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Salute mentale: l'autonomia e un orizzonte possibile.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI

TITOLO:

SALUTE MENTALE: L’AUTONOMIA E’ UN ORIZZONTE

POSSIBILE.

RELATORE

Prof.GabrieleTomei

CANDIDATA

Giusi Arianna Trainiti

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Ringraziamenti

Alla mia famiglia che mi è stata accanto in

questi lunghi anni.

A mia nonna Giuseppina

che mi ha sostenuta dal cielo.

Al mio fidanzato per non avermi mai fatto

mancare il sostegno in questi ultimi mesi e

per aver condiviso dei bellissimi momenti.

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Abstract p.4 Introduzione p.6

CAPITOLO 1: Salute mentale e disabilità p.7 1.1.Definizione, nascita e normativa nazionale p.7

1.1.1.L'organizzazione dei servizi di salute mentale. p.11 1.2.L'integrazione lavorativa delle persone con disabilità. p.14 1.3.La popolazione con disabilità in Toscana. p.19 1.4.Le organizzazioni toscane attive sul tema dell'integrazione lavorativa. p.26 CAPITOLO 2: L'Alba auto-Aiuto p.30 2.1.Che cos'è l'Associazione Alba. p.30 2.2.L'auto aiuto in Italia: Gruppo-Associazioni-Coordinamento. p.32 2.3.Horta Agricoltura Sociale p.41 2.4.Progetto Nuovi Spazi di Vita(NSV) Silvano Arieti. p.43 2.5.Il facilitatore sociale p.47 CAPITOLO 3: Metodologia p.50

3.1.Individuazione della finalità dell’indagine p.50 3.2.Definizione dell’ambito della ricerca p.52

3.3. Identificazione delle fonti per raccogliere dati e informazioni p.55 3.4.Individuazione delle dimensioni di analisi p.55

CAPITOLO 4: La Valutazione p.56 4.1.le strategie dei gruppi appartamenti producono effetti? Su quali tipologie di utenti? In quali contesti? p.56 CAPITOLO 5: Appartamenti verso l'autonomia: abitare la vita. p.75 5.1.Il progetto appartamento p.75 5.2.Il ruolo della famiglia nei percorsi di autonomia del disabile. p.88 CONCLUSIONI. p.93

Bibliografia p.98 Sitografia p.101

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L'idea di svolgere questa ricerca nasce dall'esperienza di tirocinio formativo e dal lavoro svolto a seguito di un progetto di servizio civile attivato, già dal mese di settembre 2016, dall'Associazione Alba di Pisa. Associazione nata il 28 Gennaio del 2000 con l'obiettivo di promuovere l'integrazione psico-sociale delle persone che soffrono o hanno sofferto di un disagio psichico. Obiettivo del presente progetto di servizio civile è l’intento di rimuovere ogni forma di stigma che limiti o ostacoli il pieno godimento dei diritti e promuovere azioni di inclusione sociale che garantiscano pari opportunità lavorative.

Oggi, le persone che soffrono di disabilità intellettiva hanno raggiunto livelli di autonomia tali da mettere in crisi la società che aveva pregiudizi su loro. Queste persone sono in grado di fare la spesa, cucinare, uscire, usare i mezzi pubblici, avere rapporti di amicizia ed organizzarsi per il tempo libero.

I progetti di vita elaborati con la collaborazione dei disabili stessi contemplano ruoli sociali reali e attivi, dando loro la possibilità di immaginare una vita futura in autonomia in un alloggio che non sia l’abitazione familiare e nemmeno una struttura protetta. I limiti connessi alla disabilità e, più in generale, allo stato di salute, tuttavia, non permettono a queste persone di vivere completamente da sole. Questo non significa però che non sia possibile per un disabile intellettivo trasformare il disegno di vita autonoma in un’esperienza reale e concreta.

Questo lavoro sarà articolato in cinque capitoli cosi strutturati:

Nel capitolo 1 daremo una definizione di salute mentale è tratteremo della nascita riguardante le varie normative a carattere nazionale relative al tema trattato. Inoltre, tratteremo dell'organizzazione dei servizi trattati delle persone con disabilità intellettiva è come questi servizi lavorino per l'integrazione lavorativa di queste persone. Ovviamente la nostra ricerca ha svolto una prima panoramica della disabilità nella Regione Toscana e delle varie associazioni presenti sul territorio .

Nel capitolo 2 abbiamo introdotto l'Associazione di Auto-Aiuto l'Alba visionandola in tutte le sue molteplici articolazioni .

Nel capitolo 3 abbiamo inserito la metodologia tramite la quale abbiamo condotto la nostra ricerca concentrandoci in modo peculiare sull'individuazione

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delle finalità dell'indagine,sul percorso di costruzione del disegno di ricerca ,sulla definizione dell'ambito di ricerca e cercando di raccogliere il maggior numero di dati sulle fonti da noi utilizzate.

Nel capitolo 4 ci siamo soffermati sull'analisi del progetto appartamento, evidenziando i percorsi propedeutici dell'autonomia abitativa e tracciando, seppur in maniera sommaria, il ruolo della famiglia nell'autonomia e nella gestione delle persone con disabilità.

Infine, nel capitolo 5 abbiamo stilato i risultati relativi alla nostra ricerca concentrandoci sulla tipologia di utenti e sui contesti presi in considerazione.

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Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri e per il mondo resta ed è immortale.(Harvey B. Mackay)

Quando si lavora in un associazione di volontariato le persone a te care, che vengono a sapere del tuo lavoro, una delle domande che si impadronisce di chi non ha beneficiato di questa esperienza è perchè? Chi te lo fa fare?

Questo lavoro di tesi è innanzitutto il tentativo di rispondere proprio a questi interrogativi che in realtà vengono alla mente non solo di chi te li ha posti ma, a bene vedere, alla mente innanzitutto di noi stessi.

Si inizia a lavorare nel volontariato un po' per scommessa con noi stessi, un po' perché all'inizio siamo stati costretti, come membri di uno stage formativo, e comunque, in ogni caso, la risposta alle domande iniziali risulta fondamentalmente oscura.

Dopo le prime esperienze devastanti, perché non ha mai lavorato nel mondo del sociale, ti accorgi, in realtà, che non sei tu operatore a dare qualcosa a chi ne ha bisogno, ma che sono proprio i ragazzi che dovresti aiutare che aiutano te a comprendere di cosa è fatta realmente l'esistenza.

Dopo poche settimane di lavoro ti accorgi quindi che la risposta alle due domande iniziali è che si lavora nel volontariato perché tutto ciò ci riempie d'amore, ci fa sentire utili, perchè la nostra società, cosi spietatamente solipsista, è una società che non funziona e quindi dare qualcosa di sé agli altri è, a ben vedere, il modo migliore in cui gli altri danno davvero qualcosa a te.

Nonostante la forma di questo lavoro di tesi sia scientifica è a volte quindi possa risultare fredda e asettica, in realtà nasconde un'immensa gratitudine verso tutte quelle persone che, con le loro esistenze, mi hanno fatto capire la meraviglia del sociale.

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1.1 Definizione, nascita e normativa nazionale

Con l'espressione salute mentale, secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si fa riferimento ad uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l'individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all'interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell'ambiente,

adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni.1

La malattia mentale viene comunemente definita come uno stato di sofferenza psichica, prolungato nel tempo, che incide sul vivere quotidiano dell'individuo,

causando molti altri problemi sul piano affettivo, socio-relazionale e lavorativo.2

Nell’antichità la malattia, soprattutto mentale, veniva spesso ricondotta all’intervento di forze soprannaturali e divine; per questo, veniva “curata” attraverso riti mistico-religiosi. Addirittura, i sacerdoti di quell’epoca tentavano di

leggere, nelle manifestazioni della persona considerata folle, messaggi dell’aldilà.3

Nel Medioevo accadeva invece, spesso, che le persone che manifestavano comportamenti ritenuti “bizzarri” venissero considerate possedute; anche in questo caso la “cura” era affidata agli esponenti della Chiesa, i quali tentavano di combattere la possessione, attraverso l’uccisione.

Nell’Età Classica, il problema della “follia” perse il carattere mistico-religioso e iniziò ad essere considerato da un punto di vista sociale. Infatti “folli” diventarono tutti coloro che venivano ritenuti una minaccia per la società, da

allontanare e rimuovere da essa.4

Proprio in quel periodo, sorsero moltissimi manicomi volti a rinchiudere le persone rifiutate dalla società; persone con malattie mentali, poveri, vagabondi, mendicanti e criminali. Ben presto, si diffusero in tutta Europa e divennero uno 1 C. Lolli, Il sistema di valutazione in sanità, USL di Avezzano-Sulmona, Feltrinelli Editore,

Milano 2009, p.4.

2 Cfr. F. Tripputi, Dalla nascita dei manicomi alla loro chiusura. La legge che cambiò la storia in Italia, informazione, 2016.

3 Ivana Matteucci, Comunicare la salute e promuovere il benessere, Franco Angeli,Milano,2014. 4 Raffaele Mantegazza, Filosofia dell'educazione, Bruno Mondadori, Milano 1998.

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strumento di potere enorme, attraverso il quale si decideva sulla vita delle persone

e su chi dovesse essere rinchiuso.5

La prima legge che si occupò di assistenza psichiatrica in Italia fu la legge n.36 del 14 Febbraio 1904, "Disposizioni sui manicomi e gli alienati " la cosiddetta legge Giolitti . L'elemento caratterizzante di tale legge è deducibile dall’art 1) «Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualsiasi causa da alienazione mentale quando siano pericolose a sé o agli altri, o siano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e

curate fuorché nei manicomi».6 Quindi l'attenzione della legge è rivolta

all'alienato mentale, considerato come soggetto pericoloso o di pubblico scandalo

per la società e la collettività. La legge, inoltre, non ha finalità terapeutiche ma di

semplice custodia: «L'alienato deve essere relegato in ambienti chiusi, allontanato dal resto della collettività in quanto incapace di integrarsi con essa, in quanto

emanatore di comportamenti difformi rispetto alla norma»7. Il direttore del

manicomio possedeva assoluto potere all’interno della struttura, sia sul piano sanitario e sia economico. Dopo un periodo di osservazione di trenta giorni egli decideva per un internamento definitivo della persona ricoverata, con perdita da parte dell’interessato della capacità di agire in senso giuridico.

Con la legge n. 431 del 14/03/1968 "Provvidenze per l'assistenza psichiatrica" (cosiddetta mini riforma psichiatrica) si introducono alcuni aspetti innovativi come l'abrogazione dell’annotazione dei provvedimenti di ricovero nel casellario giudiziario; la possibilità del ricovero volontario ( su richiesta del malato) in ospedale psichiatrico, "per accertamento diagnostico e cura" senza subire

restrizioni della propria libertà personale (art 4). Inoltre si introduce la possibilità

di costruire dei centri o servizi di igiene mentale che possono essere resi autonomi, sotto il profilo organizzativo, con funzioni ambulatoriali a cui devono essere assegnati psichiatri, psicologi, assistenti sociali, infermieri e ausiliari, con il

compito di seguire i pazienti dimessi.8

5 Cfr. D. Mesini, C. Castegnaro, N. Orlando, Disabilità e lavoro:il ruolo del volontariato nell'integrazione lavorativa delle persone disabili, Cesvot, Firenze 2016, pp. 55-81. 6 Gazzetta ufficiale N. 43 DEL 22 FEBBRAIO 1904.

7 L. Bonifazzi, B. Giacconi, L'assistente sociale e l'assistente sociale specialista, Maggioli editore, Sant'Arcangelo di Romagna 2016.

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Però tale legge presenta degli aspetti problematici e cioè il collegamento tra assistenza intera ed extra murale e la sostanziale assenza di un'assistenza psichiatrica territoriale alternativa ai manicomi.

Una svolta epocale avviene alla fine degli anni settanta con l'emanazione della Legge 180/1978 "Accertamenti e trattamenti volontari ed obbligatori" conosciuta

anche come legge Basaglia, che modifica l'approccio alla sofferenza psichica.9

Tale normativa ha consentito il superamento dei sistemi di trattamento basati sull'esclusione, la medicalizzazione del disagio, la segregazione del paziente, in favore di processi di aiuto e reinserimento sociale, interventi nella comunità e con la comunità. Mira soprattutto alla prevenzione e alla riabilitazione, prevalentemente nei servizi territoriali evitando il ricorso al ricovero in strutture ospedaliere, volontario o obbligatorio. In questo modo l'alienato mentale cessa di essere tale, per divenire utente del Servizio Sanitario Nazionale quale persona

affetta da disturbo psichico con pieno diritto al trattamento terapeutico.10

Elemento di novità della L.180/78 è l’introduzione della volontarietà del trattamento sanitario che rappresenta un adeguamento a quanto stabilito dal secondo comma dell’art.32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato ad

un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. […]”.11

All’interno della L.180/78 vengono poi disciplinati i casi di trattamento sanitario obbligatorio (TSO che prevede il ricovero coattivo di un soggetto in un servizio psichiatrico ospedaliero) che deve avvenire nel rispetto di una specifica procedura burocratica. Affinché si possa richiedere e poi realizzare il TSO

12(trattamento sanitario obbligatorio) devono coesistere tre condizioni:

▪ Presenza di patologia psichiatrica che necessita di urgenti interventi terapeutici;

▪ Rifiuto del trattamento da parte del soggetto;

▪ Impossibilità ad adottare tempestive misure extra ospedaliere

La procedura burocratica attraverso cui si giunge al trattamento sanitario 9 R. Carli, R. M. Paniccia, La cultura dei servizi di salute mentale in Italia. Dai malati psichiatrici

alla nuova utenza: l'evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto. Franco angeli, Milano 2017, p. 9.

10 Cfr. Op. Cit

11 P. Mariotti, U. Genovese, Responsabilità sanitaria e medicina difensiva, Maggioli editore, Sant'Arcangelo di romagna 2013.

12 Stefano Rossi, La salute mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale. Franco Angeli, Studi di diritto pubblico, 2014.

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obbligatorio si compone di vari momenti. Il primo di questi, è la proposta di ricovero da parte di un medico che deve essere formulata dopo aver visitato il soggetto; che deve essere convalidata da un secondo medico, non necessariamente uno specialista (operante in una struttura sanitaria pubblica), anch’egli dopo aver visitato il soggetto.

Entrambi i medici redigono certificati che attestano la presenza delle condizioni che giustificano la richiesta di un trattamento obbligatorio che, entro quarantotto ore, devono essere inoltrati al Sindaco (in qualità di massima autorità sanitaria sul territorio). Successivamente è il Sindaco a disporre, attraverso un’ordinanza, il ricovero coatto presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura.

Solo nel caso in cui il Sindaco decida di precedere con il TSO dovrà inviarne il provvedimento al Giudice Tutelare competente (entro quarantotto ore dal ricovero), per la necessaria notifica. Il Giudice Tutelare, assunte le informazioni del caso, convalida il provvedimento entro le quarantotto ore successive, dandone comunicazione al Sindaco e al personale del reparto. Il TSO decade qualora il Giudice Tutelare non convalidi il provvedimento. La degenza presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, in regime di TSO, dura 7 giorni, rinnovabili alla scadenza, su proposta di un medico del servizio, con provvedimento del Sindaco e successiva convalida del Giudice Tutelare.

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1.1.1 L'organizzazionedei servizi di salute mentale

In Italia, a seguito dell'emanazione della legge n.180/78, il recupero delle persone con disturbo mentale è gestito in ogni Azienda Sanitaria dal Dipartimento

di Salute Mentale 13( D.S.M.), la cui organizzazione varia a seconda delle

specifiche disposizioni regionali.

Il D.S.M. ha il compito di promuovere, assicurare e tutelare la salute mentale dei cittadini, svolge funzioni di coordinamento e programmazione delle attività territoriali e ospedaliere.

L'erogazione delle prestazioni avviene attraverso le unità operative collocate sul territorio, cioè quelle strutture organizzative che assicurano la globalità degli interventi e la continuità terapeutica, utilizzando l'apporto integrato di più professionalità ( infermiere, educatore, psichiatra, psicologo e assistente sociale).

Le unità operative si suddividono in :

 CENTRO DI SALUTE MENTALE (C.S.M.): costituisce

la sede organizzativa dell'Equipe degli operatori ed il punto di coordinamento dell’attività sul territorio. Svolge tutte le azioni preventive e quelle terapeutico-riabilitative non basate sulla residenzialità o il ricovero. Esso garantisce un servizio specifico di informazione e di sostegno alle famiglie dei pazienti. Il CSM definisce ed attua programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi personalizzati, con le modalità proprie dell’approccio integrato, tramite interventi ambulatoriali, domiciliari e di "rete", nella strategia della continuità terapeutica, assumendone la responsabilità per il territorio di propria pertinenza. Esso promuove la ricerca e l’attivazione di azioni a sostegno della vita quotidiana a domicilio ed in alloggi comunitari, per la gestione di attività di tempo libero, attività di socializzazione e di animazione, in collaborazione con le associazioni e le cooperative sociali.

 SERVIZIO PSICHIATRICO DI DIAGNOSI E CURA

(S.P.D.C.): provvede alla cura degli utenti che necessitano di terapie mediche con ricovero in ambiente ospedaliero. è collegato al pronto soccorso; accoglie trattamenti sanitari volontari e obbligatori e provvede all’assistenza di pazienti in 13 R. Carli e R. M. Paniccia, La cultura dei servizi di salute mentale in Italia. Dai malati psichiatrici

alla nuova utenza: l'evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto. Franco Angeli, p. 98-100.

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condizione di emergenza. Per legge, al fine di evitare l’affollamento di pazienti acuti, non può avere più di 15/16 posti letto.

 SEMIRESIDENZIALI: sono destinate ad ospitare soggetti

che necessitano, durante il giorno, di interventi terapeutici e di risocializzazione sulla base di programmi di breve, medio e lungo periodo; esse comprendono:

-Day Hospital (D.H.): tale servizio è utilizzato da pazienti con psicopatologia sub-acuta, aventi necessità di intervento farmaco terapico e psicoterapico-riabilitativo. Ad esso si accede in base a programmi concordati tra gli operatori del DSM. Il day-hospital psichiatrico effettua un’analisi dei problemi prioritari del paziente, un’attenta valutazione multidimensionale, con l’identificazione di un piano di cura specifico e personalizzato basato su cicli. Gli interventi posti in essere consentono, quindi, l’effettuazione coordinata di accertamenti diagnostici vari e complessi e, inoltre, hanno la funzione di evitare ricoveri a tempo pieno nonché di limitarne la durata quando questi si rendano indispensabili. Le prestazioni erogate prevedono il coinvolgimento di più figure professionali nell’ambito di un approccio multidisciplinare e multiprofessionale.

-Centro Diurno (C.D.): la sua utenza è costituita da soggetti i cui bisogni derivano da incapacità o difetti gravi nello stabilire validi rapporti interpersonali e sociali. Il C.D. configura uno spazio in cui l'equipe operante offre strumenti e opportunità per attivare, sperimentare ed apprendere idonee modalità di contatto interpersonale nella forma di rapporti individuali e di gruppo. L’offerta comprende anche una gamma di programmi occupazionali volti all’apprendimento di specifiche competenze utilizzabili in senso lavorativo, per le quali andranno individuate le risorse personali e le attitudini di ogni singolo utente.

 STRUTTURE RESIDENZIALI: rispondono a bisogni di

lungo-assistenza e di residenzialità protetta e semiprotetta. Esse si distinguono in: -Comunità: è un luogo assistito nelle 24h dove si svolgono attività terapeutiche e riabilitative. Affinché un paziente tragga esclusivamente benefici da un’esperienza di comunità è necessario che la permanenza non sia eccessivamente prolungata (non più di 5/6 mesi consecutivi).

-Gruppo appartamento: anche detto Casa Famiglia, è una normale casa in cui va ad abitare un gruppo ristretto di pazienti (da tre a cinque) provenienti

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prevalentemente dal Manicomio, che spesso già si conoscono tra loro, o comunque disponibili alla convivenza. Il numero degli operatori presenti può variare a seconda della tipologia dei pazienti e della situazione; è preferibile partire con un’assistenza intensiva con l’obiettivo di raggiungere la pressoché totale autonomia.

-alloggio: è un’organizzazione simile alla precedente, con due differenze: i pazienti sono presenti in maggior numero e con rapporti "meno stretti" tra loro. La gestione sociale della casa è affidata a persone esterne (es. un Ente, una cooperativa, ecc.) che vi provvedono in cambio di una retta che ciascun ospite paga.

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1.2. L'integrazione lavorativa delle persone con disabilità.

L'integrazione lavorativa14 delle persone con disabilità, insieme alla promozione e tutela dei loro diritti rappresentano un tema sempre più attuale ed urgente, che chiama in causa soggetti privati ed istituzioni pubbliche a vari livelli e riguarda questioni afferenti l'orientamento e la formazione professionale, gli inserimenti lavorativi in ambiti protetti, la valorizzazione delle competenze e più in generale, la socializzazione e acquisizione di autonomia e autostima dei soggetti fragili.

In Europa, il tema ha acquisito maggiore rilievo e attenzione con la Strategia Europea sulla disabilità 2010-2020, volta a rafforzare la partecipazione attiva delle persone disabili nella società e nell'economia e a migliorare il pieno esercizio dei loro diritti. In campo nazionale il riferimento della materia è rappresentato dal Programma di Azione Biennale per la Promozione dei Diritti e l'Integrazione delle Persone con Disabilità15.

La Regione Toscana, è in prima linea sul tema di potenziare l'inserimento sociale ed occupazionale delle persone disabili dichiarando nei welfare regionali l’obiettivo di inclusività e di pari opportunità per i cittadini. Questo inserimento è attuato soprattutto tramite i servizi per l'impiego e attività di collocamento fondamentalmente centrate a inserire individui con disabilità e viene concretizzata anche attraverso forme di orientamento e centri per l'impiego pubblici. Questa pratica di inserimento nel mondo del lavoro fa parte di un progetto più ampio che mira a sviluppare un'integrazione in tutti i campi delle persone con disabilità in modo che questi ultimi,come anche le loro famiglie,abbiano tutto l'aiuto necessario per poter partecipare con pari opportunità alla vita lavorativa e sociale di oggi.

Per poter attuare queste politiche sociali la Regione Toscana si è dotata sul piano legislativo della L.68/1999 che prevede << Lo sviluppo di azioni per garantire anche alle persone con disabilità l'accesso a tutti gli interventi previsto dal testo unico>>16.

14 Mesini, Castagnaro, Orlando. Disabilità e lavoro. Il ruolo del volontariato nell'integrazione lavorativa delle persone disabili. Cesvot Edizioni. p.5.

15 F. Giofrè, Autismo: protezione sociale e architettura. Alinea Editrici. p. 12.

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Volendo approfondire le caratteristiche di questa legge troviamo nella fattispecie che sono stati elaborati percorsi educativi speciali con la tutela dei diritti all'educazione. Si è combattuto contro l'esclusione sociale soprattutto di persone appartenenti a categorie svantaggiate.

Si è promosso il diritto al lavoro con la possibilità di tirocini formativi che vanno da 12 a 24 mesi e inoltre,si è istituito un fondo regionale per l'occupazione di persone con disabilità con la possibilità di convenzioni per l'inserimento lavorativo.

La L.68\99 inoltre aumentava l'accesso al collocamento obbligatorio dal 33% al 45% estendendo l'obbligo alle imprese con più di 15 dipendenti,implementando agevolazioni economiche e contributive per l' imprenditori che avrebbero inserito soggetti con disabilità.

Sia nelle aziende pubbliche che in quelle private è stata creata un'organizzazione sindacale ed una rappresentanza delle associazioni dei disabili con graduatorie e percorsi per l'inserimento <<particolare attenzione merita l'art 17. Questo dispone che le pubbliche amministrazioni non possono intrattenere rapporti di alcun genere con imprese che non dimostrino di essere in regola con il collocamento obbligatorio. La norma,pur edulcorata dal Ministro Sacconi che ha trasformato il certificato di ottemperanza con una più blanda autocertificazione,dovrebbe incentivare la copertura delle quote di legge,in pezzi importanti del nostro sistema economico. >>17

Gli ultimi dati,relativi all'amministrazione pubblica come spiega la quinta V relazione al Parlamento che riporta i dati relativi al biennio 2008/2009, sono stati piuttosto negativi. Basti fare un esempio : gli iscritti al collocamento mirato, erano 700.000 a livello nazionale, di cui ben 83.000 nel 2009, gli avviamenti al lavoro di disabili sono stati solo 20.830. Le graduatorie sono ferme,sono solo 192 le chiamate numeriche. Prima di dare delle risposte è bene capire le ragioni di un andamento negativo inaspettato. A partire dalla crisi economica globale che attraversa tutt'oggi il nostro pianeta e non ha certo risparmiato l'Europa ed il

mentale. Buone pratiche, ricerca empirica ed esperienze innovative promosse dalla rete AIRMaM, Franco Angeli Editore Milano 2013 2013, p.52

17Barone R., Bruschetta S., D'Alema M., (a cura di) L'inclusione sociale e lavorativa in salute mentale. Buone pratiche, ricerca empirica ed esperienze innovative promosse dalla rete AIRMaM, Franco Angeli Editore Milano 2013, p.52

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sistema economico ed industriale del nostro pianeta. Non c'è alcun dubbio che la crisi e l'aumento della disoccupazione ha frenato l''inserimento di lavoratori disabili.

Per quanto riguarda i dati relativi al 2008, vi sono molti punti negati: si parte dal taglio del 70% di tutti i fondi per le politiche sociali, compreso la non autosufficienza e l'occupazione dei disabili che va da 30 a 11 milioni di euro. Si ricorda anche la vicenda dei "falsi invalidi"18 si è scatenata un'azione aggressiva sulle pensioni,assegni di invalidi e la legge 104/92 che sta mettendo in crisi i disabili e soprattutto i loro diritti.

Qualcosa che non funziona emerge anche dalle Regioni e Province che hanno fatto uso di norme legislative che partono dalle Convenzioni per incrementare e introdurre le opportunità di lavoro dei disabili, dei più gravi in particolare, sembrerebbe in molti casi utilizzato per aggirare le norme.

Importante è il controllo perché non a caso si parla di collocamento mirato. Gli ispettorati del Ministero del lavoro nel Lazio hanno irrogato solo 48 sanzioni di cui 20 per mancato adempimento.

Per non parlare dei controlli indiretti, quelli previsti dall'articolo 17. La norma è inapplicata da parte delle pubbliche amministrazioni. Tra le associazioni si è diffuso il sentore che si debba passare dalla protesta per vie locali.

E proprio dalle Associazioni e sindacati che vengono rappresentati nelle Commissioni per il collocamento sembrano arrivare più frequenti segnali di un impegno attento ed efficace. Importante è rivedere gli atti vigenti,migliorare l'applicazione di strumenti come il match,sviluppare un pressing più efficace sulle imprese avvalendosi del sistema informativo. Si fa sempre più ricorso alle convenzioni con la legge che le finalizza in particolare all'inserimento e superamento di difficoltà all'interno dell'ambiente di lavoro.

Importanti sono le imprese sociali che sono state sponde per l'inserimento lavorativo,cosi come legiferato dal Testo Unico riguardante gli enti del Terzo

18 Giovanni Battafarano, Giovanni Paolo Fontana. I nuovi lavori dell'handicap. Un percorso attraverso la legge n. 68 per l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone disabili. Franco Angeli/Self-Help pp.25

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Settore. Si segnalano importanti iniziative locali,come la creazione di comunità 19per la nuova occupazione ,presenti nel Nord d'Italia,finanziate da CARIPLO e anche nel Sud finanziate da Fondazione con il Sud.

Al di là degli aspetti negativi della V Relazione al Parlamento,la legge 68 mantiene la sua validità e che si può aprire una nuova fase alla luce dei limiti emersi dalla sua applicazione. Tutto deve essere affiancato alla promozione dell'economia sociale e responsabilità anche nelle imprese no profit. Ciò viene fatto in collaborazione con varie associazioni,parti sociali ed enti locali.

La Regione Toscana, si sta occupando della regolazione delle politiche per disabilità secondo un approccio che tende (Centro per L'Impiego e servizi socio-sanitari) a valorizzare le esperienze e i modelli di intervento innovativi.

Sul territorio Regionale si contano varie iniziative a supporto delle persone disabili, alcune delle quali realizzate grazie ai cofinanziamenti del Por Fse 2007-2020. Varie sono anche le progettazioni e le esperienze realizzate nel Terzo Settore. In questo ambito, il volontariato e la cooperazione sociale svolgono un ruolo cruciale di prossimità e cittadinanza.

Si contano 460 organizzazioni attive sul tema della disabilità a livello regionale impegnate da vari secoli (Misericordia o Pubbliche Assistenze), nella promozione dei diritti, assistenza sociale o socio-sanitaria e nell'integrazione lavorativa.

Numerosi e diversi servizi vengono erogati dalle organizzazioni: trasporto sociale e sostegno/sollievo al carico di cura dei familiari, accompagnamento a percorsi di autonomizzazione e vita indipendente finalizzati all'accrescimento dell'autostima e lotta allo stigma tramite iniziative sportive, socializzazione, attività ricreative, inserimenti socio-terapeutici e lavorativi consistenti a laboratori informatici, taglio e cucito, ceramica, grafica, agricoltura sociale.

Le organizzazioni, spesso le più piccole, lamentano scarsità di risorse finanziarie, che a volte le costringono a rinunciare a concorrere ad opportunità di

19 Andrea Bernardoni, Antonio Picciotti, Le imprese sociali tra mercato e comunità, Franco Angeli, Firenze 2010

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finanziamento a causa della complessità delle procedure previste dai bandi pubblici.

La nuova programmazione Fse 2014-2020 è vista come una boccata di ossigeno delle organizzazioni sia per l'avvio di nuove sperimentazioni che per il consolidamento di modelli di intervento esistenti.

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1.3. La popolazione con disabilità in Toscana

La tutela dei bisogni delle persone con disabilità rappresenta ormai da alcuni decenni una delle più rilevanti sfide delle società sviluppate.21 Due documenti hanno contribuito a sviluppare il concetto di disabilità e ribadito la priorità di dare risposte efficaci ai bisogni delle persone che si trovano in tale condizione.

Il primo è l'International classification of functioning, disability and health 22(ICF) redatto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel maggio del 2001, nel quale viene ridefinito il concetto di disabilità, non più legato alla malattia o alla menomazione come causa di riduzione delle capacità funzionali, bensì sulla persona stessa intesa nella sua globalità, che dunque potrà essere considerata disabile o meno, e tanto più grave o meno, a seconda della complessa interazione tra le condizioni di salute e i contesti ambientale e sociale nei quali è inserita. In altri termini, l'attenzione si è spostata dallo svantaggio della persona alle barriere -fisiche e sociali - che le impediscono la piena ed effettiva partecipazione alla società in condizione di reale eguaglianza con gli altri soggetti. Si tratta di un cambiamento di prospettiva di assoluta rilevanza, non solo per gli aspetti teorici ma anche e soprattutto per le ricadute pratiche. La condizione di disabilità, investe l'intero ambiente in cui è inserita, obbliga ad ampliare gli interventi, le azioni e le politiche attivate per dare risposta ai bisogni dei soggetti con disabilità.

Il secondo documento è la Convenzione delle Nazioni Unite 23sui diritti delle persone con disabilità, redatta il 13 dicembre 2006, ratificata dall'Italia con la legge 18/2009. Tale atto, stabilisce che il suo principale intento è quello di «promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità...»24 (art. 1). La Convenzione rappresenta un documento di assoluta rilevanza per almeno tre motivi. In primo luogo perché, essendo stata stilata in sede ONU, presenta una larga condivisione a livello internazionale. In secondo luogo 21 Lauria A., Benesperi B., Costa P., Valli F., Il progetto ADA: Un modello d'intervento per

l'autonomia domestica delle persone disabili, Franco Angeli, Milano 2017.

22 International Classification of Functioning, Disability and Health. World Health Organization. 23

http://nodiscriminazione.regione.puglia.it/download/NormativaInternazionale/Convenzione-ONU-sui-diritti-delle-persone-con-disabilit.pdf

24 O. Osio e P. Braibanti, Il diritto ai diritti, Riflessioni e approfondimenti a partire dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, Franco Angeli, 2012, p.15.

(20)

stabilisce i diritti dei soggetti disabili e impone ai vari Paesi di adoperarsi per far sì che essi siano tutelati. In terzo luogo, l'importanza della Convenzione risiede anche nell'approccio integrato alla disabilità che essa propone.

Per quanto riguarda la Toscana sono principalmente quattro le fonti informative che forniscono una quantificazione delle persone con disabilità (tabella 1.1). Nonostante le stime siano assai differenti tra loro, ognuna di esse è portatrice di informazioni utili, peculiari e necessarie per ricostruire il quadro complessivo. Una stima riferita al 2014 basata su dati Ars Toscana è fornita anche da Irpet (2015). Essa quantifica in 86mila circa i non autosufficienti con 65 anni e più, comprendendo anche i soggetti residenti in residenze assistite.

Tabella 1.1 - Numerosità dei soggetti con disabilità. Valori per Provincia e totale regionale.25

ISTAT (2015)* INAIL (2014)** INPS (2015)*** ARS TOSCANA (2014)**** Massa Carrara 10.867 4.907 5.681 4.196 Lucca 21.367 10.901 11.994 7.680 Pistoia 15.837 4.560 9.333 5.731 Firenze 54.772 10.584 21.459 21.239 Livorno 18.424 7.131 8.628 6.918 Pisa 22.757 9.197 12.584 7.502 Arezzo 18.766 7.877 8.602 6.801 Siena 14.626 3.783 7.967 6.044 Grosseto 12.232 3.191 7.638 4.738 Prato 13.605 4.131 4.745 4.256 REGIONE TOSCANA 203.253 66.262 98.631 75105

25Fonti e note:* i dati riportati sono frutto di una stima realizzata applicando i tassi di limitazione funzionale per età riportati in Istat (2014) “tutela della salute e accesso alle cure. Anno 2014”. Tali tassi sono stati relativizzati al contesto toscano secondo il rapporto tra il tasso totale nazionale e quello toscano, e successivamente applicati alla popolazione residente suddivisa per classi di età nelle varie Province al 1° gennaio 2014. I dati riportati riguardano esclusivamente i soggetti con 6 anni e più non ricoverati in residenza assistìta.

** soggetti titolari di rendita INAIL al 31 dicembre 2013. La fonte dei dati è la banca dati disabili INAIL.

*** soggetti titolari di indennità di accompagnamento per invalidità totale al 31 dicembre 2013. La fonte dei dati è l’Osservatorio sulle pensioni INPS.

**** i dati riportati comprendono solo i soggetti con 65 anni e più ricoverati in residenze assistite. La fonte è l’archivio Parsis di ARS Toscana. Poiché tale archivio riporta le informazioni con dettaglio massimo alla zona socio-sanitaria, i dati sono stati aggregati associando ad ogni zona la provincia di riferimento se unica. Altrimenti la numerosità dei disabili è stata ripartita in proporzione alla popolazione residente al 1° gennaio 2014 nei comuni appartenenti ai diversi contesti provinciali.

(21)

Le valutazioni possono pertanto variare non solo per le reali condizioni di salute ed autonomia, ma anche per differenze culturali e cognitive o per disparità nel disporre dei sostegni materiali e relazionali eventualmente necessari per compensare le difficoltà.

Il dato fornito da INAIL esprime invece la numerosità di soggetti titolari di rendite dirette a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale.

Per quanto riguarda il dato INPS, esso comprende i titolari di indennità di accompagnamento fino agli invalidi totali. I requisiti necessari per beneficiare di tale prestazione sono l'invalidità del 100% accompagnata dall'impossibilità di deambulare o di compiere atti della vita quotidiana senza un aiuto permanente. L'indennità di accompagnamento è indipendente sia dal reddito che dall'età, dunque comprende l'intero universo della popolazione . Ai nostri fini, pur avendo il pregio di non valutare il soggetto solo per funzionalità lavorative, essa presenta il limite di comprendere solo i casi di invalidità e disabilità del 100%.

Il dato Ars Toscana rappresenta una buona approssimazione dei soggetti disabili, in quanto ottenuto applicando opportunamente i tassi di limitazione funzionale emersi dalle interviste condotte, da infermieri domiciliari durante lo studio BISS 2009 alla popolazione residente. Il limite di tale indagine riguarda i soggetti con 65 anni e più. L’indennità di accompagnamento è cumulabile con la pensione di inabilità e con le pensioni e le indennità di accompagnamento per i ciechi totali o parziali (soggetti pluriminorati).

La legge Regionale 45/201326, denominata “Interventi di sostegno finanziario in favore delle famiglie e dei lavoratori in difficoltà, per la coesione e per il contrasto al disagio sociale” prevede infatti l'erogazione di un contributo annuale pari a 700 euro per il triennio 2013-2015 per ogni soggetto con disabilità grave certificata ai sensi del comma 3 dell'art. 3 della legge 104/1992 di età inferiore ad anni 65 e con ISEE familiare inferiore ad una soglia determinata. Nel 2013 e nel 2014 le domande correttamente presentate e liquidate sono state rispettivamente 3.739 e 3.936.

Nell'anno 2015, l'aggiornamento al 2 novembre vede 2.713 domande validate.

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La seguente tabella mostra i soggetti disabili per classe di età in Toscana27 ISTAT (2015)* INAIL (2014)** INPS (2015)*** ARS TOSCANA (2014)**** 0 - 24 5.917 672 18.008 n.d. 25 - 34 2.396 35 - 44 5.891 19.179 45 - 54 7.848 55 - 64 11.759 65 - 69 10.860 46.411 18.473 6.874 70 - 74 16.460 75 - 79 30.541 68.231 80 e più 111.580 62.150 Regione Toscana' 203.253 66.262 98.631 75.105

Questa tabella, mostra i beneficiari di indennità per invalidità civile dal 2002 al 2016 e variazione percentuale nel periodo per la Regione Toscana e l’Italia.28

ANNO TOSCANA ITALIA

2002 72.776 1.094.537 2003 78.494 1.148.175 2004 85.361 1.268.874 2005 91.102 1.373.767 2006 99.237 1.489.482 2007 103.938 1.591.552 2008 111.335 1.694.161 2009 115.328 1804828 2010 117.538 1.894.868 2011 117.648 1.933.904 2012 114570 1.892.245 2013 115.040 1.923.896 2014 115.169 1.967.381 2015 114.128 1.994.740 2016 115.148 2.045.804

27 Fonti e note: si veda quanto riportato per la tabella 1.1

28 Fonte: i dati sono desunti dalle Banche Dati Statistiche dell’Inps (pensioni vigenti, prestazioni agli invalidi civili, prestazioni agli invalidi civili serie storica.

(23)

VARIAZIONE

2002-2016(%) 58,20% +86,90%

La seguente tabella, presenta i dati relativi al contesto toscano elaborati dall’archivio indicatori Parsis di Ars Toscana29 e sono stati stimati utilizzando i dati emersi dalle interviste, condotte da infermieri domiciliari durante lo studio del Bisogno sanitario dell’anziano 2009 alla popolazione residente. Per quanto riguarda l’Italia il dato sui soggetti anziani non autosufficienti a domicilio è stimato applicando alla popolazione al 1 gennaio 2016 tratta da Istat i tassi di limitazione funzionale per classe di età presenti in ISTAT (2014), mentre quello relativo ai soggetti istituzionalizzati è calcolato applicando il tasso per 100.000 residenti con 65 anni e più fornito da ISTAT (2014a) alla popolazione al 1 gennaio 2016 tratta da ISTAT.30

Le informazioni presenti nella colonna “Totale” sono frutto di elaborazioni su dati in tabella.

CLASSE ETA' 65+

Non istituzionalizzati in RSA

In RSA permanente

Totale

Lieve Moderato Grave Totale AUSL – Massa Carrara 1.343 1.104 1.866 4.313 163 4.476 AUSL 2 - Lucca 1.450 1.176 2.008 4.634 145 4.779 AUSL 3 - Pistoia 1.854 1.500 2.540 5.894 273 6.167 AUSL 4 - Prato 1.405 1.125 1.882 4.412 293 4.705 AUSL 5 - Pisa 2.109 1.692 2.845 6.646 673 7.319 AUSL 6 -Livorno 2.322 1.866 3.138 7.326 486 7.812 AUSL 7 - Siena 1.917 1.582 2.703 6.202 908 7.110 AUSL 8 - Arezzo 2.195 1.776 3.001 6.972 986 7.958 AUSL 9 - Grosseto 1.523 1.231 2.071 4.825 551 5.376 AUSL 10 - Firenze 5.650 4.626 7.872 18.148 2.261 20.409 AUSL 11 - Empoli 1.447 1.171 1.970 4.588 432 5.020 AUSL 12 -Viareggio 1.031 832 1.391 3.254 310 3.564 ASL centro 10.356 8.422 14.264 33.042 3.259 36.301 ASL nord-ovest 8.255 6.670 11.248 26.173 1.777 27.950 ASL sud-est 5.635 4.589 7.775 17.999 2.445 20.444 Regione Toscana 24.246 198.681 33.287 77.214 7.481 84.695 29 https://www.ars.toscana.it/marsupio/ 30 http://www.gazzettadellavoro.com/istat/39736/

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Italia n.d. n.d. n.d. 2.712.321 284.936 2.997.257

Grafico 1.1 - Numerosità dei soggetti non autosufficienti in Toscana dal 2012 al 2015.31

L’aumento della numerosità dei non autosufficienti anziani osservata nel passa-to è da attribuire prevalentemente al progressivo invecchiamenpassa-to della popolazio-ne. Secondo il Profilo Sociale Regionale 2015 (Regione Toscana, 2016), infatti, si è assistito ad un calo della non autosufficienza presente per classe di età e a “[…] una crescita complessiva di anziani non autosufficienti dovuta all’invecchiamento della popolazione […]”32. E’ utile a questo punto osservare alcune previsioni

rela-31Fonte: per quanto riguarda il contesto toscano la fonte dei dati è Ars Toscana, Banca dati Marsupio, archivio Parsis. Si rinvia a tale fonte anche per un approfondimento relativo alla metodologia utilizzata. Per quanto riguarda l’Italia il dato sui soggetti anziani non autosufficienti a domicilio è stimato applicando alla popolazione al 1 gennaio 2016 tratta da Istat i tassi di limitazione funzionale per classe di età presenti in Istat (2014), mentre quello relativo ai soggetti istituzionalizzati è calcolato applicando il tasso per 100.000 residenti con 65 anni e più fornito da Istat (2014a) alla popolazione al 1 gennaio 2016 tratta da Istat .

(25)

tive ai prossimi decenni. Come mostrato nel seguente grafico 1.2, il trend di cre-scita dovrebbe proseguire almeno fino al 2030.

Grafico 1.2 – Previsioni quinquennali della numerosità dei soggetti non autosufficienti in Toscana dal 2020 al 2030.

Le previsioni mostrano un deciso aumento del numero dei soggetti anziani con limitazioni funzionali.33

1.4.Le organizzazioni toscane attive sul tema dell'integrazione lavorativa. 33 http://www.regione.toscana.it/documents/10180/13837719/disabilit

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E' stata condotta un'indagine con metodologia Cati (Computer-Assisted Telephone Interviewing) con questionario semi-strutturato, progettato ad hoc e somministrato ad organizzazioni del territorio Regionale, attive sull'integrazione lavorativa e sociale dei disabili34.

Sono state intervistate 150 organizzazioni di cui 140 di volontariato, 7 cooperative sociali di tipo B e 3 fondazioni di partecipazione.

Per la selezione delle associazioni di volontariato si è fatto riferimento alle organizzazioni associate al Cesvot35 attive nella disabilità, per un totale di 438 complessive, di cui 173 dell'Area Costiera,163 del Centro e 92 dell'Area Sud del Toscana.

L'esperienza avuta all'interno di questi gruppi rende evidente che il mezzo migliore per superare le difficoltà delle persone con disabilità è rappresentata dalla qualità dei rapporti umani. Da questo punto di vista le associazioni di auto-aiuto sono un punto di riferimento quotidiano in cui si avviano percorsi di crescita personali e sociali. Queste associazioni promuovono percorsi non facili che partono dalla consapevolezza che la malattia può essere socialmente abbandonata è invece aprirsi a potenzialità nuove che partono dal singolo,che influiscono sul lavoro del gruppo e che infine interagiscono sull'intera società.

Le cooperative sono state selezionate in base alla descrizione dell'attività contenuta nell'archivio della Camera del Commercio ottenute tramite Cesvot.

Inoltre, sono state selezionate 3 fondazioni di partecipazione attive sul tema dell'integrazione lavorativa in Toscana.

Il campione selezionato rappresenta il 32,6% del totale. Esso costituisce un buon tasso e rappresenta la distribuzione geografica delle organizzazioni attive sulla disabilità a livello regionale.

Il questionario rappresenta:

-Le principali caratteristiche delle organizzazioni intervistate. -Le attività e servizi erogati

34 Boffo V., Torlone F., L'inclusione sociale e il dialogo interculturale nei contesti europei. University Press,Firenze 2008.

(27)

-La realizzazione di eventuali progetti.

-Gli inserimenti lavorativi di persone con disabilità. -Il lavoro di rete con il territorio.

-Il ruolo delle istituzioni per sviluppare iniziative e percorsi specifici.

Le associazioni intervistate, fanno parte delle provincie di Lucca, Firenze e Prato.

L'età media è di 35 anni. Molti di loro fanno volontariato.

Solo 16 associazioni hanno lavoratori retribuiti, per un totale di 432 persone complessive che lavorano a tempo pieno.

Solo 12 associazioni, si avvalgono di lavoratori retribuiti con disabilità, sia dipendenti che collaboratori, per un totale di 20 persone impiegate.

Il 37,5% delle entrate delle associazioni è di fonte pubblica, il restante 62,5% fonte privata.

Sono 34 le associazioni che dipendono da finanziamenti privati, mentre solo 4 da fonte pubblica.

Le tipologie di disabilità verso le quali sono rivolte le attività delle associazioni intervistate.36

36****elaborazioni IRS su dati indagine organizzazioni no profit in Toscana, 2016

disabilità psichica disabilità f isica multidisabilità disabilità sensoriale altro 0 10 20 30 40 50 60 50 36,4 30,7 6,4 5

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Diverse organizzazioni gestiscono servizi di mobilità verso strutture sanitarie quali ambulatori specialistici per visite mediche, vari servizi di trasporto con destinazione di centri diurni, case famiglie, laboratori creativi o attività di aggregazione.

Vi sono anche attività sportive, culturali, teatrali, fotografia e musicoterapia. Le attività che riguardano gli inserimenti lavorativi, riguardano laboratori informatici, ricamo, ceramica e agricoltura sociale.

Delle 30 organizzazioni che si occupano di inserimento lavorativo solo 23 dichiarano di occuparsi di integrazione lavorativa delle persone disabili.

Le figure professionali richieste sono tutor e psichiatri ovvero figure che garantiscono un monitoraggio delle persone integrate e attivazione di interventi specifici.

Le associazioni che si occupano di integrazione lavorativa hanno inserito negli ultimi 5 anni 161 persone con disabilità, di cui 110 uomini (68,3%) e 51 donne (31,7%) tra i 30 e 44 anni.

I contratti sono a tempo indeterminato o a progetto. Gli effetti positivi delle persone disabili sono le capacità relazionali, la percezione di sé e lo sviluppo della socializzazione.

Le associazioni hanno svolto progetti con il Comune e Società della Salute tramite convenzioni.

Le associazioni che si occupano di integrazione delle persone con disabilità guardano al ruolo svolto dal Cesvot e l'87% ritiene che il Centro Servizi possa promuovere iniziative mirate per sostenere le associazioni che sviluppano inserimenti lavorativi.

In particolare:

-9 associazioni pensano che il Cesvot promuove iniziative informative .

-12 associazioni pensano che il Cesvot promuove iniziative di consulenza orientamento.

(29)

-4 associazioni pensano che promuove formazione, salute e valorizza la professione dell'orientamento.

Le cooperative sociali di tipo B sono 7: 3 operano su la provincia di Siena e le altre 4 su Arezzo, Firenze, Livorno e Prato. Hanno 129 lavoratori dipendenti e 10 non dipendenti. Si tratta di contratti part-time. Lavorano 15 dipendenti con disabilità.

Le cooperative lavorano con volontari disabili con meno di 5 ore alla settimana. I fonti derivano da natura privata.

Le disabilità sono di tipo fisico e psichico. Inoltre, due cooperative si occupano di più disabilità.

Le persone coinvolte dalle cooperative presentano un'età media di 36/37 anni tutti certificati dalla legge ex 104/92.37

Le attività e i servizi erogati sono: sostegno all'autonomia, orientamento e formazione al lavoro, inserimento lavorativo e assistenza sociale.

Le cooperative si occupano di sostenere il disabile, alleviando i carichi del caregiver e offrendo assistenza sociale.

Alcune, cooperative richiedono l'erogazione di servizi per i propri utenti, tra i quali formazione alle famiglie, accompagnamento nel lavoro, formazione delle aziende, evidenziando che i cambiamenti introdotti nella legge 68/1999 38non sono stati sviluppati dalle aziende nel favorire le transizioni delle persone con disabilità dal non profit al profit.

I principali effetti positivi sono: maggiore autostima e percezione di sé, accrescimento delle competenze nel ritenere le mansioni e i ruoli ricoperti idonei alle competenze e abilità delle persone inserite al lavoro.

Tutte e 4 le cooperative richiedono fondi.39

37 https://www.disabili.com/legge-e-fisco/speciali-legge-a-fisco/legge-104-disabili 38 http://www.categorieprotetteallavoro.it/legge-68-99.php

39 D. Mesini,C. Castegnaro,N. Orlando. Disabilità e lavoro.Il ruolo del volontariato nell'integrazione lavorativa delle persone disabili. Cesvot. pp. 55-81.

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CAPITOLO 2: L'ALBA Auto - Aiuto 2.1. Che cos'è l'Associazione ALBA.

L’ente in oggetto è operativa dal 2000. L'acronimo ALBA sta per aiuto, libertà, bisogno e amicizia. Si occupa di integrazione psico-sociale delle persone che soffrono di un disagio psichico o psicologico tramite la creazione di uno spazio condiviso, aperto a tutti in cui ci sia un reale abbattimento dello stigma e tutti, in quanto Persone e Cittadini, possano usufruire di occasioni di divertimento, socializzazione e convivialità, benessere, cultura, formazione e informazione.

E' composta da: -utenti -ex-utenti -operatori -familiari - liberi cittadini

L'Alba si prende cura di riabilitazione psicosociale tramite: -l'auto-aiuto,

-l'arte terapia con(vari laboratori ceramica e Psiche, Collanine e Bijou, Arti-Plastiche, Fumetto, Canto, Orticoltura, Onirico,Teatro, Danza, Lettura e scrittura, Arti-visive e Formazione al Lavoro) l'emporwerment40 delle persone, il volontariato consapevole, con l'obiettivo di ritorno alla socializzazione e ad una progettualità di vita il più possibile completa e felice, lotta contro l'abuso psichiatrico e promuove un uso etico dello psicofarmaco.

40 E' un processo sociale multidimensionale attraverso il quale i singoli individui e i gruppi possono comprendere e controllare meglio i processi che stanno alla base dei rapporti sociali delle loro vita. Essere inclusi pienamente all'interno della società in cui si vive è vitale per un empowerment materiale,psicologico e politico che sostenga i loro livelli di salute e benessere. Come la salute è un diritto umano fondamentale,l'empowerment dei pazienti e delle loro famiglie,amici e altri operatori non professionali,è un compito sociale che incoraggia tutte le comunità ,gli impiegati,i sindacati,le scuole ed università,le organizzazioni di volontariato a rispettare la salute ed il benessere dei singoli individui e del diritto alla salute ed al benessere di loro stessi e degli altri.” L'empowerment dell'utente nella salute mentale.Una dichiarazione dell'Ufficio Regionale per l'Europa dell'O.M.S. WORLD HEALTH ORGANIZATION 2010 TRAD curata dall'associazione Riabilita di Siena per conto del Coordinamento Toscano delle Associazioni per la Salute Mentale.)

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Ciò è caratterizzato da uno scambio con enti pubblici e privati.

Inoltre, sono nati progetti di auto-imprenditoria sociale, locali cogestiti con utenti della salute mentale:

• L'Alba cucina naturale (circolo ARCI) • Stabilimento balneare Big Fish

• Blu Cafè e Restaurant • Ristorante del Cuore

• Jam Sun

Il fine dell'associazione è quello di creare una fitta rete di servizi alla persona, capace di potenziare le capacità dell'utente e innalzare la sua qualità di vita, utilizzando il sistema in cui l'utente è immerso e arrivando a integrare in maniera funzionale l'individuo all'interno della società.

All'interno dell'associazione collaborano varie figure professionali come riabilitatori psichiatrici, facilitatori sociali, terapisti occupazionali, assistenti sociali per far sì che si attui il progetto terapeutico individualizzato, creato ad per ogni persona che entra nell'associazione.

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2.2. L'auto aiuto in Italia: Gruppo-Associazioni-Coordinamento.

Il gruppo è stato definito da Brown (1990) come un insieme di individui che hanno uno scopo comune,che interagiscono faccia a faccia all'interno di una struttura sociale, che hanno un'identificazione sociale, la cui esistenza è riconosciuta da terzi.41

Secondo Katz e Bender (1976): “I Gruppi sono strutture organizzative in piccoli gruppi, a base volontaria, finalizzate al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari gruppi.” Solitamente si danno un aiuto reciproco avendo finalità di impegnarsi a produrre cambiamenti nella realtà sociale in cui sono calati.

Essi sono di solito costituiti da pari che uniscono fra loro per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un handicap o un problema di vita oppure per impegnarsi a produrre cambiamenti personali o sociali.

Gli autori continuano sostenendo che questi enti “ assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo:tuttavia,altrettanto spesso appaiono orientati verso una “causa”, proponendo un'ideologia o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale” 42

Le caratteristiche principali di questa definizione sono riassunte cosi:43 1- Le origini di questi gruppi sono spontanei;

2- La partecipazione personale è un elemento essenziale;

3- I membri condividono le finalità del gruppo e si impegnano nella gestione; 4- Il gruppo origina dalla necessità di superare le difficoltà condivise dai membri.

5- I gruppi diventano punti di riferimento,di risocializzazione,di connessione e identificazione con altri,una base per l'attività e uno strumento per aumentare la loro fiducia.

41 Barbara B., Mara Menetti, Psicologia dei gruppi. Teorie contesti e metodologie d'intervento. Franco Angeli, Milano.

42 Katz, A.H. & Bender, E.I., Self-help Group in Western Society: History and Prospects, Journal of Applied Behavioural Sciences, p. 12, 1976 .

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Il gruppo possiede contenuti come Didattico - Riabilitative e Socializzanti. Possediamo vari tipi di gruppi come quello per la crescita personale,per la difesa sociale e creare nuovi modelli di vita.

Inoltre, blatz e Render distinguono i gruppi in autocentranti ed eterocentrati : I primi sono focalizzati sugli interessi dei singoli partecipanti per ottenere dei benefici ed offrire nuove opportunità. I secondi non riguardano direttamente i membri,ma riguardano scopi generali come assistenziali e sociali.

Emirick (1989) sociologo ed esperto di gruppi di auto-aiuto psichiatrici, ha suddiviso i gruppi in base al rapporto con operatori e gruppi dove si rifiutava la partecipazione degli operatori e familiari.

I Gruppi sono efficaci nel facilitare la gestione della malattia, forniscono informazioni sulla patologia e comportamenti idonei da tenere, anno una spiegazione alla malattia e per migliorare la compliance patologica, riducendo i sensi di colpa.

Infine, per Katz e Bender gli scopi principali del gruppo sono: 1- Crescita personale.

2- Difesa sociale.

3- Creazione nuovi modelli di vita.

Le prime esperienze di auto aiuto psichiatrico nascono in Italia negli anni 70, successivamente al processo di deistituzionalizzazione attuato dalla legge 180.

I principi su cui si fonda l'auto-aiuto sono in sintonia con i movimenti antipsichiatrici di quell'epoca in quanto si ispirano al principio della demedicalizzazione dei pazienti.

Rispetto alle esperienze anglosassoni che in questo ambito svolgono una vera e propri a opera di pressione contro la psichiatria ufficiale, i gruppi italiani hanno perso l'atteggiamento di protesta ed hanno una posizione collaborativa piuttosto che sostitutiva verso le istituzioni44. I gruppi in questo settore sono eterogenei in quanto includono differenti sintomatologie e vari livelli di gravità. Nel settore 44 Venturini E., Casagrande D., Toresini L., Il folle reato. Il rapporto tra la responsabilità dello

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del disagio mentale esistono anche esperienze di gruppo rivolte ai familiari o associazioni che oltre ad offrire degli spazi di condivisione di gruppo,si impegnano per l'ottenimento dei diritti dei malati sul piano sociale e sanitario.

Recentemente sono nate alcune esperienze all'interno di istituzioni (Es: DSM, reparti ospedalieri) grazie alla presenza di operatori che credono nell'auto-aiuto.

Le esperienze di auto aiuto sono distribuite cosi: 63% si trova al Nord, il 24% al centro, il 9% nel Sud e il 4% nelle Isole.45

I gruppi più numerosi sono quelli relativi al settore dell'alcolismo.

Il 42% dei gruppi è costituito da persone che hanno lo stesso disagio, queste esperienze funzionano proprio perché il gruppo risulta omogeneo rispetto alla condivisione della problematica affrontata.

I gruppi accomunati dalla stessa condizione sono presenti su:alcolismo, disagio mentale, particolari esperienze di vita, dipendenza affettiva e disturbi d'ansia.

In alcuni casi, le riunioni sono aperte anche ai familiari, e accolgono pure i figli.

Il fatto è che sottolinea come l'auto-aiuto sia una forma di sostegno non selettiva il cui accesso è aperto a tutte le persone che sentono di trarre beneficio.

I Gruppi di auto-aiuto sono nati all'interno dell'Associazione Alba nel 2000 da un gruppo di utenti e familiari, cittadini ed esperti.

All'interno possono partecipare tirocinanti e volontari.

I gruppi nascono nel 2004 su base settimanale, nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicati.

Si tratta di un gruppo per uscire dalla malattia e come ingresso nei rapporti solidali e reciproci. Attualmente i gruppi all'interno dell'associazione sono nove.

Alcuni facilitatori conducono il gruppo in maniera volontaria perché hanno un altro lavoro,altri svolgono mansioni diverse da quella classica di relazione di aiuto nei gruppi e lavorano all'interno del Bar o ristorante del Circolo L'Alba.

45 Focardi F., Gori F., Raspini R., Gruppi di auto aiuto in Italia. Indagine conoscitiva. Cesvot, Firenze 2006 pp.15.

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Nei primi tempi, i gruppi erano incontri familiari, infermieri, pazienti e si parlava un po' di tutto, spesso si finiva per parlare di farmaci e cure e la presenza del medico usciva dal discorso verso il consiglio che non sul fare auto-aiuto.

Furono le persone a chiedere di vedersi senza la presenza del medico.

Per i primi periodi il conduttore imparava a condurre tramite un altro conduttore, con l'osservazione e la presenza.

Importante è la formazione che viene fatta al Facilitatore Sociale.

Con il tempo i facilitatori sociali sono diventati docenti e tutor di inserimenti socio-lavorativi in Associazioni ed hanno fatto docenza a gruppi di altri utenti e altri territori.

Nei Gruppi Auto-Aiuto non esiste organizzazione,si differenziano per struttura e funzionamento.

Affrontare un tema con una persona “sana” con autostima e senza stigma, non è la stessa cosa di affrontarlo con una persona che soffre di patologie mentali.

Il fatto che persone con sofferenze mentali fanno auto-aiuto ci fa capire che c'è alla base un fattore di cambiamento.

Tutti partecipano alla costruzione del proprio cambiamento tenendo conto della responsabilità.

Il passo più grande della riabilitazione è la motivazione.

Ogni gruppo, è influenzato e sceglie cosa dire e come dirlo e farlo. Importante è il linguaggio non-verbale, mettendosi nei panni di chi parla. Il gruppo è uno spazio in cui fare esperienze e sbagliare senza essere giudicati. Ogni persona, che partecipa impegnandosi deve credere al cambiamento. Con il racconto si costruiscono nuove possibilità e nuove percorsi di recovery 46e guarigione.

46 Il termine recovery indica un concetto molto importante e complesso,può essere definito il processo attraverso il quale una persona che ha sofferto o sta soffrendo di un disagio psichico trova la propria dimensione di vita. Il Dott. Mario Serrano scrive: “Sono stati identificati diversi elementi comuni ai vari percorsi: la ripresa di aspettative sul futuro, il superamento della negazione della malattia, l'accettazione della nuova condizione, il coinvolgimento, l'atteggiamento atttivo(...). Alcuni segni sono percepiti dagli utenti: l'esistenza di progetti di

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Le regole principali sono rispettare il turno e rispettarsi a vicenda.

Un elemento che rafforza il gruppo è il legame sinergico con un'associazione che possa avere un ruolo sociale nella comunità,che permette di attivarsi,reagire e dare diritto di Advocacy47 e portare integrazione sociale.

Il Gruppo di auto-aiuto è composto da varie fasi:

1)ACCOGLIENZA48: Le persone durante il gruppo sono sedute in cerchio ,per alcuni l'ingresso all'interno del cerchio può richiedere molto tempo. Il conduttore non deve mettersi sempre nella stessa posizione ma deve sempre variarla. Dopo aver spiegato cos'è un gruppo,come funziona e dopo aversi presentato,lasciando per ultimo il nuovo arrivato anche il conduttore deve presentarsi.

2)ASCOLTARE49: Nella vita di tutti i giorni si risponde senza dare tempo nel sentire e capire veramente le emozioni dell'interlocutore.

Il non essere ascoltato capita ad una persona che ha un disagio psichico, perché è difficile per gli altri avere a che fare con stati d'animo della sofferenza. La prima regola fondamentale è il “Non giudizio”. Non essere giudicati è un'esperienza tranquillizzante. Il conduttore non deve dare mai opinioni, perché fa parte del gruppo e fa parte del processo.

vita,la fiducia nelle proprie capacità di iniziativa, l'armonia con l'ambiente, la sensazione di benessere vitale, la percezione del futuro(..). Altri segni sono più oggettivabili: il ricoprire un ruolo valido e soddisfacente, la riduzione e controllo dei sintomi, il miglioramento della salute fisica”.

(Http://http://www.saluteinternazionale.info/2013/06/recovery-una-nuova-frontiera-per-il-concetto-di-salute-mentale)

47 Il termine “Advocay”è traducibile con quello di “tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione”. Si parla esplicitamente di “volontariato dei diritti” (F.Santanera e Anna Maria Gallo “Volontariato” Ed.Utet 1998 p.111). L'Associazione non si sostituisce all'interesato, ma lo affianca “ad adiuvandum” (http.www.edscuola.it/archivio/handicap/advocacy.htm).

48 L'accoglienza non deve essere troppo distaccata,ma nemmeno troppo oppressiva.Nel primo caso la persona può non sentirsi accettata fino in fondo, nel secondo può sentirsi costretta a fare cose di cui non ha voglia, a causa del suo malessere,come raccontare per forza la sua vita. (Fabiana Pacini, Self Help in Mental Health, L'Alba Associazione pp 72)

49 Un elemento su cui si basa il Gruppo di Auto-Aiuto è l'ascolto:si cerca di entrare in sintonia con l'elemento negativo o positivo, lo ascoltiamo e gli diamo una forma...si cerca di valorizzare quello che è uscito dal nostro interiore,perchè è importante, perchè ci racconta di sé è importante. (Michela Fadda, Self Help in mental health. L'Alba associazione pp.75)

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3)RESTARE CON LE EMOZIONI50: L'obiettivo principale è mettersi nei panni dell'altro e confrontare le proprie esperienze. Ognuno è diverso, ha una storia diversa e un percorso, tempo, desideri e bisogni diversi. Chi vive un disagio, la maggior parte delle volte non lavora, non dialoga, vive da solo, ma ha ,tantissime sintomi difficili da gestire e poche strategie per fronteggiarli.

Il disagio mentale è la malattia delle quattro C: Combatterlo, Conoscerlo, Conviverci e Curarlo.

Importante è ricordare che il gruppo di Auto-Aiuto è nato per dare un sollievo ai problemi, ascoltare e comprendere il dolore non significhi sprofondarci dentro: Uno degli obiettivi è star bene insieme.

4)SAPER VEDERE51: Non bastano le orecchie,sono importanti pure gli occhi. La maggior parte delle volte i partecipanti non prendono direttamente la parola, ma intervengono spostando la sedia, tossendo o sbadigliando.

Solo cosi, il conduttore dice al partecipante se vuole intervenire.

5)DARE STRUTTURA.52DARE LIBERTA': Il tempo, è definito come un

nemico per le persone che soffrono di disagio psichico. Nella maggior parte delle volte, le persone non sanno come impiegare il proprio, perché non sanno fare niente. Le giornate sembrano non finiscono mai. Per loro, frequentare un gruppo di Auto-Aiuto significa vivere un momento “socialmente condiviso”.

Il conduttore, può condividere la proprio esperienza di vita, deve fare rispettare le regole, stimola il benessere, ascolta e cerca un equilibrio tra tutti gli elementi.

50 Ho fatto un patto sai con le mie emozioni...le lascio vivere e loro non mi fanno fuori! Vasco Rossi, Manifesto Futurista Della Nuova Umanità)

51 Galileo Galilei(1564-1642) afferma che: “Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono.

52 La struttura del mondo dipende dai modi in cui lo consideriamo e da ciò che facciamo. Ciò che facciamo, in quanto esseri umani, è parlare e pensare, costruire, agire e interagire. Noi costituiamo i nostri mondi costruendoli (Nelson Goodman. Http:http://www.createconnections.it/blog/2015/04/17/le-relazioni-quali-frasi-utilizzare-e-quali-da-evitare-%E2%80%93-parte-2)

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6)LA CURA DELLO STIGMA E DELL'AUTO-STIGMA: Per accogliere, è necessario ridurre i pregiudizi, stigma e auto-stigma.

Per stigma, intendiamo un atteggiamento discriminatorio verso le persone che soffrono di un disagio mentale,che vengono definite matte,quindi isolati dalla società.

A causa della malattia,l a persona si senta fallita, negata, rifiutata ed evitata. Un esempio tipico dopo aversi presentato è chiedere: “Cosa fai nella vita? ”Che lavoro fai?”.

E' importante ricordare non presentarsi con la sua malattia, perché la diagnosi è uno strumento dello psichiatra che serve per classificare ed individuare la cura farmacologica più adeguata per il paziente.

La diagnosi non è permanente se si attiva un buon percorso di cura. Le persone iniziano a crederci quando vedono i miglioramenti degli altri partecipanti.

Nei gruppi, possono partecipare anche persone in formazione perché permette di fare una “s-vestizione” del ruolo: quando entrano sperimentano il disagio di non aver un rapporto con i malati come una persona che si rivolge ad altre persone.

Peppe dell'Acqua53 afferma: “Tutte le ricerche e le osservazioni che sono state messe in atto nel corso del tempo per trovare elementi oggettivi a giustificazione della possibilità di predire la pericolosità sociale in conseguenza di un disturbo mentale ne hanno dimostrato l'impraticabilità. Non esistono rapporti certi di corrispondenza tra malattia mentale e pericolosità sociale. Per altro, le persone con disturbo mentale sono poco presenti come autori di reati gravi. Si pensi che nel corso di un anno lo 0,1/0,2% con disturbo schizofrenico incorre una sanzione per aver commesso azioni rilevanti. Come dire in una città con 600.000abitanti 700 persone all'anno potrebbero avere “bisogno”di un giudice”.54

53 http://www.ass6.sanita.fvg.it/opencms/export/sites/default/it/_incarichi/_allegati/CV/CVdella cqua.pdf

54 Elizabeth Walsh e Thomas Fahy, “Violence in society-Contribution of mental illness is low,” British Medical Journal, vol.3257, settembre 2002.

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