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Nullità e inesistenza del provvedimento amministrativo: profili statici e dinamici del rapporto alla luce del nuovo codice del processo

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Cagliari

DOTTORATO DI RICERCA

DIRITTO DELL'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA INFORMATIZZATA E DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA

Ciclo XXVII

NULLITA’ E INESISTENZA DEL PROVVEDIMENTO

AMMINISTRATIVO: PROFILI STATICI E DINAMICI DEL RAPPORTO

ALLA LUCE DEL NUOVO CODICE DEL PROCESSO

Dottoranda: Dott.ssa Michela Lampis

Coordinatore: Prof. Felice Ancora

Tutor: Prof.ssa Paola Piras

esame finale anno accademico 2013 – 2014 12/DIIUS/10

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Abstract

Nel progetto iniziale la mia idea di ricerca prevedeva un percorso articolato essenzialmente in due fasi. In una prima fase, avrei affrontato il tema relativo alla distinzione tra fattispecie nulla e inesistente, secondo una prospettiva di teoria generale.

Mossa da quell’intento, ho così iniziato il mio percorso, sia di studio che di ricerca, analizzando i contributi della dottrina civilistica più autorevole1.

L'approccio iniziale, a tratti marcatamente civilistico, si è reso a mio avviso indispensabile, e ciò essenzialmente per due ragioni: l'una legata alla trasversalità del tema di ricerca, che affonda le sue radici proprio in ambito civilistico, l'altra imposta dalla necessità di evidenziare la specialità del provvedimento amministrativo rispetto al negozio giuridico, onde negare la possibilità di colmare eventuali vuoti normativi attraverso un rinvio mero alle categorie privatistiche. In una seconda fase, mi sarei invece dedicata ai profili più strettamente connessi alla tutela, o meglio alle ricadute che la distinzione tra nullità e inesistenza avrebbe determinato sul piano della tutela delle posizioni giuridiche soggettive incise dal provvedimento, nullo e inesistente.

Analizzando però più in dettaglio rapporti tra le due figure, dapprima sotto un profilo logico – giuridico, e successivamente da un punto di vista pratico, specie con riferimento al dato positivo più recente, mi sono accorta che la strada inizialmente

1 Tra cui, in particolare: G. Filanti, “ Inesistenza e nullità del negozio giuridico”, Napoli 1983, pag. 16 ss. - T. Ascarelli, Inesistenza e nullità” in “Problemi Giuridici” –Tomo I cap. VI - – pagg. 227-232, Ed. Giuffrè 1959

- Carnelutti, “Inesistenza dell’atto giuridico” in Riv. Dir. Proc., 1955, I, 208 ss. - Ferrari, “Inesistenza e nullità del negozio giuridico” in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1958, pag. 514 ss. - R. Sacco, “Nullità e annullabilità” in Noviss. Dig. It, 1965, vol. XI, pag. 456; Betti, “Teoria generale del negozio giuridico”, pag. 473; Santoro – Passarelli, “Dottrine generali del diritto civile”, pag. 242 ss., Ed. Jovene 2002.; C. M. Bianca, “Diritto civile” volume III - Il contratto – pag. 613 ss, Ed. Giuffrè 2000; - R. Scognamiglio, “Contratti in generale”, Ed. Vallardi 1980. - Fedele, “L’invalidità del negozio giuridico”, pag. 35 ss. Sempre a livello di teoria generale, ho poi esteso la mia indagine allo studio della dottrina civilistica francese, ove appunto nasce il concetto stesso di inesistenza. Infatti, osserva G. Filanti nella sua opera, la figura del negozio inesistente è stata introdotta dalla citata dottrina al fine di ovviare al principio della tipicità delle cause di nullità del matrimonio (pas de nullitè sans texte). L’inesistenza veniva cioè ad offrire “il rifugio concettuale idoneo a soddisfare l’esigenza pratica di impedire che gravi

anomalie del matrimonio, non indicate dal legislatore come cause di nullità, risultassero, in forza del suddetto principio, addirittura ininfluenti sulla validità di esso” (pag. 14-15).

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intrapresa, in relazione al provvedimento amministrativo, non sarebbe stata più percorribile. Man mano che approfondivo la mia ricerca, e affrontavo il tema in una dimensione strettamente pubblicistica2, i termini del dibattito assumevano contorni via via differenti, e soprattutto non consentivano più di affrontare le relative questioni scindendo le due prospettive, affrontandole cioè dapprima esclusivamente sotto un profilo di teoria generale, o comunque circoscritto all’esame del dato sostanziale, e successivamente sotto il profilo della tutela, con riferimento, dunque, alla normativa processuale.

2Vista la povertà – in termini quantitativi - dei contributi, ho preferito soffermarmi sul pensiero degli autori che, con grande fatica, hanno dedicato al tema un’ampia ed esclusiva disamina, tra i quali in particolare : R. Porrini, che per primo ha dedicato uno studio sistematico alla nullità nel diritto amministrativo con il suo “Contributo alla teoria delle nullità di atti amministrativi” in Arch. Giur., LXIV, 1900, 519 ss., R. Caranta “Nullità e inesistenza dell’Atto amministrativo”, Milano, Ed. Giuffrè, 1990. A. Bartolini “La nullità del provvedimento nel rapporto amministrativo”, Ed. Giappichelli, 2002. A. De Valles “La validità degli atti amministrativi”, Ed. Cedam 1986.P. Virga “Il provvedimento amministrativo”, Milano Ed. Giuffrè, 1972. Piras A., “Invalidità” (dir. Amm.), 604.E. Capaccioli, Manuale di diritto amministrativo I, ed. Cedam, 1980, pag. 375- 392.M.S. Giannini “Il potere discrezionale della pubblica amministrazione”, 14 s e 115 ss (per quanto riguarda la distinzione tra discrezionalità amministrativa ed autonomia privata (pag. 14 s e 115 ss) e la conseguente inapplicabilità della teoria negoziale – con riferimento agli elementi essenziali – alla struttura del provvedimento).G. Corso, “Validità (diritto amministrativo)” in Enc. Dir., XXI, Milano, 1993.M.S. Giannini, “Lezioni di diritto amministrativo”, I, Milano, 1950, 384 ss e 428 s M.S. Giannini, “Diritto amministrativo”, Milano, 1970, prima ed. , 620 .A.M. Sandulli, “I limiti di esistenza dell’atto amministrativo”, 1949, I, 125 ss. I recenti interventi normativi apportati in materia dapprima con la legge 11 febbraio 2005 n. 15 e da ultimo con il D. Lgs n. 104/2010, mi hanno imposto di rivisitare il tema della mia ricerca, specie per ciò che concerne i profili connessi alla tutela e all’ammissibilità di azioni di accertamento, sulla base della dottrina e della giurisprudenza più recenti. Lo studio è quindi proseguito esaminando il contributo dei seguenti autori: F. Ancora, Le fattispecie quali componenti della dinamica dell'ordinamento, Giappichelli, 2006 - M. D’Orsogna, “Il problema della nullità in diritto amministrativo”, Milano, 2004. - F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Tomo II, Terza ed., Giuffrè, 2004. M. Corradino, Diritto amministrativo, Cedam, 2009, pag. 909 ss.F.G. Scoca, Giustizia Amministrativa, Giappichelli, terza edizione, 2013, pag. 173-221. M. Tiberi, “La nullità e l’illecito”. Contributo di diritto amministrativo, Napoli,2002. A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, decima edizione rivista e aggiornata, 2013, Giappichelli, pagg. 193-220. G. Abbamonte, “L’ingresso del fatto nel processo amministrativo”, www.lexitalia.it (Relazione al Convegno organizzato dalla Società Italiana degli Avvocati amministrativisti - Sezione della Sicilia orientale su “La legge n. 205 del 2000 e l'ingresso del fatto nel processo amministrativo”, Aula congressi del T.A.R. Catania, 18 maggio 2002). D. Dell’oro “Brevi note in tema di nullità-inesistenza del provvedimento amministrativo” - nota a Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27 ottobre 2005, n. 6023. S. De Felice, “Della nullità del provvedimento amministrativo”, sul sito www. giustizia-amministrativa.it; R. Greco, “L’istruttoria e l’accertamento del fatto nel codice del processo amministrativo” , pubblicato in www. giustizia amministrativa.it il 3 gennaio 2011. Tra i contributi più recenti: I. Zingales, “Provvedimento amministrativo nullo e tutela civile dichiarativa”, Ed. Dike 2014.C. Cavallari, “La nullità del provvedimento amministrativo”, Ed. Nel Diritto 2014.

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Ho così modificato il mio percorso, e dopo una prima parte del lavoro, volta a chiarire i termini del dibattito relativo all’opportunità di mantenere distinta la categoria della nullità rispetto all’inesistenza, con riferimento al periodo sia antecedente che successivo all'introduzione della disciplina sostanziale e processuale in tema di nullità, ho proseguito l'analisi delle varie questioni applicative via via che le stesse si sottoponevano alla mia attenzione, sollecitate dalla disamina del dato normativo e congiuntamente allo stesso.

Il risultato è stato quello di un lavoro avente un taglio e una finalità essenzialmente processuale, rispetto al quale gli aspetti sostanziali, seppure di indubbia rilevanza, per ovvie ragioni di contenimento dell’analisi, sono stati affrontati solo “incidentalmente”, nei limiti strettamente necessari ad una corretta comprensione e soluzione delle molteplici problematiche emerse sul versante processuale.

L'art. 31 comma 4 c. p. a., in particolare, è stato esaminato in dettaglio, nella sua architettura formale e nella sua struttura sostanziale, specie con riferimento all'articolato regime del termine e alle ragioni ad esso sottese. E’ nella disciplina del termine che si coglie, infatti, l’attenzione del legislatore verso il dato sostanziale, rappresentato dalla varietà di interessi, pubblici, ma anche privati, incisi dal provvedimento nullo.

L'analisi del dettato normativo è poi proseguita con un approccio comparatistico, rispetto ad istituti e categorie apparentemente affini alla nullità, e ciò al fine di evidenziare le differenze rispetto alla categoria dell'inesistenza.

In ultimo, il lavoro prevede un'ampia trattazione delle possibili forme di tutela esperibili nei confronti del provvedimento nullo, nei diversi ambiti - non solo amministrativo, ma anche penale – incisi dall'esercizio del potere.

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Abstract

At the beginning, the research was intended to be developed in two stages. In the first stage I had to analyze the difference between invalid and non-existent case from a general perspective.

With this goal in mind, I began this study and research analyzing the most reliable contribution of civil law.

The initial approach, profoundly linked to civil law, was, in my opinion, necessary due to two reasons: the first reason is the versatility of the subject that has its roots in civil law; the second reason is the need to highlight the peculiarity of the administrative decision in comparison with the legal transaction, in order to deny the opportunity to fill any regulatory gaps merely through a reference to the categories of private law .

In a second stage, I had to analyze the profiles more closely related to protection, or, to better say, to the impact that the distinction between invalidity and non-existence would have determined on the protection of subjective legal claims affected by the measure, invalid and non-existent.

However, analyzing in detail the relationship between the two figures , first from a logical – legal point of view , and later from a practical point of view , especially with reference to the recent positive outcome, I realized that the approach initially undertaken regarding the administrative measure, would no longer be effective. Developing my research and approaching the topic from a public law perspective, I realized that the debate was gradually taking different characteristics that didn’t allow to face the issues splitting the two perspectives (first addressing them only from a general point of view -or at least limited to the examination of substantial data- and then in terms of protection, therefore with reference to the procedural law). Therefore, I changed my approach and, after a first part of the work intended to clarify the terms of the debate on the advisability of maintaining two distinct categories (invalidity and non-existence), referring both to the period before and after the introduction of the substantive and procedural rules on invalidity, I continued

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the analysis of the various applications as they came to my attention, prompted by and jointed to the examination of normative data.

The result was a work whose appearance and purpose is essentially procedural. For this reason, the substantial aspects, due to the need of conciseness, although of undoubted importance, were addressed only " incidentally ", with the purpose of correctly understand and solve the numerous problems that emerged on the case . Article 31 paragraph 4 c . p . a., in particular, has been examined in detail in its architecture and in its formal structure, especially with reference to the complex regulation of the term and the reasons underlying it .

It is in the discipline of the term that we find , in fact , the legislator's attention to the substantial figure , represented by the variety of interests , public as well as private , affected by the invalid measure.

The analysis of the provision of the law continued with a comparative approach , with respect to institutions and categories that appear similar to the invalidity. That was in order to highlight the differences with the category of non-existence.

Finally, the work provides a broad discussion of the possible forms of protection remedies available against the invalid measure in different areas - not only administrative , but also criminal – affected by the exercise of power.

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Premessa

Il mio interesse verso il tema della nullità e dei suoi rapporti con l’inesistenza nasce dalla considerazione per cui, nel diritto amministrativo, a differenza che nel diritto privato, le posizioni giuridiche soggettive assumono valore solo nella fase patologica3.

La situazione di interesse legittimo è infatti rilevabile esclusivamente in presenza di un provvedimento illegittimo, in assenza del quale non è dato al suo destinatario sottrarsi all’esercizio del potere. Ciò non significa, metterne in dubbio l’esistenza, ma semplicemente evidenziarne l’inutilità, ogniqualvolta esso sia avulso da un atto potenzialmente lesivo.

Quanto osservato discende dal fatto che le situazioni giuridiche soggettive si qualificano in relazione alla posizione che le stesse occupano all’interno di un rapporto: quando si afferma la titolarità di un interesse legittimo si allude sempre ad una relazione con l’Amministrazione avente specifiche caratteristiche. Si enuncia cioè una nozione che è strettamente correlata ad un’azione di tipo impugnatorio.

Di qui, la difficoltà di immaginare la situazione di interesse legittimo avulsa dalla patologia del provvedimento e dalle connesse azioni previste a sua tutela.

Queste riflessioni, maturate nel corso dello studio prodromico al presente lavoro, mi hanno indotto a variare il percorso originariamente intrapreso e ad affrontare la tematica relativa ai rapporti tra fattispecie nulla e inesistente, in una nuova prospettiva, non già statica bensì dinamica, che tenga conto cioè dell’evolversi del rapporto tra le due figure, alla luce della nuova disciplina processuale, contenuta nel D. Lgs n. 104-2010.

Le predette considerazioni, imposte prima dalla logica che dal diritto, trovano peraltro riscontro all’interno del dato positivo. La prima indicazione, in tal senso,

3 In sostanza, si qualifica l’interesse legittimo aprioristicamente rispetto alla facoltà concessa dall’ordinamento al suo titolare di sottrarsi al potere pubblico.

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promana dall’art. 24 della Costituzione4, che “aggancia” la titolarità delle posizioni giuridiche soggettive alla possibilità di agire in giudizio per la tutela delle stesse. Quanto osservato giustifica altresì la metodologia prescelta per la trattazione del tema, costantemente segnato - quasi all’esasperazione - da un approccio comparatistico con il diritto civile, e ciò essenzialmente per due ordini di ragioni. La prima, di più ampio respiro, è quella per cui il raffronto con la disciplina e gli istituti civilistici ci permette di cogliere le diversità e le dinamiche sottese all’esercizio del potere ed è quindi funzionale ad una migliore comprensione del diritto amministrativo.

La seconda, più specifica, è legata alle significative ricadute che un approccio di tipo comparatistico presenta sul tema oggetto di ricerca, che va oltre la consueta trattazione della nullità, quale stato viziante il provvedimento, e attraverso una compiuta analisi del dato processuale, si spinge ad analizzare i rapporti con altre figure, apparentemente affini, tra cui, in particolare, l’inesistenza, figura, quest’ultima, alla quale la nullità risulta intrinsecamente legata, in ragione della “indeterminatezza” concettuale che le accomuna e del “dubbio” che spesso le avvolge, sino ad un’eventuale definitivo accertamento compiuto in sede giurisdizionale.

Con riferimento al provvedimento amministrativo, l’opportunità di mantenere distinte la categoria della nullità rispetto a quella dell’inesistenza è giustificata, se non addirittura imposta, dalle peculiarità dell’agire autoritativo della pubblica amministrazione e degli atti costituenti esercizio dello stesso.

Il continuo raffronto tra il negozio giuridico e il provvedimento amministrativo, inoltre, agevola la percezione della distanza intercorrente tra di essi, con conseguenti

4 L’art. 24 comma 1 della Costituzione statuisce: “ Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Con riguardo alle posizioni di diritto soggettivo il dato normativo di riferimento è invece rappresentato dalla Legge abolitiva del contenzioso amministrativo ((L. 20 marzo 1865 n. 2248), Allegato “E”, il cui art. 2 dispone: “sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa”.

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riflessi sul rapporto tra nullità e inesistenza, sempre più evidenti man mano che si passa da una dimensione privatistica ad una dimensione pubblicistica.

Basti pensare che in ambito civilistico coloro che attribuiscono rilievo alla distinzione tra nullità e inesistenza fondano il proprio convincimento sulla idoneità del contratto (o del negozio) nullo a produrre effetti, non solo fra le parti (art. 2126 c.c. , art. 590 c.c. e 799 c.c.)., ma anche rispetto ai terzi (2652 n. 6 c.c.).

Si tratta, invero, di ipotesi in cui l’efficacia del contratto - o del negozio – nullo ha in realtà una genesi del tutto peculiare. Si riconduce infatti o alla voluntas legis (art. 2126 c.c.) o al comportamento delle parti (art. 590 e 799 c.c.), nella cui disponibilità finisce dunque per essere rimesso l’interesse sotteso alla sanzione della nullità.

Significativa, è altresì la qualità degli effetti che l’ordinamento civile riconduce al contratto nullo. Si tratta, infatti, pur sempre di effetti “giuridici”. Laddove, nella prospettiva pubblicistica, gli unici effetti riconducibili al provvedimento nullo risultano essere solo quelli “materiali”, la cui realizzazione rappresenta peraltro un’evenienza connessa all’eventuale attuazione del provvedimento ad opera della P.A. La produzione di effetti materiali, insita nella normale esecutività del provvedimento, rappresenta quel quid pluris che impone di prendere le distanze, nella trattazione del tema relativo alla distinzione tra fattispecie nulla e inesistente, rispetto alla corrispondente questione affrontata secondo la prospettiva civilistica. L’idea di fondo, così come l’approdo del presente lavoro, è dunque quella per cui la nullità provvedimentale, malgrado il processo di privatizzazione, che ha investito non solo l’organizzazione, ma anche l’attività amministrativa, conserva tuttora tratti di forte specialità.

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INDICE

Abstract in lingua italiana………2 Abstract in lingua inglese……….5 Premessa………..7

CAPITOLO I

PROFILI STATICI DEL RAPPORTO TRA NULLITA’ E INESISTENZA

1. Inadeguatezza del dato effettuale quale parametro di rilevanza del fatto e quale criterio distintivo tra provvedimento nullo e inesistente. Cenni preliminari………10 2. Tratti di specialità del provvedimento rispetto al negozio giuridico. Profili di teoria generale………..15 3. Segue. Brevi osservazioni sulla “specialità” della patologia provvedimentale. Profili di rilevanza ai fini della individuazione della disciplina applicabile……….19

CAPITOLO II

PROFILI DINAMICI DEL RAPPORTO TRA NULLITÀ PROVVEDIMENTALE E INESISTENZA.

1. La nullità del provvedimento nel nuovo codice del processo amministrativo……..23 2. L’architettura formale dell’art. 31 comma 4 del D. lgs n. 104-2010……….25 3. L’art. 31 comma 4 quale espressione del principio di unicità e atipicità del diritto di

azione. Effettività della tutela e autonomia del privato nella scelta dei mezzi volti a garantirla……….26 4. L’autonomia del privato tra atipicità dell’azione e tipicità dei poteri

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5. Rilievi critici alla previsione di cui all’art. 31 comma 4 cpa……….30 5.1. La collocazione sistematica dell’azione di nullità. Scelta o necessità?...30 5.2. Brevi considerazioni sulla effettiva coerenza sistematica dell’art. 31 comma 4 c.p.a………36 6. Segue. La tecnica di formulazione della norma……….38

7. Bilancio dell’art. 31 comma 4 c.p.a. Compatibilità e coerenza del nuovo regime processuale con la preesistente normativa in tema di nullità e annullabilità. Brevi cenni……….41 8. Dall’architettura formale al contenuto sostanziale dell’art. 31 comma 4 c.p.a. Il regime temporale quale criterio di interpretazione e integrazione del dato normativo…………46 9. La disciplina del termine, prima e dopo l’introduzione dell’art. 31 comma 4 D. Lgs n. 104-2010……….48 10. La “specialità” della nullità provvedimentale in rapporto alla nullità civilistica di protezione……….53 11. L’incidenza del dato sostanziale sulla disciplina del termine. Ratio della differenziazione del termine……….56 12. Il concetto di efficacia e di inefficacia riferito al provvedimento nullo-

e inesistente………..59 13. Il concetto di ’”attualità” della lesione riferito al provvedimento nullo………66 14. L’ interesse e la legittimazione ad agire nell’azione di nullità provvedimentale…….69

CAPITOLO III

FORME DI TUTELA, GIUDIZIALI E STRAGIUDIZIALI, AVVERSO IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO NULLO.

1. La tutela in sede giudiziale, in particolare la tutela conseguente all'esercizio dell'azione di nullità dinanzi al Giudice amministrativo. ………..74

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2. Osservazioni in merito alla configurazione della nullità del provvedimento in termini di inerzia “effettuale”. Il rapporto tra nullità e silenzio-inadempimento quale indice

di rilevanza della distinzione tra inesistenza giuridica e materiale. ……….79

3. La tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo……….85

4. La tutela cautelare avverso il provvedimento nullo. Rilevanza della tutela meramente dichiarativa ai fini della distinzione tra fattispecie nulle e inesistenti………..92

5. Ricadute della distinzione tra fattispecie nulla e inesistente sul piano – della tutela………..…96

6. Forme di tutela stragiudiziale nei confronti del provvedimento nullo. L’autotutela privata. a) Presupposti e limiti all'esercizio del diritto di resistenza. b) Il diritto di resistenza avverso un provvedimento amministrativo inesistente………..98

7. Il decorso del termine per l’esercizio dell’azione di nullità. Rischi e rimedi a tutela del privato……….102

8. Il potere di autotutela dell'Amministrazione nei confronti del provvedimento nullo e inesistente……….107

9. La tutela in sede penale………..111

10. La relatività del concetto di inesistenza………..113

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CAPITOLO I

PROFILI STATICI DEL RAPPORTO TRA NULLITA’ E INESISTENZA

Sommario: 1. Inadeguatezza del dato effettuale quale parametro di rilevanza del fatto e quale criterio distintivo tra provvedimento nullo e inesistente. Cenni preliminari. - 2. Tratti di specialità del provvedimento rispetto al negozio giuridico. Profili di teoria generale. - 3. Segue. Brevi osservazioni sulla “specialità” della patologia provvedimentale. Profili di rilevanza ai fini della individuazione della disciplina applicabile.

§ 1. Inadeguatezza del dato effettuale quale parametro di rilevanza del fatto e quale criterio distintivo tra provvedimento nullo e inesistente. Cenni preliminari.

In funzione propedeutica all’analisi dei rapporti tra nullità e inesistenza, si pone la più ampia problematica della fattispecie giuridica, con la quale, il legame tra di esse intercorrente va inevitabilmente ad intersecarsi.

La ricostruzione del rapporto tra le due figure appare, infatti, condizionato dalla concezione teorica accolta in merito alla qualificazione giuridica del fatto, ovvero all’identificazione degli elementi in presenza dei quali lo stesso assume rilevanza per il diritto.

Secondo la teoria tradizionale della causalità5, per cui è giuridico solo il fatto produttivo di effetti, il rapporto intercorrente tra nullità e inesistenza andrebbe ricostruito in termini di equivalenza. L’improduttività di effetti giuridici, fisiologicamente connessa al vizio di nullità, porterebbe a configurare il fatto da esso colpito come “giuridicamente irrilevante”, ed in quanto tale inesistente per il diritto6.

5 Per un’ampia ricostruzione della dottrina tradizionale in materia di causalità giuridica si veda Cataudella A., Fattispecie, in Enc. Dir. XVI, Milano 1967, 927 ss. Per quanto riguarda, invece, i riferimenti bibliografici sul rapporto tra teoria della fattispecie (vista nell’ottica della causalità giuridica) e nullità, si rinvia al singolare e imprescindibile lavoro di Filanti G., Inesistenza e nullità del

negozio giuridico , cit. , 30 (nota 79).

6 Per un richiamo a tale concezione vedi, nell’ambito della dottrina più recente, Notari V., Nullità del

provvedimento, in La nuova disciplina dell’azione amministrativa, p. 573, a cura di Tomei R., Padova, 2005;

Spasiano M.R., Art. 21 septies. Nullità del provvedimento amministrativo in La pubblica amministrazione e la

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Viceversa, secondo la più recente concezione realistica7, una fattispecie può dirsi rilevante allorquando a prescindere dalla produzione di effetti giuridici, costituisce oggetto di valutazione da parte dell’ordinamento. Di qui, l’inevitabile distinzione tra fattispecie nulla e inesistenza.

Difatti, mentre la prima è frutto di un giudizio di disvalore che la norma compie nei confronti della fattispecie imperfetta, e quindi nulla8, la seconda, viceversa, in quanto estranea a qualsivoglia valutazione da parte dell’ordinamento, è totalmente avulsa dallo stesso, ed è pertanto priva di valore per il diritto.

Alla stregua di tale concezione, nullità e inesistenza si collocano su piani differenti. Il relativo rapporto viene così ricostruito, quanto meno in astratto, in termini non già di equivalenza, bensì di coesistenza. La sussistenza in concreto di tale rapporto è invece rimessa alla scelta di diritto positivo, operata nel singolo ordinamento giuridico9. Ora, delle predette concezioni teoriche, elaborate con riferimento alla fattispecie giuridica, è prevalsa in dottrina la concezione realistica. L’estrema valorizzazione del dato effettuale, che la contrapposta teoria causalistica pone a fondamento del giudizio di rilevanza del fatto, mostra, da subito, le sue debolezze. Pima di tutto, sotto il profilo metodologico: l’assunto iniziale, che pretende di inferire l’esistenza dell’atto al riscontro degli effetti giuridici da esso prodotti, inverte la sequenza logicamente imposta nell’analisi e nella qualificazione dei fenomeni giuridici.

La produzione degli effetti attiene, infatti, ad un momento che si presenta non solo cronologicamente, ma anche logicamente, successivo alla verifica dell’esistenza dell’atto, che va invece misurata sulla base della qualificazione operata dall’ordinamento.

7 In ordine alla ricostruzione della concezione realistica della fattispecie si veda Notari V., cit., pag. 573.

88 L’ordinamento prende in considerazione la fattispecie nulla nel momento in cui detta il regime giuridico dell’atto nullo, caratterizzato dall’improduttività degli effetti tipicamente connessi all’atto. Da qui, la rilevanza giuridica della fattispecie nulla, nonostante la preclusione di effetti dell’atto affetto da nullità.

9Sottolinea la necessità di distinguere i due piani della questione , in sede di teoria generale ed in riferimento all’ordinamento positivo del singolo settore Caranta R., cit., 19 ss, in particolare pag. 22 s. In merito all’opportunità di impostare la questione sul terreno del diritto positivo si veda Piras A., cit., pag. 603.

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Ma l‘inadeguatezza del dato effettuale si manifesta con particolare evidenza ove si passi ad esaminare nel vivo la questione oggetto della presente indagine, quella cioè relativa ai rapporti tra nullità e inesistenza affrontata in una prospettiva pubblicistica, ovvero con riferimento non già al contratto, e più in generale agli atti di natura negoziale, bensì al provvedimento amministrativo, quale manifestazione tipica del potere autoritativo.

Il dato effettuale, quantomeno con riferimento al provvedimento, non è sufficiente a cogliere, nella sua essenza, la diversità intercorrente tra le due figure. E ciò a prescindere dalla accezione considerata. Dunque, non solo con riferimento alle ipotesi, legislativamente previste, di eccezionale efficacia giuridica del provvedimento nullo, ma anche con riferimento alla normale improduttività di effetti che tipicamente consegue al vizio nullità10, e quindi anche all’inesistenza.

I tratti di specialità propri del provvedimento ci portano dunque a superare il momento dell’efficacia (o dell’inefficacia) e a ricercare altrove il criterio distintivo tra fattispecie nulla e inesistente.

§ 2. Tratti di specialità del provvedimento rispetto al negozio giuridico. Profili di teoria generale.

L’idea di fondo, che sorregge il presente lavoro, è quella per cui la nullità provvedimentale, pur affondando le proprie radici nel diritto comune, presenta tratti di forte specialità, e ciò non solo in relazione alla corrispondente patologia civilistica (specialità orizzontale), ma altresì nel rapporto con la più ampia categoria cui essa si riconduce11 (specialità verticale).

10 Rispetto all’improduttività di effetti giuridici, che rappresenta peraltro elemento comune alle due figure, la distanza tra nullità provvedimentale e inesistenza si percepisce sotto due profili. Il primo è dato dalla diversa causa che giustifica il comune effetto. Il secondo è dato invece dall’eventualità, prospettabile solo in relazione al provvedimento nullo, che malgrado l’inefficacia giuridica, siano comunque riconducibili ad esso effetti c.d. materiali.

11 Per meglio rendere l’idea, la “specialità” della nullità provvedimentale, potrebbe essere, a mio avviso, individuata su due piani differenti: orizzontale, se si ha riguardo al rapporto intercorrente con la nullità civilistica, verticale, se si ha invece riguardo al rapporto, qualificabile in termini di genere a specie, intercorrente con la più ampia e omnicomprensiva figura dell’invalidità.

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Il tema della patologia dell’atto, infatti, indipendentemente dalla sua natura, si ascrive al più ampio genus dell’invalidità giuridica ed ha, in quanto tale, una indubbia genesi civilistica.

Priva di referenti normativi espliciti all’interno del codice civile, l’invalidità giuridica, così come del resto la stessa nozione di negozio giuridico, è una categoria di elaborazione dottrinale, creata al fine di ricondurre ad essa le figure - questa volta legislativamente previste - della nullità e dell’annullabilità del contratto, di cui la prima costituisce un imprescindibile, ancorché implicito, presupposto.

L’invalidità, dunque, nasce in stretta connessione con la teoria del negozio giuridico. Con il tempo, tuttavia, la dottrina ha ampliato l’ambito della propria indagine, estendendo la categoria in esame dapprima agli atti di natura non negoziale e successivamente anche agli atti amministrativi, con particolare riferimento agli atti di natura provvedimentale.

Siffatta estensione, operata in relazione agli atti espressione di un potere autoritativo, ha imposto di rivalutare il rigore proprio del giudizio di validità, il quale, pur nell’ambito di una nozione di ”invalidità” concettualmente unitaria, assume rispetto ad essi tratti fortemente “specializzanti”. Esso si riferisce cioè ad un atto che già per sua natura e per i fini cui tende deve essere conforme al diritto. L’invalidità del provvedimento amministrativo, rispetto all’invalidità del negozio giuridico, appare dunque caratterizzata da una specialità per così dire “intrinseca”, connessa cioè alla diversa natura dell’ atto cui inerisce il giudizio di validità.

Detto ciò, è possibile ora analizzare le peculiarità del negozio giuridico rispetto al provvedimento amministrativo, onde apprezzare le rispettive ricadute sul tema oggetto di indagine.

Il negozio giuridico, in quanto “autoregolamento” di privati interessi12, è per definizione un atto consensuale, così come consensuale è la produttività dei relativi

12Tra le opere generali sul negozio giuridico, si veda Betti, Teoria generale del negozio giuridico, nel

Trattato di diritto civile italiano diretto da Vassalli, Torino, 1952 (rist. Camerino, 1994), 51: il negozio

giuridico è l’atto con cui il singolo regola da sé i propri interessi nei rapporti con altri (atto di autonomia privata); Scognamiglio R., Dei contratti in generale (Comm.), 9: atto di autoregolamento di

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effetti. Esso cioè produce i suoi effetti nei confronti del soggetto che lo ha emanato ovvero anche di terzi, in quanto trattasi di effetti favorevoli e salva comunque la facoltà di rifiuto da parte di questi13.

Il provvedimento amministrativo, invece, in virtù dell’autoritarietà che lo contraddistingue, e della esecutività ad essa conseguente, è in grado di incidere, in modo unilaterale, sulla sfera giuridica dei propri destinatari, i quali, ancorché partecipi del relativo procedimento, non concorrono in alcun modo alla formazione dello stesso, che conserva così inalterata la propria struttura.

La diversa logica cui si ispira l’agire autoritativo della P.A. si giustifica in virtù del fatto che ciò che viene modificato nella realtà giuridica soddisfa un interesse proprio della sola autorità emanante il provvedimento, e non di entrambi i soggetti coinvolti. Nel diritto pubblico, quindi, alla unilateralità strutturale dell’atto si affianca una unilateralità sotto il profilo della rilevanza degli interessi che l’atto stesso mira a soddisfare14. Il provvedimento amministrativo, infatti, quand’anche sia favorevole per il privato, è comunque funzionalmente diretto al perseguimento di un interesse pubblico15.

privati interessi, nonché Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli 1969 e Negozio giuridico, Profili

generali, in Enc. Giur. Treccani, XX; Galgano, Negozio giuridico (premesse, problematiche e dottrine generali),

in Enc. Dir. XXVII, 932, e Il negozio giuridico, Milano, 1988; Mirabelli, Negozio Giuridico (teoria del) , in Enc. Dir. XXVIII, 1; Santoro – Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966; Stolfi G., Teoria

del negozio giuridico, Padova, 1961; Cariota-Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli,

s.a.; Pugliatti, I fatti giuridici (rev. Falzea), Messina, 1945.

13 Ciò in virtù del principio di relatività del contratto - e della esigenza, ad esso sottesa, di salvaguardia della sfera giuridica altrui - espresso nell’art. 1372 comma 2 c.c. che così recita: “Il

contratto non produce effetto rispetto a i terzi che nei casi previsti dalla legge”. L’operatività del predetto

principio è estranea alla logica del diritto amministrativo, laddove, in forza dell’unilateralità tipica del provvedimento amministrativo, l’eventuale collaborazione da parte di altri soggetti “non diviene mai elemento costitutivo della forma vincolante dell’atto (come invece accade per il consenso, nel contratto)”Così Capaccioli E., Manuale di diritto amministrativo I, Padova 1980, pag. 247 s.

14L’atto amministrativo, infatti, assegna i prevalenti effetti formali ai destinatari (o ad altri soggetti) e solo in termini accidentali – o impropri – coinvolge la sfera giuridica dell’autore (che per definizione è una P.A); ciò in virtù della unilateralità, caratteristica espressione della posizione di autoritarietà spettante all’amministrazione.

15 I predetti tratti di specialità si riscontrano altresì, in maniera del tutto speculare, analizzando i caratteri propri del potere di cui il provvedimento stesso costituisce espressione. In un’ottica funzionale alla comprensione e alla soluzione delle problematiche di tipo processuale, sottese alla distinzione tra nullità e inesistenza, si ritiene doveroso richiamare quanto autorevolmente osservato

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La necessità di assicurare la realizzazione di siffatto interesse, inoltre, giustifica un ulteriore tratto di specialità del provvedimento rispetto al negozio, rappresentato dalla sua esecutività, ovvero dalla possibilità per la pubblica amministrazione di dare attuazione al provvedimento, indipendentemente dalla validità dello stesso e dalla eventuale improduttività di effetti giuridici conseguente al vizio di nullità.

Le predette considerazioni di teoria generale, ci permettono ora di riprendere, senza soluzione di continuità, quanto osservato nel precedente paragrafo a proposito della inadeguatezza del “dato effettuale”, non solo quale parametro di rilevanza del fatto, ma anche e soprattutto, ai fini che qui interessano, quale elemento volto qualificare il rapporto tra nullità e inesistenza e ad individuare eventuali analogie e differenze, presenti in ambito pubblicistico.

Difatti, se l’improduttività di effetti costituisce un elemento comune alle due figure, quanto alle diversità, non può negarsi che le stesse, anche sotto il profilo della lesività, vadano ben oltre la soglia dell’inefficacia. La probabilità che l’Amministrazione dia esecuzione ad un provvedimento nullo rappresenta infatti un da Capaccioli E., cit., in merito alla nozione e ai caratteri del potere amministrativo. L’autore, dopo aver identificato il potere, in generale, nella “posizione del soggetto (o organo) che è in grado, secondo l’ordinamento, di produrre unilateralmente effetti cui il destinatario dell’atto di esercizio del potere medesimo non può in alcun modo sottrarsi”, passa a delineare, con estrema chiarezza, le caratteristiche proprie del potere amministrativo. Precisando che: 1. il potere afferisce al soggetto (o organo) pubblico, nel senso che la posizione di potere, così come la corrispondente posizione di soggezione, non si colloca in un rapporto con altri soggetti, che può tuttavia sorgere a seguito dell’esercizio del potere. Prima di tale momento, il potere stesso e la corrispondente posizione di soggezione sono allo stato potenziale. 2. L’atto in cui il potere si manifesta si pone esso stesso – e non già la norma attributiva - quale fonte diretta degli effetti che dall’atto medesimo derivano; da qui, la considerazione che il potere in senso proprio è sempre discrezionale. 3. Il potere, considerato quale posizione afferente al soggetto titolare, non è in principio consumabile, mentre possono ben esaurirsi le situazioni di fatto in presenza delle quali il potere è esercitabile. 4. Il potere, per definizione, è esercitabile unilateralmente dal suo titolare. La collaborazione di altri soggetti può risultare necessaria per dare attuazione al provvedimento nel quale il potere si traduce. Talora, detta collaborazione è richiesta, nella forma dell’accettazione o in quella preventiva della domanda (di provvedimento), ai fini rispettivamente dell’efficacia o della legittimità dell’atto amministrativo, come accade per atti che pur espressione di potere discrezionale, sono di vantaggio anche per il destinatario, quando la legge ritenga che questo vantaggio non debba essere imposto (ad esempio l’accettazione della nomina nel pubblico impiego o la domanda di concessione). In ogni caso, peraltro, la collaborazione di altri soggetti non diventa mai elemento costitutivo della forma vincolante dell’atto (come invece accade per il consenso, nel contratto).

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rischio direttamente connesso all’esecutività (e dunque all’autoritarietà) del provvedimento, quale momento ulteriore e distinto rispetto a quello dell’efficacia. L’esecutività del provvedimento, rappresenta, pertanto, quel quid pluris che permette di assegnare alla nullità provvedimentale, e al suo rapporto con la categoria dell’inesistenza, una consistenza e una rilevanza diversa rispetto a quella assunta in ambito civilistico16.

§ 3. Segue. Brevi osservazioni sulla “specialità” della patologia provvedimentale. Profili di rilevanza ai fini della individuazione della disciplina applicabile.

E’ evidente che le peculiarità sinora riscontrate con riferimento al provvedimento amministrativo, in quanto connesse alla natura intrinseca dello stesso, non solo si riflettono sui relativi stati patologici, ma ne condizionano altresì le forme di tutela, giustificando l’applicabilità di una disciplina autonoma e diversa rispetto a quella civilistica, espressamente prevista per il contratto, e più in generale per il negozio giuridico17.

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Nel diritto amministrativo, infatti, accanto al concetto di efficacia – che rappresenta una categoria normativa – si pone un concetto ulteriore, che è quello di “esecuzione” dell’atto, concetto, questo, che assume una rilevanza diversa a seconda del contesto considerato. Infatti, mentre nel campo del diritto privato – nel caso in cui il soggetto che vi è obbligato non decida di ottemperare spontaneamente, la controparte deve necessariamente rivolgersi al Giudice per conseguire la concreta realizzazione del proprio interesse, da qui, il corollario per cui l’esecuzione assume rilievo solo in ambito processuale – nel diritto amministrativo, viceversa, l’esecuzione del provvedimento - e dunque la concreta attuazione dell’interesse ad esso sotteso - integra una vicenda sostanziale, in quanto tale rimessa all’esclusiva competenza dell’amministrazione che ha emanato l’atto. A proposito della distinzione tra efficacia ed esecuzione si veda quanto osservato da Cerulli Irelli V., in Lineamenti del diritto amministrativo, Ed. Giappichelli Torino, p. 419 s., ove l’autore, dopo aver ribadito che “L’effetto giuridico è sì prodotto da un fatto (o da un atto), ma non è a sua volta un fatto bensì un valore, un dover essere, che tende a tradursi in fatto afferma come ciò non avvenga necessariamente ed è comunque vicenda ulteriore rispetto alla produzione dell’effetto e non rilevante ai fini della produzione stessa. Da ciò discende la conclusione, rassegnata da Falzea, cit., secondo cui mentre il primo attiene ad un dato puramente formale ed opera a livello meramente giuridico, il secondo esprime un “fatto” e opera quindi a livello fenomenico.

17 Il regime di invalidità degli atti amministrativi si accosta, più significativamente, al particolare regime delle invalidità delle delibere assembleari (delle società di capitali e del condominio) che si evince dagli artt. 2377-2379 c.c., laddove la regola generale prevista è la annullabilità, mentre la nullità, che l’art. 2379 c.c. circoscrive ai casi di impossibilità o illiceità dell’oggetto, rappresenta l’eccezione.

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Questa, rappresenta altresì la ragione per cui, nel conflitto insorto tra la tesi negoziale18 e la tesi panpubblicistica (o autonomistica)19, elaborate dalla dottrina al fine di sopperire alla perdurante assenza di una normativa ad hoc, è infine prevalso un orientamento intermedio, il quale, pur senza disconoscere alcune delle patologie civilistiche in tema di nullità, ha comunque affermato l’autonomia e la specialità del diritto amministrativo rispetto al diritto civile, da un lato, escludendo che la violazione di norme imperative possa dar luogo a nullità del provvedimento, dall’altro lato, configurando, in relazione allo stesso, la presenza di vizi tipicamente pubblicistici, tra i quali appunto la carenza di potere.

L’idea che la violazione di norme imperative provochi la nullità del provvedimento, così come previsto dall’art. 1418 c.c., è smentita dalla considerazione che la suddetta violazione, in ambito amministrativo, è riqualificata dal legislatore come causa di annullabilità del provvedimento stesso, con conseguente applicabilità della relativa disciplina.

Siffatta impostazione è stata altresì recepita da parte del legislatore della riforma, il quale con la nuova previsione inserita all’art. 21 – septies comma 1 della L. 241/90, ha difatti previsto, accanto alle nullità testuali e alle nullità strutturali, che “è nullo il provvedimento viziato da difetto assoluto di attribuzione” o “adottato in violazione o elusione del giudicato”.

Anche il riferimento alla nullità strutturale, peraltro, presenta profili di specialità rispetto all’omonima categoria civilistica. In assenza di una norma che individui espressamente gli elementi essenziali del provvedimento, si pone infatti il problema di stabilire, in concreto, quali siano gli elementi in mancanza dei quali il provvedimento è da considerarsi nullo ovvero addirittura inesistente, evenienza, questa, prospettabile allorquando la deficienza strutturale sia tale da escludere, anche in apparenza, la stessa riconoscibilità del provvedimento in quanto tale.

18 La teoria negoziale, elaborata dalla dottrina tedesca, assume che in assenza di una disciplina legislativa la patologia dell’atto amministrativo debba essere regolata dagli istituti civilistici, e ciò sia per distinguere la nullità dall’inesistenza, sia per individuare la differenza, ancora più rilevante, tra nullità e annullabilità del provvedimento.

19 La tesi panpubblicistica, prevalente in giurisprudenza ed anche in dottrina, rivendica, all’opposto, l’autonomia del diritto amministrativo, in quanto diritto speciale rispetto agli schemi del diritto civile (V. F. Caringella – Corso di diritto Amministrativo – tomo II – terza edizione).

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La rilevanza del dato normativo, quale parametro idoneo a delimitare l’ambito applicativo della nullità rispetto all’inesistenza, può cogliersi nella genesi storica dell’istituto dell’inesistenza.

Tale figura nasce nell’ordinamento francese e si sviluppa nell’ambito della dottrina civilistica, in risposta all’esigenza di superare il carattere tassativo delle cause di nullità del contratto previste dalla legge. Le cause di inesistenza dell’atto vengono, quindi, ricostruite secondo il criterio della gravità del vizio, integrato da una ipotesi non inclusa nella previsione normativa delle cause di nullità. Questa impostazione viene ripresa nel nostro ordinamento, nell’ambito della dottrina civilistica, e ciò in considerazione dell’avvenuto recepimento delle scelte normative operate dalla legislazione civile francese, tra cui, appunto, la previsione del carattere tassativo delle cause di nullità del negozio giuridico.

In ambito pubblicistico, invece, l’incertezza nella delimitazione dei confini tra nullità e inesistenza, è stata progressivamente alimentata dal convergere di più fattori, tra cui, oltre all’assenza di una disciplina generale in tema di nullità, la mancata individuazione, ad opera del legislatore, degli elementi “essenziali” del provvedimento, in quanto tali rilevanti ai fini del giudizio di nullità ex art. 21 septies L. 241-90.

A ben vedere, però, una volta venuto meno il predetto fattore, e dunque introdotta una normativa generale in tema di nullità, le difficoltà legate alla ricostruzione dell’ambito applicativo delle due figure, solo apparentemente attenuate dall’introduzione del predetto dato normativo, continuano a permanere, condizionate, questa volta, dal contesto di appartenenza dell’atto nullo o inesistente. Un caso emblematico di come la natura dell’atto e del contesto cui l’atto stesso appartiene, possono condizionare i rapporti tra le due figure, anche in senso difforme da quanto suggerito dal dato positivo, è rappresentato dalla previsione relativa al difetto di forma.

Il concetto di forma, infatti, risente del carattere autoritativo dell’atto cui si riferisce. L’autoritarietà cioè si muove su un piano rigorosamente formale. Da ciò scaturiscono due corollari: il primo è quello per cui il requisito formale, riferito al provvedimento

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amministrativo, va inteso in un’accezione molto più rigorosa, che va oltre la forma scritta. Ciò in quanto la predetta forma risulta inserita in un contesto – quello pubblicistico – che aumenta l’aspetto formale, accentuandone la rilevanza, anche nella fase patologica. Di qui, il secondo corollario: il fatto che l’autoritarietà si muova su un piano caratterizzato da formalità incide altresì sotto il profilo della patologia del provvedimento. In assenza di indicazioni contrarie, deve cioè ritenersi che il provvedimento privo della forma richiesta non sia semplicemente nullo, bensì inesistente.

CAPITOLO II

PROFILI DINAMICI DEL RAPPORTO TRA NULLITÀ PROVVEDIMENTALE E INESISTENZA.

SOMMARIO: § 1. La nullità del provvedimento nel nuovo codice del processo amministrativo. § 2. L’architettura formale dell’art. 31 comma 4 del D. lgs n. 104-2010. § 3. L’art. 31 comma 4 quale espressione del principio di unicità e atipicità del diritto di azione. Effettività della tutela e autonomia del privato nella scelta dei mezzi volti a garantirla. § 4. L’autonomia del privato tra atipicità dell’azione e tipicità dei poteri giurisdizionali. § 5. Rilievi critici alla previsione di cui all’art. 31 comma 4 cpa. § 5.1. La collocazione sistematica dell’azione di nullità. Scelta o necessità? § 5.2. Brevi considerazioni sulla effettiva coerenza sistematica dell’art. 31 comma 4 c.p.a. § 6. Segue. La tecnica di

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formulazione della norma. § 7. Bilancio dell’art. 31 comma 4 c.p.a. Compatibilità e coerenza del nuovo regime processuale con la preesistente normativa in tema di nullità e annullabilità. Brevi cenni. § 8. Dall’architettura formale al contenuto sostanziale dell’art. 31 comma 4 c.p.a. Il regime temporale quale criterio di interpretazione e integrazione del dato normativo. § 9. La disciplina del termine, prima e dopo l’introduzione dell’art. 31 comma 4 D. Lgs n. 104-2010. § 10. La “specialità” della nullità provvedimentale in rapporto alla nullità civilistica di protezione. § 11. L’incidenza del dato sostanziale sulla disciplina del termine. Ratio della differenziazione del termine. § 12. Il concetto di efficacia e di inefficacia riferito al provvedimento nullo e inesistente § 13. Il concetto di ’”attualità” della lesione riferito al provvedimento nullo. § 14. L’ interesse e la legittimazione ad agire nell’azione di nullità provvedimentale.

§ 1. La nullità del provvedimento nel nuovo codice del processo amministrativo. La questione relativa ai rapporti tra fattispecie nulla e inesistente, sinora oggetto di dibattito solo a livello teorico, assume una reale consistenza con l’introduzione in via legislativa della nullità ad opera della riforma del 200520.

Ciò, perlomeno, con riferimento al provvedimento amministrativo, in relazione al quale la totale assenza di riferimenti normativi in tema di nullità21, contribuiva a rendere ancora più sfumata la distinzione tra le due figure, unite da una comune “indeterminatezza” a livello concettuale, tale da indurre taluni a ritenerle, anche nella sostanza, pienamente assimilabili.

A partire dal 2005, grazie alla spinta giurisprudenziale e al contributo della dottrina più evoluta, la nullità del provvedimento si affaccia timidamente nel nostro ordinamento positivo.

A livello sostanziale, il primo tentativo in tal senso è rappresentato dalla l. n. 15 del 2005, la quale, attraverso l’introduzione dell’art. 21 -septies all’interno della l. 241-90,

20 L’elencazione in via tassativa delle cause di nullità, contenuta nell’art. 21 septies della l. n. 15 del 2005, ha infatti fornito degli elementi idonei a costituire i parametri sulla base dei quali rimeditare le dinamiche sottese ai rapporti tra nullità e inesistenza e dare ad essi un nuovo assetto, rispetto alle conclusioni prospettate in epoca antecedente all’intervento normativo del 2005. Ha valorizzato l’esigenza di rimeditare la questione in ordine alla definizione del rapporto tra nullità e inesistenza all’indomani dell’intervento legislativo Carbone A., Il Tar Lombardia prende posizione in merito al riparto

di giurisdizione per i provvedimenti nulli in www.giustamm.it, pubblicato il 4 febbraio 2009, 2.

21 A differenza di quanto visto per il contratto, rispetto al quale la previsione di una disciplina generale in tema di nullità, ma ancor prima, degli specifici elementi, la cui mancanza da luogo a nullità, desumibili dal combinato disposto degli artt. 1325 e 1418 c.c., ha dotato gli interpreti di una base normativa solida per affrontare la complessa e nebulosa questione interpretativa avente ad oggetto i rapporti tra le due figure.

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ha cercato di colmare le preesistenti lacune legislative, codificando gli stati patologici del provvedimento nullo.

Ed invero, l’art. 21 septies espressamente statuisce la nullità del provvedimento che manchi degli elementi essenziali, sia viziato da difetto assoluto di attribuzione, sia stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge. In tal modo, dunque, anche la categoria della nullità trova espresso riconoscimento a livello normativo, affiancandosi ed equiparandosi, sul piano dogmatico, alla preesistente patologia dell’annullabilità, anch’essa ora puntualmente disciplinata nel successivo articolo 21 octies.

Siffatto intervento ha il merito di aver sancito, anche nella fase patologica, la piena autonomia del provvedimento amministrativo rispetto al negozio giuridico.

Si tratta tuttavia di un intervento parziale e affatto risolutivo. L’art. 21 septies, infatti, pur codificando le ipotesi di nullità del provvedimento, nulla dispone in merito alla disciplina ad esse applicabile.

Anzi, la previsione di una così grave forma di invalidità, cui non segua la contestuale predisposizione di adeguate misure di tutela, non fa che accentuare la lacunosità dell’intervento stesso, riproponendo, in tal modo, il dibattito, già sorto in precedenza, in ordine alla possibilità di ovviare alla suddetta lacuna mediante applicazione della disciplina civilistica dettata in tema di nullità del contratto.

La lacunosità del dato normativo può dirsi in parte colmata a seguito del recente intervento legislativo, realizzato attraverso il D. Lgs 2 luglio 2010, n. 104.

Il regime processuale del provvedimento nullo è infatti ora racchiuso nel combinato disposto degli artt. 31 comma 4, 114 comma 4 lett. b), 133 n. 5 lett. a) della citata normativa.

L’art. 31 comma 4, in particolare, segna l’ingresso dell’azione di nullità all’interno del processo amministrativo, individuando, seppure in sintesi, condizioni e termini per il suo esercizio.

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§ 2. L’architettura formale dell’art. 31 comma 4 del D. lgs n. 104-2010.

Esaminando il tenore letterale della norma, e rinviando al proseguo l’analisi del suo contenuto, sono almeno tre le regole in essa previste: la prima è relativa alla natura dell’azione di nullità, le restanti due attengono invece al profilo temporale, diversamente disciplinato, in ragione della diversità degli interessi coinvolti e dei soggetti che ne risultano titolari.

L’inserimento dell’azione di nullità all’interno dell’art. 31, non a caso rubricato “azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità”, già depone per la natura dichiarativa della stessa. Che si tratti di un’azione di accertamento si desume, inoltre, dall’enunciazione, in forma implicita, con cui si apre proprio il comma 4.

A parte il breve cenno alla natura dichiarativa dell’azione - per lo più desumibile dall’ individuazione espressa del fine cui essa tende - l’attenzione del legislatore pare piuttosto incentrarsi sull’elemento temporale.

Il dato letterale non deve però trarre in inganno. La preferenza accordata all’elemento temporale nasconde, in realtà, l’interesse del legislatore verso la situazione giuridica soggettiva della quale si invoca la tutela.

Ciò, peraltro, è coerente con la natura per così dire mista del codice del processo amministrativo, che racchiude in sé disposizioni sia processuali che sostanziali22. Esaminando la ratio della predetta norma, si vedrà, infatti, che la previsione di un regime articolato del termine consegue alla necessità di differenziare le situazioni giuridiche soggettive sottese al provvedimento nullo, la cui tutela passa attraverso l’accertamento del vizio e la conseguente pronuncia ad opera del giudice amministrativo, avente anch’essa natura dichiarativa.

22 Cfr. la Relazione al codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it: “il codice del processo risponde (…) anche ad esigenze di semplificazione normativa, attraverso la raccolta in

un’unica fonte di disposizioni sinora sparse in numerosissime fonti, risalente fino ai primi del 1900. Il codice va tuttavia ben oltre l’opera di mera semplificazione formale, in quanto attua una sistemazione complessiva della materia enucleando anche i relativi principi, mediante un’opera sotto molti versi innovativa”. In particolare, si

evidenzia l’introduzione, accanto alla disciplina processuale, anche di “talune questioni sostanziali

intimamente connesse (l’ambito della giurisdizione, i tipi e i termini di proposizione delle azioni)”– Si veda, in

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La disciplina del dato temporale prosegue con il secondo periodo del quarto comma, ove si legge che la possibilità di far valere in giudizio la nullità del provvedimento non incontra limiti sotto il profilo temporale allorquando la relativa questione è opposta dalla parte resistente o rilevata d’ufficio dal giudice.

Chiariti i termini e le modalità di esercizio dell’azione, con una formulazione che appare peraltro discutibile, il Legislatore delimita ulteriormente l’ambito operativo della disposizione in commento, escludendone l’applicabilità alle ipotesi di nullità per violazione o elusione del giudicato, per la cui disciplina espressamente rinvia alle disposizioni del Titolo I del Libro IV, relative al giudizio di ottemperanza23.

§ 3. L’art. 31 comma 4 quale espressione del principio di unicità e atipicità del diritto di azione. Effettività della tutela e autonomia del privato nella scelta dei mezzi volti a garantirla.

Dalla citata previsione, in particolare, si intuisce il principio dell’unicità e atipicità del diritto di azione. Malgrado l’assenza di una norma ad hoc, infatti, i frequenti richiami al criterio di effettività, confermano la generale ammissibilità, nell’ambito del processo amministrativo, di un’azione atipica, funzionale alla realizzazione di una tutela non già statica, ma dinamica, adeguata alle peculiarità dell’interesse leso e alla maggiore o minore gravità del vizio da cui è affetto il provvedimento espressivo di quell’interesse.

L’atteggiamento del legislatore è dunque coerente con l’idea, già affermata in ambito giurisprudenziale24 e recepita all’interno del codice del processo amministrativo,

23 L’art. 114 c.p.a. prevede: “il giudice, in caso di accoglimento del ricorso [di ottemperanza]…b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato”.

24 Nasce in ambito giurisprudenziale, per essere poi recepita da parte del Legislatore, l’idea secondo cui ammettere un’azione unica e atipica nel suo contenuto, consente alla stessa di adattarsi alle esigenze di tutela proprie della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. Si veda, a tal proposito, Cons. Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15, in Urb. E app., 2011, 193, con nota di C. Lamberti. La sentenza sviluppa quanto avviato dall’Adunanza Plenaria del 23 marzo 2011 n. 3, in Urb. E app., 2011, 694, con nota di C.E. Gallo “Le azioni ammissibili nel processo amministrativo ed il

superamento della pregiudizialità anche per le controversie ante codice”.In termini equivalenti si è altresì espressa la dottrina più autorevole. Si veda, in particolare, A. Proto Pisani, Brevi premesse in tema di

situazioni soggettive tra diritto sostanziale, processi e giurisdizioni, in Foro it., 2011, V 98, per il quale

“l’azione è una, atipica ed assume le fattezze della tutela di cui necessita la situazione giuridica soggettiva che si

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secondo cui l’azione, dal punto di vista del suo contenuto, è unica e atipica. Si adegua cioè alla esigenza di tutela propria della specifica situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio.

A livello costituzionale, il principio dell’unicità e atipicità del diritto di azione trova fondamento negli artt. 24-103 e 113 Cost.

Il dettato costituzionale, coordinato con le singole norme codicistiche, consente di affermare che l’atipicità dell’azione, nella misura in cui è funzionale ad una tutela piena ed effettiva, è altresì espressione dell’autonomia che l’ordinamento riconosce al singolo nella scelta dei mezzi più idonei a garantirla.

Chiarito dunque l’ambito entro il quale siffatta autonomia si esprime e si manifesta, non è affatto scorretto, a mio parere, raffrontarla e per certi versi assimilarla a quella riconosciuta nei rapporti tra privati.

E difatti, così come il privato può liberamente determinare il contenuto del contratto o stipulare contratti atipici, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, analogamente, nel diritto amministrativo, egli può agire a tutela della propria posizione giuridica soggettiva mediante l’esperimento di azioni tipiche o atipiche, a condizione però che esse siano funzionali alla situazione giuridica soggettiva di cui si invoca la tutela e dirette all’emanazione di una pronuncia rispettosa dei limiti che la legge pone all’esercizio del potere giurisdizionale.

L’autonomia di cui gode il singolo che interagisce con una pubblica amministrazione e soprattutto si raffronta con l’esercizio di un pubblico potere, è dunque, temporalmente e funzionalmente circoscritta.

Opera cioè solo nella fase patologica e sul presupposto che la situazione da tutelare in giudizio sia compatibile con l’interesse pubblico.

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Viceversa l’autonomia privata25, nel suo fisiologico operare, rappresenta lo strumento attraverso il quale i singoli gestiscono da sé i propri interessi, personali e patrimoniali26, con il solo limite dato dal rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume.

§ 4. L’autonomia del privato tra atipicità dell’azione e tipicità dei poteri giurisdizionali.

Quanto sinora svolto suggerisce la seguente riflessione: l’atipicità del diritto di azione, che nel processo civile trova integrale applicazione, nel giudizio amministrativo è temperata dalla tipicità dei poteri che il giudice può esercitare nei confronti della P.A.

Il che significa che se il legislatore attribuisce al Giudice amministrativo il potere di annullamento, è nei limiti di tale potere che il ricorrente potrà agire a tutela dei propri interessi.

I limiti al sindacato giurisdizionale si convertono dunque in altrettanti limiti al contenuto dell’azione e della conseguente pronuncia giurisdizionale 27.

25 Per quanto concerne il concetto di autonomia privata, quale “potere di darsi da sé le proprie regole”, e dunque quale sinonimo di “ libertà contrattuale”, si veda, in particolare, V. Roppo, Il

Contratto, pag. 24, ed. Giuffrè 2001.

26 In relazione al significato dell’autonomia privata quale esplicazione del diritto costituzionalmente garantito alla libera esplicazione della libertà negoziale si veda C. M. Bianca, Il

Contratto, ed. Giuffre 2000, il quale peraltro osserva che “libertà contrattuale non può intendersi quale arbitrio assoluto del singolo nella costituzione e determinazione dei suoi rapporti poiché un tale arbitrio non è riscontrabile neppure in capo ai detentori del potere economico. Libertà contrattuale vuol dire piuttosto libertà del singolo di operare liberamente le proprie scelte nel mercato. L’attività negoziale si immette nella realtà socio economica ed è da questa necessariamente condizionata”. Per la tesi contraria, che nega che la libertà

contrattuale possa configurarsi quale diritto di esplicazione della personalità, si veda invece V. Giorgianni, in Giur. Cost., 1962, I, 93 e Riv. Dir. Agr, 1972, I, 381; nonché Rescigno in Iustitia 1967, 3 e, in termini sostanzialmente analoghi, Mengoni, in Banca, borsa, 1997, I, 1, che sposta la prospettiva alla tutela dei vizi della volontà.

27 I limiti al sindacato del giudice e le conseguenti limitazioni al contenuto dell’azione, sono imposte dalla necessità di garantire l’indipendenza del potere esecutivo rispetto al potere giurisdizionale, in ossequio ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione. Ciò non vale peraltro a contraddire l’idea secondo cui tutela e autonomia sono fra loro funzionalmente connesse.

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Riconoscere l’ammissibilità di azioni atipiche, quindi, ha un senso nella misura in cui a ciascuna di esse corrisponda una pronuncia realmente satisfattiva dell’interesse dedotto in giudizio.

Pertanto, se da un lato l’atipicità è funzionale ad una tutela, piena, completa ed effettiva dell’interesse che si assume leso, dall’altro lato, essa va adattata alle peculiarità del giudizio amministrativo e alla particolare natura delle situazioni in esso dedotte28.

Infatti, mentre il diritto soggettivo preesiste rispetto all’esercizio del potere - potendo semmai essere compresso, salva la possibilità di riacquisire la propria consistenza a seguito dell’annullamento del provvedimento illegittimo – l’interesse legittimo nasce ed assume consistenza proprio grazie all’agire concreto della P.A.

Da qui la necessità, particolarmente avvertita con riferimento alle posizioni di interesse legittimo, di definire meglio il contenuto delle azioni per essi previste, richiamando, anche implicitamente, i poteri tipicamente riconosciuti al Giudice verso la P.A.

Un risposta adeguata, in tal senso, è offerta dal nuovo codice del processo amministrativo.

Il legislatore delegato, infatti, tenuto conto delle suesposte esigenze, da un lato ha previsto e disciplinato le principali azioni a tutela dell’interesse legittimo, dall’altro ha riconosciuto l’ammissibilità di azioni atipiche.

Quindi, pure ammettendo, in astratto, il principio dell’atipicità dell’ azione, il contenuto concreto di essa è stato tipizzato, mediante un richiamo implicito ai poteri che il giudice può esercitare in conseguenza dell’azione medesima e al contenuto delle rispettive pronunce.

Quanto affermato trova puntuale riscontro nella previsione di cui all’art. 32 comma 2, che assegna al giudice il potere di convertire le azioni o di dare ad esse una

28 In tal senso si è altresì espressa la dottrina più autorevole, vedi F.G. Scoca, in Giustizia

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