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Aspetti clinici del melanoma intraoculare del cane e del gatto

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

ANATOMIA DELL’UVEA

L’uvea è la tunica intermedia vascolare del globo oculare, è costituita da tre parti anatomiche distinte che sono l’iride, il corpo ciliare e la coroide. L’iride e il corpo ciliare vengono anche definiti, nel loro insieme, “uvea anteriore”, mentre la coroide viene denominata anche “uvea posteriore” (Guandalini et al, 2006; Martin, 2010).

1.1 IRIDE

L’iride è un diaframma sottile, di colore variabile, che va a suddividere il globo oculare in due porzioni: la camera anteriore e la camera posteriore. La camera anteriore è uno spazio delimitato posteriormente dal cristallino e dall’iride, anteriormente dalla cornea e dall’angolo iridocorneale, la camera posteriore è uno spazio delimitato anteriormente dalla faccia ventrale dell’iride, lateralmente dal corpo ciliare e posteriormente dalla porzione anteriore del cristallino (Guandalini et al, 2006; Martin, 2010)

1.1.1 Anatomia

Anatomicamente l’iride si suddivide in due superfici, una anteriore ed una posteriore ed inoltre, centralmente, vi si trova il foro pupillare che pertanto rende l’iride un “diaframma fenestrato”. La superficie anteriore dell’iride è quella direttamente osservabile ed è suddivisa in tre parti. La zona

ciliare è la porzione più periferica, più spessa (all’incirca 0,4 mm) e vi si trova il circolo arterioso

irideo maggiore. Quest’ultimo è costituito da due arterie, che originano dalle arterie ciliari posteriori lunghe. Una delle due arterie, ad ore 3, si ramifica inferiormente e superiormente assumendo decorso circolare, l’altra arteria fa altrettanto ad ore 9. Nel gatto le due opposte arterie arrivano ad anastomizzarsi fra loro, rendendo il circolo arterioso ben evidente, nel cane invece le due arterie non entrano in comunicazione fra loro e pertanto il circolo arterioso non risulta ben visibile. La

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addossata al cristallino che le dà sostegno pertanto, nel caso di una afachia o di una lussazione del cristallino, l’iride oscilla liberamente seguendo i movimenti oculari. Il collaretto è la zona di demarcazione fra la zona ciliare e la zona pupillare ed appare come una linea circolare festonata. Per quanto concerne la superficie posteriore dell’iride questa non è direttamente osservabile. Il foro

pupillare invece è ben visibile, si trova centralmente nell’iride e la sua forma varia a seconda della

specie: nel cane è di forma rotonda e appena decentrato medialmente, nel gatto si presenta come una fessura verticale che si arrotonda dilatandosi. Nell’iride troviamo due muscoli che, con la loro azione antagonista, determinano appunto le variazioni di dimensioni del foro pupillare. Tali muscoli sono il muscolo sfintere pupillare e il muscolo dilatatore della pupilla. Il primo è un anello di muscolatura liscia che si trova nella zona pupillare iridea ed è sotto il controllo del sistema parasimpatico, il secondo è costituito da fibre muscolari lisce, orientate radialmente, ospitate nella faccia ventrale dell’iride ed è sotto il controllo del sistema nervoso simpatico. Il restringimento del foro pupillare, definito più correttamente “miosi”, si verifica quando il muscolo sfintere si contrae ed, al contempo, il muscolo dilatatore si rilassa, con meccanismo inverso si ottiene la dilatazione della pupilla, definita” midriasi”(Guandalini et al, 2006; Martin, 2010)

1.1.2 Istologia

A livello istologico l’iride è suddivisibile grossolanamente in tre “parti” . La parte esterna è costituita da un singolo strato di fibroblasti che si appoggia su uno o più strati di melanociti. Tale struttura parte dall’angolo di drenaggio iridocorneosclerale, dove entra in continuità con l’endotelio corneale, e si estende fino al foro pupillare dove si fonde con l’epitelio pigmentato che riveste la superficie posteriore dell’iride. La parte intermedia è lo stroma dell’iride che è costituito da fibroblasti, melanociti e fibre collagene, al suo interno decorrono i vasi, i nervi ed i muscoli dell’iride. La parte interna è costituita da un epitelio pigmentato, composto da due strati cellulari, ed entra in continuità con l’epitelio pigmentato che ricopre il corpo e i processi ciliari. A volte l’epitelio pigmentato posteriore si estende oltre il bordo pupillare fino a raggiungere la faccia anteriore dell’iride, determinando pertanto un margine pupillare pigmentato molto scuro. La composizione istologica dell’iride, e in particolar modo il numero dei melanociti e la quantità e densità del pigmento in essi contenuto, ha ripercussioni sulla sua colorazione. Nella maggior parte dei soggetti l’iride è di colore marrone scuro, ma si possono avere varie attenuazioni di colore fino a giungere ad una colorazione blu (Guandalini et al, 2006; Martin, 2010)

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1.2 CORPO CILIARE

Il corpo ciliare produce l’umor acqueo ed è una struttura che appare grossolanamente triangolare, se esaminata in sezione sagittale. La base del corpo ciliare è a contatto con l’iride e con l’angolo di drenaggio iridocorneosclerale, l’apice si continua nella coroide (Guandalini et al, 2006; Martin, 2010)

1.2.1 Anatomia

Il corpo ciliare è suddivisibile in due parti. La pars plicata è la parte anteriore del corpo ciliare, ha spessore notevole ed è costituita da molte proiezioni digitiformi detti “processi ciliari” che vanno a produrre l’umore acqueo. Il numero dei processi ciliari è variabile ed oscilla fra i settanta e i cento, a questi si ancorano le fibre della zonula del cristallino. Nel corpo ciliare si trova anche un muscolo, detto “muscolo ciliare”, che è costituito da fibre muscolari lisce ed è innervato sia dal sistema nervoso simpatico che dal sistema nervoso parasimpatico, il suo contrarsi o rilassarsi si trasmette alle fibre della zonula determinando l’accomodamento del cristallino. Nel cane e nel gatto il muscolo ciliare tuttavia è poco sviluppato e pertanto l’accomodamento del cristallino è molto modesto. La pars plana è la parte posteriore del corpo ciliare, è piatta, e confina con la parte nervosa della retina, la zona di giunzione fra il corpo ciliare e la retina è anche definita “ ora ciliaris retinae” (Guandalini et al, 2006; Martin, 2010).

1.2.2 Istologia

A livello istologico il corpo ciliare è composto da una parte esterna costituita da epitelio bi stratificato. Il primo strato è più esterno e non è pimentato, il secondo strato è invece pigmentato ed è una continuazione dell’epitelio pigmentato della retina. I due strati epiteliali sono tenuti assieme da giunzioni serrate. La parte interna è costituita dallo stroma. Questo è di natura connettivale, vi decorrono vasi, nervi, le fibre del muscolo ciliare e, sparsi al suo interno, si trovano dei melanociti (Guandalini et al, 2006; Martin 2010)

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1.3 COROIDE

La coroide è la porzione posteriore dell’uvea, è compresa fra la sclera e la retina e si estende dal disco ottico fino all’ora ciliaris retinae (Guandalini et al, 2006; Martin 2010).

1.3.1 Anatomia

La coroide è costituita da una fitta rete vascolare, che origina dalle arterie ciliari, e si dispone su tre strati. Nello strato esterno decorrono vasi di grosso calibro, nello strato intermedio di medio calibro ed infine, nello strato interno, ci sono vasi di piccolo calibro che formano la cosiddetta “coriocapillare”, un insieme di capillari fenestrati che provvede al nutrimento della retina. Una struttura facente parte della coroide è il tappeto lucido che, qualora presente, si trova nello strato intermedio della coroide. Tale struttura si può osservare quando si esamina il fondo oculare e appare come una zona di colore variabile, grossolanamente triangolare, con angolo retto verso l’alto e angolo acuto orientato verso il naso. La sua funzione è quella di raccogliere la luce, in condizioni di parziale oscurità, e di rifletterla indietro verso la retina per stimolarla nuovamente. A livello filogenetico il tappeto lucido si è sviluppato negli animali che svolgono attività venatoria anche di notte, pertanto sia il cane che il gatto ne sono provvisti. Il tappeto lucido non è, nel cane, presente fin dalla nascita ma si forma gradualmente fino ad arrivare al completo sviluppo intorno alle 10-12 settimane d’età. Il suo colore è variabile da individuo a individuo e può apparire blu, verde, giallo, arancione o una mescolanza di tali colori. Alcuni soggetti, con funzione visiva normale, possono anche non avere il tappeto lucido. Il caso più estremo è rappresentato dai soggetti che posseggono un fondo oculare di tipo “ subalbino”, in cui non solo manca il tappeto lucido ma anche la zona non tappetale e pertanto , analizzando il fondo, si vedranno soltanto i vasi della coroide (Guandalini et al, 2006; Martin 2010).

1.3.2 Istologia

La coroide è costituita da tessuto connettivo lasso in cui decorrono i vasi. Quando presente l’area tappetale risulta formata da più strati di cellule nel cui citoplasma si trovano formazioni bastoncellari, contenenti riboflavina e zinco, orientate in modo tale da riflettere la luce (Guandalini et al, 2006; Martin 2010).

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CAPITOLO 2

TUMORI MELANOCITICI

I tumori melanocitici posso avere natura benigna, e in tal caso vengono definiti “melanocitomi”, o natura maligna, ed in tal caso vengono definiti “melanomi”, entrambi i tipi di tumore derivano da una proliferazione anormale dei melanociti (Medlau e Hnilica, 2001). In Medicina Veterinaria tuttavia è uso comune, seppur errato, aggiungere l’aggettivo “maligno” o “benigno” al solo termine “melanoma” (Gelatt, 1991). Le cellule da cui originano tali neoplasie sono appunto i melanociti, cellule dendritiche che derivano dai melanoblasti neuroectodermici che, durante l’embriogenesi, migrano nell’epidermide, nel derma o in altre sedi. I melanociti non sono connessi fra loro tramite desmosomi, ma formano giunzioni aderenti e regolatorie con i cheratinociti limitrofi attraverso l’espressione di molecole di adesione espresse sulle membrane delle cellule epiteliali (caderina-E). Nei melanociti la melanina si trova contenuta nei melanosomi. (Smith et al., 2002). A carico del globo e degli annessi oculari si posso sviluppare tumori melanocitici che, in base alla loro sede d’origine, vengono suddivisi in:

 Tumori melanocitici extraoculari: si formano a carico delle palpebre, della congiuntiva o a livello epibulbare.

 Tumori melanocitici oculari: si formano a carico dell’uvea anteriore o della coroide.

2.1 TUMORI MELANOCITICI OCULARI

2.1.1 Premessa

E’ essenziale premettere che, nel corso di tale trattazione, il termine “melanoma” verrà usato indistintamente sia per i tumori melanocitici benigni che maligni. Tale esigenza nasce dall’oggettiva difficoltà di reperire, in letteratura, fonti che suddividano più appropriatamente i tumori melanocitici in melamomi propriamente detti e melanocitomi, salvo rare eccezioni che verranno

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espressamente citate. Verranno inoltre trattati separatamente i melanomi oculari del cane e del gatto per le forti differenze che vi intercorrono.

2.2 MELANOMA DELL’UVEA ANTERIORE DEL CANE

2.2.1 Frequenza

Il melanoma dell’uvea anteriore origina dai melanociti che si trovano nello stroma dell’iride o del corpo ciliare (Goldschmidt et al, 1998) ed è il tumore intraoculare più comune nel cane (Trucksa et al, 1983). Tale asserzione è riconfermata da uno studio retrospettivo successivo, condotto da Giuliano et al. (1999), in cui il melanoma dell’uvea anteriore risultava, almeno fra i tumori melanocitici oculari del cane, il più frequente. In tale studio erano inclusi 244 cani affetti da tumori melanocitici di cui 188 risultavano affetti da melanocitoma con localizzazione, nel 79% dei casi, a carico dell’uvea anteriore, 56 da melanoma propriamente detto con localizzazione, nel 95% dei casi, a carico dell’uvea anteriore. I soggetti maggiormente colpiti hanno un’età media di 8-10 anni, anche se possono esserne affetti soggetti molto giovani (2 mesi) o molto anziani (17 anni), il Pastore Tedesco e il Boxer sono razze particolarmente predisposte mentre non risulta esserci una predisposizione legata al sesso (Gelatt, 1991). L’ereditarietà del melanoma uveale anteriore è stata sospettata in una famiglia di Labrador Retrievier tuttavia la diagnosi era stata formulata solo a livello clinico, senza alcuna conferma istopatologia (Gelatt, 1991) pertanto non è possibile sostenere in assoluto tale ipotesi.

2.2.2 Segni clinici

Il melanoma dell’uvea anteriore nasce o dalla faccia anteriore dell’iride o dal corpo ciliare e si presenta come una massa rialzata e pigmentata sebbene possano anche esserci melanomi amelanotici, privi cioè della melanina che conferisce la caratteristica colorazione scura. In letteratura (Na-young et al, 2006) è stato segnalato anche un melanoma uveale definibile come “misto”. Tale massa, una volta enucleato e sezionato il globo oculare interessato, appariva infatti macroscopicamente depigmentata nella porzione anteriore e fortemente pigmentata nella porzione posteriore. L’esame istologico riconfermava la duplice natura della neoplasia classificandola appunto come un melanoma parzialmente amelanotico. La tempestività della diagnosi varia a

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seconda del punto di insorgenza della neoplasia. Il melanoma dell’iride viene diagnosticato più velocemente e facilmente di quello del corpo ciliare poiché invade la camera anteriore e distorce la pupilla. Il melanoma del corpo ciliare viene diagnosticato solitamente quando è in stadio più avanzato e cioè quando ha invaso il vitreo, spinto in avanti l’iride e l’angolo iridocorneale o attraversato la sclera (Martin, 2010). Oltre alla lesione proliferativa il soggetto può presentare anche alterazioni secondarie quali, per esempio, cheratite, uveite, ifema, glaucoma, buftalmo, distacco delle retina e lussazione del cristallino (Gelatt, 1991).

2.2.3 Progressione

Il melanoma uveale del cane ha, nella maggior parte dei casi, andamento benigno, tende quindi ad espandersi localmente, ma non a metastatizzare. Alcuni tumori uveali possono rimanere confinati entro l’uvea anteriore, andando a colmarla completamente (Goldschmidt et al, 1998) mentre, in altri casi, il melanoma uveale può estendersi alla sclera limbica, alla coroide, all’angolo di filtrazione e alla cornea (Gelatt, 1991). Di recente (Galan et al, 2009) è stata segnalata una possibile estensione del melanoma uveale all’encefalo. In una cagna meticcia di 13 anni era stato diagnosticato ed asportato, tramite enucleazione, un melanoma uveale, riconfermato come tale all’esame istologico. Dopo tre mesi dall’intervento la cagna presentava crisi convulsive refrattarie alla terapia, la TC evidenziava disomogeneità tissutale, ma non una massa ben definita. Per l’incoercibilità delle crisi convulsive il soggetto era sottoposto a eutanasia e successiva necroscopia. Una parte dell’encefalo appariva infiltrata da una pigmentazione scura che, all’esame istologico, risultava essere un melanoma. Pur essendo una ipotesi, poiché non è stato esaminato il chiasma ottico, pare credibile che il melanoma uveale si sia esteso al nervo ottico e, tramite questo, all’encefalo. Se ciò fosse il potere invasivo del melanoma uveale sarebbe da rivalutarsi così come la sua benignità in assenza di metastasi. Per quanto concerne appunto il potere metastatico dei melanomi uveali del cane solo il 4% metastatizza per via ematogena, entro tre mesi dalla diagnosi (Rovesti et al, 2001). La probabilità di sviluppare metastasi è tanto più grande quanto più il melanoma è in stadio avanzato ed è accompagnato da estensione extraoculare o da glaucoma (Trucksa et al, 1983). In letteratura è stato riportato il caso di un Volpino di Pomeriana di 6 anni che, a distanza di 18 mesi dall’enucleazione, era diventato paraplegico per metastasi a carico dell’ottava vertebra toracica e conseguente compressione midollare (Rovesti et al, 2001) e di un Setter Inglese di 10 anni con melanoma uveale a carico dell’occhio sinistro e metastasi a carico dell’uvea controlaterale, della sinovia del gomito sinistro e del midollo spinale (Render et al,1997). Altre sedi di possibili metastasi risultano essere i polmoni, il ventricolo sinistro e i reni (Minami e Patnaik, 1992), l’atrio destro (Friedman et al, 1989), il fegato e la milza (Dietz et al, 1986).

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2.2.4Diagnosi

Il sospetto diagnostico nasce ogniqualvolta si noti una massa protrudere dall’iride o dal corpo ciliare, tuttavia dovrà essere escluso che si tratti di una cisti uveale, di un melanoma congiuntivale o di un melanoma epibulbare che invadono secondariamente lo spazio intraoculare (Gelatt, 1999). Data la tendenza del melanoma uveale a invadere il limbo molta attenzione dovrà essere posta nel differenziarlo appunto dal melanoma epibulbare. Quest’ultimo nasce da una piccola linea di melanociti posti vicino alla membrana di Descemet, si presenta come una massa molto vicina al limbo, non ha la tendenza ad invadere l’uvea anteriore ed ha un comportamento biologico nettamente benigno (Grahn et al, 2008). La gonioscopia permette di effettuare la diagnosi differenziale poiché il melanoma uveale invade l’angolo di drenaggio, mentre il melanoma epibulbare lo comprime senza invaderlo (Marconato e Del Piero, 2005). Un altro ausilio è costituto dall’ecografia che permette di localizzare meglio l’origine del tumore. In particolar modo l’ecografia eseguita in modalità A (A-scan) permette di diagnosticare un’alta percentuale di tumori dell’uvea anteriore anche se non consente di differenziarli con certezza dagli adenocarcinomi del corpo ciliare e dalle lesioni infiammatorie croniche (Baptista et al, 2006). In uno studio eseguito da Kato et al. (2005) si è riscontrato che anche nel cane, parimenti a quanto evidenziato nell’uomo, i melanomi oculari appaiono con immagini caratteristiche quando viene effettuata la RM permettendo pertanto di differenziarli da altri tumori oculari quali, per esempio, gli emangiomi della coroide. La biopsia ad ago sottile non viene normalmente effettuata data l’elevata vascolarizzazione dell’uvea che potrebbe determinare, come grave conseguenza, l’insorgenza di un ifema (Gelatt, 1991). La certezza diagnostica pertanto si ottiene solo dall’esame istopatologico, eseguito dopo l’enucleazione, nel caso di melanomi amelanociti anche l’esame istologico potrà tuttavia non essere conclusivo (Marconato e Del Piero, 2005). Dall’esame istologico risulta che la maggior parte dei melanomi è costituita per lo più da grandi melanociti, intensamente pigmentati, di forma variabile, da rotonda a poligonale. Assieme ai melanociti si riscontra una popolazione meno numerosa (meno del 5%) di cellule germinali, fusate, scarsamente pigmentate, con nucleo ovale disposto centralmente e scarsa anisocariosi (Goldschmidt et al, 1998). Tale quadro istologico è suggestivo di una neoplasia ben differenziata e quindi il suo comportamento sarà, con buona probabilità, benigno (Smith et al, 2002). Alcuni melanomi tuttavia possono invece essere costituiti da cellule contenenti scarso pigmento o del tutto depigmentate (come nel caso del melanoma amelanotico), possono inoltre esservi numerose mitosi e tutto ciò fa propendere per un comportamento biologico maligno (Render et al, 1997) .Seppur, come detto, il melanoma dell’uvea nel cane sia raramente metastatizzante è sempre opportuno effettuare un esame fisico accurato, un esame

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emocromocitometrico, un profilo biochimico completo, una radiografia toracica ed una ecografia addominale sia per escludere eventuali metastasi (Gelatt, 1991) sia per accertarsi che il melanoma uveale non sia secondario, per esempio, ad un melanoma cutaneo o digitale (Render et al, 1997). A tal proposito è stato segnalato di recente un caso di sospetta metastasi di un melanoma digitale all’uvea. Dopo un anno dalla chirurgia effettuata per rimuovere il tumore primario al soggetto veniva diagnosticato un melanoma uveale amelanotico, probabilmente di origine metastatica. (Esson et al, 2007).

2.2.5 Terapia

La natura prevalentemente benigna dei melanomi dell’uvea anteriore del cane influenza l’approccio terapeutico. Molti oftalmologi propendono per osservare la progressione della massa nel tempo e si limitano ad intervenire solo in quei casi in cui o il dubbio di una metastatizzazione o l’insorgenza di complicazioni secondarie quali, per esempio, un’uveite intrattabile o un glaucoma mettano a rischio la vita del soggetto o, comunque, ne compromettano fortemente la qualità. Nel caso in cui appunto sia necessario intervenire le scelte chirurgiche adottabili possono essere più o meno invasive. Qualora il tumore sia localizzato all’iride o al corpo ciliare, senza compromissione dell’angolo di drenaggio, può essere fatta un’escissione locale mediante iridectomia e iridocicletomia al fine di preservare l’occhio e la visione (Gelatt, 1991). Altri trattamenti poco invasivi sono rappresentati dalla terapia fotodinamica e dall’utilizzo del laser. L’ablazione transclerale mediante laser è stata usata con successo, anche se i risultati sono stati variabili forse anche a causa della mancata caratterizzazione istologica dei tumori prima della terapia (Gelatt, 1991). Metodi chirurgici più invasivi sono costituiti dalla enucleazione e dalla exenteratio orbitale. L’enucleazione si effettua quando si sospetta che il tumore possa rappresentare una localizzazione metastatica o nel caso in cui sia primario ma insorgano le complicazioni secondarie locali precedentemente descritte. Il potere di prevenire la metastatizzazione del melanoma uveale mediante l’enucleazione è controverso e quindi, secondo alcuni (Miller e Dubielzig, 1994), non vi è prova della sua efficacia in tal senso, secondo altri (Gelatt, 1991) l’enucleazione è efficace a patto che sia fatta precocemente. Un metodo ancora più invasivo di terapia del melanoma uveale è rappresentato dall’exerentatio orbitale che, tuttavia, viene effettuata solo qualora il tumore si sia esteso al di fuori del globo oculare e quindi in quei casi in cui la sola enucleazione potrebbe non bastare per asportare completamente la massa.

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2.3 MELANOMA DELLA COROIDE DEL CANE

2.3.1Frequenza

I melanomi della coroide nascono a partire dalle regione della coroide che sovrasta il tappeto lucido o nelle zone limitrofe alla papilla ottica (Gelatt, 1991), le cellule tappetali sono tuttavia spesso assenti nella zona in cui si sviluppa la neoplasia (Morgan e Patton, 1993). Nello studio di Giuliano et al (1999), già precedentemente citato, il melanocitoma della coroide costituiva il 5% del numero totale di tali tumori benigni a carico dell’occhio mentre il melanoma della coroide costituiva il 4% del numero totale di tali tumori maligni. Tale percentuale del 4-5% è stata riconfermata anche in uno studio successivo (Lim et al, 2006), anche se manca, in tal caso, la suddivisione fra melanocitomi e melanomi propriamente detti. I soggetti maggiormente colpiti hanno un’età compresa fra i 6 ed i 7 anni (Miller e Dubielzig, 1994), la razza Beagle sembra essere quella più predisposta (Marconato e Del Piero, 2005).

2.3.2 Segni clinici

Il melanoma della coroide nasce appunto da questa struttura o nelle vicinanze del nervo ottico ed appare come una massa pigmentata, ben delimitata, con un’area centrale più spessa e margini che si assottigliano gradualmente. Spesso il melanoma della coroide non viene diagnosticato fino a quando non insorgono segni clinici secondari (Lim et al, 2006) quali per esempio il distacco della retina, le emorragie del settore posteriore, l’ifema, l’uveite, il glaucoma e la cecità. In letteratura (Steinmetz et al, 2012) è stata anche riscontrata, seppur in un solo caso, una associazione fra melanoma della coroide e bradicardia. Ad un cane meticcio di 7 anni era stato diagnosticato un melanoma della coroide ed, in contemporanea, si riscontrava anche una bradicardia (48-60 battiti per minuto) rilevabile sia all’auscultazione che all’ECG. Dopo l’exenterazione del globo oculare la frequenza cardiaca era tornata normale spontaneamente (70-80 battiti per minuto). Dall’esame istologico il tumore appariva molto esteso con interessamento della retina, del nervo ottico e della sclera. Come già descritto in Medicina Umana, una massa di così notevoli dimensioni può determinare, attraverso il coinvolgimento del nervo trigemino, un’attivazione del riflesso oculo-cardiaco e conseguente bradicardia.

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2.3.3 Progressione

Come il melanoma dell’uvea anche il melanoma delle coroide ha andamento sostanzialmente benigno con tendenza ad essere localmente invasivo, ma scarsamente metastatizzante. Il melanoma della coroide può appunto espandersi fino a interessare la retina, il nervo ottico o l’orbita (Marconato e Del Piero, 2005). A volte tuttavia il melanoma della coroide può anche rimanere a lungo quiescente, in letteratura si riporta il caso di un Beagle al quale, all’età di 13 mesi, veniva diagnosticato un melanoma della coroide a carico dell’occhio sinistro. Tale soggetto è stato monitorizzato per 7 anni durante i quali la massa è rimasta di dimensioni costanti e non si sono evidenziate metastasi (Weiss et al, 1985). La tendenza a metastatizzare è, come detto, molto bassa e in letteratura si ritrova solo un singolo caso, un Golden Retrivier di 3 anni che, a distanza di 21 mesi dall’enucleazione, ha manifestato metastatizzazione del tumore primario ai polmoni e al fegato malgrado, peraltro, il melanoma della coroide fosse risultato benigno all’esame istologico (Hyman et al, 2002).

2.3.4 Diagnosi

Il sospetto diagnostico nasce quando si evidenzia, all’esame del fondo oculare, una massa a carico della coroide. Tuttavia, nel caso di tale neoplasia, spesso la diagnosi è tardiva e viene effettuata quando la massa ha raggiunto notevoli dimensioni e si sono manifestati segni clinici secondari. Spesso è quindi difficile capire se il tumore origina dalla coroide od è un’estensione posteriore di un melanoma dell’uvea anteriore (Aguirre et al, 1983) e pertanto, per differenziarlo, si dovrà ricorrere a caratteristiche morfologiche e cliniche che sono peculiari del tumore della coroide e non di quello dell’uvea. Tra queste sono peculiari, per esempio, la forma nonché la tendenza a infiltrare la retina ed il disco ottico e a non estendersi alla sclera, a differenza di quanto precedentemente descritto per i tumori dell’uvea anteriore (Dubielzig et al, 1985). In caso di massa a carico della coroide il diagnostico differenziale dovrà includere, oltre ad altre neoplasie primarie o metastatiche, anche la blastomicosi, ascessi ed emorragie (Schoster et al, 1993). Un ausilio diagnostico è fornito dall’ecografia oculare che aiuta a evidenziare meglio il tumore della coroide soprattutto nei casi in cui la lesione sia offuscata dai cambiamenti del segmento anteriore o dal distacco della retina (Miller e Dubielzig, 1994). Anche la TC consente di valutare l’estensione del processo neoplastico e permette di programmare accuratamente l’intervento chirurgico (Marconato e Del Piero, 2005). Come per il melanoma uveale anche in questo caso non si ricorre alla biopsia ad ago sottile a causa della forte vascolarizzazione oculare e pertanto la certezza diagnostica si otterrà solo con l’esame istologico che si effettuerà dopo l’enucleazione (Lim et al, 2006). All’esame istologico il melanoma

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della coroide risulta avere caratteristiche identiche a quello dell’uvea anteriore, l’unica differenza è che si sviluppa a partire dai melanociti che si trovano all’interno della coroide (Goldschmidt et al, 1998). Pur essendo raro che tale tumore metastatizzi è consigliabile eseguire un esame fisico completo, esami ematobiochimici, radiografia toracica ed ecografia addominale per escludere il coinvolgimento di altri organi.

2.3.5 Terapia

Poiché il melanoma della coroide ha andamento sostanzialmente benigno spesso gli oftalmologici si limitano a controllarne l’evoluzione nel tempo. L’enucleazione viene effettuata qualora insorga dolore e cecità (Lim et al, 2006). Per quanto riguarda il ruolo dell’enucleazione per prevenire una metastatizzazione da uno studio emerge il dubbio non solo sulla sua utilità in tal senso, ma addirittura non viene escluso che l’intervento possa aumentare il rischio di metastasi (Miwa et al, 2005). Secondo alcuni autori invece l’enucleazione sarebbe curativa nella maggior parte dei casi, ma la prognosi peggiorerebbe se il tumore fosse esteso fino al nervo ottico (Marconato e Del Piero, 2005). L’exerentatio dell’orbita è più indicata dell’enucleazione qualora la massa abbia invaso il tessuto retrobulbare (Lim et al, 2006).

2.4 MELANOMA UVEALE DIFFUSO DEL GATTO

2.4.1Frequenza

Nel gatto il melanoma uveale diffuso è il tumore melanocitico intraoculare più frequente rappresentando più del 60% di tali neoplasie (Marconato e Del Piero, 2005). Nella maggior parte dei casi origina dai melanociti che si trovano sulla faccia anteriore dell’iride, molto più raramente può insorgere dai corpi ciliari (Pizzirani e Maggio, 2009). Nel gatto, a differenza del cane, il melanoma della coroide è molto raro e viene designato, proprio per questa sua scarsa frequenza, come “melanoma atipico” (Pizzirani e Maggio, 2009). L’insorgenza del melanoma uveale diffuso non sembra essere collegabile nè alla presenza del virus della leucemia felina (FeLV) né a quello del sarcoma felino (FeVS). In uno studio effettuato da Cullen et al.(2002) si afferma appunto che tali virus non giocano alcun ruolo nella patogenesi del tumore, in un altro studio solo tre su trentasei campioni di melanoma uveale diffuso sono risultati positivi per FeLV-FeSV DNA (Stiles et al,

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1999). Tale neoplasia colpisce gatti di oltre 10 anni di età senza alcuna predisposizione di razza e di sesso (Gelatt, 1991).

2.4.2 Segni clinici

Il melanoma uveale diffuso si presenta, in fase iniziale, sottoforma di lesione piatta, focale o multifocale, a carico dell’iride di uno o di entrambi gli occhi. Con il progredire della patologia tali “macchie” tendono a confluire determinando iperpigmentazione, ispessimento e scarsa mobilità dell’iride (Peruccio et al, 2000). Le forme nodulari sono rare così come le forme amelanotiche sia di tipo diffuso che nodulare (Pizzirani e Maggio, 2009). Le principali alterazioni che si possono riscontrare, man mano che la patologia avanza, sono una alterazione di forma della pupilla nonché una sua perdita di mobilità, causate dall’infiltrazione neoplastica, l’insorgenza di un glaucoma secondario, qualora vi sia anche un coinvolgimento dell’angolo di drenaggio, uveite ed ifema (Peruccio et al, 2000, Marconato e Del Piero, 2005)

2.4.3 Progressione

Il melanoma uveale diffuso del gatto ha, a differenza di quello canino, andamento maligno con scarsa tendenza all’invasione locale e con forte tendenza a metastatizzare, come riscontrato nel 55%-66% dei casi (Marconato e Del Piero, 2005). L’invasività locale è appunto ridotta e raramente si estende all’uvea posteriore. In letteratura sono riportati solo sei casi in cui tale melanoma, originatosi in modo multifocale da porzioni dell’uvea oltreché dell’iride, ha coinvolto in modo estensivo tutte le porzioni del globo oculare (Harris e Dubielzig, 1999). Il potere metastatico è invece molto elevato e tipicamente, dopo 1- 3 anni dall’enucleazione, si riscontrano metastasi al fegato ed ai polmoni (Marconato e Del Piero, 2005). Altri siti metastatici riportati in letteratura sono il pericardio, le pleure, il diaframma, l’omento ed i linfonodi tracheobronchiali (Bertoy et al, 1988), l’encefalo, la milza, i surreni e le tonsille, i linfonodi regionali invece appaiono scarsamente interessati (Marconato e Del Piero, 2005). In letteratura recentemente è stata segnalata una metastatizzazione atipica del melanoma uveale diffuso. Ad una gatta di 10 anni era stato diagnosticato un melanoma uveale e veniva effettuata una exenterazione del globo oculare colpito. A distanza di 5 mesi dall’intervento il soggetto presentava zoppia all’arto anteriore sinistro ed, eseguita una radiografia, veniva riscontrata una estesa osteolisi a carico del radio. La biopsia ad ago sottile metteva in evidenza la presenza di cellule compatibili con un melanoma che, data la storia clinica del soggetto, poteva verosimilmente essere di origine secondaria. Dopo 2 mesi dalla

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diagnosi di melanoma a carico del radio la gatta moriva spontaneamente, la necroscopia riconfermava il melanoma a carico dell’osso ed evidenziava vari altri noduli metastatici a carico del fegato, della milza, dell’omento e del polmone (Planellas et al, 2010).

2.4.4 Diagnosi

La diagnosi clinica di melanoma uveale diffuso non è semplice da effettuarsi. La pigmentazione scura dell’iride non è patognomonica di melanoma uveale diffuso, si può infatti riscontrare anche in corso di atrofia iridea, che determina dispersione di pigmento e infiltrati melanofagici nell’iride, di uveite ed anche nei melanocitomi (Pizzirani e Maggio, 2009). In Medicina Umana le iperpigmentazioni congiuntivali acquisite, sia con caratteri di atipia che senza, sono classificate come “Melanosi Primaria Acquisita”, da cui l’acronimo PAM. Alcuni oftalmologi veterinari (Pizzirani e Maggio, 2009) propongono di mutuare tale termine dalla Medicina Umana e di adottarlo per descrivere tutte le iperpigmentazioni iridee del gatto la cui natura istologica non è ipotizzabile al momento della presentazione clinica. In presenza di PAM iridea l’atteggiamento migliore da adottare consiste nel monitorare nel tempo, mediante l’utilizzo di fotografie, l’evoluzione delle lesioni. Tali alterazioni infatti possono rimanere invariate, facendo propendere per una iperpigmentazione iridea nettamente benigna, oppure possono evolvere più o meno velocemente, nell’arco di settimane, mesi o anni, in forme nettamente aggressive e maligne. Sono criteri che fanno propendere per una malignità della lesione un accrescimento veloce, un ispessimento dell’iride, un incremento della pigmentazione, la presenza di discoria o di ectropion dell’iride nonché l’insorgenza di un glaucoma. L’ectropion dell’iride è causato dalla presenza di una membrana fibro-vascolare pre-iridea e/o post-iridea e, pur essendo un segno clinico associato a melanoma uveale diffuso, non è tuttavia riscontrabile solo in corso di tale neoplasia maligna poiché compare anche in forme di melanosi benigna. Secondo l’esperienza di tali autori le forme di PAM bilaterale spesso sono benigne, tuttavia non vi è alcuno studio che possa riconfermare tale constatazione soggettiva (Pizzirani e Maggio, 2010). Nella diagnosi di melanoma uveale diffuso la diagnostica per immagini è un ausilio importante. L’ecografia oculare permette di valutare l’estensione del tumore, mentre la TC e la RM sono indicate per lo screening dei candidati chirurgici escludendo dalla chirurgia quei soggetti in cui il melanoma si è già esteso al di fuori del globo (Marconato e Del Piero, 2005). Anche nel caso di tale neoplasia non si esegue una biopsia ad ago sottile, per evitare l’insorgenza di ifema, e pertanto la diagnosi definitiva si ottiene dall’esame istopatologico che verrà effettuato dopo l’enucleazione. All’esame istologico il melanoma uveale diffuso ha aspetto variabile. Le cellule possono essere prevalentemente di forma rotonda, epiteliode

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o fusata oppure possono essere presenti, nello stesso reperto, tutte e tre le forme, le cellule possono essere fortemente pigmentate o amelanotiche, spesso si osserva gigantismo mononuclerare (Wilcock, 2002). Data l’elevata tendenza a metastatizzare è opportuno effettuare un esame fisico completo, un esame emocromocitometrico, un profilo biochimico completo, una radiografia al torace ed una ecografia addominale.

2.4.5 Terapia

Nel caso di melanoma diffuso uveale la terapia varia a seconda che vi sia evidenza clinica di metastasi o meno. Nel caso in cui non vi siano metastasi la scelta chirurgica, costituita dall’enucleazione, è da privilegiarsi, nel caso in cui il tumore abbia già metastatizzato l’unico tentativo effettuabile è una terapia medica di supporto. L’enucleazione viene fatta in assenza di metastasi e se le aree di pigmento aumentano in termini di intensità e diffusione, se vi è alterazione di forma della pupilla e se la pressione intraoculare aumenta (Marconato e Del Piero, 2005). Resta comunque molto difficile stabilire quale sia il momento opportuno affinchè l’asportazione dell’occhio sia di beneficio al paziente (Gelatt, 1991). Qualora invece vi siano metastasi a distanza oppure siano già interessati il nervo ottico, l’encefalo o altre strutture adiacenti la chirurgia non sarà effettuabile e si potrà tentare di ricorrere alla chemioterapia o alla radioterapia. Anche se non esistono dati in merito alla loro reale efficacia, le molecole che potrebbero rilevarsi utili sono la doxorubicina ed il carboplatino (Marconato e Del Piero, 2005). L’enucleazione, pur essendo la scelta terapeutica indubbiamente da preferirsi, qualora i criteri sovraesposti siano presenti, non garantisce tuttavia una lunga sopravvivenza. In uno studio emerge infatti che gatti con melanoma confinato al corpo ciliare e all’iride, trattati con enucleazione, sono sopravvissuti, in media, 383 giorni, altri in cui c’era anche interessamento delle strutture adiacenti sono sopravvissuti in media 122 giorni ed infine soggetti in cui l’intero globo era risultato interessato sono sopravvissuti solo 14 giorni (Marconato e Del Piero, 2005). Di recente è stato riportato in letteratura il caso di una gatta di 10 anni d’età che, a distanza di due anni dall’enucleazione, eseguita tempestivamente dopo la diagnosi clinica, non ha sviluppato metastasi a distanza (Tadeu Pigatto et al, 2010). Una nuova possibilità terapeutica potrebbe essere rappresentata dalla immunoterapia. Il melanoma uveale ha vari antigeni che, tuttavia, non innescano un’adeguata risposta cellulo-mediata da parte del sistema immunitario che, pertanto, non blocca l’insorgenza del tumore. In Medicina Umana si stanno sperimentando vaccini a base di DNA della tirosinasi umana. La tirosinasi è un enzima che catalizza la formazione di melanina a partire dalla tirosina e di cui ne sono ricchi i melanomi. Le cellule preposte all’immunità cellulo-mediata sarebbero sollecitate, mediante la vaccinazione, a riconoscere

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la tirosinasi come non-self andando conseguentemente ad attaccarla. Nel gatto non vi sono ancora studi sull’efficacia di tale immunizzazione, ma si ipotizza che tali vaccini potrebbero servire non tanto a debellare la neoplasia primaria, per cui l’enucleazione resta la scelta privilegiata, quanto a prevenire o trattare l’insorgenza di metastasi aumentando pertanto le aspettative di vita (Pizzirani e Maggio, 2010)

CAPITOLO 3

VISITA OFTALMICA

La visita oftalmica inizia con il segnalamento del soggetto. In oculistica sono elementi che aiutano a formulare un’ipotesi diagnostica la specie dell’animale, la razza, il sesso e l’età poiché alcune patologie possono, per esempio, essere tipiche di una specie o di una determinata razza oppure possono essere più frequenti nei soggetti giovani anziché in quelli anziani o viceversa. Successivamente viene raccolta l’anamnesi prossima attraverso la quale si ottengono informazioni sull’insorgenza del problema, la durata, la progressione e sulla sintomatologia clinica rilevata dal proprietario. E’ importante anche indagare sul passato clinico dell’animale per cogliere eventuali collegamenti tra le patologie pregresse e la problematica in atto. Si osserva quindi il movimento del paziente nella sala visita, sia in condizioni fotopiche che scotopiche. La presenza di incertezze nel movimento è indicativa di un deficit visivo. Il soggetto viene quindi messo sul tavolo da visita, in posizione a sfinge, il contenimento deve essere il meno energico possibile. Viene osservata la posizione della testa rispetto al tronco, la simmetria degli occhi e se vi sono anomalie quali, per esempio, scoli oculari, gonfiori, blefarospasmo. Si effettua la percussione dei seni mascellari e dei tessuti molli e duri circostanti l’orbita, qualora vi sia il sospetto di un processo patologico retrobulbare verrà aperta la bocca dell’animale per riscontrare un’ eventuale limitazione nel movimento mandibolare o la presenza di dolore. La reazione alla minaccia serve per valutare la funzione visiva e si esegue coprendo alternativamente i due occhi con una mano mentre con l’altra

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si effettua un veloce gesto di minaccia nei confronti del soggetto. In caso di funzione visiva normale l’animale risponde chiudendo le palpebre. E’ importante evitare spostamenti d’aria che causano l’attivazione del riflesso corneale, determinando una falsa risposta positiva. Una valida alternativa adottabile, per esempio, nei cuccioli che non hanno ancora tale reazione alla minaccia o nei gatti che la esprimono poco, è far cadere davanti al muso del paziente dei pezzetti di cotone e valutare se l’animale li segue con lo sguardo. Successivamente viene esaminato il riflesso pupillare sia diretto che consensuale. Questa indagine va eseguito al buio e si utilizza il transilluminatore di Finoff che emette una luce intesa e puntiforme. Quando il globo oculare è illuminato direttamente la pupilla si restringe velocemente ed altrettanto deve avviene anche nell’occhio controlaterale sebbene, in tal caso, la miosi compaia meno velocemente e sia di minore intensità. Si esamina quindi il riflesso corneale che viene evocato esercitando uno stimolo tattile sulla cornea non anestetizzata, la risposta appropriata è la chiusura delle palpebre. Il riflesso palpebrale viene evocato toccando gentilmente il canto mediale o laterale delle palpebre e in risposta a ciò l’animale deve ammiccare. L’ultimo riflesso da valutare è il cosiddetto riflesso all’abbagliamento che viene evocato illuminando con una luce intensa uno dei due occhi, la risposta a ciò è la chiusura parziale bilaterale delle palpebre. Dopo aver valutato i riflessi viene effettuato il test di Schirmer che permette, tramite l’utilizzo di una carta bibula millimetrata, di quantificare la produzione lacrimale. Tale prova va eseguita prima di aver manipolato troppo le strutture oculari poiché ciò potrebbe determinare una eccessiva lacrimazione causata da irritazione. Nel cane la produzione lacrimale normale oscilla tra i 13-23 mm/min, nel gatto tra i 10-20 mm/min. Gli annessi oculari e la cornea vengono esaminati con la lampada a fessura quindi viene istillata, in entrambi gli occhi, una goccia di anestetico locale (oxibuprocaina cloridrato 0,4% collirio) e, attraverso un tonometro per applanazione, viene misurata la pressione intraoculare. Nel cane si considera normale una IOP pari a 16,7± 5,6 mm Hg, nel gatto la IOP normale è di 19,7±5,6 mm Hg. La dilatazione del foro pupillare si ottiene istillando una o più gocce di midriatico (tropicamide o tropicamide e fenilefrina) in entrambi gli occhi. Quando la pupilla è in midriasi viene esaminato il cristallino con la lampada a fessura ed il fondo oculare con l’oftalmoscopio di tipo indiretto. Qualora vi sia il sospetto di una lesione corneale viene effettuata la colorazione con la fluoresceina che consente di individuare le zone di disepitelizzazione (Stades et al, 2000, Guandalini et al, 2006).

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CAPITOLO 4

CASISTICA CLINICA

In questo studio sono stati inclusi tutti i casi di sospetto melanoma intraoculare, sia del cane sia del gatto, afferiti al Dipartimento di Clinica Medica della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Pisa nell’arco di tempo che va da gennaio 2009 a maggio 2012. A causa delle differenze cliniche, terapeutiche e prognostiche intercorrenti fra i melanomi intraoculari del cane e del gatto le due specie saranno trattate separatamente. L’obiettivo di questo studio è quello di comparare la casistica clinica, esaminata direttamente, con i dati riportati in letteratura al fine di cogliere analogie ed eventuali differenze. Di ciascun caso verrà fatta una breve descrizione della presentazione clinica quindi saranno analizzati i dati clinici complessivi a nostra disposizione.

4.1 CASI CLINICI DI MELANOMI INTRAOCULARI DEL CANE

E’ essenziale precisare che, per quanto concerne i tumori melanocitici del cane, nell’arco di tempo prestabilito per tale studio, non sono stati diagnosticati melanomi della coroide e, pertanto, non è disponibile alcun dato per confermare o confutare nello specifico le fonti bibliografiche sull’argomento. Tuttavia, proprio questa assenza di melanomi della coroide, riconferma la loro minor frequenza rispetto ai melanomi dell’uvea, in accordo con i dati statistici riportati in vari studi (Giuliano et al, 1999; Lim et al, 2006). I casi di melanoma uveale sono stati, nel complesso, 4.

PRIMO CASO Segnalamento

Meticcio, femmina sterilizzata, nove anni e dieci mesi (data di nascita 01/01/2000, visita clinica 22/10/2009)

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Visita clinica

Occhio destro: il soggetto presentava, a carico di questo occhio, discoria, iperpigmentazione iridea e si notava una neoformazione a carico dell’iride, posta lateralmente, che prendeva contatto con la cornea. La reazione alla minaccia era conservata così come il riflesso palpebrale, corneale ed all’abbagliamento. Si riscontrava invece un leggero ritardo a carico del riflesso pupillare sia diretto che consensuale. Il soggetto presentava episclerite laterale e lieve edema corneale, il test di Schirmer di I tipo era normale (15mm/min), la pressione intraoculare era tendenzialmente bassa (9 mmHg). Il cristallino era interessato da cataratta, il fondo, seppur parzialmente visibile, appariva normale. Le dimensioni macroscopiche dell’occhio erano normali.

Occhio sinistro: tale occhio si presentava del tutto normale, tutti i riflessi erano presenti, la cornea era normale così come la camera anteriore e l’iride, i valori del test di Schirmer e della pressione intraoculare erano analoghi a quelli rilevati nell’occhio destro, il cristallino mostrava nucleo sclerosi, il fondo era completamente osservabile e normale. L’unica alterazione segnalata era la presenza di una neoformazione a carico della palpebra superiore.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica : il sospetto diagnostico avanzato per la neoformazione a carico dell’occhio destro era di melanoma intraoculare, anche se non veniva esclusa la possibilità che si trattasse di un’uveite granulomatosa. In ogni caso veniva proposta l’enucleazione che era eseguita in data 11/11/2009.

Esame istologico:“ Nella sezione di globo oculare esaminato si osserva, a livello del corpo ciliare, una neoplasia nodulare, non infiltrante, costituita da proliferazione di melanociti atipici con aspetto epiteliode che mostravano moderati segni di atipia. Diagnosi istologica: melanoma del corpo ciliare”

SECONDO CASO Segnalamento

Meticcio, femmina sterilizzata, undici anni e undici mesi (data di nascita 01/01/1998, visita clinica 01/12/2009)

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Visita clinica

Occhio destro: il soggetto presentava, a carico di tale occhio, discoria e si notava una neoformazione pigmentata posta nel quadrante medio-dorsale e medio-ventrale dell’iride. La reazione di minaccia era dubbia, il riflesso palpebrale, corneale e all’abbagliamento erano presenti così come il riflesso pupillare sia diretto che consensuale. Si riscontrava iperemia congiuntivale e un lieve edema mediale a carico della cornea, il test di Schirmer di I tipo era normale (18mm/min) così come la pressione intraoculare (14 mmHg). Il cristallino era affetto da cataratta e pertanto il fondo non era valutabile. Il globo oculare macroscopicamente era di dimensioni normali.

Occhio sinistro: tale occhio presentava annessi oculari e cornea normali, tutti i riflessi erano ben presenti, a carico dell’iride e della camera anteriore non si notavano alterazioni, il test di Schirmer e la pressione intraoculare risultavano normali. Il cristallino mostrava segni di nucleosclerosi. A carico del fondo oculare si notavano emorragie intraretiniche poste medialmente alla papilla ottica e nel tappeto lucido.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: veniva avanzata l’ipotesi che la massa iridea, riscontrata a carico dell’occhio destro, fosse un melanoma intraoculare e si consigliava l’enucleazione. A causa delle emorragie retiniche, ed in vista anche dell’intervento chirurgico, veniva richiesto un profilo coagulativo e un’indagine volta a capire la genesi dell’ipertensione sistemica riscontrata (pressione sistolica:160 mmHg, pressione diastolica: 140 mmHg). Il soggetto veniva sottoposto ad enucleazione in data 03/02/2010.

Esame istologico: “Ampio frammento coinvolgente una sezione di globo oculare. Si osserva una neoplasia non delimitata, infiltrante, che coinvolge sia la camera anteriore che posteriore, costituita da proliferazione di melanociti atipici di aspetto epitelioide. Diagnosi istologica: melanoma uveale”

TERZO CASO Segnalamento

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Visita clinica

Occhio destro: il soggetto presentava, a carico di questo occhio, buftalmo. La reazione alla minaccia era assente, così come il riflesso all’abbagliamento, non era possibile valutare il riflesso pupillare sia diretto che consensuale per la presenza di edema corneale. Il riflesso corneale e palpebrale erano mantenuti. Il test di Schirmer non veniva eseguito, la pressione intraoculare appariva alta (31 mm Hg). A carico della palpebra inferiore si notavano delle neoformazioni, era presente congestione episclerale ed edema corneale. A carico della camera anteriore si intravedeva una neoformazione iridea, il cristallino non era valutabile ma si ipotizzava una sua sublussazione, non era possibile valutare il fondo.

Occhio sinistro:tale occhio non mostrava alcuna alterazione, i riflessi erano tutti presenti così come la pressione intraoculare era normale, a carico dell’iride si riscontrava atrofia iridea, il cristallino mostrava nucleosclerosi, il fondo era normale.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: veniva ipotizzato che il glaucoma a carico dell’occhio destro fosse causato da neoplasia intraoculare, si faceva eseguire ecografia che riconfermava la presenza di una massa, in attesa dell’intervento veniva prescritta Dorzolamide topica. Il soggetto veniva sottoposto ad enucleazione in data 17/11/2010

Esame istologico:“Marcata dilatazione della camera anteriore e posteriore. Si osserva una proliferazione non capsulata a carico dell’uvea di melanociti da epiteloidi a fusati contenenti abbondante pigmento melanico. Meno di tre mitosi/HPF. Diagnosi istologica: melanoma uveale”

QUARTO CASO Segnalamento

Meticcio, femmina sterilizzata, età nove anni e dieci mesi (data di nascita 22/03/2002, visita clinica 19/01/2012

Visita clinica

Occhio destro: a carico di tale occhio si riscontrava buftalmo. La reazione di minaccia era assente così come il riflesso pupillare diretto e consensuale ed il riflesso all’abbagliamento. Il riflesso palpebrale e corneale erano presenti. A carico degli annessi oculari veniva riscontrata congestione episclerare con ectasia sclerale, la cornea mostrava edema e cheratite. Non veniva eseguito il test di Schirmer, la pressione intraoculare era elevata (55 mmHg). La pupilla appariva in midriasi, ma non

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si notavano masse a carico dell’iride, dato il forte coinvolgimento corneale, si percepiva una sublussazione del cristallino, il fondo non era valutabile.

Occhio sinistro: tale occhio appariva del tutto normale con un’anatomia conservata, riflessi presenti e valori pressori normali.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: per la quasi assente trasparenza corneale dovuta al grave edema si ipotizzava che il glaucoma a carico dell’occhio destro fosse dovuto o ad una massa o anche potesse essere di tipo primario o causato da un esito di infiammazione. Veniva prescritta Dorzolamide topica e consigliata l’enucleazione che era eseguita in data 08/02/2012

Esame istologico:“ E’ stata esaminata una sezione di globo oculare in cui si osserva un ispessimento dell’uvea per proliferazione di melanociti carichi di pigmento melanico. I melanociti tendono a infiltrare il connettivo ove si osservano anche macrofagi. Diagnosi istologica: melanoma uveale”.

4.2 DISCUSSIONE

Numero caso Razza Sesso Età

1 Meticcio Femmina sterilizzata 9 anni e 10 mesi 2 Meticcio Femmina sterilizzata 11 anni e 11 mesi

3 Beagle Maschio 13 anni

4 Meticcio Femmina

sterilizzata

9 anni e dieci mesi

Tabella 1: segnalamento di tutti i soggetti dello studio

In questo studio i meticci apparirebbero i più predisposti allo sviluppo di melanoma uveale rappresentando il 75% di tutti i soggetti così come le femmine sembrerebbero le più colpite (75% dei pazienti). Tali dati pertanto dissentirebbero da quanto riportato in letteratura (Gelatt, 1991) in cui si afferma che il Boxer ed il Pastore Tedesco sono le razze maggiormente colpite mentre non vi è alcuna predisposizione legata sesso. Tuttavia è plausibile che la discrepanza fra i dati di questo studio e quelli disponibili in letteratura sia causata dal fatto che i casi utilizzati ai fini statistici sono pochi e, pertanto, tali percentuali sarebbero verosimilmente dovute al caso e non ad una vera correlazione. I soggetti in esame invece riconfermano quanto riportato in letteratura (Gelatt, 1991) e

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cioè che il melanoma uveale è una neoplasia tipica dell’animale anziano. Sommando l’età di tutti i pazienti otteniamo infatti una età media di 10 anni e 6 mesi. Vedi tabella riassuntiva A.

Meticcio 75% Razza pura 25% Femmine e femmine sterilizate 75% Maschi 25%

Età media 10 anni e 6 mesi

Tabella riassuntiva A Numero caso Occhio affetto Dimensione occhio affetto IOP occhio affetto Occhio controlaterale Riscontri clinici occhio controlat. 1 destro normale 15mm Hg sinistro Neoformazione palpebrale superiore, nucleosclerosi 2 destro normale 18 mmHg sinistro Nucleo sclerosi, emorragie retiniche 3 destro aumentata 31 mm Hg

sinistro Atrofia iridea,

nucleosclerosi

4 destro aumentata 55

mm Hg

sinistro normale

Tabella 2: presentazione clinica casi clinici

Dalla tabella numero 2 si nota che, nella casistica di questo studio, l’occhio desto risulterebbe l’unico occhio colpito da tale neoplasia melanocitica . Ciò non trova alcun riscontro in letteratura nella quale non si menziona mai una maggior predisposizione dell’occhio destro a sviluppare un melanoma uveale. Tale dato quindi, con molta probabilità, è scarsamente attendibile poiché ottenuto considerando un basso numero di soggetti e, pertanto, è presumibilmente frutto del caso. In

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letteratura (Gelatt, 1991) il glaucoma viene riportato come uno dei possibili segni clinici secondari a melanoma uveale. Nella casistica esaminata il 50% di pazienti presenta glaucoma e conseguente buftalmo. I dati utilizzati in questo studio quindi riconfermano quanto riportato nelle fonti bibliografiche suddette e cioè che il glaucoma è una conseguenza frequente, ma non costante, di melanoma uveale e che la possibilità di osservare glaucoma si abbassa quando la diagnosi è precoce. Inoltre, i soggetti affetti da glaucoma, mostravano anche una sublussazione del cristallino, altro segno clinico secondario a melanoma uveale. In tali soggetti è plausibile ipotizzare che la presenza del cristallino sublussato nonché la presenza della massa neoplastica abbiano agito sinergicamente determinando l’ostruzione meccanica dell’angolo irido-corneale esitato con l’insorgenza di un glaucoma. Osservando la tabella numero 2 si nota che l’occhio controlaterale può avere altre patologie, ma non connesse con il melanoma uveale, riconfermando pertanto che tale neoplasia può infiltrarsi localmente ma raramente metastatizza sia in sedi lontane sia nell’occhio controlaterale (Gelatt, 1991;Goldschmidt et al, 1998). Vedi tabella riassuntiva B.

Massa in occhio destro 100%

Massa in occhio sinistro 0%

Occhio affetto normoteso 50%

Occhio affetto iperteso (glaucoma) 50% Tabella riassuntiva B Numero casi Reazione alla minaccia Riflesso palpebrale Riflesso corneale PLR diretto PLR consensuale Riflesso all’abbagliamento 1 + + + +/- +/- + 2 +/- + + + + + 3 - + + nv nv - 4 - + + - -

-Tabella 3: analisi della funzione visiva e dei riflessi negli occhi affetti da melanoma uveale. Legenda: + = presente, - = assente, +/-= parzialmente presente, nv= non valutabile

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Nella tabella 3 si analizza la funzione visiva, per mezzo della reazione alla minaccia, ed altri riflessi, valutabili clinicamente, riscontrati negli occhi affetti da melanoma uveale. Come si può evincere la funzione visiva è frequentemente compromessa. Analizzando nel dettaglio i vari casi si nota che il 50% dei soggetti risulta non vedente dall’occhio compromesso, il 25% appare parzialmente vedente ed il restante 25% risulta aver conservato la funzione visiva. Questo dato è spiegabile con le forti alterazioni a carico della cornea riscontrabili nei vari pazienti nonché con la presenza di glaucoma, accompagnato da sublussazione del cristallino, in quei soggetti che ne risultano affetti e con la presenza di cataratta matura in quei casi che, pur non presentando un innalzamento della pressione intraoculare, mostrano comunque un parziale deficit visivo. In tutti i soggetti sia il riflesso palpebrale che corneale è conservato e ciò è spiegabile con il fatto che le vie nervose preposte a espletare tali riflessi non sono intraoculari e pertanto non vengono intaccate dalla presenza di una massa. Il riflesso pupillare sia diretto che consensuale risulta, analizzando il numero totale dei casi, assente nel 25% dei soggetti, parzialmente presente nel 25% dei casi, non valutabile nel 25% ed infine presente nel 25% dei pazienti. La mancanza di riflessi pupillari, sia di tipo diretto che consensuale, potrebbe ricollegarsi all’estensione della massa che, se molto voluminosa, determinerebbe un’impossibilità meccanica dell’iride a restringersi quando irradiata. Il riflesso all’abbagliamento è risultato assente nel 50% dei soggetti. In letteratura non si cita tale assenza e, almeno nei casi riportati in questo studio, pare che sia correlabile all’assenza di funzione visiva. Vedi tabella riassuntiva C.

Funzione visiva persa 50%

Funzione visiva parzialmente conservata

25%

Funzione visiva conservata 25%

PRL diretto e consensuale presente 25% PRL diretto e consensuale parzialmente presente 25% PRL diretto e consensuale assente 25% PRL diretto e consensuale non valutabile 25% Riflesso all’abbagliamento presente 50% Riflesso all’abbagliamento assente 50% Tabella riassuntiva C

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Numero casi

Annessi Cornea Camera

anteriore e iride Lente e vitreo Fondo 1 Episclerite laterale Edema lieve Discoria, iperpigmentazione iridea, neoformazione iridea laterale cataratta Parzialmente visibile, normale 2 Iperemia congiuntivale Edema lieve Discoria, neoformazione pigmentata iridea cataratta Non valutabile 3 Congestione episclerale, neoformazioni palpebrali Edema grave Neoformazione iridea scarsamente visibile Ipotetica sublussazione cristallino Non valutabile 4 Congestione episclerale, ectasia sclerale Edema grave e cheratite

Midriasi Sublussazione Non

valutabile

Tabella 4: segni clinici secondari a melanoma uveale

Nella tabella 4 si riportano le varie alterazioni riscontrate a carico dell’occhio interessato da tumore melanocitico. La congestione episclerale si evidenzia nell’75% dei casi. Analizzando più nello specifico quest’ultima percentuale si nota che tale alterazione si evidenzia sempre in quei pazienti affetti da glaucoma e quindi ciò riconferma indirettamente un aumento della pressione intraoculare. A carico degli annessi oculari sono stati riscontrati, in un caso, anche tumori palpebrali la cui presenza tuttavia non è correlabile al melanoma. L’edema corneale è stato riscontrato nel 100% dei soggetti esaminati. Tale dato, nei soggetti affetti da glaucoma, è un’altra riconferma indiretta della presenza di innalzamento pressorio, nei restanti soggetti potrebbe segnalare o una contiguità della massa iridea con la cornea o l’inizio di un aumento pressorio. La discoria, intesa come distorsione pupillare, è stata segnalata nel 50% dei casi, nel 25% dei soggetti si è riscontrata midriasi, mentre nel restante 25% dei pazienti la pupilla non è stata valutata per la presenza di opacità corneali gravi. Anche questo studio attesta che la discoria è, come emerge in letteratura (Martin, 2010), un segno clinico soventemente associato a melanoma uveale, tuttavia forse il dato statistico qui riportato è al di sotto della frequenza attestata in letteratura sia per la scarsità di soggetti che compongono lo studio sia perché un’alta percentuale di questi mostrava un grave edema corneale che rendeva pertanto difficile effettuare tale rilievo clinico. La massa a carico dell’iride appariva pigmentata nel 50% dei pazienti, nel restante 50% dei soggetti, a causa dell’edema, non era ben visibile. All’esame istologico i soggetti affetti da melanoma uveale hanno presentato sempre melanociti di tipo

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pigmentato confermando la rarità dei melanomi uveali amelanotici, concordemente con quanto riportato in letteratura (Martin, 2010). L’analisi del cristallino mostra che il 50% dei soggetti inclusi nello studio ha una cataratta matura, il 50% una sublussazione del cristallino. La cataratta è un segno secondario di melanoma uveale e la sublussazione del cristallino è una complicazione che si verifica, presumibilmente, quando la massa intraoculare si ingrandisce a tal punto da determinare la dislocazione della lente. Nel 75% dei casi non è stato possibile valutare il fondo oculare sia per l’edema che per la cataratta o per la presenza della massa stessa, nel 25% dei casi è stato possibile esaminare parzialmente il fondo in cui, apparentemente, non si riscontravano alterazioni. Vedi tabella D.

Congestione episclerale 75%

Edema corneale 100%

Discoria 50%

Midriasi 25%

Pupilla non valutabile 25%

Massa iridea visibile e

pigmentata

50%

Massa iridea scarsamente visibile

50%

Cataratta 50%

Sublussazione cristallino 50%

Tabella riassuntiva D

4.3 CASI CLINICI DI MELANOMA INTRAOCULARE DEL GATTO

I casi clinici di sospetto melanoma irideo diffuso sono stati complessivamente 5, solo in un caso è stata effettuata l’enucleazione ed è stato quindi possibile avere una conferma istologica. Nel periodo prescelto per questo studio non sono stati diagnosticati tumori melanocitici della coroide, riconfermando pertanto la loro scarsa frequenza, come riportato nelle fonti letterarie (Pizzirani e Maggio, 2009).

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PRIMO CASO Segnalamento

Gatto Comune Europeo, maschio castrato, età 4 anni e due mesi (data di nascita 01/05/05, visita clinica 21/07/09).

Visita clinica

Occhio destro: il soggetto presentava, a carico di tale occhio, buftalmo e la camera anteriore risultava scomparsa. La reazione alla minaccia era assente così come il riflesso pupillare diretto e consensuale nonchè il riflesso all’abbagliamento, il riflesso palpebrale e corneale erano invece conservati. A carico della cornea si riscontrava edema, neovascolarizzazione e pigmentazione, il test di Schirmer era normale (12mm/min) mentre la pressione intraoculare era normale (22 mm Hg). Il cristallino ed il fondo non erano osservabili per le forti alterazioni a carico della cornea.

Occhio sinistro: era stato enucleato in precedenza.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: veniva consigliata l’enucleazione a causa del glaucoma che, si sospettava, potesse essere secondario ad una neoplasia intraoculare. L’intervento era eseguito in data 17/03/10.

Esame istologico:“Il campione esaminato coinvolge un’intera sezione del globo oculare. Si osserva una proliferazione di melanociti atipici che formano nidi e che originano dall’iride e si localizzano in forma diffusa a livello delle strutture della camera anteriore. Diagnosi: melanoma diffuso dell’iride”.

SECONDO CASO Segnalamento

Gatto Comune Europeo, maschio castrato, età 5 anni e otto mesi (data di nascita 01/01/05, visita clinica 07/09/10)

Visita clinica

Occhio destro: si riscontrava, a carico di tale occhio, una pigmentazione diffusa dell’iride, la pupilla inoltre era in midriasi. La reazione alla minaccia era presente così come il riflesso palpebrale,

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corneale ed all’abbagliamento. Il riflesso pupillare sia di tipo diretto che consensuale era rallentato ed incompleto. Gli annessi e la cornea erano normali così come la pressione intraoculare (15 mm Hg). Il cristallino ed il fondo non presentavano alterazioni. Il globo oculare aveva dimensioni normali.

Occhio sinistro: tale occhio appariva normale a livello anatomico, i riflessi erano normali e la pressione intraoculare aveva valore sovrapponibile a quella dell’occhio controlaterale.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: veniva ipotizzata la presenza di un melanoma irideo diffuso a carico dell’occhio destro, si proponeva una nuova valutazione a distanza di un mese dalla prima visita per controllare l’evoluzione della pigmentazione e, in base a ciò, decidere se effettuare l’enucleazione. Il proprietario non portava l’animale al controllo.

TERZO CASO Segnalamento

Gatto Comune Europeo, femmina sterilizzata, età 5 anni e 3 mesi (data di nascita 01/01/2006, visita clinica 28/04/11)

Visita clinica

Occhio sinistro: a carico di questo occhio si riscontrava una pigmentazione iridea multifocale. La reazione alla minaccia e tutti i riflessi erano presenti, la cornea presentava un’opacità subepiteliale visibile solo in dilatazione, la pressione intraoculare era normale (21 mmHg). Il cristallino e la lente non avevano alterazioni. La dimensione del globo era normale.

Occhio destro: l’occhio risultava affetto solo da un lieve opacamento corneale subepiteliale, apprezzabile solo con la dilatazione, i riflessi erano normali così come la pressione intraoculare.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: si avanzava l’ipotesi che, a carico dell’occhio destro, fosse presente un melanoma irideo diffuso, venivano proposti controlli seriali. Il gatto era sottoposto a tre ricontrolli nell’arco di nove mesi. La pigmentazione iridea appariva essersi espansa nel tempo fino ad interessare tutta l’iride, la dilatazione restava tuttavia sempre presente e l’occhio controlaterale non mostrava alcuna pigmentazione patologica. Era proposta l’enucleazione che, tuttavia, non veniva eseguita per volontà del proprietario.

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QUARTO CASO Segnalamento

Gatto Comune Europeo, maschio castrato, età 11 anni e dieci mesi (data di nascita 01/08/99, visita clinica 07/06/11)

Visita clinica

Occhio destro: a carico di questo occhio si riscontrava una pigmentazione iridea diffusa, posta nella regione dorsale. La reazione alla minaccia era presente così come tutti gli altri riflessi, gli annessi e la cornea erano normali. A causa dell’aggressività del soggetto non era possibile misurare la pressione intraoculare né esaminare il cristallino ed il fondo, il globo oculare tuttavia aveva dimensione normale.

Occhio sinistro: anche a carico di tale occhio si riscontrava un’area focale di pigmentazione iridea, posta ventralmente alla pupilla, non venivano segnalate altre anomalie.

Sospetto diagnostico e proposta terapeutica: si ipotizzava che a carico dell’occhio destro fosse presente un melanoma irideo diffuso, venivano proposti controlli seriali che, tuttavia, non venivano eseguiti per scelta del proprietario.

QUINTO CASO Segnalamento

Gatto Comune Europeo, femmina sterilizzata, 6 anni (data di nascita 01/01/06, visita clinica 05/01/12)

Visita clinica

Occhio sinistro: a carico di tale occhio si riscontrava una pigmentazione iridea diffusa, la dilatazione della pupilla, effettuata farmacologicamente, era normale. Gli annessi e la cornea apparivano normali così come i riflessi e la pressione intraoculare (20 mm Hg), il cristallino ed il fondo non mostravano alterazioni.

Figura

Tabella 1: segnalamento di tutti i soggetti dello studio
Tabella riassuntiva A  Numero  caso  Occhio affetto  Dimensione occhio  affetto  IOP  occhio  affetto  Occhio  controlaterale  Riscontri  clinici  occhio controlat
Tabella 3: analisi della funzione visiva e dei riflessi negli occhi affetti da melanoma uveale
Tabella 4: segni clinici secondari a melanoma uveale
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