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Il riscaldamento (n°1/2012)

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L’angolo

del

fitness

L’angolo

del

Fitness

gennaio - febbraio - marzo 2012 01

N

ell’ambito dell’allena-mento, il termine “riscal-damento” è riferito alle metodologie utilizzate per predi-sporre l’organismo ad affrontare al meglio una sessione di attività. In particolare, si distinguono co-munemente due principali tipo-logie di riscaldamento. Il riscal-damento generale, svolto all’ini-zio dell’ allenamento o della competizione ed il riscaldamen-to specifico, utilizzariscaldamen-to per ap-procciare esercizi ad alta intensi-tà o particolari elementi tecnici. Nel riscaldamento generale, co-me suggerisce il termine stesso, uno degli obiettivi principali è quello di aumentare la tempera-tura corporea mediante la con-trazione volontaria dei muscoli scheletrici. Un aumento modera-to della temperatura dell’am-biente cellulare, favorisce infatti la velocità delle reazioni biochi-miche, con effetti favorevoli sulla

prestazione. Oltre a questo, il ri-scaldamento ha anche un’ im-portantissima funzione di con-trollo preventivo dello stato di tutto l’apparato locomotore. In-fine, proprio per la sua peculiari-tà di “premessa” o “introduzio-ne”, il riscaldamento sovente ri-veste particolari significati

psico-logici potendo in certi casi assu-mere delle connotazioni rituali. Da un punto di vista oggettivo, è utile considerare i primi due aspetti elencati – aumento della temperatura e “check up” mu-scolo scheletrico – per definire le scelte tecniche e metodologiche più adeguate. L’aumento della temperatura mediante l’effetto termogenico della contrazione muscolare – lo stesso meccani-smo alla base della funzionalità del “brivido” - è dovuto alla tra-sformazione parziale dell’energia chimica contenuta nei substrati metabolizzati nel muscolo per produrre lavoro muscolare (con-versione di energia chimica in energia meccanica). Come in qualsiasi altra trasformazione energetica, una parte di energia viene ineludibilmente dispersa, in questo caso sotto forma di ca-lore. Quanto più è elevato il rap-porto fra energia prodotta ed energia trasformata, tanto più è alto il rendimento, ovvero l’effi-cienza della trasformazione. E tanto minore, di conseguenza, è il calore prodotto. Pertanto, nel riscaldamento, dove è proprio la produzione di calore l’effetto da perseguire, appare conveniente utilizzare movimenti poco effi-cienti. Movimenti, quindi, che ri-ducano o annullino le

compo-IL

IL

RISCALDAMENTO

RISCALDAMENTO

di Vittorio Baldini

Nicole Terlenghi (foto F. Veronese)

Piccoli ginnasti in una fase di riscaldanento

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pensi all’apprendimento della corretta tecnica esecutiva di mo-vimenti fondamentali quali lo squat) sia metodologico, come nel caso dell’allenamento per i muscoli della fascia lombare. Questi ultimi richiedono, infatti, una metodologia di allenamento che proprio per le sue caratteri-stiche di moderata intensità, bassa velocità esecutiva e alto numero di ripetizioni con brevi intervalli di recupero, può trova-re collocazione anche (ma certa-mente non solo) nelle primissi-me fasi dell’allenaprimissi-mento. Coprimissi-me ultima annotazione, forse non del tutto marginale in spazi chiu-si e sovraffollati quali possono talvolta essere le palestre o i campi di gara della ginnastica, il riscaldamento eseguito con le modalità accennate può essere svolto perfettamente in spazi mi-nimi (anche un solo metro qua-drato) e concludersi in tempi brevi (una decina di minuti al massimo). A questo punto, se l’attività da svolgere lo richiedes-se, è possibile e opportuno inte-grare il riscaldamento generale con un riscaldamento specifico, caratterizzato dall’ esecuzione di movimenti che, per intensità, ampiezza o tecnica esecutiva, si avvicinano gradualmente al ge-sto tecnico richiege-sto dalla seduta di allenamento o dalla competi-zione.

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nenti elastiche e di slancio (che, facilitando il movimento, ne au-mentano il rendimento). Sotto questo profilo, esercizi tradizio-nali quali la corsa, i molleggi, gli slanci o i saltelli appaiono per-tanto, ai fini del riscaldamento, non perfettamente appropriati. Considerando poi la seconda importantissima finalità del ri-scaldamento, ovvero il monito-raggio dello stato di muscoli, tendini, legamenti, ossa ed arti-colazioni, si giunge ad un’ ana-loga conclusione. Si consideri, per esemplificare, la comunissi-ma corsa. Quest’ulicomunissi-ma, anche se a bassa velocità (di spostamen-to), è una successione di rimbal-zi di tipo pliometrico (rapida de-celerazione in regime eccentrico seguita da un’ altrettanto rapida fase concentrica) eseguiti, in modo alternato, su un solo arto. Si tratta di movimenti molto ef-ficienti, come molto efficiente (in termini relativi: si parla pur sempre di rendimenti ben infe-riori al 50% ) è la corsa nel suo insieme. Un’ abilità motoria che, per la nostra specie, è il frutto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione e di continuo perfe-zionamento in termini di effi-cienza. Non solo. I rimbalzi plio-metrici della corsa non sono cer-to il banco ideale di prova dello stato di muscoli e tendini. Sono troppo veloci per consentire una interruzione del movimento “in

tempo reale”, ovvero al primissi-mo apparire di un segnale di fa-stidio. Una lesione minima, del tutto asintomatica a riposo, può essere aggravata da movimenti rapidi e improvvisi, quali tipica-mente gli slanci o i rimbalzi. An-che quelli, naturalmente, An-che compongono una semplice “corsetta”. Per contro, movi-menti lenti, ad intensità bassa o moderata e perfettamente con-trollati in ogni fase, quali posso-no essere i piegamenti sulle gambe o sulle braccia, i solleva-menti sugli avampiedi, le circon-duzioni (lente), gli esercizi per la fascia lombare o qualsiasi altro movimento elementare (i movi-menti disponibili ad ogni singola articolazione), costituiscono una validissima alternativa. Un ulte-riore aspetto, estremamente si-gnificativo nella razionalizzazio-ne dell’intero processo di allena-mento, è costituito dalla valenza tecnica, didattica e metodologi-ca degli esercizi scelti per il ri-scaldamento. Infatti, mentre – sempre per esempio – una corsa leggera non porta alcun vantag-gio ne’ in termini di apprendi-mento tecnico ne’ in termini di allenamento (dovrebbe avere una durata di almeno venti mi-nuti per essere significativa co-me allenaco-mento aerobico), gli esercizi accennati in precedenza hanno invece un grandissimo si-gnificato sia tecnico didattico (si

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