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Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica
TIROIDECTOMIA TOTALE CONVENZIONALE E
TIROIDECTOMIA TOTALE TRANS-ASCELLARE
ROBOT-ASSISTITA: STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO SULLA
RADICALITA’ CHIRURGICA.
Relatori:
Chiar.mo Prof. Gabriele Materazzi Chiar.mo Prof. Massimo Chiarugi
Candidato
Dr.ssa Ilaria Gaggelli
Anno Accademico 2015/ 2016
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Indice
1. Riassunto...2
2. Introduzione...3
3. Materiali e Metodi………..………...6
4. Risultati………..16
5. Discussione……….22
6. Conclusioni……….26
7. Bibliografia………
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Abstract
Introduzione. L’utilizzo della chirurgia Robot-assistita ha trovato negli ultimi
tempi un largo impiego anche nella chirurgia della tiroide con l’intento di migliorare l’outcome estetico. Il presente lavoro è uno studio preliminare di un trial clinico randomizzato che intende confrontare la radicalità chirurgica di due diverse tecniche operatorie eseguite presso la nostra U.O. di Endocrinochirurgia, la Tiroidectomia Trans-ascellare Robot-Assistita (RATT) con singolo accesso e la Tiroidectomia convenzionale open (OT) nel periodo tra Dicembre 2016 e Marzo 2017.
Materiali e metodi. Da Dicembre 2016 a Marzo 2017 trentaquattro pazienti
sono state selezionate e divise in due gruppi in maniera casualmente. 16 pazienti sono state sottoposte ad intervento di tiroidectomia totale convenzionale open (Gruppo A) e 18 pazienti a tiroidectomia trans-ascellare robotica. A tre mesi dall’intervento chirurgico è stata dosata la Tireoglobulina sierica e valutato il Volume tiroideo residuo mediante ultrasonografia.
Risultati. Non sono risultate differenze statisticamente significative nei valori di
Tireoglobulina sierica postoperatoria e nella misura del Volume tiroideo residuo.
Conclusioni. La RATT non ha mostrato differenze significative rispetto alla OT
sulla radicalità chirurgica, quindi possiamo dire che le due tecniche sono equivalenti. E’ pertanto da considerarsi un intervento sicuro in casi selezionati.
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Introduzione
Nel corso degli ultimi anni le continue innovazioni in laparoscopia e nelle tecniche endoscopiche hanno rivoluzionato la chirurgia mininvasiva. Dagli ultimi dati in letteratura emerge che, per la maggior parte delle patologie, la chirurgia laparoscopica dà migliori risultati rispetto alle convenzionali tecniche open in termini di degenza ospedaliera, dolore postoperatorio, risultato, outcome estetico, periodo di convalescenza e mantenimento della risposta immunologica postoperatoria(1-4).
Nonostante ciò la chirurgia endoscopica presenta una elevata complessità di tecnica legata a strumenti non flessibili con visione a due-dimensioni. Grazie all’avvento del sistema chirurgico robotico Da Vinci si è avuto il superamento di molti dei limiti della chirurgia endoscopica tra cui la qualità della visione e la ergonomicità degli strumenti(5).
L’utilizzo della chirurgia Robot-assistita ha trovato negli ultimi tempi un largo impiego anche nella chirurgia del collo e ciò è sicuramente da mettere in relazione all’elevata prevalenza di patologie come quella tiroidea nel sesso femminile.
Le pazienti infatti, che risultano di età sempre più giovane al momento dell’intervento chirurgico, grazie in primis alla diagnosi precoce, si mostrano preoccupate del risultato estetico conseguente alla tradizionale cervicotomia, essendo la cicatrice localizzata in una zona esposta.
La volontà di soddisfare le esigenze delle proprie pazienti ha spinto gli endocrinochirurghi a mettere a punto, nel corso degli anni, molte tecniche diverse per realizzare cicatrici sempre meno evidenti.
Da quando Theodor Kocher descrisse l’intervento di tiroidectomia, il trattamento universale di asportazione della ghiandola tiroidea è stato quello convenzionale open. La tiroidectomia open (OT) è considerata la procedura standard da più di
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un secolo grazie ai suoi eccellenti risultati chirurgici e ad una bassa mortalità e morbilità(6). Ciò nonostante nuovi trattamenti sono stati introdotti per migliorare la qualità di vita e la soddisfazione dei pazienti.
La storia della chirurgia miniivasiva del collo inizia nel 1996 con Gagner(7) che descrive la prima paratiroidectomia endoscopica e poi con Huscher(8) nel 1997 con la lobectomia tiroidea video-assistita. Da qui in poi si sono sviluppate numerose altre tecniche chirurgiche tutte con la medesima finalità di ottenere cicatrici sempre più estetiche a parità di radicalità oncologica del tipo di intervento. Una review del 2002 documenta almeno venti diverse tecniche chirurgiche per eseguire la tiroidectomia(9). Ricordiamo tra queste la tiroidectomia mini-invasiva video-assistita (MIVAT)(10,11) sviluppata dall’equipe del Prof. Miccoli nel 1998 che prevede una minicervicotomia fino ad altri approcci endoscopici quali la trans-ascellare(12,13), l’approccio mammario(14), quello attraverso la parete toracica anteriore(15) , l’accesso ascellare mammario bilaterale (16,17)e quello transareolare(18); fino ad arrivare all’avvento della tiroidectomia robotica transascellare (RATT) eseguita da Chung(19) nel 2007 e alla piu’ recente tiroidectomia robotica “face lift” con approccio occipitale(20)
. Inizialmente questi nuovi approcci, in primis quello robotico, sono stati criticati dalla comunità medica scientifica, prevalentemente statunitense, per i cambiamenti di tecnica, le nuove complicanze introdotte, l’equivalenza oncologica ancora da valutare e gli elevati costi da sostenere(21,22). Queste criticità sono state legate ad una serie di complicanze avute in centri a basso volume di interventi che hanno iniziato ad eseguire autonomamente la tecnica robotica senza aver completato la curva di apprendimento necessaria e hanno pertanto ridotto l’entusiasmo per l’accesso remoto nella chirurgia tiroidea negli Stati Uniti. Attualmente l’approccio robotico negli USA è consentito solo in un limitato numero di centri certificati che vengono attentamente valutati dalla direzione ospedaliera(21).
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Successivamente, invece, vari studi, prevalentemente asiatici, dove la nuova tecnica ha avuto ampi consensi, hanno dimostrato la sicurezza della tiroidectomia robotica e la sua completa equiparabilità con la tiroidectomia convenzionale nel trattamento dei carcinomi tiroidei differenziati di dimensioni inferiori ai 4 cm(23,24). Le differenze statisticamente significative tra le due tecniche rimangono i costi e la durata dell’intervento che sono nettamente maggiori per la chirurgia robotica. Ovviamente questi due parametri, ad oggi, sono limiti non superabili che fanno optare molto spesso per la tecnica convenzionale e rallentano la diffusione dell’approccio robotico.
Non esistono però, ad oggi, studi clinici randomizzati che abbiamo paragonato le due tecniche. Il presente lavoro è uno studio preliminare di un trial clinico randomizzato che intende confrontare la radicalità chirurgica di due diverse tecniche chirurgiche eseguite presso la nostra U.O. di Endocrinochirurgia, la Tiroidectomia Trans-ascellare Robot-Assistita (RATT) con singolo accesso e la Tiroidectomia convenzionale open (OT) nel periodo tra Dicembre 2016 e Marzo 2017.
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Materiali e Metodi
Popolazione di studio
Da dicembre 2016 stiamo conducendo uno studio prospettico, randomizzato presso la U.O. di Endocrinochirugia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana che mette a confronto la radicalità chirurgica di due diverse tecniche operatorie: la tiroidectomia totale convenzionale open e la tiroidectomia trans-ascellare robot-assistita. I dati trattati fanno parte di uno studio preliminare su pazienti sottoposti ad intervento chirurgico nel periodo di Dicembre 2016 e marzo 2017.
Nel corso di questi quattro mesi sono stati reclutati e divisi, in maniera casuale, in due gruppi, A e B, 34 pazienti donne affette da tumori tiroidei a basso rischio ben differenziati, diagnosticati con citologia da agoaspirato (Tir4 o Tir5) seguendo il sistema di classificazione Bethesda e pazienti con diagnosi di gozzo multinodulare: a 16 pazienti è stata praticata la tiroidectomia totale convenzionale open (OT) (Group A) mentre 18 pazienti sono state sottoposte ad intervento di tiroidectomia transascellare robot-assistita (RATT) usando il Sistema chirurgico Da Vinci (Group B). La randomizzazione è avvenuta per ogni singola paziente utilizzando sistema computerizzato dedicato . Ogni paziente è stata informata sulle modalità di esecuzione delle due diverse tecniche chirurgiche e sui rischi e benefici di entrambe. Il consenso informato è stato ottenuto per ogni paziente. Tutti gli interventi chirurgici sono stati eseguiti da un singolo chirurgo con ampia esperienza anche in chirurgia robotica. Riportiamo i criteri di inclusione ed esclusione allo studio.
Criteri di inclusione:
- Presenza del consenso informato;
- Pazienti di sesso femminile di età compresa tra 18 e 60 anni; - BMI < 30 kg/m2;
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- Indicazione chirurgica alla tiroidectomia totale basata sulle linee guida dell’ American Thyroid Associaton (25)
;
- Diagnosi citologica di tumore tiroideo a basso rischio ben differenziato (Tir4-Tir5) con nodulo ben-circoscritti ≤ 3 cm;
- Diagnosi preoperatoria di gozzo multinodulare con nodulo ≤ 5 cm; - Volume tiroideo stimato ≤ 35 ml con ecografia preoperatoria.
Criteri di esclusione:
- Presenza di metastasi linfonodali o estensione neoplastica tiroidea extracapsulare all’ultrasonografia preoperatoria;
- Presenza di processo tiroiditico in atto all’ultrasonografia preoperatoria; - Diagnosi di morbo di Basedow- Graves;
- Precedenti interventi chirurgici alla regione del collo; - Anamnesi positiva per esposizione a radiazioni ionizzanti.
Per ogni paziente è stata eseguita ultrasonografia della regione del collo preoperatoria e dosaggio preoperatorio di TSH, Tireoglobulina (Tg) ed Anticorpi-antiTireoglobulina (AbTg).
Tecniche operatorie
Le paziente del Gruppo A hanno eseguito una tiroidectomia totale open. La tecnica convenzionale open prevede un’incisione cervicale trasversa di dimensioni congrue con la patologia tiroidea da trattare, (cervicotomia secondo Kocher) che viene praticata circa 2 cm cranialmente all’incisura giugulare dello sterno, a paziente con collo iperesteso. Si procede quindi alla sezione del muscolo platisma e della fascia cervicale superficiale nello spessore del tessuto sottocutaneo e mediante scollamento fino a livello della cartilagine tiroidea del laringe, si ottiene l’esposizione della fascia cervicale media con il sottostante piano delle vene giugulari anteriori. Si seziona dunque la linea alba dei muscoli
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pretiroidei (sterno ioideo più superficialmente e sterno tiroideo più profondamente) e si ottiene così l’esposizione della tiroide avvolta nella sua capsula. Una volta raggiunta la tiroide si accede alla loggia tiroidea di ogni lato, mediante scollamento dei muscoli pretiroidei dalla superficie del lobo tiroideo; molto frequentemente a questo livello si trova ad essere tesa tra il fascio vascolonervoso e la ghiandola, la o le vene tiroidee medie che vengono sezionate tra kelly e legate.
Si ottiene a questo punto uno spazio reale tra tiroide e fascio vascolonervoso e si procede con la lussazione del lobo tiroideo al di fuori della sua loggia anatomica, applicando una modesta trazione in senso cranio-caudale e lateromediale, esponendo così i vasi del peduncolo superiore che vengono quindi sezionati e legati.
Il chirurgo inizia dunque l’esplorazione della loggia tiroidea volta all’identificare il nervo laringeo ricorrente che generalmente si trova nell’angolo diedro tra trachea ed esofago ad incrociare l’arteria tiroidea inferiore, passandole al di sotto o al di sopra. Il nervo ricorrente una volta identificato viene seguito nel suo decorso fino all’ingresso in laringe ed una volta certi di non danneggiarlo, la tiroide viene rimossa generalmente con passaggi caudo-craniali di kelly e mosquito, avendo cura di identificare e preservare le paratiroidi superiore ed inferiore, distaccandole dalla superficie tiroidea e conservandone l’apporto vascolare prestando attenzione a non legare l’arteria tiroidea inferiore se non nei suoi rami terminali, onde evitare di ischemizzarle.
Si espone dunque la superficie tracheale mediante sezione del legamento di Berry con elettrobisturi e si completa la tiroidectomia con la lobectomia controlaterale. Seguono l’emostasi e la sutura a strati fino a completare la sutura della cute con una sutura intradermica generalmente in nylon 3/0(26).
Le pazienti invece del Gruppo B sono state sottoposte a Tiroidectomia Trans-ascellare Robot-Assistita (RATT).
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La RATT è un intervento chirurgico introdotto nel 2009 da Woong Youn Chung, direttore del dipartimento di Chirurgia Generale di Yonsei (Seoul, Corea del sud), e permette la rimozione totale o parziale della tiroide senza creare cicatrici sul collo(19,27).
L'intervento di Chung viene eseguito con un'incisione cutanea di 5-6 cm a livello ascellare, dietro al pilastro anteriore, sul lato in cui la tiroide è più voluminosa. Questo accesso nasconde in maniera eccellente la cicatrice, ma richiede la creazione di un tunnel sottocutaneo di circa 15 centimetri ed il passaggio
attraverso il capo sternale e il capo clavicolare del muscolo
sternocleidomastoideo.
Il primo tempo operatorio prevede appunto la preparazione del campo chirurgico ascellare, attraverso lo scollamento del piano tra i muscoli platisma e pettorale, creando così un tunnel sottocutaneo fino alla loggia tiroidea. Il Da Vinci Surgical System possiede strumenti chirurgici dedicati, installati su un sistema di bracci robotici che permettono movimenti estremamente fini e precisi ed una visione magnificata; viene controllato da una console che elabora inoltre l’immagine in una simulazione 3D, garantendo al chirurgo una visione più realistica dello spazio operatorio(13,28,29). Il chirurgo ha così la possibilità di essere più preciso nella dissezione e nell’individuare le ghiandole paratiroidi e il nervo laringeo ricorrente, preservandoli(30,31) .
Gli strumenti chirurgici adoperati per questa tecnica sono costituiti da: • Elettrobisturi monopolare (punta media, corta e lunga);
• Dissettore Maryland;
• Pinze da trazione Prograsp™; • Forbici curve Harmonic™; • Retrattori army-navy;
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• Intuitive Surgical® endoscopio 30° con telecamera; • Retrattore tiroideo (Chung model).
L’intervento di Tiroidectomia Trans-ascellare Robot-Assistita (RATT) può essere suddiviso in quattro tempi:
1. Preparazione del campo operatorio; 2. Docking del robot;
3. Console-time; 4. Chiusura.
L’equipe chirurgica si posizione come mostrato nella Fig.1.
Figura 1. Posizione dell’equipe in sala operatoria.
Inizialmente viene posizionato il robot con i suoi bracci operativi a destra o a sinistra del paziente, in base al lato interessato dalla lesione di maggiori dimensioni (lobo tiroideo destro o sinistro); dato che l’intervento avviene senza
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insufflazione di CO2, è fondamentale un buon posizionamento del paziente sul lettino operatorio, per avere un adeguato ambiente di lavoro e un’esposizione chiara.
Il paziente si trova in posizione supina, il collo è mediamente iperesteso, vi sono soffici supporti posizionati sotto le spalle e il braccio dalla parte della lesione viene sollevato e fissato su un supporto metallico, in modo da garantire un opportuno accesso alla cavità ascellare e diminuire il più possibile la distanza tra questa e il collo.
La preparazione del campo operatorio prevede di marcare con una penna sterile alcuni punti di repere anatomici e unirli in modo da definire la sede ideale dell’incisione (Fig.2).
Figura 2. Campo operatorio.
Viene individuata l’incisura sternale, tracciata una linea verso l’alto fino alla prominenza laringea della cartilagine tiroidea; inoltre dall’incisura sternale viene tracciata una linea trasversa diretta lateralmente; il punto in cui essa incontra la cavità ascellare definisce il limite inferiore dell’incisione. Dall’area compresa tra l’osso ioide e la prominenza laringea della cartilagine tiroidea si traccia una linea
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obliqua verso il basso e lateralmente; il punto in cui essa incontra la cavità ascellare definisce il limite superiore dell'incisione. La connessione di questi due limiti, superiore ed inferiore, determina la sede ideale dell’incisione, di una lunghezza di circa 5-6 cm. Si procede poi allo scollamento del piano tra i muscoli platisma e pettorale, utilizzando l’elettrobisturi monopolare; è importante rimanere sopra il piano muscolare del pettorale. Si procede fino ad individuare il margine superiore della clavicola ed il muscolo sternocleidomastoideo con il suo capo sternale, a questo punto le fibre muscolari cambiano andamento.
La dissezione continua tra il capo clavicolare e quello sternale del muscolo sternocleidomastoideo, con l’individuazione della vena giugulare e del muscolo omoioideo, retratto medialmente, e dei muscoli pretiroidei (sterno tiroideo e sterno ioideo), retratti superiormente, esponendo la tiroide.
Arrivati alla loggia tiroidea, viene utilizzato un sistema di retrattori appositamente disegnati (retrattore di Chung), al fine di creare una via d’accesso ed uno spazio operatorio idonei, durante il tempo robotico. Viene inserita la lama del retrattore all’interno dell’incisura ascellare, superiormente, in modo da trazionare verso l’alto il lembo cutaneo, il capo sternale del muscolo sternocleidomastoideo ed i muscoli pretiroidei. Il retrattore è assicurato ad un supporto meccanico fissato al letto operatorio, consentendo di regolare l’angolo della lama ed il grado di retrazione; il tutto è finalizzato a creare uno spazio di lavoro ottimale, senza sollevare il paziente dal sostegno sotto le spalle (4 cm circa dalla lama del retrattore al muscolo esposto, inferiormente). La lama del retrattore deve essere sollevata delicatamente, onde evitare stiramenti e danni ai tessuti.
A questo punto inizia il docking-time. Il robot viene posizionato al tavolo operatorio, dal lato opposto della lesione, allineando il centro della colonna del carrello con il retrattore. Si procede con il posizionamento dei bracci operativi:
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• 1° braccio: ottica endoscopica, posizionata al centro della lesione appena sotto il retrattore;
• 2° braccio: forbici curve ad ultrasuoni, posizionate all’angolo craniale dell’incisione;
• 3° braccio: dissettore Maryland, posizionato all’angolo caudale dell’incisione. È estremamente importante posizionare bene i bracci operativi e ottimizzare la posizione dei loro angoli, onde evitare contrasti e collisioni nel tempo successivo dell’intervento.
Il terzo tempo operatorio inizia con l’esposizione del polo superiore del lobo tiroideo; si utilizza il dissettore Maryland, utilizzato per tenere in tensione il tessuto tiroideo, e le forbici curve ad ultrasuoni, per coagulare o sezionare i vasi e dissecare il tessuto. In questa fase è importante essere cauti nell’utilizzo delle forbici ad ultrasuoni, onde evitare lesioni da calore della branca esterna del nervo laringeo superiore. La dissezione continua attorno alla paratiroide e ai suoi vasi, preservandoli; il polo superiore del lobo tiroideo è ora esposto e libero. Successivamente viene esposto il polo inferiore del lobo tiroideo, utilizzando il dissettore Maryland per trazionare la tiroide supero-medialmente, e le forbici ad ultrasuoni, con le stesse precauzioni riguardo la vicinanza alle strutture nervose. Il passo successivo, molto importante, è l’individuazione e l’esposizione del nervo laringeo ricorrente, che va scrupolosamente preservato. La divisione del ligamento di Berry fa decorrere il nervo laringeo ricorrente posteriormente, lontano dai piani di dissezione, permettendo la sua precisa localizzazione. La tiroide viene trazionata verso l’alto e si inizia la dissezione dalla trachea, partendo dal polo inferiore verso il polo superiore del lobo tiroideo. Infine si traziona la tiroide lateralmente e si seziona l’istmo; il lobo resecato è separato dal controlaterale e viene rimosso dal campo operatorio. La stessa procedura è stata eseguita sul lobo controlaterale, per rimuovere completamente l’organo.
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Il chirurgo può decidere o meno di utilizzare dispositivi emostatici nel sito chirurgico, per ridurre eventuali sanguinamenti post-operatori ed evitare aderenze alla parete toracica. Si posiziona un drenaggio in loggia tiroidea e nel sito d’accesso chirurgico, si sutura il sottocute con punti staccati riassorbibili, e la cute con una sutura intradermica o a punti staccati (19, 30,32,33) .
Valutazione outcome.
La radicalità chirurgica della tecnica RATT versus OT è stata valutata stabilendo, a tre mesi dall’intervento chirurgico, il volume di tessuto tiroideo residuo mediante ultrasonografia di controllo e il dosaggio sierico della Tireoglobulina (Tg) che stima la quantità di tessuto tiroideo funzionalmente attivo ancora presente. La Tg infatti è una proteina specifica secreta dalle cellule follicolari e le sue concentrazioni sieriche riflettono la quantità di tessuto tiroideo residuo presente dopo tiroidectomia, partendo dal presupposto che non siano presenti metastasi locali o distanti presenti al momento del prelievo (34,35) . Il valore di Tireoglobulina sierica è stato misurato con metodica immunometrica sempre nello stesso laboratorio e prima di una eventuale somministrazione di radioiodio. E’ stato considerato come limite inferiore di Tg 0,2 ng/ml. Insieme ai valori di Tireoglobulina sono stati dosati anche gli anticorpi anti-Tg ed in caso di positività degli stessi (presente nel 25 % dei pazienti) si è deciso di escludere il paziente dal confronto della Tg in quanto i valori della stessa posso essere sottostimati (35,36) . L’ultrasonografia postoperatoria è stata sempre eseguita dallo stesso medico. La radicalità chirurgica è stata considerata come completa per volumi di tessuto tiroideo residuo inferiore a 1 gr come da Linee Guida ATA (25) e per valori di Tireoglobulina <2.0 ng/ml. Questi due parametri permettono di avere informazioni affidabili sulla effettiva radicalità chirurgica della procedura
(34-38)
.
Tutte le pazienti di entrambi i gruppi hanno eseguito dosaggio della calcemia in I giornata postoperatoria ed a 3 mesi dall’intervento.
16 Analisi statistica
In base ai criteri di inclusione, sono stati reclutati 34 pazienti che sono poi stati divisi in maniera casuale nei due gruppi di studio già menzionati. Il tempo estimato per la conclusione dello studio è 36 mesi, comunque fino al raggiungimento del numero totale dei pazienti che corrisponde a 396. Il calcolo del sample size è stato ricavato dal valore di successo atteso dal trattamento eseguito nel braccio 1 (Tiroidectomia totale open) e la non inferiorità del trattamento eseguito nel braccio 2 (tiroidectomia totale trans-ascellare robot-assistita). Assumendo un valore di significatività alpha dello 0.05%, potere dello studio 1-beta=0.80, e percentuale di successo uguale ad 80% sia nel braccio 1 che nel braccio 2, 198 pazienti per gruppo sono necessari per dimostrare la non inferiorità del braccio 2.
Per le due diverse tecniche chirurgiche paragonate, RATT versus OT, sono stati messi a confronto le caratteristiche clinicopatologiche dei pazienti e i parametri considerati per la radicalità chirurgica. I dati quantitativi sono stati espressi come media ± deviazione standard e mediana. I gruppi sono stati messi a confronto usando il test Mann–Whitney.
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Risultati
Trentaquattro pazienti, tutte di sesso femminile sono state incluse nel nostro studio, 16 nel gruppo A (OT) e 18 per il Gruppo B (RATT). Nel Gruppo A abbiamo 9 pazienti con diagnosi preoperatoria di gozzo mutinodulare e 7 con diagnosi di carcinoma papillare (Tir4-Tir5) risultato dall’esame citologico dell’agoaspirato, mentre nel Gruppo B sono risultati 11 con diagnosi preoperatoria di gozzo multinodulare e 7 con carcinoma papillare. La media dell’età del gruppo RATT (38,44±11,27 anni, range 25-60) non ha mostrato differenze significative, p=0.422, con il gruppo OT (40,81± 7,62 anni, range 21-55). I volumi tiroidei preoperatori valutati con ultrasonografia non hanno messo in evidenza differenze statisticamente significative tra i due gruppi (Gruppo A Vm= 27,5±2,96 ml; Gruppo B Vm= 23,43±6,9 ml; p= 0.528 ). Tab.1.
Tabella.1
Gmn, gozzo multinodulare. Ca Pap, carcinoma papillare. VmPreop, Volume tiroideo medio preoperatorio.
E’ stato valutato a tre mesi dall’intervento il dosaggio della Tireoglobulina (Tg) sierica, e il calcolo del Volume residuo tramite ultrasonografia. I pazienti che presentavano elevati livelli di AbTg, valori maggiori di 30 UI/ml sia preoperatori che a tre mesi dall’intervento chirurgico sono stati esclusi dalla valutazione della Tg in quanto poteva esserne alterata (36,37); nel Gruppo A sono stati esclusi due
Gruppo A (OT) Gruppo B (RATT)
Patient (n) 16 18
Età' 40,8±7,6 anni 38,4±11,3 anni
Gmn 9 11
Ca Pap 7 7
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pazienti, nel Gruppo B tre pazienti avevano valori di AbTg elevati. Quindi per quanto riguarda il parametro di Tg i pazienti del gruppo A studiati sono 14, mentre del gruppo B 15 pazienti. I valori medi della Tg riscontrati in entrambi i gruppi sono nel gruppo A 0,86±0,47 ng/ml e nel gruppo B 0,78±1,34 ng/ml. Tutti i valori di Tg postoperatoria sono risultati ≤ a 2,0 ng/ml. I risultati ottenuti dimostrano che non ci sono differenze statisticamente significative per quanto riguarda i livelli di Tg circolante (p= 0.164). Fig.3
Figura 3. Confronto tra i valori di Tireoglobulina postoperatori tra il Gruppo
RATT vs Gruppo OT.
0 0,5 1 1,5 2 2,5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 Tg POST RATT Tg POST OPEN
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Per quanto riguarda i valori di volume tiroideo residuo, valutato all’ultrasonografia postoperatoria a tre mesi, non sono presenti residui superiori ad 1 gr in entrambi i gruppi; 2 pazienti nel gruppo A e 1 paziente nel Gruppo B presentano residuo in entrambi i lobi pari a 0, per gli altri pazienti possiamo parlare, come da Linee Guida dell’American Thyroid Association, di near-total Thyroidectomy. La media del volume tiroideo residuo per la OT è 0,22±0,10 ml, mentre per la RT è 0,33±0,28 ml. Non esiste differenza statisticamente significativa tra i due gruppi, p=0.484. Fig. 4
Figura 4. Confronto tra Volume tiroideo residuo postoperatorio tra il Gruppo
RATT vs Gruppo OT.
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 VPost RATT V Post OT
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Per quanto riguarda i tempi operatori questi sono aumentati nel gruppo B (84,05±16,79 min) rispetto al gruppo A (52,69± 12,60 min) con una differenza statisticamente significativa (p<0.01). Fig.5
Fig.5. Confronto del tempo operatorio totale tra il Gruppo RATT vs Gruppo OT.
0 20 40 60 80 100 120 140 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 TEMPO OP RATT TEMPO OP OPEN
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Per quanto riguarda l’incidenza delle complicanze postoperatorie, risulta similare per le lesioni transitorie del nervo ricorrente che in entrambi i gruppi sono assenti, mentre abbiamo riscontrato una differenza importante, ma non statisticamente significativa per le ipocalcemie transitorie, 50% in OT vs 33,25% in RT, p=0.266; non risultano ipocalcemie definitive a tre mesi.(Tab.2). I valori della mediana dei vari parametri associati al P value sono riportati in Tab.3.
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Tabella.2
Tg Post, Tireoglobulina postoperatoria. Vm Post, Volume medio residuo tiroideo postoperatorio. Ca Post, Calcemia sierica postoperatoria. LR, lesioni transitorie nervo ricorrente.
Tabella. 3. Mediana e P value.
T op, Tempo operatorio. VT Preop, Volume tiroideo Preoperatorio. Tg Post, Tireoglobulina Postoperatoria. VT Post, Volume tiroideo residuo Postoperatorio.
Gruppo A (OT) Gruppo B (RATT)
Tg Post 0,86±0,47 0,78±1,3
Vm Post 0,22±0,10 0,33±0,28
Tempo op 52,69±12,60 84,05±16,79
Ca Post 50,00% 33,25%
LR 0 0
Gruppo A (OT) Gruppo B (RATT) P value
Patient (n) 16 18 Età, y 42 (36;47) 40 (30;47) 0.422 T op. 50 (44;65) 83 (74;93) < 0.001 VT Preop 21.6 (12.67;31.2) 21.85 (18.72; 29.95) 0.528 Calcemia 8 (8;9) 8.9 (8.25;9) 0.266 Tg Post 0.11 (0.1;0.36) 0.31 (0.1;0.81) 0.164 VT Post 0.225 (0.123;0.27) 0.275 (0.098;0.433) 0.484
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Discussione
La patologia tiroidea è prevalente nel sesso femminile e sempre di più nella giovane età, questo grazie a diagnosi sempre più precoci. Al giorno d’oggi le pazienti sono sempre più interessate non solo al trattamento della patologia , ma anche alla qualità di vita postoperatoria, che si basa su molteplici fattori tra i quali la cicatrice chirurgica, il dolore postoperatorio e la riduzione dei tempi di convalescenza con un più rapido rientro alle attività lavorative.
Questi nuovi interessi, focalizzati sul risultato cosmetico e sulla non invasività dell’intervento, hanno portato allo sviluppo di tecniche chirurgiche mini-invasive. A partire dalla prima paratiroidectomia endoscopica nel 1996(7) varie tecniche di chirurgia tiroidea endoscopica sono state introdotte durante gli anni
(8-10,12,13)
.
L’applicazione in molteplici campi chirurgici del sistema robotico Da Vinci ha portato ad una rapida evoluzione nelle tecniche mininvasive. Infatti ha permesso il superamento di molti dei limiti della chirurgia endoscopica. Con il sistema robotico la visione diventa tridimensionale , viene superato il fisiologico tremore manuale e la difficoltà nella maneggevolezza degli strumenti(5). Soprattutto, grazie ad un migliore senso prospettico, alla capacità di ingrandire le strutture mantenendo la nitidezza dell’immagine, ed alla possibilità di eseguire manovre più precise sui tessuti, diventa più facile preservare elementi a rischio(30-31).
Nel campo della chirurgia della tiroide, nell'ultimo decennio, un gruppo di chirurghi coreani ha sviluppato la tecnica RATT con lo scopo principale di ottenere un miglior risultato estetico; la spinta che ha portato allo sviluppo di queste metodologie si deve ricercare nel rifiuto che le popolazioni asiatiche esprimono per motivi tradizionalistici e religiosi alle cicatrici, in particolare nella regione cervicale(19). La tecnica RATT infatti, permette di spostare la cicatrice chirurgica da una regione ben esposta quale la porzione anteriore del collo, a una
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regione nascosta quale quella ascellare, con un ottimo risultato estetico ed una maggior soddisfazione del paziente(39-41).
La Tiroidectomia Transascellare Robot-Assistita (RATT) è una tecnica operatoria ormai ben conosciuta, con ottimi risultati in termini di radicalità e sicurezza, equiparabili alla tecnica open, che diversi studi asiatici hanno ormai
dimostrato(24,42-44). L’incidenza di complicanze maggiori, come
l’ipoparatiroidismo postoperatorio o la paralisi del nervo laringeo ricorrente, sono anch’esse sovrapponibili(19,27,29,45-46). Il risultato estetico infine è molto soddisfacente, in quanto la cicatrice rimane nascosta in una piega naturale del corpo(47) .
Ad oggi non esistono in letteratura studi clinici randomizzati che mettano a confonto le due tecniche. Il nostro lavoro è il primo studio prospettico randomizzato che valuta l’equivalenza della radicalità chirurgica tra le due diverse tecniche operatorie.
I due gruppi in cui sono state casualmente suddivise le pazienti, rispettivamente Gruppo A, OT, e Gruppo B, RATT, sono risultati omogenei i quanto la media dell’età delle pazienti ed i volumi tiroidei preoperatori non hanno mostrato differenze significative.
La quantificazione del residuo di tessuto tiroideo ancora presente dopo l’intervento, permette il confronto della radicalità chirurgica tra le due tecniche. Per il nostro studio è stato valutato questo parametro a tre mesi dall’intervento tramite il dosaggio postoperatorio della Tireoglobulina (Tg) sierica, che è un predittore attendibile del tessuto tiroideo rimanente, e il calcolo del Volume residuo tramite ultrasonografia. I risultati ottenuti dimostrano che non ci sono differenze statisticamente significative per quanto riguarda i livelli di Tg circolante e i volumi tiroidei residui. I valori della Tg riscontrati in entrambi i gruppi sono risultati tutti inferiori a 2 ng/ml, che è stato considerato come nostro limite superiore; questo fa presuppore un minimo residuo tiroideo presente in
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entrambi i tipi di intervento compatibile con il tipo di intervento chirurgico. Non ci sono valori di volume tiroideo residuo, valutato all’ultrasonografia postoperatoria a tre mesi, superiori ad 1 gr in entrambi i gruppi; 2 pazienti nel gruppo A e 1 paziente nel Gruppo B non presentano residuo, per gli altri pazienti possiamo parlare, come da Linee Guida dell’American Thyroid Association(25)
, di near-total Thyroidectomy, che è definita come l’asportazione pressochè totale della ghiandola tiroidea, lasciando meno di 1 gr di tessuto intorno al legamento di Berry a protezione dei nervi ricorrenti e delle paratiroidi. Non essendoci differenze statisticamente significative tra i due gruppi, per quanto riguarda i valori di volume tiroideo residuo, e non riscontrando il superamento del limite di 1 gr di tessuto tiroideo residuo per essere considerata una near-total Thyroidectomy, è possibile affermare che in entrambi i gruppi sono stati eseguiti interventi con la stessa radicalità chirurgica e in accordo con le ultime linee guida per il trattamento della patologia tiroidea. Infatti come dimostrato in precedenti studi, come anche nel presente, un minimo di residuo tiroideo è sempre presente, nonostante la grande attenzione del chirurgo di rimuovere completamente la ghiandola (48) . Inoltre è da sottolineare come la misurazione della radicalità chirurgica sia stata effettuata prima di un eventuale trattamento radiometabolico volto ad eliminare residui di tessuto tiroide. Questo permette pertanto un confronto reale tra le due tecniche chirurgiche.
Per quanto riguarda i tempi operatori, questi risultano aumentati nel gruppo B, mostrando una differenza statisticamente significativa (Fig.5). Tale risultato è in linea con i dati della letteratura in quanto il maggior tempo operatorio nella RATT è dovuto soprattutto alla creazione della via d’accesso ascellare e al minuzioso posizionamento del robot e dei suoi bracci operativi. Queste fasi sono però fondamentali nella RATT, per consentire la creazione di uno spazio operatorio idoneo a sfruttare al meglio le caratteristiche del robot da Vinci. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da un chirurgo esperto che ha superato la curva di apprendimento e infatti possiamo evincere dai grafici come la durata
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dell’intervento sia pressochè costante in tutti i casi senza una chiara tendenza a decrescere; questo perché i tempi del docking robotico non sono riducibili. In entrambi i gruppi non si sono riscontrate lesioni transitorie del nervo ricorrente, né differenze statisticamente significative tra le ipocalcemie postoperatorie transitorie nonostante queste siano in percentuale maggiore nel Gruppo A (OT). La spiegazione di questi dati può essere data dal fatto che la visione tridimensionale robotica permette di evidenziare in maniera più accurata le ghiandole paratiroidi, in modo da ridurre il rischio di danneggiamento delle stesse durante l’intervento chirurgico. In entrambi i gruppi non abbiamo ipocalcemie definitive a tre mesi dall’intervento chirugico, ciò sta a significare che non vi è stata rimozione accidentale o sofferenza vascolare delle ghiandole paratiroidi.
Il limite di questo studio è sicuramente il numero del campione analizzato, questo perché si tratta ancora di un’analisi preliminare dei primi dati ottenuti. Il trial prospettico randomizzato è ancora in fase di studio in attesa di un campione adeguato di pazienti.
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Conclusioni
La tiroidectomia trans-ascellare robot-assistita è associata a tempi operatori e a costi maggiori rispetto alla tiroidectomia convenzionale open senza tuttavia una differenza statisticamente significativa per quanto riguarda la radicalità chirurgica. Possiamo pertanto concludere che la tiroidectomia trans-ascellare robotica, eseguita da chirurghi esperti, sia una tecnica sicura ed equiparabile alla tecnica convenzionale open e che possa essere utilizzata in egual maniera, seppure in pazienti selezionate.
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