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La consulenza nel settore IT, come crescere in un contesto complesso e instabile: il caso SI2001 S.r.l.

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I

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 1. Natura e finalità della consulenza ... 4

1.1 Una definizione generale... 4

1.2 Nascita e sviluppo della consulenza aziendale... 5

1.3 Caratteristiche generali della consulenza aziendale ... 8

1.4 La relazione tra consulente e cliente ... 13

1.4.1 La figura del cliente ... 14

1.4.2 La figura del consulente aziendale ... 16

1.5 L’analisi del processo consulenziale ... 17

1.5.1 Le fasi del processo consulenziale ... 17

CAPITOLO 2. La consulenza nel settore dell’information Technology ... 22

2.1 Differenza tra ICT e IT ... 22

2.2 L’importanza dell’IT in azienda... 23

2.2.1 Differenza tra sistema informativo e sistema informatico ... 23

2.2.2 L’evoluzione storica dell’IT all’interno delle organizzazioni ... 25

2.2.3 Strumenti informatici a supporto delle attività aziendali ... 32

2.3 Struttura del settore IT in Italia ... 35

2.4 Le principali tipologie di software ... 37

2.4.1 Analisi del processo di sviluppo e manutenzione software ... 39

2.5 La consulenza in ambito IT ... 45

2.5.1 Il Body Rental, aspetto negativo della consulenza informatica ... 47

CAPITOLO 3. Il caso studio SI2001 S.r.l. ... 51

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II

3.2 Storia dell’azienda ... 51

3.2.1 La crescita aziendale ... 55

3.3 Il distaccamento dalle logiche di Body Rental e le strategie di crescita dell’azienda ... 58

3.4 Dimensioni strutturali e fattori contingenti di SI2001 ... 65

3.4.1 Focus sull’ambiente di riferimento di SI2001 ... 73

3.5 Applicazione del modello Mintzberg e definizione dell’organigramma aziendale ... 76

CONCLUSIONI ... 86

BIBLIOGRAFIA ... 89

SITOGRAFIA ... 91

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1

INTRODUZIONE

Questo elaborato di tesi nasce con il desiderio personale di voler esplorare l’ambito di riferimento, ovvero quello della consulenza organizzativa, e il settore, quello dell’Information Technology, all’interno del quale lavoro da luglio 2017. I primi due capitoli infatti servono proprio ad introdurre e contestualizzare il caso studio relativo all’azienda SI2001 S.r.l., società bergamasca che si occupa di sviluppo software e di consulenza in ambito IT, nata nel 2001 da un gruppo di 3 persone, che conta oggi 4 sedi in Italia, per un totale di 135 dipendenti. Il primo capitolo apre una parentesi sull’importanza della consulenza aziendale che, a partire dagli anni ’80, è diventata un elemento chiave e strategico per le aziende, per far crescere il proprio business e rafforzare la propria posizione sul mercato. Fornendo consigli, supporto o prestazione professionale settoriale, il compito del consulente, una volta acquisiti gli elementi che il cliente possiede già, è quello di aggiungervi quei fattori della sua competenza, conoscenza e professionalità per promuovere sviluppi nel senso desiderato; in tale contesto diventa fondamentale il rapporto di fiducia tra il committente e chi fornisce consulenza.

Il secondo capitolo analizza nel dettaglio il settore dell’Information Technology, partendo dagli ambiti che avranno l’impatto maggiore da qui ai prossimi anni, ovvero quelli dell’Internet Mobile, del Cloud Computing, dei Big Data e dell’Internet of Things, relativamente alla digitalizzazione, grazie all’evoluzione di hardware e software che hanno introdotto e potenziato una nuova intelligenza nel governo dei processi organizzativi. Il processo di Digital Transformation all’interno delle organizzazioni italiane però procede a rilento, soprattutto nelle PMI, sia a causa di budget limitati da investire nell’innovazione tecnologica sia a causa di una forte distanza culturale delle PMI italiane dal digitale. Oggi il mercato digitale italiano è sostenuto prevalentemente dallo sviluppo delle componenti software e soluzioni IT e di servizi ICT, che comprendono i servizi di consulenza, di Data Center per le attività di elaborazione dei dati e di assistenza tecnica; la figura professionale più ricercata negli ultimi anni all’interno del settore IT è proprio il programmatore informatico. Il settore informatico, così come l’ambito della consulenza aziendale, è composto da poche grandi aziende, società multinazionali, e molte piccole e medie aziende, costituendo un ambiente molto competitivo.

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2 Scendendo nel dettaglio dell’analisi dei principali strumenti informatici a supporto delle attività aziendali, viene successivamente approfondita la tematica legata allo sviluppo software mediante l’analisi dell’intero processo di sviluppo, dall’analisi dei requisiti, all’implementazione, alla fase di testing e manutenzione nel tempo, e degli attori coinvolti in ciascuna delle fasi del processo stesso. L’ultima parte del capitolo argomenta nel particolare il settore della consulenza informatica. La richiesta di un servizio di consulenza informatica può essere legata a diverse esigenze, in termini di progettazione, realizzazione e installazione, attività di manutenzione e aggiornamento, monitoraggio dei rischi legati a malfunzionamenti, anomalie e vulnerabilità di sistemi e soluzioni informatiche, per le quali una società ha bisogno di un intervento di risorse altamente specializzate, soprattutto qualora in azienda non vi siano competenze e risorse sufficienti per implementare il servizio IT richiesto. Molte società di consulenza informatica però ricercano e assumono personale solamente dopo aver accertato che una persona sia in linea e risponda esattamente alle esigenze particolari del cliente. Queste aziende, esattamente come farebbe un’agenzia per il lavoro, prima di assumere una risorsa organizzano un colloquio preventivo con il cliente e, in caso di esito positivo dell’incontro, assumono la risorsa solamente per mandarla presso la sede dell’azienda committente del lavoro/progetto. Questa modalità operativa, denominata Body Rental, viene utilizzata in un’ottica orientata puramente alla soddisfazione temporanea del cliente e non a costruire un percorso di inserimento, crescita e sviluppo dei propri dipendenti all’interno dell’azienda.

Il terzo e ultimo capitolo argomenta il caso studio relativo alla società SI2001. Partendo dalla storia dell’azienda, ricostruita grazie al confronto diretto con l’Amministratore Delegato, vengono analizzate nel dettaglio le principali strategie di crescita adottate nel tempo nell’ottica di una crescita continua, sia in relazione all’organico interno, sia in termini di competenze tecniche sempre aggiornate che, di conseguenza, di fatturato. SI2001 è una società che oggi si discosta totalmente dalle modalità di gestione delle risorse umane legata al Body Rental, grazie sia al rapporto di fiducia con alcune società clienti, sia alle differenti modalità lavorative, o linee di business, su cui vengono coinvolti i programmatori. A seguito dell’analisi delle dimensioni strutturali e dei i fattori contingenti, con un focus sull’ambiente di riferimento legato proprio alla consulenza in ambito IT, il caso studio focalizza

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3 l’attenzione sulla definizione, mediante l’utilizzo del modello Mintzberg, della configurazione organizzativa più adeguata a rappresentare la struttura attuale dell’azienda. L’obiettivo finale della tesi è quello di definire l’organigramma aziendale che permetta, in maniera chiara e sintetica, di rappresentare i legami tra i diversi ruoli e, nel complesso, di definire e capire meglio l’intero sistema aziendale.

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CAPITOLO 1

Natura e finalità della consulenza aziendale

1.1 Una definizione generale

Con il termine “consulenza” si intende quella prestazione professionale, da parte di esperti, professionisti di un settore, che ha l’obiettivo di aiutare, consigliare, assistere un committente sulla base di richieste ed esigenze ben precise. La consulenza aziendale si è sviluppata grazie alla crescente importanza data, nel tempo, allo studio e all’analisi delle diverse pratiche di gestione aziendale. Il supporto consulenziale deriva dall’esperienza, dalle capacità e conoscenze di quelle risorse strategiche che vanno a creare valore aggiunto a realtà aziendali, di grandi, medie o piccole dimensioni, sulla base di determinate necessità, di media o lunga durata. L’utilizzo di risorse strategiche ha il fine di definire e implementare delle soluzioni e delle scelte altrettanto strategiche, fondamentali per la crescita di un’azienda o per la sopravvivenza di organizzazioni in crisi. Nella situazione economica attuale le aziende sono in forte competizione soprattutto in relazione al fattore tempo, alla rapidità e flessibilità, grazie alle quali è possibile ottimizzare l’efficienza dei processi interni, velocizzandoli, adattandosi al contesto di riferimento, con l’obiettivo di conseguire un miglioramento continuo per poter stare al passo con la concorrenza. Dirigere un’azienda, sia di grandi che di piccole dimensioni, richiede notevoli competenze settoriali che non tutti possono permettersi. Per questo oggi la maggior parte delle aziende si concentra sul proprio Core Business, delegando la gestione di problematiche a persone competenti, realizzando un profitto derivante sia dai costi risparmiati, sia dalla maggiore redditività ottenuta.

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5

1.2 Nascita e sviluppo della consulenza aziendale

La nascita della consulenza risale ai primi anni del ‘900, da inquadrare in un’ottica prettamente ingegneristica. A seguito della rivoluzione industriale di metà ‘800, e quindi dell’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio, i macchinari divennero più grandi e veloci e l’industria, a partire da quella siderurgica, fino a quella più tradizionale come quella tessile, arrivò a contare imprese con oltre 1000 dipendenti. Un aumento così smisurato del personale impiegato nelle manifatture fece emergere problematiche non indifferenti riguardo alla gestione della produzione industriale. L’avvento dello Scientific Management, fondato sulle teorie di Frederick Taylor agli inizi del ‘900 negli Stati Uniti, fu una delle prime risposte significative per accrescere la produttività industriale. Il presupposto su cui si basava l’opera di Taylor era quello per cui è possibile ottimizzare la produzione quando ad ogni lavoratore viene affidato un singolo compito, da svolgere in tempi e modi scientificamente determinati. Taylor sosteneva che le stesse attività di direzione dovessero cambiare, affermando che le decisioni basate su regole empiriche e consuetudini dovessero essere sostituite da procedure precise, sviluppate dopo un attento studio relativo alle singole situazioni1. Proprio a partire dallo studio scientifico dei compiti nasce l’esigenza di rivolgersi a delle persone capaci, a degli esperti dell’efficienza2 in grado di analizzare una determinata situazione, studiando e scomponendo le operazioni del particolare ciclo produttivo industriale, così da definirne la soluzione più ottimale in termini produttivi. La consulenza che emerge a partire dallo Scientific Management si concentra appunto sull’efficienza e la produttività industriale, sull’organizzazione razionale del lavoro, sullo studio di tempi e metodi, sull’eliminazione degli sprechi e la riduzione dei costi di produzione. Negli anni ’20 Elton Mayo, grazie ai famosi esperimenti di Hawthorne3, dimostrò insieme ad

1 Draft R. L., 2014. Organizzazione Aziendale (Quinta Edizione). Santarcangelo di Romagna (RN): Maggioli Editore, p. 25.

2 Kubr, M., 2002. Management consulting - A guide to the profession (Fourth Edition). Geneva: International Labour Organization, p. 32.

3 Esperimenti condotti presso lo stabilimento della Western Electric, intorno agli anni ’30 del ‘900, durante una ricerca sulla possibile relazione tra ambiente di lavoro e produttività dei lavoratori. Da questi esperimenti Mayo dimostrò lo stretto legame tra la produttività e l’atteggiamento nei confronti del lavoro. La possibilità di comunicare i propri sentimenti, di essere ascoltati o semplicemente di essere presi in considerazione, sono elementi fondamentali per migliorare sia la produttività che la motivazione nel lavoro.

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6 un gruppo di sociologi che un miglior rapporto psicologico con i lavoratori, dovuto anche ad una minima percezione di considerazione da parte del Management, portava ad un aumento della motivazione e quindi della produttività. Questi esperimenti servirono da input per avvicinare il mondo della consulenza anche all’ambito delle relazioni umane. Tra gli anni ’20 e ’30 le aziende di consulenza hanno iniziato a guadagnare terreno, non solo negli Stati Uniti e in Inghilterra, ma anche in altri paesi europei industrializzati come Francia e Germania; sia la grandezza che l’operatività di queste società di consulenza era però limitata, sul mercato infatti c’erano poche piccole realtà, i cui servizi venivano utilizzati dalle grandi aziende, rimanendo sconosciuti alla maggior parte delle medie e piccole aziende4. Il settore della consulenza si è però concentrato prevalentemente

sull’ambito tecnico fino alla fine della seconda guerra mondiale, periodo in cui la produzione era logicamente concentrata all’interno dell’industria bellica. A partire dal dopo guerra, da un’industria war-oriented, si passa alla produzione primaria di beni di consumo. Negli anni ’50 l’unico grande mercato veramente omogeneo era quello del Nord America ed è stato da lì che, per andare incontro alle sempre più diverse necessità dei clienti, le società di consulenza hanno iniziato a diversificarsi, specializzandosi in diversi settori e offrendo servizi sempre più nuovi e “su misura”. La maggior parte dei servizi di questi anni comprendeva lo sviluppo di nuovi prodotti, l’assistenza in ambito economico/finanziario, il supporto tecnico per affrontare il repentino progresso tecnologico. A partire dall’attenta osservazione rivolta al funzionamento e all’organizzazione interna delle migliori società industriali venivano estrapolati dei suggerimenti per il cliente che aveva tutta la libertà di coglierli o meno. L’attività di consulenza dei primi anni ’50 si limitava all’analisi e documentazione delle raccomandazioni, senza entrare nel merito dell’adozione e applicazione delle stesse. Dagli anni ’60 la consulenza manageriale comincia ad essere un settore in forte crescita, dove crescente diventa anche la specificità del contesto dell’azienda cliente. Solo a partire dagli anni ’70 inizia ad emergere una consulenza legata anche all’attività di implementazione, dove si concentrano effettivamente le maggiori difficoltà di cambiamento. Proprio da questi anni si assiste all’integrazione tra scienze manageriali e il mondo

4 Kubr (2002), p. 33.

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7 dell’informatica, grazie soprattutto all’arrivo dei microcomputer5, dove l’utilizzo

della tecnologia dell’informazione diviene cruciale in relazione a molteplici aspetti legati alla gestione aziendale. Al tempo stesso, l’innovazione tecnologica ha permesso lo sviluppo di molteplici e sofisticate tecniche utilizzabili dagli stessi consulenti nei loro interventi all’interno delle organizzazioni: dalle analisi di budget alle ricerche di marketing, dallo sviluppo di software specializzati, all’elaborazione dati, tutte soluzioni in grado di produrre risultati concreti e misurabili. Dagli anni ’80, a seguito dell’ascesa delle società giapponesi, le società di consulenza vengono prevalentemente coinvolte con l’obiettivo di ricercare nuovi modelli gestionali e organizzativi. In particolare, iniziano a svilupparsi meccanismi di coinvolgimento dei dipendenti per ottimizzare la qualità dei prodotti e aumentare l’efficienza organizzativa. Le società americane, che fino a questo momento si credevano inattaccabili, iniziano ad entrare in difficoltà e di conseguenza reagiscono mettendo in pratica nuove tecniche: dalla reingegnerizzazione dei processi aziendali, alla riduzione dei livelli organizzativi, alla ridefinizione dei ruoli e conseguente identificazione e responsabilizzazione delle divisioni interne, favorendo l’adozione di una struttura organizzativa a matrice6. Guardando però strettamente al contesto italiano, fino agli anni ’80 le aziende non avevano gli strumenti necessari per poter definire delle strategie interne coerenti e quindi efficaci7. La maggior parte delle realtà italiane dovevano essere assistite e strutturate con l’aiuto di opportune competenze di management d’impresa; alle società di consulenza veniva quindi chiesto di elaborare un coerente piano strategico sulla base della realtà economica di riferimento. Le imprese infatti si adattano alla realtà in cui operano, è naturale che con il tempo cambino le condizioni esterne.

5 Microcomputer è un computer caratterizzato dalla presenza di un singolo microprocessore. Nasce negli anni ’70 e, proprio grazie all’applicazione dei primi microprocessori, queste macchine sono caratterizzate da bassi costi, piccole dimensioni ed elevate capacità di calcolo.

6 Tipo di struttura organizzativa in cui la struttura funzionale, caratterizzata da una direzione suddivisa per singole funzioni, si unisce alla struttura divisionale, caratterizzata invece da una direzione orientata ai prodotti, ai progetti oppure alle aree geografiche di riferimento. Ciascun individuo è soggetto ad entrambe le direzioni e le conoscenze e competenze del personale possono essere condivise tra dipartimenti funzionali e i gruppi di lavoro. Questo tipo di struttura diventa efficace soprattutto nelle grandi aziende che lavorano per progetti, nel momento in cui ci sia la necessità di spostare le risorse su più progetti e attività.

7 Nava, R., 2007. L’evoluzione della consulenza direzionale in Italia. ISTEI Università degli Studi di Milano-Bicocca, disponibile sul sito http://symphonya.unimib.it/article/view/2007.1.08nava (ultimo accesso: 18 novembre 2017)

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8 Solamente quelle realtà aziendali che anticipano i cambiamenti, che rivedono la propria organizzazione e struttura interna, implementando sistemi di gestione innovativi, slegandosi dai condizionamenti del passato, hanno una buona probabilità di crescere con successo. Negli ultimi anni, in virtù anche delle diverse dinamiche dei mercati, della maggiore facilità di circolazione del know-how e della più elevata trasparenza delle azioni dei concorrenti, le imprese hanno acquisito elevate competenze per formulare strategie d’azione interne, sempre più frequentemente però viene chiesto alla società di consulenza un supporto, anche mediante competenza tecnica di settore, per realizzare una strategia già elaborata internamente.

1.3 Caratteristiche generali della consulenza aziendale

La consulenza aziendale si differenzia prima di tutto dalla consulenza rivolta alle persone fisiche, cittadini, lavoratori, consumatori, pazienti che necessitano di un particolare servizio consulenziale totalmente slegato dallo svolgimento di un’attività economica. È bene precisare che il concetto di “consulenza aziendale” non si riferisce ad una particolare tipologia di consulenza ma ad un insieme di consulenze settoriali e specifiche, rivolte al mondo delle imprese e degli enti pubblici. Risulterebbe particolarmente complesso categorizzare in maniera dettagliata le diverse tipologie di intervento consulenziale in ambito manageriale, in quanto, nella maggior parte dei casi, vi è un’intersezione e interdipendenza tra le varie attività8. Ad oggi si possono identificare molteplici servizi di consulenza manageriale, partendo semplicemente dalle suddivisioni funzionali di un’organizzazione, viste le sempre più strutturate divisioni organizzative.

8 Testa, G., 2006. Il management strategico delle società di consulenza. Milano: Franco Angeli, p. 68.

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General Management Planning organizzativo, strategia, …

Produzione Controllo produzione, strumentazioni, …

Amministrazione Office management, gestione procedure, …

Finanza e Controllo Controllo di gestione, valutazione, …

Risorse Umane Amministrazione del personale, formazione,

Marketing Analisi di mercato, previsioni vendite,

immagine, comunicazione, …

Fornitori Acquisti, gestione ordini e scorte, …

Packaging Attrezzature, design, testing, …

Gestione Qualità Certificazione ISO 9000, …

Internazionalizzazione Licensing, tariffe, …

Ricerca e Sviluppo Determinazione e gestione progetti, …

Sistemi Informativi Informatizzazione dei servizi, sviluppo

software, Intranet, …

Servizi Specializzati Recruiting, consulenza legale, …

Quando la consulenza, che sia tecnica, contabile, fiscale, legale, medica, d’immagine, è rivolta ad aziende e non a cittadini-consumatori, rientra nella vasta categoria della consulenza aziendale. Generalmente parlando, la consulenza aziendale va ad agire principalmente su due ambiti in particolare: quello strategico e quello operativo. Per consulenza strategica si intende solitamente una prestazione più “teorica”, formativa, basata sulla trasmissione di conoscenza, di istruzioni e linee guida precise e dettagliate, derivate da una precedente e attenta analisi aziendale e del suo mercato di riferimento, che il cliente dovrà poi mettere in pratica autonomamente, per rinforzarsi e stare al passo con le sempre più svariate richieste del mercato. La consulenza operativa invece non si limita a fornire strumenti per facilitare i processi decisionali ma interviene direttamente sull’attività quotidiana dell’azienda cliente. La consulenza operativa viene utilizzata prevalentemente con lo scopo di implementare materialmente parte delle risoluzioni di un problema. Questa prima distinzione mette in risalto due particolari aspetti di quello che possiamo definire “processo di consulenza”, caratterizzato, come sarà analizzato meglio successivamente, da una fase iniziale di diagnosi e identificazione di un

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10 piano di azione e una fase secondaria di esecuzione delle soluzioni. Nel concreto però le modalità d’intervento dipendono dalle esigenze particolari dell’azienda cliente, se non dalle capacità di intervento dell’azienda di consulenza. Edgar Schein (2002), psicologo statunitense e uno dei principali studiosi della cultura organizzativa, individua tre principali tipologie di intervento consulenziale, differenti per il modo in cui il consulente ragiona e si rapporta con il cliente:

• Modello “vendere e dire”, o modello dell’acquisto, grazie al quale il cliente acquisirebbe delle informazioni importanti che altrimenti non sarebbe in grado di reperire. In questo caso però il cliente ha precedentemente identificato il problema ma, non avendo le competenze e/o il tempo per definirne una risoluzione, si rivolge a degli esperti in materia che solitamente vendono al cliente una soluzione preconfezionata. Questo modello porta con sé una serie di limiti da non sottovalutare. Innanzitutto, risulta indispensabile che il cliente abbia diagnosticato correttamente il problema, così da evitare inutili sprechi di tempo. Inoltre, è fondamentale una corretta e dettagliata comunicazione al consulente delle effettive necessità e della natura delle informazioni da acquisire da parte del cliente, non prima di aver verificato che il consulente disponga delle competenze e capacità professionali richieste.

• Modello “medico-paziente” può essere visto come una variante del modello precedente, con la differenza che il consulente entra in gioco anche nella fase iniziale di diagnosi del problema. Tale modello quindi consiste nell’elaborazione di una diagnosi e proposta di una cura al cliente. Anche questo modello però presenta dei limiti, quali la difficoltà da parte del consulente di conoscere realmente una realtà aziendale in poco tempo, soprattutto quando il cliente risulti restio a rivelare e condividere informazioni importanti al consulente, utili per formulare una corretta diagnosi. Un ulteriore possibile rischio derivante dall’adozione di questo modello potrebbe essere quello per cui il cliente non sia effettivamente in grado di mettere in atto la soluzione propostagli dal consulente, perché la cultura aziendale o la struttura interna gli impediscono di concretizzare le indicazioni ricevute.

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11 • Modello della consulenza di processo, definito e studiato da Edgar Shein, secondo il quale è fondamentale la relazione tra chi chiede aiuto e chi lo fornisce. Shein sostiene infatti che non è un bene imporre determinate soluzioni, è importante invece aiutare a capire insieme quale sia il bisogno effettivo, così che il cliente acquisisca le capacità di diagnosi e di risoluzione delle reali problematiche. Tuttavia, lo studioso ricorda che il problema appartiene solo ed esclusivamente al cliente, il ruolo del consulente deve rimanere quello di supporto, deve quindi aiutare il cliente a risolvere la situazione con le proprie capacità9.

Questi tre modelli brevemente riassunti e ampiamente analizzati da Shein risultano essere, al giorno d’oggi, limitati rispetto a quella che è l’offerta consulenziale a livello aziendale. L’area d’intervento a cui si riferiscono prevalentemente questi modelli è quella più generale relativa allo sviluppo

organizzativo, a cui fanno riferimento obiettivi quali

apprendimento/formazione e cambiamento. Ci sono però almeno altre due modalità di intervento consulenziale da evidenziare:

• Una di queste è la consulenza progettuale, che va oltre la pura logica della formazione, dove agli esperti viene richiesto un intervento partendo dallo studio delle esigenze/richieste del cliente e legato ad una successiva definizione dell’architettura progettuale, legati anche all’eventuale realizzazione di studi di fattibilità, con lo scopo di raggiungere obiettivi ben precisi.

• L’altra modalità d’intervento consulenziale è la “semplice” assistenza alla realizzazione, ruolo sicuramente più operativo, che prevede un affiancamento al personale del cliente come guida e/o supporto all’implementazione di un determinato progetto in consulenza.

Risulta dunque evidente che la consulenza si esercita con modalità diverse in funzione degli obiettivi da raggiungere e delle realtà imprenditoriali che caratterizzano il contesto all’interno del quale si andrà ad operare, oscillando tra una pianificazione più strettamente strategica e una pianificazione più operativa.

9 Cisternino, L., La consulenza di processo. DSL CISTERNINO, disponibile sul sito

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12 Ad oggi possono essere identificate tre tipologie principali di società di consulenza: ci sono quelle società molto grandi e differenziate internamente, solitamente multinazionali, che offrono una vasta gamma di servizi, comprendendo sia prestazioni di consulenza manageriale sia pratiche più strettamente legate alle tecnologie dell’informazione. La seconda tipologia di aziende comprende invece quelle grandi realtà che offrono servizi esclusivamente di consulenza manageriale, specializzate quindi nella consulenza strategica e di gestione. La terza tipologia include tutte quelle piccole e medie realtà, definite solitamente “aziende boutique”, che sono specializzate in specifiche aree e settori di competenza10. In termini generali le società di consulenza hanno, rispetto alle aziende clienti, un notevole vantaggio in termini di know-how, possedendo risorse umane con più esperienza e competenza rispetto al settore nel quale operano. Una società di consulenza, nel momento in cui si ritrova a fornire un servizio professionale, può scegliere differenti modalità di intervento: fornire esclusivamente la consulenza richiesta, limitatamente alle circostanze del caso, oppure potrà condividere le proprie conoscenze, permettendo così al cliente di poter essere in grado di operare autonomamente. Il trasferimento di determinate conoscenze dipende molto dal settore d’intervento e dal rendimento dell’attività stessa. Una società di consulenza infatti potrebbe avere un rendimento molto più alto decidendo di fornire una singola prestazione, poiché un eventuale trasferimento di conoscenze da una società all’altra potrebbe portare ad una drastica diminuzione del bisogno di consulenza per le società clienti. Un altro elemento fondamentale da sottolineare, legato alla scelta di condivisione del proprio know-how, è quello connesso allo sviluppo del settore all’interno del quale opera la società di consulenza. Un settore in continua evoluzione, che richiede risorse sempre aggiornate e all’avanguardia, sarà sicuramente meno restio nella condivisione delle proprie conoscenze, in quanto questa non porta ad una diminuzione della domanda di consulenza.

Generalmente parlando, data la grande quantità di aziende operanti e la loro non omogeneità, il mercato della consulenza è caratterizzato, anche se in termini semplificati, da pochi “Big Players” e da molte piccole e medie imprese11.

Prendendo in considerazione le grandi aziende di consulenza, solitamente sono

10 Testa (2006), pp. 43-44.

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13 delle grandi società multinazionali che offrono un’ampia gamma di servizi ad un target elevato di clienti, appartenenti a diversi settori di attività, i quali necessitano quindi di diverse tipologie di consulenza. La categoria delle PMI comprende invece sia tutte quelle realtà che offrono consulenza economica e strategica, pressoché standardizzata, non avvalendosi di strutture innovativi ma tendenzialmente tradizionali, sia di aziende con un’elevata competenza settoriale, in grado di fornire esperti sempre aggiornati e all’avanguardia. Le grandi società di consulenza tendono ad essere più generaliste rispetto alle imprese di più piccole dimensioni, che sono solitamente più specializzate, in relazione alla varietà di servizi offerti. Le aziende così dette generaliste intervengono in relazione a diverse aree manageriali, focalizzandosi sulla loro interazione e integrazione, occupandosi di preparare e coordinare un determinato progetto, definendo le modalità di intervento e, di conseguenza, le diverse attività; l’intervento di società specializzate invece viene richiesto in relazione ad una specifica area di riferimento. Questa, ovviamente, è un’analisi del tutto generale del mercato consulenziale, essendo infatti in una fase di continua crescita e differenziazione. Nella realtà esistono diverse tipologie di società di consulenza, così come diverse tipologie di cliente con cui lavorare e collaborare, ognuna con la propria struttura organizzativa e le proprie strategie d’intervento, che convivono all’interno di uno stesso ecosistema. Le diverse aziende di consulenza possono essere tra di loro complementari e cooperare all’interno di uno stesso progetto, oppure in forte competizione da dover sfruttare meglio degli altri consulenti il proprio bagaglio di conoscenze specifiche, se non operando all’interno dei propri settori a prezzi più vantaggiosi, oppure possono essere completamente slegate, da rivolgersi a realtà aziendali totalmente differenti.

1.4 La relazione tra consulente e cliente

La relazione tra cliente e consulente varia in base alla tipologia di collaborazione richiesta dal cliente, all’esperienza e alla professionalità del consulente, alla modalità di approccio al lavoro caratterizzanti della stessa società di consulenza. Per raggiungere concretamente determinati obiettivi comuni sarà sicuramente necessario instaurare un rapporto tale da permettere di lavorare sinergicamente. Tre dimensioni fondamentali su cui basare tale rapporto, con lo scopo di creare un

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14 legame produttivo e soddisfacente per entrambe le parti sono: collaborazione, condivisione della conoscenza e fiducia. Senza la collaborazione delle parti non ci sarà mai una consulenza efficiente. La condivisione della conoscenza, tra le parti, serve invece ad ottimizzare i tempi di elaborazione e risoluzione delle richieste. Di conseguenza la collaborazione, il trasferimento della conoscenza, quindi trasparenza reciproca, generano un equilibrio più che positivo sia per la relazione stessa, grazie al clima di fiducia raggiunto, sia per il benessere della realtà aziendale all’interno del quale si concretizza la collaborazione.

1.4.1 La figura del cliente

Tempi incerti, difficoltà nel reperire le informazioni, gestione di problematiche specifiche e imprevisti dell’ultimo momento, riorganizzazione aziendale, bisogno di competenza tecnica di settore, questi sono solamente alcuni dei motivi per cui una qualsiasi azienda potrebbe aver bisogno di un intervento consulenziale. Nell’ambito della consulenza aziendale il cliente, nel senso più generico del termine, è quell’organizzazione che utilizza, con degli obiettivi ben definiti, i servizi professionali e la competenza tecnica di una società esterna. Volendo elencare le svariate motivazioni che spingono una società a ricercare un aiuto nell’ambito della consulenza, possiamo identificare questi punti principali12 :

Bisogno di competenza e conoscenza tecnica di settore, nel momento in cui

le risorse interne all’azienda non sono in grado di affrontare una determinata problematica in maniera efficace o nel caso in cui ci sia bisogno di supporto per la presa di decisioni particolarmente importanti, dove sia richiesto un punto di vista esterno imparziale.

Intervento professionale temporaneo, quando la competenza tecnica è

presente all’interno dell’azienda cliente ma non in numero sufficiente in relazione ad una determinata esigenza temporanea, per il raggiungimento di determinati obiettivi. In questo caso i consulenti vanno ad aggiungersi allo staff dell’azienda

12 Kubr (2002), pp. 10-16.

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15 cliente per un determinato periodo di tempo, sulla base della lunghezza e visibilità di un progetto o di una particolare esigenza.

La ricerca di un punto di vista esterno ed imparziale, quando, nella presa

di decisioni importanti o all’interno di dinamiche aziendali particolari, il personale di un’azienda possa essere influenzato dal loro stesso coinvolgimento. Situazioni simili potrebbero impedire di vedere in maniera imparziale le problematiche in analisi.

Apprendimento e crescita, se lo scopo dell’azienda cliente non è quello di

trovare la soluzione ad un determinato problema ma quello di acquisire delle particolari competenze tecniche, metodologie d’azione in modo da diventare autonomi nell’identificazione di problemi o nell’implementazione di cambiamenti. La consulenza, in questo caso, diventa una vera e propria opportunità di apprendimento, importando nuove importanti competenze all’interno dell’organizzazione.

Identificazione di nuove opportunità e di un approccio innovativo, quando

un’azienda decide di richiedere un intervento consulenziale per far emergere nuove idee e identificare nuove opportunità di business, mediante un’attenta analisi diagnostica da parte di esperti del settore, che possano trasformarsi in una serie di iniziative concrete e innovative.

Sostegno per l’implementazione di cambiamenti, quando l’azienda cliente

vuole intraprendere un processo di cambiamento, che può riguardare singole aree aziendali, così come l’intera struttura organizzativa, con significativi impatti sia di carattere organizzativo, sia di modificazione delle strutture, sia e soprattutto dei comportamenti delle persone. Senza cambiamento infatti un’azienda rischia di affondare, proprio perché questo avvenga in maniera efficace ed efficiente è necessario un intervento consulenziale, così da definire un’adeguata progettazione dell’intervento, con l’obiettivo di crescere e innovarsi.

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16

1.4.2 La figura del consulente aziendale

Chi lavora in una società di consulenza deve possedere alcuni requisiti fondamentali, sempre parlando in termini assolutamente generali, al fine di interfacciarsi al meglio sia con le persone sia con le situazioni che dovrà affrontare all’interno delle realtà delle aziende clienti. Ovviamente il rapporto tra azienda cliente e consulenti aziendali varia a seconda del contesto, della seniority e delle problematiche da affrontare, e di conseguenza dipende dal progetto all’interno del quale i consulenti vengono inseriti e si trovano ad operare. Solitamente il consulente viene visto sia come “problem-finder” che come un “problem-solver”, in relazione a diversi livelli d’intervento e al settore di riferimento. È importante per i consulenti avere delle importanti capacità diagnostiche, che gli permettano di fare delle valutazioni oggettive e puntuali sulle problematiche per il quale è stato richiesto il loro intervento. Le capacità di diagnosi sono strettamente connesse alla capacità di ascolto, che rientra all’interno delle così dette “soft skills”, grazie alla quale sarà possibile capire in maniera tempestiva la situazione e di conseguenza utilizzare gli strumenti più adatti per affrontarla. Sicuramente il consulente deve possedere delle spiccate capacità di adattamento e di inserimento all’interno di contesti aziendali e gruppi di lavoro sempre nuovi e pressoché sconosciuti. L’adattabilità diventa quindi flessibilità, in quanto nessuna situazione o progetto sarà mai uguale ad un altro. La consulenza porta inoltre a relazionarsi e interfacciarsi con realtà aziendali diverse e, di conseguenza, a instaurare relazioni con persone altrettanto differenti. L’empatia è quindi un’altra caratteristica di un buon consulente, la capacità di interagire sia con il clima generale di un’azienda, sia con le diverse personalità che la compongono. Essere un consulente vuol dire quindi mettere a disposizione dell’azienda cliente le proprie competenze, per realizzare qualcosa di concreto. Per fare questo serve molta determinazione, competenza ma soprattutto molta passione per il proprio lavoro13.

13 http://blog.bvolution.it/consulenza-aziendale/quali-sono-le-caratteristiche-di-un-bravo-consulente-aziendale (ultimo accesso: 18/04/18)

(22)

17

1.5 Analisi del processo consulenziale

Il consulente può ritrovarsi ad operare in modalità completamente differenti, una volta entrato in contatto con l’azienda cliente. Possono però essere individuate due dimensioni principali che regolano le dinamiche della prestazione consulenziale14:

Dimensione tecnica: riguarda la natura del problema o del servizio richiesto

dall’azienda cliente e le competenze e capacità richieste, con cui il consulente può essere in grado di intervenire. Il cliente, solitamente, si aspetta dal consulente una notevole esperienza tecnica nell’area specifica di interesse ma spesso, soprattutto per i profili più junior, le prime esperienze servono per formarsi, così come, anche per i profili con più esperienza, ogni nuovo progetto o nuova sfida serve per crescere e strutturarsi sempre di più.

Dimensione umana: riguarda nello specifico la relazione che viene a

crearsi tra il consulente e l’azienda cliente. Il consulente può ritrovarsi a lavorare all’interno di un team piuttosto vario, composto da più persone con ruoli e seniority differenti, se non da altri consulenti provenienti da differenti società. Proprio per questo possono essere scelte diverse modalità di interrelazione, sulla base della natura del problema o del progetto all’interno del quale il consulente si ritrova a collaborare, considerando anche la propria personale esperienza lavorativa e l’attitudine particolare dell’azienda cliente. Quello che conta è che la collaborazione porti al raggiungimento congiunto di un risultato concreto e soddisfacente per il cliente.

1.5.1 Le fasi del processo consulenziale

Tenendo sempre presente che realizzare un’analisi generale del mondo della consulenza non è facile, viste le infinite varianti sia riguardanti i diversi settori di specializzazione e la conseguente varietà dell’offerta, sia le sempre più diverse ed esigenti richieste delle aziende clienti, è possibile individuare un modello, pressoché universali, che permette di individuare le tappe principali del processo consultivo. Tale modello si struttura su cinque stadi principali: entrata, diagnosi,

14 Kubr (2002), p. 2.

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18 pianificazione dell’intervento, implementazione e chiusura. Tale suddivisione non è assolutamente applicabile a tutti e problemi per i quali viene richiesto un intervento consulenziale, può risultare però un ottimo schema per strutturare e pianificare determinati progetti e interventi in azienda. Prendendo in considerazione quindi un “tipico” intervento consulenziale possiamo dire che il consulente e il cliente instaurano un rapporto, per un certo periodo di tempo, sulla base di una serie di attività che hanno l’obiettivo di raggiungere determinati scopi e obiettivi. Questo processo, chiaramente, avrà una fase iniziale in cui si crea una relazione, in cui si definiscono degli obiettivi e di conseguenza inizia l’attività collaborativa, e una fase finale in cui il consulente, al termine dell’attività, al concludersi di un progetto, lascerà l’azienda cliente. Tra queste due fasi estreme del processo si inseriscono una serie di fasi intermedie, utili per strutturare le attività, affrontare imprevisti e procedere in maniera lineare da un’operazione all’altra.

Tabella 1: Fasi del processo di consulenza (Kubr, 2002)

1 – Entrata

2 – Diagnosi

3 – Pianificazione dell’intervento

4 – Implementazione

5 – Chiusura

• Primo contatto con il cliente • Diagnosi preliminare del problema o

progetto

• Ricerca e analisi dati

• Analisi dettagliata delle problematiche o del progetto

• Sviluppo soluzioni • Valutazioni alternative

• Pianificazione degli incarichi e delle attività

• Pianificazione dell’implementazione • Contributo e assistenza

all’implementazione

• Aggiustamento delle proposte • Training

• Verifiche • Report finale

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19

Entrata: fase primaria in cui inizia la collaborazione tra cliente e

consulente, scelto perché persona con particolari competenze e capacità, in linea con ciò di cui ha bisogno l’azienda. In questa prima fase vi è una identificazione e chiarificazione di determinati ruoli all’interno di contesto o gruppo di lavoro, derivante da un’analisi preliminare del problema o della fattibilità di un determinato progetto.

Diagnosi: analisi approfondita delle problematiche o delle modalità di

sviluppo di un progetto. Durante questa fase il cliente ed il consulente collaborano nell’identificazione della tipologia di cambiamento, di intervento, di sviluppo richiesto. La fase diagnostica serve quindi a individuare e sintetizzare delle conclusioni su come orientare il lavoro mediante delle proposte di interventi.

Pianificazione dell’intervento: durante questa fase vi è un confronto per

identificare le possibili soluzioni del problema, le modalità di intervento o di organizzazione di un gruppo di lavoro, con conseguente redistribuzione degli incarichi sulla base dei diversi ruoli e delle specifiche competenze. La pianificazione degli interventi richiede una collaborazione proattiva, creatività, attenta esplorazione di eventuali alternative fattibili e l’eliminazione di soluzioni che potrebbero risultare controproducenti o superflue.

Implementazione: questa fase include una serie di attività al fine di

concretizzare ciò che è stato definito sulla base delle fasi precedenti. È la fase di realizzazione del progetto, lo sviluppo di ciò che è stato pianificato. Durante questa fase potrebbero sorgere degli intoppi, delle problematiche che non erano state preventivate, per questo il piano d’azione iniziale potrebbe subire degli aggiustamenti o importanti modifiche. Il monitoraggio e un’attenta gestione dell’implementazione divengono fasi altrettanto fondamentali per il raggiungimento di risultati ottimali.

Chiusura: l’ultima parte del processo di consulenza può includere diverse

attività. Vi è un’analisi generale dei risultati raggiunti e degli interventi portati a termine, insieme ad una verifica del lavoro e del contributo dato dallo stesso consulente rispetto al risultato. Nel caso di un progetto sviluppato, durante la fase di chiusura potrebbero essere svolti dei test al fine di verificare l’efficacia di ciò che è stato realizzato, prevedendo un possibile ritorno alla fase di implementazione

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20 qualora sorgessero problematiche su cui fosse necessario un intervento immediato. Alla fine, potrebbe esservi una richiesta da parte dell’azienda cliente di prosecuzione della collaborazione, sia per ultimare le attività appena realizzate sia per ulteriori progetti o interventi. Se così non fosse, il rapporto di collaborazione giunge al termine a seguito di un mutuo accordo.

A questa strutturazione generica del processo della consulenza va aggiunta una fase finale, ovvero la fase di Follow Up. Con il termine Follow Up di intende un insieme di operazioni di verifica dei risultati di un’azione definita e sviluppata precedentemente, che porta ad un eventuale intervento successivo di aggiustamento. Questa fase di verifica potrebbe essere inserita anche all’interno del processo di sviluppo, per “fare il punto”, con dei controlli periodici e programmati, anche durante fase di implementazione, soprattutto in relazione a progetti più corposi e impegnativi. In realtà questi controlli intermedi rientrano più specificatamente in una supervisione rivolta all’implementazione di quanto pianificato durante la fase precedente. Al termine del progetto invece, a distanza di 6 mesi/un anno, un consulente che si rispetti torna in azienda per effettuare delle attività di monitoraggio, per vedere che tutto continui a funzionare correttamene. Qualora venissero evidenziate delle problematiche sarà necessario pianificare un piano di intervento per risolvere le criticità evidenziate.

Ovviamente un consulente può entrare all’interno di un particolare progetto o processo di sviluppo e cambiamento sia a partire dalla fase iniziale, seguendo così l’evoluzione sin dall’inizio, sia ad una fase avanzata, per intervenire su problematiche ben precise o imprevisti inaspettati. Questo dipende sicuramente sia dal settore di specializzazione all’interno del quale il consulente lavora sia dalle singole richieste e necessità dell’azienda cliente. Ogni società di consulenza inoltre ha la propria organizzazione interna e la propria strategia all’interno di un mercato sicuramente in crescita e in forte competizione. Come sottolinea Roberto Nava nel suo articolo “Evoluzione della consulenza direzionale in Italia”, nei prossimi anni le società di consulenza tenderanno sempre più a specializzarsi, alcune si focalizzeranno sul supporto del così detto “ciclo di attuazione” della strategia, dalla sua formazione, all’attuazione nel concreto, al controllo continuo nel tempo. Le altre società consulenziali invece si focalizzeranno sull’efficienza dei processi legati ai sistemi ICT aziendali. Successivamente verrà esplorato in maniera più

(26)

21 approfondita il mondo della consulenza informatica, in relazione al mercato di riferimento italiano.

(27)

22

CAPITOLO 2

La consulenza nel settore dell’Information Technology

2.1 Differenza tra ICT e IT

Alcune volte succede di sentir parlare del settore ICT, Information and Communication Technology, altre volte del settore IT, Information Technology; ma quale è la differenza tra questi due settori? I due acronimi differiscono della lettera C, che sta per “Communication”, presente o meno nell’acronimo. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione rappresentano l’insieme delle metodologie e degli strumenti tecnologici che forniscono l’accesso alle informazioni attraverso le telecomunicazioni. A differenza dell’Information Technology infatti l’ICT è focalizzata di più sulle tecnologie di comunicazione, quali reti wireless, internet, telefoni cellulari ed altri mezzi di comunicazione. Il settore dell’IT invece comprende tutte quelle tecnologie, dalle molteplici tipologie di computer, ai sistemi di archiviazione, di networking ed altri dispositivi fisici, infrastrutture e processi che portano alla realizzazione dei sistemi informativi, ovvero tutti quei sistemi in grado di ricevere, trasmettere, scambiare ed elaborare notizie e dati elettronici in ogni formato.

“IT is to ICT as literacy is to books, journals or screen display”15

Prendendo in considerazione questo paragone, la differenza che emerge tra ICT e IT sarebbe quella per cui l’ICT rappresenterebbe l’insieme delle tecnologie informatiche mentre l’IT sarebbe la disciplina, costituita dai sistemi e dal know-how, che le utilizza. Un'altra relazione che viene ipotizzata tra il settore IT e quello ICT è quella per cui l’IT, inteso come utilizzo delle tecnologie per la sola elaborazione e conservazione dei dati, sarebbe un sottoinsieme dell’ICT. L’ICT, secondo questa interpretazione, sarebbe l’estensione del settore IT al settore Comunicazione, comprensivo sia delle telecomunicazioni (come ad esempio la telefonia fissa e mobile), sia dei media (soprattutto quelli televisivi). L’acronimo

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23 ICT verrebbe quindi utilizzato per dare enfasi all’importanza del multimediale nella rete internet. In realtà i due acronimi vengono utilizzati, per lo più, in maniera equivalente, tanto che ad oggi la questione relativa alla reale differenza tra i due acronimi rimane ancora aperta. Per convenzione, e per dare una maggiore enfasi all’infrastruttura delle tecnologie informatiche, all’interno di questo elaborato verrà argomentato il settore IT, senza però fare alcuna marcata differenziazione rispetto al settore ICT.

2.2 L’importanza dell’IT in azienda

Al giorno d’oggi, il patrimonio aziendale dipende quasi solo esclusivamente dalle tecnologie informatiche. Clienti, fatture, fornitori, ordini, buste paga, marketing, disegni tecnici, posta, relazioni, decisioni strategiche, sono solamente alcuni tra i più importanti aspetti legati ad una realtà aziendale strettamente legata all’Information Technology. Alla base di qualsiasi attività all’interno di un’organizzazione ci sono le informazioni e queste finiscono inevitabilmente all’interno di un sistema informatico che rappresenta il cardine intorno al quale ruotano tutte le azioni di business aziendali.

2.2.1 Differenza tra sistema informativo e sistema

informatico

L’informazione, all’interno di un’organizzazione, costituisce sicuramente un elemento fondamentale per il suo funzionamento. Questa preziosa risorsa deve essere trattata e custodita con estrema cura e, allo stesso tempo, ogni organizzazione deve avere la possibilità di elaborarla in maniera altresì tempestiva. Il sistema informativo può essere definito tecnicamente come l’insieme di strumenti interconnessi, di processi e procedure ben definiti e di risorse (umane e materiali) che gestiscono la risorsa informazione. Il sistema informatico invece deve essere visto come un sottoinsieme del sistema informativo, ovvero uno degli strumenti che

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24 permette di raccogliere, elaborare, scambiare, archiviare le informazioni per supportare le attività decisionali e di controllo di un’azienda16.

Il sistema informatico è quindi la “porzione informatizzata” del sistema informativo che comprende un insieme molto ampio di tecnologie utilizzate dalle organizzazioni per rispondere ai cambiamenti:

• I sistemi hardware (alla lettera “componente rigida”) costituiscono l’insieme degli elementi fisici utilizzati per le attività di input, elaborazione e output di un sistema informatico. L’hardware è costituito dai computer veri e propri e da tutte quelle componenti fisiche, come scheda madre, scheda video, stampante, mouse, monitor, e mezzi che collegano questi dispositivi tra di loro.

• I software (alla lettera “componente morbida”) sono dei programmi che possono controllare e coordinare i sistemi hardware ma anche svolgere determinati compiti che guidano il funzionamento del computer.

16 Laudon, K.C., Laudon, J.P., 2006. Management dei sistemi informativi (Seconda edizione italiana). Milano: Pearson Education, Prentice Hall, p. 17.

Sistema informativo

Sistema informatico Risorse fisiche Risorse umane

Hardware Software

Sistema organizzativo Ambiente esterno

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25 • Firmware sono un insieme di tecnologie di memorizzazione che includono sia i mezzi fisici per la memorizzazione dei dati sia i software per la loro organizzazione e la gestione del loro accesso.

• Le tecnologie delle comunicazioni sono costituite sia da dispositivi fisici sia da software, che collegano i diversi elementi hardware e trasferiscono i dati da un luogo fisico ad un altro. Una rete connette due o più dispositivi permettendo loro di condividere e scambiarsi dati e risorse. Internet, rete costituita da sotto reti pubbliche e private, è la rete più grande e più utilizzata al mondo17.

L’esistenza di un sistema informativo può essere in parte indipendente dalle tecnologie informatiche, e quindi dall’automazione, quando ovviamente dati e procedure sono estremamente ridotti. In questo elaborato si farà però riferimento a sistemi informativi aventi una componente informatica.

2.2.2 L’evoluzione

storica dell’IT all’interno delle

organizzazioni

Ripercorrendo brevemente l’evoluzione storica dei sistemi informatici all’interno delle realtà organizzative è possibile soffermarci su alcuni aspetti caratterizzanti di ciascuna epoca.

Negli anni ’60 nasce il concetto di sistema informativo “computer based” grazie ad una diffusione capillare dei mainframe18. È proprio in questi anni che inizia ad emergere, all’interno delle organizzazioni, la necessità di avere un supporto idoneo a migliorare l’efficienza e la produttività dei processi operativi. La tecnologia informatica inizia a diventare fondamentale in questa prima fase soprattutto in relazione a quelle aree aziendali che prevedevano attività ripetitive e sistematiche su grandi quantità di dati come l’elaborazione di fatture, paghe e contabilità; più generalmente parlando si fa riferimento all’ambito amministrativo. Mentre da un lato l’introduzione di queste tecnologie portava una serie di vantaggi quali la riduzione degli errori, e quindi una correttezza maggiore dei risultati e una maggiore

17 Laudon, K.C., Laudon, J.P (2006), p.28.

18 Grande computer costituito da una potente unità centrale di elaborazione dati capace di gestire molti programmi contemporaneamente, alla quale sono collegati numerosi terminali.

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26 produttività settoriale, dall’altro non vi era ancora la possibilità di integrare e condividere dati comuni tra settori diversi, tanto meno la possibilità di generare informazioni d’interesse per l’intera organizzazione.

Negli anni ’70, ad una distanza di soli 10 anni, sono emersi nuovi strumenti che hanno favorito la gestione integrata dei dati nelle organizzazioni, primo tra tutti il database. I dati trattati automaticamente non erano suddivisi per interessi settoriali, ma venivano trattati globalmente, in modo che ciascuna informazione, nonostante fosse rappresentata una volta sola, potesse essere utilizzata per attività diverse all’interno del sistema informativo.

È a partire dagli anni ’80 però che inizia a diffondersi il Personal Computer, l’elaboratore personale che, grazie ai progressi delle memorie magnetiche tradizionali e all’affermarsi delle memorie ottiche, permette l’elaborazione e archiviazione delle informazioni in varie e differenti forme come dati, immagini, testi suoni. Lo sviluppo di un’informatica individuale cambia anche la stessa concezione dell’Information Technology all’interno delle organizzazioni: si passa infatti da un’automazione dei processi interni ad una reingegnerizzazione19 vera e

propria degli stessi processi e dell’intero sistema informativo dell’organizzazione20. La sempre più crescente diffusione dei PC tra gli anni ’80 e gli anni ’90 servì da rampa di lancio per lo sviluppo di sistemi software: fogli di testo e di calcolo, software per la presentazione e piccoli programmi per la gestione dei dati. Questi PC rimasero però sistemi isolati fino a che, a partire dagli anni ’90, il software dei sistemi operativi non consentì la possibilità di collegarsi in rete.

Gli anni ’90 sono considerati l’era del Web. Nonostante Internet avesse iniziato a diffondersi già a partire dagli anni ’80, è nei primi anni ’90 che vi è la possibilità nella maggior parte dei paesi, tra i quali l’Italia, di connettersi a questa rete e quindi al recente World Wide Web che, nel giro di poco tempo, è divenuto uno dei motori dello sviluppo economico mondiale. Lo sviluppo del Web apre nuovi scenari e prospettive sicuramente rivoluzionarie per il business. Nascono i primi siti aziendali e i siti dedicati all’E-commerce. La gestione dei processi interni però non risulta

19 Re implementazione radicale dei processi aziendali, in questo caso in stretta relazione alle innovazioni del sistema informatico, al fine di migliorare quei parametri critici delle prestazioni e aggiungervi maggiore funzionalità e qualità.

20 https://www.slideshare.net/stefanoepifani/lezione-1-il-ruolo-delle-tecnologie-nella-comunicazione (ultimo accesso 07/01/2018)

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27 ancora particolarmente omogenea a causa della difficoltà iniziale di molte grandi aziende di integrare le proprie reti locali in un unico ambiente informatizzato coerente.

A partire dagli anni 2000 le aziende comprendono la necessità di sviluppare modelli di gestione integrati derivanti dalle possibilità dovute alle nuove tecnologie informatiche e alla rete Internet. Iniziano quindi a svilupparsi veri e propri processi di integrazione tecnologica con l’obiettivo di rendere sempre più uniforme il processo di digitalizzazione delle attività di comunicazione interna ed esterna. Ovviamente non sono da banalizzare i passaggi e le difficoltà per arrivare a dei veri e propri sistemi di gestione integrati. La realtà dei fatti evidenzia infatti quanto i diversi passaggi di integrazione delle tecnologie informatiche all’interno delle organizzazioni siano stati e continueranno ad essere molto difficili, e quindi lenti, ma soprattutto molto costosi21. La verità, al giorno d’oggi, è che il mondo

dell’Information Technology legato alle reti di comunicazione è sempre più pervasivo. La rete segue e condiziona sempre di più la vita delle persone dentro e fuori l’organizzazione.

Lo schema qui di seguito evidenzia quelli che sono gli sviluppi più recenti delle tecnologie informatiche che influenzano e influenzeranno sempre di più la struttura delle organizzazioni e l’immagine delle stesse realtà aziendali.

Figura 1: Evoluzione della Digital Transformation (https://iquii.com/2016/11/02/evoluzione-digital-transformation/: ultimo accesso: 07/01/2018)

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28 La nascita dei Social Network ha significato per le aziende lo sviluppo di un potentissimo canale di comunicazione da cui non poter prescindere per attuare delle strategie efficienti, soprattutto legate al settore del marketing. Social Network vuol dire comunicazione e per le organizzazioni diventa fondamentale definire cosa comunicare attraverso i canali Social e in quale modo farlo, partendo sempre però da quello che gli utenti si aspettano da queste comunicazioni, per far sì che il brand e la stessa società divengano sempre più conosciuti. Oltre a questo è importante evidenziare l’influenza che, a sua volta, ha avuto l’introduzione dei dispositivi Mobile sul mercato, i quali rendono l’utilizzo dei social ancora più semplice e immediato.

In quanto a immediatezza nell’accesso, bisogna fare riferimento ai servizi Cloud. Il Cloud computing permette alle aziende di memorizzare infinite quantità di dati sulla rete Internet, ovvero “nella Cloud”, mediante l’utilizzo di un server remoto e non più locale. Oltre ad un notevole risparmio di costi, in quanto lo stesso PC diviene un terminale dal quale è possibile accedere a servizi online, il vantaggio principale di questa tecnologia è quello per cui i dati sono infatti accessibili da più persone contemporaneamente, da qualsiasi posto che abbia una connessione Internet. Al tempo stesso però un’esposizione così importante di dati e applicazioni sulla rete Internet porta a problemi di vulnerabilità e configurazione che potrebbero mettere in crisi l’intero sistema organizzativo a causa di un’eventuale catastrofica perdita dei dati22. La preziosa risorsa informazione viene sempre più custodita, seppur accuratamente, su supporti informatici e proprio per questo ogni organizzazione deve essere in grado di garantire la sicurezza dei propri dati, soprattutto in una realtà dove i rischi informatici causati dalle violazioni dei sistemi di sicurezza aumentano in continuazione.

La sicurezza del Cloud è strettamente legata ad un altro ambito informatico di assoluta rilevante importanza: i Big Data. Per Big Data analysis si intende un insieme di tecnologie e metodologie per l’analisi massiva di dati che, associate a sofisticate analisi di business, danno indicazioni sulle condizioni attuali di mercato, sul comportamento dei clienti, rendendo l’attività decisionale più efficace e veloce, per battere sul tempo le scelte della concorrenza. I Big Data stanno diventando un

22 http://nova.ilsole24ore.com/esperienze/i-problemi-di-sicurezza-del-cloud-computing-quali-sono-e-come-ridurli/?refresh_ce=1 (ultimo accesso: 07/01/2018)

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29 enorme potenziale, non solamente in ambito commerciale, ma anche sociale, finanziario e sanitario. Big Data e sicurezza devono però viaggiare sullo stesso piano, in quanto, oltre ad essere sicuramente una grande opportunità, sono immense moli di dati di diversa tipologia, raccolti da fonti diverse e in modi altrettanto differenti. La maggior parte delle piattaforme che gestiscono i Big Data sono all’interno dei sistemi Cloud, per cui, con maggior ragione, risulta fondamentale investire sui sistemi di sicurezza informatica legati alle piattaforme Cloud.

L’ambito della sicurezza informatica, seppur giovane che sia, sta diventando uno dei temi più rilevanti, soprattutto per le aziende, e costituirà uno degli investimenti principali dei prossimi anni. Il concetto di sicurezza si lega anche ai dispositivi Mobile, nonostante determinino il vantaggio di avere l’azienda “a portata di mano”, devono essere a loro volta protetti, allo stesso livello dei PC23.

L’Internet of Things e la realtà virtuale sono tecnologie recenti che costituiranno un business sempre più tangibile. L’IoT, che impatta principalmente sull’erogazione di prodotti e servizi altamente innovativi, consiste nel collegamento in rete degli oggetti che ci circondano, i quali comunicano in rete i propri dati e possono ricevere informazioni e istruzioni a distanza, ottimizzando tempi e modi di condurre le proprie attività quotidiane.

Il concetto di realtà virtuale invece viene spesso associata a quella aumentata, seppur costituendo due tecnologie molto differenti. La realtà virtuale infatti consiste nella fruizione di contenuti virtuali, mediante l’utilizzo di un apposito casco, che prendono il posto del mondo reale attorno all’utente24. Questa tecnologia è associata

prevalentemente al mondo del Gaming, per creare esperienze altamente realistiche ed entusiasmanti per gli utenti appassionati. Ipoteticamente, un domani, la realtà virtuale potrebbe divenire un importante mezzo di formazione, molto più coinvolgente rispetto alle piattaforme E-learning di oggi. La realtà aumentata, al contrario della realtà virtuale, non annulla il mondo reale a favore del virtuale, ma aggiunge dei contenuti a partire da ciò che è presente intorno all’utente. La realtà aumentata prevede che diversi contenuti (immagini, video, oggetti tridimensionali, schede prodotto, collegamenti ipertestuali) possano comparire sullo schermo dei

23 http://www.assintel.it/soci/gruppi-di-lavoro/gruppo-sicurezza-informatica-assintel/ (ultimo accesso 07/01/2018)

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30 dispositivi mobile dell’utente nel momento in cui la fotocamera del dispositivo (o lo sguardo dell’utente, come nel caso degli Smart Glasses) punta e riconosce un oggetto della realtà collegato a questi contenuti. Questo tipo di tecnologia viene utilizzato in moltissimi ambiti, come quello del marketing, per migliorare l’esperienza di scelta e acquisto di beni da parte degli utenti ma anche in ambito turistico, sia per divertire e diversificare l’esperienza di visita, sia per valorizzare il patrimonio culturale di un territorio fornendo informazioni chiave, in tempo reale, sui luoghi visitati.

Facendo riferimento ai dati emersi dall’ Assintel25 Report, la ricerca sul mercato ICT e digitale italiana, si evidenzia che il mercato dell’Information Technology italiano, trainato dalle nuove tecnologie e da un'economia sempre più digitale, nell’arco dell’anno 2017 ha confermato un andamento positivo, con un indice di crescitadel +3,1%, continuando l’ascesa anche nel 2018, con una stima del +1,9%. Lo spostamento della spesa aziendale verso i progetti di Digital Transformation allarga la forbice tra "nuova" e "vecchia" ICT. Tra le nuove tecnologie, il Cloud computing risulta in forte crescita con il 27,8% in più, Big Data al 20,9%, IoT al 16,4%, anche se il primato spetta alla realtà virtuale e aumentata con un indice di crescita pari al 335%. Analizzando per macro-segmenti il mercato ICT italiano nel 2017, abbiamo l'hardware a +6,2%, il software a +3%, i servizi IT a +1,5% e infine i servizi di telecomunicazione, in negativo, a -1,6%.

Da un sondaggio su oltre 1000 aziende utenti, condotto sempre da Assintel, emerge che la maggior parte delle imprese ha fiducia nel 2018, aspettandosi una crescita del proprio fatturato (oltre il 40% delle medie imprese e oltre il 60% delle grandi imprese). I settori più ottimisti, in linea generale, risultano il turismo, il commercio al dettaglio e il settore delle banche. In tale contesto, soprattutto le grandi imprese, stanno pianificando importanti investimenti su progetti legati alla Digital Transformation; in figura 2 è possibile vedere una previsione delle priorità delle aziende in relazione al settore IT nell’arco dell’anno 2018.

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Figura 2: Previsione priorità delle spese aziendali nell’anno 2018 in relazione al settore IT.

(https://www.zerounoweb.it/cio-innovation/assintel-report-2018-numeri-e-tendenze-della-nuova-it/: ultimo accesso 03/02/2018)

Il business e la competitività delle aziende saranno sempre più legati alla capacità di creare prodotti, servizi ed esperienze connesse al mondo digitale. Questo implica conseguenze straordinarie per le organizzazioni di ogni genere e grandezza, dal punto di vista tecnologico, dei modelli ICT, delle tecnologie digitali, dei processi organizzativi, della relazione con i clienti, delle esigenze di supporto da parte dei partner26. In realtà restano ancora tante le sfide da affrontare, legate soprattutto alle aziende di piccole dimensioni: finanziamenti limitati, mancanza di cultura del cambiamento sono i principali ostacoli alla trasformazione digitale. L'altra faccia della medaglia infatti è che non tutte le imprese italiane sono culturalmente pronte ad affrontare questa importante trasformazione tecnologica: una cifra notevole (il 45% c.a) resta ancorata all'efficienza e alla razionalizzazione delle risorse IT che, nella gestione ordinaria, toglie energie e risorse da dedicare alle nuove soluzioni e strategie innovative27. Affinché possa essere attuata una

innovazione tecnologica deve emergere in maniera tempestiva la consapevolezza che un ritardo nel percorso di trasformazione tecnologica potrebbe creare un gap evolutivo molto difficile da colmare, con conseguenze che potrebbero risultare drasticamente determinanti per il futuro dell’organizzazione.

26 http://www.assintel.it/osservatori-2/assintelreport2018/ (ultimo accesso: 04/02/2018) 27 Dati riportati da Assintel nel report del 2017.

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