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Le pievi di Camaiore, Santa Felicita ed Elici nella visita pastorale del 1465/67

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Academic year: 2021

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Tesi di laurea magistrale

Le pievi di Camaiore, Santa Felicita ed Elici

nella visita pastorale del 1465/67

Relatore Candidato

Prof. Mauro Ronzani Federica Giannecchini

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INDICE

Abbreviazioni 3 Unità di misura 4 Introduzione 5 Capitolo 1 7 Concetti fondamentali 7

1.1 Pieve: origine ed evoluzione del concetto tra il VIII-XIV secolo 7 1.2 La diocesi di Lucca e il territorio della Versilia 11

1.3 La visita pastorale del 1465/1467 13

Capitolo 2 18

Pieve di Camaiore 18

2.1 Notizie storiche fondamentali 18

2.2 Visita pastorale del 1465/1467 28

Capitolo 3 47

Pieve di Santa Felicita 47

3.1 Notizie storiche fondamentali 47

3.2 Visita pastorale del 1465/1467 54

Capitolo 4 76

Pieve a Elici 76

4.1 Notizie storiche fondamentali 76

4.1 Visita pastorale del 1465/1467 80

Conclusioni 86

Bibliografia 91

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ABBREVIAZIONI

A.A.L. = Archivio Arcivescovile di Lucca A.C.L. = Archivio Capitolare di Lucca A.S.L.= Archivio di Stato di Lucca

Degli Azzi II = Degli Azzi Vitelleschi G., R. Archivio di Stato in Lucca, Regesti, Vol. 1, Pergamene del diplomatico, parte II, Lucca, 1911

M.D.IV/1 = Bertini D., Memorie e documenti per servire all’istoria di Lucca, Tomo IV, parte I, Lucca, 1810

M.D.IV/2 = Bertini D., Memorie e documenti per servire all’istoria di Lucca, Tomo IV, parte II, Lucca, 1836

M.D.V/1 = Barsocchini D., Memorie e documenti per servire all’istoria del

Ducato di Lucca, Tomo V, parte I, Lucca, 1844

M.D.V/2 = Barsocchini D., Memorie e documenti per servire all’istoria del

Ducato di Lucca, Tomo V, parte II, Lucca, 1837

M.D.V/3 = Barsocchini D., Memorie e documenti per servire all’istoria del

Ducato di Lucca, Tomo V, parte III, Lucca, 1841

R.C.L.I = Guidi P., Parenti O., Regesta Chartarum Italiae. Regesto del Capitolo

di Lucca, Vol. I, Roma, 1910

R.C.L.II = Guidi P., Parenti O., Regesta Chartarum Italiae. Regesto del Capitolo

di Lucca, Vol. II, Roma, 1912

R.C.L.III = Guidi P., Parenti O., Regesta Chartarum Italiae. Regesto del Capitolo

di Lucca, Vol. III, Roma, 1933

Schiaparelli I = Schiaparelli L., Fonti per la storia d’Italia. Codice diplomatico

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UNITÀ DI MISURA

Nella Visita Pastorale troviamo adoperate le seguenti unità di misura, al tempo in uso nella Repubblica di Lucca1:

- misure per gli aridi (grano, castagne e miglio): STAIO2 = equivaleva a 24,4 litri3 - misure per i liquidi (vino ed olio): BARILE = equivaleva a 40 litri; SALMA = corrispondeva a due barili

- misura lineare: BRACCIO = 0,59 metri

- monete: la moneta lucchese era la LIBBRA (o LIRA), ma nella visita sono inoltre citate il FIORINO, il DUCATO LARGO (coniati in oro, avevano circa lo stesso valore), il DENARO (coniato in argento, tre di questi facevano un fiorino o un ducato largo), il BOLOGNINO (coniato in argento; un fiorino vale 36 bolognini, mentre una lira è composta da 10 bolognini), SOLDO (coniato in rame, due soldi facevano un bolognino). Nella visita pastorale non compaiono solo le monete lucchesi, ma anche quelle degli stati limitrofi, come le monete pisane o le monete marchesane.

1 Bongi S., Inventario del Regio Archivio di Stato di Lucca, Vol.II, pp. 65-77.

2 Lo staio è costituito da 14 doghe di castagno tenute insieme da tre cerchi di ferro, posti alla

bocca, alla base e a metà dell’altezza. Uno staio si divide in 2 mine, la mina in 2 quarti, il quarto in 2 quartucci.

3 Misura di capacità che varia da zona a zona, pur con differenze minime. Più precisamente, per

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INTRODUZIONE

La storia della chiesa in età medievale è stata caratterizzata dal sistema delle pievi, ovvero l’istituzione ecclesiastica in cui era suddivisa una diocesi e organizzata territorialmente la cura d’anime. La pieve, termine che deriva dal latino plebs e in origine significa “popolo”, designa sia l’edificio di culto sia la circoscrizione ad essa pertinente, ed aveva un notevole prestigio: era infatti la chiesa matrice del distretto e l’unica chiesa del piviere dotata del fonte battesimale e quindi adibita alla celebrazione del più importante sacramento, il battesimo. Le altre chiese che componevano il piviere in origine erano senza alcun diritto: quando queste, dal XII-XIII acquisiranno alcune prerogative, il quadro inizierà ad evolversi e ad entrare nel corso dei secoli successivi in una fase di declino.

Obiettivo della tesi è mostrare la condizione in cui si trovava tale istituzione nel periodo tardo medievale, attraverso lo studio degli atti della visita pastorale del 1465/67 alle pievi della Versilia, cioè le pievi di Camaiore, Santa Felicita ed Elici, uno spazio di territorio che può esemplificare una situazione che ha accomunato tutto la parte centro-settentrionale della nostra penisola. Una visita pastorale ha il fine di conoscere lo stato degli edifici sacri e la condizione spirituale del clero. Quindi dagli gli atti della visita del 1465/67, una delle poche di cui ci sono pervenuti quasi totalmente gli atti, condotta dal domenicano Matteo da Pontremoli su incarico del vescovo di Lucca Stefano Trenta possiamo chiaramente intuire quale fosse la condizione di questa istituzione ecclesiastica, sia materialmente che spiritualmente, nel XV secolo. Il verbale della visita è conservato nei volumi 9 e 10 del fondo Sacre Visite presso l’Archivio Arcivescovile di Lucca.

L’organizzazione del seguente lavoro ripercorre la storia del sistema delle pievi: partendo dall’origine dell’istituzione delle pievi e dalla fondazione delle sue chiese, se ne segue l’evoluzione e si prende come punto d’arrivo il XV secolo, periodo nel quale il sistema arriverà al suo tramonto. La tesi è quindi così strutturata: il primo capitolo costituisce una sorta di introduzione al resto del lavoro e affronta alcuni concetti fondamentali; il concetto di pieve con tutte le sue implicazioni, un breve accenno alla diocesi di Lucca e al territorio considerato, e il

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concetto di visita pastorale. I successivi capitoli sono destinati alle relative tre pievi e si suddividono tutti in due parti: nella parte iniziale ho dato le notizie storiche fondamentali della pieve e delle sue cappelle dipendenti fin dalla sua fondazione, mentre nella seconda parte ho riportato il contenuto della visita, dal quale emerge la condizione del sistema nel XV secolo, considerato lo stadio finale dell’evoluzione.

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CAPITOLO 1

CONCETTI FONDAMENTALI

1.1 Pieve: origine ed evoluzione del concetto tra il VIII-XIV secolo

Il termine pieve, protagonista di questo elaborato, ci denota fin da subito una parola ricca di significato e di implicazioni. Derivato dal latino plebs, in origine significa “popolo”, in un secondo momento arriva a significare anche il “luogo” o la “chiesa” e finisce poi per designare quest’ultima (a sua volta in questo senso preceduto da ecclesia baptimalis4, ovvero chiesa dotata del fonte battesimale e quindi adibita a celebrare la funzione del battesimo) e il suo distretto di pertinenza. Il termine compare raramente nelle carte del VII secolo, diventa sempre più frequente in quelle dell’VIII secolo, e si afferma stabilmente in esse nel X secolo5: infatti in origine non c’è bisogno di distinguere la pieve dalle chiese minori, perché essa è la chiesa matrice, ovvero la prima chiesa sorta nel piviere, ma nel X secolo sorgono chiese minori e diventa necessaria la distinzione.

Ed è l’ultimo significato che il termine pieve assume, cioè un edificio di culto provvisto di fonte battesimale e il suo distretto di pertinenza sulla zona circostante6, quello che si attesta in epoca medievale e al quale si fa riferimento in questo lavoro. Infatti, in epoca medievale, la parte centro-settentrionale del territorio italiano (l’estrema parte meridionale e le isole ne furono escluse7

), dal punto di vista ecclesiastico, risultava suddivisa in diocesi, a sua volta frazionate in pievi, con il quale termine intendiamo, come già detto, sia l’edificio di culto

4 Per un approfondimento dei termini in uso, si veda Ronzani M., L’organizzazione spaziale della

cura d’anime e la rete delle chiese (secoli V-IX), in Città e campagna nei secoli altomedievali,

Spoleto, 2009.

5

Nanni L., La parrocchia studiata nei documenti lucchesi dei secoli VIII-XIII, Roma, 1948, pp. 49-50.

6 Per evitare confusioni, possiamo chiamare “pieve” la chiesa pievana e l’istituzione giuridica, e

possiamo utilizzare “piviere” per indicare il territorio di pertinenza della pieve stessa.

7 Ricerche più recenti hanno spostato il limite meridionale dell’area di diffusione delle pievi molto

più a sud della linea Viterbo-Chieti indicata da Forchielli: si giunge ora all’altezza di Salerno e Benevento. L’estrema parte meridionale italiana non conobbe l’organizzazione in pievi. Violante C., Cos’erano le Pievi: primo tentativo di studio comparato, 1989.

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dotato di fonte battesimale e di diritto di sepoltura sia il distretto di pertinenza comprendente le ville e i loro abitanti, che vivevano in case isolate o nei piccoli agglomerati sparsi nella campagna8.

L’organizzazione in pievi risale all’età romana; nel 313, con l’Editto di Milano, Costantino e Licinio avviano una politica di tolleranza nei confronti del cristianesimo; nel 380, con l’Editto di Tessalonica, il cristianesimo “niceno” diviene la religione ufficiale dell’Impero Romano, ed è quindi necessario organizzare questo popolo di fedeli che va via via aumentando. Verrà così creato un ordinamento ecclesiastico aderente ai quadri amministrativi dell’Impero. Ogni comunità cristiana sarà governata da un vescovo, che opera nell’ambito di una diocesi, coincidente con il territorio del municipio (più municipi formano una provincia). Con il crollo dell’Impero cade l’organizzazione in province e municipi e l’unica autorità che rimane è il vescovo con la sua diocesi.

Nel 568, pressati da altri popoli, arrivano in Italia i Longobardi, i quali si insediano in Pianura Padana, Toscana, Spoleto e Benevento e prendono in mano l’organizzazione territoriale: per quanto riguarda l’amministrazione politico-civile, suddividono il territorio italiano in Ducati, guidati da un duca (nel territorio dell’attuale toscana creano il Ducato di Tuscia, capoluogo del Ducato e sede del duca era Lucca); per quanto riguarda l’amministrazione ecclesiastica, mantengono l’assetto romano basato sulla diocesi guidata dal vescovo.

Per quanto riguarda la fondazione delle pievi, a giudicare dai santi ai quali troviamo dedicate le pievi, tutti di età romana, possiamo supporre che siano state fondate in quel tempo, ma non abbiamo notizie più precise, infatti di nessuna pieve abbiamo la carta di dotazione o altre notizie riguardo la sua origine. Certo è che tutte dipendevano dal vescovo9, ed a lui e al Capitolo spettava l’ordinazione del rettore, il quale a sua volta aveva obblighi precisi (ufficiatura diurna e notturna, retto governo dei beni ecclesiastici, residenza, obbedienza e servizio al vescovo).

8 Per un ulteriore discussione sulla nomenclatura dei termini e per un elenco dettagliato delle pievi

e delle relative ville, si veda Nanni L., Op. Cit., pp. 8-9, 65 e seguenti.

9 A differenza delle chiese minori, che potevano dipendere: da Roma, dal vescovo, dal Capitolo, da

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La pieve era la chiesa matrice del distretto ed aveva la superiorità nei confronti delle chiese minori della circoscrizione: era il luogo sacro e il centro dove confluivano i fedeli che abitavano dispersi nelle campagne; spesso si trovava in una posizione isolata o discostata da un centro di insediamento, ma bisognava contare la posizione geografica e topografica, specialmente in rapporto coi fiumi e con le strade.

L’organizzazione del territorio in pievi caratterizzerà tutto il Medioevo, ma le relazioni tra queste e le parrocchie e cappelle dipendenti cambieranno nel corso dei secoli. Infatti il rapporto tra queste nei secoli VIII-XI sarà diverso da quello dei secoli successivi.

Tra la tarda antichità e l’alto medioevo, possiamo essenzialmente distinguere tra due categorie di edifici sacri presenti nel territorio extraurbano: la pieve e le altre parrocchie e cappelle, ovvero chiese prive di diritti dipendenti dalla prima. La pieve è la chiesa matrice del distretto10, e si configura quindi come centro della vita di fede e come centro della circoscrizione ecclesiastica, e da essa risultano dipendenti le ville del territorio circostante. I fedeli che abitano i villaggi e disseminati nella campagna si recano alla relativa pieve per ricevere i sacramenti. A essa spettano, all’interno della circoscrizione, i diritti pastorali, sia di carattere sacramentale, come quello di celebrare il battesimo (è infatti dotata del fonte battesimale), la sepoltura11 e le sacre funzioni (la penitenza pubblica, la consacrazione del crisma e dell’olio santo), ma anche diritti di carattere economico, come la riscossione della decima12 (pagata alla diocesi, era così suddivisa; ¾ alla diocesi e ¼ alla pieve). Le altre cappelle, chiamate cappellae,

10 Generalmente di pertinenza del vescovo, al quale è riservata la nomina del rettore, chiamato

plebanus, che a sua volta ha nei confronti del suo superiore rettore tali doveri; officiatura diurna e

notturna, retto governo dei beni ecclesiastici, residenza, obbedienza e servizio del vescovo, non allearsi col suo nemico, osservanza di tutto questo sotto pena di una multa.

11 In epoca medievale i fedeli erano molto più scrupolosi riguardo a ciò che atteneva la sepoltura e

i riti funebri: si preoccupavano infatti di trovare sepoltura presso la chiesa dedicata a un santo che ritenevano fosse l’intermediario più efficace presso Dio. Violante C., Che cos’erano le Pievi:

primo tentativo di uno studio comparato, 1989.

12 La decima era in origine una tassa di natura ecclesiastica, resa obbligatoria dai Carolingi. Si

distingue tra decima domenicale (decima parte della produzione di un fondo) e sacramentale (tassa pagata dai cittadini alla diocesi). Nel XIII, pur affermandosi la decima laica, continuerà a sussistere anche la decima ecclesiastica destinata al fine originario. Castagnetti A., La decima da

reddito signorile a privilegio economico dei ceti cittadini. Linee di ricerca, in Pievi e parrocchie in

Italia nel basso medioevo (secoli XIII-XV). Atti del VI convegno di storia della chiesa in Italia, Firenze 21-25 settembre 1981, Roma, 1984, pp. 215-233.

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10 basilicae, ecclesiae, oratoria, e dal XII cappellae, spesso di fondazione privata,

non sono altro che chiese soggette senza diritti.

Nei secoli XII-XIII le relazioni tra la pieve e le parrocchie e le cappelle dipendenti cambieranno rispetto a quelle che furono nei secoli precedenti. Se nei secoli VIII-XI il rapporto tra le due parti era un rapporto di mera dipendenza, adesso le seconde diventeranno semi-indipendenti, perché acquisiranno diritti, tra i quali la concessione del fonte battesimale (è bene specificare che non tutte le parrocchie ottennero questa possibilità), la possibilità di celebrare le sacre funzioni, la sepoltura (ogni parrocchia ha un cimitero), pur mantenendo doveri nei confronti del plebano e della pieve13. Da ciò ne deriveranno liti, che generalmente avevano come oggetto di contrasto la pertinenza parrocchiale di una casa o i diritti di sepoltura.

E ci sarà anche un cambiamento a livello terminologico perché le cappelle prenderanno il nome di “parrocchia”; se prima tutti i fedeli della circoscrizione si rivolgevano alla pieve, adesso ogni persona va alla parrocchia più vicina, così tutta la vita religiosa si concentra intorno alla parrocchia.

Il cambiamento nel mondo ecclesiastico fu conseguenza della più generale trasformazione del contesto storico. Gli anni a cavallo dei secoli XII-XIII videro, da una parte la crisi del potere imperiale e la progressiva affermazione dei comuni, e dall’altra una crisi del potere temporale culminata con il concordato di Worms (1122). Questi avvenimenti ebbero conseguenti evoluzioni sia di tipo economico sociale, come la crescita demografica, la costruzione di nuove città e di nuovi centri, dove andranno a risiedere i fedeli, sia di tipo pastorale, come il rafforzamento dell’autorità ecclesiastica e l’insistenza sulla necessità dei

13 Continueranno ad essere subordinate alla chiesa matrice perché: il pievano ha il diritto di

confermare o istituire il rettore delle cappelle; non tutte le chiese ottengono il fonte battesimale; i cappellani sono obbligati a recarsi alla pieve per alcune funzioni all’anno (tali funzioni sono il sabato delle Palme, il Sabato Santo, la vigilia di Pentecoste, le litanie e le feste); nelle feste solenni della cappella il pievano ha la precedenza su tutti gli altri sacerdoti partecipanti; il pievano continua a percepire parte della decima (parte di ¼, l’altra parte rimane al rettore); il pievano ha diritto a una parte degli emolumenti dei defunti (nei secoli XII-XIII tutte le parrocchie acquistano il cimitero, e quindi il diritto agli emolumenti dei defunti, ma una parte di essi spetta ancora al pievano). Un documento esemplificativo dei rapporti che si vengono a creare tra la pieve e le cappelle dipendenti può essere la sentenza tra il pievano di pieve a Elici e i rettori delle cappelle per i diritti della detta pieve, riportata in Nanni, Op. Cit., pp. 194-197.

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sacramenti. Con l’aumento del numero degli abitanti, e in seguito al ravvivarsi del sentimento religioso nelle campagne e alla diffusione più capillare del cristianesimo, ci sarà una moltiplicazione delle chiese rurali minori, per poter assolvere alla cura d’anime di tutti i fedeli. Ma soprattutto sarà lo sviluppo dei comuni rurali a incentivare il passaggio da cappelle a parrocchie, dato che ogni comune vorrà una propria chiesa con prerogative e diritti, con conseguente smembramento e perdita di importanza della pieve.

Questo tipo di organizzazione ecclesiastica basato sul sistema per pievi si manterrà inalterato, almeno sulla carta, anche nei secoli successivi. La stessa visita pastorale, organizzata per pievi, ne è testimonianza. Ma nella pratica, come è sopra accennato e come vedremo meglio nei prossimi capitoli analizzando gli atti della visita, dal XIV secolo il sistema entra in una fase di declino.

1.2 La diocesi di Lucca e il territorio della Versilia

Il territorio dell’attuale Toscana era suddiviso in dodici diocesi (Ecclesia fiorentina, Diocesi di Pisa, Volterra, Siena, Fiesole, Arezzo, Populonia, Chiusi, Sovana, Roselle, Lucca e Pistoia) il cui territorio si trovava interamente entro gli odierni confini regionali; a esse si aggiungevano le due diocesi di Luni e di Città di Castello, che avevano sede vescovile esterna ma parte della propria estensione in Toscana14.

Tutte le diocesi erano di fondazione tardo-antica. La diocesi di Lucca nasce nel I secolo d.C.: secondo la leggenda, il primo vescovo sarebbe stato san Paolino, anche se una prima attestazione della presenza di un vescovo di Lucca risale soltanto al 343, quando il vescovo Massimo si sottoscrive al Concilio di Sardica. La più antica descrizione della diocesi di Lucca che ci sia pervenuta è il “Libellus

extimi Lucane Dyocesis” dell’anno 1260. Si tratta di un elenco delle chiese,

monasteri e luoghi di culto della diocesi, compilato in occasione della raccolta della decima papale. Questo documento, sebbene non completo (mancano le

14 Ronzani M., La chiesa e il clero secolare, in (a cura di) Cardini F., Storia della civiltà toscana,

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chiese e gli edifici che non avevano rendite) ci fornisce un quadro della consistenza della diocesi in quell’anno.

Nel Medioevo, la diocesi di Lucca era molto vasta: oltre 770 fra chiese, conventi, ospedali e luoghi sacri, erano distribuiti su un territorio che a nord arrivava a Careggine e confinava con l’antica diocesi di Luni e con la diocesi di Modena, a est con la diocesi di Pistoia e Firenze, verso sud confinava con la diocesi di Volterra ed arrivava fino al Valdarno inferiore, la Val d´Elsa e la Val d´Era e comprendeva i territori di Montopoli, Santa Croce sull'Arno, e Fucecchio, ed il castello di San Miniato al Tedesco. Oggi, a causa degli smembramenti che si sono succeduti nei secoli successivi, il territorio di pertinenza della diocesi di Lucca è molto meno vasto rispetto a quello che era in passato15.

Grazie a questo documento quindi conosciamo dettagliatamente la suddivisione della diocesi di Lucca. Generalmente una diocesi si compone di tre parti: ecclesia della città, fascia suburbana e fascia extra-urbana suddivisa in pievanati. E così era suddivisa anche Lucca, che nel 1260 era formata da; l’ecclesia cittadina (a sua volta ripartita in quattro zone corrispondenti alle porte San Gervasio, San Pietro, San Donato, San Frediano), la fascia suburbana, e fascia extra-urbana divisa in ben 59 pievanati.

Nel presente lavoro si prende in considerazione la parte occidentale dell’antica diocesi di Lucca, ovvero le pievi di Elici, Santa Felicita e Camaiore, corrispondenti al territorio della Versilia storica. Nonostante non ci sia un’opinione univoca e concordata, possiamo affermare che la Versilia storica includeva una zona assai ampia compresa tra il fiume Versilia e il fiume Serchio, corrispondente agli odierni comuni di Forte dei Marmi, Seravezza, Stazzema, Pietrasanta, e per esteso anche a quelli di Camaiore e Massarosa.

I primi popoli che si insediarono in questa zona furono i Liguri Apuani, i quali però nel V-IV a.C. furono costretti a retrocedere a causa dell’avanzata dagli Etruschi, il cui controllo rimase tuttavia sempre più nominale che concreto. Alla

15 Per una storia più dettagliata della diocesi di Lucca è possibile consultare La chiesa di Lucca:

guida dell’Arcidiocesi, Lucca, 2001 oppure Savigni R., Greco G., Bocchini Camaiani B., Lucca, in

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fine della seconda guerra punica (219-202 a.C.) i Romani si espansero arrivando a sottomettere i Liguri Apuani e a fondare alcune colonie, tra cui Luni e Lucca. Successivamente, grazie a lavori di bonifica e all’apertura della via Emilia Scauri, ci fu un incremento demografico che portò alla nascita di alcuni villaggi. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476), le poche notizie pervenutaci ci fanno comunque dedurre che questi territori seguirono la sorte di Lucca e furono occupati dalle popolazioni barbariche. La discesa e la conquista dei Longobardi rappresenta per Lucca un periodo di rinascita, dato che diventerà sede del ducato della Tuscia, oltre già ad essere sede dell’omonima diocesi. Nel X secolo la zona sarà oggetto di contesa di Pisa e Lucca, le due potenze che si contendono il territorio della Versilia per gli importanti scali marittimi di Luni e di Motrone, e per questo sarà ripetutamente presa di mira dai continui attacchi, confische e guerre. Con la distruzione dei castelli e delle fortezze appartenuti ai signori locali, tra i quali i più importanti furono quelli di Corvaia e Vallecchia, gli unici ad avere anche il titolo di Visconti, la popolazione, massa di coloni delle terre del castello, si libera dell’antico legame feudatario che li legava al signore e inizia un lento processo di evoluzione sociale ed economica: andrà infatti a stabilirsi nei villaggi in pianura,- il primitivo borgo di Camaiore fu ampliato e Pietrasanta costruita ex

novo-, i quali progressivamente verranno fortificati e si costituiranno comuni

indipendenti. Infine Camaiore e Pietrasanta saranno elevate a vicarie della Repubblica di Lucca.

1.3 La visita pastorale del 1465/1467

La visita pastorale ad opera del vescovo è una delle più antiche istituzioni della chiesa e ha il fine di conoscere lo stato materiale e spirituale delle chiese e degli edifici religiosi di una diocesi, nonché di verificare l’osservanza delle leggi della chiesa e di esercitare un controllo sul clero. Attestata fin dal IV secolo, viene istituzionalizzata nel VI secolo, quando i concili di Terragona (516) e di Toledo (633) stabiliscono l’obbligo della visita, infine il decreto di Graziano del 1140 ne determina i canoni. Per porre rimedio al progressivo indebolimento, a causa di privilegi ed esenzioni, del diritto di visita da parte del vescovo, Innocenzo IV nel

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1246 promulga la costituzione Romana Ecclesia. In Italia le visite pastorali sono attestate fin dal XIII secolo, a cui seguirà però un periodo di crisi nel XIV secolo e una successiva vigorosa ripresa nel XV secolo, quando, in connessione con un sentimento di riforma della chiesa, le visite diventano sempre più frequenti. Il Concilio di Trento (1545-1563) stabilisce che la visita pastorale è un dovere personale del vescovo e, come strumento di riforma ecclesiastica nei confronti del clero e dei fedeli, va effettuata ogni uno e due anni. La visita si compone di due parti: la visitatio rerum (analisi dello stato dell’edificio sacro e dei suoi arredi e delle sue rendite) e la visitatio hominum (analisi della condizione del clero, della loro condotta e dello svolgimento delle loro prerogative).

La visita del 1465, effettuata per conto del vescovo Stefano Trenta, si inserisce in un più generale processo di profonda riforma messo in atto dal presule lucchese fin dal momento della sua nomina.

Stefano Trenta, appartenente a un famiglia nobile mercantile lucchese, fu eletto vescovo agli inizi del 1448 e il 19 marzo dello stesso anno prese possesso della diocesi. Dopo pochi mesi avviò una parziale visita ad alcune chiese di Lucca e della pieve di Pescia e convocò un sinodo, ovvero un’assemblea dei sacerdoti e dei chierici della diocesi, proclamando costituzioni, con cui regolamentò l’assegnazione dei benefici ecclesiastici. Egli stabilì, tra gli altri: il divieto per coloro che avevano un beneficio di uscire dalla diocesi senza autorizzazione del vescovo; le norme di presentazione dei chierici per l’ordinazione; restrizioni riguardo il concubinaggio; l’obbligo per coloro che possedevano un beneficio di presentare il titolo entro maggio16. Inoltre, durante il suo episcopato promosse numerose visite pastorali. Infine ribadì l’obbligo per i rettori delle chiese dipendenti di recarsi il sabato santo alla pieve per la benedizione del fonte battesimale. Fu inviato come legato papale in Germania da papa Pio II e poi presso Edoardo IV d’Inghilterra da papa Paolo II. Fu governatore di Viterbo e del patrimonio di San Pietro e infine delle Marche. Morì nel 1477 a Cingoli.

16 Concioni G., Chiese, clero e cura d’anime in Diocesi di Lucca: nella visita pastorale del

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La visita pastorale del 1465/1467 fu condotta per incarico del vescovo di Lucca dal domenicano Matteo da Pontremoli, vescovo di Tana (odierna Azov, sul Mar Nero). Il visitatore è accompagnato nella visita da un notaio della curia arcivescovile, al quale è affidata la redazione degli atti: nella prima parte degli atti della visita troviamo ser Ciomeo Petri, al quale dopo qualche mese si affiancherà ser Bartolomeo da Massarosa, giovane notaio all’inizio della sua professione, che lo sostituirà definitivamente e rimarrà unico notaio fino al termine della visita. Sono presenti anche altre persone, come Bernardino di Ciomeo Commandinghi, proveniente dalla curia episcopale, e Iacopo Papi di Montopoli Valdarno, nominati soprattutto perché testimoni di alcuni atti compiuti dal visitatore Matteo e redatti dal notaio. E’ possibile che ci fossero stati anche altri accompagnatori, ma gli atti della visita non ci riportano altro.

La visita pastorale inizia il 24 aprile 1465 dalla città di Lucca, con l’accesso alla chiesa di San Pietro Maggiore e termina alla fine del settembre 1467 con la visita alla pieve di Brancoli. La visita alle pievi di Camaiore, Santa Felicita ed Elici viene effettuata nel febbraio-marzo del 1467.

La visita pastorale è effettuata secondo la suddivisione del territorio in pievi. All’inizio è sempre posta la visita alla pieve, seguita dall’elenco delle chiese a essa dipendenti, ancora chiamate cappelle. Tale elenco, corrispondente a quello degli estimi diocesani, ci pone dei problemi, perché troviamo elencati chiese ed edifici che ormai sono compromessi o non più esistenti, mentre ne mancano altri che sono stati costruiti successivamente all’estimo. Inoltre abbiamo il caso degli edifici visitati che non sono presenti nell’estimo, come gli ospedali17

, non elencati perché molto spesso non sono di dipendenza della pieve. Infine, abbiamo le chiese spettanti al Capitolo dei canonici di San Martino, citate tra le chiese dipendenti dalla pieve, ma escluse dalle verifiche. I verbali della visita ripetono sempre lo stesso schema. Per ciascuna chiesa ed edificio questi sono i punti:

- data della visita;

- chiesa (indicazione del titolare e del luogo dove è situata, nominativo del rettore e del suo beneficio, stato della chiesa, valore del beneficio). Il beneficio può

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essere con cura e quindi prevedere ufficiatura dei riti divini e amministrazione dei sacramenti o sine cura;

- giudizio sulla religiosità del popolo; - giudizio sul rettore;

- opera (indicazione del valore e dei nominativi degli operai). L’opera è l’organo incaricato della manutenzione della chiesa come edificio. È guidata da operai, eletti per un certo periodo e ha un proprio patrimonio e proprie rendite;

- provvedimenti presi dal visitatore.

Gli atti della visita pastorale del 1465/1467 sono raccolti nei volumi 9 e 10 del fondo Sacre Visite conservato presso l’Archivio Arcivescovile di Lucca. Entrambi i volumi hanno un contenuto eterogeneo, che non rispetta l’ordine cronologico e con visite pastorali precedenti o successive inframezzate, ma per la maggior parte sono occupati dagli atti della visita pastorale. Occorre a sua volta precisare per gli atti della visita pastorale del 1465/1467 che essi non sono stati redatti contemporaneamente alle verifiche effettuate, né rispettando la loro sequenza. Il nono volume si compone di 539 pagine, il decimo di 435, secondo la moderna numerazione a pagina introdotta all’inizio del XX secolo. Gli atti della visita pastorale effettuata alle pievi di Camaiore, Santa Felicita ed Elici sono contenuti nelle pagine 154-194 del decimo volume.

NOTE SULLA TRADUZIONE E CITAZIONE DEGLI ATTI DELLA VISITA Essendo una tesi a carattere storico, ho scelto di riportare una traduzione quanto più fedele al testo originario, senza però soffermarmi su eventuali questioni filologiche dei latinismi, lasciando comunque qualche frase in lingua originaria, per far trasparire così inoltre lo stile con cui gli atti sono stati redatti. Eventuale contenuto in parentesi tonde ( ) rispecchia la trascrizione/traduzione fedele del testo originale, mentre eventuale contenuto in parentesi quadre [ ] è stato da me aggiunto per chiarire meglio o completare il contenuto.

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Le diocesi della Toscana nel XIII secolo. Guidi P., La decima degli anni

1274-1304, vol. 1(Rationes decimarum italiae nei secoli XIII-XIV. Tuscia I), Roma,

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CAPITOLO 2

PIEVE DI CAMAIORE

2.1 Notizie storiche fondamentali

La pieve di Camaiore è la prima delle tre pievi della Versilia che viene visitata. Questa pieve aveva giurisdizione su un territorio enorme, che confinava a nord con la pieve di Santa Felicita, a est con quella di Monsagrati, a sud con le pievi di Elici e San Macario al Monte.

Da Camaiore passava la via Francigena18, la via di comunicazione che ogni anno era percorsa da mercanti e pellegrini in viaggio verso Roma: possiamo giustificare la moltitudine di edifici, soprattutto ospedali, presenti nel piviere e notare come la maggior parte di questi, tra i quali la pieve stessa, era posto lungo il tratto della strada (questa passava dalla chiesa di San Michele del borgo di Camaiore, toccava il monastero di San Pietro di Camaiore, la pieve dei Santi Giovanni e Stefano, Pontemazzori, Montemagno e infine proseguiva verso Lucca).

Il primo nucleo di irradiazione del cristianesimo a Camaiore fu nel monastero benedettino di San Pietro: nel 761, quando se ne ha una prima notizia, risulta già retto da un abate e dotato di un patrimonio fondiario. Quanto all’origine della pieve, in un documento dell’817 risulta fondata “in ipso loco Campo majore” una chiesa dedicata a Santo Stefano, alla quale dall’820 è associato il titolo di pieve. In un documento del 925 al primo santo titolare troviamo aggiunto quello di San Giovanni Battista, mentre dal 984 i documenti riferiti alla pieve di Camaiore la indicano dedicata a San Giovanni Battista19, Santa Maria (intitolazione poi persa per non essere associata alla chiesa collegiata) e Santo Stefano. Nei documenti dei

18 La relazione di viaggio più antica e dettagliata è quella redatta nel 990 da Sigerico, arcivescovo

di Canterbury, nel suo viaggio di ritorno da Roma, dove aveva ricevuto il pallio da papa Giovanni XV. In essa sono citate le varie tappe percorse, tra le quali anche Camaiore.

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Intorno al 1000, per una disposizione pontificia con la quale si riconfermava alle pievi il privilegio del fonte battesimale, al titolare originario Sant’Ambrogio viene accostato anche San Giovanni Battista. Lugnani A., La chiesa romanica di Pieve a Elici, Massarosa, 1989, p.79.

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secoli X-XI risultano costantemente dipendenti come “ville”, Corsanico, Camaiore, Misciano, Mozatico, Nocchi, Torcigliano, Traversaria, Montemagno e Casoli. Inizialmente ad una navata, nella metà del XII secolo viene ampliata e portata a tre navate (in un documento del 1112 risulterebbe inoltre intitolata a San Pietro). Tra XII e XIII, come vedremo nelle prossime righe, ci sarà un prorompente sviluppo di nuovi edifici, con la fondazione di quattordici chiese. E’ presente nell’estimo diocesano del 126020

(lib. CCCL). Questa posizione di assoluta preminenza, dovuta soprattutto dall’avere l’unico fonte battesimale della zona, inizierà a venir meno di lì a poco, a vantaggio della chiesa di Santa Maria del borgo di Camaiore, che una volta ottenute le mura del castello, e il fonte battesimale, diventa il principale riferimento ecclesiastico. È presente nell’estimo del 138721(lib. V, s. V, d. VIIII), ma appunto ormai le sue ricchezze sono ormai vistosamente calate.

Chiese che dipendevano dalla pieve di Camaiore erano:

- Chiesa di San Pietro di Nocchi; edificata tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, una prima attestazione si ha in un documento del 13 novembre 81822, nel quale Ghiselperga, badessa del monastero di Santa Lucia in Lucca, nomina prete Rumualdo rettore della chiesa di San Pietro in “Noccle”. Il chierico Alperto infatti, distribuì il patrimonio che Iacopo, vescovo di Lucca, aveva acquistato prima della sua elezione, e assegnò la chiesa al monastero; ma questa già nell’838 era ritornata tra i beni del nuovo vescovo Berengario. E’ presente nell’estimo diocesano del 1260 (lib. LXXX) e del 1387 (lib. II, s. II).

- Chiesa di San Michele di Gombitelli; un primo documento risale soltanto al 4 maggio 123523, quando prete Guido di Santo Michele di “Gomittello” ha un debito da saldare nei confronti di Gerardo Arzuri. E’ presente nell’estimo del

20 Nell’estimo diocesano del 1260 accanto al nome di ogni chiesa o edificio è riportata la somma

della rispettiva rendita annuale in lire. Guidi P., La decima degli anni 1274-1304, vol. 1 (Rationes

decimarum italiae nei secoli XIII-XIV. Tuscia I, Roma 1932), pp. 243-273.

21 L’altro estimo diocesano preso di riferimento in questo lavoro è quello del 1387, compilato in

occasione della tassa imposta sul clero per la venuta a Lucca di papa Urbano VI. In questo estimo accanto al nome di ogni chiesa o edificio è riportata la somma della rispettiva imposta, calcolata in lire, solidi e denarii. 12 denari corrispondono a un soldo e 20 soldi corrispondono a una lira. Bongi S., Inventario del Regio Archivio di Stato in Lucca, Vol. 4, Lucca, 1888, pp. 116-136.

22 M.D.IV/2 d. XVI. 23 A.C.L. LL 9 c.217.

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1260 (lib. XXX) e del 1387 (lib. I, s. I. d.VI). Nel 1441 la chiesa veniva annessa alla pieve di Camaiore24.

- Chiesa di San Bartolomeo del castello di Montemagno; questa chiesa faceva parte del castello di “Montis Magni”. Nonostante la distruzione del castello nel 1242, è presente nell’estimo del 1260 (lib. XL), Nel corso dei secoli successivi sarà abbandonata a vantaggio della chiesa di San Michele del Borgo di Montemagno, ma è ancora presente nell’estimo del 1387 (lib. I, s. II).

- Chiesa di San Michele del borgo di Montemagno; questa chiesa risale al XI secolo, ma un primo documento risale soltanto al 3 settembre 109425, quando viene stipulato un atto in “caput de burgo de Montemagnio et prope ecclesiam S. Michaelis”. Nel corso del XIII-XIV assumerà importanza, a svantaggio della chiesa di San Bartolomeo del castello di Montemagno. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. LXX) e del 1387 (lib. I, s. I, d. VI).

- Ospedale di Montemagno; il primo documento che ne attesta l’esistenza è del 30 marzo 112926, quando Alberto del fu Bonoto, Guntelmino, Ferreto e Bernardo del fu Saracino, Selvalagno del fu Gerardo e Bonio chiamato Mocco del fu Buonio offrono all’ospedale “de loco Montemagno qui dicitur S. Michaelis” i loro diritti sui beni in “Vaccalogia”. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. C) e del 1387 (s. XV).

- Chiesa di San Martino di Bargecchia; è attestata per la prima volta in un documento del 123427, quando l’arcidiacono, chiamato a risolvere una controversia tra i Flammi e i Montemagnesi, i quali avevano eletto ognuno un rettore, risolve la lite con la nomina di un terzo sacerdote (e come patroni vengono riconosciuti i Montemagnesi). E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. LXXX). Nel corso del XIV secolo, a causa della povertà, la troviamo unita prima alla chiesa di

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Nel XV secolo la pieve di Camaiore si trovava in uno stato di povertà, tanto da non riuscire ad assolvere al mantenimento dei suoi chierici, a causa del ruolo di vantaggio ormai assunto dalla chiesa di Santa Maria di Camaiore. Così, il 29 aprile 1441, viene accolta la richiesta del pievano di annettere in perpetuo la chiesa di San Michele di Gombitelli alla pieve, con relativo incameramento delle sue rendite. Dinelli P., Camaiore: dalle origini ai giorni nostri, Camaiore, 1971, p. 346.

25 R.C.L.I/531. 26 R.C.L.I/862. 27 A.C.L. LL 9, f. 6v.

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Conca, poi a quella di Stiava e poi ad altre ancora. E’ presente nell’estimo del 1387 (lib. I, s. VIII). Nel corso del XV secolo sarà in ripresa.

- Chiesa di San Lorenzo di Conca; probabilmente risalente al V secolo, una prima notizia la abbiamo soltanto nel 1191, quando nasce una controversia tra i canonici di San Martino di Lucca e il pievano di Camaiore riguardo l’elezione di Alberto, rettore della chiesa. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. C) e del 1387 (lib. I, s. XVI). Tra la fine del XIV e l’inizio del XV, a causa dello spopolamento del paese, anche la chiesa si troverà in declino, isolata e abbandonata, e le sue rendite assegnate al priore di Camaiore.

- Chiesa di San Michele di Corsanico; se ne ha una prima notizia in un documento del 15 marzo 81828 quando Ataprando del fu Machiprando cede ad Astruda, badessa del monastero di Santa Maria del Corso, due vigne nel luogo “Casisi” a confine con la terra della chiesa del Sant’Angelo. Riceve in permuta una vigna nello stesso luogo presso la nominata chiesa. Intorno all’850 sopravvive all’estinzione del monastero e passa alle dirette dipendenze del vescovo. In un documento del 10 aprile 90729, quando Urso del fu Ostrualdo riceve a livello dal vescovo Pietro la chiesa di San Michele arcangelo in Corsanico, ne abbiamo il titolo completo e l’ubicazione. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. CXL). Nel 1270 durante la guerra tra pisani e lucchesi, la chiesa viene completamente distrutta e ricostruita nel 1301, come attestato da un’epigrafe. È presente nell’estimo del 1387 (lib. II), che ci rivela la sua ricchezza.

- Chiesa di Sant’Andrea e Lorenzo di Pontemazzori; la dedica, comprensiva di Sant’Andrea, è conseguenza del trasferimento alla nuova chiesa del titolo di quella più antica, detta in “Canali”, distrutta nel corso del X secolo. Presente nell’estimo del 1260 (lib. LXX) e del 1387 (lib. I, s. II).

- Chiesa di Sant’Andrea di Mommio; derivata da un piccolo edificio religioso coevo del castello, è attestata per la prima volta in un documento del 123430, quando prete Savore, che abita nella chiesa di Mommio, chiede a don Bonaccorso

28 M.D.IV/2 d.18. 29 M.D.V/3 d.1100. 30 A.C.L. LL 9 c.141 v.

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(…) la denunzia di Veltro di Ramondino da Mommio (…). E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. CX) e del 1387 (lib. I, s. X).

- Chiesa di San Iacopo di Pedona; sorta probabilmente insieme al castello nell’XI secolo, una prima notizia ad essa relativa risale però al 13 giugno 118631, quando papa Urbano III conferma ai canonici di San Martino di Lucca, tra gli altri, i diritti posseduti sulla chiesa di Pedona. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. CLXXXX, la terza cifra più alta del piviere, dopo il monastero di San Pietro e la pieve) e del 1387 (lib. I, s. XV).

- Chiesa di Santa Barbara di Montecastresi, il cui titolo è stato trasferito in uno

degli altari della prioria di Santa Maria di Camaiore; si trovava presso il castello

di Montecastrese, risalente al X secolo. Nel 1225 circa, il castello viene distrutto e conquistato da Lucca, ma la chiesa, seppur distrutta o danneggiata irreparabilmente, ha ancora un patrimonio degno di imposizione, infatti è presente nell’estimo del 1260 (lib. XL). Nell’estimo del 1387 il patrimonio della chiesa, è annesso alla chiesa di San Michele del borgo di Camaiore. Nel XV secolo, la chiesa è ormai distrutta e il suo titolo è stato trasferito in uno degli altari della prioria di Santa Maria di Camaiore.

- Chiesa di San Biagio di Lombrici; la chiesa è citata, insieme all’abitato, in un documento del 1083. In un bolla del 28 aprile 118032 papa Alessandro conferma al monastero di San Pietro in Camaiore i beni e possedimenti, tra i quali la cappella di San Biagio di Lombrici. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. XXV) e del 1387 (s. XV).

- Monastero di Gello; fondato tra l’VIII e il IX secolo, è documentato per la prima volta in una pergamena del 18 novembre 114833, quando papa Eugenio scrive alla badessa Agnesa assicurandole la protezione pontificia e confermandone i possedimenti, che risultavano presenti anche a “Massa del Marchionis per l’ecclesia san Panchratii et San Remigi”, e le donazioni fatte da Iolicta quondam Ubaldi et Sigifredo de Bozano (feudatari della consorteria dei nobili di Bozzano),

31 R.C.L.II/1539.

32 A.S.L. Spedale San Luca. 33 Degli Azzi II/594.

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possibili patroni o forse fondatori del monastero. Ciò ci fa capire come il monastero avesse una notevole importanza e prosperità. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. CCL). Nella prima metà del XIV sec., la loro condizione era molto diversa rispetto ai secoli precedenti: il monastero di San Martino veniva unito a quello di San Marco de’ Borghi di Lucca e veniva chiesto al vescovo di Lucca di poter vendere alcuni beni per far fronte alle necessità. E’ ancora presente nell’estimo del 1387 (lib. II). Agli inizi del XV secolo si trovava ormai in declino e poco dopo la comunità religiosa delle benedettine di Gello cessava di esistere. - Monastero San Pietro di Camaiore; edificato insieme alla chiesa nella prima metà dell’VIII secolo. E’ probabilmente il più antico insediamento cristiano nella zona, dato che dal documento in cui il monastero è citato per la prima volta, del 5 febbraio 761, esso risulta già strutturato ed organizzato. Agli inizi del XII secolo, grazie anche alle generose elargizioni della contessa Matilde, la primitiva chiesa subisce una radicale trasformazione. Con un bolla del 28 aprile 118034 papa Alessandro pone il monastero sotto la protezione apostolica e ne i suoi beni e possedimenti, nonché la piena libertà di deputare i preti per officiare nelle chiese e cappelle indicate.35 È presente nell’estimo del 1260 (lib. MDCCCC); dalla somma che deve versare percepiamo la grande ricchezza e importanza del monastero. Nel 1329, verrà devastata a causa di un incendio e dei soldati tedeschi. E’ presente nell’estimo del 1387 (lib. XX). Dalla fine del XIV, dopo la partenza dei Benedettini, con gli ordini monastici succedutisi, e col ruolo sempre più preminente della Collegiata, inizierà il periodo di decadenza dell’abbazia.

- Ospedale San Vincenzo; in un documento del 27 febbraio 108636 vengono donati terreni per la costruzione dell’ospedale di San Vincenzo. Nella sopracitata bolla del 28 aprile 1180, papa Alessandro conferma beni e possedimenti al monastero di San Pietro di Camaiore, tra i quali la chiesa con l’ospedale di San Vincenzo. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. CLXX) e del 1378 (lib. I, s. XVI).

- Chiesa di San Michele del borgo di Camaiore; i dati archeologici ci hanno attestato una piccola chiesa databile alla fine del IX secolo, probabilmente al

34 A.A.L.*N4.

35 Bianchi P., La Badia di San Pietro presso Camaiore, Roma, 1950. 36 A.A.L. M89, F41.

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servizio dell’ospedale adiacente, della quale non sono riscontrabili testimonianze in documenti. Nell’XI l’edificio è abbandonato e demolito, probabilmente a causa di un incremento demografico che, alla metà del XII secolo, portò a ricostruire la nuova chiesa nello spazio adiacente, usando le pietre delle mura altomedievali rimaste. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. X). Nell’estimo del 1387 (lib. II, s. I, d. VI) il suo patrimonio sarà annesso alla chiesa di Santa Maria di Camaiore, alla chiesa di Santa Barbara di Montecastrese e alla chiesa di Santo Stefano di Montebello.

- Chiesa di Santa Maria del borgo di Camaiore; è stata costruita nella metà del XIII secolo, per soddisfare alle esigenze religiose dell’accresciuta popolazione del borgo di Camaiore. È presente nell’estimo del 1260 (lib. X). Nell’estimo del 1387 il patrimonio è annesso alla chiesa di San Michele del borgo di Camaiore. Il 2 gennaio 1387, con una bolla, papa Urbano VI accoglieva la richiesta dei camaioresi e concedeva loro di poter avere un fonte battesimale nel borgo, che di conseguenza significava il distacco di Camaiore dalla pieve.

- Monastero (o eremo) di Santa Maria de Episcopana; un primo documento che ne attesta l’esistenza è del 21 novembre 123637

, quando Iacopino converso della casa di Santa Maria Maddalena in “Episcopana” riceve da Palmerio del fu Salamone e da Bonaventura del fu Bonanno 10 lire. Nel corso del XIII secolo è in piena attività, come possiamo scorgere da altri documenti in cui il monastero è destinatario di lasciti e testamenti. E’ presente nell’estimo del 1260 (lib. XX) e del 1387 (s. III).

Come viene accennato nel capitolo introduttivo, il quadro è molto più articolato. Oltre alle dipendenze dichiarate dall’estimo, ci sono poi edifici che vengono visitati nonostante non siano dipendenti, come la chiesa di San Michele di Torcigliano, l’ospedale di Santa Maria Maddalena di Valpromaro, la chiesa di San Lorenzo di Pontemazzori, l’ospedale Sant’Antonio di Pedona, l’ospedale di San Lazzaro dei lebbrosi fuori le mura di Camaiore, l’ospedale e società di San Michele di Camaiore, l’ospedale Santa Maria di Camaiore.

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Estimo 1387 Visita pastorale

1465/1467

Dipendenza dichiarate

Visita pastorale

1465/1467

Chiese e luoghi pii visitati

Pieve di Camaiore Pieve di San Giovanni e Stefano di Camaiore

Pieve di San Giovanni e Stefano di Camaiore Chiesa di San Pietro di

Nocchi

Chiesa di San Pietro di Nocchi

Chiesa di San Pietro di Nocchi

Chiesa di San Michele di Gombitelli

Chiesa di San Michele di Gombitelli

Chiesa di San Michele di Gombitelli (unita alla pieve)

Chiesa di San Michele di Torcigliano

Chiesa di San Michele di Torcigliano (unita alla pieve)

Chiesa di San Bartolomeo del castello di Montemagno

Chiesa di San Bartolomeo del castello di Montemagno

Chiesa di San Michele

del borgo di

Montemagno

Chiesa di San Michele

del borgo di

Montemagno

Chiesa di San Michele di Montemagno

Ospedale di Santa Maria

Maddalena di

Valpromaro Ospedale di Montemagno Ospedale di Montemagno

Chiesa di San Martino di Bargecchia

Chiesa di San Martino di Bargecchia

Chiesa di San Martino di Bargecchia

Chiesa di San Lorenzo di Conca

Chiesa di San Lorenzo di Conca

Chiesa di San Lorenzo di Conca

Chiesa di San Michele di Corsanico

Chiesa di San Michele di Corsanico

Chiesa di San Michele di Corsanico

Ospedale di San Michele di Corsanico

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Chiesa di San Lorenzo (di Pontemazzori) Chiesa di Sant’Andrea e Lorenzo di Pontemazzori Chiesa di Sant’Andrea e Lorenzo di Pontemazzori Chiesa di Sant’Andrea e Lorenzo di Pontemazzori Chiesa di Sant’Andrea di Mommio Chiesa di Sant’Andrea di Mommio Chiesa di Sant’Andrea di Mommio

Chiesa di San Iacopo di Pedona

Chiesa di San Iacopo di Pedona

Chiesa di San Iacopo di Pedona

Ospedale Sant’Antonio di Pedona

(Chiesa di Santa Barbara di Montecastrese ormai distrutta, ma ha ancora un patrimonio) annesso alla chiesa di San Michele del borgo di Camaiore

(Chiesa di Santa Barbara di Montecastrese, ormai distrutta) il cui titolo è stato trasferito in uno degli altari della prioria di Santa Maria di Camaiore

Chiesa di San Biagio di Lombrici

Chiesa di San Biagio di Lombrici

Chiesa di San Biagio di Lombrici

Ospedale di San Lazzaro dei lebbrosi fuori le mura di Camaiore

Monastero di Gello Monastero di Gello Monastero di San Pietro

di Camaiore

Monastero di San Pietro di Camaiore

Ospedale e chiesa (di San Vincenzo)

Ospedale di San Vincenzo

Chiesa di San Vincenzo con l’ospedale

Società del Corpo di Cristo

Chiesa di San Michele del Borgo di Camaiore, con annesse la chiesa di

Chiesa di San Michele del borgo di Camaiore

Chiesa di San Michele di Camaiore

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Santa Maria del borgo di Camaiore, la chiesa di Santa Barbara di Montecastrese e la chiesa di Santo Stefano di Montebello

Ospedale e società di San Michele di Camaiore (Chiesa di Santa Maria

del Borgo di Camaiore) annessa a quella di San Michele del borgo di Camaiore

Chiesa di Santa Maria del borgo di Camaiore

Prioria di Santa Maria di Camaiore

- altare di Santa Barbara -altare

dell’Annunciazione - altare di San Nicola - altare del Corpo di Cristo

- altare di San Bartolomeo

- altare di San Iacopo e Filippo

- altare di Sant’Acconcio Ospedale di Santa Maria di Camaiore

Monastero (o eremo) di Santa Maria “de Episcopana”

Monastero (o eremo) di Santa Maria “de Episcopana”

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Pieve di Camaiore Giorno 3 febbraio 1467

Visita della pieve dei Santi Giovanni e Stefano di Camaiore della diocesi di Lucca La quale viene trovata consacrata con gli altari, quello maggiore e quello verso il Corpo di Cristo, di fronte al quale non c’è alcun pievano, ma il presbitero Giovanni di Checco cappellano di Camaiore, il quale non vuole tuttavia presentarsi di fronte al visitatore per conto del pievano Bartolomeo da Fermo, legislatore dei decreti, assente. Rende 300 staia di grano, 10 carri di vino, 10 salme di olio e 2 fiorini da affitti. Possiede anche cappelle in dote, unite in eterno alla pieve stessa. La pieve possiede le cappelle e i rettori scritti sotto:

- Chiesa di San Pietro di Nocchi - Chiesa di San Michele di Gombitelli

- Chiesa di San Bartolomeo del castello di Montemagno - Chiesa di San Martino di Bargecchia

- Chiesa di San Lorenzo di Conca - Ospedale di Montemagno

- Chiesa di San Michele di Corsanico

- Chiesa di Sant’Andrea e Lorenzo di Pontemazzori - Chiesa di Sant’Andrea di Mommio

- Chiesa di San Iacopo di Pedona

- Chiesa di Santa Barbara di Montecastresi, il cui titolo è stato trasferito in uno degli altari della prioria di Santa Maria di Camaiore

- Chiesa di San Biagio di Lombrici

- Chiesa di San Michele del borgo di Camaiore - Monastero di Gello

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- Monastero di San Pietro di Camaiore - Ospedale di San Vincenzo

- Chiesa di Santa Maria del borgo di Camaiore - Monastero di Santa Maria de Episcopana

La pieve viene trovata mal governata nelle cose sacre, riguardo il battesimo e l’estrema unzione, e il cappellano non riesce a far fronte alle richieste della pieve e delle cappelle unite ad essa. Alcuni addirittura non assolvono al precetto della comunione annuale. Perciò viene mandato il cappellano affinché affidasse al plebano alcune cose e al popolo altre. Inoltre viene scoperta una donna incantatrice, che si chiama Lucia, moglie di Angelo e figlia di Bella. A questa viene fatto rigettare il Corpo di Cristo e viene ordinato di non fare altri incantesimi, sotto pena del diritto, e si riserva il diritto di comando e punizione in altre cose. Nel giorno 25 marzo 1467 il pievano, o altri al suo posto, non ha ancora mostrato l’atto di nomina. Perciò viene imposto ad esso di mostrare i suoi titoli entro i prossimi tre 3 giorni, sotto pena di scomunica ed altre cose. Inoltre, poiché la canonica e i possessi concessi alla pieve sono in rovina, viene affidato allo stesso di riparare la canonica e di provvedere affinché i beni non siano lapidati, sotto pena di 25 fiorini entro l’anno. E provveda, entro il mese successivo, sotto pena della privazione di tutti i benefici, ad avere un cappellano che risieda stabilmente a Gombitelli e Torcigliano, e provveda che in quelle chiese, al popolo non manchi nessun rito sacro. Rende 40 staia di grano, 14 salme e mezzo di vino, 17 libbre e mezzo di olio e 1 libbra da affitti. Ha un’opera per cui compaiono come operai i sottoscritti:

- Marco Michetti, del suddetto luogo, è debitore [all’opera] per i tre anni in cui ha amministrato i beni fino al presente giorno, di 41 libbre dell’intera somma, calcolando che 1 libbra vale 12 bolognini, e ha, nell’anno 1466, 45 staia di grano, 9 salme di vino, 7 libbre di olio. Così fu dichiarato alla presenza del comune. Ugualmente, di fronte a un conto già saldato, per mezzo di Petro di Nibia, vicario del vescovo di Lucca, alla presenza di tutto il comune della pieve, in 10 fiorini, 36 bolognini e altre cose per quanto fu dichiarato alla presenza di tutto il comune;

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- Franco Guglermi delle Gonchie, abitante del comune della Pieve, è debitore, per cinque anni, in 26 fiorini, per un totale di 36 bolognini per fiorino, e così fu dichiarato in presenza di tutto il comune e di fronte a me notaio eccetera;

- Nicola Dini, del detto luogo, è debitore per gli anni della sua amministrazione di 20 fiorini, fino al totale sopra detto, di fronte al sindaco presente, del signor Antonio Nucorini, cittadino di Lucca, per l’anno 1440, dichiarato pubblicamente. E così fu dichiarato alla presenza del comune;

- Giuliano di Iacopo, ne fu operaio, per più anni e suo fratello Lorenzo, è debitore all’opera soprascritta di 16 fiorini, per 36 bolognini per fiorino, e così fu dichiarato alla presenza di tutto il comune, scritto pubblicamente dal signor Bartolomeo da Fermo.

Nel giorno 11 febbraio dell’anno 1467, 15 esima dichiarazione. Il signor visitatore conferma operai dell’opera della pieve per l’anno successivo Michele di Paolo e Guido di Bartolomeo del suddetto luogo, i quali giurano e promettono e si vincolano. L’atto avviene nella canonica della prioria di Camaiore alla presenza dei testimoni Leonardo di Agostino, priore della prioria soprascritta, e Camaiore

Pochelli di Camaiore. Io notaio Bartolomeo eccetera.

Giorno 3 febbraio anno della natività del Signore 1467 Visita alla Chiesa di San Michele di Montemagno

La quale viene trovata piovosa e consacrata con due altari, di fronte ai quali comparve come rettore il presbitero Iacopo di Antonio Monti e mostra il titolo con cui gli fu affidato il mandato. Interrogato se è curata, risponde di si; interrogato sul valore, risponde che rende 100 staia di grano, 1 carro di vino e 3 salme di olio o 36 fiorini. Riguardo alla persona dello stesso presbitero, viene trovato sufficientemente idoneo a ciò che gli fu affidato, ossia a conoscere gli articoli di fede; riguardo al popolo, vengono trovati abbastanza cattolici. La chiesa ha un’opera del valore di mezzo staio di grano e 4 libbre di olio, e per quest’opera compare Francesco di Roberto, abitante di Montemagno, che è debitore all’opera di 9 fiorini e 21 bolognini e possiede la quantità d’olio, che è stato raccolto in quest’anno 1466. Esso viene confermato operaio per l’anno successivo, giurando,

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promettendo e vincolandosi. Atto in Camaiore, nella canonica del priore, alla presenza dei testimoni Cristoforo di Bartolomeo Orsucci di Camaiore e Iacopo Papi di Montopoli [Valdarno]. Io notaio Bartolomeo sottoscrissi eccetera. A questo operaio viene affidato di riparare la chiesa entro la festa di San Michele di settembre, sotto pena di 10 ducati, di fare l’inventario e di provvedere ad avere un tabernacolo per la conservazione continua del Corpo di Cristo entro la pasqua, sotto pena di scomunica.

Giorno 4 febbraio 1467

Visita all’ospedale di Santa Maria Maddalena di Valpromaro

Che si trova fra Montemagno e Valle Primaria [= Valpormaro], viene trovato scoperchiato e rovinato, del quale era rettore il presbitero Iacopo di Antonio Monti, il quale si presenta e dice che l’ospedale era unito alla chiesa di Montemagno. A esso viene affidato di celebrare una messa almeno una volta all’anno.

Giorno 22 marzo 1467 Visita alla chiesa di San Lorenzo

La quale viene trovata senza tetto e con l’altare rovesciato, così viene affidato al presbitero Cristoforo di costruire un altare e di celebrare una messa all’anno, sotto pena di scomunica.

Visita della chiesa di Sant’Andrea e San Lorenzo di Pontemazzori

La quale viene trovata scoperta, con altare consacrato. Il rettore è il presbitero Cristoforo di ser Michele da Lucca, il quale mostra il titolo che gli fu affidato. Interrogato sul valore, risponde che rende [manca]. Poiché viene trovata mal governata nei riti divini, viene affidato al suddetto presbitero Cristoforo di provvedere affinché non mancassero ne l’ufficiatura né l’amministrazione dei sacramenti, sotto pena di 10 fiorini.

Giorno 13 febbraio 1467. Ha un’opera per la quale compare come operaio Giovanni Domenico di Pontemazzori, il quale è debitore per 106 lire e 12 soldi,

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computando 36 bolognini per un fiorino, per gli ultimi sei anni. A lui viene affidato di riparare i campanile affinché non vi piova, sotto pena di 4 fiorini.

Giorno 4 febbraio 1467

Visita alla chiesa di San Pietro di Nocchi della pieve soprascritta

La quale viene trovata sufficientemente ben disposta; è consacrata con un altare maggiore, di fronte al quale compare come rettore Bertone di Antonio da Vagli di Sopra, vicario di Castelnuovo di Garfagnana e mostra il titolo che gli fu affidato. Interrogato se è curata, risponde di si; interrogato se è battesimale, risponde di no; interrogato riguardo il valore, risponde che rende [manca]. Riguardo alla persona dello stesso presbitero, viene trovato [manca]. Riguardo la fede del popolo, vengono trovati [manca]. Viene consacrato l’altare maggiore e benedetta la chiesa dal visitatore il giorno 21 marzo 1467, dichiarazione 15. Ha un’opera del valore di 56 staia di grano, per la quale compaiono come operai i sottoscritti:

- Eustachio Belli, debitore [all’opera] per l’anno 1464, di 90 monete fiorentine et

propterea assignavit unam petiam terre manu publica ser Bartholomei de Massagrogia notarii dicte curie et cetera;

- Paolo di Antonio e Domenico di Antonio, debitori di 161 solidi per l’anno 1466, per quanto fu dichiarato alla presenza di tutto il comune di Nocchi;

- il maestro Domenico di Pietro di Nocchi, debitore di 20 fiorini per 36 bolognini per fiorino.

Giorno 4 febbraio anno della natività del Signore 1467 Visita alla chiesa di San Michele di Torcigliano

La quale viene trovata un po’ piovosa e curata. È governata dal cappellano della pieve, alla quale la chiesa è unita. Tuttavia non si presenta nessuno, così viene intimato al pievano di esibire, entro tre giorni dalla notifica [=25 marzo 1467], il titolo del suo beneficio, sotto pena di scomunica. La chiesa è malgovernata nell’ufficiatura e nell’amministrazione dei sacramenti, per cui viene affidato di provvedere, sotto pena di 10 fiorini.

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Giorno 4 febbraio 1467

Viene affidato agli uomini e alla comunità di Torcigliano di provvedere entro 8 giorni perché non crolli la grande trave del tetto che è rotta, sotto pena di scomunica e viene affidato al rettore di sostituirla entro 3 mesi dal giorno che fu notificata, il 28 marzo 1467.

Giorno soprascritto

Visita alla chiesa di San Michele di Gombitelli

La quale viene trovata abbastanza in buono stato. Il rettore è Bartolomeo da Fermo, pievano della pieve soprascritta, ed è curata. È governata dal cappellano della soprascritta pieve. È unita alla pieve e manca dell’ufficiatura. Viene intimato al rettore delle chiese di Torcigliano e Gombitelli di nominare, entro il mese di aprile, un cappellano che risieda stabilmente in una delle due chiese, sotto pena di privazione, e di provvedere a trovare un sacerdote che faccia le confessioni e comunichi con il popolo, sotto pena di scomunica. Il visitatore condanna tuttavia gli uomini e il comune di Gombitelli e di Torcigliano al sostentamento del cappellano di 20 staia di grano per quell’anno.

Giorno 5 febbraio anno della natività del Signore 1467 Visita alla chiesa di San Iacopo di Pedona pievano soprascritto

Per la quale compare come rettore il presbitero Simone di Francesco da Giubbana e mostra il titolo che gli fu affidato. La chiesa viene trovata consacrata con un altare maggiore. Interrogato se è curata, il rettore risponde di si; interrogato sul valore risponde che rende 137 staia di grano, 51 libbre di olio, 1 carro di vino e 2 carri di fieno; riguardo alla persona dello stesso presbitero, viene trovato sufficientemente adatto, ma gli viene affidato di imparare gli articoli di fede; riguardo al popolo, vengono trovati sufficientemente cattolici, ad eccezione di alcuni ai quali viene ordinato che fossero ammoniti sotto pena di scomunica, che condividano e siano partecipi e non travino altri sotto pena del diritto. Ha un’opera che rende 1 barile di vino e 24 staia di grano. Ha un’opera per la quale compaiono i seguenti operai:

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- Andrea Turelli di Pedona, il quale ha fatto un buon lavoro nel tempo del suo incarico. Viene affidato agli operai di tenere la lampada accesa di fronte al Corpo di Cristo, sotto pena di 10 fiorini, così al presbitero sopra detto, di tenere il Corpo di Cristo sotto stessa pena, e di fare l’inventario;

- Biagio di Antonio di Pedona, debitore [all’opera] di 11 fiorini, per 36 bolognini per fiorino per quanto fu dichiarato, alla presenza del comune;

- Giovanni di Bagnacavallo, debitore di 6 fiorini;

- Matteo Santucci di Fapeggio, debitore di 1 fiorino, [=calcolando che ogni fiorino equivale a] per 4 bolognini;

- gli eredi di Nelli, debitori di 10 fiorini e mezzo e 43 staia di grano; - gli eredi di Nicolao Pellegrini, debitori di 40 staia di grano.

E così tutti furono dichiarati alla presenza dell’intero comune. Tutti questi debitori vengono trovati a non aver nessun bene, così venne istituito un camerario che esigesse i pagamenti nel tempo.

Giorno 5 febbraio anno della natività del Signore 1467

Visita alla chiesa di San Michele di Corsanico della pieve soprascritta Per la quale compare come rettore il presbitero Nicolao di Iacopo da Camaiore e mostra il titolo che gli fu affidato. Interrogato se è curata, risponde di si, e viene trovata consacrata con l’altare maggiore; interrogato se è battesimale, risponde di no; interrogato sul valore, risponde che rende 80 staia di grano, 2 carri di vino e 6 salme di olio. Riguardo alla persona dello stesso presbitero, viene trovato sufficientemente idoneo. A questo gli viene affidato di insegnare gli articoli e di non partecipare ad alcuno gioco, sotto pena di provvedimenti. Riguardo al popolo, vengono trovati cattolici, tranne alcune eccezioni, ammoniti sotto pena di scomunica.

Ha un’opera per la quale compaiono gli operai Cristoforo Aluizi del suddetto luogo, il quale reddidit computum bonum et restat habere bologninos XXV. Lo stesso giorno soprascritto viene confermato l’operaio Bartolomeo Nanni di Martino per l’anno successivo, dalle calende di Gennaio, e sottoscrisse, giurò,

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