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Parametri clinico-strumentali e bioumorali predittori del rischio di embolizzazione distale durante procedura di PTA e stenting dell'arteria carotide come background dello studio ROSPREC

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Dipartimento Cardio-Toracico

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

“Parametri clinico-strumentali e bioumorali predittori del

rischio di embolizzazione distale durante procedura di PTA e

stenting dell'arteria carotide come background dello studio

ROSPREC”

Relatore Candidato

Chiar.mo Prof. Alberto Balbarini Dr. Roberto Martino

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RIASSUNTO

L’embolizzazione distale di microscopici frammenti

aterotrombotici si verifica molto frequentemente durante la procedura di angioplastica carotidea con impianto di stent, fortunatamente senza manifestazioni cliniche nella maggior parte dei casi. Per prevenire questo fenomeno sono state sviluppate varie tecniche per la protezione embolica durante angioplastica carotidea, ma nessuna ne garantisce

l’annullamento completo, come dimostrato da recenti studi con la risonanza magnetica cerebrale a diffusione. L’embolizzazione distale può essere minimizzata attraverso l’utilizzo di una

tecnica procedurale accurata e dei sistemi di protezione embolica.

Poiché l’embolizzazione distale rappresenta la principale causa delle complicanze ischemiche delle procedure di angioplastica carotidea, ma si verifica con frequenza nettamente maggiore, essa può essere proposta come “end point surrogato” delle complicanze ischemiche cerebrali stesse.

Il rischio di complicanze ischemiche cerebrali (e quindi di embolizzazione distale) durante angioplastica carotidea è associato a varie caratteristiche cliniche ed anatomiche, tra cui la sintomaticità della stenosi carotidea, l’aspetto ipoecogeno della placca carotidea, la anatomia vascolare, l’età superiore a 80 anni, il livello di esperienza dell’operatore. Di questi fattori,

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tuttavia, nessuno è in grado di predire con elevata sensibilità gli eventi ischemici cerebrali periprocedurali, per cui ad oggi i pazienti con indicazione alla rivascolarizzazione carotidea vengono trattati mediante angioplastica percutanea anche in presenza dei suddetti fattori di rischio.

Da un attento esame retrospettivo delle caratteristiche dei pazienti sottoposti ad angioplastica carotidea dal 2007 al 2010 presso i Laboratori di Emodinamica del Dipartimento

Cardiotoracico della Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e della Fondazione Monasterio – C.N.R. di Massa, abbiamo evidenziato che la presenza di elevati livelli circolanti di colesterolo LDL e proteina C-reattiva (PCR) prima

dell’intervento è la caratteristica più fortemente associata alla presenza di embolizzazione distale “rilevante” tra tutte le caratteristiche cliniche e procedurali valutate. Si può dunque ipotizzare che una terapia con statine ad elevato dosaggio per alcune settimane prima di un intervento elettivo di angioplastica carotidea possa ridurre non solo i livelli circolanti di LDL e PCR ma anche la componente infiammatoria della placca carotidea che deve essere trattata.

Ciò rappresenta il background dello studio multicentrico e randomizzato ROSPREC che si propone di verificare se questa modificazione della placca carotidea ottenuta con statine ad alta dose (in particolare rosuvastatina 40 mg/die) si traduca in una minore propensione della placca stessa alla frammentazione

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durante angioplastica carotidea, con conseguente riduzione dell’embolizzazione distale e, in ultima analisi, della

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INTRODUZIONE

L’aterosclerosi carotidea rimane la causa più frequente di malattia cerebrovascolare che, considerata a parte dalle altre malattie cardiovascolari, rappresenta in termine di mortalità la terza causa più frequente di morte nel mondo occidentale dietro le malattie cardiache e quelle neoplastiche, ed in termini di morbilità un importante “burden” socio-economico dati gli esiti invalidanti della malattia cerebrovascolare stessa1.

I dati dello studio Greater Cincinnati/Northen Kentucky Stroke Study2 mostrano un’incidenza annua di circa 7000.000 stroke, 500.000 dei quali sono nuovi eventi e 200.000 ricorrenti. Nello studio NOMASS (Northen Manhattan Stroke Study)3

l’incidenza corretta per l’età di stroke per 100.000 abitati è stata di 191 nella popolazione di pelle nera, 149 negli ispanici e 88 nei bianchi.

Per quanto riguarda la situazione italiana pochi studi sono

dettagliati. La Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (VI Congresso della SIRN svoltosi a Venezia nel 2006), individua nell'Ictus la principale causa di neurodisabilità in Italia con una

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Lo studio ILSA (Italian Longitudinal study on Ageing)4, mostra come nella fascia di età tra i 65 e 84 anni il Tasso di prevalenza nella popolazione italiana sia del 6,5% (maschi 7,4%, femmine 5,9%). Ogni anno, in Italia, vi sarebbero quindi, circa 196.000 nuovi ictus, di cui circa il 20% decede nel primo mese

dall’evento; nell’80% si tratta di primi episodi (“first ever stroke”) mentre nel restante 20% di recidive.

Sulla base dei dati del Framingham Heart Study5, dell’ARIC6,7 (Atherosclerosis Risk in Communities) e del già citato Greater Cincinnati/Northen Kentucky Stroke Study,

approssimativamente l’88% di tutti gli stroke sono ischemici, il 9% emorragie intraparenchimali ed il 3% emorragie

subaracnoidee. Nell’ambito poi degli stroke ischemici, la malattia aterosclerotica delle arterie extracraniche ne è responsabile del 15-20%8,9 dei casi.

Sebbene la progressione dell’aterosclerosi possa essere simile agli altri distretti vascolari, la relazione tra la crescita di placca, l’aumento della stenosi e lo stroke/TIA è complessa. Mentre infatti lo studio NASCET (North American Symptomatic

Carotid Endarterectomy Trial)10mostra una chiara correlazione fra la severità della stenosi ed il rischio di stroke, tale

correlazione fra il rischio di stroke e la severità della stenosi nei pazienti asintomatici è meno chiara in altri studi come

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ACST (Asymptomatic Carotid Surgery Trial), dove pazienti con stenosi del 60%-80% mostrano un rischio di eventi

cerebrovascolari maggiore che pazienti con stenosi maggiori. Lo stroke e gli attacchi ischemici transitori (TIA) possono essere espressione della malattia aterosclerotica extracranica mediante diversi meccanismi patogenetici, tra i quali:

 embolismo artero-arterioso a partenza da trombi formatesi sulle placche aterosclerotiche

 ateroembolismo di cristalli di colesterolo o altri frammenti di materiale ateromatoso (placca di Hollenhorst)

 occlusione trombotica acuta di un arteria extracranica risultata dalla rottura di placca

 perdita dell’integrità strutturale della parete arteriosa dovuta a dissezione e ematoma di parete

 ridotta perfusione cerebrale risultante da stenosi critiche o occlusioni dovute alla progressiva crescita della placca Diversi studi randomizzati, ormai datati, hanno rivelato come la rivascolarizzazione carotidea fosse superiore alla sola terapia medica antiaggregante nella prevenzione dell'ictus in caso di lesioni realizzanti una stenosi superiore al 60% in pazienti con sintomatici (NASCET10 ed ECST11) e superiore al 70-80%, in pazienti asintomatici (ACAS12e ACST13), indicando però la

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rimozione chirurgica dalla placca mediante endoaterectomia come la tecnica “gold standard”.

L'angioplastica percutanea transluminale (PTA) con stenting di prima intenzione dell’arteria carotide extracranica, sin dal suo pioneristico approccio eseguito nel 1979 da Mathias14, è stata proposta come metodica alternativa alla chirurgia

principalmente per la minore invasività e per la conseguente possibilità di rivascolarizzare pazienti altrimenti gravati da un alto rischio operatorio o che presentavano un’anatomia cervicale poco favorevole al gesto chirurgico.

Finora sono stati pubblicati un totale di sei studi con almeno 300 pazienti arruolati che hanno confrontato la CEA al CAS. Il CAVATAS15, l’EVA-3S,16 l’ICSS17, e lo SPACE18, hanno arruolato esclusivamente pazienti asintomatici. Il SAPPHIRE

19-20 e il CREST21hanno incluso sia pazienti sintomatici che

asintomatici rispettivamente ad alto e convenzionale rischio chirurgico.

Lo studio CAVATAS ha arruolato 504 pazienti sintomatici ed è stato eseguito prima dell’introduzione dei sistemi di protezione embolica distale; inoltre molti pazienti assegnati al gruppo endovascolare sono sati trattati con angioplastica semplice e solo il 26% ha ricevuto lo stent. I risultati non hanno mostrato differenze statisticamente significative in termini di stroke o

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morte a 30 gironi fra CEA ed angioplastica semplice (9.9% vs 10%). Nonostante un alto tasso di restenosi nel gruppo

endovascolare, non è stata registrata alcuna differenza nel tasso di stroke omolaterale al follow-up di 8 anni22.

Lo studio SAPPHIRE ha randomizzato pazienti sintomatici ed asintomatici ad elevato rischio chirurgico. Tutti i pazienti

assegnati al trattamento percutaneo sono stati trattati con lo stesso tipo di stent e di device di protezione embolica distale. Il trial era stato inizialmente disegnato per dimostrare la non inferiorità del CAS ed è stato concluso anticipatamente per la difficoltà di arruolamento. L’end-point primario è stato

l’incidenza cumulativa di morte, stroke o infarto miocardico entro 30 giorni dalla procedura o stroke omolaterale fra il trentunesimo giorno e un anno. Su 334 pazienti randomizzati (29% sintomatici), l’end-point primario si è verificato nel 12,2% nel gruppo CAS e nel 20.1% nel gruppo CEA (P = 0.053). La differenza è da attribuire principalmente dal numero di infarti miocardici (2.4% nel gruppo CAS vs 6.1% nel gruppo CEA; P = 0.10). Non sono stati osservati lesioni dei nervi cranici nel gruppo CAS contro il 5.3% nel gruppo CEA.

Lo studio SPACE ha randomizzato 1200 pazienti sintomatici. I sistemi di protezione embolica distale sono stati utilizzati nel 27% dei casi a discrezione degli operatori. Il trial è stato

prematuramente interrotto per le difficoltà di arruolamento e la scarsità di fondi. L’end-point primario di incidenza di stroke

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omolaterale e di morte a 30 gironi non è stato differente fra i due gruppi. Con un campione di dimensioni insufficienti lo studio SPACE è stato incapace di provare la non inferiorità del CAS. L’analisi al follow-up non ha mostrato differenze nel tasso di eventi avversi a 2 anni fra i due gruppi (8.8% nel CEA e 9.5% per CAS; P=0.62).

Lo studio EVA-3S ha randomizzato 527 pazienti sintomatici con stenosi ≥60% a CAS o CEA. L’end-point primario è stato l’incidenza cumulativa di stroke o morte a 30 giorni dalla procedura. Sebbene l’uso degli EPD non fosse obbligatorio, le procedure di CAS senza il loro ausilio sono state interrotte rapidamente per l’eccessivo tasso di complicanze (OR 3.9, 95% CI 0.9–16.7). Il trial è stato interrotto prematuramente per il numero significativo di eventi nel braccio CAS (morte o stroke 9.6% vs 3.9% in braccio CEA; P = 0.01). Dopo 30 giorni, non sono state osservate differenze in termini di stroke o morte, ma al follow-up a 4 anni il risultato della CEA si manteneva ancora più favorevole rispetto al CAS.

Lo studio ICSS ha randomizzato 1710 pazienti sintomatici a CEA o CAS (l’utilizzo degli EPD non era obbligatorio ed è stato impiegato nel 72% dei pazienti trattati per via percutanea). L’endpoint primario è stato l’incidenza di stroke fatale o

maggiore a 3 anni dalla procedura. I dati del follow-up non sono ancora stati resi noti ma all’analisi di safety ad interim condotta a 120 giorni dalla procedura ha riportato un’incidenza di morte,

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stroke ed infarto periprocedurale a favore della CEA, con un incidenza del 8.5% nel gruppo CAS e del 5.2% nel gruppo CEA (hazard ratio [HR] 1.69, 95% CI 1.16–2.45; P = 0.004). La differenza è stata generata principalmente da un più basso tasso di stroke non disabilitante nel braccio CEA.

Lo studio CREST è uno trial multicentrico, randomizzato e controllato con end-point primario di stroke periprocedurale, infarto miocardico o morte più stroke omolaterale a 4 anni. A causa del lento arruolamento, questo studio inizialmente

disegnato per i pazienti sintomatici è stato ampliato ai pazienti asintomatici. L’end point primario si è realizzato nel 7.2% del gruppo CAS e nel 6.8% di quello CEA (HR 1.11, 95% CI 0.81– 1.51; P = 0.51). In termini di morte, infarto o stroke

periprocedurale non sono state osservate differenze, con un tasso di eventi del 5,2%nel gruppo CAS e del 4.5% nel gruppo CEA (P = 0.38). I pazienti randomizzati a CAS hanno

presentato un tasso di stroke periprocedurale maggiore (HR 1.79, 95% CI 1.14–2.82; P = 0.01), ma un tasso di infarto

miocardico minore (1.1% vs 2.3%; 95% CI 0.26–0.94; P = 0.03) rispetto a quelli randomizzati a CEA. L’incidenza di stroke

periprocedurale maggiore è stata bassa e non statisticamente differente tra i due gruppi (0.9% vs 0.6%; P = 0.52). Lesioni dei nervi cranici è avvenuta nello 0.3% dei pazienti randomizzati a CAS e nel 4,7% in quelli randomizzati a CEA (HR 0.07, 95% CI 0.02–0.18; P<0.0001). A quattro anni non sano state

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osservate differenze statisticamente significative in stroke omolaterale (HR 0.94, 95% CI 0.50–1.76; P = 0.85).

Quando si confrontano i risultati fra CAS e CEA bisogna tenere in considerazione che la metodica percutanea se da un parte è di più recente introduzione, dall’altra vanta progressi tecnico-procedurali importanti, la maggior parte dei quali rivolti alla riduzione delle complicanze neurologiche periprocedurali grazie all’ottimizzazione della tecnica dello stenting, al miglioramento dei materiali utilizzati ed alla messa a punto dei sistemi di

protezione embolica cerebrale.

Lo stenting elettivo, più frequentemente effettuato con stent auto espandibili, ha contributo a ridurre notevolmente i rischi periprocedurali in quanto lo stent fissa a parete sia eventuali dissecazioni intimali sia eventuali frammenti ateromasici più consistenti.

Di ancora più recente introduzione sono le metodiche e le tecniche di protezione cerebrale, come il filtro temporaneo posizionato a valle della stenosi per arrestare il materiale emboligeno o il sistema di occlusione temporanea preventiva con palloncino in carotide comune e esterna con conseguente inversione di flusso nella sede di lesione durante lo stenting e aspirazione, dopo il posizionamento dello stent, dell’eventuale materiale residuo potenzialmente emboligeno.

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L’utilizzo di questi sistemi di protezione embolica rimane però ancora controverso. Al momento solo due studi randomizzati di ridotte dimensioni hanno confrontato l’outcome delle procedure di PTA carotidea eseguite con e senza l’ausilio di questi device ed hanno fallito nel dimostrarne un sostanziale vantaggio

proveniente dal loro utilizzo23-24. Di contro due sistematiche review hanno mostrato una riduzione degli eventi neurologici periprocedurali25-26. Il beneficio derivante dall’utilizzo dei sistemi di protezione embolica è stata inoltre suggerita da un registro prospettico su vasta scala che ha documentato una mortalità intraospedaliera del 2.1% su 666 pazienti sottoposto a CAS con EPD e del 4.9% nei 789 pazienti trattati senza l’ausilio di tali device (P=0.004)27. Nello stesso studio l’uso degli EPD è stato identificato all’analisi multivariata come un fattore

indipendente di protezione per l’endpoint considerato (adjuste OR 0.45, P=0.026)28.

D’altra parte, le analisi post hoc di due trial randomizzati fra CAS e CEA hanno riportato uno scarso beneficio dall’utilizzo degli EPD durante la procedura percutanea. Nel trial SPACE il tasso di mortalità e di stroke omolaterale alla lesione a 30 giorni dopo CAS è stato del 8.3% su 145 pazienti trattati con EPD e 6,5% IN 418 trattati senza (P=0.40)29.

In un sottostudio dell’ICSS trial, sono state osservate alla MRI nuove lesioni in 38 (68%) di 56 pazienti che sono stati trattati

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con EPD e in 24 (35%) di 68 pazienti trattati senza. (OR 3.28, intervallo di confidenza 95% [CI] 1.50–7.20; P = 0.003)30. Va sottolineato che in entrambi i trial l’utilizzo degli EPD è stato lasciato alla discrezionalità degli operatori.

Risultati migliori per le procedure di CAS, sia per i pazienti sintomatici che per gli asintomatici, sono stati ottenuti in studi con l’uso routinario degli EPD ed in cui gli operatori erano esperti nell’utilizzo di questi device (SAPPHIRE19e CREST21)

La microembolizzazione di materiale aterotrombotico dalla placca carotidea alla circolazione cerebrale fu per la prima volta evidenziato da Theron e coll.31nel 1990 e poi enfatizzata negli anni successivi mediante la dimostrazione, dapprima con

tecnica Doppler transcranico32e successivamente mediante Risonanza Magnetica a diffusione33, che una certa quota di microembolizzazione si verifica in pressoché tutte le procedure di stenting carotideo.

Il significato clinico di questo fenomeno non è facilmente decifrabile. Infatti, se da una parte è noto che anche piccoli frammenti di placca, di dimensione inferiore a 200 micron, possono causare un'ischemia neuronale ed essere responsabili di stroke e più sottili disfunzioni neurologiche al follow-up

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straordinaria tolleranza alla microembolizzazione acuta data la discrepanza tra la frequenza con la quale si verifica durante CAS e l’assenza di manifestazioni clinicamente rilevabili nella maggior parte dei casi.

Tuttavia l’embolizzazione distale durante CAS rimane ancora la principale causa di complicanze cerebrali periprocedurali e nessuna delle tecniche finora messe a punto garantisce l’annullamento completo del rischio di embolizzazione.

Poiché l’embolizzazione distale rappresenta la principale causa delle complicanze ischemiche cerebrali delle procedure di CAS, ma si verifica con frequenza nettamente maggiore, essa può essere proposta come “end point surrogato” delle complicanze ischemiche cerebrali stesse.

Il rischio di complicanze ischemiche cerebrali (e quindi di embolizzazione distale) durante CAS è associato a varie caratteristiche cliniche ed anatomiche dei pazienti, tra cui la sintomaticità della stenosi carotidea, l’aspetto ipoecogeno della placca carotidea all’esame ecografico, la tortuosità spiccata e/o ateromasia diffusa dei tronchi sovra-aortici, l’età superiore a 80 anni, il livello di esperienza dell’operatore. Di questi fattori, tuttavia, nessuno è in grado di predire con elevata sensibilità gli eventi ischemici cerebrali periprocedurali, per cui ad oggi i

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pazienti con indicazione alla rivascolarizzazione carotidea sono trattati mediante angioplastica percutanea anche in presenza dei suddetti fattori di rischio.

Scopo di questo studio è stato di valutare la correlazione tra il trattamento endovascolare di stenting carotideo e il profilo clinico del paziente al fine di determinare il peso dei diversi fattori di rischio sull’eventuale insorgenza di complicanze cerebrali intra- e post-procedurali.

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MATERIALE E METODI

Nel periodo compreso tra il Giugno 2007 e Dicembre 2010 sono stati arruolati in maniera prospettica tutti i pazienti trattati

mediante procedura di stenting carotideo con protezione embolica presso i laboratori di Emodinamica dell’Azienda Ospedaliero - Universitaria Pisana e dell’IFC - CNR

dell’Ospedale Pasquinucci di Massa.

Tutti i pazienti, previo consenso informato alla procedura e al successivo follow-up clinico strumentale, sono stati sottoposti ad Angio-TC per la valutazione di entrambi gli assi carotidei, del circolo cerebrale e dell’encefalo e a studio EcoColorDoppler dei tronchi sovra-aortici.

La caratterizzazione della placca è stata effettuata mediante metodica sonografica, mentre le caratteristiche emodinamiche della placca sono state valutate secondo i parametri Doppler. E’ stato utilizzato un ecocolordoppler Philips i33 con sonda lineare da 12 MHz e le immagini sono classificate in due gruppi:

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Tutte le procedure sono state eseguite dal Cardiologo

Interventista in regime di elezione e sotto anestesia locale in sede di puntura arteriosa.

E’ stata eseguita premedicazione con terapia antiaggregante pre-procedurale ed anticoagulazione mediante eparinizzazione sistemica durante tutta la procedura.

In tutte le procedure di stenting è stato utilizzato un accesso percutaneo femorale seguito dal posizionamento di un catetere guida in carotide comune, prossimalmente alla stenosi ed è stata effettuata una protezione del circolo cerebrale attraverso sistemi di protezione embolica distale o prossimale; tutte le procedure hanno previsto l’impianto elettivo di stent ed con successiva post-dilatazione mediante pallone.

Sono state valutate, per ogni paziente, le seguenti variabili: sesso, età, morfologia e caratteristiche di placca, presenza di sintomi neurologici preoperatori, profilo sierico lipidemico, livelli di Proteina C reattiva ed outcome procedurale con particolare rilievo alle complicanze cerebrali.

L’intera coorte di studio è stata quindi classificata in due gruppi sulla base della quantità di materiale embolizzato rinvenuto del filtro di protezione embolica distale o nel cestello dei sistemi di protezione embolica prossimale al termine della procedura. L’entità del materiale embolizzato è stata stimata mediante

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ispezione visiva e classificata in due gruppi: “relevant

Embolization” in caso fossero chiaramente identificabili detriti embolici “Scarce Embolization” nel caso non lo fossero o solo difficilmente.

Il follow up è stato di tipo clinico e strumentale, mediante una valutazione clinico strumentale periprocedurale seguita da una rivalutazione clinica ed uno studio EcoColorDoppler a 30 giorni dalla procedura.

Analisi statistica. Per l’analisi statistica sono stati utilizzati il

test di Student o il test Wilcoxon per le variabili continue e il test del χ2 o il test di Fisher per le variabili discrete. Tutte le variabili con un valore di P minore di 0.10 all’analisi uni variata sono state inserite nell’analisi multivariata. I parametri pedittori di embolizzazione rilevante sono stati identificati mediante regressione logistica con valori di cut off di 0.05.

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RISULTATI

Nel periodo sopraindicato, è stata studiata una coorte di 188 pazienti consecutivi sottoposti a procedura elettiva di PTA e stenting carotideo di prima intenzione. Di questi, il 79,3% sono uomini (149 pazienti) mentre il 20,7% sono donne (39 pazienti). L’età media è di 72 anni. Gli stent a celle aperte sono stati

utilizzati nel 52.7% dei pazienti (99 pazienti). I sistemi di protezione embolica sono stati utilizzati nella totalità (100%) dei pazienti, e più precisamente nell’85.6% (161 pazienti) sono stati utilizzati i device di protezione embolica distale e nel

14.4% (27 pazienti) i sistemi di protezione embolica con occlusione temporanea preventiva con palloncino in carotide comune prossimale. Il successo procedurale stato ottenuto nel 100% dei pazienti.

Un’embolizzazione rilevante è stata osservata in 40 pazienti, rappresentanti il 21,3% della coorte studiata.

Sono state inoltre registrate le seguenti complicanze periprocedurali: un caso di stroke maggiore con esiti

pesantemente disabilitanti (0.5%), tre casi di stroke minori o non disabilitanti (1.6%), ed otto attacchi ischemici transitori (4.3%).

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Tutte le sopracitate complicanze periprocedurali si sono

verificate nel sottogruppo dei pazienti in cui si è osservata una embolizzazione rilevante.

Al follow up a 30 giorni, è stata registrata una morte per cause non cerebrovascolari (0,5%) e nessun ulteriore evento

cerebrovascolare maggiore o minore.

Characteristic Scarce Embolization (n=148) Relevant Embolization (n=40) P value Age, years 71±8 73±9 0.28 Age >80 years 24 (16.2%) 11 (27.5%) 0.10 Hypoechoic plaque 26 (17.6%) 10 (25.0%) 0.31 Fibrocalcific plaque 60 (40.5%) 10 (25.0%) 0.06 Symptomatic stenosis 41 (27.7%) 21 (52.5%) 0.003 LDL chol, mg/dl 102±31 122±38 0.002 LDL chol >120 mg/dl 32 (21.6%) 23 (57.5%) <0.0001 CRP, mg/dl 2.6±4.1 6.6±7.1 0.0003 CRP >4.0 mg/dl 25 (16.9%) 19 (47.5%) <0.0001 30-day stroke 0 (0%) 4 (10.0%) 0.02

. Tab. 1. Distribuzione nei due gruppi, embolizzazione rilevante e scarsa delle caratteristiche demografiche e dei parametri clinico-strumentali e laboratoristici oggetto del nostro studio.

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Abbiamo dunque analizzato in maniera retrospettiva le caratteristiche cliniche, strumentali, bioumorali e procedurali dei pazienti arruolati nel nostro studio in termini di correlazione con l’embolizzazione distale, utilizzato come end-point

surrogato delle complicanze ischemiche cerebrali.

Di tutte le variabili clinico-laboratoristiche pre-procedurali prese in considerazione, l’età maggiore di 80 anni, la presenza di recente sintomatologia neurologica ed i livelli sierici di colesterolo LDL e di proteina C-reattiva sono risultati associati in maniera statisticamente significativa ad una rilevante

embolizzazione mediante l’analisi statistica multivariata come riportata dalla Tabella 2.

Scarce Embolization Relevant Embolization OR (IC95%) P LDL >120 32 (21.6%) 23 (57.5%) 5.1 (2.3÷11.7) 0.0001 CRP >4.0 mg/dl 25 (16.9%) 19 (47.5%) 3.9 (1.6÷9.3) 0.002 Symptomati c stenosis 41 (27.7%) 21 (52.5%) 26 (1.2÷6.0) 0.02 Age >80 years 24 (16.2%) 73±9 2.4 (0.9÷6.5) 0.07

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Sebbene l’ecolorDoppler sia una metodica ampiamente

accessibile e permetta non solo una quantificazione del grado della stenosi, ma anche una caratterizzazione tissutale della composizione della stessa, dalla nostra analisi è emerso

chiaramente l’impossibilità di predire accuratamente mediante questa tecnica di imaging il rischio di eventi neurologici avversi periprocedurali. L’incidenza di embolizzazione rilevante è

risultata non significativamente diversa tra pazienti con aspetto ecografico diverso della placca carotidea; è stato infatti

registrato un’incidenza del 10% sia nei pazienti con placca

fibro-calficiche (P=0.06) che nei pazienti con placca ipoecogena (P=0.31) (Figura1.)

.Fig. 1. Il grafico mostra la distribuzione dei pazienti che presentano una placca

ipoecogena alla caratterizzazione ecografica nei due gruppi, “Scarce embolization” e “Relevant embolization”. L’analisi retrospettiva conferma che la caratterizzazione ecografica non identifica con sicurezza i pazienti a maggior rischio di embolizzazione

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In particolar modi abbiamo dunque focalizzato la nostra ricerca sui marker di instabilità di placca riscontrando una correlazione statisticamente significativa fra la presenza di elevati livelli circolanti di colesterolo LDL e proteina C-reattiva (PCR) prima dell’intervento e l’entità dell’embolizzazione distale

periprocedurale come mostrato dalla Figura 2.

Fig. 2. La nostra analisi retrospettiva ha evidenziato una correlazione

significativa fra i livelli di colesterolo LDL circolante maggiore di 120 mg/dl e di Proteina C reattiva > 4 mg/dl prima della procedura e l’embolizzazione di materiale aterotrombotico giudicata come “rilevante” durante la procedura di CAS.

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DISCUSSIONE

Lo scopo di questa analisi retrospettiva è stato individuare quali parametri clinici, strumentali, laboratoristici e procedurali

fossero associati ad un aumentato rischio di complicanze neurologiche durante le procedure di angioplastica carotidea elettiva con impianto di stent di prima intenzione.

A tal fine abbiamo considerato l’embolizzazione distale di materiale aterotrombotico come end-point surrogato degli eventi ischemici cerebrali, giacché questo fenomeno, se si esclude la dissezione carotidea con la chiusura acuta del vaso, rappresenta il meccanismo patogenetico principale delle

complicanze neurologiche di natura ischemica delle procedure di CAS.

Tale embolizzazione si verifica però con frequenza molto maggiore delle complicanze ischemiche e dunque in buona parte dei casi rimane silente dal punto di vista clinico.

Per la prima volta in letteratura, è stata anche valutata l’entità dell’embolizzazione stessa, in maniera tale da poterla

classificare in due gruppi: “Rilevante”, se nel filtro di

protezione fosse rinvenuto al termine della procedura materiale embolico macroscopicamente evidente, o come “Scarsa”, se il materiale nel filtro fosse assente o a mala pena visibile.

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Adottando tale sistema classificativo, nella nostra esperienza abbiamo rilevato un’embolizzazione rilevante in 40 pazienti, rappresentate il 21,3% della coorte studiata, ed un tasso di complicanze neurologiche periprocedurali del 2,12%, assolutamente in linea con i recenti studi ARCHeR ed il registro CAPTURE che riportano un tasso del 2,8% per l'ictus minore non disabilitante e 2% per l'ictus grave e disabilitante. Ciò dimostra innanzitutto che nonostante la profilassi con la terapia medica antiaggregante, gli sviluppi delle tecniche di stenting e la messa a punta dei sistemi di protezione embolica, il rischio di embolizzazione distale periprocedurale non può essere completamento annullato, anzi rappresenta ancora la principale causa di eventi neurologici avversi delle procedure di CAS. Osservando la distribuzione degli eventi ischemici cerebrali nei due sottogruppi emerge chiaramente che tutti gli eventi avversi clinicamente manifesti si sono osservati nel gruppo “Relevant embolization”, a testimonianza del ruolo patogenetico chiave dell’embolizzazione distale di materiale aterotrombotico a partenza dalla placca carotidea che si intende trattare nelle procedure di CAS nel determinismo delle complicanze ischemiche cerebrali periprocedurali.

Inoltre non tutti i casi di embolizzazione rilevante si traducono immediatamente in complicanze ischemiche cerebrali dato che

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su 40 pazienti del sottogruppo Relevant Embolization “solo” il 10% ha manifestato sintomi da imputare ad una sofferenza ischemica cerebrale; dunque anche nostri dati sono in linea con la già citata esperienza di Rapp e coll35che nel loro lavoro hanno riscontrato una sorprendente tolleranza del tessuto cerebrale alla microembolizzazione acuta durante la procedura di angioplastica carotidea.

Dalla letteratura scientifica è noto che il rischio embolizzazione distale e quindi di complicanze ischemiche cerebrali durante procedure di angioplastica e stent carotideo è associato a varie caratteristiche cliniche ed anatomiche dei pazienti, tra cui le più importanti sono la presenza di sintomi neurologici da imputare alla stenosi carotidea che si intende trattare, l’aspetto “soft” della placca alla caratterizzazione ecografica, la tortuosità spiccata e/o ateromasia diffusa dei tronchi sovra-aortici, l’età superiore a 80 anni, la presenza di diabete mellito e lo “skill” dell’operatore. Di questi fattori, tuttavia, nessuno è in grado di predire con elevata sensibilità gli eventi ischemici cerebrali periprocedurali, per cui ad oggi i pazienti con indicazione alla rivascolarizzazione carotidea sono trattati mediante

angioplastica percutanea anche alla presenza dei suddetti fattori di rischio.

(28)

Scopo di questo studio è stato di valutare la correlazione tra il trattamento endovascolare di stenting carotideo e il profilo clinico del paziente al fine di determinare il peso dei diversi fattori di rischio sull’eventuale insorgenza di complicanze cerebrali intra e postprocedurali.

Abbiamo dunque analizzato in maniera retrospettiva le caratteristiche cliniche, strumentali, bioumorali e procedurali dei pazienti arruolati nel nostro studio in termini di correlazione con l’embolizzazione distale, utilizzato come end-point

surrogato delle complicanze ischemiche cerebrali.

Sebbene l’EcocolorDoppler, oltre a determinare il grado di stenosi della placca carotidea, permetta di valutarne

agevolmente alcuni aspetti riconosciuti dalla letteratura come marker di instabilità, quali ad esempio l’ecogenicità e le irregolarità di superficie, dalla nostra analisi è emerso

chiaramente l’impossibilità di predire accuratamente mediante questa tecnica di imaging il rischio di eventi neurologici avversi periprocedurali. Infatti nessuna significativa correlazione è stata riscontrata tra le caratteristiche della lesione aterosclerotica indagate con tecnica ultrasonografica, quali il burden di placca e la sua composizione, ed il grado di embolizzazione distale

(29)

Accanto alle metodiche di imaging abbiamo preso in considerazioni anche i markers sierologici di instabilità di placca; questa scelta si basa sull’assunto che l’infiammazione gioca un ruolo importante sull’instabilità delle lesioni

aterosclerotiche carotidee36. Oggi abbiamo infatti la possibilità di individuare e quindi dosare nel sangue periferico gli elementi cellulari ed i mediatori coinvolti nel processo infiammatorio che definisce la presenza di placche instabili. È stato documentato che la Proteina C-reattiva (PCR) è un mediatore flogistico implicato in numerosi processi che contribuiscono al rimodellamento ed all’instabilizzazione delle placche

aterosclerotiche(37-40). Sebbene la maggior parte degli studi effettuati a tal riguardo sia stata condotta soprattutto nell’ambito della caratterizzazione delle placche coronariche (41), di recente, Makita et al.(42) hanno riscontrato una associazione tra elevati livelli plasmatici di PCR e lo sviluppo e progressione di placche aterosclerotiche nel distretto carotideo. Inoltre alcuni studi

hanno dimostrato come elevati livelli plasmatici di hsPCR siano più frequenti in pazienti con stenosi carotidee sintomatiche rispetto a quelli con stenosi asintomatiche.

Abbiamo dunque focalizzato la nostra ricerca sui marker di instabilità di placca, ed abbiamo riscontrato una correlazione statisticamente significativa fra la presenza di elevati livelli circolanti di colesterolo LDL e proteina C-reattiva (PCR) prima

(30)

dell’intervento e l’entità dell’embolizzazione distale periprocedurale.

Si può dunque ipotizzare che questi marcatori bioumorali

rappresentino efficaci indicatori di placca carotidea vulnerabile e quindi più suscettibile a frammentazione embolica

periprocedurale.

Il riconoscimento precoce di queste particolari caratteristiche delle placche carotidee potrebbe aiutare ad identificare un sottogruppo di pazienti “ad alto rischio” per eventi ischemici cerebrali periprocedurali che quindi potrebbero beneficiare di un trattamento medico finalizzato alla stabilizzazione della lesione aterosclerotica carotidea.

STUDIO MULTICENTRICO ROSPREC

I risultati di questo studio pilota hanno consentito di ipotizzare che una terapia con statine ad elevato dosaggio per alcune

settimane prima di un intervento elettivo di CAS riducendo non solo i livelli circolanti di LDL e PCR ma anche la componente infiammatoria della placca carotidea che deve essere trattata possa ridurre la propensione della placca stessa alla

frammentazione durante la procedura di angioplastica carotidea, con conseguente riduzione dell’embolizzazione distale e, in ultima analisi, della complicanze ischemiche cerebrali.

(31)

Tale ipotesi di studio ben si sposa con l’orientamento più recente della comunità scientifica che si basa su diverse

evidenze dimostranti i limiti concettuali delle attuali indicazioni al trattamento delle lesioni aterosclerotiche carotidee basate principalmente sull’entità della stenosi carotidea, stabilite a loro volta da trials clinici degli anni ottanta. Infatti è ormai accettato che, sebbene le conseguenze emodinamiche determinate dalla stenosi carotidea siano uno dei fattori prognostici possibili, esse non possono essere considerate quale fattore patogenetico

centrale per determinare l’evoluzione sintomatologica della placca e l’outcome delle procedure di rivascolarizzazione; la stenosi in sé è infatti solo indirettamente correlabile con il tasso di nuovi eventi ischemici e di complicanze procedurali.

Le attuali indicazioni al trattamento e le strategie di

rivascolarizzazione chirurgiche o percutanee, infatti, sono ancora legate al solo parametro flussimetrico della lesione aterosclerotica carotidea e prescindono in larga misura dalle caratteristiche strutturali ed infiammatorie della placca stessa che sia studi anatomo-patologici che studi clinici come il nostro, dimostrano ricoprire un ruolo chiave nella storia naturale della malattia e nell’influenza dei risultati dei trattamenti di

(32)

L’ipotesi che l’efficacia delle statine sui vari outcome

cardiovascolari non potesse essere legata solo alla loro azione ipocolesterolemizzante è stata avanzata sin dai primi trials clinici di prevenzione secondaria e primaria (43-45). Inoltre, l’evidenza secondo cui l’infiammazione e il sistema

immunitario svolgono un ruolo centrale nella patogenesi dell’aterosclerosi, e la dimostrata capacità delle statine di ridurre i livelli plasmatici di alcuni mediatori

dell’infiammazione stessa (46-47), hanno ulteriormente rafforzato questa ipotesi.

Generalmente ci si riferisce a questi meccanismi con il termine di “effetti pleiotropici” delle statine. Essi consistono in una serie di azioni vascolari che includono effetti sul metabolismo delle lipoproteine plasmatiche ma anche effetti anti-infiammatori e antitrombotici (48-49). Le statine migliorano la vasodilatazione endotelio-dipendente ed aumentano il numero di progenitori circolanti delle cellule endoteliali, oltre alla riduzione dei livelli di hs-PCR e di altri marcatori dell’infiammazione come il

CD40L (Fig.3). La gran parte di questi effetti sono mediati dall’inibizione della HMG-CoA reduttasi e dalla ridotta sintesi di mevalonato; in tal modo infatti le statine, oltre a ridurre il LDL-C, inibiscono la sintesi di intermedi degli isoprenoidi, a loro volta coinvolti in importanti funzioni biologiche a livello vascolare, come l’attivazione delle proteine RAS,

(33)

l’”up-regulation”della sintesi endoteliale di ossido nitrico (NO) o la “down-regulation” della NADPH ossidasi.

Fig. 3. Effetti pleiotropici delle statine; effetti vasoprotettivi delle statine indipendenti

dalla loro azione ipolipemizzante. PAI-1, plasminogen activator inhibitor-1; t-PA, tissue-plasminogen activator; MMPs, matrix metalloproteinases; LDL-C, low-density lipoprotein cholesterol; HDL-C, high-density lipoprotein cholesterol; TG,

triglycerides.

Il nostro studio ha dimostrato che fra tutte le variabili clinico -strumentali pre-procedurali indagate, i livelli sierici di LDL e di Proteina C reattiva correlano in maniera significativa con il rischio di embolizzazione distale durante la procedura di CAS. Questa acquisizione, insieme ai precedentemente esposti effetti pleiotropici delle statine, rappresenta il background su cui si basa l’ipotesi di studio circa la modificazione delle

caratteristiche di placca, ottenute mediante le statine si traduca in una minore propensione della placca stessa alla

(34)

dell’embolizzazione distale e, in ultima analisi, delle complicanze ischemiche cerebrali.

Dalla letteratura finora a disposizione emergono diversi studi circa l’azione di stabilizzazione delle statine sulla placca aterosclerotica carotidea. Infatti, in uno studio di 24 pazienti candidati all’endoaterectomia carotidea, 11 sono stati assegnati al trattamento con pravastatina e 13 al placebo e l’intervento è stato eseguito a tre mesi dal trattamento (Crisby et al50).

L’analisi del tessuto prelevato durante l’aterectomia ha evidenziato un effetto positivo della pravastatina su tutti i parametri biologici studiati, inclusa la conta dei macrofagi, le lipoproteine a bassa densità (LDL) ossidate, la conta di cellule apoptosiche la proliferazione di metallo proteinasi e di cellule muscolari lisce. Inoltre le statine possono modulare la

vosoreattività cerebrale e la funzione endoteliale attraverso effetti paracrini sulla sintetasi dell’ossido nitrico (Amin-Hanjani et al51; Laufs et al52). In ultima analisi, le statine possono avere un’azione neuro protettrice attraverso un effetto antiossidante; inibendo l’adesione e la migrazione dei leucociti possono proteggere la penombra ischemica dal danno dei radicali liberi (Rosenson53)

Ancora più recentemente Yamada e coll.54 Hanno vagliato l’ipotesi se la terapia ipolipemizzante con atorvastatina in

(35)

paziente non ipercolesterolemici potesse ridurre l’instabilità di placca. Lo studio ha previsto l’arruolamento di 40 pazienti, randomizzati a terapia dietetica (n=20) e ad Atorvastatina 40 mg (n=20 ); la placca carotidea è stata monitorata misurando

basalmente ed a 6 mesi lo spessore medio intimale (IMT) e con analisi Backscatter integrata (IBS). Tale approccio permette di stimare il contenuto fibroso e lipidico della placca carotidea grazie alle diverse proprietà acustiche dei due tessuti. L’analisi densitometrica effettuata ha mostrato un progressivo aumento dei valori di IBS il che testimonia una significativa riduzione della composizione lipidica della placca stessa ed un aumento di quella fibrosa, senza variazioni di volume il che è significativo di una placca più stabile e dunque meno vulnerabile.

Disegno dello studio

Lo studio ROSPREC (ROSuvastatin Pretreatment to Reduce Embolization during Carotid Artery Stenting) si propone di valutare l’efficacia del pretrattamento con statina ad alto dosaggio (Rosuvastatina 40mg/die per 6 settimane prima dell’intervento di CAS) nella riduzione dell’embolizzazione distale durante il l’intervento di angioplastica carotidea elettiva con impianto di stent di prima intenzione. L’efficacia di tale trattamento va intesa come beneficio aggiuntivo (“on top”) all’attuale strategia assistenziale ottimale che prevede, oltre all’accurata selezione dei pazienti da avviare all’intervento di

(36)

rivascolarizzazione carotidea per via percutanea, l’adeguata preparazione farmacologica alla procedura e l’utilizzo dei

materiali e degli accorgimenti tecnico-procedurali di più recente introduzione. Lo studio randomizzato che intendiamo realizzare si propone di verificare se questa modificazione della placca carotidea ottenuta mediante il pretrattamento con statine si traduca in una minore propensione della placca stessa alla frammentazione durante CAS, con conseguente riduzione dell’embolizzazione distale e, in ultima analisi, della complicanze ischemiche cerebrali.

Abbiamo scelto la Rosuvastatina essendo essa il più potente agente ipolipemizzante oggi a disposizione in termini di

riduzione delle LDL e della PCR; inoltre il dosaggio previsto di 40 mg/die è stato ampiamente studiato in letteratura55-58.

La durata del pretrattamento di 6 settimane risulta essere un ragionevole compromesso fra un tempo sufficientemente lungo da permette all’agente di farmacologico di apportare i

cambiamenti attesi alla composizione della lesione

aterosclerotica da trattare e l’esigenza di non procrastinare troppo l’intervento, anche se i pazienti sono, come stabilito dai criteri di inclusione allo studio, neurologicamente stabili.

Abbiamo inoltre valutato l’entità del materiale embolizzato raccolto dai sistemi di protezione embolica; in aggiunta

(37)

quali l’IL-6 e l’IL-18 ed i livelli circolati di recettori correlati alla presenza di prodotti di ossidazione, quali il sLOX-1 ed il sRAGE.

Obiettivi

Lo studio si propone come end point primario la valutazione dell’efficacia della somministrazione di Rosuvastatina ad alto dosaggio (40 mg/die) nelle 6 settimane precedenti l’intervento di angioplastica carotidea in pazienti ipercolesterolemici nel ridurre l’entità dell’embolizzazione distale periprocedurale, utilizzato come surrogato delle complicanze ischemiche cerebrali periprocedurali.

Gli obiettivi secondari sono la dimostrazione che il suddetto pretrattamento con statine:

- riduca il tasso di complicanze ischemiche cerebrali periprocedurali ed a 30 giorni dalla procedura;

- modifichi l’istopatologia dei frammenti di materiale embolizzato riducendone la componente lipidica ed infiammatoria

- riduca i livelli circolanti dei markers infiammatori quali la CRP, l’IL-6 e l’IL-18, il sLOX-1 e il s-RAGE

Non ci siamo prefissati alcun end-point primario di sicurezza poiché essa è stata già ampiamente dimostrata in studi su vasta

(38)

scala53. Comunque fra gli obiettivi secondari abbiamo incluso la rilevazione di effetti indesiderati del trattamento con

Rosuvastatina quali l’aumento delle CK (>5xULN), delle transaminasi sieriche (>3xULN) e la comparsa di severa mialgia.

Metodi

Lo studio ROSPREC è uno studio di fase II, prospettico,

randomizzato, controllato e multicentrico in quanto prevede la collaborazione di 5 centri: il Dipartimento Cardiotoracico e Vascolare dell’Università di Pisa, l’Istituto di Fisiologia Clinica, CNR – Fondazione G. Monasterio” di Pisa e Massa, l’Unità di Cardiologia dell’ospedale di Merano, l’Unità di Cardiologia dell’ospedale di Castelfranco Veneto e la Casa di Cura Santa Maria di Bari.

Tutti i pazienti consecutivi con stenosi carotidea > 80% ed asintomatici saranno prospettivamente valutati per

l’arruolamento nello studio.

Per essere arruolati nello studio è stato previsto un livello di colesterolo > 120mg/dl e/o di PCR > 4 mg/dl. I pazienti con almeno un recente (minore di tre mesi) episodio di ischemia oculare o cerebrale omolaterale rispetto alla lesione carotidea sono stati esclusi poiché devono essere considerati pazienti “sintomatici” nei quali, come ampiamente dimostrato, la

(39)

rivascolarizzazione dovrebbe essere eseguita il prima possibile, possibilmente in due settimane55.

Tutti i candidati a procedura di CAS devono fornire il loro consenso informato scritto e saranno dunque randomizzati con un rapporto 1 a 1 al trattamento con 40 mg/die di Rosuvastatina per le sei settimane antecedenti la procedura interventistica o placebo.

In ciascun paziente sarà effettuata una valutazione ispettiva della quantità di materiale embolizzato raccolto nei filtri di protezione subito dopo la procedura al fine di valutare l’end point primario dello studio. Tutti i pazienti saranno seguiti con un follow-up clinico ed ecografico a un mese, a sei mesi ed ad un anno.

Popolazione dello studio

I criteri di inclusione sono i seguenti:

 Stenosi carotidea ≥80% determinata all’ecografia in pazienti asintomatici

 Pazienti di ambo i sessi

 Età compresa fra i 18 e gli 80 anni

 Non controindicazioni alla procedura di CAS

(impossibilità di reperire un accesso vascolare sicuro; aneurisma o malformazione artero-venosa intracranici richiedenti trattamento; lesione carotidea estremamente calcifica; trombosi visibile sovrapposta alla lesione; sub

(40)

occlusione lunga; aspettativa di vita minore di 5 anni; controindicazione all’aspirina o alle tienopiridine; severa insufficienza renale che preclude la sicura

somministrazione di mezzo di contrasto angiografico  Valori basali di LDL >120 mg/dL e/o CRP >4 mg/dL;  Consenso informato.

Criteri di esclusione sono:

 Valori basali di LDL ≤120 mg/dL e CRP ≤4 mg/dL;  Impossibilità all’utilizzo dei sistemi di protezione

embolica;

 Sintomatologia neurologica recente (<3 mesi) (ischemia cerebrale od oculare omolaterale alla stenosi carotidea da trattare mediante CAS) da richiedere intervento di

rivascolarizzazione carotidea senza ritardi

 Concomitante trattamento con qualsiasi statina al momento dello screening, ad eccezione della

Rosuvastatina a dosaggi compresi fra 5 e 20 mg/die;  Emorragia interna in atto;

 Recente (< 2 mesi) trauma o chirurgia spinale;  Recente (entro 6 mesi) emorragia gastroenterica o

genitourinaria di rilevanza clinica;  Diatesi emorragica;

 Trombocitopenia (PLT <100.000/ml);

(41)

 Controindicazione all’aspirina e/o alle tienopiridine;  Gravidanza o allattamento;

 Donne in età fertile o che non soddisfano la seguente definizione di post-menopausa: amenorrea fisiologia da più di 12 mesi o ovariectomia bilaterale da più di sei settimane (nel caso di ovariectomia monolaterale lo stato riproduttivo deve essere valutato mediante determinazione ormonale);

 Ipersensibilità alla Rosuvastatina o a qualsiasi degli eccipienti

 Epatopatia attiva compresa un’inspiegata e persistente elevazione dei livelli delle transaminasi sieriche maggiori di 3 volte il limite superiore di normalità

 Insufficienza renale da moderata a severa (clearance della creatinina <60 ml/min);

 miopatia;

 uso concomitante di ciclosporina, fibrati, o antagonisti della vitamina K;

 ipotiroidismo;

 storia personale o familiare di disordini muscolari ereditabili;

 pregressa tossicità muscolare con altri inibitori della HMG-CoA riduttasi o fibrati;

(42)

Schema di Randomizzazione

Tutti i pazienti candidati a CAS dopo aver dato il loro consenso informato saranno randomizzati con un rapporto 1:1 a:

- 40 mg di Rosuvastatina al dì per le sei settimane precedenti la procedura di CAS

- Nessun trattamento con Rosuvastatina prima della procedura

Fig. 4. Flow Chart dello studio.

Criteri per l’interruzione del trattamento con Rosuvastatina ed uscita dallo studio

I pazienti che sviluppino una marcata elevazione delle CK sieriche (>5xULN) o delle transaminasi (>3xULN), o che

(43)

quotidiana (anche se i valori di CK sono ≤ 5x ULN),

sospenderanno il trattamento con Rosuvastatina ed usciranno dallo studio.

In aggiunta, i pazienti randomizzati al braccio di trattamento con Rosuvastatina che richiederanno durante il trattamento una terapia con ciclosporina o con antagonista della vitamina K usciranno dallo studio.

Valutazione dei biomarkers

Al fine di monitorare i livelli di IL-6, IL-18, sLOX-1 e sRAGE, 3.5 mL di sangue venoso periferico saranno prelevati e

conservati in provette contenenti EDTA ai seguenti intervalli:  Al momento della randomizzazione

 Il giorno precedente la procedura di CAS  Immediatamente dopo la procedura di CAS  A 30 giorni dopo la procedura.

Strategia procedurale

Tutte le procedure di CAS saranno effettuate utilizzando la più attenta tecnica di incannulazione dell’arteria carotide, che prevede l’utilizzo di introduttori lunghi, cateteri guida dedicati, o sistemi di protezione embolica prossimale a discrezione dell’operatore.

(44)

Il sistema di protezione embolica da utilizzare come prima scelta sarà l’Emboshield (protezione distale); in caso di

impossibilità a posizionarlo in sicurezza, si potrà scegliere tra il Mo.Ma (protezione prossimale), e lo Spider FX (protezione distale). Lo stent sarà scelto a discrezione dell’operatore tra due tipi: Precise (stent in nitinolo con un disegno a celle aperte), Xact (stent in nitinolo con disegno a celle chiuse). I risultati saranno analizzati stratificandoli in base al tipo di stent utilizzato. Al termine della procedura si provvederà all’ispezione visiva del filtro per la quantificazione dei frammenti embolizzati.

Quantificazione dell’embolizzazione e analisi istochimica

La valutazione dell’entità dell’embolizzazione sarà effettuata immediatamente al termine della procedura dall’operatore in cieco. Il filtro verrà dunque conservato in formalina ed inviato all’anatomopatologo per una seconda valutazione ispettiva, e per la caratterizzazione istochimica, laddove la quantità di materiale embolizzato lo consenta.

L’embolizzazione verrà dunque categorizzata in due gruppi in base alla quantificazione ispettiva dei frammenti:

- “Scarce embolization”: materiale embolico non visibile o solo difficilmente visibile (gado da 0 ad 1 della scala semiquantitativa)

(45)

- “Relevant embolization”: materiale embolico visibile (grado da 2 a 4 della scala semiquantitativa)

Per la quantificazione dell’embolizzazione sarà utilizzata una valutazione semiquantitativa dei frammenti embolici:

 0: embolizzazione non visibile

 1: frammenti embolici difficilmente visibili

 2: frammenti embolici visibili ma non differenziabili  3: frammenti embolici visibili e di dimensioni ciascuno

<0.5 mm di diametro

 4: frammenti embolici visibili e di dimensioni ciascuno >0.5 mm di diametro

Follow-up

Tutti i pazienti saranno avviati ad un follow-up clinico ed ecografico ad un mese dalla procedura, a sei mesi ed ad un anno. Un campione di sangue verrà prelevato ad un mese.

Analisi statistica

La dimensione del campione da analizzare è stata definita in base all’end point primario di prevalenza dell’embolizzazione rilevante e supponendo una probabilità a due code di tipo I di errore pari a 0,05. La dimensione di tale campione può però essere solo stimata, essendo il disegno dello studio di tipo sperimentale. Comunque, basandoci sui dati dell’analisi

(46)

retrospettiva precedentemente esposta, possiamo ipotizzare una prevalenza di “Relevant embolization” del 30% nei pazienti ipercolesterolemici non pretrattati con Rosuvastatina, e del 10% in quelli pretrattati. Così, 59 pazienti per gruppo sono necessari per identificare queste differenze con una Potenza statica

dell’80%. I dati saranno analizzati con il software PASS 2006 utilizzando il test Z a due code . L’end point primario dovrebbe essere disponibile per tutti i pazienti che saranno sottoposti a procedura di CAS; assumendo però un tasso di abbandono del 10%, 65 pazienti per gruppo dovranno essere randomizzati (130 pazienti in tutto).

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Figura

Tabella 2. Analisi multivariata delle variabile prese in esame
Fig. 2. La nostra analisi retrospettiva ha evidenziato una correlazione
Fig. 3. Effetti pleiotropici delle statine; effetti vasoprotettivi delle statine indipendenti  dalla loro azione ipolipemizzante
Fig. 4. Flow Chart dello studio.

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