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Documento e progetto preliminare di foresteria, laboratori di creatività, educazione ambientale e terapia occupazionale in località Piaggerta-S.Rossore-Pisa

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CAPITOLO 1 : IL TEMA

PARTE PRIMA: STORIA E CARATTERISTICHE DEL TERRITORIO

1.1 I mutamenti del territorio nei secoli

La regione litoranea, che si estende tra Viareggio e Livorno e penetra in profondità fino a Pisa , forma un triangolo topografico derivato dalla stabilizzazione di dune di origine quaternaria, disposte prevalentemente parallele alla costa nel delta dell’ Arno dell’Auser e del Serchio, che venivano a confluire nel sistema lagunare costituito dal Sinus Pisanus e le lagune di Fasana e di Cecina.

Secondo gli storici1 soltanto verso il ΙΙΙ Sec. a.C. l’Auser, dopo una violenta piena venne a formare nell’ultimo tratto un nuovo letto con un iter indipendente a Nord ed a Ovest dei Monti Pisani.

Questo fatto è riportato da Stradone, Plinio e da Rutilio Namaziano.

Le variazioni di clima con la conseguente diversa velocità di risalita del mare hanno determinato flussi di correnti periodiche di trasporto di sedimenti, formando cordoni di dune sabbiose lungo costa e depressioni lagunari nell’interno con depositi a diverse quote di torbe derivate dalle piante acquatiche preesistenti.

Il Serchio era in questa fase un grande affluente di destra dell’Arno con un alveo larghissimo e ricco di grossi ciottoli,trasportati indubbiamente da impetuose e frequenti piene, mentre l’Arno, che aveva un percorso più lungo, depositava i materiali alluvionali in alto, portando alla foce quelli sabbiosi.

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Il Parco nazionale S.Rossore-Migliarino:atti del convegno promosso dalla sezione di Pisa di Italia nostra, Pisa 16-17 gennaio 1965, Pisa, Il giornale terme e riviere,1966,pag.11-12

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La posizione parallela al mare dei tomboli ed il loro andamento conferma questa origine storica della flora, e dello stato naturale dei terreni, venuta a determinarsi per la confluenza risultante tra le correnti marine verso la costa e la direzione verso la foce delle acque dell’Arno e del Serchio.

La tradizione vuole che proprio in questo sistema lagunare concludesse il suo viaggio S.Pietro sbarcando là dove ora si trova l’attuale Chiesa posta appunto ad gradus Arnenses.

Nel VΙ Sec. per liberare dall’impaludamento le acque del Serchio che stagnavano, fu eseguita dal vescovo di Lucca, S.Frediano, un’opera idraulica di grande importanza scavando un tracciato di deflusso al mare del Serchio a Migliarino.

Si verificò allora che,calate le acque, il porto fluviale e lacustre di Pisa presso Porta a Lucca venne a mancare e quindi nei secoli XΙ e XΙΙ la Repubblica Pisana2 andò definitivamente perdendo il suo predominio militare , marittimo e mercantile.

La zona aperta a tutti e chiamata Selva Palatina era certamente fin da questi tempi ricca di macchie, foreste e boscaglie mediterranee, luogo di caccia in ambiente salmastro e paludoso proprio dove ora si estende il Parco naturale di Migliarino - S.Rossore – ed il lago di Massaciuccoli.

Vari documenti attestano la permanenza dei re Longobardi nella zona e quindi il loro probabile possesso.

Risulta infatti che Arrigo ΙΙΙ fece donazione ai canonici di Pisa per la Chiesa di S.Maria Maggiore di diversi beni comprendenti anche la Selva di S.Lussorio e la fossa Cuccia.

Il territorio ha subito poi nel tempo diverse ripartizioni amministrative e trasformazioni con opere di bonifica e di colonizzazione agricola.

La vegetazione ha però fondamentalmente mantenuto nel manto di copertura forestale i caratteri dell’ambiente mediterraneo naturale, rinnovandosi nelle culture delle specie più adatte al clima ed alla topografia litoranea.

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Nel 1604 sono proprietari della tenuta di S.Rossore i Medici, granduchi di Toscana3, ed il marchese Ricciardi ottiene da questi in enfiteusi e poi in proprietà in seguito a riscatto la zona compresa tra il Serchio, l’antico tratto del fiume Morto ed il mare.

Nella proprietà subentra dopo nel 1784 il granduca di Toscana Leopoldo Ι di Lorena e poi la Casa regnante d’Italia.

Successivamente la tenuta di S.Rossore compresa tra l’Arno e il Serchio passò al Demanio della Repubblica; di Enti pubblici e militari invece fu la zona di Tombolo compresa tra Pisa , Marina di Pisa ed il Calabrone, di proprietà private, delle quali la più estesa ed antica è quella dei duchi Salviati, per la zona compresa tra il Serchio ed il canale della Bufalina.

Una fascia di grandi vie di comunicazione longitudinali Nord-Sud, statale Aurelia, ferrovia ed autostrada A11, delimita il territorio litoraneo. L’ambiente delimitato ad Ovest dalla costa tirrenica, penetrato dalle grandi due arterie fluviali del Serchio e dell’Arno è rimasto quasi cintato a cornice ad Est dalla rete delle grandi comunicazioni, che hanno assorbito come collettori il pettine di correnti di filtrazione dell’uomo verso il mare lasciando libero soltanto l’incantevole conduttura panoramica lungo il fiume del viale dei platini Pisa-Marina di Pisa.

Questa integrità geofisica della zona ha un eccezionale importanza per tutto l’entroterra. Se si considerano gli agenti climatologi (temperatura,pioggia,venti), delle zone interessate si può constatare la salutare e benefica influenza delle foreste litoranee per assicurare nell’ambiente entroterra un vero e proprio condizionamento termico, che preserva i territori dai venti Sud-Ovest di libeccio e mantiene normali le medie di temperatura e le precipitazioni atmosferiche.

Questo filtro termoregolatore rappresenta un fattore essenziale nell’economia agricola di tutta la bassa valle dell’Arno, che protetta dai venti del Nord dai Monti Pisani costituisce un ambiente ideale per le coltivazioni agricole.

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Per i caratteri geofisici e topografici tutta la regione può essere distinta in tre zone: la prima a Nord compresa tra Viareggio ed il Serchio, la seconda al centro tra il Serchio e l’Arno, la terza a Sud tra l’Arno ed il Calabrone.

Il terreno di origine alluvionale appartiene al periodo quaternario4 è formato da estensioni sabbio-quarzose lungo la costa che diventano banchi più compatti e consistenti verso l’interno.

La zona per la natura del suolo e l’esposizione scoperta ai venti marini presenta grandi possibilità dal punto di vista agronomico, ma è particolarmente adatta per le pinete e la vegetazione arborea marittima.

Il profili altimetrico è prevalentemente piano per tutta la superficie con presenza di naturali ed estese depressioni sulla media delle quote di livello degradanti verso il mare.

Ma soprattutto l’andamento morfologico topografico presenta caratteri d’eccezione dovuti al naturale assestamento del suolo emerso per la scomparsa del sistema lagunare ed in alcune zone rimasto corrugato in profili longitudinali lungo la costa a difesa dei venti marini in rapporto al naturale svuotamento superficiale dei terreni prodotto dalle acque che tendono a trovar la normale via di deflusso verso i canali ed i fiumi.

La zona di S.Rossore presenta ancora caratteristiche dune, rilievi lineari disposti paralleli alla costa e stagni d’acqua chiamati lame, mentre nella zona di Tombolo troviamo i caratteristici “Tomboli”, montagnole e piccoli dossi sui quali è radicata la pineta alta.

Nella località compresa tra Palazzetto, Piaggerta e la Sterpaia è ancora presente una formazione tipica di queste montagnole che, compresa fra specchi d’acqua, soltanto asciutti nel periodo estivo, raggiungono l’altezza5 di 13 e 11 metri, esempio rarissimo di un ambiente naturale conservato nella sua integrità geofisica.

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Il Parco nazionale S.Rossore-Migliarino:atti del convegno promosso dalla sezione di Pisa di Italia nostra, Pisa 16-17 gennaio 1965, Pisa, Il giornale terme e riviere,1966,pag.15

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Il Parco nazionale S.Rossore-Migliarino:atti del convegno promosso dalla sezione di Pisa di Italia nostra, Pisa 16-17 gennaio 1965, Pisa, Il giornale terme e riviere,1966,pag.19

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L’affidamento in concessione della Tenuta presidenziale di S.Rossore alla Regione Toscana che si è avvalsa per la sua gestione dal Parco regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli è stato un evento importante.

Un’ ambiente di eccezionale valore che racchiude grandi ricchezze non solo naturalistiche, che per decenni, in virtù proprio della sua straordinaria bellezza e caratteristica, è stato riservato ad un uso “ufficiale” di rappresentanza della Presidenza della Repubblica, come lo fu prima per la monarchia,viene infatti “restituito” ad un suo pubblico in senso più ampio. Gli anni della ufficialità, che lo avevano reso per tanti versi inaccessibile al grande pubblico, hanno permesso e questo non deve essere dimenticato, di preservarlo e tutelarlo.

Nel momento in cui è stata data ai cittadini la possibilità di poterne usufruire in maniera assai più estesa e diversificata, tutto ciò deve essere ricordato,perché il passaggio di mano non deve fare abbassare la guardia dell’impegno protezionistico.

La saggia decisione del presidente della Repubblica, che nel 1979 decise di istituire qui un parco regionale, non può infatti essere tradita in alcun modo.

L’immenso patrimonio che oggi viene consegnato nelle mani degli amministratori della Regione, degli Enti locali e del parco regionale deve essere assolutamente preservato,proprio perché della sua usufruibilità possano godere anche le generazioni future. Nel territorio del Parco,Roma imperiale aveva realizzato grandi opere idrauliche e un sistema lagunare6,al limite sud del quale si apriva il porto e ,dietro questo,l’insediamento urbano che sarebbe diventato Pisa, mentre Livorno non c’era ancora. Con l’Alto Medioevo, le lagune dell’età imperiale cominciarono a ridursi a paludi per l’abbandono della manutenzione delle opere idrauliche e per l’interramento provocato dall’apporto dei materiali in sospensione dei fiumi Arno e Serchio ( terreno su cui poggiano gli edifici dell’intervento); nel contempo la linea di spiaggia si sposta costantemente in avanti.

Ma la laguna più meridionale,più defilata dagli apporti dell’Arno,resta navigabile ancora per qualche secolo e qui la repubblica marinara localizza il porto.

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Nelle mappe settecentesche questa zona è rintracciabile nella Paduletta e nello stagnolo di Tombolo.

Nel 14007 anche questa zona viene investita dall’interramento e il Porto Pisano si riduce ad una palude.

Nel 15008 la zona paludosa è assai più estesa dell’area del Parco e raggiunge la base delle colline livornesi.

I primi interventi di bonifica cominciarono in questo secolo nella zona più meridionale.

Nella seconda metà del 1500 viene realizzato il fosso dei Navicelli,che consente di collegare Pisa al mare in prossimità di Livorno.

Durante la prima metà del 1800, in tutte le aree non allagate della tenuta di Tombolo si dà corso alla sistematica piantumazione di pinete per la produzione di pinoli e alla escavazione di fossi secondo un andamento naturale(Lamone e Lamalarga).

E’ a questo punto che il territorio si trasforma in un vasto sistema pinetato.

Tra il 1841 e il 18469 la presenza dei paludi creerà molte difficoltà alla costruzione del tratto Pisa-Livorno dalla Ferrovia Leopoldina.

Con l’unità d’Italia il territorio di San Rossore viene acquisito dal Re che intende realizzare in questa zona una vasta tenuta per la caccia. In conseguenza di questo programma,un tale Ceccherini viene espropriato di ogni sua proprietà.

Per compensare il Ceccherini dall’esproprio,gli vengono dati in concessione alcuni terreni subito a sud di Bocca d’Arno e qui egli costruisce le prime baracche per bagnati,proprio dove, alla fine del secolo sorgerà Marina di Pisa.

All’inizio del ‘900,oltre al viale di Marina,che sarà successivamente chiamato viale d’Annunzio,viene tracciata la trama delle strade rettilinee dirette al mare e su questa trama dopo il 192010 sarà organizzata la bonifica che prosciugherà gran parte del territorio del Parco.

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idem pag. 21

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Rupi Pier Ludovico, Pisa il Piano di gestione,Pisa, Tacchi editore,1995, pag.26

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idem pag. 29

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Il vecchio fosso dei Navicelli viene abbandonato perché inadeguato e viene sostituito dal Canale Navigabile dei Navicelli,rettilineo e parallelo alla ferrovia.

1.2 Lineamenti di geologia e geomorfologia

Il territorio in esame ricade all’interno delle C.T.R. 27305,2704 della Regione Toscana11 ed è geograficamente delimitato a N e a S rispettivamente dai tratti terminali dei fiumi Serchio ed Arno, mentre ad W dal Mar Tirreno e ad E dalla città di Pisa.

Dal punto di vista geomorfologico il paesaggio della pianura versiliese-pisana, ha avuto un’origine molto recente e rappresenta il risultato delle forti oscillazioni del livello medio marino dovute alle variazioni climatiche: se 20000 anni orsono la pianura pisana risultava emersa verso occidente per diversi chilometri,6000 anni fa il mare era risalito ed andava a lambire le colline che attualmente sovrastano il Massaciuccoli.

In seguito dopo un’ulteriore decrescita, il mare riprese a salire fino a posizioni documentate in epoca storica (VIII sc. d.C.) molto retratte rispetto alla situazione attuale. A partire da questo periodo inizia una intensa fase di regressione marina con deposizione di materiale appartenente a facies di transizione fra ambiente costiero e deltizio.

Si sono venuti a formare accumoli sabbiosi12 appartenenti ad ambienti litorali dominati dalle onde, disposti in sistemi di basse dune detti “cotoni”,sviluppati parallelamente alla linea di costa alle quali si sono alternati sistemi chiamati” lame”,di ambiente prevalentemente lagunare e palustre.

Il meccanismo di accrescimento della piana costiera era regolato dalle piene dei fiumi Arno e Serchio.

Durante questi eventi, grosse quantità di materiale, veniva dapprima disperso in mare e poi rideposto,in maggiore quantità nel tratto costiero immediatamente adiacente alle foci.

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Sistema regionale delle aree verdi Dipartimento Assetto del Territorio e del Servizio Editoriale della Giunta Regionale 1981. Firenze pag.. 176

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Successivamente durante i periodi di magra, le onde e le correnti marine, rielaborando il bordo della piana fangosa, ne concentravano selettivamente il materiale più grossolano(sabbie),avviando la formazione di un cordone costiero.

L’alternanza di questi processi ha portato in quella area alla progressiva regressione della costa con formazione di diversi cordoni costieri sabbiosi,alternati a piane palustri prevalentemente argillose.

Nell’area in esame infatti le dune( o tomboli) si riconoscono fino a 5 Km dall’attuale linea di costa allineati a formare fasci paralleli N-S che tendono a curvare verso sud-ovest, avvicinandosi all’ala destra del delta dell’Arno e disposti in sequenza temporale dall’età romana fino a quella mediovale e più recente.

Di quelle più antiche non si hanno ormai che tracce incomplete a formare piccole colline sabbiose presenti ad esempio a nord del distacco dell’asta del fiume Morto Nuovo dal Morto Vecchio fino a Sterpaia con altezza massima di 18 metri13.

La zona interna, complessivamente pianeggiante, in passato era interessata da una serie di aree umide che storicamente prosciugate o bonificate da interventi antropici, ne hanno permesso lo sfruttamento su larga parte del territorio per usi agricoli.

Mitologicamente l’area è caratterizzata da una successione di sedimenti di natura limo-argillosa con intercalazioni sabbioso-limose, di età recente,formatasi in ambienti sia fluviali che palustri e di laguna costiera.

Gli agenti che attualmente modificano le forme e i depositi dell’area di studio sono il vento e la corrente marina,responsabili della formazione delle dune e dell’erosione delle coste. Il tratto di costa compreso tra le foci dell’Arno e del Serchio è caratterizzato da una serie di processi erosivi molto marcati , innescatisi circa un secolo e mezzo fa e che si riconducono a cause certamente naturali ma fortemente accentuate dall’uomo.

Sono da annoverare tra queste la realizzazione di opere di difesa dalle alluvioni lungo l’Arno, il prevelamento di materiali in alveo,il miglioramento delle tecniche di coltivazione,la riduzione deldisboscamento,le tecniche di bonifica quali le colmate,tutte

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azioni che hanno complessivamente ridotto il trasporto solido da parte dei maggiori sistemi idrografici e dei loro affluenti.

Per queste ragioni si è invertito il bilancio sedimentario delle spiagge con conseguente passaggio da una faseb dinamica di regressione ad una fase di spiccata trasgressione che si è manifestata nella zona di San Rossore con una riduzione del lobo destro dell’Arno di 120014 metri tra il 1878 e il 1983.

L’erosione del mare oltre che a provocare la scomparsa della spiaggia,sta mettendo in serio pericolo gli ambienti dell’immediato interno come la fascia delle dune e le

piccole aree umide nelle quali l’ingressione delle acque salate provocherebbero la distruzione degli esistenti ecosistemi.

Nell’intero territorio comunale di Pisa e parte di quello di S.Giuliano (nella parte che compresa nel Parco),pressocchè pianeggiante,affiorano terreni di età relativamente recente datati dal Pleistocene15 superiore all’Olocene che proseguono in profondità per circa 30 metri.

L’attuale situazione geologica e stratigrafica degli strati superficiali di terreno della pianura di Pisa è principalmente il risultato della attività di trasporto ed

esondazione dell’Arno e del Serchio nonché delle variazioni del suo corso fluviale ed è legato agli effetti della presenza di vaste aree paludose in rapporto alle variazioni del livello marino e dei variabili equilibri della dinamica costiera.

Nella zona di S.Rossore a tali depositi vengono sovrapposti i depositi eolici sabbiosi-limosi delle dune litoranee a cui si alternano depositi argillosi.

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Apporto allo studio sulle cause di variazione del litorale pisano. Livio Borghi .1970 Periodico culturale . Comune di Pisa.

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Depositi sabbiosi delle dune litoranee(Olocene)

I depositi sabbiosi si trovano lungo una fascia della larghezza di circa 7 Km16 posta in direzione nord-sud che separa la pianura alluvionale di Pisa dal mare.

Tale disposizione spaziale rappresenta gli antichi andamenti del litorale che è andato espandendosi fino al secolo scorso.

Tali sabbie si presentono sciolte in superficie e addensate in profondità.

Le sabbie sono dotate di una coesione nulla,mentre l’angolo di attrito interno ,in base a dati di prove penetrometiche statiche17 ,è variabile tra un minimo di 28° e massimi di 43°. Nei primi 10 metri di profondità la resistenza alla punta del penetrometro statico è maggiore di 45 km/cmq con punte massime intorno a 250. Il peso di volume varia

intorno a 2Km/dmc. La densità relativa varia tra minimi del 52% a massimi che sfiorano il 100%. Il colore di questi terreni si presenta marrone chiaro-nocciola negli strati più superficiali e grigio in quelli più profondi.

Depositi alluvionale prevalentemente argillosi,torbe e depositi di colamta(Olocene) – Piaggerta-

Questi terreni sono costituiti prevalentemente da argille ( la cui consistenza può variare localmente), da argille organiche e torbe.

Queste ultime sono caratterizzate dal colore grigio scuro o nero e dalle scadenti proprietà meccaniche.

All’interno degli starti argillosi sono talvolta presenti livelli costituiti da limi e ordinatamente da sabbie.

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idem pag. 98

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Di seguito è riportato lo stralcio delle Norme del P.A.I. relativa all’area di interesse dell’intervento

Art.7 –Aree a pericolosità idraulica elevata

Nelle arre P.I.3 sono consentiti,oltre agli interventi di cui all’articolo precedente, i seguenti interventi:

1. ampliamento o ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico riferiti a servizi essenziali e non delocalizzati,nonché la realizzazione di nuove infrastrutture parimenti essenziali, purchè non concorrano ad incrementare la pericolosità e non precludano la possibilità di attenuare o eliminare le cause che determinano le condizioni di rischio, e risultinoessere comunque coerenti con la pianificazione degli interventi di emergenza di protezione civile. Il progetto preliminare di tali interventi deve ottenere il parere favorevole dell’Autorità di Bacino sulla compatibilitàe coerenza dell’opera con gli obiettivi del Piano di bacino;

2. interventi di ristrutturazione edilizia,così come definiti alla lett.d) dell’art.31 della legge 457/1978 e successive modifiche ed integrazioni a condizione che non aumentino il livello di pericolosità nelle aree adiacenti.

3. interventi di ristrutturazione urbanistica,così come definite alla lett.e) della legge n.457/1978 che non comportino aumento di superficie o di volume complessivo, fatta eccezione per i volumi ricostruiti a seguito di eventi bellici o sismici,purchè realizzati nel rispetto della sicurezza idraulica;

4. ampliamenti volumetrici degli edifici esistenti esclusivamente finalizzati alla realizzazione di servizi igienici,volumi tecnici,rialzamento del sottotetto al fine di renderlo abitabile;

5. interventi nelle zone territoriali classificate negli strumenti urbanistici, ai sensi del Decreto interministeriale n.1444 del 1968, come zone A,B,D, limitatamente a quelli che non necessitano di piano attuativo, e F, destinate a parco;

6. complementi di iniziativa privata o pubblica in zone di espansione urbanistica, per i quali alla data di esecutività del Piano siano state rilasciate concessioni per

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almeno il 50 % della superficie coperta complessiva, purchè realizzati nel rispetto della sicurezza idraulica.

Il territorio è solcato da una fitta rete di fossati e canali di natura antropica costruiti allo scopo di drenare l’acqua e di irrigare le zone più remote. Il collettore più importante è il fiume Morto Nuovo attraverso il quale defluiscono le acque della pianura tra Arno e Serchio. In questi ambienti la falda è in genere molto superficiale fin quasi a raggiungere il piano campagna durante i periodi di piovosi.

La vegetazione di San Rossore è quindi molto condizionata dalla variazione della linea di falda stagionale concentrando specie mesofite di boschi misti latifoglie nelle zone più umide e boschi di conifere lungo i cordoni sabbiosi meno saturi.

Questa corrispondenza diretta con la vegetazione fa sì che qualsiasi modifica fisica e chimica delle acque può produrre un’influenza diretta sull’ambiente naturale di S.Rossore.

Per definire con chiarezza il quadro idrogeologico locale occorrerebbe eseguire:

• una verifica dell’esistenza di eventuale documentazione relativa a : livelli di falda,analisi chimica,livellazioni topografiche dei piezometri;

• sopraluoghi alla’rea d’intervento con personale idraulico del Parco per la verifica dell’agibiltà dei punti in falda di cui è già nota l’esistenza e di nuovi realizzati negli ultimi anni;

• realizzazione di almeno due sondaggi geognostici a carotaggio ai lati dell’area di intervento;

• definire una rete di monitoraggio e dei parametri chimici da tenere sotto controllo;

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PARTE SECONDA: LA TENUTA DI SAN ROSSORE

2.1 Storia della Tenuta di “S. Lussorio”

La tenuta di San Rossore ha avuto varie vicissitudini amministrative dovute principalmente al fatto che la sua costituzione, nata dalla unione di diversi proprietà, ebbe origine da quella del Capitolo dei Canonici di Pisa18, e quindi dal nucleo originario costituitosi attorno all’antico monastero.

In questi anni inizia il complesso intreccio di famiglie diverse. I documenti coevi dicono che nel 1507 l’allivellamento di un terzo della proprietà monastica venne affidato ad un certo Agostino Riccetti, mentre gli due terzi della tenuta vennero affidati ad

Averardo Salviati.

Questa situazione rimase inalterato sino al 1535 anno in cui tutta la gestione fu presa dal duca Alessandro Dei Medici.

La rettifica del corso dell’Arno nel XIV indusse la Mensa Vescovile ,che ne era proprietaria,ad affittare i terreni alla destra del fiume, i quali prima furono subaffittati a Eleonora di Toledo e successivamente, nel 1787 furono affrancati da Leopoldo I.

Cosimo I ,all’interno di un più vasto progetto di riedificazione della città di Pisa,prese a livello anche le terre ad oriente della Fossa Cuccia fino alla Madonna dell’Acqua,e lo stesso accadde per il terreno detto Arno-vecchio (1536), ma solo nel 1822,quando ormai i granduchi di Lorena erano divenuti i successori dei Medici nel Granducato di Toscana,vi fu l’atto definitivo di affrancazione ed il territorio dell’Arno Vecchio fu definitivamente aggregato alla tenuta di San Rossore.

A Ferdinando I la storia assegna grandi meriti: la costruzione dell’acquedotto di Asciano19 (1601), e nel 1603 l’apertura di una via d’acqua diretta al nuovo porto livornese che poi sarà chiamata “canale dei Navicelli”.

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La provincia di Pisa . Giuseppe Caciagli- Arnea Edizioni 2001 Pisa pag. 300

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In quegli stessi anni avviene la rettifica del corso dell’Arno dai Bufalotti al mare,il cosiddetto “taglio ferdinandeo”20, per facilitare il deflusso delle acque e ridurre il

pericolo dio piene, e ne uscirà modificato il perimetro stesso di San Rossore.

Con Ferdinando I è l’intera economia della tenuta che subisce modifiche con l’obiettivo di ricavarne reddito e dando forte impulso al pascolo brado.

Nella zona delle Cascine Vecchie viene edificata la cascina ferdinandea con lo scopo di ricavarne abitazioni e stalle per gli armenti.

La famiglia Medicea, nei decenni che seguirono la morte di Ferdinando,

intervenne in maniera decisiva sulla natura avviando la produzione delle pinete a pinoli. Un vasto tratto della tenuta di San Rossore - l’area irregolare posta nel grande angolo formato dal Serchio e dal mare – fu per oltre un secolo e mezzo di proprietà della famiglia fiorentina dei Ricciardi; all’inizio del’600 per concessione in enfiteusi di Ferdinando I dei Medici e in seguito ad affrancazione livellaria,per proprietà legittima. Il terreno della famiglia Ricciardi era detto “punta del Serchio”denominazione derivata dal fatto che in quel tempo il fiume Morto ,tagliando la via di Piaggerta ,scorreva obliquamente nella Pastura degli Ontanelli,per andare poi ad aprirsi nel Serchio. L’alveo del fiume Morto ,causa di numerosi allagamenti, su proposta dell’Ufficio dei Fossi ,venne aperto sul Serchio con due bocche , ma poiché tale decisione non sortì l’effetto desiderato, su ordine della arciduchessa Maria Maddalena dei Medici,nel 1624 il fiume fu avviato al mare e la tenuta dei Ricciardi assunse la nuova forma di rettangolo irregolare,avente per i lati il mare ,il Serchio ed il fiume Morto.Nel 1784 la tenuta dei Ricciardi,la parte della più vasta tenuta di San Rossore venne acquistata da Leopoldo I di Lorena,che però formalizzerà il pieno possesso solo mezzo secolo più tardi. Aricordo della presenza dei Riccirdi rimarrà solo la torre poi abbatttuta dagli ultimi eventi bellici.

Se i Medici ,anche a causa della conflittualità con i religiosi,non riuscirono mai ad ottenere la proprietà piena dei territori, l’impresa riuscì ai Lorena.

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Infatti i Lorena ,succeduti a Giancastone dei Medici nel 173721,dopo lente e complesse trattative ,riuscirono ad acquistare l’intero territorio per un canone annuo di 160 scudi(pari a 6 euro) ed una elargizione di 3200 scudi.

Durante la breve dominazione dell’Armata della Repubblica Francese la tenuta subì gravi danni perchè fu utilizzata come fonte di rifornimento alimentare e di legname necessario al sostentamento dell’esercito, con gravi conseguenze per il patrimonio faunistico e boschivo esistente..

Le vicende della fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX videro i Granduchi di Lorena alternarsi al potere secondo gli eveneti della storia.

A Ferdinando III va il demerito di avere ristrutturato in maniera nefasta l’antico monastero di San Lussorio, alle Cascine Nuove; egli aprì un nuovo ingresso della chiesa verso est in vista dei monti pisani e fece della parte centrale della villa la sua residenza estiva, fino a quando Leopoldo i non deciderà di edificare la villa a Cascine Vecchie lasciando alla vecchia villa l’uso dei servizi amministrativi della Tenuta, sino al 1944, anno della distruzione. Al posto del vecchio monastero oggi c’è un prato verde.

Con Leopoldo II la Tenuta prende a vivere una nuova vita:al posto delle vecchie abitazioni fece erigere un nuovo villino da destinare ad uso del fattore in un primo tempo (1830) ma che successivamente fu destinato,con opportune modifiche ed ampliamenti,alla sua famiglia.

Nel periodo forense,il materiale legnoso assume sempre maggiore importanza: si estendono le pinete di pino domestico,grazie alle operazioni di bonifica ad opera del tecnico forestale Van Buggenhoudt22 che si impegnerà a riordinare in maniera razionale i boschi di San Rossore.

Verso la fine del secolo ha inizio l’impianto della cosiddetta “pineta selvatica” ed è dunque in questo periodo che si stabilizza il paesaggio di San Rossore quale ci è oggi familiare; una fascia di pini marittimi verso il mare,grande diffusione del pino

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idem pag 311

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domestico,bonifiche idrauliche non limitate ai soli pascoli e coltivi,ma anche alle aree boscate ed al servizio di queste.

La presenza umana a San Rossore risale all’epoca neolitica come testimoniano saggi e sondaggi effettuati sulla sommità di Poggio di Mezzo e sulle dune del Bosco del Palazzetto. L’area posta ad ovest dell’attuale Via Aurelia ,un tempo la principale starda che da Roma portava a nord della penisola ,risalente all’anno 110 a.C., verso il mare in un luogo paludoso e salmastro costituiva la Selva Palatina: oggi Migliarino.

Con una superficie di 480023 ettari, e 35 chilometri di perimetro, la Tenuta costituisce il cuore del Parco Regionale.

Questa importante e celebre località della Provincia e del comune di Pisa e in piccola parte del Comune di S.Giuliano trae nome da un martire cristiano,Lussorio,che per la sua fede venne ucciso in Sardegna al tempo delle persecuzioni di Diocleziano.

La salma del martire fu portata a Pisa nel 1080 e deposta insieme a quelle di altri due martiri (Cisello e Camerino) in una chiesa che già esisteva nei tomboli pisani,lungo la riva destra dell’Arno. Da quel momento la chiesa e l’intera zona prese il nome di S. Lussorio ,poi modificato in S.Rossore. e successivamente, nel 1107, le ossa del martire vennero traslate nella chiesa di San Giorgio in Pisa(situata dov’è ora il palazzo arcivescovile), la testa del martire rimase nella chiesa di origine fino al 1422,fin quando cioè venne essa pure traslata nella chiesa d’Ognissanti in Firenze,allora in custodia ai frati dell’Ordine degli Umiliati. Solo dopo 20 anni e cioè nel 159124,dopo l’abolizione dell’ordine che la testa tornò a Pisa: nella chiesa dei Cavalieri, dove è ancora oggi racchiusa in un mezzo busto di bronzo rappresentante il martire.

Reliquiario preziosissimo perché è pregevole opera di Donatello,cui fu commissionata nel 1427 dai frati D’Ognissanti. La reliquia si venera ancora oggi solennemente il 21 agosto di ogni anno.San Rossore è quindi il nome di quella zona costiera che ,compresa tra la riva destra dell’Arno e la riva sinistra del Serchio, tra la fossa Cuccia e il mare.

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Caciagli Giuseppe,La Provincia di Pisa,Pisa, Arnera edizioni,2001,pag 300-301

24

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Un oasi sotto il profilo della flora della fauna e del clima: di qui l’onore di essere scelta come residenza dai granduchi di Toscana e dai re e presidenti capi di Stato.

L’intero territorio già nel XΙ secolo fu del Capitolo dei Canonici di Pisa,loro concesso anteriormente al 1055 da un diploma di EnricoΙΙΙ e successivamente

confermato da diplomi imperiali di Enrico ΙV (1089),della contessa

Matilde(1100),Federico Barbarossa (1178) e da Enrico 6°(1199).

Numerose le località comprese nella vasta tenuta,di cui fanno parte integrante:Palazzetto,Porto alle Conche,Ricciardi, Piaggerta, San Bartolomeo,San Lussorio,Sterpaia, Cascine Vecchie ecc..

Cascine vecchie,malgrado il nome sono state costruite nel secolo scorso a partire dal 1829 e ultimati l’anno dopo. Consiste di alcuni fabbricati che dovevano accogliere gli uffici e magazzini dell’amministrazione. Senonchè dopo l’inaugurazione,il Granduca Leopoldo 2°, li adibì a uso personale.

Le “cascine vecchie” costituiscono l’epicentro logistico dell’intera tenuta in quanto dal loro rotondo si dipartono i quattro rami principali dei viali che ripartiscono l’intero territorio. Il primo di questi viali è quello che conduce alla Sterpaia fu costruito nel 1788. Il più antico è quello che porta a Pisa attraverso Ponte delle Trombe,così detto perché da qui cominciavano i segnali per le battute di caccia. Di esso si ha documento già nel 161125.

La Tenuta di San Rossore è oggi emblema del parco regionale. A chi visita questo tratto di territorio toscano tra il Serchio e l’Arno ,tra mare e monti ,attratto dai grandi spazi tra i pini domestici centenari o dalle calme distese delle lame tra le querce, o dai repentini passaggi di daini,lepri, conigli o cinghiali intimoriti,possono sfuggire le motivazioni invocate dai naturalisti e biologi,da zoologi e botanici a sostegno della necessità di tutelare quest’ambiente vivo, per il proprio e per il benessere altrui.

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Le ragioni della scienza devono superare le tentazioni di sfruttare per scopi di turismo di massa questo territorio .San Rossore, i suoi ambienti diversificati,la quantità e la qualità degli organismi che lo popolano, le tracce antiche e recenti lasciate dalle comunità degli uomini, le attività colturali e produttive,innestate nella realtà pisana,sono nell’insieme espressione dell’evoluzione del territorio.

Esaminando gli aspetti più salienti,dal punto di vista morfologico,la pianura tra Arno e Arno è risultato sia della dinamica costiera,con alterni avanzamenti o arretramenti della linea di riva,sia degli apporti fluviali solidi che si sono verificati da circa diecimila anni fa ad oggi, in un lasso di tempo che si chiama Olocene.

In particolare, la situazione attuale ha risentito dell’innalzamento del livello del mare che,a partire da diciottomila anni fa, ha portato il Tirreno a sollevarsi di circa 100 metri. Questo fenomeno è stato pressocchè sincrono e correlato ad eventi climatici molto rilevanti:da condizioni con temperature basse legate al glacialismo quaternario in corso di attenuazione,si è passati infatti a climi più temperati,con la conseguenza che la vegetazione delle aree costiere si è notevolmente arricchita di elementi termofili,mantenendo tuttavia nelle zone più fresche ed umide i residui della flora boreale alto montana o addirittura alpina dei periodi precedenti.

Le indagini polliniche,le analisi dei detriti fluviali e considerazioni geoclimatiche consentono di immaginare per i Monti Pisani,per la pianura fino al mare e per le colline che le fanno la corona, un rigoglioso sviluppo del manto forestale per gran parte dell’Olecene, fintanto che l’attività umana ,sia attraverso il disboscamento massiccio,sia attraverso l’uso dei materiali portati dai vari corsi d’acqua,con la loro canalizzazione,non ha modificato profondamente l’assetto del territorio globale.

Va precisato che dal Paleolitico in poi i giacimenti preistorici indicano la presenza o l’intensa frequentazione dell’uomo nella pianura pisana ,compresa l’area di San Rossore,dove le antiche costruzioni dunali pleistoceniche hanno restituito numerosi resti e manufatti a testimonianza di un uso pressocchè costante del territorio.

Insediamenti neolitici e dell’età dei metalli sono provati per la pianura tra Arno e Serchio,anche se l’apporto sedimentario dei fiumi rende difficile la loro individuazione.

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E’ dunque uno sfruttamento intenso,attraverso attività agricole,pastorali,di caccia e di pesca,di tutto il territorio fin dalla prima età del ferro,con l’espressione culturale detta “villanoviana”,del °-VΙΙΙ.

Questa presenza è confermata dal ritrovamento della necropoli etrusca di Pisa nei terreni nei pressi di via San Jacopo e di Gagno trovate già nel 185326 in occasione dell’ampliamento del cimitero suburbano.

Il complesso ruota attorno ad un cumulo più grande di circa 30 metri di diametro.Questo grande cumulo è stato soprannominato la Tomba del Principe Pisano, il quale traeva la propria ricchezza da attività marinare,come segnala il tridente,la lancia marina,strumento connesso alla pesca ma anche alla regalità,ritrovato all’interno del tumolo. Produzioni ceramiche locali e di importazione testimoniano successivamente intensi rapporti tra le popolazioni insediatesi stabilmente nella pianura pisana e le rotte mediterranee,alle quali le rive dell’Arno offrivano approdo adeguato.

Attualmente la Tenuta di San Rossore ha mantenuto l’aspetto ottocentesco ,poiché gli interventi e le modifiche successive non ne hanno alterato le caratteristiche in modo decisivo: gli interventi ottocenteschii tendono a sovrapporre alla prevalente visione naturalistico-venatoria quella di Parco Reale, progressivamente rivolto alla fruizione pubblica. Il progetto che matura in quegli anni consiste dunque in un programma di vasto respiro che vede da un lato un sistema capillare di organizzazione e di controllo di allevamenti selezionati,improntato ad una specializzazione degli spazi e delle funzioni che vengono esercitate all’interno dei diversi recinti, dall’altro come parco-riserva che si apre alla città nelle speciali occasioni di spettacolarità agonistiche.

Un dato significativo riguarda la valorizzazione dello “Stradone delle Cascine” per migliorare la comunicazione tra Pisa e la Tenuta e la sua rifigurazione arborea con l’immissione di piante capaci di ombreggiare il passeggio.

Questa trasformazione sancisce il processo di conversione della tenuta in parco reale e quindi in parco pubblico, interconnesso con l’organizzazione urbanistica di Pisa,

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a cura di soprintendenza Archeologica per la Toscana e Comune di Pisa,Area archeologica,Firenze,Co.IDRA,2000, pag.1-2

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avviato alla fine del 1700 quando viene monumentalizzato l’accesso con la collocazione di quattro statue provenienti da Boboli.

Queste situazioni si possono ricondurre al tema dello spazio pubblico da aprire o da rifunzionalizzare nelle aree esterne alla città, la consuetudine di aprire i giardini reali alle popolazioni delle capitali e l’abitudine d’uso di questi luoghi da parte del pubblico urbano è normata da regole ben precise, atte a ribadire la “qualità” del rapporto tutto particolare che,durante la frequentazione del giardino,lega il suddito utente al regnante che gentilmente concede l’accesso alla sua proprietà.

Oggi il paesaggio di San Rossore e delle zone limitrofe è il risultato di una molteplicità di fattori,d’origine naturale e di apporto antropico,che tra loro hanno interagito. San Rossore ,con i suoi cotoni e le sue lame,con le colmate e i paludi, i due grandi fiumi che lo serrano a sud e a nord, il fiume Morto Vecchio e Nuovo che testimoniano quanto l’uomo sia intervenuto ;le vaste zone pinetate e produttive;i coltivi;i boschi idrofili e i poggi a macchia termofila;le spiagge costiere con le dune e gli interduni ricchi di flore e faune particolari;i cavalli di addestramento o in corsa;tutto concorre a fare di questa grande Tenuta un emblema di ciò che un parco,modernamente inteso,deve circoscrivere e preservare.

2.1 Sistema biologico

L’area di San Rossore ,compresa tra le foci dell’Arno e del Serchio ,trae le sue peculiarità dall’essere una dei pochi territori costieri ad aver mantenuto un elevato grado di naturalità.La copertura vegetale attuale è legata a fattori che sono sia di carattere biogeografico, bioclimatico e di carattere antropico.

Questi fattori hanno agito insieme per creare il paesaggio così come lo conosciamo oggi. Originariamente la copertura vegetale era caratterizzata da estesi complessi forestali che grossolanamente possiamo considerare frutto dell’incontro tra la flora centro

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europea e quella mediterranea. Il fattore che localmente determina il prevalere dell’uno o dell’altro elemento è essenzialmente l’altezza della falda freatica e quindi in sintesi la disponibilità d’acqua del terreno.

A sua volta l’alternanza di aree con falda superficiale o profonda è dovuta alla presenza di antiche dune, più alte rispetto al livello marino quindi si formano dei ristagni d’acqua. Nelle aree più umide e fresche si sviluppa un bosco mesofilo27, di quercia, frassino,olmo,ontano e altre specie( area tra il fiume Morto Vecchio e località Piaggerta fino a poche centinaia di metri dalla sponda sud del fiume Serchio).

Esso acquista caratteri diversi in base alla quantità d’acqua del terreno, nelle aree ppiù elevate ,co terreno più secco, il bosco è costituito da sclerofile mediterranee, che anticamente caratterizzava la maggior parte delle aree costiere del mediterraneo.

Tuttavia oggi il paesaggio di San Rossore è stato profondamente alterato dall’uomo che nel corso del tempo ha ridotto fortemente la copertura forestale naturale per ricavare coltivi o pascoli.

In particolare poi , a partire dal 160028 le latifoglie spontanee sono state sostituite da pinete di Pino domestico ( Pinus pinea) e Pino marittimo (Pinus pinaster), che oggi sono l’elemento predominante nel paesaggio.

Accanto a queste tre formazioni forestali( boschi mesofili, boschi di sclerofille mediterranee e pinete), nel Parco sono presenti altri ambienti legati a situazioni particolari. Di grande valore sono gli arenili e le dune, in cui si insediano specie in grado di resistere alle difficili condizioni ecologiche; questi ambienti sono ormai molto rari in tutta Italia per l’estesa antropizzazione a cui sono state soggette le nostre coste.

Molto importanti sono poi, gli ambienti palustri che si originano nelle aree più depresse in cui il ristagno d’acqua è più marcato, e i corsi d’acqua che attraversano il Parco.

27

Parco Naturale . Consorzio del Parco.Paolo Tomei .1984 .Provincia di Pisa pag.15

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Vegetazione e flora

La foresta è distribuita di massima in fasce boschive parallele alla costa di essenze29 diverse differenziate dal mare verso l’interno e composte di pino

marittimo(Pinus pinaster),miste di marittimo e domestico e di pino domestico(Pinus

pinea)30 con sottobosco in prevalenza di leccio.

Nelle zone depresse troviamo il frassino e l’ontano mentre molte varietà di piante arbustive ed arboree sono dislocate sulle sulle prime dune verso il mare.

Alla foce del Serchio che lambisce il litorale formando un’ansa lagunare profonda in alcuni punti 3 o 4 metri trova dimora la vegetazione tipica marina e fluviale con alternarsi di canneti,cespugli, rovi e salvie marittime31, ambiente di raro interesse naturalistico. Nell’interno la pineta presenta viali secolari di pino domestico di circa 25032 anni che collegano il Ponte delle Conche,Cascine vecchie e Cascine nuove.

Altri viali principali diretti verso il mare tagliano il bosco ed insieme ad altre piste interne formano una rete di sicurezza e di isolamento a zone della macchia in caso di incendi. L’area in cui è previsto l’intervento di restauro e riqualificazione si trova in posizione marginale all’interno del Parco ma non per questo non presenta notevoli interessi naturalistici. La presente relazione è stata redatta attraverso la consulatazione dell’ampia bibliografia disponibile e degli studi messi a disposizione dall’Ente Parco per cui le specie menzionate sono quelle che sulla base delle segnalazioni disponibili possono essere presenti nell’area d’intervento.

Nell’ area ad est di Piaggerta la vegetazione è dominata da una giovane pineta a Pino domestico(Pinus pinea), che si presenta piuttosto eterogenea sotto il profilo strutturale e per altezza ancora piuttosto modesta( circa 5 metri).

Il suolo alla base di tale “pinetina” è povero, ricoperto da specie erbacee comuni e da qualche leccio.

29

Feder caccia italiana,Toscana,Firenze, Bertelli editore,1989,pag 108

30

La flora di S.Rossore. Garbari F. 1999. pag.11-14

31

Calzolai Giorgio,Le attività produttive nella Tenuta di San Rossore,Pisa,NuovaLinotipia,1997,pag.27

32

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Nella zona a ovest troviamo una coltivazione a pioppi prossima ad essere raccolta e quindi sarà possibile avere un collegamento anche visivo diretto con la nuova sede della guardia forestale ( la natica torre Ricciardi). In futuro si potrà lasciare la coltura di pioppo oppure piantumare una nuova pineta di pino domestico o ancora realizzare un area a pascolo o ricavarci un terreno per bio-agricoltura.

A Nord troviamo a protezione da possibili esondazioni del Serchio un argine in pietra in buone condizioni che prosegue ancora verso il mare per circa 1 km da Piaggerta. Ad ovest al di là della strada di via Torre Ricciardi troviamo come già specificato l’area verde del Parco di maggiore pregio naturalistico,la foresta più antica con specie animali e vegetali uniche nel mediterraneo.

Tra le specie arboree c’e da segnalare il Frassino, l’Ontano, il Pioppo bianco, il Carpino bianco e il sottobosco è ricco di Biancospino, Felce e Prugnolo33.

Questa area corrisponde quasi completamente alla riserva Naturale “Palazzetto”.

Habitat e Fauna

La fauna della Tenuta di S. Rossore è estremamente varia e ricca di specie di notevole interesse conservazionistico.

L’ampia estensione di boschi maturi o di aree dunali ancora integre, insieme alla presenza di aree umide, permette la coesistenza, in un territorio relativamente limitato di una zoocenosi di eccezionale interesse.

In corrispondenza delle zone umide di S.Rossore (le lame interene al bosco mesofilo, l’area palustre del Paduletto e il fiume Morto) sono ancora presenti la testuggine palustre e la raganella,in forte diminuizione in molte aeree italiane ed europee.

Queste zone umide sono anche frequentate dall’airone rosso il quale qui nidifica. Non meno importante è la fauna con rare specie di Coleotteri34 .

Tra queste specie la più rara è Agabus striolatus, della quale sono noti solo 10 esemplari, raccolti in un’unica occasione all’interno di una lama.

33

La tenuta di San Rossore . Paolo Grassoni pag 15

34

Gli scarabei coprofogi e il controllo biologico dello sterco nei pascoli si San Rossore ISA. Tesi di laurea –università di Pisa, Fac.Scienze Agrarie. Della casa M. 1995. pag . 5

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Lungo il fiume Morto, a circa 150 metri, dall’area di intervento sono presenti alcune specie tipiche di questi ambienti. Si tratta di quelle più adattabili come il tufetto, la gallinella d’acqua ed il martin pescatore.

Nel periodo invernale c’e’ da segnalare la presenza del cormorano.

I coltivi sono concentrati alle due estremità,settentrionale(lungo il fiume Serchio) e meridionale (lungo il fiume Arno).

I terreni sono generalmente di buona fertilità, con sostanziale equilibrio tra le frazioni argillosa,sabbiosa e limosa.

Gli appezzamenti sono di grandi dimensioni,particolarmente adatti all’impiego efficiente delle macchine. Occupano una superficie complessiva di ettari 420,pari al 9%35 del totale,divisi in cereali(grano e avena,granoturco)e foraggere. Si tratta di produzione finalizzata al consumo interno del bestiame allevato.

La superficie è di ettari 12036 circa con turno decennale.Le pioppete sono ubicate nelle zone globali e sono rivelate un ottima scelta, perché oltre ad avere in queste terre una buona crescita non richiedono alcun tipo di trattamento fitosanitario37.

A San Rossore vengono allevati sia bovini che equini allo stato brado, non sono invece più presenti i dromedari38 e che per oltre due secoli hanno vissuto all’interno della tenuta impiegati in lavori agricoli e nei trasporti di prodotti forestali. Anche i bufali non ci sono più,censiti fino al 1700.39

Da ricordare è anche il suggestivo viale che collega casale La Sterpaia con Piaggerta prima e Torre Ricciardi poi, caratterizzato nel primo tratto di circa 1500 metri da platani(Platanus orientalis40) a doppio filare per ogni lato. Una numerosa fauna trova possibilità di vita nell’ambiente di S.Rossore per le condizioni climatiche favorevoli, per le colture a prato e per il carattere della vegetazione.

35

Ornitologia. Andrea Romè. Comune di Pisa 2002 pag 33

36

Calzolai Giorgio,Le attività produttive nella Tenuta di San Rossore,Pisa,NuovaLinotipia,1997,pag.18-19-20

37

Piano generale di gestione dei boschi della ex Tenuta Presidenziale. Dream. Pisa 1999. pag 22

38

Calvario E. Lista rossa dei vertebrati italiani 2000. WWF Italia pag.35-36

39

idem

40

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La selvaggina è costituita principalmente da daini,fagiani,cinghiali,conigli selvatici,lepri insieme ad una numerosa popolazione di avifauna e di ittiofauna.

Grande importanza ha S.Rossore come asilo per le correnti migratorie di uccelli41,provenienti da Sud e da Ovest, i quali tra tutti i lidi della costa hanno ancora la possibilità di sostare soltanto in questa zona per depositare le uova in un ambiente ideale e silenzioso. Circa 80 specie di uccelli42 nidificano regolarmente nelle tenute ed altre circa una sessantina vi svernano. La avifauna da sola giustifica il Parco ma la ricchezza maggiore della fauna è rappresentata dagli invertebrati, in pratica cioè,dalla microfauna.

In genere quando si parla di protezione della fauna si pensa ad una protezione dal nemico mio vistoso, il cacciatore, e quindi può a prima vista sorprendere che si vogliano proteggere insetti e lombrichi,millepiedi e ragni che nessuno insidia.

Il fatto è che il pericolo maggiore per la fauna in generale è rappresentato dalla distruzione degli ambienti naturali attraverso il disboscamento.

Quanto più monotona e uniforme sarà la copertura vegetale, tanto più povera sarà la fauna. La microfauna di S.Rossore è ancora sconosciuta in parte ed ogni volta che uno specialista di un gruppo vi ha compiuto raccolte sistematiche , vi ha trovato forme di molta importanza ,spesso nuove per la scienza.

Non si può studiare la psicologia degli uccelli in una zona infestata da cacciatori ed ugualmente poco redditizia sarebbe una ricerca sulla vita degli arenili, condotta in mezzo ad una folla di bagnati.

41

Atlante delle specie nidificanti e svernanti in Toscana. Tellini Florenzano. Monografie mus. sto.naz. . Livorno. Pag. 185

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2.3 Valori naturali e paesaggistici

La comprensione dell’ambiente naturale da parte dell’uomo presenta caratteri di grande attualità e di rinnovato interesse per la vita moderna.

Gli antichi insediamenti abitativi sorti e sviluppati nei territori del pisano per esigenze di lavoro agricolo e di vita associata per famiglie sono rimasti ancora nella tradizione di particolari strutture d’ambiente a rilevare la partecipazione attiva della persona umana alla vita dei campi e la responsabile posizione funzionale e figurativa della casa nel paessaggio.

Questo contatto diretto ha portato ad una graduale trasformazione antropica della natura, acquistando l’ambiente nuovi fattori di determinazione spaziale ed espressiva. Basti pensare alla campagna toscana profondamente umanizzata, ricca di casolari,ville e paesi,elementi di rilievo plastico e figurativo.

L’uomo attratto dalla ricerca di raggiungere un elevato benessere e nuove ricchezze si è staccato dall’ambiente naturale che lo aveva ospitato da sempre, si sono invertite le condizioni di vita tanto che ora si sente la necessità di un ritorno alla distensione ed al riposo cercando il recupero fisico, intellettivo e spirituale della persona umana.

L’ambiente naturale si presenta come l’insieme delle condizioni, in cui può compiersi questo processo di rigenerazione sotto tutti gli aspetti.

Lo stato climatologico è ideale per la purezza dell’atmosfera, la protezione dei venti,per le temperature moderate senza forti sbalzi tra giorno e la notte.

A questi fattori si aggiunge la possibilità di mettere in moto l’organismo in modo completo riattivando tutte le sue funzioni e stimolando tutti sensi.

E’ difficile sapere che cosa avviene nel “laboratorio” del nostro cervello,ma è sintomatico che l’essere umano senta la necessità urgente di portarsi spesso a contatto con la Natura, allo scopo di ritrovare in se stessi tutte le capacità potenziali per scoprire e affrontare i problemi della vita.

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L’assenza poi dei rumori produce e restituisce all’organismo una naturale distensione psicologica di grande importanza per la ripresa dell’attività di tutti i giorni.

La posizione romantica di Ruskin che annulla la personalità umana di fronte allo spettacolo paesistico della Natura che è oggetto di illimitata contemplazione è superata come quella classica , che afferma la personalità dell’uomo al di sopra dell’ambiente.

La persona umana di fronte alla Natura è un soggetto d’integrazione e di comprensione dell’ambiente.

2.4 Come nasce il Parco

Il dibattito politico-colturale e le vicende amministrative che hanno preceduto l’istituzione del Parco naturale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, nel 197943, e accompagnato poi la prima fase di gestione,fini all’elaborazione del piano territoriale di coordinamento,nel 1987,presentano un intreccio di temi tale da rendere irrealistica ogni pretesa di offrire una sintesi nello spazio di poche pagine.

La collocazione del parco all’interno di una vasta area metropolitana,in un nodo della direttrice tirrenica,con infrastrutture di interesse regionale e nazionale,lo rende molto diverso dai tradizionali parchi alpini e appenninici.

In fondo è un quadro unico nell’intero panorama mediterraneo,che spinse già negli anni ’40 e ’50 la Società botanica italiana e l’Accademia dei lincei44 a includere San Rossore nell’elenco dei parchi.

La straordinaria complessità di questo parco,si rispecchia nella complessità della sua storia,percorsi tortuosi che hanno consentito la sua istituzione prima e l’approvazione del piano di coordinamento poi. Basti pensare che alla legge istitutiva è del dicembre 1979 sebbene la necessità di dar vita a un parco naturale fosse divenuta urgente fin dal

43

Calzolai Giorgio,Le attività produttive nella Tenuta di San Rossore,Pisa,NuovaLinotipia,1997,pag.49

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1971,con la bocciatura della lottizzazione nella macchia di Migliarino prevista dal Piano Regolatore di Vecchiano.

Nel gennaio del 1970 si era tenuto a Pisa il Convegno nazionale di Italia Nostra per promuovere l’istituzione del parco nazionale, e nei mesi successivi vi era stato tutto un susseguirsi e incalzare di proteste contro il Piano Regolatore di Vecchiano terminato con la petizione di 13000 cittadini al Consiglio regionale toscano e nell’appello di 150 personalità del mondo scientifico.

Grazie anche alla spinta dell’opinione pubblica, il Consiglio superiore dei lavori pubblici si pronunciò il 26 gennaio 1971,con voto unanime contro ogni ulteriore impoverimento di quell’ambiente naturale e a favore dell’istituzione del parco.

Da allora con non pochi contrattempi, il parco naturale venne istituito con la Legge Regionale N°61 del 13/12/1979.

La scelta del legislatore fu coraggiosa per l’estensione del territorio protetto e per l’adozione di un’efficace normativa di salvaguardia.

I criteri di gestione e la soluzione dei principali problemi era comunque rimessa al piano territoriale di coordinamento,per la cui adozione fu fissato un termine di due anni ma tale termine si rivelò troppo ottimistico.

Il Consorzio infatti incontrò molte difficoltà a darsi uno statuto e a formare gli organi di gestione e per le controversie che subito emersero intorno a una serie di scelte già maturate o in fase di definizione a livello dei singoli Comuni.

Infine in un clima di polemiche accese nel 1987 la Giunta regionale istituì il piano, avvalendosi dei poteri sostitutivi previsti dalla legge.

L’ambiguità e la confusione tra idea di parco-riserva e quella di parco-progetto caratterizzò anche la polemica su una delle idee guida del piano,quella del ripristino delle zone umide bonificate nel ‘900 che avrebbe potuto cancellare addirittura i segni della presenza umana in vaste zone.

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La Giunta45 d’intesa con il parco e con i progettisti accettò di lasciare i centri abitati al suo interno.

La tenuta di San Rossore poi è rimasta di proprietà, dopo i Savoia, del Presidente della Repubblica Fino al 1998, anno in cui la Tenute è diventata proprietà della regione Toscana.

In questa breve descrizione sono state citate solo le specie di maggiore interesse, ma a queste sono naturalmente da aggiungere molte altre, tipiche degli ambienti presenti all’interno della Tenuta. Comunque si deduce che quest’area rappresenta oggi un’isola di protezione sia per la flora che per la fauna vertebrata e invertebrata; pur essendo inserita al centro di un territorio fortemente antropizzato, vi si può ancora riscontrare una relativa complessità e integrità di ecosistemi.

2.5 Fruizione e realtà socio-economica

L’area della ex Tenuta Presidenziale di San Rossore, pur presentando elevate potenzialità ecoturistiche , risente fortemente della destinazione d’uso che la stessa Tenuta ha avuto fino al 1998, quale Tenuta Presidenziale , che non ha storicamente permesso lo sviluppo del sistema di fruizione secondo i corretti criteri di gestione sostenibile di un’area protetta.

La regolamentazione stabilita dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica prevedeva modalità di fruizione decisamente atipiche per un’area protetta.

Per molti anni è stato, infatti, consentito l’accesso libero e non numericamente controllato ad alcune aree della Tenuta nei giorni della settimana in cui la domanda di visite è più elevata(domeniche e giorni festivi) e il divieto di accesso negli altri giorni della settimana.

• 45

(30)

Con il passaggio in gestione alla Regione Toscana, prima, e all’Ente Parco Regionale Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, poi, è stata aggiunta a tali forme di fruizione un’ampia gamma di attività di educazione ambientale e ricreazione compatibile, che ha riscontrato l’interesse di un numero crescente di visitatori ed ha, allineato il sistema di fruizione a quello delle aree protette gestite secondo moderni e corretti principi di gestione.

Le attività possono essere suddivise in tre macro categorie: 1. la fruizione dell’Ippodromo

2. le attività di educazione ambientale

3. le attività di ricreazione compatibile e visite libere

L’Ippodromo:

Pur con forti oscillazioni annuali, l’Ippodromo rappresenta da oltre venti anni una grande opportunità ricreativa per migliaia di persone.

L’organizzazione dell’attività ippica agonistica risulta articolata su un arco temporale di circa un semestre.

Connessa all’attività di fruizione dell’Ippodromo esiste quella dell’allevamento e passeggio dei cavalli da corsa,che, in parte avviene in aree interne alla Tenuta e , in parte, nei percorsi adiacenti.

Le attività di educazione ambientale:

Il potenziale ecoturistico della Tenuta risulta elevato, data la presenza congiunta di tre condizioni favorevoli a tale sviluppo e sono:

la gestione diretta del territorio da parte dell’Ente di gestione, la presenza di confini difficilmente varcabili e la limitatezza degli accessi al traffico motorizzato.

Nonostante le suddette potenzialità, le attività di educazione ambientale e di ricreazione compatibile sono state attivate all’interno della Tenuta sol o recentemente, a seguito del passaggio di gestione della stessa dal Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica all’Ente Parco, che sta sfruttando al meglio un’ampia gamma di servizi ecoturistici e di educazione ambientale.

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L’offerta di servizi ricreativo-compatibili ed educativi comprende visite guidate a cavallo o in carrozza trainata da cavallo , corsi di equitazione, visite in bicicletta e in trenino elettrico. Molte attività comprendono sia aspetti ricreativo-compatibili che quelli di educazione ambientale e non è possibile operare una distinzione netta tre a queste attività.

Si può parlare di attività a carattere prevalentemente educativo e attività a carattere prevalentemente ricreativo, tenendo presente che in molti casi in una medesima attività saranno presenti sia gli aspetti di uno che dell’altro.

Le attività di educazione ambientale e ricreativo-compatibili:

Le attività di educazione ambientale sono state stabilmente attivate nella Tenuta dal 2000, a seguito dell’apertura Centro di Visite della Sterpaia, il quale costituisce la base logistica di tali attività. I periodi di massima domanda di servizi di educazione ambientale sono quelli primaverili e quelli estivi.

Ma l’analisi fatta sui soggiorni effettuati presso il Casale ha fatto notare che tali presenze sono rivolte soprattutto ad attività a carattere prevalentemente ricreativo e meno di educazione ambientale. Interessante sarebbe quindi specializzare meglio i luoghi di ricreazione da quelli educativi- scientifici creando nella vicina località Piaggerta un altro polo di carattere prevalentemente educativo.

Sarebbe poi possibile connettere i due poli con percorsi turistici ( per esempio sopra l’argine) utilizzando l’area a sud del fiume Serchio per attività agronome-agricole di ricerca ,forme di allevamento tradizionali ( in parte è già utilizzato) e la produzione di altri prodotti compatibili( come miele e derivati del latte)e quindi creare una ampia area, in parte produttiva, ricreativa - culturale , scientifica di ricerca ed educazione ambientale insieme, ogni attività con le proprie strutture specifiche ma collegate insieme con lo scopo di offrire al visitatore ( studente-ricercatore, famiglie, gruppi di scolaresche, anziani e disabili) una nuova visione di Parco Naturale.

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Regolamentazione degli accessi alla Tenuta:

L’ingresso nella Tenuta è consentito a pedoni,biciclette,cavlli e veicoli nei giorni festivi con orario 8.00 – 17.00 nel periodo invernale e 8.00 – 19.00 nel periodo festivo dall’ingresso principale (Ponte alle Trombe) e dall’ingresso di via delle Lenze (La Punta); è stato ,inoltre recentemente riaperto (ai soli pedoni,biciclette ) anche l’ingresso del Marmo nel Comune di San Giuliano Terme (in prossimità del ponte del fiume Serchio). Nei gironi feriali è consentito l’accesso solo al Casale la Sterpaia dall’ingresso principale.

Le criticità:

Le maggiori criticità presenti nei sistemi di fruizione sono rappresentate da:

• momenti di elevato livello di traffico all’interno e nelle vie di accesso alla tenuta (soprattutto via delle Cascine) nei giorni festivi che se pur esterna alla Tenuta è inclusa nel perimetro del Parco. Tale condizione è aggravata dalla mancanza di mezzi di trasporto collettivo alla tenuta.

• In parte connesso al fenomeno di cui al punto precedente, è quello della cospicua presenza, in diverse occasioni, di veicoli in sosta non regolamentata all’interno della Tenuta. Tale condizione deriva anche dalla scarsità di parcheggi regolamentati, insufficienti a coprire non solo le punte, ma anche le affluenze medie.

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PARTE TERZA: EDUCAZIONE AMBIENTALE E SVILUPPO SOSTENIBILE NELLE AREE PROTETTE

3.1 Educazione ambientale

L’educazione ambientale è un settore di studi pedagogici e di pratiche di intervento abbastanza recenti. La sua nascita ed il duo affermarsi vanno di pari passo con l’acuirsi di fenomeni degenerativi che hanno portato a grandi catastrofi ecologiche.

Per molti anni l’educazione ambientale ha coinciso con l’impegno per la difesa dell’ambiente naturale o delle specie in via d’estinzione. Con l’educazione ambientale si è cercato di creare una sensibilità verso i problemi del pianeta.

Oggi è cambiato il significato da attribuire al termine ambiente. Esso viene concepito come contesto spaziale nel quale la vicenda delle collettività umane si manifesta e si trasforma nel procedere della storia. Questo contesto non si riferisce solo al campo dei fenomeni fisici e naturali che contraddistinguono l’ambiente naturale,ma si riferisce anche alla manifestazione dei modi con cui l’uomo si rapporta all’ambiente,sfruttando il territorio( ambiente costruito) e vivendo in esso fenomeni personali e sociali(ambiente sociale). Ecco che allora gli scopi fondamentali dell’educazione ambientale diventano quelli di sviluppare la conoscenza e le azioni dell’uomo. Il concetto di educazione ambientale si evolve verso la concezione di educazione allo sviluppo sostenibile

Questa evoluzione del concetto di educazione ambientale deve guidare l’agire quotidiano degli amministratori, delle associazioni,del mondo della scuola e delle forze produttive. Per questo l’educazione ambientale non può essere una nuova materia d’insegnamento,non può essere circoscritta al solo tempo scolastico, ma deve contribuire a costruire in ogni individuo il senso di identità e le radici di appartenenza, creando un rapporto affettivo tra le persone ed il loro territorio.

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3.2 Analisi del Valore per uno sviluppo sostenibile

Antropocentrismo o biocentrismo nelle arre protette?

Risulta evidente la centralità dell’essere umano nel nostro pianeta, ma la cosa riguarda la consapevolezza dell’uomo che deve orientare le nostre azioni,soprattutto nelle aree protette,dove vengono perseguite finalità di sviluppo,oltre che di conservazione.

Per questo c’è la necessita di investire in cultura per creare una coscienza consapevole che un limite esiste ed oltrepassarlo comprometterebbe la stessa possibilità di sviluppo. C’è la necessità di una coscienza diffusa del far bene, costruendo bene e utilizzando materiali idonei ed energia rinnovabile, puntando ad uno sviluppo sostenibile in grado di essere attento ai mille aspetti della realtà e della bio- diversità.

Lo sviluppo sostenibile, oltre ad essere necessario per la salvaguardia del pianeta, è ormai diventato un obbligo ed è previsto dalle norme comunitarie in tutti i settori, dal turismo alle politiche agricole, dove è in continuo aumento lo spazio per le produzioni biologiche; ma è inoltre sempre più un fattore di convenienza, poiché, per paesi come l’Italia, non vi è alcuna possibilità di sviluppo se non attraverso la sostenibilità e la qualità.

L’attività turistica in Italia ha una valenza economica di grande rilievo ed è fondamentale per i parchi stessi, a patto che non si tratti di un turismo insostenibile, che moltiplichi le pressioni sul territorio, ma che anzi comporti una qualità diversa a partire dalle strutture ricettive e dai sistemi organizzativi dei parchi.

I parchi possono porsi come centri di eccellenza anche riguardo il grande tema dei mutamenti climatici, forse il più urgente, caratterizzandosi come aree ad “emissione zero” di CO2.

L’area protetta deve essere parte, oltre che a livello locale e territoriale, di una battaglia sulla sostenibilità a livello globale, con un ruolo esplicito di protagonismo, attraverso la promozione di politiche di elevata efficienza energetica e promuovendo l’utilizzo delle fonti rinnovabili.

Figura

Fig. 1 Indicazioni antropometriche dell'ausilio accompagnatore
Tab. 1 - Griglia multi-criteriale

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