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Studio monocentrico osservazionale prospettico sulla distribuzione di anomalie dentarie nei soggetti affetti da cheilognatopalatoschisi, afferenti al "Percorso Labiopalatoschisi"dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare

e dell’Area Critica

Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

Tesi di Laurea:

Studio monocentrico osservazionale prospettico sulla

distribuzione di anomalie dentarie nei soggetti affetti da

labiopalatoschisi,

afferenti al “Percorso Labiopalatoschisi” dell’Azienda Ospedaliera

Universitaria Pisana.

RELATORE

Chiar.ma Prof.ssa Maria Rita Giuca

CANDIDATO

Maria Chiara Mariniello

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INDICE

INTRODUZIONE ... 5 LA LABIOPALATOSCHISI ... 6 1.1 Definizione ... 6 1.2 Classificazione ... 7 1.3 Embriologia ... 14 1.4 Epidemiologia... 19

1.5 Eziologia e fattori di rischio ... 23

1.5.1 Fattori di rischio genetici (o fattori di suscettibilità) ... 23

1.5.2 Fattori di rischio ambientali ... 26

1.6 Protocollo di approccio multidisciplinare del “Percorso di Labiopalatoschisi” presso l’Ospedale S.Chiara di Pisa ... 31

1.7 Quadri clinici ... 38

CAPITOLO II: IL PROTOCOLLO CHIRURGICO PISANO ... 43

2.1 Il protocollo ... 43

2.1.1. Sinechia labiale preliminare (lip adhesion) ... 45

2.1.2. Sinechia labiale temporanea modificata secondo Randall-Graham ... 46

2.1.3. Cheiloplastica e periosteoplastica ... 47

2.1.4. Correzione primaria delle deformità nasali ... 49

2.1.5. Palatoplastica ... 49

2.1.6. Interventi secondari ... 51

2.2 Protocollo integrato chirurgico-ortodontico ... 54

2.2.1. Ortopedia infantile prechirurgica ... 55

2.2.2. Trattamento in fase di dentatura decidua tardiva e dentizione mista precoce ... ………...56

2.2.3. Trattamento in fase di dentizione mista tardiva-dentatura permanente precoce ... ………58

2.2.4 Trattamento durante l’adolescenza ... ………59

2.2.5. Trattamento a fine crescita ... ………60

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3.1 Definizione ed eziologia ... 62

3.2 Classificazione delle anomalie ... 62

3.2.1. Anomalie di numero ... ……….63 3.2.2. Anomalie di sviluppo ... ………67 3.2.3. Anomalie di struttura ... ………69 3.2.4. Anomalie di volume ... ……….72

3.2.5. Anomalie di eruzione, sede e posizione ... ………72

3.3 Le anomalie dentarie nei pazienti con labiopalatoschisi ... 75

CAPITOLO IV: SCOPO DELLO STUDIO ... 81

CAPITOLO V: ... 81 RISULTATI ... 89 DISCUSSIONE ... 104 CONCLUSIONE... 112 BIBLIOGRAFIA ... 113 RINGRAZIAMENTI ...

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INTRODUZIONE

La cheilognatopalatoschisi è un’embriopatia congenita che colpisce il distretto oro-facciale. La mancata fusione, infatti, dei processi mascellare e frontonasale durante la vita intrauterina

comporta il manifestarsi di una schisi, ossia un’interruzione anatomica che coinvolge il palato (nella sua componente ossea e/o mucosa), il filtro labiale e, talvolta, la parte anteriore delle cavità nasali.

Questa patologia malformativa può manifestarsi in forma isolata o in associazione ad altre anomalie congenite o di sviluppo: in questo caso si parla di “forma sindromica”.

I pazienti affetti possono avere problemi di alimentazione, di fonazione, di udito, dentali e di integrazione sociale; ciò comporta, di conseguenza, un notevole impatto sia dal punto di vista delle spese sanitarie a breve e lungo termine sia dal punto di vista sociale.

In virtù, dunque, della sua complessità, la cheilognatopalatoschisi richiede un approccio

multidisciplinare integrato in cui si intersecano diverse figure professionali quali chirurgo plastico, otorinolaringoiatra, logopedista, ortodontista e psicologo.

Coerentemente con quanto detto sino ad ora lo studio oggetto di questa tesi si prefigge di indagare la malformazione da un punto di vista clinico.

Più nello specifico, con una metodologia standardizzata, vengono esaminate l’incidenza e la tipologia delle anomalie dentarie che si accompagnano alla schisi, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, e di come queste influiscano nell’iter decisionale del protocollo terapeutico.

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Il presente studio si prefigge inoltre di indagare se sesso e tipo di schisi influenzino il verificarsi delle anomalie dentarie.

CAPITOLO I: LA LABIOPALATOSCHISI

1.1 Definizione

La cheilognatopalatoschisi, nel linguaggio comune labiopalatoschisi o “labbro leporino”, è una delle principali patologie malformative congenite che interessano il distretto cranio facciale.

Si manifesta clinicamente come una schisi, ossia una fenditura che, come indica l’etimologia della parola, può interessare il labbro (-cheilo), l’osso mascellare (-gnato) e il palato, creando una soluzione di continuità tra questi segmenti anatomici.

L’eziopatogenesi è da ricercarsi nella mancata saldatura durante la vita intrauterina di due abbozzi tissutali che concorrono alla formazione del labbro superiore, dell’arcata mascellare e del palato: il processo mascellare e il processo fronto-nasale.

Viste le molteplici problematiche che si accompagnano a questa condizione e che riguardano l’ alimentazione, la fonazione, l’udito, gli elementi dentari e l’integrazione sociale, si richiede l’intervento di un team multidisciplinare [1].

In particolare, per ciò che concerne il trattamento delle più comuni e frequenti forme di labiopalatoschisi si fa riferimento alle disposizioni e raccomandazioni contenute nelle Linee Guida del Ministero della Salute che affermano: “La labiopalatoschisi deve essere trattata da una equipe

multidisciplinare di specialisti, nel rispetto dello specifico protocollo di trattamento condiviso all’interno dell’équipe”. [2]

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L’iter assistenziale inizia già prima della nascita, allorché la diagnosi ecografica prenatale, oggi possibile fin dal quinto mese di vita, determina l’attivazione delle procedure assistenziali con la comunicazione alla famiglia della diagnosi.

La catena degli interventi professionali specialistici prevede poi, in prima istanza, il coinvolgimento del neonatologo-pediatra e del genetista clinico i quali dovranno approfondire e meglio precisare la diagnosi alla famiglia.

Alla nascita si rende necessario l’intervento di un chirurgo, che programma ed esegue le operazioni correttive basate la maggior parte delle volte sul ricercare sui due lati della schisi le strutture anatomiche che non si sono unite (cute, mucosa, muscoli e ossa) e ricollocarle correttamente ricreando la continuità mancante; meno frequentemente è invece prevista l’apposizione di nuovi tessuti nella sede del difetto in quanto generalmente già presenti e solo non saldatesi durante l’embriogenesi.

A queste figure professionali elencate finora se ne affiancheranno poi altre al fine di seguire il paziente sotto ogni aspetto clinico correlato alla patologia; tra queste si annoverano: consulente per l’allattamento, logopedista, otorinolaringoiatra, odontoiatra e psicologo (il cui intervento dovrebbe essere esteso al nucleo familiare in toto).

1.2 Classificazione

Esistono diverse tipologie di classificazioni delle schisi che rappresentano un metodo estremamente utile sia per capire la severità della malformazione e inserire quindi il paziente in un iter terapeutico più o meno aggressivo in termini di numero e tipologia di intervento chirurgico, sia per facilitare la diagnosi e la gestione della patologia.

Un primo tipo di classificazione è quella che prende in considerazione l’evoluzione embriologica del massiccio facciale e che permette di distinguere tre macrogruppi di schisi: schisi anteriori, schisi posteriori e schisi anteriori e posteriori. [3]

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• Cheiloschisi o labioschisi: schisi limitate al solo labbro superiore. Queste a loro volta possono essere

-complete: schisi che coinvolgono l’intero labbro superiore fino al vestibolo del naso; inducono un collasso dell’ala del naso verso il lato della schisi

-incomplete: schisi che coinvolgono vermiglio e prolabio senza interessare il pavimento della narice; possono indurre una deviazione laterale modesta dell’ala del naso

-miste: labioschisi bilaterali che presentano una forma completa da un lato e incompleta dall’altro.

Esistono inoltre altre forme particolari di labioschisi, tra queste:

-labioschisi sottocutanea (o forma frusta) in cui il muscolo orbicolare è interrotto ma la cute e la mucosa del labbro sono integre

-labioschisi cicatriziale (o labbro leporino) in cui il labbro non è fissurato ma presenta una linea verticale di aspetto cicatriziale od un lieve solco che può ricordare l'esito di un intervento riparativo

• Gnatoschisi: schisi che interessano il mascellare

• Cheilognatoschisi (CGS): schisi che interessano sia il mascellare che il labbro superiore B) Schisi Posteriori:

• Uranoschisi: schisi che interessano il palato duro in maniera isolata

• Uvulostafiloschisi o Veloschisi: schisi che interessano il palato molle in maniera isolata

• Uranouvulostafiloschisi: schisi che interessano sia il palato duro che il palato molle Si può inoltre operare una suddivisione più nello specifico delle schisi palatine in due gruppi:

-schisi del palato primario: si associano generalmente alle cheiloschisi e interessano il palato anteriore con l’arcata alveolare in prossimità dell’incisivo superiore

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-schisi del palato secondario o palatoschisi isolate (Cleft Palate Only, CPO o Cleft Palate

Isolated, CPI): posteriori al forame incisivo, possono interessare in maniera isolata o

combinata palato duro, palato molle e ugola.

Un particolare tipo di schisi che si annovera nel gruppo delle schisi posteriori è la

palatoschisi sottomucosa: il palato è apparentemente integro, ma i fasci muscolari

sottostanti non si sono saldati sulla linea mediana.

A volte può essere rilevata alla palpazione digitale come una depressione nel palato. Molto spesso a questa forma si associa anche l’ugola bifida, cioè scissa a causa della mancata fusione palatina.

In base alla forma, le schisi palatine possono essere: -a “V”: presente maggiormente nelle forme isolate

-a “U”: più comune nella sequenza di Pierre-Robin ed in generale nelle schisi sindromiche.

C) Schisi Anteriori e Posteriori

• Cheilognatopalatoschisi (CGPS): schisi che interessano il labbro superiore, il mascellare e il palato; se interessano solo il palato primario si parla di CGPS

incomplete, se interessano anche il palato secondario si parla di CGPS complete.

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Figura 1: Rappresentazione schematica dei vari tipi di schisi: dall’alto verso il basso abbiamo A)

aspetto normale; B) labioschisi monolaterale sinistra; C) labioschisi bilaterale; D) ugola bifida; E) schisi monolaterale sinistra del palato; F) schisi bilaterale del palato; G) cheilognatoschisi incompleta monolaterale sinistra; H) cheilognatoschisi completa unilaterale; I) cheilognatoschisi

incompleta bilaterale; L) cheilognatoschisi completa bilaterale [4]

Un secondo tipo di classificazione che si potrebbe operare è quella anatomico-clinica che riconosce due macrocategorie:

• Labioschisi con o senza palatoschisi (Cleft Lip with or without cleft Palate, CL/P): che colpisce il labbro superiore e può interessare il processo alveolare, palato duro e il palato molle.

• Palatoschisi isolata o schisi del palato secondario (Cleft Palate Only, CPO o PS): che comprende unicamente le strutture che si originano dal palato secondario (palato duro posteriore al foramen incisivo e palato molle)

Le prime implicano un’anomalia a carico del palato primitivo mentre le seconde a carico del palato secondario. [5] [6]

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Inoltre, dati recenti suggeriscono che schisi del labbro con schisi del palato e schisi del solo labbro potrebbero avere basi genetiche differenti. [7] [8]

Se la schisi si associa poi ad anomalie congenite o di sviluppo si può operare un’ulteriore

classificazione in forme sindromiche e non sindromiche (o isolate): distinguere le schisi sindromiche

da quelle non sindromiche è essenziale negli studi di associazione; in quanto le prime sono tendenzialmente malattie mendeliane, mentre le seconde sono patologie complesse, ad eziologia multifattoriale, in cui sono coinvolti sia fattori genetici sia fattori ambientali. [9]

E’ stato osservato che circa il circa il 70% dei casi di CL/P e circa di il 50% dei casi di CPI si presentano in assenza di altre anomalie, quindi in forme isolate.

I restanti casi possono associarsi o meno con una delle seguenti sindromi che colpiscono il distretto testa collo [10]:

- Sindorme di Van der Woude: condizione genetica dismorfica congenita rara, caratterizzata da fistole paramediane sul labbro inferiore, labioschisi con o senza palatoschisi, o palatoschisi isolata; nei pazienti affetti da schisi ha una prevalenza di circa il 2%.

- Sindrome o sequenza di Pierre Robin: condizione caratterizzata da una triade di anomalie della morfologia orofacciale, ovvero retrognazia, glossoptosi e schisi della parte mediale posteriore del palato molle

-Schisi associate a displasia ectodermica: gruppo di problematiche che derivano da anomalie strutturali dell’ectoderma; tra queste la sindrome EEC (ectrodattilia-displasia ectodermica-schisi), la sindrome AEC (sindrome con anchiloblefaron-displasia ectodermica-schisi) e la RHS (sindrome di Rapp-Hodgkin)

- Anomalie cromosomiche: a) da delezione, come la sindrome da delezione 22q11.2 o sindrome velo-cardio-faciale, b) numeriche, come la sindrome di Patau (trisomia 13), sindrome di Edwards (trisomia 18) e sindrome di Down (trisomia 21)

-Sindrome di CHARGE, sindrome di VACTERL/VATER e sindrome di Goldenhar: patologie rare che possono essere caratterizzate secondariamente da schisi orofacciali (labio/palato schisi)

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Nel corso degli anni poi vari autori hanno proposto numerose classificazioni.

1) Classificazione di Davis e Ritchie (1922): dividono le schisi in tre gruppi basandosi sulla posizione di quest’ultime rispetto al processo alveolare [11]

• Schisi prealveolari (o labiali, mono- o bilaterali) • Schisi postalveolari (o palatali)

• Schisi alveolari (o complete)

Figura 2: “Classificazione di Davis e Richie”

2) Classificazione di Veau (1931) [12]: divide le schisi in quattro gruppi morfologici ed è una delle più adottate per via della sua semplicità

• Schisi del palato molle

• Schisi del palato duro e molle, posteriormente al forame incisivo

• Schisi del palato molle e del palato duro che si estendono unilateralmente attraverso l’alveolo

• Schisi del palato molle e del palato duro che si estendono bilateralmente attraverso l’alveolo

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Figura 3: “Classificazione di Veau”

3) Classificazione di Kernahan (1971) [13]: questo autore propone una classificazione di tipo grafico a forma di Y allungata (striped Y) nella quale vengono rappresentate simbolicamente le varie forme di schisi.

Figura 4: “Classificazione di Kernhan” 1-labbro destro

2-alveolo destro;3-premaxilla destra;4-labbro sinistro; 5- alveolo sinistro; 6 -premaxilla sinistra; 7 -palato duro; 8-palato molle ; 9 -ugola

Negli anni si sono succedute diverse modificazioni di questa classificazione, una di queste è quella proposta da Millard e ancora oggi usata nell’Azienda Ospedaliera Pisana (AOUP).

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Figura 5: “Striped Y modificata da Millard”.

1.3 Embriologia

La regione orofacciale, così come il resto dell’organismo, si origina a partire da tre foglietti embrionali (o germinativi): ectoderma, mesoderma ed endoderma.

Lo sviluppo della faccia e, più nello specifico, delle strutture interessate dalla schisi, si verifica per la maggior parte tra la V e VIII settimana di vita intrauterina, per completarsi definitivamente verso la X settimana.

Le strutture primariamente coinvolte sono gli archi faringei (o branchiali) che compaiono tra la IV e la V settimana di vita intrauterina: originariamente sei, anche se il quinto viene riassorbito quasi subito, gli archi faringei sono strutture costituite da uno scheletro mesodermico rivestito esternamente e internamente da epiteli che originano rispettivamente dall’ ectoderma e dall’endoderma.

Sulla superficie esterna sono separati da fessure, definiti solchi branchiali, rivestite da epitelio di origine ectodermica e con capacità organogenetica.

Analogamente, sulla superficie interna, esistono strutture analoghe formate da introflessioni endodermiche: le tasche branchiali.

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Nella zona mediana dell’embrione il primo solco e le prime due tasche si ricongiungono concorrendo alla distinzione dei primi due archi branchiali.

Alla fine della IV settimana di vita intrauterina compare, in corrispondenza del centro della faccia dell’embrione, una depressione: lo stomodeo (o bocca primitiva dell’embrione).

Questo è delimitato da protuberanze, definite “processi” o “bottoni”. Nello specifico:

-Processi Mandibolari: pari, localizzati caudalmente, migrano verso il centro unendosi in un unico processo e formando il pavimento della cavità orale primitiva

-Processi Mascellari: rilievi triangolari simmetrici localizzati lateralmente, rappresentano le pareti laterali dello stomodeo.

Questi primi due processi originano entrambi dal primo arco branchiale.

-Processo Frontonasale: protuberanza impari posta cranialmente allo stomodeo, di cui costituisce il tetto; si origina dalla proliferazione del mesenchima posto ventralmente alle vescicole encefaliche e si fonde simmetricamente con i processi mascellari che originano dal primo arco.

Questi cinque processi facciali sono responsabili dello sviluppo dell’aspetto della faccia.

Alla fine della IV settimana sui due lati del processo frontonasale originano due ispessimenti ectodermici che prendono il nome di placoidi olfattivi; il mesoderma che li circonda prolifera formando i processi nasali.

Nel corso della V settimana i placoidi nasali si invaginano formando le fosse nasali, ciascuna delimitata da due processi nasali, mediale e laterale. [14] [15] [16]

Tra la VI e la VII settimana di sviluppo i processi mascellari aumentano di dimensioni fino a comprimere i processi nasali mediali sulla linea mediana: i processi nasali mediali si fondono tra loro e con i processi mascellari.

La risultante di questa fusione prende il nome di segmento intermascellare, formato da tre componenti:

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-Labiale, che formerà il filtro del labbro superiore -Palatina, che formerà il palato primitivo.

Durante la VI settimana a partire dai processi mascellari si formano i processi palatini, responsabili della formazione del palato secondario (porzione del palato posteriore al forame incisivo).

Inizialmente i processi palatini crescono verso il basso ai lati della lingua poi, durante la VII settimana si orizzontalizzano spostandosi verso l’alto e portando la lingua a posizionarsi più verso il basso nella cavità orale.

Sembra esserci una differenza però per quanto riguarda i tempi in cui avviene l’orientalizzazione dei processi palatini: nel maschio il processo avviene durante la VII settimana mentre nelle femmine nella metà dell’VIII e questo potrebbe spiegare il perché queste hanno una maggior incidenza di schisi del palato secondario.

Tra l’VIII e la X settimana i processi palatini si fondono tra loro sulla linea mediana in senso antero-posteriore, col setto nasale superiormente e con il palato primitivo anteriormente, dal quale risultano separati grazie alla presenza del forame incisivo. [17]

L’ossificazione del mesenchima, che si verifica nella parte anteriore del palato, dà luogo alla formazione del palato duro mentre la differenziazione in senso muscolare nella parte posteriore dà luogo alla formazione del palato molle.

Contemporaneamente alla medializzazione dei processi palatini dalla prominenza frontonasale si diparte un processo che costituirà il setto nasale e che, alla fine della sua crescita, si inserirà nel contesto della cresta palatina andando a dividere le cavità nasali.

Ciascuno dei processi facciali dà origine anche a regioni specifiche del naso: il processo frontale formerà il dorso; i processi nasali mediali formeranno la cresta, la punta e la columella; i processi nasali laterali daranno vita alle ali del naso.

Infine, dall’unione dei processi mandibolari sulla linea mediana, avranno origine la mandibola e il labbro inferiore.

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Difetti originatesi durante i processi di formazione e fusione sopra descritti possono dare origine a una schisi, la cui tipologia dipende dai processi coinvolti.

Schisi labiali mono o bi laterali si originano dalla mancata fusione rispettivamente di uno o entrambi i processi nasali mediali con uno o entrambi i processi mascellari; schisi del palato si verificano per la mancata fusione dei processi palatini, la cui forma più grave è causata dalla mancata fusione dei processi palatini con il setto nasale.

Oltre che una mancata fusione dei processi facciali le schisi del palato possono essere causate anche da un mancato abbassamento della lingua; dalla crescita ridotta o dal mancato innalzamento dei processi palatini.

Figura 7: Rappresentazione schematica di a) stomodeo; b) processi nasali mediali e laterali; c)

naso primitivo; d)-e)-f) i tre stadi di fusione dei processi palatini; si noti come, inizialmente i processi palatini laterali siano disposti verticalmente e poi si orizzontalizzino per fondersi quindi,

sulla linea mediana

Un discorso a parte merita invece lo sviluppo dei denti. [18] [19]

L’odontogenesi comincia intorno alla VI-VII settimana di vita intrauterina e consta di quattro stadi. Il primo è lo stadio della lamina dentale durante il quale le due arcate sono costituite da un ispessimento dello strato ectodermico di rivestimento, la lamina dentale appunto.

In alcuni punti della lamina dentale, nelle aree cioè corrispondenti ai futuri denti decidui, intorno all’VIII settimana le cellule ectodermiche si approfondano nel mesenchima costituendo un aggregato

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cellulare a forma di gemma, la gemma dentale, attorno alla quale si sviluppa un massiccio addensamento di cellule mesenchimali.

Le prime gemme che appaiono sono quelle del segmento anteriore della mandibola, mentre la comparsa dell’intera dentizione provvisoria si verifica nel 2° mese di vita intrauterina.

Questo processo prende il nome di stadio della gemma.

All’XI settimana comincia lo stadio a cappa durante il quale la gemma dentale si trasforma, per invaginazione della superficie profonda dell’epitelio, in una struttura a forma di “cappa” appunto, chiamata organo dello smalto; al suo interno è possibile distinguere due lamine epiteliali, una interna e una esterna.

Fra i due epiteli permangono numerose cellule immerse in una matrice intercellulare definita reticolo dello smalto (o stellato).

Attorno all’organo dello smalto si forma il sacco o follicolo dentale, un denso manicotto cellulare che, al di sotto dell’epitelio interno, forma la papilla dentale.

L’organo dello smalto, il follicolo e la papilla dentale insieme costituiscono il germe dentale.

Dall’organo dello smalto origineranno le componenti ectodermiche dei denti dei denti decidui (o prima dentizione); i primi abbozzi dentari che si formano sono quelli del settore mandibolare anteriore e durante il 2° mese di sviluppo si formano i restanti abbozzi decidui.

Invece i denti permanenti che sostituiranno i corrispettivi decidui si formano da abbozzi posti su un prolungamento che si origina dal lato linguale di ciascun organo dello smalto (lamina dentale secondaria).

I denti permanenti monofisari si sviluppano da abbozzi che proliferano da un prolungamento distale della lamina dentale (lamina accessoria).

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Figura 8: Immagine delle varie componenti della lamina dentaria viste in sezione

(da:“Embriologia e Istologia del cavo orale”)

Il quarto e ultimo stadio è quello a campana che si verifica intorno alla XIV settimana, così chiamato per la forma che assume l’organo dello smalto.

Inizia ora la morfogensi della corona dentale, la cui forma si delinea per la disposizione che assumono le cellule dell’epitelio interno dell’organo dello smalto; il processo è guidato dalla papilla dentale. Verso la XVIII settimana l’odontogenesi si conclude con i processi di amelogenesi e dentinogenesi, a seguito dei quali origineranno i tessuti duri del dente: le cellule dell’epitelio interno si differenziano in ameloblasti e odontoblasti.

Durante questa fase la lamina dentale si frammenta e si perde quindi il contatto dell’organo dello smalto con l’epitelio di rivestimento.

1.4 Epidemiologia

Le schisi orofacciali sono tra le più frequenti malformazioni congenite al mondo presentandosi con un’incidenza, in Europa, di 1:700 nati vivi in media. [20] [21] [22] [23] [24]

E’ importante ricordare che questa è una stima indicativa influenzata da diversi fattori, quali: la razza, il paese di provenienza, lo stato socioeconomico e l’esposizione a fattori ambientali.

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I Paesi con un’incidenza più elevata sono America Latina (36:10 000 nati vivi), Cina (17/10 000 nati vivi) e Giappone (21/10 000 nati vivi); al contrario, le popolazioni africane hanno un tasso di prevalenza relativamente basso (3/10 000 nati). [25]

Quanto affermato è maggiormente vero per le CL/P, invece le CPI hanno un’eterogeneità minore con un’incidenza di 1:1500-2000 nati vivi.

L’alto tasso di variabilità riscontrato nei diversi gruppi etnici, può essere riconducibile al fatto che la malformazione sia correlata al complesso poligenico che regola l’ampiezza del volto.

Questo potrebbe confermare la maggiore influenza dei fattori genetici rispetto ai fattori ambientali nell’eziopatogenesi della schisi, come testimonia il fatto che gruppi etnici diversi, che condividono la stessa area geografica, sottoposti alle stesse influenze ambientali, presentino una diversa suscettibilità alla patologia.

Un’altra significativa differenza di distribuzione si riscontra anche tra i due sessi: infatti le CPI sono più comuni nelle femmine con un rapporto M:F=1:2, mentre le CL/P sono più comuni nei maschi con un rapporto M:F tra 2:1 e 1:1. [26]

Questa differenza potrebbe essere riconducibile al fatto che le lamine palatine passano dalla posizione verticale a quella orizzontale prima negli embrioni maschili e poi in quelli femminili; per contro, il rapporto tra i due sessi non risulta essere influenzato più di tanto dalla razza e dalla latitudine. L’incidenza di CPI e CL/P aumenta all’aumentare dell’età dei genitori. [27]

Nella popolazione giapponese la schisi del labbro con schisi del palato mostra una significativa prevalenza nel sesso maschile.

Le schisi orofacciali presentano inoltre un elevato tasso di ricorrenza: il rischio relativo di ricorrenza della schisi, in familiari di primo grado del paziente affetto, è di 32 per le CL/P e 56 per le CPI rispetto alla popolazione generale. [28]

La familiarità riveste un ruolo importante anche nell’insorgenza del tipo di schisi (sindromica o isolata): tra le forme non sindromiche infatti si distingue un 20% di casi in cui è presente una forte predisposizione genetica, rilevata dall’alto tasso di concordanza tra gemelli monozigoti (40-60%)

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rispetto ai dizigoti (3-5%) e dal rischio di ricorrenza che aumenta a seconda dei componenti colpiti (4% in famiglie con un componente colpito, 9% se i componenti sono due). [29]

In generale, nel 70% dei casi le schisi sono non sindromiche. [30]

Le sindromi maggiormente associate ai vari tipi di schisi sono: sindrome di Wan der Woude, microsomia emifacciale, sindrome di George e displasia ectodermica nelle CL (in un 15-30% dei casi); sequenza di Pierre Robin, sindrome di Stickler, sindrome velo-cardio-facciale, trisomia 13 e trisomia 18 nelle CP (in un 50% di casi). [31]

In particolare in Europa, le labioschisi con o senza palatoschisi sono al 71% isolate e al 29% associate ad altre anomalie; le schisi del solo palato sono nel 55% dei casi isolate, e nel restante 45% associate ad altre malformazioni (nel 27% dei casi) o sindromi (nel 18% dei casi). [32] [33]

Figura 9: Dati internazionali raccolti

dall’EUROCAT

Working Group sulla prevalenza di CL/P (A) E CP (B) ogni 1000 bambini nati vivi. (“Cleft lip and palate”, Mossey)

Più nello specifico, da uno studio effettuato su un campione di 616 neonati affetti da CLP è stata riscontrata una frequenza maggiore di malformazioni rispetto ai soggetti affetti da schisi isolate. Le malformazioni più frequenti erano quelle degli arti superiori e inferiori (33%), seguite da problemi cardiovascolari (24%), ritardi mentali e anomalie cromosomiche (15%).

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Importante sottolineare come il 22% dei bambini colpiti erano nati pretermine: questo dato suggerisce che potrebbe esservi un nesso tra età gestazionale e formazione di anomali aggiuntive alla labiopalatoschisi; in particolare, quanto più il bambino nasceva pretermine tanto più era elevata la possibilità di riscontrare le anomalie. [34]

Un’ultima differenza epidemiologica interessante da osservare riguarda la lateralità: CL è unilaterale nell’80-90% dei casi e bilaterale nel 10-20% (l’aumento della casistica è direttamente proporzionale alla presenza concomitante di CP).

Quando la schisi è unilaterale è più frequente a sinistra rispetto che a destra con un rapporto di 2:1. [35] [36] [37]

La CL, che rappresenta circa il 60% delle schisi; sono associate a CP in un 85% dei casi, se bilaterali, e in un 70% dei casi se monolaterali.

Non sono state riscontrate invece associazioni tra labiopalatoschisi e stato socioeconomico dal momento che i criteri di inclusione, classificazione e misurazione di questo possono variare da studio a studio. [38]

La percezione che la prevalenza sia più alta nei Paesi in via di sviluppo è data dal fatto che questi non sono dotati di sistemi di sorveglianza per i difetti alla nascita. [20]

Figura 10: schisi del labbro con o senza schisi del palato rappresentata nelle diverse etnie (tratta

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1.5 Eziologia e fattori di rischio

La labiopalatoschisi è una patologia ad eziologia multifattoriale che vede coinvolti fattori genetici ed ambientali; questi svolgono un ruolo esclusivo o, come accade più spesso, sinergico, ed agiscono durante il periodo ontogenetico intrauterino. [39] [40]

Non è stata invece evidenziata alcuna correlazione tra questa malformazione e aree geografiche (fatta eccezione per le razze), per la stagionalità o l’età dei genitori.

Più nello specifico, è stato visto come nelle CLP sindromiche il fattore genetico prevale su quello ambientale mentre in quelle isolate sembra avere un peso maggiore il fattore ambientale.

1.5.1 Fattori di rischio genetico (o fattori di suscettibilità):

La componente genetica alla base dell’insorgenza di questa anomalia congenita è molto complessa ed eterogenea, con più loci e geni coinvolti, denominati OFC (Oro Facial Cleft).

Quelli maggiormente indagati e la loro rispettiva localizzazione cromosomica sono riportati in Tabella 1:

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LOCI E GENI LOCALIZZAZIONE CROMOSOMICA OFC1 (F13A) 6p24-p23 OFC2 (TGFα) 2p13 OFC3 19q13.2 OFC4 4q21-431 OFC5 (MSX1) 4q16 OFC6 (IRF6) 1q32.3-q41 OFC7 (PVRL1) 11q23.3 OFC8 (TP73L) 3q28 OFC9 13q33.1-q34 OFC10 (SUMO 1) 2q33 OFC11 (BMP 4) 14q22.2 OFC12 8q24.31 OFC13 1p33 OFC14 1p31 MTHFR 1p36 TGFB3 14q24 RARα 17q21.1 Tabella 1[LL1]

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• OFC1 (F13A): alcuni studi hanno mostrato una correlazione tra la presenza di CLPI e un’alterazione a carico del braccio corto del cromosoma 6 (6p). [40]

• OFC2 (locus 2p13): il gene TGFα è stato il primo ad essere associato alla CLP, è presente nel tessuto epiteliale dei processi palatini durante la fusione di questi e ciò supporta il suo ruolo nell’insorgenza della schisi.

Viene tuttavia considerato un fattore di rischio piuttosto che un gene causante direttamente la patologia. [41]

• OFC5 (MSX1): studi di associazione e linkage hanno evidenziato associazioni tra il polimorfismo di questo gene e l’insorgenza di questa patologia nella popolazione Colombiana, Cinese e Cilena (in particolare se questo gene è associato a varianti di TGFβ3. [42]

Ad oggi sono state identificate mutazioni a carico di MSX1 in circa il 2% dei pazienti affetti da CL/P non sindromiche.

Alcuni autori sottolineano l’interazione tra questo gene, l’esposizione al fumo di sigaretta e il consumo di alcool durante il periodo peri-concezionale con l’aumento del rischio

della malformazione. [43]

• OFC6 (IRF6): espresso a livello dell’ectoderma dei processi palatini prima e durante la formazione del palato secondario; è uno dei fattori genetici più significativi nell’insorgenza delle schisi non sindromiche. [44]

Mutazioni a suo carico determinano l’insorgenza di due importanti sindromi: la Sindrome di Van der Woude (VWS), causata principalmente da delezioni del gene, e la Sindrome Popliteale del Pterygium (PPS), che hanno entrambe come malformazione principale la schisi orofacciale. [45]

• OFC7 (PVRL1): codifica per la nectina 1, molecola espressa durante lo sviluppo del palato e responsabile dei meccanismi di adesione cellula-cellula.

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Una sua mutazione gioca un ruolo cardine sia nell’aumento dell’insorgenza di schisi non sindromiche [46] [47], sia nella determinazione di una sindrome definita CLPED1 (Cleft Lip/Palate-Ectodermal Dysplasia Syndrome) che, tra le manifestazioni cliniche, presenta schisi del labbro e del palato.

• OFC8 (TP73L): mutazioni a carico di questo gene determinano l’insorgenza di sindromi che manifestano schisi facciale sia sindromica che non. [48]

• OFC9 (locus 13q33.1-q34): In letteratura è riportata l’associazione tra la regione cromosomica 13q33.1-q34 e labiopalatoschisi [49]; a supporto di questa tesi vi è il frequente riscontro di schisi oro facciali nei soggetti con trisomia 13.

• OFC10 (SUMO1): studi su embrioni di topo al giorno di sviluppo E13.5, che corrisponde nell’uomo al tempo in cui le lamine palatine si avvicinano per fondersi, hanno evidenziato l’espressione di questo gene a livello del labbro superiore, del palato primario ed ai margini dell’epitelio mediale del palato secondario mettendo così in luce un possibile coinvolgimento della modificazione di tale proteina nelle schisi. [50]

• MTHFR (locus 1p36): riveste un ruolo chiave nella via metabolica del folato e nella regolazione dell’omocisteina plasmatica; alterazioni nella via metabolica di queste ultime sono state fortemente associate a difetti di chiusura del tubo neurale, processo che prevede modalità molecolari e istologiche sovrapponibili a quelle della fusione dei processi palatini. Per questo motivo una mutazione a carico di questo gene viene considerato un importante fattore di rischio anche nella schisi. [51]

• TGFB3: alcuni studi confermano l’importanza che rivestirebbe nell’insorgenza della labiopalatoschisi. [52]

1.5.2 Fattori di rischio ambientali

A differenza di quelli genetici, questi possono essere attenuati o eliminati al fine di ridurre il rischio di insorgenza dell’anomalia.

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1.5.2.1 Farmaci

• Steroidi: l’impiego di questi farmaci, sia per via topica che sistemica, in un periodo che va dal mese prima del concepimento fino al primo trimestre di gravidanza, sembra essere legato a un aumento del rischio di sviluppo di CL/P e CPI non sindromiche. [53]

• Anticonvulsivi: l’assunzione di farmaci antiepilettici, quali fenitoina, ossazolidindione, acido valproico, se assunti durante le prime settimane di gestazione hanno un effetto teratogeno, aumentano cioè il rischio di insorgenza di difetti congeniti. [54]

• FANS: tra i farmaci antiinfiammatori non-steroidei si ricorda l’Aspirina che può avere un effetto teratogeno su feto e favorire l’insorgenza di CPO e CL/P. [55]

1.5.2.2 Alcool

Il consumo di alcool in gravidanza è dannoso per lo sviluppo embrionale perché causa un’anomalia congenita conosciuta come “Sindrome Fetale da Alcool” (SAF), caratterizzata da ritardo nella crescita pre e post-natale, ritardo mentale e importanti anomalie facciali.

Sebbene la CLP e la CLPI non facciano parte dei dismorfismi facciali che caratterizzano questa sindrome, è stata comunque notata una correlazione tra queste patologie e il consumo di alcool, con un rischio di insorgenza che cresce in maniera direttamente proporzionale alla quantità di alcool assunta, soprattutto nel primo trimestre di gestazione. [56]

In particolare, alcuni studi hanno evidenziato un’associazione maggiore tra consumo di alcool e CL/P non sindromiche, mentre non c’è un’associazione significativa con CPI o con le forme sindromiche. [57]

Tuttavia ad oggi il ruolo di questa sostanza nelle schisi orofacciali resta ancora incerto in quanto i pareri dei vari studi sono discordanti; verosimilmente l’effetto teratogeno può dipendere dalla capacità della madre e del feto di metabolizzarlo. [58]

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Il fumo in gravidanza è associato a un aumentato rischio di schisi del 30% circa e la probabilità di sviluppare la deformazione avrebbe un rapporto dose-risposta, in particolare nel primo trimestre di gestazione. [59] [60]

La teratogenicità della nicotina è dovuta al fatto che questa sostanza è in grado di causare ipossia fetale e aumentare il rischio di placenta previa, condizioni, queste, che influiscono negativamente sulla crescita e sullo sviluppo embrionale.

Inoltre, il fumo è anche in grado di modificare l’espressione di geni candidati a conferire predisposizione per la patologia (TGFA, TGFB3 e MSX1): le varianti alleliche nei figli, associate all’effetto dannoso del fumo, sono in grado di aumentare considerevolmente il rischio del manifestarsi del fenotipo schisato. [61] [62]

Degne di nota sono le variazioni geniche che interessano il gene GSTP1 (Glutatione-S Transferasi P1), espresso a livello della placenta e coinvolto nella detossificazione del tabacco: mutazioni geniche a suo carico determinano un’alterazione della funzionalità dell’enzima codificato.

Uno studio ha dimostrato come il genotipo mutato in madri fumatrici aumenti di tre volte il rischio di avere un figlio affetto da labiopalatoschisi non sindromica rispetto a madri non fumatrici con almeno un allele non mutato. [63]

Il rischio aumenta di cinque volte quando sia madre che figlio presentano il genotipo mutato. Non sono note chiare evidenze invece per quanto riguarda il fumo passivo. [64]

1.5.2.4 Agenti infettivi

Virus della Rosolia e Rickettsia, contratti nel primo trimestre di gravidanza aumentano la probabilità di sviluppo di labiopalatoschisi.

1.5.2.5 Età

Tanto più alta è l’età della madre al momento del concepimento e della gravidanza, tanto maggiore è il rischio di incidenza della malformazione, soprattutto per quanto riguarda la CLI.

Più nello specifico: un’età della madre superiore ai 40 anni incrementerebbe il rischio del 56%. [65]

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Il rischio maggiore è stato attestato per il diabete mellito di tipo 1 (insulino-dipendente); l’effetto teratogeno sarebbe da attribuire all’effetto nocivo dell’iperglicemia nel periodo gestazionale. [66]

1.5.2.7 Ipertermia

Un aumento della temperatura fisiologica di 1.5-2.5 gradi rappresenta un valore limite che, se superato, può portare ad un effetto teratogeno del calore, la cui manifestazione dipenderà dallo stadio dello sviluppo dell’embrione.

In particolare, le malformazioni orofacciali, tra cui le CLP, si possono verificare quando l’aumento della temperatura oltre il valore soglia avviene tra la IV e la VII settimana di sviluppo. [67]

1.5.2.8 Ipossia

Studi dimostrano che la carenza di ossigeno dovuta all’altitudine, se si verifica durante la gravidanza, porta a una maggior incidenza di difetti alla nascita, compresa la labiopalatoschisi. [68]

1.5.2.9 Carenza di zinco

Uno studio ha messo in luce come nelle madri di figli affetti da schisi lo zinco intraeritrocitario era in quantità inferiore rispetto a quello delle madri con figli sani. [69]

1.5.2.10 Carenze vitaminiche: l’importanza che rivestono queste sostanze è stata attestata da diversi

studi che dimostrano come la somministrazione di integratori vitaminici nel primo quadrimestre di gravidanza si associ ad una diminuzione del rischio di schisi del 25%. [70]

Tra questi integratori, un elevato effetto protettivo è dato dalla vitamina A, che è in grado di ridurre notevolmente le probabilità di CL/P.

Le carenze vitaminiche maggiormente associate al rischio di schisi riguardano:

• Acido folico (o vitamina B9): è un importante fattore di suscettibilità nell’insorgenza della labiopalatoschisi [71]; inoltre aumenta il rischio di parto prematuro, lesioni placentari e ritardo nella crescita intrauterina.

Occorre ricordare che assunzione di farmaci come barbiturici ed estro-progestinici o l’elevato consumo di alcool possono far aumentare il fabbisogno o ridurre l’assorbimento di tale vitamina.

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• Vitamine B6 e B12: sono coinvolte nel metabolismo dell'omocisteina e pertanto possono avere un ruolo importante nella modulazione dell'espressione genica, regolando la sintesi e la trascrizione del DNA.

Basse concentrazioni di vitamine B6 e B12 nella madre sono associate con un aumentato rischio di schisi orofacciale nella prole; al contrario, la supplementazione di tali vitamine contribuisce a ridurne il rischio. [72] [63]

In particolare, la vitamina B6 regola l’attività di ormoni steroidei, tiroidei e surrenalici; per i glucocorticoidi nello specifico è stato visto che essa è in grado di inibire il legame di tali ormoni con i loro specifici recettori citoplasmatici e di conseguenza anche quelli nucleari. Questa evidenza risulta di fondamentale importanza perché sottolinea la capacità della vitamina B6 di ridurre l’incidenza di schisi indotte da cortisone. [73]

Tutte queste considerazioni permettono di capire il motivo per cui in Paesi dove il deficit di questa vitamina è tipico, come in quelli asiatici dove il consumo di riso raffinato è molto elevato, l’incidenza registrata di labiopalatoschisi, cheiloschisi e palatoschisi isolata risulta più elevata.

La conoscenza dei fattori di rischio, soprattutto quelli ambientali, ha permesso di adottare alcune misure preventive rivolte alle donne che hanno intenzione di intraprendere una gravidanza, al fine di provare a ridurre l’incidenza di schisi; tra queste: l’assunzione di 4mg/die di acido folico, l’eliminazione di corticosteroidi almeno nel primo trimestre di gravidanza e la sostituzione di farmaci antiepilettici.

Oltre a queste norme, si consiglia la limitazione o, ancor meglio, l’eliminazione di sostanze voluttuarie quali nicotina e alcool; suggerimento valido indipendentemente dalla volontà di intraprendere o meno una gravidanza.

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1.6 Protocollo di approccio multidisciplinare del “Percorso di Labiopalatoschisi”

presso l’Ospedale S.Chiara di Pisa

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La cheilognatopalatoschisi è una patologia malformativa cui si correlano molteplici problemi anatomici e funzionali che, come precedentemente accennato, vanno dalla deformità dell’arcata dento- alveolare fino a anomalie del linguaggio, passando per anomalie nasali e problemi uditivi. Per questa ragione il trattamento della labiopalatoschisi rappresenta un esempio paradigmatico della necessità di un approccio multidisciplinare al problema, ottenuto grazie al lavoro di un team fortemente integrato che opera secondo un protocollo condiviso; una scelta che permette ai vari specialisti di seguire i pazienti affetti durante tutte le fasi di diagnosi, trattamento, riabilitazione e follow up.

Si parla quindi di un vero e proprio percorso, non solo assistenziale ma anche di vita, che medico e paziente affrontano in sinergia.

A partire dagli anni ’70 presso l’Ospedale S.Chiara di Pisa è operante un gruppo interdisciplinare che, da quando è stato inaugurato nel 2014, è diventato il “motore” del Percorso di Labiopalatoschisi, uno dei centri di riferimento italiani per il trattamento di questa patologia.

Le figure professionali che ne fanno parte sono: chirurgo plastico e anestesista, genetista, consulente dell’allattamento, psicologo, otorinolaringoiatra, logopedista e ortodontista.

I pazienti seguiti con questo protocollo provengono sia dai 41 punti nascita presenti in Toscana, sia dalle altre regioni.

Il “primum movens” di questa catena specialistica è, in genere, la diagnosi prenatale, eseguibile alla XII settimana di gestazione.

Questa viene effettuata dal ginecologo mediante l’esecuzione delle routinarie ecografie bidimesionali del feto in utero.

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Piccoli difetti, come per esempio la cheiloschisi isolata, sono di più difficile reperimento mentre difetti più importanti sono più facilmente diagnosticabili: ad esempio, una posizione anomala della lingua, ossia verticale e posteriore, suggerisce la presenza di una palatoschisi piuttosto ampia; una protrusione premascellare potrebbe indicare la presenza di una labiopalatoschisi bilaterale.

A supporto di questa diagnosi precoce è possibile utilizzare un’ecografia tridimensionale che, mostrando il volume e più piani di sezione del feto, permette di caratterizzare meglio il difetto e di distinguerne la tipologia con più facilità. [75]

Occorre precisare che però non sempre è possibile effettuare una diagnosi prenatale, o comunque non sempre è possibile farlo in maniera certa ed accurata; in questi casi il primo approccio multidisciplinare avviene dopo la nascita, con la figura del neonatologo che effettuerà gli opportuni controlli sul neonato e presenterà il quadro clinico ai genitori.

La fase successiva alla scoperta della malformazione è l’esecuzione di test genetici ad opera di un genetista, che permettono di osservare se la schisi è sindromica o meno; inoltre, sono indispensabili in caso di anamnesi familiare positiva per CGPS o nel caso in cui uno o entrambi i genitori siano affetti, rispettivamente per escludere o accertare lo stato di portatore di un gene patologico, e per stabilire la percentuale di rischio di ricorrenza della patologia.

Contestualmente alla consulenza genetica, i genitori si interfacciano anche con un chirurgo plastico e, eventualmente, con uno psicologo.

Il chirurgo plastico in un primo momento ha il compito di rassicurare i genitori circa le conseguenze della malformazione e il ventaglio di opzioni terapeutiche previste.

Alla nascita invece, programma ed esegue i primi interventi correttivi; a lui spetta maggiormente la responsabilità di coordinare le altre figure professionali con cui si interfaccerà il paziente, il timing e il tipo di interventi necessari.

Allo psicologo spetta invece, in un primo momento, l’onere di fornire sostegno ai futuri genitori che si trovano ad interfacciarsi con una patologia nuova, con angosce e dubbi riguardanti sia la salute e

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l’estetica del bambino, sia il modo in cui presentare la malformazione a parenti e conoscenti, ovvero l’impatto sociale che questa avrà.

Concretamente, il sostegno si esprime informando, rispondendo a tutte le possibili curiosità e domande del caso e, infine, rassicurando sul fatto che il bambino sarà curato e seguito nella maniera giusta.

Questo contribuisce a creare un clima di serenità nei genitori prima, e nel nucleo familiare successivamente; requisito, questo, indispensabile per la crescita serena del piccolo paziente, spaventato e confuso a sua volta.

Lo psicologo, se necessario, affiancherà il bambino anche durante la sua crescita, aiutandolo ad affrontare e superare eventuali difficoltà di adattamento e socializzazione.

Alla nascita, un altro problema che può presentarsi è quello dell’alimentazione; l’allattamento al seno, infatti, già di per se’ talvolta vissuto come un momento non facile, può essere complicato dalla presenza della schisi che rende difficile al bambino la creazione del “vuoto”, indispensabile per riuscire a nutrirsi con efficacia.

Proprio per questo motivo, tra le iniziative sostenute e promosse dall’associazione A.I.S.M.E.L -ONLUS, c’è anche il progetto AllatTiAmo che mette a disposizione delle famiglie la consulenza con un professionista del settore che ha il compito di suggerire ai genitori i presidi migliori da utilizzare. Sono da preferire, ad esempio, l’uso di un tiralatte e l’impiego di un biberon, rallentando il più possibile l’utilizzo del cucchiaino quando mangia perché i movimenti di suzione e deglutizione sono riconosciuti propedeutici per un successivo corretto sviluppo articolatorio del linguaggio.

In alcuni casi potrebbe essere d’aiuto ricorrere a sistemi di alimentazione supplementare, come Lact-Aid o DAS, o utilizzare placchette ortopediche.

L’alimentazione corretta è fondamentale per il raggiungimento di un peso corporeo adeguato, condizione indispensabile per poter eseguire l’intervento chirurgico nei tempi previsti dal protocollo. Dal primo anno di vita, vengono effettuati assieme a altri specialisti controlli annuali volti a valutare lo sviluppo anatomo-funzionale e psichico del paziente nel tempo e, se necessario, pianificare

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ed eseguire i dovuti interventi di correzione.

Indispensabile è anche la monitorizzazione precoce, eseguita dall’otorinolaringoiatra, delle funzionalità uditive del paziente, spesso soggetto a otiti ricorrenti per una ridotta funzionalità tubarica indotta dalla malformazione.

Infatti la schisi del palato fa sì che l'aria giunga fredda nel faringe e causi un'infiammazione delle tube con conseguente ostruzione delle stesse e accumulo di secrezioni nell'orecchio medio che può infettarsi.

La funzionalità della tuba uditiva, la mobilità del palato ricostruito ed eventuali altre alterazioni possono essere poi valutati con l’endoscopia; questo consente l’esecuzione di un eventuale intervento chirurgico correttivo di faringoplastica.

Ugualmente importante è il lavoro svolto dal logopedista che, nel protocollo Pisano si occupa anche di neuropsichiatria infantile.

Questa figura è fondamentale perché nelle CGPS possono essere presenti alterazioni del linguaggio quali: rinolalia delle vocali e delle consonanti, causata da alterazioni della zona posteriore del cavo orale, dovute a un uso improprio o insufficiente dello sfintere velofaringeo che non è in grado di generare una pressione intraorale negativa; alterazione dei punti e del modo di articolazione delle consonanti, soprattutto quelle a produzione anteriore che tendono ad essere sostituite da altre prodotte più posteriormente all’interno del cavo orale.

Il ruolo del logopedista è quello di aiutare il bambino a non sviluppare errori o difetti fonetici e, al tempo stesso, responsabilizzare i genitori facendogli diventare i principali insegnati del figlio. E’ fondamentale infatti che questi ultimi parlino molto col bambino fin dai primi giorni di vita e che lo stimolino ad usare il più possibile il palato per abituarlo a creare il vuoto in bocca; questo obiettivo si ottiene, ad esempio, ritardando il più possibile l’uso del cucchiaino quando mangia, preferendogli il biberon, o incoraggiandolo, quando è più grande, a fare bolle di sapone e suonare strumenti a fiato.

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Osservando queste norme comportamentali, solo in una piccola percentuale dei casi si rendono necessari ulteriori interventi correttivi, messi in atto solo in caso di persistente compromissione della fonazione con nasalizzazione.

Infine, occorre ricordare che nei pazienti affetti da labiopalatoschisi esistono anche problemi sia scheletrici (in genere ipoplasia del mascellare), che dentari (di numero, forma, sede ecc. …).

L’ortodontista è dunque chiamato ad intervenire con opportuni trattamenti correttivi allo scopo di ottenere una corretta armonia di crescita delle basi ossee e, in età più avanzata, una dentatura esteticamente e funzionalmente valida.

Questo si ottiene grazie ad una documentazione completa del caso specifico (fotografie, studio delle impronte, cefalometrie, OPT e teleradiografie) tramite cui è possibile monitorare la crescita e lo sviluppo craniofacciale e programmare i tempi di intervento ortodontico che variano da paziente a paziente e devono essere valutati di anno in anno.

Più nello specifico quindi, la terapia ortodontica ha un duplice scopo: da una parte, correggere il morso crociato (malocclusione che si riscontra di frequente nei pazienti con schisi), le anomalie dentali (di posizione, quali ad esempio rotazione e linguoversione, e di numero, quali agenesie e sovrannumerari), di crescita e sviluppo; dall’altra mantenere i risultati ottenuti.

Inoltre, l’ortodontista collabora strettamente col chirurgo plastico, con il quale programma ed esegue le correzioni chirurgico-ortodontiche, necessarie in un 5-10% dei casi.

Nell’eventualità che l’intervento correttivo di periosteoplastica abbia prodotto poco tessuto osseo, suggerisce al chirurgo il timing di intervento più opportuno per effettuare un innesto osseo.

Il periodo migliore è tra gli 8 e gli 11 anni perché l’eruzione del canino permanente stimola l’attività osteoblastica e, migrando nell’innesto, fa da supporto.

E’ in questa fase che i pazienti vengono sottoposti a un esame tridimensionale, una TAC, per avere un'immagine fedele della situazione anatomica e poter intervenire in maniera mirata.

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In ultimo, pur non essendo presente nel protocollo multidisciplinare, un ruolo importante può essere svolto anche dal pediatra o dal medico di base che può incoraggiare e convincere quelle famiglie che non tornano ai controlli o non si rendono disponibili ad aderire al protocollo.

Il follow up nel tempo infatti, è fondamentale sia per seguire meglio i pazienti, sia per riuscire ad ottenere dei dati statistici molto utili per una valutazione critica, anche nell’ottica di una futura collaborazione tra i diversi Centri di Riferimento Europei.

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ETA' QUADRO CLINICO SPECIALISTA SERVIZIO

Vita

intrauterina 9-38 settimana

Ecografista Ecografia 1° livello Chirurgo plastico Consulenza

Psicologo Consulenza di sostegno Genetista Esami genetici

Nascita

0-4 settimana CGPS bilaterale

Neonatologo Esame obiettivo, ECO cardio, ECO cerebrale

Chirurgo

Opuscoli illustrativi Consulenza Sinechia sec.Randall-Grahm modificata (se schisi ossea

>0-8mm) Genetista consulenza Psicologo consulenza 2-3 mesi CS mono/bilaterale CGS mono/bilaterale CGPS mono/bilaterale Chirurgo plastico

Mono: labioplastica sec. Tenninson modificata; Bilat: labiopl.sec.Mulliken modific.

+ periosteopl.sec.Massei;

impronte, misure, foto

Neuropsichiatra infantile Colloquio genitori

ORL Otoscopia (se GPS)

5-6 mesi

CS bilaterale CGS bilaerale

PS

CGPS mono/bilaterale

Chirurgo plastico Palatoplastica sec V.W

ORL Otoscopia (se PS)

7 mesi CGPS

PS

Neuropsichiatra infantile Consulenza Chirurgo plastico Ambulatorio interdisciplinare Ortodontista Genetista 12 mesi CS PS CGS CGPS ORL otoscopia

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38 24 mesi CS PS CGS CGPS

Ortodontista Ambulatorio interdisciplinare (controlli semestrali) Chirurgo plastico

Neuropsichiatra infantile Valutazione psicologica/linguaggio

3 anni

CS PS CGS CGPS

Chirurgo plastico Rev.chirurgica schisi ed eventuale periosteopl.2° 6 anni CS PS CGPS CGS

Ortodontista OPT, teleradiografia, impronte, foto per correzione bite

Chirurgo plastico Videoendoscopia ed eventuale faringoplastica ORL Otoscopia, audiometria,

impedenza

8-14 anni

PS CGS CGPS

Ortodontista OPT, teleradio-occl, foto, impronte, terapia Neuroradiologo Ev.TC 3D del mascellare Chirurgo plastico Ev.innesto osseo;

Ortodontista preparazione chirurgia ortognatica

15-20 anni

CS CGS CGPS

Chirurgo plastico Correzione esiti, eventuale chirurgia ortognatica

Tabella 2: protocollo multidisciplinare per la Labiopalatoschisi

Chirurgia plastica, Pisa[LL2]

1.7 Quadri clinici

Come riportato in precedenza, il gruppo delle schisi oro facciali è molto eterogeneo; in base al momento in cui l’evento teratogeno agisce ed alla sede colpita possiamo avere diversi quadri clinici, approfonditi qui di seguito.

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Cheiloschisi (o labioschisi): è una malformazione congenita dovuta a una mancata saldatura delle

componenti cutanee e mucose del labbro superiore durante la vita intrauterina.

Può essere monolaterale o bilaterale, a seconda che interessi un solo lato o entrambi i lati della faccia. Inoltre può manifestarsi in maniera completa (o totale) o incompleta (o parziale).

Nelle cheiloschisi unilaterali complete si osserva una fissurazione dell’intero labbro fino al vestibolo del naso; inoltre si notano anche delle alterazioni a livello delle strutture nasali.

Più nello specifico, l’ala del naso è collassata verso il lato della schisi e la columella, tirata verso il lato opposto, appare più corta; il setto nasale è deviato verso l’alto e lateralmente, determinando una difficoltà respiratoria a livello del lato colpito; il pavimento nasale è incompleto e questo provoca un’anomala comunicazione tra cavità nasale e orale.

Da un punto di vista anatomo-muscolare si può notare come i due muscoli orbicolari, destro e sinistro, non si fondono sulla linea mediana, ma dal lato sano le fibre muscolari si inseriscono alla base della columella mentre dal lato interessato dalla schisi si inseriscono alla base dell’ala del naso, contribuendo a “stirarla” lateralmente.

La maggior parte delle fibre raggiunge il periostio mascellare, il resto si disperde nello strato sottocutaneo.

Il labbro al di sopra della premaxilla tende a ruotare perché viene sottoposto a una tensione muscolare monolaterale.

Le fibre del muscolo orbicolare si inseriscono sul margine della schisi, lungo il bordo vermiglio del labbro superiore che, di conseguenza, tende a ruotare.

La premaxilla appare, oltre che ruotata, anche accorciata in senso verticale: ciò è dovuto, oltre che all’azione del muscolo orbicolare, anche alla deviazione del setto nasale.

Le cheiloschisi unilaterali incomplete si manifestano come fissurazioni del vermiglio e del prolabio, senza compromettere il pavimento della narice; a seconda dell’estensione possono indurre o meno una deviazione laterale modesta dell’ala del naso.

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Talvolta ad unire i due lati della schisi è presente un lembo cutaneo-fibroso, un residuo embriologico chiamato banda di Simonart.

Da un punto di vista anatomo-muscolare si può notare come le fibre del muscolo orbicolare raggiungono l’apice della schisi e passano dai segmenti labiali laterali a quelli mediali.

La parte di muscolo all’interno della schisi risulta strutturalmente differente essendo ricca di fibre connettivali.

La rete arteriosa, lateralmente alla schisi, segue il decorso delle fibre del muscolo orbicolare ed il margine del difetto, andando in alto verso l’ala nasale.

C’è quindi, nella parte media del labbro, un insufficiente apporto ematico oltre che un insufficiente sviluppo dei muscoli.

Le cheiloschisi bilaterali, complete e incomplete, dividono il labbro superiori in tre parti; la parte centrale corrisponde alla premaxilla ed è costituita da prolabio, alveolo con i quattro incisivi e palato duro fino al forame incisivo.

La porzione mediana del labbro appare iposviluppata, il filtro assente ed il vermiglio appena abbozzato fino ad assumere, nelle forme più gravi, l’aspetto di un piccolo abbozzo “appeso” alla columella.

Pur essendo presente, la deformazione del naso è meno evidente rispetto alla forma unilaterale, proprio per l’interessamento simmetrico della deformazione; riconosciamo un’ipoplasia della columella, uno slargamento delle narici e un appiattimento della punta nasale.

Da un punto di vista anatomo-muscolare, i due muscoli orbicolari si inseriscono alla base delle rispettive ali nasali; il prolabio non viene raggiunto dalle fibre del muscolo orbicolare, è costituito da tessuto fibroso e appare ipoplasico.

La schisi compromette anche la normale irrorazione della porzione mediale del labbro superiore, che viene vicariata da una ricca rete vascolare, derivante dalle arterie del setto e della columella.

Le labioschisi bilaterali possono essere anche miste, cioè essere complete da un lato e incomplete dall’altro.

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Un’altra categoria di labioschisi sono le microforme (conosciute anche come forme fruste o labioschisi sottocutanea): le strutture muco-cutanee sono indenni ma è interrotta la continuità del muscolo orbicolare.

Cheilognatoschisi: schisi che interessano simultaneamente labbro superiore e processo alveolare;

quest’ultimo appare spesso molto deformato e schisato fino al forame incisivo, cosicchè la parte anteriore del pavimento nasale appare completamente assente.

Possono essere mono o bilaterali, complete o incomplete.

Nelle forme unilaterali spesso il setto nasale appare deviato verso il lato non schisato, mentre l’ala del naso dal lato della schisi appare appiattita.

Nelle forme bilaterali il segmento centrale del labbro superiore sporge sotto la spinta del retrostante vomere, nascondendo le cartilagini alari e settali, determinando il tipico quadro del “tubercolo incisivo”.

Cheilognatopalatoschisi (o labiopalatoschisi): schisi di ampiezza variabile che interessano il labbro

superiore, il processo alveolare, il palato duro e molle. Anche questo tipo di schisi possono essere mono o bilaterali.

Nelle forme unilaterali manca l’intera parte ossea del pavimento del naso dal lato della schisi; setto nasale e vomere sono spostati verso il lato non schisato, alterando così la simmetria della regione del terzo medio della faccia; l’ala del naso è appiattita in misura diversa a seconda della lunghezza della schisi.

Le forme bilaterali sono quelle più gravi, in quanto si osserva la mancanza dell’intera parte ossea del pavimento del naso da entrambi i lati; la premaxilla risulta isolata, retta solo dal vomere e dal setto nasale, sporgente e, talvolta, anche molto mobile; le sue dimensioni variano a seconda del numero di abbozzi di denti incisivi in essa contenuti.

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Per quanto riguarda l’anatomia nasale invece, si osserva come la columella sia spesso poco accentuata e, di conseguenza, la punta del naso estremamente appiattita.

Schisi del solo palato: malformazioni congenite che interessano solo il palato, senza intaccare labbro

o processo alveolare superiore.

Si ha la mancata fusione delle lamine palatine tra loro e superiormente con il vomere.

Poiché il palato è il tetto della bocca e il pavimento delle cavità nasali, questo tipo di schisi crea una comunicazione tra bocca e naso.

Le palatoschisi possono essere ulteriormente suddivise in tre sottogruppi, a seconda della struttura anatomica che interessano: uranoschisi, stafiloschisi e uranostafiloschisi.

Le uranoschisi interessano solo il palato duro e coinvolgono anche il forame incisivo. Come per i precedenti tipi di schisi, anche in questo caso esistono forme mono e bilaterali.

Nelle forme unilaterali, nella porzione del palato osseo interessata dalla schisi, la lamina palatina tende a presentarsi iposviluppata, obliqua verso l’alto rispetto al piano controlaterale.

Questo rende più ampia ed evidente la soluzione di continuità del palato, mentre il mancato sostegno osseo determina un minore sviluppo laterale di tutto l’emipalato interessato compresa l’arcata alveolare.

La forma bilaterale (nota comunemente anche con il nome “gola di lupo”) ha un quadro clinico pressochè speculare al precedente, con due emipalati collassati medialmente; la base del vomere appare totalmente libera in continuità solo anteriormente, oltre il forame incisivo, con l’arcata alveolare del palato primitivo.

Le stafiloschisi invece, interessano esclusivamente il palato molle.

I monconi del velo palatino appaiono evidentemente separati sulla linea mediana e tanto più retratti e ipomobili quanto maggiore è la grandezza della schisi; i vari muscoli e l’aponeurosi palatina si inseriscono in sede ectopica.

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Queste inserzioni anomale sono responsabili di un’alterata mobilità del palato molle, della tuba uditiva e dello sfintere faringeo superiore.

I muscoli più interessati sono gli elevatori del velo palatino, che appaiono ipoplasici bilateralmente; in condizioni normali sollevano il palato molle, mentre in caso di schisi ognuno tira verso l’alto e lateralmente la propria metà del velo con ulteriore verticalizzazione delle lamine palatine ed allargamento della schisi.

Si riconoscono forme totali, che iniziano in corrispondenza del margine posteriore del palato duro, e forme parziali che interessano solo parte del palato molle e ugola (ugola bifida).Infine, le

uranostafiloschisi, che interessano il palato nella sua totalità.

Figura 10: rappresentazione riassuntiva delle varie tipologie di schisi: A: Labbro unilaterale della

fessura della microforma; B: Labbro unilaterale e alveolo; C: Labbro e palatoschisi unilaterale; D: Labbro e palatoschisi bilaterali con sporgenza del processo intermaxillare; E: Vista laterale del labbro e della palatoschisi bilaterali. [76]

CAPITOLO II: PROTOCOLLO CHIRURGICO PISANO

2.1 Il Protocollo

La scelta della successione degli interventi è un punto cruciale nel trattamento della CGPS al fine di ottenere un ripristino della situazione anatomica quanto più possibile precoce e vicina alla situazione

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fisiologica; il tutto nel rispetto dei normali processi di accrescimento e cercando di limitare il danno iatrogeno.

E’ opinione condivisa che il primo intervento chirurgico dovrebbe essere il più precoce possibile per ripristinare in tempi brevi la funzionalità della regione anatomica interessata e rassicurare in questo modo la famiglia del piccolo paziente affetto, limitandone ansie e paure.

Nello specifico, il Protocollo chirurgico Pisano fissa il primo tempo chirurgico a due mesi e mezzo-tre, per la chiusura delle schisi labiali e del processo alveolare.

La precoce riparazione del labbro è importante perché oltre a correggere l’alterazione estetica, aiuta a contenere la progressione della deformità dei processi alveolari.

Nelle cheiloschisi monolaterali si effettua un intervento di cheiloplastica secondo Tennison modificata con periostioplastica secondo Massei e rinoplastica secondo Mulliken; nelle schisi bilaterali invece si effettua una cheiloplastica secondo Mulliken con periostioplastica bilaterale secondo Massei.

L’età è importante soprattutto per l’intervento di periostioplastica perché va a sfruttare la massima produzione di tessuto osseo che si ha intorno ai quattro mesi di vita e quindi c’è una possibilità più concreta ed efficace di ricostruzione della componente ossea.

Contestualmente a questi interventi vieni fatta anche una rinoplastica correttiva della deformità nasale che si accompagna a questa malformazione.

Questi primi interventi dunque, lavorando in contemporanea su osso, labbra e naso, permettono di ricostruire una simmetria iniziale delle strutture coinvolte.

Nel 70% dei casi questo intervento funziona e non serve un successivo innesto osseo.

Nel 22% dei casi l'effetto sarà parziale, nel 7.4% dei casi con schisi gravi servirà invece l'innesto osseo.

Qualora la schisi ossea mascellare superi gli 0,7mm o esisti una grave asimmetria, protrusione e mobilità della premaxilla, a 20-40 giorni si esegue una sinechia labiale preliminare secondo Randall-Graham (o lip adhesion).

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