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Diffusione delle tecnologie e “information made diseases”

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Academic year: 2021

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Diffusione delle tecnologie e “information made

diseases”

1. INTRODUZIONE ... 2

2. INFLUENZE NEGATIVE DELLE NUOVE TECNOLOGIE SULLA VITA REALE ... 6

2.1 Stiamo diventando schiavi della tecnologia? ... 6

2.2 Il WEB come strumento amplificatore di tale fenomeno ... 11

2.3 La comunicazione globale... 13

2.4 Internet Addiction Disorder: la dipendenza da non sostanze ... 21

3. FAKE NEWS ... 24

3.1 Cosa sono le fake news? ... 24

3.2 Misinformation VS Disinformation ... 30

3.3 Polarizzazione delle informazioni tramite echo-chambers ... 33

3.4 Possibili misure preventive ... 41

4. LIKE ADDICTION E SUE “PERVERSE” IMPLICAZIONI SULLA RELAZIONALITÀ SOCIALE ... 44

4.1 Come cambia la relazionalità sociale ... 44

4.2 Alone together and death conversation ... 47

4.3 Accettazione sociale tramite i like e gratificazione personale ... 50

5. “I HATE, YOU LIKE ME, I WIN” ... 58

5.1 Hate speech ... 58

5.2 Cyberbullismo ... 60

5.3 Come possiamo rimediare? ... 65

6. CONCLUSIONI ... 68

7. IL CASO CAMBRIDGE ANALYTICA... 69

BIBLIOGRAFIA ... 74

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1. INTRODUZIONE

Le audizioni di Marc Zuckerberg al Senato e alla Camera degli Stati Uniti in relazione allo scandalo “Cambridge Analytica”, con la relativa vendita di dati di 87 milioni di utenti Facebook inconsapevoli, ha mostrato a tutto tondo l’ultima delle facce negative dell’uso inappropriato del mondo di Internet. Di per sé il fatto non dovrebbe costituire un problema, ma se consideriamo che questi dati vengono trattati non solo dalla società a cui li vendiamo in cambio della gratuità del servizio, ma anche da qualsiasi azienda disposta a pagare per questi dati, il gioco diventa scorretto. Il caso “Cambridge Analytica” porta il problema al parossismo: alla base vi è una violazione di dati personali che vengono “rubati” agli utenti inconsapevoli con lo scopo di profitto (per Cambridge Analytica) illecito volto a favorire determinati candidati e o movimenti politici e quindi, in ultima analisi, potenzialmente a danno dei cittadini che li hanno messi a disposizione1.

Questa, però, è solo la punta dell’iceberg in un mare di argomenti derivanti dalle distorsioni di un uso improprio delle tecnologie che stanno sempre più invadendo le nostre vite. Sono molti gli esempi che si possono fare e, personalmente, sono rimasto molto sorpreso quando, non appena atterrato a Pisa qualche giorno fa, è arrivata su Facebook una notifica che recitava: “Che bello rivederti a Pisa! Scopri i luoghi della città dove sono stati i tuoi amici.” Più che accolto mi sono sentito seguito tanto è vero che leggo la cosa come: “ciao, ricordati che NOI sappiamo DOVE sei, in OGNI momento della tua giornata!”. In più, oltre a sapere del mio arrivo, il social network mi dice anche che sa dei luoghi frequentati dagli utenti facenti parte degli “amici”. Ciò mi ricorda due aspetti, che non saprei se qualificare come soltanto “curiosi” oppure preoccupanti, quali la geolocalizzazione permanente a livello globale e la conoscenza approfondita di tutti gli utenti ai quali vengono proposte offerte commerciali attraverso il sempre più adoperato marketing di prossimità2.

Vi sono infinite altre situazioni, che già di per sé si configurano come veri e propri reati, che invece hanno spettacolarmente amplificato la loro risonanza attraverso il web. Tra i primi che vengono in mente per la loro frequenza sulle news online oppure della stampa quotidiana, ci sono il cyberbullismo soprattutto scolastico su persone minori e potenzialmente molto fragili, il cyber-stalking, ed i ricatti su immagini a sfondo sessuale. Si tratta di fenomeni già esistenti prima dell’avvento di Internet, ma che hanno sfruttato tale mezzo per diventare più persistenti e più sottilmente incisivi nei confronti delle vittime. Con riferimento ai ricatti dovuti a materiale “a luci rosse”, si tratta delle situazioni in cui viene richiesta una somma di denaro, in molti casi ingente, per

1www.ilpost.it/2018/03/19/facebook-cambridge-analytica/

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“fermare” la diffusione di materiale privato che viene rubato tramite l’hackeraggio dei dispositivi. Notiamo in particolare che il coinvolgimento di soggetti minori in queste circostanze è sempre più diffuso. In tale contesto, la vecchia iconografia dei “paparazzi” nella quale sembrava che soltanto i personaggi famosi fossero i più bersagliati, con i media di tipo scandalistico che sfruttavano tali situazioni per creare scoop ed ottenere visibilità, i dati di recente tipo investigativo e giudiziario ci mostrano una realtà dei fatti totalmente differente e, probabilmente, sottostimata in modo drammatico con le vittime che, nella maggior parte dei casi tendono a celare, e quindi a non denunciare, l’accaduto per la vergogna provata ma soprattutto per il timore di diventare oggetto di ulteriori ricatti, attraverso i processi di vendita delle immagini sulla rete. Ovviamente la domanda a monte di tutto è, si può prevenire la creazione e diffusione di questo tipo di materiale? Sembra facile rispondere positivamente a questa domanda ma, considerati i rischi che ne possono derivare, la risposta non è così ovvia come la domanda. Per queste motivazioni, sono stati presi diversi provvedimenti già a partire dal 2014 in cui è stata indetta la prima edizione di “Una vita da social3” che pone il suo

interesse sul fenomeno del cyberbullismo per farlo conoscere soprattutto a genitori e insegnati, inoltre all’inizio del 2018 è stato siglato un accordo tra il Garante per la protezione dei dati personali e la Polizia postale per tutelare maggiormente i giovani dai rischi derivanti da un uso scorretto del web. Gli obiettivi perseguiti sono: l’educazione dei più giovani nell’utilizzo sicuro e corretto dei Internet e la possibilità di intraprendere azioni concrete per aiutare i soggetti presi di mira4.

La possibilità di fare foto, video, creare contenuti e condividerli è ormai prassi comune della società, essenzialmente senza discriminazione demografica alcuna e quindi senza strumenti di protezione alle figure “deboli”, come i soggetti minori, fatto salvo una sorveglianza capillare – peraltro impossibile – da parte delle famiglie. Lo strumento principe di questi comportamenti è sicuramente lo smartphone con cui ormai “si fa praticamente tutto” e che è diventato una vera e propria “protesi” dell’organismo umano. Dalla sveglia, a Internet, passando per fotocamera, chat, chiamate, social network, ascolto della musica, indicazioni stradali, giochi, pagamenti, acquisti online, consultare il proprio conto bancario e le tantissime altre cose che riesce a fare questo fantastico strumento, rendono ormai lo smartphone un oggetto imprescindibile per il genere umano5.

Questa lista infinita di esempi non ci sta mostrando che la tecnologia è “cattiva” e che l’unica strada per evitare queste problematiche è di bandirla per tornare ad un improbabile passato, non mi sento antimodernista e tantomeno voglio diventarlo. Lo scopo di questo mio interesse per tali problemi se guardiamo ai danni che gli utilizzi impropri delle tecnologie (di comunicazione) stanno causando, è

3 www.poliziadistato.it/articolo/31696

4 www.poliziadistato.it/articolo/155a59e6946e0c2717224094

5 www.adnkronos.com/salute/2017/11/28/smartphone-come-una-protesi-ragazzi-fatica-senza_T0xWPCf0c4RASDC5FwGnwJ.html

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quello di avviare una riflessione più complessiva sulla diffusa incapacità di governarli soprattutto ai fini della tutela dei più deboli. Innegabilmente il ruolo che la crescita continua dei consumi di tecnologia come fine ultimo sta assumendo, porta l’uomo a spendere sempre di più del suo budget di reddito in tecnologia aumentando, di conseguenza, il tempo speso utilizzando tecnologie. Quest’ultimo a sua volta aumenta la dipendenza dalla tecnologia stessa, indebolendo gradualmente le barriere nei confronti dei possibili usi “perversi”.

Il mio progetto di tesi pone quindi la sua attenzione sui problemi per la salute individuale e sociale causati dagli innumerevoli e continui progressi che la tecnologia ha compiuto nell’era della globalizzazione soprattutto nei domini dell’informazione ottenuta per mezzo di Internet e dei social media. Gli argomenti che rientrano in questa tematica sono innumerevoli e in continuo divenire quindi si è deciso di focalizzare l’attenzione sulle implicazioni negative apportate dalla tecnologia che oggi incentivano un forte rischio legato sicuramente ad un utilizzo eccessivo.

Possiamo riportare molti altri esempi emblematici derivanti dall’utilizzo del web che hanno coinvolto la società mostrando la parte oscura del web. A parte il già menzionato caso di Cambridge Analytica che verrà approfondito nell’appendice, merita attenzione la battaglia dell’attivista David Hogg contro l’utilizzo delle armi in America, a seguito della sparatoria dello scorso 14 Febbraio nella scuola di Parkland in Florida, nonché la bufera mediatica online che ha coinvolto la presentatrice Laura Ingraham a seguito delle sue dichiarazioni contro lo stesso Hogg6.

Anche nel panorama politico il web ha fatto la sua irruzione già a partire dalla prima campagna elettorale di Obama per poi radicarsi in modo capillare in tale contesto sì da riuscire ad interferire sull’esito delle elezioni stesse come nel caso di Trump durante le ultime presidenziali americane. Cosa accaduta anche in Italia, dove i partiti politici hanno scelto dei team di esperti del web in grado di valutare il panorama elettorale per formulare la propria campagna su misura7. Ancora il web ha avuto un’importanza fondamentale dal punto di vista mediatico in quanto ha permesso alle testate giornalistiche di raggiungere il proprio pubblico in modo più diretto e diversificato tanto da proporre articoli sul web che si contraddistinguono per la loro disparatezza, con il fine ultimo di “intrattenere” anche i nuovi segmenti del mercato. In tale contesto, è utile ricordare inoltre che le nuove tecnologie hanno reso tutti noi dei soggetti in grado di produrre e condividere con il nostro pubblico materiale informativo; abbiamo così assistito alla nascita di nuove figure professionali che, per quanto discutibili, si sono create autonomamente senza un percorso formativo mirato in quanto la società non era pronta, e forse non lo è tuttora, ad istruire tali figure ma soltanto ad accoglierle. Altro aspetto significativo è dato dalla possibilità di incontrare nuove persone tramite applicazioni del telefono che

6 www.dailywire.com/news/28770/gun-rights-provocateur-david-hogg-rejected-four-joseph-curl

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pongono la geolocalizzazione alla base del loro utilizzo. Se da un lato potrebbe essere affascinante conoscere nuove persone, dall’altro non si sa chi si possa presentare all’appuntamento. Un gioco pericoloso dunque, a cui però la popolazione dei più giovani è disposta, nella maggior parte dei casi, a giocare8. Viene anche evidenziato, come un carico eccessivo di informazioni ampiamente divulgate sul web, a disposizione quasi “obbligata” di ogni individuo, possa accentuare delle distorsioni nei vari soggetti come se queste ultime fossero flash irrefrenabili di stimoli che non vengono filtrati correttamente, causando una compromissione delle informazioni stesse.

All’interno delle infinite aree possibili, ho deciso di concentrarmi, passando in rassegna la letteratura e la sitografia recente, su 4 temi principali di mio interesse personale quali la dipendenza da Internet, le tanto discusse fake-news e quelle che sono le implicazioni derivanti dalle stesse, per poi vedere come questi fenomeni condizionano le relazioni interpersonali dei soggetti all’interno della società moderna ed infine la diffusione dell’odio online.

Il mio progetto di tesi non vuole andare contro la tecnologia ma aumentare l’attenzione e la consapevolezza sugli usi negativi delle tecnologie e sulla loro diffusione nonché sulla possibilità delle società di introdurre idonei strumenti di prevenzione e controllo a tutela delle fasce più deboli della popolazione. Nonostante la criticità delle argomentazioni trattate è evidente che gli innumerevoli benefici apportati dalle nuove tecnologie abbiano contribuito ad un significativa crescita, in termini di conoscenze, della popolazione mondiale, ma si è ritenuto opportuno evidenziare l’ignoranza dei pericoli che derivano da un uso sconsiderato ed eccessivo di molti dispositivi che rendono il genere umano iperconnesso all’interno del nuovo mondo virtuale e, allo stesso tempo, lontano da tutto ciò che può o potrebbe essere visibilmente e realmente fruibile e quindi autentico.

La presente tesi è suddivisa in sei capitoli ed è organizzata come segue. Nel capitolo due discuto delle influenze negative che la tecnologia sta apportando alla vita reale, passando per l’evoluzione data dal web che ha portato la comunicazione ad un livello globale per poi soffermarmi sulla dipendenza da Internet e le patologie che ne derivano. Nel terzo capitolo si affronta in maniera approfondita il problema delle fake news nel panorama virtuale moderno proponendo, in ultima istanza, delle misure preventive che riescano a porre un limite alla proliferazione senza controllo delle stesse. Nel quarto capitolo invece vengono studiate le implicazioni sulla relazionalità sociale date dalla dipendenza dai social network e dall’accettazione ricercata sugli stessi che minano il benessere individuale. Nel quinto capitolo viene approfondito il tema della proliferazione dell’odio online e del sempre più discusso cyberbullismo che ormai da qualche anno imperversa sulle maggiori testate giornalistiche, cercando, anche in questo caso, di proporre dei rimedi funzionali al problema. Infine, le conclusioni nel sesto capitolo riportano il mio pensiero sulle tematiche trattate.

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2. INFLUENZE NEGATIVE DELLE NUOVE TECNOLOGIE

SULLA VITA REALE

2.1 Stiamo diventando schiavi della tecnologia?

I numerosi progressi della tecnologia nel campo dell’informazione, quali Internet e social media, sono considerati un supporto fondamentale nell’ampliamento delle nostre conoscenze ma innegabili sono i rischi di distrazione legati all’eccesso di stimoli da essi derivanti che oggi risulta essere, in taluni casi, addirittura esasperante. Partiamo con un’analisi di quelli che sono i numeri di Internet e, più in particolare, degli utenti che adoperano il web quotidianamente9:

Popolazione 2018 (stimata) Popolazione 2000 (stimata) Utilizzatori Internet 31/12/17 Utilizzatori Internet 31/12/00 Maggiori 20 Paesi 5,146,561,906 4,312,497,691 2,937,139,302 (57%) 251,346,400 (5.8%) Resto del mondo 2,488,196,522 1,832,509,298 1,219,792,838 (49%) 109,639,092 (5.9%) Totale 7,634,758,428 6,145,006,989 4,156,932,140 (54%) 360,985,492 (5.9%)

Tab.1 – Penetrazione Internet a livello mondiale fonte:www.internetworldstats.com/top20.htm

In questo panorama così vasto, un ruolo fondamentale è svolto da Google e Facebook che registrano un numero di utenti impressionanti di cui detengono, in maniera discutibile, dati personali adoperati per profilare i propri utenti. Non è di poco conto visto che Facebook a metà dello scorso anno hanno raggiunto i 2 miliardi di utenti10, ovvero quasi un terzo della popolazione mondiale. Questi dati, incrociati con le attitudini degli utenti sul web, vengono adoperati dalle aziende online per profilare gli utenti stessi al fine di poter indirizzare pubblicità mirate. È proprio la pubblicità la forma di guadagno preferita dalle grandi aziende dell’online che fatturano cifre da capogiro tanto che le top 5 aziende a livello globale hanno un giro d’affari che si aggira sui 2750 miliardi di dollari11.

9www.internetworldstats.com/top20.htm

10 www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2017/06/27/facebook-zuckerberg-annuncia-raggiunti-i-2-miliardi-utenti_ee36b935-2a6f-453d-be87-23f735333e53.html

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Fig.1 – Capitalizzazione 2017 dei colossi dell’online

Considerando la portata di utilizzatori Internet e la persistenza delle aziende online si comprende quanto il web sia diventato parte integrante della società moderna che viene continuamente bersagliata con innumerevoli contenuti multimediali. Per definire il problema è stata coniata l’espressione information overload(sovraccarico cognitivo)12 che indica le eccessive informazioni che recepiamo e che il più delle volte non siamo in grado di elaborare né di approfondire con il risultato di ritrovarci in balia delle distrazioni e della superficialità.

Il sovraccarico cognitivo è dunque un disturbo che si caratterizza per il trascorrere sempre più tempo on line, navigando da un sito all'altro alla ricerca di informazioni sempre più aggiornate e complete, senza riuscire a fermarsi o a diminuire l'effettivo tempo passato connessi alla rete. Inizialmente la persona esperisce un senso di piacere e di eccitazione una volta trovata l'informazione ricercata, che successivamente lascia spazio ad un circolo vizioso nel quale la persona si trova intrappolata: le informazioni iniziali non bastano più e la ricerca di ulteriori viene percepito come un dovere e una necessità. Vi sono inoltre due patologie strettamente collegate e conseguenti al sovraccarico cognitivo: l’Information Anxiety13 e l’Information Fatigue Sindrome. La prima riguarda deriva da un

termine coniato da Richard Saul Wurman nel 1989 ed individua una condizione di stress causata dall’impossibilità di accedere, capire o fare un uso corretto dell’informazione. L’autore definisce l’ansia da informazione come “il prodotto del sempre più ampio divario tra ciò che capiamo e quello che pensiamo di capire. È il buco nero tra i dati e la conoscenza”14.

La Reuters News Agency incaricò a David Lewis uno studio riguardante i problemi di gestione dell’informazione, facendo riferimento in particolar modo ai luoghi di lavoro. Durante il corso dello

12 https://it.wikipedia.org/wiki/Sovraccarico_cognitivo 13 Cfr. R.S. Wurman, Information anxiety, 1989 14 www.psicologi-italia.it

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studio Lewis individuò una serie di sintomi derivanti dall’Information overload e li racchiuse all’interno della sindrome conosciuta come affaticamento informativo.

Tra le manifestazioni più frequenti osservate lavoratori d’ufficio, e in particolare nei manager, sono comprese:

• malumori ed irritabilità; • ansia e dubbi su di sé; • insonnia;

• confusione e frustrazione; • dolori di stomaco e mal di testa; • dimenticanze.

Secondo lo studioso, queste manifestazioni fisiche derivanti dal sovraccarico informativo portano ad un peggioramento della qualità delle decisioni prese e in una paralisi della capacità analitica, meglio conosciuta come “paralysis for analysis”. Quest’ultima può indurre il cervello ad una disfunzione generale, con una conseguente lettura erronea delle informazioni a disposizione che, nella maggior parte delle volte, porta i professionisti a prendere decisioni avventate e spesso errate. Si pensa che l’Information Fatigue Syndrome sia un fenomeno che affligge buona parte degli individui che per lavoro sono costretti a gestire notevoli flussi informativi15.

Le sindromi riportate non riguardano soltanto i professionisti o comunque tutti coloro che, per lavoro, hanno a che fare con una grande mole di informazioni perché in realtà possono ricadere in questa fattispecie tutti i soggetti connessi al mondo virtuale. Questa è una diretta conseguenza dell’irruzione tecnologica nelle nostre vite e di internet in particolare dello smartphone che sta sostituendo tanti oggetti che in passato corredavano le nostre vite divenendo, soprattutto in Italia, un oggetto imprescindibile per la nostra vita.

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Fig. 2 – Gli oggetti sostituiti dallo smartphone

Oltre a tutte queste funzioni basilari di uno smartphone, viene analizzato il comportamento tenuto dagli individui nello spasmodico utilizzo del proprio device che viene controllato anche quando non vi sono avvisi.16

Tutte le volte che apriamo Facebook, scorrendo la nostra bacheca possiamo leggere di guerre, attentati, della settimana della moda di Milano, del nostro ex compagno di classe neo papà, la dichiarazione demenziale del politico di turno, la ricetta vegana dell’ultimo minuto e così via. È pur vero che i social network rappresentano la punta dell’iceberg della questione ma non bisogna trascurare il fatto che anche la più banale delle giornate è piena di continue interruzioni e informazioni da gestire. Email, telefonate, messaggi whatsapp, sms rendono difficile concentrarci nello studio, nel lavoro, nei nostri progetti, nelle relazioni, insomma nella dimensione reale della quotidianità, il problema è che siamo tanto coinvolti in questo sistema da pensare di essere delle vittime della distrazione e che il problema stia fuori da noi come se la società ci imponesse di essere sempre connessi e reperibili. In realtà niente e nessuno ci vieta di stare offline per qualche ora eppure non lo facciamo forse per un certo disagio intimo derivante dalla paura di rimanere soli con noi stessi in un mondo in cui si dà grande rilevanza allo stare insieme, sia pure in maniera virtuale.

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Fig.3 - La mia bacheca Facebook17

Riportando una pagina esemplificativa della mia bacheca di Facebook è evidente come il numero delle informazioni che si possono consultare sia spropositato; infatti siamo ormai abituati a trovarci di fronte a queste schermate ricolme di notizie di ogni genere.

Da studi recenti però è emerso che l’occhio umano focalizza la propria attenzione soltanto su determinate parti che compongono la pagina, a scapito delle altre.

Fig.4 – Eye tracking su Facebook18

17 www.facebook.com/ 18www.google.it/search?biw=1366&bih=651&tbm=isch&sa=1&ei=KbTLWuCeL4nAgAbE86OICQ&q=eye+tracking+ on+facebook&oq=eye+tracking+on+facebook&gs_l=psy- ab.3...5911.6421.0.6631.5.4.0.0.0.0.225.572.0j3j1.4.0....0...1c.1.64.psy-ab..2.0.0....0.ghgV1kBbj5Q#imgrc=ckKtk7YZ1AS8zM:

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Dall’immagine sopra riportata notiamo come le zone in rosso siano quelle prese in considerazione dagli utenti in quanto sono quelle ritenute di maggiore interesse e che quindi catturano lo sguardo al colpo d’occhio. Le informazioni presenti in queste zone saranno quelle che con maggiore probabilità bucheranno la sfera dell’attenzione del soggetto, cosa che invece non accadrà nelle zone non evidenziate.

Un’altra condizione che si è voluta riportare all’interno dell’elaborato è la gestione del tempo, infatti di ogni tipo di attesa viene convertita un momento utile per potersi connettere estraniandosi dal contesto reale connettendosi a quello virtuale: ciò si può vedere praticamente ovunque come ad esempio nei mezzi pubblici dove ognuno è immerso nel proprio dispositivo e più in generale in tutti i contesti quotidiani in cui l’attesa viene “ingannata” in favore della connessione virtuale.

Insomma, cerchiamo di allontanarci e scappare con la mente perché i confini del qui e ora ci vanno stretti e la tecnologia ci aiuta in questa fuga ma, allo stesso tempo, ci rende sempre più dipendenti da questo illusorio senso di libertà.

2.2 Il WEB come strumento amplificatore di tale fenomeno

La tecnologia ha reso possibili importanti innovazioni in campo medico e scientifico, ha prodotto vantaggi significativi nel settore del business, ha migliorato la qualità della comunicazione in termini di rapidità e ha consentito a tutti di far parte di un mondo senza confini. Bisogna però considerare l’altro lato di questa medaglia sfavillante, ossia i problemi legati alla dipendenza dalla tecnologia in generale, e da internet in particolare. L’avvento di Internet e l’uso improprio che le persone ne hanno fatto nel corso degli anni, lo hanno reso un compagno onnipresente e la tecnologia ha seguito questo trend: non solo computer portatili sempre più maneggevoli, ma, da qualche anno ormai, anche smartphone e tablet garantisco l’accesso al web ovunque ci troviamo in modo da essere connessi con il mondo virtuale e sempre meno con quello che fisicamente ci circonda. Non c’è più bisogno di andare dal giornalaio a comprare il quotidiano per sapere cosa accade nel mondo o andare in biblioteca per fare una piccola ricerca, è possibile usufruire delle informazioni comodamente da casa con un click.

Il primo grande merito dei social network è indubbiamente quello di aver facilitato la comunicazione in ogni suo aspetto, tanto che in questi anni rappresentano un aggregatore di persone che cercano e vogliono mantenere contatti con vecchi e nuovi amici , nonché di aziende che adoperano questi strumenti per la comunicazione aziendale .

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Bisogna notare che l’uso smodato porta alla dipendenza da social network che ormai è molto diffusa e, come avviene nelle altre dipendenze, è causa di problemi. Gli atteggiamenti di uso ed abuso di questi siti web ed il loro perpetrarsi, fino addirittura alla dipendenza, sono innescati e portati avanti da meccanismi psicologici e neurologici di piacere, soddisfazione, affettività ed autostima. A livello celebrale vengono rilasciate maggiori quantità di sostanze psico - attivanti, quali la dopamina, anche conosciuta come l’ormone della felicità, e a livello mentale si creano meccanismi e schemi ricompensatori che portano al riutilizzo continuo e sempre maggiore. Inizialmente ad essere letteralmente rapiti dai social network sono i giovani: almeno 5 mila ragazzi in Italia sono considerati a rischio di dipendenza da social network, visto che trascorrono da 2 a 3 ore al giorno sui vari profili disponibili in internet. Nel 2008 la diffusione di Facebook è stata così grande da poter essere definita esponenziale e l'Italia ha raggiunto il primo posto della classifica mondiale de i paesi con maggiore percentuale d’incremento utenti con un aumento del tempo totale trascorso su Facebook del 566% dal 2007 al 2008. Questa statistica indica da sola l'attrattiva esponenziale delle SNS e suggerisce anche una ragione per un aumento della potenziale dipendenza da SNS19.

In pochi anni questo social network è divenuto uno dei dieci siti maggiormente cliccati e frequentati del web, acquisendo in breve tempo milioni e milioni di utenti in tutto il mondo. Purtroppo, però, accanto alle caratteristiche positive di visibilità, congregazione, condivisione, sono comparse anche delle note assai negative, in particolare legate a veri e propri casi di dipendenza. I giovani, trovandosi in una fase della vita in cui non hanno ancora delle certezze, né un’identità definita, passano la maggior parte del loro tempo sul web perdendo così ogni contatto con la realtà ed anche la voglia di vivere i rapporti in maniera più concreta e “umana”20.

Ora non solo gli adolescenti ma anche gli adulti sono a rischio di dipen denza da social network, infatti se sommiamo il tempo trascorso ogni giorno tra computer, cellulari e TV arriviamo a una media di 8-9 ore passate davanti a uno schermo. Rimane spesso poco tempo per dedicarci ad attività rilassanti e curare le relazioni per sonali con il rischio, non banale, di ammalarsi di videodipendenza e tecnostress è concreto.

La dipendenza dai social sembra essere dovuta al forte senso di sicurezza, di personalità e di socialità in una società sempre meno connotata dai contatti sociali che tale forma di siti sono in grado di fornire. Anche questa forma di dipendenza, come le altre, porta le proprie conseguenze quali emicrania, tachicardia, ansia, depressione e stress. Quando si attraversa

19 The Nielsen Company. Global Faces and Networked Places; The Nielsen Company: New York, NY, USA, 2009. 20 www.cristinapuglia.it/blog/30-dipendenza_dai_social_network.htm

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un momento di difficoltà, il computer e le sue risorse illimitate possono ridurre notevolmente lo stato di disagio, l’ansia o il senso di solitudine offrendo opportunità di svago e alleggerimento della mente, in pratica come un veloce calmante che devia dal problema vissuto in quel dato momento. Si rischia in questo modo di instaurare un circolo vizioso per cui, ogni volta che si è in una situazione conflittuale, si preferisce tornare a distrarsi creando una dipendenza, non una soluzione al problema, che invece permane e, anzi, viene così alimentato. È sempre più triste, perché in realtà la tecnologia avrebbe dovuto metter in relazione le persone, aiutarle a rimanere in contatto, ed invece interrompe i rapporti creando un vuoto21.

Certamente è molto difficile valutare se e quando un uso eccessivo del web s i trasformi in un problema vero e proprio, infatti molte persone passano ormai una quantità significativa di ore sul computer senza per questo sviluppare forme di dipendenza , come è giusto che sia. Quello che diventa un segno della eventuale presenza di un “problema” riguarda il modo in cui l’uso di internet riduce la qualità relazionale e interattiva dell’individuo nella sua quotidianità. “I social network hanno affermato la visibilità come misura del valore”, spiega Crepet22, “sono il contrario di J.D. Salinger che scompare, si ritira dalla vita pubblica, ma permane. Avere un riscontro, un feedback, un like, molti followers diventa una dipendenza. Le foto del profilo sono il nuovo biglietto da visita. Sono sintomatiche tutte le foto in cui ci addobba in modo diverso da come si è: foto che sono un’esteriorizzazione del sé, in mancanza del sé”.

2.3 La comunicazione globale

La comunicazione globale è il termine utilizzato per descrivere le modalità in cui possiamo connetterci, condividere, relazionarci e mobilitarci attraverso le divisioni geografiche, politiche, economiche, sociali e culturali. Questo tipo di comunicazione quindi implica un trasferimento di conoscenze e idee dai centri di potere alle periferie e l'imposizione di una nuova egemonia interculturale mediante il "soft power" delle notizie e dell'intrattenimento globale in un’ottica bottom-up in cui tutti gli utenti sono in grado di produrre informazioni. Lo studio della comunicazione globale è un campo interdisciplinare che analizza i flussi continui di informazioni utilizzate nel trasferire valori, opinioni, conoscenze, cultura attraverso i confini23.

Con la fine del ventesimo secolo e la svolta di un nuovo millennio, l'arena globale e il campo della comunicazione internazionale hanno subito significative cambiamenti che hanno indotto alcuni autori

21 Ibidem, www.cristinapuglia.it/blog/30-dipendenza_dai_social_network.htm

22 Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova nel 1976, in Sociologia presso l'Università di Urbino nel 1980, nel 1985 ottiene la specializzazione in Psichiatria presso la clinica psichiatrica dell'Università di Padova. 23 en.wikipedia.org/wiki/Study_of_global_communication

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ad usare il termine comunicazione globale perché oltrepassa i confini dei singoli stati e sottolinea la comunicazione tra i popoli oltre frontiera e, soprattutto, l'ascesa delle corporazioni dei media transnazionali24.

Grazie all’innovazione delle comunicazioni ciò che in passato aveva dimensioni e distanze enormi è ora a portata di mano, percorribile in lungo e in largo, anche in tempo reale. Da qui il processo si è pian piano ampliato, e continuerà a farlo, fino ad oggi in cui la possibilità di comunicare con un utente dall’altra parte del mondo è alla portata di tutti grazie alla diffusione esponenziale degli smartphone in primis e di tutti i dispositivi mobili quali laptop e tablet che permettono ad ognuno di noi di essere on-line dove e quando vogliamo.

Dopo questa breve introduzione sul concetto, è utile riportare qualche dato per comprendere meglio le dimensioni del “problema”. Prendendo in considerazione la ricerca svolta dalla Deloitte Touche Tohmatsu facente parte del progetto Global TMT Research Center e svolta su un campione di 49500 interviste online strutturate in questionari di oltre 60 domande sul mobile in ben 31 paesi appartenenti ai sei continenti in cui i rispondenti hanno un’età compresa tra 18 e i 75 anni. Risulta innegabile che il mobile è diventato parte della vita moderna, tanto è vero che più del 90% della popolazione intervistata dichiara di possedere almeno un dispositivo telefonico mobile; oltre ai risultati provenienti da questa ricerca, è evidente che basta guardarsi intorno per capire l’entità della situazione, infatti nei luoghi pubblici e privati 9 persone su 10 sono immersi nei loro dispositivi mobili.

Fig. 5 – Quando internet diventa una malattia25

24 Cfr. Howard H.F., Global communication & International relations, Wadsworth Publishing Company, Belmont 1993 25 www.sconnessiday.it/

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Tale utilizzo incontrollato dei dispositivi mobili è stato indotto dall’implementazione della rete 4G in tutto il mondo che consente un accesso ai contenuti molto rapido e, grazie alla copertura completa sul territorio mondiale, da ogni luogo perfino in metropolitana. In alcuni paesi è preferita la connessione mobile a quella Wi-Fi perché, come accade anche in Italia, non vi sono a disposizione delle reti pubbliche e libere efficienti; tale dato risulta vero nel 27% dei casi nei paesi sviluppati e nel 37% dei casi nei paesi in via di sviluppo. Gli aspetti analizzati finora sono interessanti ma un dato curioso, che personalmente ritengo preoccupante, è quello relativo al tempo che trascorre tra la sveglia e il primo accesso al dispositivo, infatti una persona su tre controlla il proprio device nei primi cinque minuti della sua giornata; ben l’ 11% degli intervistati lo controlla subito perché magari proprio lo smartphone fa loro da sveglia; mentre il 95% dei possessori di uno smartphone effettua il primo accesso entro le tre ore successive al proprio risveglio. Dato allarmante si, ma non è ancora finita, infatti alta è la percentuale di coloro che si svegliano durante la notte per controllare le notifiche dei social, mandare una mail di lavoro che reputano importante o un semplice messaggio. Tale fenomeno prende il nome di vamping e risulta essere molto preoccupante specialmente per le generazioni più giovani che in molti casi rinunciano al sonno sia in termini quantitativi che qualitativi per stare con il proprio dispositivo.

L’analisi della Deloitte si concentra anche su quelle che sono le motivazioni che ci spingono a controllare spasmodicamente il dispositivo mobile: al primo posto troviamo le chiamate seguite da messaggi istantanei, email e social media (nei paesi in via di sviluppo gli ultimi due dati sono invertiti con una maggiore propensione per i social). Oltre a queste forme di utilizzo che possiamo annoverare come classiche, lo smartphone viene sempre più adoperato nella vita quotidiana anche come strumento di pagamento con un aumento medio del 66% rispetto all’anno precedente e un picco nei paesi di sviluppo in cui l’utilizzo in questi termini del proprio dispositivo raggiunge il 47% dei casi. Di questi, hanno una forte valenza i pagamenti per i prodotti in-store e per i servizi di pubblico trasporto, mentre una fetta meno grande pari al 20%, sono i pagamenti per i servizi d’intrattenimento. Balza agli occhi anche la perdita di privacy da parte degli utenti, un tema questo che non venne preso in considerazione in un primo momento ma che, vista la facilità e la noncuranza da parte degli utenti nel rilasciare informazioni sensibili alle grandi aziende che li utilizzavano al fine di proporre delle campagne di marketing e pubblicitarie ad-hoc, è diventato centrale nel dibattito di libertà degli utenti nello sconfinato mondo del web26.

Altro tema importante affrontato nel sondaggio riguarda quello de “Internet of Things” quindi l’internet delle cose che sempre più sta diventando preminente nella società moderna. Questo termine

26 www2.deloitte.com/cn/en/pages/technology-media-and-telecommunications/articles/global-mobile-consumer-tren ds.html

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è un neologismo con il quale si fa riferimento all’estensione di internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, quindi più in particolare: gli oggetti, le "cose" si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su sè stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri. Tale termine fu introdotto da Kevin Ashton nel 1999 ma ha cominciato ad avere una valenza funzionale soltanto negli ultimi anni con lo sviluppo di reti internet più complesse; infatti oggi si parla di domotica e più in generale di intelligenza artificiale in grado di aiutare l’essere umano nella sua quotidianità.

Un altro aspetto negativo è l’affievolimento della distinzione tra vita privata e lavorativa infatti le persone in carriera controllano i propri dispositivi più di 200 volte al giorno, l’83% risponde alle mail di notte e nel 57% dei casi guardare il dispositivo è la prima cosa che si fa appena svegli. In più è ormai visibile a tutti che siamo diventati dei veri e propri fotografi sempre pronti a immortalare e in molti casi condividere sui social tutti i momenti della nostra vita e, pratica sempre più utilizzata, i piatti che cuciniamo o che ci apprestiamo a mangiare27.

In termini di soddisfazione data dai propri telefoni, gli italiani nel 69% dei casi dichiarano di essere pienamente appagati dal proprio dispositivo tanto da consigliarlo ad un amico o collega, con un picco di consensi per la Apple che coinvolge l’83% degli intervistati, seguito da Samsung (72%) e da Nokia (61%). Nonostante questa supremazia della Apple, Samsung si conferma il marchio più diffuso in Italia vista la più ampia gamma di prodotti ad un prezzo che risulta essere accessibile ad ogni tasca. Lo stesso grado di soddisfazione non si registra per le compagnie telefoniche infatti la Vodafone, che è considerate la migliore dagli intervistati, presenta una completa soddisfazione soltanto nel 32% dei casi. Altro aspetto verificato nel sondaggio riguarda la preferenza della connessione mobile 4G alla rete Wi-Fi per mancanza di connessioni pubbliche gratuite performanti e al passo con i tempi sempre più frenetici e connessi28.

Tale forma di assuefazione alla tecnologia risulta essere preminente dal momento in cui gli smartphone hanno sostituito i vecchi telefoni cellul ari permettendo a tutti noi non solo di chiamare ma anche di avere tante applicazioni che ci consentono di fare di tutto. Ovviamente vi è stata un’estremizzazione dell’utilizzo di questi devices in cui adesso abbiamo catapultato tutta la nostra vita senza tener conto dei rischi connessi a tale pratica.

Altro studio che si è voluto riportare, è quello annuale di “We Are Social29” in collaborazione con Hootsuite la piattaforma di social media management più utilizzata a livello mondiale, utile a conoscere i principali trend riguardanti i social media, il mondo digitale e la loro diffusione nel

27 www2.deloitte.com/us/en/pages/technology-media-and-telecommunications/articles/global-mobile-consumer-trends.html

28www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/it/Documents/technology-media-telecommunications/GMCS_2016.pdf 29 wearesocial.com/it/blog/2018/01/global-digital-report-2018

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mondo. Dall’analisi dei dati sull’utilizzo di internet provenienti da 239 Paesi, riferiti all’intera popolazione senza tener conto dell’età, è emerso come il numero degli utenti connessi ad internet nel mondo abbia sorpassato la soglia dei 4 miliardi di persone: un dato storico che ci dice che oggi più della metà della popolazione mondiale è online.

Fig.6 – Il digitale nel mondo30

I dati qui riportati parlano da soli in quanto l’utilizzo di internet è divenuto una peculiarità del genere umano che oggi utilizza tale strumento in modo maniacale. Dalla semplice ricerche sul web, alle chat istantanee, passando, ovviamente, per i social network è innegabile dunque che i sempre più potenti dispositivi mobili corredano la nostra vita quotidiana possiamo quindi affermare che il ruolo dei nostri telefoni cellulari è ormai centrale nella nostra vita e non sono più degli strumenti atti solo a comunicare.

Inoltre, è utile ricordare, che più di 250 milioni di persone si sono connesse per la prima volta durante il 2017 (con primato del continente africano cha ha registrato il maggiore tasso di crescita) grazie anche ad un’evoluzione che ha visto protagonista nuovi piani tariffari più accessibili e che consentono sempre più possibilità di essere connessi ad internet, infatti più del 75% della popolazione mondiale ora possiede un cellulare e oltre la metà di questi sono smartphone.

Ovviamente si è registrata una crescita non indifferente rispetto all’anno precedente.

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Fig.7 – Crescita digitale annuale31

L’utilizzo dei social media cresce insieme al numero dei “connessi”, con un numero di utenti superiore del 13% rispetto allo scorso anno. Gli utenti attivi sono ad oggi più di 3 miliardi nel mondo, di questi 9 su 10 accedono da dispositivo mobile, ciò è dovuto anche all’aumento di 218 milioni di dispositivi in più nel mondo che ha come diretta conseguenza, insieme ai nuovi piani tariffari di cui sopra, l’aumento di utenti attivi sui social media da mobile. Concentrandoci adesso sui dati relativi all’Italia, possiamo notare che oltre il 70% della popolazione è connessa ad internet e ben l’83% della stessa ha almeno un dispositivo mobile.

Vediamo come il trend in crescita per la penisola sia in linea con quello mondiale, infatti tutti i dati presi in considerazione risultano essere in aumento rispetto allo scorso anno specialmente per quanto riguarda le connessioni ad internet: 10% in più di utenti internet e di utenti attivi sui social media, di cui più di due terzi, l’88% per la precisione, sono attivi da dispositivo mobile.

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Fig.8 – Digital in Italia 201832

Questi dati insieme ad un esiguo aumento di utenti mobile pari solo allo 0,2% dimostrano che la popolazione si sta muovendo verso il mondo “always online” connesso che abbiamo sempre sognato. Ciò denuncia anche che i piani tariffari più vecchi vengono ampliati con l’introduzione di internet mentre senza alcun dubbio quelli nuovi, stipulati soprattutto dai più giovani, hanno la connessione internet alla base del piano stesso: dove vai se la connessione non ce l’hai?

La risposta sembra essere banale e forse lo è anche la domanda, ma davvero la possibilità di accedere ad internet sta diventando qualcosa di imprescindile, non solo per la popolazione italiana ma anche per quella mondiale.

Fig.9 – Crescita digitale rispetto al 2017

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Un altro dato che ho preso in considerazione nella mia trattazione è quello relativo al tempo medio giornaliero che gli italiani passano sui media infatti b en 6 delle 24 ore giornaliere sono spese per stare connessi ad internet da qualsiasi dispositivo, due delle quali occupate sui social media e solo 45 minuti al giorno dedicati all’ascolto della musica.

In aumento il trend relativo al tempo medio di TV on de mand figlia di internet e di questa nuova generazione della società consumistica che vuole tutto e subito, dove l’attesa crea malumori, nervosismo e ansia perché non siamo più abituati ad attendere. Quando lo facciamo ci rifuggiamo nei nostri dispositivi m obili che ci alienano dall’attesa e soprattutto dalla vita reale.

Fig.10 – Tempo speso sui media in Italia33

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2.4 Internet Addiction Disorder: la dipendenza da non sostanze

L’uso di qualcosa ha implicito in sé il possibile abuso o cattivo uso di quell a cosa e proprio in seguito alla proliferazione dei nuovi mezzi di comunicazione e di internet, si sta assistendo al diffondersi di fenomeni psicopatologici collegati ad un uso eccessivo o inadeguato della rete che si manifestano con una sintomatologia sim ile a quella che osserviamo in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive. Le pubblicazioni internazionali sull’argomento hanno evidenziato, a partire dagli anni ’90, che l’utilizzo della rete può indurre dipendenza psicologica e danni psichici e funzionali per il soggetto. Tale disturbo, catalogabile come disturbo ossessivo-compulsivo, viene chiamato I.A.D. Internet Addiction Disorder termine coniato dallo psichiatra americano Ivan Goldberg nel 1995 che compara tale sindrome al gioco d'azzardo patologico e che dal 2013 è stata inserita nella Session III del DSM-5, ciò vuol dire che non è annoverata all’interno di una categoria diagnostica delle dipendenze da non sostanze ma rientra in quella sezione che richiede un’ulteriore approfondimento e ricerca prima di poter essere considerata come un vero e proprio disturbo. Questa proposta dette avvio a numerose riflessioni e ad una crescente attenzione al rischio di dipendenza da internet e il dibattito se sia possibile o meno sviluppare una dipendenza da internet non è ancora concluso.

Altri studi condotti dalla Dott.ssa Kimberly Young, una delle prime autrici ad interessarsi di tale problema, mostrano come i soggetti dipendenti subiscano problemi gravi proprio a seguito di abuso della rete.

Più nello specifico, sono stati riconosciuti cinque tipi di dipendenza online34: 1) Cyber-sessuale;

2) Cyber-relazionale; 3) Net Gaming;

4) Sovraccarico cognitive; 5) Gioco al computer.

Tali forme di dipendenza hanno ripercussioni in diversi ambiti della vita:

1. Relazionale e familiare (minore tempo dedicato alle persone importanti); 2. Lavorativo e scolastico (minore attenzione nelle proprie attività quotidiane); 3. Salute (disturbi del sonno, problemi di vista e di postura);

4. Finanziario (aste, commercio online, gioco d’azzardo).

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Negli Stati Uniti, al Behavioral Health Services del Bradford Regional Medical Center, Pennsylvania, è partito il primo programma statunitense dedicato ai malati gravi della rete35.

Il piano di cura, a cui si partecipa volontariamente e che costa 14 mila dollari, dura dieci giorni, prevede una serie di attività lavorative ed è il primo degli Stati Uniti esclusivamente dedicato alla dipendenza dal web senza apparente via d'uscita. Si tratta di una patologia che “può essere più pervasiva dell'alcolismo - spiega Kimberly Young, la psicologa che ha fondato il centro - internet infatti è gratuito, legale e senza zuccheri36”. La stessa, al fine di valutare specificatamente il grado di rischio psicopatologico connesso all'uso di Internet, ha sviluppato il questionario IAT (Internet Addiction Test), composto da 20 item diversi. Più nel dettaglio, le domande mirano a identificare coloro che fanno di Internet un uso prolungato sino a trascurare gli affetti familiari, il lavoro, lo studio, le relazioni sociali e la propria persona37.

Un’ulteriore patologia individuata nei primi anni 2000 legata all’utilizzo smodato della rete, è quella della trance dissociativa da videoterminale data da alterazioni dello stato di coscienza, depersonalizzazione e perdita del senso d’identità personale. S i è dunque in una sorta di sogno in cui si vivono delle esperienze lontane dalla realtà, o forse si vive proprio al di fuori di questa fino a quando non ci si disconnette38. Tale fenomeno lo possiamo ritrovare

per esempio nella VR (Virtual Reality) che ormai da qualche anno è entrata nel mercato. I casi più estremi derivanti dalla dipendenza da internet sono stati riscontrati in Sud -Corea, tanto che sono stati effettuati degli studi statistici dalle stesse autorità sanitarie da cui è emerso che il paese ha il più alto tasso del mondo di utilizzo di internet con un impatto sociale non indifferente. In molti casi pur di restare connessi a giocare al pc, si indossano dei pannoloni con i quali ovviare ai bisogni fisiologici e addirittura sono stati riscontrati decessi dovuti a problemi cardiopolmonari derivanti da eccessiva permanenza davanti al pc. Ciò ha indotto il governo a prendere dei provvedimenti che mirano ad arginare il problema sempre più presente nella società.

Risulta quindi chiaro che la rete, in virtù delle sue enormi risorse, possiede delle cosiddette potenzialità psicopatologiche quali la capacità di indurre sensazioni di onnipotenza, come vincere le distanze e il tempo, o cambiare persino identità e personalità. Può insomma diventare uno spazio psicologico in cui il soggetto proietta le proprie fantasie e i propri vissuti tanto da poter facilmente prevaricare sulla vita reale, contribuendo lo sviluppo di una vera e propria dipendenza.

35 http://abcnews.go.com/Health/hospital-opens-internet-addiction-treatment-program/story?id=20146923 36 Cfr. Young K.S., Internet addiction: a handbook and guideto evaluationand treatment, Wiley, New York 2010 37 Cfr. Young K.S., Presi nella rete, intossicazione e dipendenza, Calderini, Bologna 2000

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23 Ma quali sono le fasi che conducono alla patologia?

Le fasi riconosciute sono due, quella “tossicofilica” e quella “tossicomanica”. La prima è caratterizzata dall’incremento delle ore di collegamento e da controlli ripetuti di e -mail, siti preferiti, elevata frequenza di chat e gruppi di discussione; la seconda invece esprime collegamenti estremamente prolungati che compromettono la vita relazionale, sociale e professionale39. I soggetti maggiormente a rischio hanno un’età compresa tra 15 e 40 anni,

con un elevato livello di conoscenza di strumenti informatici, isolati per ragioni di lavoro, quali i turni di notte, o geografici, quali il vivere in posti lontani dai centri abitati; essi inoltre presentano problemi psicologici, psichiatrici o familiari persistenti. Una realtà quindi non facile, alla quale la rete consente di sfuggire. Ancora una volta, pare che questi social media stiano modificando e non certo in meglio la nostra vita, fino a dare origine a disturbi specifici.

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3. FAKE NEWS

3.1 Cosa sono le fake news?

Il termine inglese fake news (in italiano notizie false) indica articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, resi pubblici con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione. Tradizionalmente a veicolare le fake news sono i grandi media, ovvero le televisioni e le più importanti testate giornalistiche. Tuttavia, con l'avvento di Internet, soprattutto per mezzo dei media sociali che aumentano in generale la diffusione delle notizie, è aumentata proporzionalmente per logica conseguenza anche la diffusione di notizie false40.

Dobbiamo ricordare però che la manipolazione dell’informazione esiste da molto prima di Internet e che, in molti casi, proprio queste notizie alterate hanno minato l’opinione pubblica a causa della loro spettacolarità, del loro carattere verosimile e surreale. Per queste ragioni il pubblico che recepisce tali informazioni, improbabili ma non impossibili, le reputa vere o, quantomeno, credibili.

Una delle aziende più attive nel contrastare le fake news è Facebook. Dopo la vittoria di Trump alle elezioni per il presidente degli Stati Uniti e le accuse che molti esperti di comunicazione hanno rivolto a Facebook, Mark Zuckerberg si è convinto a investire nello sviluppo di nuovi strumenti per combattere le fake news. Diverse le idee portate avanti dal creatore di Facebook, ma poche quelle che hanno dato risultati soddisfacenti. Per questo motivo, Zuckerberg ha deciso di intervenire direttamente sull'algoritmo che gestisce la sezione notizie di Facebook e di chiedere aiuto agli utenti. Con questo intervento da un lato, è stata ridotta l'importanza delle pagine, perlomeno di quelle ritenute poco "interessanti e stimolanti", sul versante del dibattito pubblico invece, per capire quali sono le fonti autorevoli, saranno direttamente gli utenti ad avere la possibilità di segnalare le notizie false al social network41. Facebook confronterà i suggerimenti degli utenti con quelli dei propri esperti per creare una classifica delle fonti più autorevoli. Per verificare se una notizia letta su un social network sia effettivamente una fake news, è possibile chiedere aiuto anche ad alcuni siti internet specializzati nel riconoscere le notizie false, di questi i due più famosi sono butac.it e bufale.net che svolgono un lavoro identico a quello dei debunker: vengono analizzati gli articoli più eclatanti per capire la veridicità della notizia per poi etichettarla in base alla fattispecie42.

Molto spesso, quindi, i social network invece di una corsia preferenziale per la proliferazione delle bufale possono diventare uno strumento per smascherarle. Proprio questo sembra essere l’intento del

40 it.wikipedia.org/wiki/Fake_news

41 www.fastweb.it/internet/gli-strumenti-del-web-per-contrastare-le-fake-news/ 42 www.butac.it

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più grande social network del mondo che punta a smascherare queste fake news modificando il suo algoritmo con lo strumento “Punti di vista” che aiuterà gli italiani a prendere delle scelte più consapevoli alle elezioni del 4 marzo 2018. Tale contromisura presa da Facebook è dovuta all’incedere di queste fake news che hanno spostato gli equilibri nelle elezioni presidenziali americane del 2016 nonché nella Brexit. Proprio per evitare che ciò si ripeti, il nuovo strumento comparirà una volta ogni 3 giorni nel news-feed a tutti gli utenti presenti sul territorio italiano e che hanno impostato la lingua italiana per il social network e permetterà dunque ad ogni elettore di farsi una propria opinione sui programmi dei partiti politici, senza essere influenzato dai commenti e dalle esternazioni di altri utenti. L'obiettivo è di ridurre al minimo le polemiche e di migliorare la qualità del dibattito politico mostrando i programmi elettorali di tutti i partiti che si suppone avranno almeno l’1% dei voti prendendo in considerazione gli argomenti più importanti dall'economia, alla politica estera, all'immigrazione fino al lavoro; la posizione dei partiti all’interno di questo strumento sarà del tutto casuale. L’iniziativa non si ferma qui43, infatti vi sarà anche la possibilità di vedere le interviste live

ai leader politi sulla pagina FB dell’ANSA tramite le quali sarà possibile per gli utenti interagire con like e reactions. Inoltre avremo anche la possibilità di usufruire di un altro strumento: “Candidati”, che permetterà agli utenti/elettori di entrare in contatto con i candidati al proprio collegio elettorale al fine di poter conoscere le liste elettorali di ogni partito e movimento politico, le varie coalizioni, i temi rilevanti per ogni candidato e gli eventi organizzati sul territorio. Infine il giorno delle elezioni sarà possibile far sapere a tutti che abbiamo svolto il nostro ruolo di cittadini e seguire in diretta lo spoglio delle urne. Questi strumenti di Facebook rientrano in una strategia di più ampio respiro che il social network sta portando avanti dall'inizio dell'anno e che mira a migliorare la qualità del dibattito e dei commenti generati dalle notizie pubblicate.

Per analizzare più da vicino come vengono divulgate le notizie su Facebook e in particolare quelle che sono delle bufale, ci si avvale di uno studio scientifico “Anatomy of news consumption on Facebook44”, di cui riportiamo l’abstract: “L'avvento dei social media e delle piattaforme di

microblogging ha radicalmente cambiato il modo in cui consumiamo le informazioni e formiamo opinioni. In questo articolo, esploriamo l'anatomia dello spazio informazioni su Facebook caratterizzando su scala globale i modelli di consumo di notizie di 376 milioni di utenti nell'arco di 6 anni (da gennaio 2010 a dicembre 2015). Scopriamo che gli utenti tendono a concentrarsi su un numero limitato di pagine, producendo una forte struttura di community tra i notiziari. Scopriamo anche che le preferenze degli utenti e dei fornitori di notizie differiscono. Tracciando il modo in cui

43 www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2018/02/08/da-facebook-punti-di-vista-e-live-ansa_03bc3bf3-8366-494f-bff8-274b07327c9c.html

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le pagine di Facebook si "piacciono" a vicenda ed esaminando la loro geolocalizzazione, scopriamo che i fornitori di notizie sono più geograficamente confinati rispetto agli utenti. Infine, viene creato un semplice modello di esposizione selettiva che riproduce i modelli di connettività osservati”.

Fig. 11 - Modello di attenzione degli utenti45

Dai grafici è possibile notare che un utente interagisce con poche pagine di testate giornalistiche, che l’alto livello di attività e la durata di vita più lunga su un post corrispondono proprio a quelle poche pagine, quindi vi è una naturale tendenza degli utenti a confinare le attività su un limitato numero di pagine proprio come lo studio voleva dimostrare.

Quattrociocchi et al. continuano lo studio con la seconda ipotesi, riguardante i cluster di pagine, che viene verificata tramite lo studio della struttura delle community in base alle attività degli utenti. Prendendo in esame le pagine che piacciono ad un utente tramite il grafico dei like Gpl e quello dei commenti Gpc nei quali i nodi sono dati dalle pagine connesse

tra loro quando un utente agisce in entrambe con likes e/o commenti.

45 http://www.pnas.org/content/114/12/3035

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Fig.12 – Struttura delle community46

Sono state comparate le interazioni con altre community usando il metodo randomizzato e scoprendo delle forti similarità e riportando anche l’importante dato che gli utenti preferiscono rimanere confinati nei clusters a cui già appartengono rispetto a muoversi tra gli stessi. Gli autori sono anche riusciti a creare un’equazione che riporta l’attività degli utenti in cluster diversi dal proprio: wku, k ∈ {1…..5}, per cui w0u= 1 - ∑k>5.

Dalla fig. 13 risulta che gli utenti sono fortemente polarizzati e che la loro attenzione è confinata in una cerchia di pagine ben definita perché si focalizza la propria attenzione su un ristretto numero di pagine, è possibile dunque affermare che la nuova sfera delle news su Facebook è clusterizzata e dominata da una precisa struttura di comunità.

Fig.13 – Polarizzazione utenti47

46 http://www.pnas.org/content/114/12/3035 47 http://www.pnas.org/content/114/12/3035

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Come fanno ancora vedere Quattrociocchi et al., viene analizzata la possibilità di avere confini geografici tra le pagine Facebook che si piacciono vicendevolmente. Per fare ciò si fa una proiezione bipartita tra Glp, Gcp e Np che è il network dei punti d’informazione che si

piacciono l’un l’altro, questa mira a studiare la localizzazione geografica di ogni pagina. Quando viene comparato l’algoritmo Fast Greedy fra Glp e Np ci si accorge che l’indice di

similarità è 0.67 mentre tra Gcp e Np è pari a 0.69. Ciò è riportato nella figura 14 in cui i

commenti risultano essere maggiormente confinati entro una determinata area geografica rispetto ai likes. Dall’ultima comparazione tra le partizioni ottenute dalle community prese in considerazione e la partizione basata sull’allocazione geografica: 0.71 per Glp, 0.72 per

Gcp e 0.84 per Np. Questi risultati suggeriscono che le interazioni fra utenti sono meno

confinate geograficamente rispetto alle pagine community perché possono attraversare nazioni e continenti senza rimanere circoscritte in determinate aree geografiche.

Fig.14 – Localizzazione, pagine e utenti48

Arrivati a questo punto gli autori propongono un modello in grado di riassumere quanto detto finora: le entità del modello sono le pagine p∈P e gli utenti u∈I.

Le pagine sono caratterizzate da un set di opinioni cp che ha un range compreso tra 0 e 1 come quello

delle opinioni degli utenti che però indichiamo con θu, entrambi i parametri sono uniformemente

distribuiti, supponendo che cp e θu siano omogenei e che la quantità |cp - θu| sia la distanza di opinione

fra gli utenti e gli editoriali. Al fine di imitare il confirmation bias vediamo che tale differenza è

48 http://www.pnas.org/content/114/12/3035

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minore rispetto ad un parametro di tolleranza Δ e la preferenza dell’utente uconvergerà per una data pagina p in accordo con il Bounded Confidence Model (BCM): Θ’u= (1-µ)*θu+µ*cp dove µ è un

parametro di convergenza.

Per imitare invece l’attività degli utenti, viene attribuito ad ognuno di essi un coefficiente di attività au che rappresenta il numero di pagine che un utente può visitare, pertanto l’opinione finale di un

utente sarà in accordo con gli editoriali delle pagine che piacciono all’utente. Considerando Ω il set di |Ω| pagine che combinano le preferenze dell’user u, l’opinione media degli users sarà: θu=(1-µ)*

θu+ µ|Ω|-1 ∑p∈Ωcp. Per imitare la distribuzione della coda lunga dei dati, la distribuzione dell’attività

viene impostata per la legge di potenza p(a)≃a-ϒ con ϒ=3.

Dopo aver effettuato diversi test numerici sul modello, è chiaro che ad un utente piace una pagina solo quando |cp - θu|<Δ. Quando ciò accade, il meccanismo del BCM rinforza la preferenza

dell’utente per una data pagina, pertanto l’opinione finale dell’utente sarà la media delle linee editoriali delle pagine seguite.

Quando un’opinione di un utente converge, gli autori hanno crato il grafico bipartito βsim=(I,P,Esim)

dove i bordi di Esim sono dati dall’accoppiamento (u,p) con il quale ad un utente u piace una data

pagina p. Infatti, βsim rappresenta l’interazione degli utenti con le pagine preferite e da questo è

possibile costruire il grafico Gpsim in grado di connettere le pagine in accordo con i loro comuni utenti.

Fig.15 – Tolleranza del parametro Δ49

La figura mostra un’analisi di Gpsimcome funzione di tolleranza del parametroΔ, ogni punto della

simulazione è dato da oltre 50 interazioni. Il grafico a sinistra mostra entrambe le misure del più ampio componente connesso Smax e la misura della più grande community |Calgmax|

individuato da diversi algoritmi in Gpsim. Il grafico a destra mostra invece il numero Nclu di

componenti connessi e il numero di community Nalgcom individuate da diversi algoritmi di Gpsim. Nel

punto Δ≃0 Gp

sim è ripartito in parti disconnesse (Nclu è dell’ordine di numero di nodi |P| di Gpsim)

49 http://www.pnas.org/content/114/12/3035

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mentre la misura Smax del più ampio componente è estremamente piccola. Sebbene questo sistema

non è verosimile nei social network che sono socialmente densi e fortemente connessi, Smax aumenta

rapidamente fino a |P| e, come Δ, parte da zero, mostrando come Gp

sim diventa un singolo grafico

connesso quando Δ≃0.03. La misura della più grande community individuata dai vari algoritmi è molto più piccola di |P| e il numero di community è maggiore di 1 e decresce lentamente all’aumentare di Δ. Si evince così che il grafico Gp

sim pagina-pagina mostra una stabile e significante struttura della

community indotta dalle preferenze dell’utente perfino quando questa è densa e connessa al grafico like delle community online reali.

Per concludere dunque, usando analisi quantitative, più un utente è attivo e più tende a focalizzare la sua attenzione su un limitato numero di fonti di notizie, ciò è vero soprattutto su Facebook che, nonostante l’ampia disponibilità di contenuti eterogenei, ha una maggiore segregazione che porta ad una crescente polarizzazione nel consumo di notizie online. La diffusione di notizie false e infondate ha portato i maggiori operatori online quali Google e Facebook a porre l’attenzione il problema in modo efficiente ed efficace al fine di trovare una soluzione definitiva alla proliferazione delle stesse.

3.2 Misinformation VS Disinformation

Oggi l’informazione classica non esiste più perchè sostituita da due entità quali la disinformazione e la misinformazione. La prima è la deliberata creazione di notizie false e svianti volte a denigrare una determinata persona o un avvenimento, con scopi politici e o commerciali, la seconda è la diffusione involontaria di informazioni false o che possono essere ingannevoli senza una verifica preliminare della fonte. Non viviamo più dunque in una società informata ma in collettività misinformate ovvero involontariamente disinformate. Siamo immersi in un contesto dove bisogna fare attenzione a tutto ciò che ci passa davanti agli occhi in questo ecosistema della disinformazione in cui è necessario comprendere i diversi contenuti creati e condivisi, le motivazioni per cui sono stati creati e socializzati e i modi in cui queste notizie vengono disseminate all’interno del web. Tutto ciò che leggiamo è realistico perchè riportato e mediato da altri attraverso il racconto, e non vissuto in prima persona. Quindi, prima di arrivare all’utente finale, ogni notizia viene cambiata, ricombinata e modificata decine di volte; il lettore, a sua volta, ricodifica, manipola, cambia l’informazione che legge dandole una propria interpretazione50. La libertà di espressione non può trasformarsi semplicemente in un

sinonimo di totale mancanza di controllo, laddove controllo nell’ambito dell’informazione, vuol dire

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“una notizia corretta a tutela degli utenti”. Questa frase è concettualmente pericolosa: chi decide cosa è corretto e cosa no, e chi controlla i controllori? La verità non può essere imposta per legge perchè questo succede nei regimi autoritari. In Cina, ad esempio, il problema lo hanno risolto, c’è solo la verità di Stato. È questo il modello a cui aspiriamo? Fino a quando ci sarà libertà di espressione, ci saranno bugie e falsità, da parte dei potenti e da parte degli utenti.

È chiaro che la disinformazione non è nata con internet e tanto meno su Facebook, gli esempi in tal senso non mancano: l’Area 51 e la paura per gli alieni, la fine del mondo con l’ingresso del nuovo millennio etc. Il problema è capire che cosa succede, comprendere quanto sia importante e decidere di agire: il bello di internet è che si possono progettare soluzioni diverse da quelle che sono state trovate finora. Il brutto invece è che non è facile e non è nemmeno ovvio battere la disinformazione, ovunque si sviluppi, il bruttissimo invece è che molte piattaforme giganti attualmente in uso su internet non sono costruite per occuparsi della qualità dell’informazione. Per cui si può dibattere, deliberare e decidere soltanto in base a ciò che si sa su ma se l’informazione che circola è totalmente errata, anche le decisioni prese saranno altrettanto non corrette. La dinamica è partita forse con i giornali di parte, si è ingigantita all’epoca della televisione, non si è ridotta ma è addirittura diventata capillare con le piattaforme sociali di internet51. Tutte queste forme di informazione hanno come denominatore comune la ripetizione e il sovraccarico che porta ad una distorsione della realtà, infatti vedere tante volta la stessa notizia in diverse piattaforme tecnologiche crea una vera e propria illusione cognitiva per cui crediamo che quella specifica notizia sia vera.52

Sono state individuate sette specifiche condizioni per cui i contenuti vengono creati e suddivisi in questo scenario di misinformazione e disinformazione53, che vengono incrociate con le motivazioni per cui si agisce in questo modo. Nella figura sottostante vi è rappresentato quanto detto:

51 blog.debiase.com/2016/08/22/la-disinformazione-online-e-quello-che-possiamo-fare-quattrociocchi-pariser-menczer-fournier-quelch-rietveld/

52 Cfr. Fontana A., #iocredoallesirene. Come vivere (e bene!) in un mare di fake news, Hoepli, Milano 2017

53 Cfr. Quattrociocchi W., Vicini A., Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità, Franco Angeli, Milano 2016

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Fig.16 – La tabella delle motivazioni delle fake-news54

Gli ambienti mediatici riflettevano e davano forma a dinamiche sociali molto precise, collegate alla destrutturazione delle gerarchie sociali tradizionali e all’emergere di società molto meno organizzate, sulla scorta probabilmente dell’ideologia iper-finanziaria che abbatteva le aggregazioni sociali tradizionali e, tra l’altro, favoriva il consumismo-pubblicitario e i media che lo servivano. In quel contesto, l’importante non era che circolasse un’informazione giusta, ma che circolasse l’informazione che faceva vendere di più o che convinceva meglio la gente intorno alle idee che politicamente dovevano passare al servizio del potere finanziario.

La disinformazione è parte integrante della crisi della democrazia perché è parte integrante della tendenza all’accettazione dell’autoritarismo e dell’attrazione del populismo, c’è da aggiungere che il successo e la reputazione online sono stati per troppo tempo giudicati con metodi quantitativi banali, affiancati ad algoritmi fondamentalmente basati sugli stessi metodi quantitativi e dunque altrettanto banali55. Il che non era poi tanto diverso dalla valutazione quantitativa dei programmi televisivi basata

esclusivamente su audience e share: in un contesto di modelli di business pubblicitari, quell’ossessione quantitativa aveva condotto alla scelta di programmi di dubbia qualità in nome della quantità. Riporto qui l’esempio della bufala che ha dato per spacciato Sylvester Stallone ma che ha fatto il giro nel mondo in poche ore, l’attore ha smentito la notizia pubblicando su Instagram il primo poster non ufficiale del suo nuovo film “Creed II” che verrà girato nei prossimi giorni a Philadelphia per poi uscire nelle sale cinematografiche a novembre.

Anche io, come molti altri, non sapevo nulla del nuovo film, al che la domanda mi sorge spontanea: “e se fosse stato tutto programmato per fare pubblicità?”

54 www.valigiablu.it/fakenews-disinformazione/

55 blog.debiase.com/2016/08/22/la-disinformazione-online-e-quello-che-possiamo-fare-quattrociocchi-pariser-menczer-fournier-quelch-rietveld/

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