• Non ci sono risultati.

LA CITTADINANZA E LO IUS SOLI TRA NORME INTERNAZIONALI E INTERNE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA CITTADINANZA E LO IUS SOLI TRA NORME INTERNAZIONALI E INTERNE"

Copied!
152
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

LA CITTADINANZA E LO IUS SOLI TRA

NORME INTERNAZIONALI E INTERNE

Relatore:

Chiar.mo Prof. Antonio Marcello Calamia

Candidato:

Elena Becuzzi

(2)

INDICE

Premessa ... .I Note introduttive ... I

CAPITOLO I

BREVE

EXCURSUS

STORICO

SULLA

ATTRIBUZIONE DELLA CITTADINANZA IN

ITALIA

1.Premessa ... 1

2.Lo Statuto Albertino del 1848 ... 2

3.La legge n. 555 del 13 giugno 1912 ... 3

4.La Costituzione Repubblicana del 1948 ... 3

5.La spinta riformatrice prodotta dalla giurisprudenza ... 4

5.1 La sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1975

5.2 Le modifiche introdotte in occasione della riforma del diritto di famiglia

5.3 La sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983

(3)

5.4 Il parere n.105 del 1983 del Consiglio di Stato

5.5 La Legge n.123 del 1983

6.La legge n. 91 del 1992 e la sentenza della Corte di Cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009 ... 6 7.Il d.d.l. n. 2092 del 13 ottobre 2015 in approvazione. ... 8

8.La cittadinanza in Italia. Lo ius soli nel dibattito politico

attuale ... 10

CAPITOLO II

L’IDEA DI CITTADINANZA NEL DIRITTO

INTERNAZIONALE

1.Premessa ... 15 2.L’evoluzione della normativa in materia di cittadinanza ... 15 3.Il parere della Corte Permanente di Giustizia Internazionale

del 7 febbraio 1923 ... 18 4.I richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale

... 20

5.La questione dell’apolidia e il fenomeno della cittadinanza doppia o plurima ... 21 6.I rifugiati e gli apolidi ... 25 7.Limiti relativi alla cittadinanza nel Diritto internazionale 28

(4)

CAPITOLO III

LA

QUESTIONE

DELLA

CITTADINANZA

DELL’UNIONE EUROPEA

1. Premessa ... 37

2. Cenni sulla disciplina della tutela dei diritti di origine comunitaria ... 39

3. Il primato del diritto comunitario ... 40

4. L’effetto diretto delle norme dell’Unione ... 42

5. L’attribuzione della cittadinanza dell’Unione Europea ... 42

6. Il diritto di libera circolazione e di soggiorno ... 48

7. Il diritto di elettorato, di petizione, di denuncia al Mediatore europeo e la tutela diplomatica all’estero ... .50

8. La cittadinanza ius pecuniae: il caso di Cipro e Malta ... 54

9. La cittadinanza romena: un caso singolare ... 55

10. La cittadinanza dell’Unione in vendita? ... 56

11. I principi desumibili dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ... 57

(5)

CAPITOLO IV

LO IUS SOLI ALL’ESTERO

1. Premessa... 64

2. L’acquisizione della cittadinanza in altri paesi europei: una prospettiva comparatistica ... 65 2.1 L’Austria ... 65 2.2 Il Belgio ... 67 2.3 La Danimarca ... 67 2.4 La Finlandia ... 70 2.5 La Francia ... 71 2.6 La Germania ... 73 2.7 La Grecia. ... 76 2.8 L’Irlanda ... 79 2.9 Il Lussemburgo ... 81 2.10 I Paesi Bassi ... 82 2.11 Il Portogallo ... 84 2.12 La Spagna ... 86 2.13 La Svezia ... 88 2.14 Il Regno Unito ... 90

3. L’acquisizione della cittadinanza nei Paesi Extra-UE: analogie e differenze ... 93

3.1 La Svizzera ... 93

3.2 Gli Stati Uniti ... 96

3.3 Il Canada ... 98

3.4 L’Australia ... 99

(6)

CAPITOLO V

NOTE CONCLUSIVE E PROSPETTIVE IN

ITALIA ...

104

Bibliografia ... 129 Sitografia ... 132 Appendice normativa ... 134 Giurisprudenza ... 137

(7)

I

Premessa

Con la mia tesi intendo intraprendere un percorso sul dibattuto quanto attuale tema dello “ius soli”. Punto di partenza sarà la delineazione del suo significato, passerò poi ad analizzare la condizione in cui si trovava in Italia nel passato e lo stato nel quale versa attualmente. Proseguirò con l’esame della visione che di cittadinanza e “ius soli” hanno il Diritto internazionale e l’Europa. Passerò dunque in rassegna i diversi sistemi che sono stati elaborati da alcuni Stati ai fini dell’acquisto della cittadinanza; a tal scopo farò riferimento a casi concreti. Mi propongo quindi di giungere sino ad una analisi da condurre in chiave comparativa della concezione di ottenimento della cittadinanza nei Paesi europei più significativi in tal senso, così da poter paragonare i loro punti di vista in materia a quelli del nostro Paese. Successivamente attuerò un confronto fra la possibilità di acquisizione della cittadinanza sul nostro territorio con le modalità adottate da taluni Stati nel mondo. Infine esprimerò la mia opinione sull’argomento trattato alla luce del dibattito politico e cercherò di tracciare possibili soluzioni e prospettive future.

Note introduttive

“Ius soli” è una espressione latina che significa “diritto di suolo”. In ambito giurisprudenziale con tale locuzione si indica l’acquisizione della cittadinanza per il solo fatto di essere nati nel territorio dello Stato, a prescindere dalla circostanza che i genitori dispongano o meno di questo diritto.

Lo “ius soli”, diritto che si collega al luogo di nascita, si distingue dallo “ius sanguinis” o “diritto di sangue”. Quest’ultimo è una formula

(8)

II

legata alla discendenza, individua il diritto all’acquisto della cittadinanza a patto che almeno uno dei due genitori ne sia in possesso. Attualmente in Italia, così come in un nutrito numero di Stati europei viene adottato lo “ius sanguinis”.

Lo ius soli costituisce uno delle due principali modalità con cui la maggior parte delle persone acquisisce la propria cittadinanza. In passato esso è stato visto talvolta come un principio maggiormente civico e inclusivo che consiste nel concedere la cittadinanza a tutte le persone che fossero nate nello stato, cosa che accade in paesi come gli Stati Uniti o il Canada.

E’ stata sollevata una obiezione secondo cui non vi sarebbe ragione per ritenere che lo ius soli sia normativamente superiore rispetto allo ius sanguinis. Una argomentazione a sostegno di ciò si basa sul fatto che tutte le attribuzioni di cittadinanza alla nascita sono arbitrarie nello ius soli non meno che nello ius sanguinis, dal momento che sono entrambe basate sull’evento della nascita, qualunque sia stato il luogo di origine. Vi è un privilegio cruciale nel fatto che molte persone continuino a mantenere la cittadinanza che acquistano alla nascita. In risposta a ciò si potrebbe asserire che se la cittadinanza deve riposare su connessioni autentiche, lo ius soli gioca un ruolo importante in merito a ciò.

La nascita in uno stato potrebbe essere presa come una ragione per condividere il futuro nella comunità politica. Tuttavia tale regola non è infallibile, infatti in alcuni casi la concessione della cittadinanza attraverso lo ius soli può apparire arbitraria quando le connessioni con lo stato siano assenti.

In alcuni casi lo ius soli si applica alla nascita, in altri dopo la nascita. Le principali modalità di applicazione nel primo caso sono: lo ius soli puro, quando tutti i bambini nati nello stato diventano automaticamente cittadini; lo ius soli condizionato ad alcuni periodi di

(9)

III

residenza dei genitori nel paese; e il “doppio ius soli”, ovvero la cittadinanza automatica alla nascita per la terza generazione basata sulla nascita dei genitori nel paese.

Anche se i cambiamenti che riguardano lo ius soli sono stati orientati verso una direzione positiva e liberale, nella molteplicità delle sue manifestazioni vi sono forme considerevolmente restrittive e inoltre non tutti i paesi che applicano lo ius soli accettano che una persona possa avere una doppia cittadinanza.

Lo ius soli è ancora totalmente assente in un numero significativo di Paesi europei. Non vi è garanzia che vi sarà una convergenza verso politiche maggiormente liberali, specialmente in vista dei dubbi riguardo i criteri che derivano semplicemente dalla nascita e dalla residenza.

Le tendenze nelle politiche di ius soli non sono tutte in direzione di una liberalizzazione e in molti casi le condizioni attuali hanno l'effetto di far sì che lo ius soli dipenda in modo crescente dal diritto all'immigrazione.

È vero che lo ius soli non ha avuto la stessa attenzione che è stata riservata alla naturalizzazione, inclusa la più lunga residenza per i genitori o per i bambini, o i test di conoscenza della lingua e di conoscenza civica. In aggiunta, come gli studiosi di politiche di naturalizzazione hanno mostrato, tutti i "pacchetti" di diritti alla cittadinanza nei quali lo ius soli ha mostrato i suoi effetti hanno avuto la tendenza a divenire più restrittivi.

Se da una parte l’estensione dello ius soli dipende dall'ascesa al potere della sinistra o di governi di centro, dall’altra vi è un ostacolo all’ampliamento di tale diritto da parte dell'ala destra dello schieramento anti-immigrazione.

(10)

IV

Sarebbe difficile predire un periodo continuativo di estensioni di esso nel futuro prossimo o a medio termine. Se vi sono delle crescenti condizioni per acquistare la cittadinanza (così come è avvenuto per la naturalizzazione) e se questi cambiamenti trovano il loro posto nel

contesto di più stringenti condizioni di immigrazione e

naturalizzazione, il potere dello ius soli dipinto come un regime di cittadinanza inclusiva verrà diminuito.1

Regno Unito, Germania e Francia applicano uno “ius soli condizionato” con variazioni li che differenziano gli uni dagli altri. Il più importante paese del mondo per estensione territoriale, che da sempre applica lo “ius soli”, sono gli Stati Uniti d’America. Se vogliamo analizzare la cittadinanza da un punto di vista storico è doveroso intraprendere un’indagine sulle trasformazioni del moderno stato italiano dall’Ottocento in poi. In primo luogo, sul terreno della cittadinanza hanno giocato un ruolo fondamentale i processi di

nation-bulding. La storia italiana dovrebbe condurci ad una interpretazione

secondo cui per poter essere ritenuti a tutti gli effetti membri di una comunità politica bisogna sentire propri i principi culturali, antropologici e linguistici di essa, piuttosto che un indicatore meramente biologico.

Lo ius sanguinis è stato il principio supremo, passato dal Regno di Sardegna, allo Stato liberale, allo Stato fascista e infine allo Stato repubblicano. Lo Stato unitario nasce nello spirito del Codice Civile Sabaudo, cosiddetto Codice Albertino del 1837, in base al quale l’appartenenza era stata costruita attorno al principio della patrilinearità.

1

Honohan I. “The theory and politics of ius soli” EUDO Citizenship Observatory ,2010

(11)

V

Il Codice Civile italiano del 1865 recepisce in toto quel principio, affermando nuovamente il modello classico di disuguaglianza di genere tipico del Codice Napoleonico del 1804, secondo cui la donna sposata seguiva la condizione giuridica del marito. Pertanto la condizione del pater familias continua a determinare il destino anche degli altri componenti della famiglia, compresa la individuazione della cittadinanza.

A titolo esemplificativo, gli articoli 4 e 5 del Titolo I ,con l'esplicativo titolo "Della cittadinanza e del godimento dei diritti civili", recitano testuali parole:

4. È cittadino il figlio di padre cittadino

5. Se il padre ha perduto la cittadinanza prima del nascimento del figlio, questi è riputato cittadino, ove sia nato nel regno e vi abbia la sua residenza (...)2.

Inoltre all'articolo 6 del Codice postunitario si dice che il figlio nato all'estero da padre che ha perduto la cittadinanza o vi ha rinunciato prima della nascita di costui, è automaticamente straniero sempre che non decida in seguito di chiedere la cittadinanza italiana:

6. Il figlio nato in paese estero da padre che ha perduto la cittadinanza prima del suo nascimento, è riputato straniero.

Egli può tuttavia eleggere la qualità di cittadino, purché ne faccia la dichiarazione (...) e fissi nel regno il suo domicilio entro l'anno dalla fatta dichiarazione. 3

Si stabilisce in aggiunta il criterio, già presente ai tempi dei Romani, che vede come possibili candidati per l’ottenimento della cittadinanza

2

Codice civile del Regno d'Italia, Torino, Stamperia Reale, 1865 (http://www.notaio-busani.it/download/docs/CC1865_100.pdf)

3

(12)

VI

coloro che prestano servizio militare. Principio che tutt’oggi ritroviamo anche in altri contesti come quello degli Stati Uniti con chi presta servizio nell'esercito federale della US Army e la Francia con i legionari della Lègion étrangère.

Infatti «(...) se egli ha accettato un impiego pubblico nel regno, oppure ha servito o serve nell'armata nazionale di terra o di mare, od ha altrimenti soddisfatto la leva militare senza invocarne esenzione per la qualità di straniero, sarà senz'altro riputato cittadino»4.

L’Italia aspirava dunque ad un’unificazione che prendesse in considerazione il rapporto tra Stato e società intesa come comunità, i cui membri erano uniti da legami culturali. La capacità giuridica dei singoli veniva legata all’appartenenza alla religione cattolica (art. 18) e di conseguenza le minoranze religiose, quali valdese ed ebraica, venivano escluse dalla società:

Ogni suddito gode dei diritti civili, salvo che per proprio fatto ne sia decaduto. I non cattolici ne godono secondo le leggi, i regolamenti e gli usi che li riguardano. Lo stesso è previsto per gli ebrei.5

La prima legge organica sulla cittadinanza vede la luce agli inizi del XX secolo con la riforma del 1912. Le scelte politico-sociali di quel periodo, l’industrializzazione e l’emigrazione di massa, furono fattori che condussero a una cementificazione della cittadinanza nazionale. L’Italia di allora era toccata solo marginalmente dai fenomeni di migrazione. Le destinazioni principali europee restavano, secondo il

5

Art. 18 de Il Codice civile spiegato in ciascuno de’ suoi punti, con annotazioni ed exempi, Torino, 1839 (http://books.google.it/books?id=g_FiAAAAcAAJ&pg=PA497&lpg=PA497&dq=co dice+civile+albertino+1837+testo&source=bl&ots=G_ZrT6-Asl&sig=3DoL8E--lYAi28QssXWuttZdh5Q&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj1iuXr4ODWAhWBKsAKH YfPAUE4FBDoAQgmMAA#v=onepage&q=codice%20civile%20albertino%201837 %20testo&f=false)

(13)

VII

censimento del 1901, Francia, Svizzera e Germania, mentre crescevano le quote migratorie verso Stati Uniti e America Latina6.

Pertanto la politicizzazione della cittadinanza riguardava

principalmente i Paesi dell’America del sud, Brasile e Argentina in primis, dove l’emigrazione assumeva i connotati di “colonialismo”, o meglio di “espansione economica e sociale pacifica” visto che l’obiettivo palese era quello di “italianizzare” i territori di emigrazione sviluppando le proprie abitudini importate dall’Italia, partecipando alla vita sociale ed ottenere in tal modo la cittadinanza in quei Paesi.

Sul terreno giuridico il principale ostacolo era rappresentato dalle disposizioni dell’art. 11 del Codice Civile del 1865 che prevedeva la perdita automatica della cittadinanza italiana nella circostanza in cui si verifichi una naturalizzazione in un paese straniero;

La cittadinanza si perde:

1° da colui che vi rinunzia con dichiarazione davanti l’uffiziale dello stato civile del proprio domicilio, e trasferisce in paese estero la sua residenza;

2° Da colui che abbia ottenuto la cittadinanza in paese estero;

3° Da colui che, senza permissione del governo, abbia accettato impiego da un governo estero, o sia entrato al servizio militare di potenza estera.

La moglie ed i figli minori di colui che ha perduto la cittadinanza, divengono stranieri, salvo che abbiano continuato a tenere la loro residenza nel regno. (…)7

Grazie all’interessamento delle Camere di Commercio e a quello dei vari comitati degli italiani all’estero si comprese l’utilità politica ed economica del riconoscimento di una doppia cittadinanza di diritto, sia

6 http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=censimento1911

7

«(…) Nondimeno possono riacquistare la cittadinanza nei casi e nei modi espressi nel capoverso dell’articolo 14, quanto alla moglie, e nei due capoversi dell’articolo 6, quanto ai figli.» Art. 11 Titolo I Codice Civile (1865)

(14)

VIII

di origine che di residenza, da parte dello Stato italiano. Durante il ventennio fascista lo ius sanguinis divenne un segno identificativo per determinare lo stato di appartenenza o esclusione dal nuovo razzismo di Stato.

A partire dal 1927 la politica migratoria fascista fu orientata a preservare l’italianità all’estero. Il fascismo infatti prestò sempre molta attenzione nei confronti del fenomeno dell'emigrazione, convinto che gli italiani all'estero fossero una "punta di diamante dell'espansione degli interessi italiani fuori della patria" e che quindi, come tali, andassero valorizzati e incoraggiati nelle loro iniziative. Il governo italiano di allora, prima della presa del potere del Fascismo, fu accusato di "snazionalizzare" gli italiani all'estero e si puntò sopra ogni cosa sulla costituzione dei Fasci all'estero8.

Quindi, giunti a questo punto, occorre chiarire se l’idea di cittadinanza nazionale sia ancora viva, in chiave di ius sanguinis, nell’Italia repubblicana.

La territorialità intesa come organizzazione spaziale, come afferma più volte Charles Maier, storico statunitense del XX secolo, nel suo saggio

Once Within Borders (Un tempo dietro i confini), è un proposito che

deve esser inteso nella sua globalità.

E allora la domanda che dovremmo porci potrebbe essere se con lo ius

soli la cittadinanza, intesa come uno strumento di partecipazione, ne

uscirebbe indebolita oppure no.

8

M. Strazza, Il fascismo e l'emigrazione negli Stati Uniti in http://win.storiain.net/arret/num139/artic1.asp e Claudia Baldoli, I Fasci italiani all'estero e l'educazione degli italiani in Gran Bretagna, in: Studi Emigrazione, anno XXXVI, Giugno 1999, n.134

(15)

1

CAPITOLO I

BREVE EXCURSUS STORICO SULLA ATTRIBUZIONE DELLA CITTADINANZA IN ITALIA

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Lo Statuto Albertino del 1848 – 3. La Legge n. 555 del 13 giugno 1912 – 4. La Costituzione Repubblicana del 1948 – 5. La spinta riformatrice prodotta dalla giurisprudenza - 5.1 La sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 - 5.2 Le modifiche introdotte in occasione della riforma del diritto di famiglia – 5.3 La sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983 – 5.4 Il parere n. 105 del 183 del Consiglio di Stato – 5.5 La Legge n. 123 del 1983 – 6. La legge n. 91 del 1992 e la sentenza della Corte di Cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009 – 7. Il d.d.l. n. 2092 del 13 ottobre 2015 in approvazione – 8. La cittadinanza in Italia. Lo ius soli nel dibattito politico attuale

1. Premessa

“La cittadinanza rappresenta il collegamento tra un individuo ed uno stato ed è il presupposto per la operatività di molteplici norme internazionali che attengono sia a diritti propri dell’individuo sia a diritti azionabili dagli stati.”9

L’attribuzione di diritti e doveri discende dallo stato cui l’individuo appartiene, mentre il loro riconoscimento ha rilevanza al di fuori esso.

9

A. M. Calamia “L’abuso del diritto. Casi scelti tra principi, regole e giurisprudenza.”G. Giappichelli Editore-Torino, 2017

(16)

2

La cittadinanza costituisce il legame che sussiste fra individui e diritto internazionale.

Già dai tempi dell’Impero Romano, pensiamo alla differenza tra il cittadino romano e gli schiavi, la cittadinanza rappresenta il presupposto principale per l’ordinamento istituzionale della comunità. Infatti con essa si acquistano diritti e doveri ben determinati , così come stabilito dalle leggi dello Stato interessato, ma anche dagli ordinamenti internazionali.

2. Lo Statuto Albertino del 1848

Lo Statuto Albertino, emanato per il Regno di Sardegna nel 1848, elencava i principi fondanti per l’ordinamento monarchico. Al riguardo, l’art. 24 diceva:

Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo e grado, sono eguali di fronte alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi10.

L’eguaglianza di cui si parla però era riferita solo agli uomini, poiché le donne erano subordinate all’autorità del pater familias. Questo, come abbiamo già avuto modo di vedere nelle Note introduttive, è un fatto molto rilevante per la cittadinanza. La soggezione della donna e dei suoi figli all’autorità indiscussa del marito o del pater familias faceva infatti sì che qualsiasi episodio riguardante la cittadinanza del marito fosse esteso a tutta la famiglia. La stessa cosa accadeva anche per perdita o il riacquisto della cittadinanza, ad esempio per la naturalizzazione in un altro paese11.

10

Art. 24 Statuto Albertino

11

(17)

3

3. La Legge n. 555 del 13 giugno 1912

Nonostante lo Statuto Albertino non facesse alcun riferimento né alla parità né alla disuguaglianza tra i sessi, l’idea della soggezione della moglie nei confronti del marito era tangibile.

La legge in esame stabiliva che i figli seguivano la cittadinanza del padre, e solo in via residuale quella materna; la madre trasmetteva il diritto alla cittadinanza ai discendenti nati prima del 1 gennaio 1948, ai sensi dell’art. 1, comma 2, solo se il padre era ignoto, apolide oppure se i figli non seguivano la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato cui questi apparteneva, ossia se il paese del padre concedeva la cittadinanza estera solo iure soli e non iure sanguinis. Nel caso in cui la donna sposasse uno straniero, la cui legge nazionale le trasmettesse la cittadinanza del marito, ella faceva propria la cittadinanza in questione come effetto diretto delle nozze.

La legge n. 555 del 13 giugno 1912 deliberava anche riguardo a casi di doppia cittadinanza. All’art. 7 si legge infatti che «il cittadino italiano nato e residente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana, ma, divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunciarvi»12.

All’art. 12, invece, la suddetta norma prevede che i figli di vedove italiane trattengono la cittadinanza del padre, ma, nel caso in cui la madre si sposi nuovamente, acquisiscono un’altra cittadinanza, affine a quella del nuovo consorte della madre13.

4. La Costituzione Repubblicana del 1948

La Costituzione Repubblicana, rispetto alla cittadinanza, enuncia due diritti fondamentali all’articolo 3. Il primo è quello di uguaglianza

12

Legge 13 giugno 1912, n. 555 sulla cittadinanza italiana, Art. 7.

13

(18)

4

formale di tutti i cittadini, che afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizione personale e sociale”.

L’altro diritto è quello di uguaglianza sostanziale secondo il quale costituisce un dovere della Repubblica rimuovere gli ostacoli economici e sociali che, limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica, economica e sociale del Paese.

L’art. 29 della Costituzione dichiara: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” Il secondo inciso stabilisce l’uguaglianza tra i coniugi: “Il matrimonio è fondato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

5. La spinta riformatrice prodotta dalla giurisprudenza

5.1 La sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1975

La sentenza della Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della Legge n. 555 del 13 giugno 1912 nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza italiana senza tener in considerazione la volontà della donna. Siffatta pronuncia evidenziava il contrasto della Legge con alcuni principi costituzionali, in particolar modo in riferimento alla concezione di considerare la donna inferiore rispetto all’uomo.

(19)

5

5.2 Le modifiche introdotte in occasione della riforma del diritto di famiglia

Nell’ambito della riforma del diritto di famiglia del 1975, è stato introdotto l’art. 219 della legge 151/1975, che consentiva alle donne di riacquisire la cittadinanza: “La donna che, per effetto del matrimonio con straniero o di mutamento di cittadinanza per parte del marito, ha perso la cittadinanza italiana prima dell’entrata in vigore di questa legge, la riacquista con dichiarazione effettuata all’autorità competente grazie all’art. 36 delle disposizioni attuative del Codice Civile.” Il termine riacquisto è improprio, in quanto la decisione della Corte Costituzionale afferma che la cittadinanza non è mai stata veramente perduta dalle donne interessate e pertanto risulta più appropriato il termine “riconoscimento”.

5.3 La sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983

Essa determinò l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della Legge n. 555 del 1912, in chiaro contrasto con l’art. 3, comma 1 (eguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso, ecc.) e con l’art. 29, comma 2 (eguaglianza morale e giuridica dei coniugi).

In quel caso la Corte Costituzionale non solo ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, nella parte in cui non prevede che sia cittadino italiano per nascita anche il figlio di madre cittadina italiana, ma anche dell’art. 2, comma 2, dove permette l’acquisizione della cittadinanza materna da parte del figlio solo nel caso di ipotesi residuale.

(20)

6

5.4 Il parere n. 105 del 1983 del Consiglio di Stato

Il parere reso dal Consiglio di Stato asserì che potevano considerarsi cittadini italiani solamente gli individui nati da madre cittadina a partire dal 1 gennaio 1948, in base al fatto che l’efficacia della sentenza della Consulta non poteva essere retroattiva rispetto alla Costituzione che vede la propria entrata in vigore il primo gennaio 1948.

5.5 La Legge n. 123 del 1983

Questa legge estendeva la cittadinanza ai figli di cittadini che fossero minori d’età oppure che fossero stati adottati. Inoltre abrogava la norma relativa all’acquisizione automatica della cittadinanza iure

matrimonii per le straniere che contraevano matrimonio con un

cittadino italiano. Quindi veniva sancita l’uguaglianza dei coniugi stranieri davanti alla legge italiana ed era ribadito il principio dell’acquisizione della cittadinanza mediante volontà personale.

6 . La legge n. 91 del 1992 e la sentenza della Corte di Cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009

La Legge stabilisce che è cittadino per nascita il figlio di padre o madre cittadini; colui che è nato nel territorio della Repubblica, se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, o se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori, secondo le leggi dello stato di questi ultimi ai sensi dell’art. 1. Secondo il comma 2, è cittadino per nascita il figlio d’ignoti trovato in Italia, a meno che non si provi il possesso di un’altra cittadinanza.

(21)

7

All’art. 3 si considera cittadino il figlio adottivo, anche straniero, di cittadino o cittadina italiani, che è nato prima della emanazione della anzidetta legge.

La Legge esclude la retroattività nell’art. 20, disponendo che “se non espressamente previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa”14

.

L’ultima disposizione, unita al parere n. 105/1983, hanno prodotto che i figli di cittadina italiana e padre straniero, nati prima del 1 gennaio 1948, rimangano assoggettati alla legge n. 555/1912. Oltre a ciò la legge n. 91/1992 ammette in ogni caso il possesso della cittadinanza multipla.

Leggi successive al 1992 hanno invece modificato l’accesso alla cittadinanza estendendolo ad alcune categorie di cittadini, che ne erano rimaste escluse.

La legge n. 379 del 14 dicembre 2000 ha ad oggetto “disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all’Impero Austro-ungarico e ai loro discendenti”.

La Legge n. 124 dell' 8 marzo 2006, ha previsto delle “modifiche alla legge n. 91/1992, concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell’Istria, di Fiume, della Dalmazia e ai loro discendenti”.

Restano tuttavia irrisolti molti aspetti, come il riconoscimento dello status di cittadino per coloro che discendono da una donna italiana, che prima del 1948 aveva sposato uno straniero e, in conseguenza di ciò, aveva perso la cittadinanza italiana. Ciò ha creato due differenti trattamenti nel riacquisto della cittadinanza: i discendenti per linea paterna non trovano alcun ostacolo all’ottenimento di tale diritto, mentre i discendenti da donna italiana, se lo vedono precluso perfino in

14

(22)

8

epoca attuale; per riuscire ad ottenerlo possono rivolgersi solo al giudice italiano.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervengono per affermare il diritto di cittadinanza. Esso, in quanto status permanente, che salva l’estinzione in conseguenza della rinuncia del richiedente, è sanabile

sine die. A seguito della sentenza n. 4466 del 2009, i giudici hanno

emesso numerose sentenze di riconoscimento della cittadinanza italiana a figli e discendenti di cittadini italiani nati anteriormente al 1948. Dato che il Parlamento Italiano non ha recepito in legge siffatta sentenza, al momento non è possibile ottenere la cittadinanza iure

sanguinis per via materna. Dunque per chi aspiri a conseguirla resta la

sola possibilità di intraprendere la via giudiziale.15

7. Il d.d.l. n. 2092 del 13 ottobre 2015 in approvazione

Il d.d.l è attualmente in discussione al Senato e riguarda l’acquisto della cittadinanza da parte dei minori, apportando alcune modifiche alla legge sulla cittadinanza n. 91 del 1992. 16

Secondo esso acquista la cittadinanza per nascita colui che è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente o soggiorno UE per i soggiornanti di lungo periodo. La principale novità consiste nell’introduzione del cosiddetto “ius culturae”.

Il minore straniero che sia nato o che abbia fatto accesso in Italia entro il dodicesimo anno di età, che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti del sistema nazionale

15 http://eudo-citizenship.eu/caselawDB/docs/ITA%20case%204466%202009%20(original).pdf 16 http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/316111.pdf

(23)

9

di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale, acquisisce la cittadinanza italiana.

Tra le novità dello ius culturae spicca il merito: occorre che il ciclo delle scuole primarie si sia concluso con successo. Dunque bocciare alle scuole elementari comporta una necessaria attesa per la richiesta della cittadinanza.

Esiste una ulteriore possibilità per la concessione della cittadinanza, la cd. naturalizzazione di carattere discrezionale per lo straniero che è arrivato nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, è prevista tale possibilità per colui che risiede sul territorio da almeno sei anni e che ha frequentato un ciclo scolastico completo conseguendo il titolo conclusivo.

Questa fattispecie riguarda in particolare il minore straniero che è giunto in territorio italiano fra il dodicesimo e il diciottesimo anno d’età.

Una proposta di “doppio ius soli” nella pratica porterebbe a risultati limitati.

Questo perché l’Italia è un paese interessato da immigrazioni consistenti ma che si sono intensificate solo in epoca recente.

L’introduzione dello ius soli per coloro che sono nati in Italia da stranieri che vi risiedono legalmente permetterebbe invece l’acquisizione della cittadinanza in futuro per un buon numero di bambini.

Si tratterebbe in ogni caso di uno ius soli “temperato”, dal quale dovrebbero sentirsi rassicurati coloro che vivono nella costante preoccupazione del diffondersi di un turismo della cittadinanza.

(24)

10

Se riuscisse a prevalere una simile visione il nostro Paese aprirebbe la propria legislazione ai diritti degli stranieri, su modello di quanto già accade in Belgio, Portogallo e Grecia.

Questo non dovrebbe però indurre a pensare ad un passaggio troppo veloce, poiché infatti la legislazione in materia di cittadinanza è moderata in relazione alle riforme e alle relative conseguenze.

Al di là di ciò, lo ius sanguinis non subirebbe alcuna modifica dalle nuove regole. Si auspica che il governo giunga ad un’intesa abbastanza ampia da poter garantire che un’ eventuale nuova norma possa restare in vita di fronte ai prossimi sviluppi politici. 17

8. La cittadinanza in Italia. Lo ius soli nel dibattito politico attuale

In seguito alla legge sulla cittadinanza n. 91 del 1992, acquistano la cittadinanza italiana dal momento della nascita coloro che hanno genitori italiani. Questa è la modalità di conseguimento della cittadinanza per diritto di sangue.

La legge Turco Napolitano n. 40 del 1998 è stata introdotta con la finalità di superare una fase emergenziale. Essa è stato modificata ed abolita nel 2002, con la introduzione della c.d. legge Bossi-Fini. Quest’ultima ha previsto delle espulsioni immediate con accompagnamento alla frontiera per gli immigrati irregolari. Il permesso di soggiorno viene rilasciato solamente in presenza di un certificato di lavoro.

17

Bertocchi G. e Strozzi C. Università di Modena e Reggio Emilia” L’evoluzione delle leggi sulla cittadinanza. Un quadro comparativo” Dipartimento di Economia Marco Biagi, Settembre 2013

(25)

11

Sono previste inoltre delle restrizioni nella durata di tale permesso e dei criteri per restare in Italia. In più sono stati stabiliti dei respingimenti in acque extraterritoriali affinché le imbarcazioni che trasportano migranti non ancorino sulle coste italiane e ed è stata fissata la previsione del reato di favoreggiamento per chi appoggia l’immigrazione clandestina. 18

Sul tema dello ius soli si è manifestata una sensibilità dell’ associazionismo sia cattolico che laico che tuttavia non è stato in grado di appassionare l’opinione pubblica.

Pur avendo il Bel Paese il più forte senso religioso in Europa, dimostrato dai dati esponenziali dell’affluenza alla messa domenicale, che superano di gran lunga quella di altri paesi europei, la Chiesa non ha potere nel momento in cui vengano affrontati temi etici.

Simili tematiche vengono quasi sempre trattate sotto la direzione del cardinale Ruini e questo probabilmente è il motivo per cui la Chiesa non riesce a dare messaggi forti su questioni specifiche, ancor meno quando si affrontano tematiche politiche delicate.

Sullo ius soli, nonostante l’appello di scrittori e insegnanti, si ha una grande assenza di trattazione dell’argomento da parte di intellettuali e giuristi.

Ad eccezione del giornale Avvenire, nessun altro quotidiano si è occupato della trattazione della cittadinanza e della integrazione. Di fronte a uno scarso dibattito sulla questione la Lega ha dichiarato che lo ius soli significhi dare la cittadinanza a chiunque viva in Italia ed è stato possibile far passare ciò per verità grazie alla ignoranza degli italiani sull’argomento.

(26)

12

Quando è stata intrapresa la discussione in Senato, il 15 giugno, si era sollevato un putiferio con esponenti della Lega Nord, tra i quali il segretario Salvini, che avevano protestato con grande energia davanti ai deputati. Una vera e propria situazione di scontri, fra spinte e insulti al presidente Grasso.

La legge sullo ius soli, già approvata alla Camera nel 2015, era rimasta bloccata in Senato in attesa che si giungesse a un accordo risolutivo a fronte delle varianti che aveva presentato l’opposizione. Molti sono i partiti favorevoli ad una approvazione definitiva della Legge. Primo fra tutti il PD, ma anche gli ex dem Bersani e D’Alema con il nuovo Movimento democratico e progressista; il partito di Alfano, Alternativa Popolare; Sinistra Ecologica e Libertà; Sinistra Italiana; e infine Scelta Civica, partito fondato da Monti.

Sono contrari alla introduzione dello ius soli il nuovo Movimento 5 stelle, Grillo definisce infatti la legge “un pastrocchio all’italiana”, dichiarazione poco coerente dal momento che il Movimento ha presentato una proposta di legge del tutto analoga.

Contrari sono anche Lega Nord; Forza Italia, Berlusconi l’ha infatti recentemente definita “una legge sbagliata, la cittadinanza va meritata”; e Federazione della Libertà.

Forza Italia in realtà sembra allontanarsi dalla ius soli a convenienza, quando deve stringere alleanze con la Lega.

Il Movimento Democratico e Progressista d’altro canto, chiede che il governo metta la fiducia sulla legge e critica Renzi al riguardo.

Il partito di Alternativa Popolare infine ha mutato il proprio orientamento, dichiarandosi contrario allo ius soli nella prospettiva di una possibilità di nuovo avvicinamento al centro destra. Nel nostro sistema sussistono delle palesi debolezze. Il bicameralismo

(27)

13

perfetto incentiva una certa strategia politica, dal momento che permette ad un partito di votare pro ius soli alla Camera dei Deputati e poi contro al Senato.19

Della riforma beneficerebbero, come spiega l’Avvocato Alimadhi, partecipante alle primarie del centro sinistra a Parma e poi candidato nella lista del PD, solamente i minori nati o giunti in Italia durante l’infanzia, senza modificare in alcun modo la procedura di naturalizzazione degli adulti, che possono avanzare una richiesta di

cittadinanza solo dopo dieci anni di legale residenza.

L’Italia, a causa della sua collocazione geografica è meta di approdo sempre più frequente di molti migranti. Sarebbe un riconoscimento a ragazzi che allo stato attuale si sentono “stranieri” ovunque, in Italia poiché non considerati cittadini e “stranieri” persino nel luogo di cui i loro genitori sono originari, perché infatti i giovani di cui si parla non hanno mai vissuto in tale Paese, ma esclusivamente nelle nostra Penisola.

La situazione di questi ragazzi è umiliante e crea differenze dove l’uguaglianza dovrebbe uscir vincitrice. Bisognerebbe puntare ad educare le nuove generazioni al rispetto di valori quali la tolleranza e la condivisione verso il prossimo, indipendentemente dalla sue origini. Solo in tal modo sarà possibile trasmettere un messaggio positivo per il futuro in un’ottica di mediazione culturale, è necessario promuovere iniziative che coinvolgano tutti gli enti competenti in materia sul territorio. Si tratta di un percorso che deve aver inizio fin dalle scuole. E’ opportuno un intervento del Parlamento Europeo ai fini dell’adozione di norme omogenee in tutti i Paesi dell’UE per ottenere

19

(28)

14

la cittadinanza del Paese interessato e allo stesso tempo anche quella europea.20

20

Riforma "Ius soli": pro e contro spiegati dagli avvocati Cavandoli (LN) e Alimadhi (PD) - ParmaPress24, 8 luglio 2017

(29)

15

CAPITOLO II

L’IDEA DI CITTADINANZA NEL DIRITTO

INTERNAZIONALE

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. L’evoluzione della normativa in materia di cittadinanza – 3. Il parere della Corte Permanente di Giustizia Internazionale del 7 febbraio 1923 – 4. I richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale – 5. La questione dell’apolidia e il fenomeno della cittadinanza doppia o plurima – 6. I rifugiati e gli apolidi - 7. Limiti relativi alla cittadinanza nel Diritto internazionale

1. Premessa

Nella dottrina italiana la cittadinanza è stata ben collocata nei vari rami del diritto interno, cosa che non accade nel diritto internazionale “pubblico”.

La cittadinanza viene definita il vincolo giuridico-politico fra un individuo e la entità statale ed è il presupposto per la nascita di situazioni giuridiche soggettive nell’ordinamento statale.

Essa costituisce il presupposto operativo per degli istituti caratteristici dell’ordinamento internazionale. 21

2. L’evoluzione della normativa in materia di cittadinanza

Lo Stato non ha una assoluta libertà relativamente alla attribuzione della cittadinanza. Il limite è rappresentato da un vincolo, una

21

Panzera A. F. “Limiti internazionali in materia di cittadinanza” Editore Jovene Napoli, 1984

(30)

16

connessione effettiva anche detta genuine link22, con l’ordinamento dello stato che attribuisce la cittadinanza.

Importante da ricordare è il caso Nottebohm, conclusosi con la decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 1955, che rappresenta un chiaro esempio di influenza che una decisione nazionale può esercitare in ambito internazionale. Nottebohm è un cittadino tedesco poiché nato ad Amburgo in data 1881. Nel 1905 va in Guatemala, ritornando in Europa solo nel 1938. L’anno seguente, dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, chiede che gli venga concessa la cittadinanza del Liechtenstein e domanda in tal modo di diventare cittadino di un paese neutrale rispetto al Conflitto Mondiale. Nel 1939 riesce a ottenere la cittadinanza e torna in Guatemala. Nel 1943 in quanto cittadino di uno stato nemico, la Germania, viene internato negli Stati Uniti. Nel 1946 il Guatemala rifiuta l’ingresso a Nottebohm e il Liechtenstein fa ricorso di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia per violazione di una norma di diritto internazionale ai danni di un proprio cittadino. Il Guatemala però afferma che il Signor Nottebohm non poteva essere considerato cittadino del Liechetenstein e quindi la Corte viene chiamata a deliberare se tale Stato potesse esercitare la protezione diplomatica in favore di Nottebohm o meno. Essa dichiara che il Liechtenstein è in grado col proprio ordinamento di disciplinare l’acquisto della nazionalità. Tuttavia la Corte afferma anche che, essendo la nazionalità un legame giuridico che ha come base un connessione di interessi e sentimenti, oltre che di diritti e doveri reciproci, non si ravvisa un attaccamento di tal sorta fra Nottebohm e il Liechtenstein. I legami che costui aveva instaurato con il Liechtenstein erano infatti deboli. La Corte conclude dunque che il Guatemala non aveva il dovere di riconoscerne la nazionalità e il Liechtenstein non era legittimato a esercitare la sua protezione diplomatica verso il Guatemala a favore

22

(31)

17

del Signor Nottebohm. Il ricorso venne quindi dichiarato inammissibile dalla Corte. 23

Nella Convenzione dell’Aja del 1930 si stabilisce che ciascuno Stato possa determinare in base alla propria legislazione quali siano i propri cittadini. 24 La cittadinanza italiana si può acquisire automaticamente, secondo lo ius sanguinis per nascita, riconoscimento o adozione, da anche un solo genitore italiano; oppure secondo lo ius soli per il quale solo i nati in Italia da genitori apolidi, ossia genitori ignoti il cui ordinamento giuridico di origine non contempla lo ius sanguinis ricevono la cittadinanza.

Il suolo come luogo di nascita si riferisce al territorio italiano ma anche a spazi ad esso assimilabili, come una nave o un aeromobile nazionale. In Italia la cittadinanza viene acquisita normalmente con il criterio della discendenza. Esemplificando, chi nasce sul territorio italiano da genitori apolidi oppure ignoti ottiene la cittadinanza italiana in virtù dello ius soli.25

Vi è inoltre la possibilità, come anticipato, di acquisire la cittadinanza su domanda, secondo lo ius sanguinis o per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile.

Un’altra modalità di acquisizione della cittadinanza è la nascita in Italia da genitori stranieri e il fatto di risiedere nel Paese legalmente ed ininterrottamente fino a 18 anni; la dichiarazione deve essere fatta entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.

La naturalizzazione concede tale acquisizione dopo 10 anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di presenza di adeguate risorse economiche; il termine è ridotto a 3 anni per ex-cittadini italiani ed i loro immediati discendenti (ius

23A. M. Calamia op. cit. p. 6 ss. 24

Recueil des traitès de la Sociète des Nations, vol. CLXXIX, p. 89

25

A. M. Calamia (a cura di)“L’abuso del diritto. Casi scelti tra principi, regole e giurisprudenza.”G. Giappichelli Editore-Torino, 2017

(32)

18

sanguinis) e per gli stranieri nati in Italia (ius soli), 4 anni per i

cittadini di altri paesi dell’Unione Europea e 5 anni per gli apolidi ed i rifugiati.

E’ concesso ricevere la cittadinanza italiana anche attraverso un matrimonio, o unione civile, con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all’estero (tali termini vengono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali.

Si ha l’acquisto di cittadinanza per iuris communicatio o comunicazione di diritto quando questa viene trasmessa da una persona al proprio coniuge ed eventualmente ai figli minori di questo. La ragione di tale previsione è quella di favorire una uniforme cittadinanza nel nucleo familiare. Ulteriore ipotesi di conseguimento della cittadinanza è quella della successione tra Stati, ossia di avvicendamento di stati nel governo di un territorio. Gli individui che si trovano nel territorio che è interessato dal trasferimento di sovranità ottengono la cittadinanza dello Stato che subentra al potere. La dottrina è discorde sulla questione se ciò debba avvenire automaticamente o in base alla legislazione dello Stato stesso.26

3. Il parere della Corte Permanente di Giustizia Internazionale del 7 febbraio 1923

L’attribuzione e la perdita della cittadinanza viene rimessa al diritto interno degli Stati. La regola generale è che “le questioni relative alla cittadinanza rientrano in linea di principio nel dominio riservato” dello

26

(33)

19

Stato.27 Tale regola era già stata affermata dalla Corte permanente di giustizia internazionale nel parere consultivo del 1923 attinente ai Decreti sulla cittadinanza in Tunisia e Marocco.

L’art. 1 della Convenzione riguardante conflitti di leggi relative alla

cittadinanza della Conferenza di codificazione del diritto

internazionale dell’Aja nel 1930 recita così: “spetta a ciascuno stato determinare in base alla propria legislazione quali sono i suoi cittadini”.

Tale Corte evidenzia che le questioni di cittadinanza sono comprese nel “dominio riservato” 28

. Ciò significa che ogni Stato, al di fuori delle convenzioni internazionali, è libero di regolare come meglio creda le condizioni da cui far dipendere l’acquisto o la perdita della cittadinanza. Dunque possiamo affermare che, mentre la disciplina sull’acquisto della cittadinanza è disciplinata dalla normativa dello Stato, l’ordinamento internazionale pone dei limiti alla determinazione autonoma dello Stato in considerazione all’efficacia esterna. Perciò lo Stato non ha una libertà assoluta per quanto riguarda l’attribuzione della cittadinanza, ma è subordinata all’utilizzo di un criterio internazionalistico.

L’attribuzione della cittadinanza alla nascita attraverso lo ius soli vede la sua applicazione in un caso particolare: quello della Città del Vaticano. Essa viene concessa a coloro che risiedano nel territorio o che esercitino determinate funzioni per la Città del Vaticano.

27

Gestri M. “La cittadinanza e gli stranieri”da “Immigrazione, Diritto e Diritti: profili internazionalistici ed europei” a cura di A. M. Calamia, M. Di Filippo, M. Gestri, Trento, 2012

28

Già la Corte permanente di giustizia internazionale aveva dichiarato che le questioni di cittadinanza rientrano, in linea di principio, nella competenza riservata degli Stati" (parere del 7 febbraio 1923 sui decreti di cittadinanza promulgati in

Tunisia e Marocco, serie B n. 4 del 1923) in

(34)

20

Un limite significativo che riguarda la attribuzione o la revoca della propria cittadinanza viene incontrato dagli Stati nel rispetto delle norme sui diritti umani fondamentali. 29

La concessione o meno della cittadinanza non potrà mai ricollegarsi a criteri discriminatori fondati sulla “razza”, termine peraltro improprio, benché in uso nelle norme internazionali, in quanto non esistono razze diverse all’interno del genere umano.

Ulteriore e rilevante vincolo è costituito dalle norme di diritto internazionale che regolano i conflitti armati. E’ proibito alla potenza occupante di estendere la propria cittadinanza ai cittadini dei territori soggetti ad occupazione. Dunque coloro che fanno parte dello Stato occupato possono conservare la loro pregressa cittadinanza senza esser costretti a sostituirla con quella dello Stato che ha conquistato il dominio sul loro Paese.

Un'altra condizione cui gli Stati devono sottostare è consuetudinaria e consiste nel divieto di privare in modo arbitrario della cittadinanza gli individui. 30

4. I richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale

Coloro che fuggono dal proprio Paese di origine perché a rischio di persecuzioni, torture o guerre non possono essere respinti alle frontiere in quanto hanno diritto di essere accolti presentando domanda di protezione internazionale per ricevere lo “status di rifugiato”. Il primo compito delle autorità è stabilire quale sia lo Stato competente per esaminare l’istanza, che potrebbe non essere quello in cui il richiedente

29

V., ad es., Corte interamericana dei diritti dell’uomo, Proposed Amendments to the Naturalization Provisions of Constitution of Costa Rica, Advisory Opinion OC-4/84, 19.1.1984

30

Gestri M. “La cittadinanza e gli stranieri”da “Immigrazione, Diritto e Diritti: profili internazionalistici ed europei” a cura di A. M. Calamia, M. Di Filippo, M. Gestri, Trento, 2012, p. 27 ss.

(35)

21

si trova. Nell’attesa della risposta, il richiedente è tenuto a rimanere nello Stato membro dove è avvenuto il primo ingresso che ha la competenza di effettuare l’esame e non ha il diritto di circolare con libertà nel territorio.

5. La questione dell’apolidia e il fenomeno della cittadinanza doppia o plurima

In evidenza gli stati partecipanti alla Conferenza delle persone apolidi del 1951

Fonte:

http://it.wikipedia.org/wiki/Apolidia#/media/File:Stateless_Persons_Convention.png

“Apolidia” è un termine di derivazione greca (da alfa privativo e polis, “città”) che indica la condizione di soggetti, gli apolidi, privi di qualsiasi forma di cittadinanza.

Si diviene apolidi fondamentalmente per due ragioni: l’origine, nel caso in cui non si sia mai goduto di diritti né si sia mai stati sottoposti ai doveri di alcuno Stato; oppure per derivazione, cagionata da molteplici ragioni, conseguenti alla perdita di una pregressa cittadinanza e alla mancanza della contestuale acquisizione di una

(36)

22

nuova. Le motivazioni dell’assunzione dello status di apolide per derivazione a loro volta, possono essere: l’annullamento della cittadinanza da parte dello Stato stesso per cause politiche, etniche o di sicurezza; la perdita di privilegi acquisiti in precedenza, pensiamo ad esempio all’acquisizione della cittadinanza per matrimonio; per concludere l’abbandono della cittadinanza per rinuncia volontaria. Si diventa apolidi formalmente solo attraverso una rinuncia espressa alla propria cittadinanza naturale.

In passato vi era una ulteriore forma di apolidia di tipo sanzionatorio, derivante dal venir meno della cittadinanza come pena accessoria collegata alla commissione di un illecito penale: l'Acquae et igni

interdictio31 era una ipotesi di tal genere. Il governo di Vichy emise nel

1940 delle leggi retroattive che consentirono la revisione della naturalizzazione francese, nel caso in cui fosse stata ottenuta tra il 1927 e il 1940, rendendo apolidi i soggetti toccati da questa legge. In Italia le leggi razziali del 1938 introdussero delle norme di revoca della cittadinanza ai cittadini ebrei e quindi provocarono il loro passaggio allo stato di apolidi.

La Convenzione delle Nazioni Unite del 1954 definisce apolide la persona che nessuno stato considera come proprio cittadino e in quanto tale, per cause quasi sempre indipendenti dalla propria volontà, vengono a lei negati i diritti e i doveri connessi alla cittadinanza. L’apolidia può essere originaria o successiva. La prima è la situazione nella quale si trova la persona che fin dalla nascita non è mai stata titolare di un diritto alla cittadinanza. Pensiamo a chi non ha registrato

31

Letteralmente “privazione dell’acqua e del fuoco”, è un provvedimento in vigore nella Roma antica, orientato a privare della cittadinanza, come punizione, coloro che commettevano gravi reati, e per questa ragione venivano quindi ritenuti indegni di far ancora parte della comunità romana

(37)

23

la propria nascita o a chi appartiene ad una minoranza apolide, ad esempio i Rom. L’apolidia successiva invece si ha quando la perdita della propria cittadinanza non comporta l’acquisto automatico di una nuova. Ricordiamo la eventualità in cui una persona abbia perso la cittadinanza in seguito a un tradimento verso lo Stato o desidera non esser più cittadino di quello stato.

In aggiunta si può essere apolidi di diritto o di fatto. Apolide de iure è colui che lo stato non riconosce come cittadino. Un soggetto è apolide

de facto quando non è possibile stabilire la sua nazionalità in quanto

incerta o incognita.32

Si pone spesso il problema di quale sia la legge che regoli lo statuto personale dell'apolide. In assenza di cittadinanza, si adotta il criterio della residenza e, in seconda battuta, quello del domicilio.

Il fatto che vi sia un gran numero di persone che sono divenuti detentori dello stato di apolidi dopo gli sconvolgimenti delle frontiere a seguito della Prima Guerra mondiale ha comportato un intervento della Società delle Nazioni tramite la concessione del Passaporto Nansen, che ha permesso l’emigrazione in un paese diverso da quello di origine.

La condizione di apolide è senza dubbio sfavorevole per il soggetto in questione e per tale motivo gli Stati hanno stipulato dei trattati e adottato delle legislazioni interne con la finalità di arginare un simile fenomeno e a ridurne gli effetti dannosi nei confronti di chi versa in tale status.

Nel 1954 è stata convocata la Convenzione di New York sugli apolidi, che obbliga gli Stati che vi hanno aderito, ben 76, tra i quali figura anche l’Italia, a riconoscere un elenco ben strutturato di diritti fondamentali agli apolidi che risiedono sul proprio territorio .

(38)

24

In considerazione della pluralità di modi mediante i quali è possibile accedere al possesso della cittadinanza, si verifica non di rado il fenomeno di doppia cittadinanza, qualora un individuo risulti avere non una, ma ben due diverse cittadinanze.

Pensiamo ad esempio a una persona che sia nata in Argentina da genitori italiani e abbia in quanto tale acquisito la cittadinanza italiana

iure sanguinis e quella argentina iure soli poiché infatti la sua nascita

ha avuto luogo nel territorio dello stato americano. La seconda cittadinanza può essere ottenuta anche grazie al matrimonio con una persona che dispone della cittadinanza di un altro Stato.

Addirittura un individuo può giungere ad avere più di due cittadinanze, siamo nel caso di cittadinanza plurima.

Il fenomeno della pluralità di cittadinanze probabilmente verrà incrementato sempre più dalle numerose migrazioni che le persone attuano da uno stato verso un altro. Le concezioni che gli Stati hanno di doppia cittadinanza sono differenti fra loro, alcuni sono fortemente contrari a una simile possibilità. Tali stati dunque, stabiliscono che nel momento in cui un individuo acquista una nuova cittadinanza perda la propria.

Il nostro ordinamento invece, manifesta la sua tolleranza nei confronti del principio della doppia cittadinanza. Dispone infatti che nell’eventualità in cui si acquisti una cittadinanza straniera, la persona conserva quella italiana, a meno che non scelga sua sponte di rinunciare ad essa.33

33

M. Gestri “La cittadinanza e gli stranieri”da “Immigrazione, Diritto e Diritti: profili internazionalistici ed europei” a cura di A. M. Calamia, M. Di Filippo, M. Gestri, Trento, 2012 p. 37 ss.

(39)

25

6. I rifugiati e gli apolidi

La qualifica di rifugiato differisce da quella di apolide e la differenza fra i due status si riverbera nella elaborazione di una normativa apposita per ciascuna delle due categorie, arricchita da previsioni precipue.

Seppur l’individuo riveste frequentemente entrambe le qualifiche, si verificano spesso situazioni di rifugiati non apolidi e di apolidi non rifugiati.

I rifugiati dispongono di una normativa nella quale riveste un ruolo primario il presupposto dell’esistenza di una persecuzione da parte dello Stato di origine o di un espatrio dell’individuo, dunque un dato meramente politico.

Per quanto concerne l’attribuzione dello stato di apolide invece, il presupposto è soprattutto un fatto tecnico, ossia un conflitto negativo fra ordinamenti causato da una assoluta assenza di nazionalità che deriva da una discordanza sussistente fra singole legislazioni nazionali. La apolidia finora descritta è definibile come de iure. L’apolidia de

facto invece, prevede una mancanza di protezione e assistenza concreta

dell’individuo.

La solidarietà internazionale si manifesta in modo più completo per chi risulti vittima di persecuzioni politiche o religiose, piuttosto che per coloro che non hanno patria e questo comportamento viene tenuto anche se l’aiuto ai rifugiati può portare a dei contrasti con lo Stato d’origine dell’interessato.

Ulteriore elemento che giustifica un simile comportamento è riconducibile al fatto che lo status di rifugiato costituisce una condizione temporanea, mentre quello di apolide è permanente, salvo l’acquisto della cittadinanza dello stato di residenza.

Si rinviene quindi come nella normativa pattizia venga dedicata una minore tutela dell’apolide e dall’altra parte invece, il motivo per cui i

(40)

26

più grandi sforzi vengano indirizzati ad una riduzione delle situazioni di apolidia.

Il punto saliente della normativa pattizia sugli apolidi può essere identificato nella Convenzione di New York dell’8 settembre del 1954. Si tratta di una Convenzione ratificata e resa esecutiva nell’ordinamento italiano nel 1962.

Dato che l’apolidia costituisce un contrasto fra legislazioni nazionali, si tratta di un problema che deve essere affrontato alla fonte con la eliminazione delle cause che la determinano mediante il riconoscimento del diritto ad una cittadinanza per ciascun individuo. Gli “apolidi” vengono definiti all’art. 1 come individui che nessuno Stato, sulla base della propria legislazione, considera proprio cittadino.

Gli apolidi dunque possono essere qualificati come stranieri in senso

negativo, poiché sono così considerati da ogni Stato membro della

Comunità internazionale.

La Convenzione si rivolge agli apolidi che non siano rifugiati, o che sembrano, alla luce di giustificati motivi che portano a ritenere ciò, aver commesso un crimine contro la pace o l’umanità, oppure un crimine di guerra.

Nella Convenzione sullo Statuto degli apolidi non troviamo alcuna disposizione sull’ingresso di essi nel territorio degli Stati contraenti. A differenza di quanto avviene per la Convenzione sui rifugiati all’art. 31, per gli apolidi non abbiamo una norma che attribuisca loro una esenzione dalle sanzioni penali in caso di loro ingresso clandestino. La maggiore carenza di fonti normative relative allo status di apolidi comporta per questi ultimi una situazione di svantaggio rispetto ai rifugiati. L’ingresso dei primi nel territorio dello Stato è fondamentalmente lo stesso di tutti gli altri stranieri che non godono di nessun altra qualifica e sono necessari i medesimi adempimenti amministrativi.

(41)

27

Inoltre, mentre per i rifugiati ci si richiama sia all’espulsione che all’allontanamento verso uno Stato che perseguiterebbe l’individuo, per gli apolidi esiste solo la prima possibilità.

Infatti la Convenzione sullo Statuto degli apolidi stabilisce all’art. 31 che non può essere espulso l'apolide che si trova regolarmente sul territorio degli Stati contraenti, salvo che si sia in presenza di situazioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

E’ stabilito che lo Stato permetta all’apolide, entro un periodo di tempo ragionevole, di farsi accogliere da un altro Stato.

La Convenzione tuttavia non prende in esame l’ipotesi in cui, anche se è stato emanato un provvedimento di espulsione legittimo , l’individuo non riesce ad adempiere all’ordine poiché non riesce a individuare uno Stato che voglia accoglierlo nel proprio territorio.

L’individuo quindi si trova di fronte a due comandi contrastanti fra loro: quello di abbandonare il territorio e il secondo che gli impedisce di accedere allo Stato vicino.

La situazione non è certo semplice da risolvere e molti sono stati i casi di condanna per mancata ottemperanza al provvedimento di espulsione.

Un possibile espediente per venire a capo del problema è il riferimento alle scriminanti dello stato di necessità o della forza maggiore. In tali situazioni infatti l’atto di espulsione può non essere rispettato senza che ciò configuri una ipotesi di reato.

Nella Dichiarazione sull’asilo territoriale delle Nazioni Unite del 1967 vengono elaborate delle raccomandazioni per i rifugiati chiedendo agli Stati destinatari di applicare queste anche agli apolidi.

Sussiste poi l’importante principio di non allontanamento di un individuo verso uno Stato nel quale possano essere soggetto a persecuzione. Si tratta di un principio generalmente riconosciuto, contenuto anche nella Convenzione sui rifugiati del 1951 ove viene

(42)

28

stabilito il divieto di allontanamento verso Stati nei quali la vita o la libertà di costoro sarebbero soggetti a pericolo.34

7. Limiti relativi alla cittadinanza nel Diritto internazionale

La dottrina e la prassi sono dirette verso una competenza interna esclusiva dei singoli Stati in materia di cittadinanza. Un ruolo fondamentale è rivestito dal parere consultivo reso dalla Corte permanente di giustizia internazionale del 7 febbraio 1923 in merito ai decreti di nazionalità promulgati in Tunisia e nel Marocco dell’8 novembre del 1921.

La Corte ha affermato in tale parere che le questioni di nazionalità sono comprese nel dominio riservato. La dichiarazione della Corte, secondo cui la materia della cittadinanza rientra nella competenza esclusiva degli stati è di notevole importanza.

In particolare, la Corte escluse nel caso in questione che si potesse invocare il riservato dominio degli Stati in materia di cittadinanza. Più precisamente, i decreti francesi non potevano rientrare nella giurisdizione interna dello Stato francese poiché concernevano la cittadinanza di persone nate in territori soggetti a protettorato francese e non in Francia.

Era pertanto opportuno esaminare, a fronte del fatto che gli accordi di protettorato avevano un contenuto mutevole, i singoli accordi per poter accertare il fatto che essi non fossero andati ad intaccare la sfera del riservato dominio.

La Corte fu in grado di ribadire tali principi dopo pochi mesi, all’interno del parere del 15 settembre 1923 sulla questione dell’acquisto della cittadinanza polacca. Secondo l’art. 3 del Trattato

34

A. M. Calamia “Ammissione ed allontanamento degli stranieri”, Milano, Dott. A. Giuffrè editore, 1980 p. 117-149

Riferimenti

Documenti correlati

avvocato ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), tra i promotori a Verona della campagna per i diritti di cittadinanza “L’Italia sono anch’io”. introduce

Svariate tecniche artistiche sono state confuse con l’utilizzo del linguaggio video, perché il termine video stesso è ambiguo: parte da una definizione tecnica, da una tecnologia,

According to the Modigliani and Miller leverage formula, that applies to one-period levered investments, if the rate of Return on Investment (ROI) is not less than the

Il Piemonte e la dinastia sabauda ritornarono, dopo anni, a essere al centro degli interessi dell’insegnamento universitario di Storia medievale: la costruzione dello stato

Una, la riprendo molto brevemente e l’ho accennata nell’intervento di fine mattinata, durante la discussione, cioè il problema – che mi pare centrale in questo dibattito e che è

Tra i Paesi che adottano lo ius soli dopo la nascita (o ius soli differito), i percorsi si diversificano ulteriormente: alcuni prevedono la cittadinanza ai mi- norenni, altri

Le classi terze e quarte liceo scientifico proseguiranno le attività legate ai temi del dibattito con laboratori organizzati presso le rispettive aule fino alle ore 12,55.

afferma infatti che non si può parlare di recezione del diritto pretorio nel diritto civile, perché si sarebbe giunti ad una classificazione delle azioni solo