrata secondo il seguente schema:

• Nel TL-1 ricevono 1 ciclo di COPDAC-28 (Ciclofosfamide, Vincristina, Prednisone/Prednisolone, Dacarbazina).

• Nel TL-2 ricevono 2 cicli di COPDAC-28 (braccio di controllo della randomizzazione) o 2 cicli di DECOPDAC-21 (Doxorubicina, Etoposide, Ciclofosfamide, Vincristina,

Prednisone/Prednisolone, Dacarbazina; braccio sperimentale della randomizzazione).

• Nel TL-3 ricevono 4 cicli di COPDAC-28 (braccio standard della randomizzazione) o 4 cicli di DECOPDAC-21 (braccio sperimentale della randomizzazione).

In caso di IR, i pazienti ricevono chemio/radioterapia di consolidamento.

• TL-1 ricevono una radioterapia standard con dose di 20Gy somministrata su tutti i siti inizialmente coinvolti.

Nei TL-2 e TL-3 l’indicazione alla radioterapia è stabilita sulla base della risposta alla

chemioterapia. La risposta viene stabilita con un Late Response Assessment (LRA), che include una FGD-PET: il LRA viene considerato AR se la FDG-PET ha un risultato, in termini di punteggio di Deauville, minore di 3.

2.1.2 Braccio standard della randomizzazione

• TL-2 ricevono 2 cicli di COPDAC-28.

• TL-3 ricevono 4 cicli di COPDAC-28.

• 20 Gy di IN-RT, con un Boost di 10Gy sulle aree che risultano positive alla PET del LRA.

2.1.3 Braccio sperimentale della randomizzazione

• TL-2 ricevono 2 cicli di DECOPDAC-21.

• TL-3 ricevono 4 cicli di DECOPDAC-21.

Se la PET del LRA è negativa, la radioterapia non viene eseguita; se è positiva, vengono somministrati 30Gy alle aree risultate positive

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2.2 Background e razionale

2.2.1 Precedenti esperienze degli studi DAL/GPOH-HD e Euronet-PHL

L’EuroNet-PHL-C2 è l’ultimo di 8 studi successivi, iniziati nel 1978 (DAL/GPOH-HD/EuroNet-PHL) i cui risultati via a via ottenuti hanno contribuito a determinare il corrente gold standard di trattamento del Linfoma di Hodgkin pediatrico.

A partire dal secondo studio (DAL-HD-82) l’ossatura della strategia terapeutica principale del trattamento si è consolidata, con gli studi successivi si sono realizzati cambiamenti graduali (44). Lo studio in questione prevedeva la seguente stratificazione dei pazienti in TG in accordo con classificazione di Ann-Arbor:

• TG-1: stadi IA/B e IIA

• TG-2: stadi IEA/B, IIEA, IIB e IIIA • TG-3: stadi IIEB, IIIEA/B, IIIB, IV

Tutti i pazienti, indipendentemente dalla stratificazione, a partire dallo studio DAL-H2-82 venivano trattati con 2 cicli di induzione, prima eseguiti con lo schema OPPA (Vincristina, Prednisone, Procarbazina e Doxorubicina), sostituito successivamente con lo schema OEPA. I pazienti, a seconda che fossero stati assegnati al TG-2 o TG-3, venivano trattati rispettivamente con 2 o 4 cicli di consolidamento, eseguiti inizialmente con lo schema COPP (Ciclofosfamide, Vincristina,

Procarbazina, Prednisone), successivamente con lo schema COPDAC.

Nello studio DAL-H2-82 era prevista l’esecuzione di radioterapia involved field, mentre nelle successive generazioni si è passati ad una involved node, nei casi in cui vi era una buona risposta alla chemioterapia.

Il DAL-H2-82 ha raggiunto delle percentuali di DFS (Disease Free Survival) del 99%, 96% e 87% rispettivamente per TG-1, TG-2 e TG-3 e, grazie a questi ottimi risultati, è stato per lungo tempo considerato il gold standard di trattamento del LH pediatrico. Negli studi successivi, pertanto, ci si è concentrati nel cercare di ridurre le complicanze a lungo termine dovute alle terapie, in particolare:

• L’infertilità maschile dovuta alla Procarbazina • Le neoplasie secondarie dovute alla Radioterapia

• Le malattie cardiovascolari dovute alla combinazione di Antracicline e Radioterapia

2.2.2 Prevenzione dell’infertilità

L’infertilità, sia maschile che femminile, rappresenta un effetto avverso frequente nei pazienti trattati per LH. Lo studio DAL-HD-85 aveva tentato di ridurre la problematica dell’infertilità togliendo la Procarbazina dallo schema, ma i dati mostravano una sensibile riduzione dell’efficacia in seguito all’eliminazione di tale farmaco. Una risposta è venuta dallo studio DAL-HD-90, in cui la

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sostituzione della Procarbazina con l’Etoposide (passaggio da OPPA ad OEPA) nei pazienti del TG-1 non ha provocato cali sensibili dell’efficacia terapeutica. Nello studio GPOH-HD-2002 la sostituzione della Procarbazina con la Dacarbazina (passaggio COPP a COPDAC) ha migliorato la tossicità ematologica mantenendo la stessa efficacia rispetto allo schema COPP. I risultati della quarta analisi ad interim dell’EuroNet-PHL-C1 (risalente al Novembre 2013) sono in accordo con tali risultati. Inoltre, i dati precoci sulla fertilità del confronto randomizzato tra COPP e COPDAC all’interno dell’EuroNet-PHL-C1 suggeriscono che OEPA-COPDAC non abbia effetti

gonadotossici maggiori sui maschi (45); (46); (47).

Pazienti femmine con Linfoma di Hodgkin trattate con il regime COPP sono a rischio di sviluppare insufficienza ovarica precoce e/o menopausa precoce. I dati sulla fertilità in giovani donne trattate con il regime OEPA-COPDAC non sono ancora disponibili, tuttavia Euronet-PHL-C1 ha

dimostrato che OEPA-COPDAC è altrettanto efficace ma meno ematotossico di OEPA-COPP (49).

2.2.3 Riduzione della Radioterapia

Considerando che si tratta di pazienti pediatrici e/o adolescenti, capaci di ottenere con gli standard di trattamento alti tassi di guarigione, la problematica dello lo sviluppo di neoplasie secondarie al trattamento è di maggiore rilevanza. Il rischio di sviluppare neoplasie ematologiche secondarie al trattamento (che sono dovute per lo più alla chemioterapia), in un arco di tempo che va da 1 a 10 anni dopo la fine della terapia, è in realtà piuttosto basso: per i pazienti arruolati negli studi dal DAL-HD-78 al DAL-HD-90 il rischio stimato a 15 anni è intorno all’1%, e questo dato non è cambiato dopo l’introduzione dell’Etoposide nello schema terapeutico (50).

Discorso diverso va fatto a proposito della Radioterapia, considerata la maggior causa di neoplasie solide secondarie con un periodo di latenza stimato di circa 20 anni. Infatti, il rischio cumulativo di tumori solidi secondari (SST) per i pazienti arruolati nel gruppo di studi DAL/GPOH-HD è stato del 5,7% dopo 20 anni ed è salito al 11% dopo 22 anni. In aggiunta, si è registrato un calo dell’OS dal 94% a 20 anni al 87% a 24 anni, e dai dati a disposizione pare che questa diminuzione sia proprio da attribuire alla maggiore incidenza di SST (50).

I dati riportati precedentemente sono praticamente identici a quelli del rischio a 20 anni per tumori solidi riportati dal LESG (American Late Effects Study Group): nel loro studio il rischio aumenta notevolmente tra i 20 e i 30 anni dalla fine del trattamento, e raggiunge un tasso del 25% dopo 30 anni. Sulla base di questi dati, la dose di radioterapia è passata dai 25 o 35Gy nello studio DAL-HD-82 ai 20Gy degli studi GPOH-HD92 e GPOH-HD2002, seguendo il ragionamento che la comparsa di SST sia in un certo grado dose-dipendente, sebbene sia stato dimostrato che anche l’esposizione a basse dosi di radiazioni determini un incremento del rischio (51); (52); (53); (47). Sulla scia di questo andamento, a partire dal GPOH-HD95 si è introdotto il concetto di omissione della radioterapia sulla base della risposta: dopo la fine della chemioterapia, si valutava la risposta sulla base di un TC/RMN e, nei pazienti con risposta completa, si evitava completamente la radioterapia. Ciò ha portato a valori di EFS e OS a 5 anni rispettivamente del 88% e 97% e, nello specifico, nel TG-1 i valori di EFS non mostravano grosse differenze nei pazienti sottoposti e non sottoposti alla radioterapia (94% e 97% rispettivamente), per cui per il TG-1 l’omissione della

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radioterapia in seguito a rivalutazione della risposta è diventato il gold standard. Un discorso analogo, purtroppo, non si potuto fare per i TG-2 e TG-3, dato che i valori di EFS in questi gruppi mostravano una differenza netta tra i pazienti irradiati e non (91% contro 79%, rispettivamente), perciò nel GPOH-HD2002 la radioterapia per questi gruppi è rimasta il gold standard (52). Nell’EuroNet-PHL-C1, invece, è stato introdotto l’utilizzo della 18FDG-PET come esame per la valutazione della risposta dopo 2 cicli di OEPA, e veniva considerata AR una remissione

metabolica (secondo i criteri IHC) combinata con almeno una remissione morfologica parziale. I pazienti con AR non ricevevano radioterapia: ciò è avvenuto in circa il 50% dei pazienti arruolati (63,7% nel TG-1, 50,2% nel TG-2, 33,3% nel TG-3), e questo è considerato il maggior successo ottenuto dallo studio. La positività del risultato è stata poi ulteriormente confermata dalla quarta analisi ad interim del Euronet-PHL-C1, che su un campione di 1978 pazienti ha dimostrato che le curve di EFS nei pazienti irradiati e non erano sovrapponibili

Fig. 2.1: curve di EFS in bambini ed adolescenti con Linfoma di Hodgkin classico trattati e non trattati (curva rossa e verde rispettivamente) con radioterapia nell’EuroNet-PHL-C1. Risultati della quarta analisi ad interim.

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2.3 Cambiamenti nell’EuroNet-PHL-C2

2.3.1 Nuova stratificazione

La stratificazione del rischio dei gruppi di trattamento (TG) per stadi precoci, intermedi e avanzati dell’EuroNet è stata comparata con quella dei pazienti adulti. Il GHSG (German Hodgkin

Lymphoma Study Group) e il EORTC (European Organisation for Research and Treatment of Cancer) usano una stratificazione simile al pediatrico, sebbene siano state osservate delle differenze marcate soprattutto tra EuroNet-PHL e GHSG, come mostrato nella tabella sottostante:

Tabella 2.1: criteri di stratificazione e determinazione dei fattori di rischio secondo il GHSG

EuroNet-PHL-C1

Risk factor IA, IB, IIA IIB

Stage (Ann Arbor)

IIIA, IIIB IVA,

IVB None 3 or more LN-areas Elevated ESR TG-1 TG-2 TG-3 Large mediastinal mass Extranodal disease TG-2

Tabella 2.2: criteri di stratificazione e determinazione dei fattori di rischio nell’EuroNet-PHL-C1

Lo studio EuroNet-PHL-C1, contrariamente a quanto indicato dal GHSG, non considerava la VES elevata, la massa bulky e la diffusione della malattia (numero di aree linfonodali coinvolte) per la

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stratificazione dei pazienti in TG. Di conseguenza, il gruppo che presiede l’Euronet-PHL-C2 ha cercato di appurare se questi fattori fossero prognostici o meno.

Nella seconda analisi ad interim dell’Euronet-PHL-C1 è stato individuato un sottogruppo a maggior rischio tra quelli che precedentemente rientravano nel TG-1, utilizzando i parametri “VES maggiore o uguale a 30mm/h” e/o Massa bulky con volume maggiore di 200ml, e questi risultati sono stati confermati anche dalla quarta analisi ad interim (novembre 2013):

• VES: è stato documentato il fatto che il limite superiore del range di normalità della VES tenda ad aumentare con l’età, e infatti nel LH dell’adulto i parametri “VES maggiore o uguale a 50mm/h” o “VES maggiore o uguale a 30mm/h e sintomi B presenti” sono utilizzati per la stratificazione del rischio. Nel LH pediatrico, tuttavia, valori di VES superiori a 50mm/h sono rari da trovare negli stadi I/IIA, per cui nell’Euronet-PHL-C2 si abbasserà il limite superiore del range di normalità della VES a 30mm/h, in modo da identificare un sottogruppo a rischio all’interno di quello che nello studio precedente veniva riconosciuto come TG-1.

• Massa Bulky: la valutazione del volume della massa tumorale (intesa come proporzione del diametro toracico) è stata una prassi negli studi DAL/GHPG-HD, nell’Euronet-PHL-C1 è stata eseguita su più di 2000 pazienti e, sulla base di questa analisi, è stato osservato che un volume tumorale contiguo maggiore di 200ml (che corrisponde più o meno al volume di una sfera di diametro di 7,4cm) individua un sottogruppo a maggior rischio tra i pazienti

precedentemente inclusi nel TG-1.

Fig. 2.2: gruppi di rischio basati su “VES maggiore di 30mm/h” e “volume massimo della massa

tumorale superiore a 200ml”. I pazienti senza questi fattori di rischio (curva verde) hanno mostrato valori di EFS maggiore rispetto a quelli dei pazienti con questi fattori di rischio (curva rossa)

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Pertanto, nell’Euronet-PHL-C2 i pazienti che appartenevano al TG-1 ma che hanno questi fattori di rischio verranno trattati nel TL-2.

Sulla scia di queste scoperte, gli autori dell’Euronet-PHL-C2 hanno pensato di provare ad

identificare dei sottogruppi analoghi anche all’interno dei TG-2 e TG-3, identificando dei possibili gruppi a maggior rischio nei pazienti in stadio IIB con elevata VES o IIIA con massa bulky.

Tuttavia, queste osservazioni non hanno trovato conferma nella quarta analisi ad interim (Novembre 2013) perché le differenze tra i pazienti non erano statisticamente significative, per cui un

cambiamento nel trattamento nei pazienti assegnati al TG-2 non sarebbe giustificato. In aggiunta a ciò, non è stato possibile identificare un sottogruppo a maggior rischio anche nel TG-3 (dati non disponibili).

Pertanto, sulla base di questa revisione della stratificazione dei pazienti, nell’Euronet-PHL-C2 sono stati individuati i seguenti TL (Treatment Levels):

• TL-1: precedenti appartenenti al TG-1 senza fattori di rischio (stadi IA, IB, IIA)

• TL-2: precedenti appartenenti al TG-1 con fattori di rischio (stadi IA, IB, IIA) e precedenti appartenenti al TG-2 (stadi IAE, IBE, IIAE, IIB, IIIA)

• TL-3: precedenti appartenenti al TG-3 (stadi IIBE, IIIAE, IIIB, IV)

In questo modo, la stratificazione dei pazienti nel contesto pediatrico risulta essere più simile a quella del contesto degli adulti.

Tabella 2.3: criteri di stratificazione e determinazione dei fattori di rischio dell’EuroNet-PHL-C2

2.3.3 Cambiamenti nella valutazione della risposta tramite

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FDG-PET

Lo standard utilizzato per valutare la risposta alla terapia nel Linfoma di Hodgkin è l’utilizzo della 18FDG-PET con l’utilizzo dei criteri di Deauville (riportati nell’introduzione di questa tesi), ovvero di una scala che compara il segnale proveniente dalle aree residue di malattia con quello

proveniente dal sangue mediastinico e da quello epatico. Nell’EuroNet-PHL-C1 la risposta valutata con la 18FDG-PET veniva espressa secondo i criteri IHP, nell’Euronet-PHL-C2 invece si utilizza la

Euronet-PHL-C2 Risk Factor I,IIA Stage (Ann-Arbor) IIB IIIA IIIB,IV None TL-1 ESR > o = 30mm/h TL-2 TL-3 Bulk > o = 200ml E-lesions

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scala di Deauville, e in particolare ci sono sempre più evidenze sul fatto che un valore di Deauville pari a 1, 2 o 3 sia indice di una completa risposta metabolica (54); (55); (56).

La scala di Deauville, sebbene si sia dimostrata ottima per valutare la risposta, presenta delle limitazioni, dal momento che si tratta di una scala con classi discrete per valutare una distribuzione continua di valori, come può essere considerata quella dei valori di SUV espressi dalla 18FDG-PET. Secondariamente, una valutazione della risposta basata sulla visione dell’esame da parte di un operatore può essere influenzata dalla percezione dello stesso, oltre che dalle illusioni ottiche, e in particolare la valutazione di risposte con valori borderline rendono particolarmente difficile

assegnare punteggi di Deauville tra 2 e 3 e tra 3 e 4. Per tutti questi motivi, nell’Euronet-PHL-C2 si è deciso di implementare un metodo semiquantitativo recentemente sviluppato per supportare e colmare le lacune della scala di Deauville nello staging e nella valutazione della risposta.

Le illusioni ottiche possono essere eliminate tramite la quantificazione semi-automatica del segnale PET residuo trasformando la scala di Deauville da ordinale a continua.

Il metodo semi-quantitativo di valutazione della risposta PET (qPET) individuerà i segnali PET di picco (SUV) nelle aree residue del linfoma e il segnale medio nel Fegato. Questi segnali sono misurati con volumi di interesse standardizzati (VOI) nelle aree residue del linfoma e nel Fegato, e il valore finale di qPET è determinato dal quoziente di queste due misure.

La quantificazione del segnale nelle aree residue del linfoma prevede l’identificazione visiva dei residui avidi di FDG, mentre un software apposito applica un determinato volume di interesse ai voxel in cui il segnale risulta più intenso, determinando un SUV medio. La quantificazione nel Fegato consiste nella determinazione dell’uptake medio del tracciante nel parenchima epatico all’interno di un determinato volume (57).

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27

Figura 2.3: esempio di quantificazione dell’uptake medio standard del Fegato in un volume di

interesse di 30ml

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28

I valori della scala di Deauville e i valori di qPET sono stati determinati in 898 pazienti arruolati nello studio Euronet-PHL-C1. Dalla comparazione tra di essi è emerso che le categorie Deauville 3, 4 e 5 corrispondono a valori di qPET rispettivamente di 0,95, 1,3 e 2.

La distribuzione dei valori di qPET è unimodale, ha un picco che rappresenta le risposte metaboliche normali e una coda che rappresenta quelle anormali. Nella coorte di pazienti

provenienti dall’EuroNet-PHL-C1 il picco della distribuzione coincide con il limite tra le classi 2 e 3 di Deauville in corrispondenza del valore 0,95. I valori di qPET di 1,3 e 2 individuano le soglie di risposta metabolica anormale con alti tassi di sensibilità e specificità. Ciò è stato determinato da modelli misti (57).

Fig.2.5: istogramma della distribuzione di valori di qPET determinati su 748 pazienti

I tassi di EFS supportano l’ipotesi che un valore di qPet<1,3 sia coerente con una risposta adeguata (AR) all’ERA. Il valore 1,3 è derivato dall’istogramma soprastante precedentemente all’analisi dei tassi di EFS

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Fig.2.6: Curve di EFS nei pazienti con valori di qPet minori (curva verde) e maggiori (curva rossa)

di 1,3

Tutti i pazienti con valore di qPET maggiore o uguale di 1,3 hanno effettuato radioterapia, mentre solo circa la metà dei pazienti con qPET minore di 1,3 hanno effettuato radioterapia. L’outcome in pazienti con qPET minore di 1,3 con o senza radioterapia era sovrapponibile.

Pertanto, la soglia di qPET per una 18FDG-PET positiva all’ERA è 1,3, che corrisponde al limite tra le classi 3 e 4 di Deauville. Pazienti con una PET positiva all’ERA nel TL-2 e TL-3 eseguiranno una ulteriore PET durante il LRA.

La PET eseguita durante il LRA dovrà eventualmente individuare residui tumorali minimi, quindi la soglia di positività è più bassa di quella dell’ERA. Pertanto, la soglia di positività della PET al LRA sarà determinata da un valore maggiore o uguale a 3 nella scala di Deauville, diversamente dalla soglia durante l’ERA, che è maggiore di 3 nella scala di Deauville. Nel braccio sperimentale DECOPDAC-21 i pazienti non riceveranno ulteriore radioterapia se la PET del LRA è negativa. Questo approccio è simile alla strategia vincente seguita durante lo studio GHSH-HD-15, in cui si è somministrata radioterapia localizzata ai soli siti risultati positivi alla PET alla fine del trattamento

(58).

Per riassumere, la valutazione della risposta nell’EuroNet-PHL-C2 si baserà sulla scala di Deauville determinata con il supporto delle misure del qPET. Il punteggio di Deauville, che si basa sull’analisi visiva, sarà determinato prima della misura dei valori di qPET. I tassi di discrepanza tra le due modalità verranno stimati e l’outcome dei casi discrepanti verrà investigato.

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2.3.3 Intensificazione della chemioterapia di consolidamento con DECOPDAC-21

L’intensificazione della chemioterapia è oggetto di studio per migliorare ulteriormente i risultati del trattamento e per compensare una significativa riduzione della radioterapia. Il nuovo schema di consolidamento intensificato DECOPDAC-21 è stato ideato sulla base di evidenze derivanti da studi di altri gruppi.

Un approccio di chemioterapia intensiva è stato applicato in altri scenari di trattamento del Linfoma di Hodgkin, sia nel paziente pediatrico che nell’adulto. Kelly et al. (2011) hanno dimostrato la praticabilità nell’esecuzione di 6-8 cicli di BEACOPPesc (Bleomicina, Etoposide, Doxorubicina, Ciclofosfamide, Vincristina, Procarbazina, Prednisone, G-CSF) in 99 pazienti con Linfoma di Hodgkin in stadio avanzato. LA EFS a 5 anni è stata del 94%, la OS del 97% e solo 2 pazienti su 99 hanno sviluppato una leucemia secondaria. Il GHSG ha mostrato eccellenti risultati in pazienti adulti affetti da Linfoma di Hodgkin in stadio avanzato usando BEACOPPesc.

Attualmente, i risultati migliori si raggiungono con lo schema 6BEACOPPesc + Radioterapia limitata ai siti risultati positivi alla PET del LRA con dimensioni maggiori di 2,5cm. La PFS a 5 anni di questi pazienti è del 92,6%. In questo studio (Kelly et al., 2011) 739 pazienti con lesioni persistenti sono stati valutati con una 18FDG-PET nel LRA. A 48 mesi dalla fine del trattamento i pazienti con PET positiva (Deauville maggiore o uguale a 3) al LRA avevano una PFS del 86%, mentre quelli con PET negativa hanno raggiunto un tasso pari a 92,6%. La somministrazione di radioterapia ai residui rimasti positivi alla PET del LRA permette di raggiungere risultati eccellenti, che gli autori dell’EuroNet-PHL-C2 cercheranno di raggiungere con lo schema DECOPDAC-21

(58); (59).

Non verrà utilizzato lo schema BEACOPPesc a causa delle grandi preoccupazioni riguardanti la sua tossicità, che limitano il suo uso esteso. Queste preoccupazioni riguardano la gonadotossicità della Procarbazina, la tossicità polmonare associata alla Bleomicina, e il rischio aumentato di leucemia secondaria cui questo schema espone i pazienti.

Lo schema DECOPDAC-21 è stato ideato per avere un’efficacia simile a quella del BEACOPPesc ed è una intensificazione dello schema standard COPDAC-28, ottenuta aumentando la dose di Ciclofosfamide del 25% e aggiungendo l’Etoposide e la Doxorubicina. Trattandosi di uno schema con ciclo di 21 giorni, il Prednisone/Prednisolone viene somministrato solo nei giorni da 1 a 8 del ciclo.

DECOPDAC-21 ha alcune similitudini con il BEACOPPesc, ma ha anche alcune importanti differenze volte a ridurre il problema della tossicità:

• Sostituzione della Procarbazina con la Dacarbazina (DTIC) • Omissione della Bleomicina

• Riduzione della dose di Doxorubicina (DOX) da 35 a 25mg/m2 per ciclo, con una dose cumulativa di 210mg/m^2 nel TL-2 e di 260mg/m^2 nel TL-3 per lo schema combinato OEPA-DECOPDAC-21

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• Riduzione della dose di Etoposide (ETO) da 600 a 300mg/m^2 per ciclo, con una dose cumulativa di 1850mg/m^2 nel TL-2 e di 2450mg/m^2 nel TL-3 per lo schema combinato OEPA-DECOPDAC-21. Tale dose è comunque inferiore a quella del BEACOPPesc per questo farmaco.

• Riduzione della dose di Prednisone/Prednisolone da 600mg/m^2 a 320mg/m^2 per ciclo grazie al fatto che esso si somministra solo nei giorni da 1 a 8 del ciclo. La riduzione della dose di questo farmaco potrebbe essere importante per ridurre l’incidenza di osteonecrosi nei pazienti affetti da Linfoma di Hodgkin (60).

Per riassumere, DECOPDAC-21 è uno schema con ciclo a 21 giorni e prevede: • DTIC (Dacarbazina) 250mg/m^2 nei giorni da 1 a 3

• CY (Ciclofosfamide) 625mg/m^2 nei giorni 1 e 2 • ETO (Etoposide) 100 mg/m^2 nei giorni da 1 a 3 • DOX (Doxorubicina) 25 mg/m^2 al giorno 1

• VCR (Vincristina) 1,5 mg/m^2 (dose capping di 2mg^m2) nei giorni 1 e 8 • PRED (Prednisone/Prednisolone) 40mg/m^2 nei giorni da 1 a 8

2.4. Fondamenti della pianificazione del trattamento

I Pazienti verranno trattati in 3 differenti sotto-studi • Pazienti nel TL-1

• Pazienti con 18FDG-PET negativa all’ERA nel TL-2 e TL-3 • Pazienti con 18FDG-PET positiva all’ERA nel TL-2 e TL-3

2.4.1 Trattamento dei pazienti nel TL-1

I pazienti nel TL-1 verranno trattati con 2 cicli di chemioterapia di induzione con schema OEPA. I pazienti con PET negativa all’ERA effettueranno un ulteriore ciclo di consolidamento con schema COPDAC-28. I pazienti con PET positiva all’ERA effettueranno radioterapia involved node.

Nella quarta analisi ad interim dell’Euronet-PHL-C1 è stata fatta un’analisi dei pazienti appartenenti al TG-1 a basso rischio (ovvero quelli che nell’Euronet-PHL-C2 rientrano nel TL-1). I pazienti del TL-1 con PET positiva all’ERA, che hanno effettuato radioterapia hanno avuto una risposta eccellente, con un tasso di EFS a 3 anni del 98,3% (I.C. al 95%: 0.95-1). I pazienti TL-1 con PET negativa all’ERA che non hanno eseguito radioterapia hanno avuto un tasso di EFS a 3 anni del 88,4% (I.C. al 95%: 0,83-0.94).

Nei pazienti TL-1 con PET positiva all’ERA l’aggiunta della chemioterapia non è giustificata perché la risposta dei TL-1 più radioterapia nello studio C1 è stata una EFS a 3 anni del 98,3%.

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Nei pazienti del TL-1 con PET negativa durante il C1, l’omissione della radioterapia ha portato ad un calo della EFS. Oltre a ciò, c’è da considerare che l’indicazione alla radioterapia per i pazienti nel TL-1 dell’EuroNet-PHL-C2 verrà ulteriormente ridotta, dal momento che la soglia di positività dell’ERA si alzerà da Deauville 3 a 4.

Per compensare questo calo della EFS, derivante dall’omissione della radioterapia, nel TL-1 con PET negativa all’ERA gli autori dello studio hanno pensato di aggiungere un ciclo di COPDAC-28 come chemioterapia di consolidamento.

L’obiettivo di questa strategia è di confermare tassi di EFS superiori o uguali almeno al 90%, il che è comparabile con i tassi di PFS a 5 anni del 91,6% ottenuti trattando forme in stadio iniziale di Linfoma di Hodgkin dell’adulto con 2 cicli di ABVD + 20Gy di radioterapia involved node. Il maggior vantaggio ottenibile da molti bambini e adolescenti trattati nel TL-1 sarebbe proprio l’omissione della radioterapia, e gli autori dello studio sono dell’opinione che una piccola riduzione di EFS sia accettabile considerando il rapporto rischi-benefici decisamente a favore di questi ultimi. Inoltre, una recidiva insorta dopo il trattamento del TL-1 può essere recuperata con una terapia di salvataggio. Gli autori dello studio ritengono che l’evitamento della morbidità e della mortalità associata alla Radioterapia migliorerà i risultati a lungo termine, eliminando il rischio di neoplasie secondarie e mortalità cardiovascolare tardiva correlate alla radioterapia.

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2.4.2. Trattamento dei Pazienti nel TL-2 e TL-3

Tutti i pazienti in TL-2 e TL-3 verranno trattati con 2 cicli di OEPA e rispettivamente con 2 e 4 cicli di chemioterapia di consolidamento. Tutti i pazienti in TL-2 e TL-3 verranno randomizzati tra consolidamento con COPDAC-28 o con DECOPDAC-21.

La chemioterapia del braccio standard della randomizzazione è lo schema COPDAC-28, che è risultato altrettanto efficace ma meno gonadotossico dello schema COPP nello studio GPOH-HD-2002 e nell’EuroNet-PHL-C2.

L’ERA viene eseguito dopo 2 cicli di OEPA e la chemioterapia di consolidamento dovrebbe cominciare non appena la PET dell’ERA è stata eseguita.

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