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IL PROGETTO APPARTAMENTO

CAPITOLO 5: APPARTAMENTI VERSO L'AUTONOMIA: ABITARE LA VITA

5.1. IL PROGETTO APPARTAMENTO

Il progetto appartamento verso l'autonomia porta avanti da ormai dieci anni un lavoro di costruzione di percorsi di autonomia, emancipazione e integrazione sociale e lavorativa di persone con problematiche psichiatriche, disabilità intellettive, disagi sociali e/o dipendenze in fase di reinserimento e risoluzione.88

Il progetto “Appartamenti verso l'autonomia-Abitare la Vita”, da spazio alle testimonianze dei protagonisti degli appartamenti, e tirocinanti che hanno contribuito e che continuano a realizzare e a supportare i progetti di autonomia abitativa con flessibilità e attenzione specifica ai vari gruppi di conviventi e alle dinamiche di relazione interpersonale e intrapersonale.

Volevamo far sentire afferma la presidentessa dell'associazione ALBA la89 sua importanza, perché la casa è necessaria e importante per tutti, a maggior ragione per chi ha più difficoltà a potervi accedere. Infatti le persone non sono dentro le dinamiche chiuse della loro abitazione, ma sono inserite in una rete più ampia di appartenenza e di rapporti umani cui possono riferirsi e che li garantisce e protegge in ogni momento del percorso; a cui possono accedere in maniera diversificata a seconda dei bisogni.90 Ogni nucleo abitativo è seguito in maniera specifica, non ci sono criteri rigidi e oggettivi cui attenersi, ma regole e interventi che si calibrano a seconda dei bisogni dei gruppi e del singolo e che si monitorano strada facendo ricalibrando il tiro in base ai percorsi di emancipazione. Come in ogni abitazione normale, nelle case si deve tenere pulito, ordinato, fare la spesa, cucinare, mangiare, e tenere pulito subito dopo, rispettare le regole di silenzio e decidere come gestire gli spazi comuni.

Alcune regole generali a tutte le abitazioni sono:

• mantenere un livello dignitoso di igiene generale dell'ambiente e anche della propria persona

• non si possono portare in casa ospiti senza avvisare e aver ricevuto il consenso dai dirigenti dell'associazione

88 P.Carozza. Principi di riabilitazione psichiatrica.Per un sistema di servizi orientato alla guarigione.Franco Angeli.Firenze

89 Appartamenti verso l'autonomia abitare la vita.2013 lalbassociazione production. 90 G.Jervis. Manuale critico di psichiatria. ,Milano Feltrinelli 1997

• non si può rimanere in appartamento in stato di alterazione dovuto a uso di sostanze e/o alcool

• non possono essere effettuati atti illeciti e fuori legge di qualsiasi tipo, pena la valutazione e l'espulsione.

Chi lavora nell’integrazione sociale e lavorativa delle persone con disturbi mentali è costretto

a riflettere sullo sviluppo emotivo ed affettivo delle persone disabili e sulle loro capacità di accingersi alle relazione con il mondo.

Molte teorie e ricerche considerano la costituzione di un’identità stabile, riconoscendo un ruolo importante alle relazioni interpersonali. «Il gioco, l’imitazione, la capacità di intrattenere durature relazioni non sono visti come fini del processo evolutivo; diventano, obiettivi primari».91

L'associazione “down” afferma: la società accetta che qualcuno esterno entri nel proprio

complesso di regole precostituito e preesistente; quando invece la stessa società fin dall’inizio pensa a sè stessa e alle proprie regole guardando a tutti gli individui, allora c’è inclusione.92

Inoltre, si afferma che il disabile deve assomigliare a tutti i costi ad un alunno normodotato, da ciò si costituisce il punto centrale dell'esclusione. “All’interno di tale paradigma, l’integrazione diviene un processo basato principalmente su strategie per portare l’alunno disabile a essere quanto più possibile simile agli altri. Il successo dell’appartenenza viene misurato a partire dal grado di normalizzazione raggiunto dell’alunno […]. Porre la normalità (qualunque cosa essa sia) come modo di omogeneità”93

91 D.Pastore. (a cura di)w.cancelloedarnonenews.com/2009/02/16/dalla-psicologia-dinamica- senso-di-appartenenza-o-senso-del-noi-e-la-definizione-di-se/

92 Bauman Z. La solitudine del cittadino globale, Milano Feltrinelli.

93 T. Booth., M. Ainscow, 2002 (a cura di) Index for inclusion, CSIE, New Redland Building, Coldharbour

Lane, Frenchay, Bristol BS16 IQU, UK. (le citazioni sono tratte dalla) traduzione Italiana: L’Index per

Inoltre, gli autori affermano che: ”l’integrazione tende a identificare uno stato, una condizione, l’inclusione rappresenta piuttosto un processo, una filosofia dell’accettazione, ossia la capacità di fornire una cornice dentro cui gli alunni - a prescindere da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o culturale- possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di uguali opportunità a scuola”.94

Gli autori si soffermano sul concetto di “integrazione” e “ inclusione” tanto che inclusione significa affrontare la questione del rapporto tra la disabilità (intesa come forma di identità) e i vincoli e le possibilità di appartenenza al contesto e alla vita sociale.95

Colleoni si sofferma sul fatto che esistono molti servizi che sono rivolti ai disabili sopratutto nel campo dei mass media.

Sono stati messi in campo varie condizioni per superare la disabilità ed acquisire la normalità nei vari campi: cognitivo, emotivo, relazionale ed operativo. Esistono diverse strade all'interno di questa matrice comune: “Si va dalla semplice acquisizione di forme di vita e di comportamento tipiche dei “normali” (nel lavoro, nel tempo libero, negli affetti, e così via) a situazioni di vera e propria esibizione muscolare della persona”.96

Un esempio tipico nel mondo dello sport è la figura di Pistorius, atleta sudafricano, campione paraolimpico che corre con delle protesi in carbonio.

Ciò ci fa capire che esistono delle condizioni di vita relative al miglioramento per sviluppare autonomia e orientamento all'interno dell'ambiente di vita.

L'autore si sofferma sulla persona disabile che per raggiungere la normalizzazione e soddisfa le richieste della vita autonoma e soddisfa le aspettative esterne.

Inoltre, dobbiamo soffermarci sulla negazione, da parte dei disabili, dei pregiudizi della società nei loro confronti. Dalla società, ci si aspetta che sono gli

94 Ibidem

95 M. Colleoni, “L’inclusione della disabilità è crescita civile”, in B. Castelli, et. al. (a cura di), La collaborazione possibile, Animazione Sociale, n. 251, Gruppo Abele, Torino, marzo 2011, p. 23 96 Ibidem.

altri ad immegersi nelle abitudini delle persone disabili ed entrare in contatto con il loro mondo interiore.

Colleoni afferma che “da un lato abbiamo la centralità della coerenza con l’esterno, dall’altro la centralità della coerenza con l’interno, con se stessi. Nel primo caso abbiamo il rischio della omologazione, in questo caso, invece, quello della autoreferenzialità soggettiva e relazionale. In entrambi l’esterno, la vita sociale con le sua regole e i suoi immaginari, viene assunto come qualcosa che c’è già, che è già istituito, che ha una forma e una forza indipendenti dalle capacità di azione della persona con disabilità.”97

LA STORIA

Il Progetto “appartamenti verso l'autonomia” è diventato una importante risorsa per il lavoro di ripresa di un personale progetto di vita e di inclusione sociale per chi si era detto non più appartenente alla vita. A partire dal 2003 la lungodegenza in Clinica Psichiatrica di un socio-utente, che non poteva rientrare in famiglia poiché il livello di conflittualità intra-familiare era eccessivamente elevato, e lui non si sentiva in una situazione di “buona-casa”, dette inizio al primo percorso. Inizialmente ci furono vari tentativi di alloggio in alberghi, situazioni provvisorie in cui non era pensabile lavorare ad un progetto di vita e dove i costi erano elevati. Si pensò di affittare un appartamento sul territorio, con vantaggi economici e alla portata dei servizi così da gettare le basi di un vero abitare, dell'intimità di una casa in cui tornare e da qui partire per questa avventura complessa e faticosa. Da ciò sono partite altre richieste da parte di servizi e utenti che hanno visto l'associazione farsi carico e garante degli affitti e della tutela degli appartamenti in cui non viene dato solo un alloggio, ma singoli progetti individualizzati condivisi con i servizi e l'inserimento di una continua e complessa rete di rapporti e relazioni umane con a capo l'organizzazione del “L'Alba”, coordinatrice degli interventi con i propri facilitatori, riabilitatori e volontari. Le persone che sono state aiutate, sono passate da vivere “sotto il ponte” da situazioni di sfratto, a una situazione di un tetto sopra la testa. Da un primo appartamento siamo passati a due, poi a tre e così via fino a cinque nel 2010, per arrivare ai dodici nel 2013 per un totale di 36 persone inserite, di cui un intero nucleo familiare supportato con un progetto complesso di sostegno a due 97 Ibidem.

bambini piccoli con affido eterofamiliare sulla madre sofferente psichica, riuscendo a gestire la situazione e a governarla cercando di farla evolvere in meglio. Inizialmente, si è pensato di far affittare le case direttamente alle persone che le richiedevano, ma quando i proprietari vedevano gli inquilini e soprattutto la mancanza delle loro buste paga o sapevano delle loro vite complesse, rispondevano quasi sempre con un secco rifiuto. Il diritto alla casa è per tutti e se non si riesce a garantirlo bisogna chiedersi come mai e non smettere di lavorarci tutelando anche le persone più deboli.

Ad oggi sono inserite nel progetto 24 persone, 15 uomini e 9 donne con le seguenti diagnosi:

1. 2 con disabilità intellettiva medio-lieve 2. 6 con doppia diagnosi

3. 4 con disturbo dell'umore 4. 7 con disturbo della personalità

5. 4 con disagio sociali (3 sono dello stesso nucleo familiare) Appartamento di Via Fz: 1 inquilino G.F.

E' il ragazzo del primo appartamento del 2003, il quale ha sperimentato una convivenza con altre due donne nel 2008, e successivamente, nel 2009 è tornato ad abitare nella casa di proprietà ereditata dalla madre, superando il grosso blocco emotivo che inizialmente gli impediva di rientrare in quell'alloggio. G. ha 46 anni è seguito dalla UFSMA e dal servizio sociale, ha una diagnosi di schizofrenia affettiva.

Il ragazzo per la diagnosi e le sue particolarità preferisce vivere in solitaria. È stato costruito con il servizio un progetto che prevede il monitoraggio nell'assunzione dei farmaci, il sostegno due volte a settimana per la cura della casa e i pranzi presso L'Associazione, monitorando così la dieta e permettendo a G. di incontrare persone e vivere quindi una socialità, le cene invece le gestisce in autonomia, frequentando quotidianamente la mensa universitaria.

C. B. E’ inserito nel progetto appartamenti dal 2013, ha 36 anni ed ha un